GP2 Discorsi 1997 95


VIAGGIO APOSTOLICO A SARAJEVO (12-13 APRILE 1997)

CERIMONIA DI BENVENUTO


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Aeroporto di Sarajevo - Sabato, 12 aprile 1997



Signori Membri della Presidenza della Bosnia ed Erzegovina,
Rappresentanti di Governi e di Organizzazioni Internazionali,
Venerati Fratelli nell'Episcopato,
Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Il mio primo pensiero, nel momento in cui mi è dato di toccare il suolo della Bosnia ed Erzegovina, va a Dio che ha esaudito oggi il desiderio da lungo coltivato di poter compiere questo pellegrinaggio. Finalmente posso essere qui con voi, guardarvi e parlarvi, dopo aver condiviso da lontano le vostre sofferenze con tanta pena, durante il triste periodo del recente conflitto.

Vorrei abbracciare tutti gli abitanti di questa regione tanto provata, in particolare, coloro che hanno perso prematuramente qualche persona cara, quanti portano nella loro carne le stigmate lasciate dalla guerra e quelli che hanno dovuto abbandonare le proprie case in questi lunghi anni di violenza. Sappiano queste persone di avere nel cuore del Papa un posto privilegiato. Nei miei interventi per favorire la pace in questo Paese sono stato guidato dalla preoccupazione di assicurare il rispetto di ogni uomo e dei suoi diritti, senza distinzione di popolo o di religione, avendo a cuore soprattutto i più poveri e disagiati.

Entrando nella città di Sarajevo, desidero rivolgere innanzitutto un deferente saluto ai Signori Membri della Presidenza, che ringrazio per l'invito fattomi, per l'accoglienza predisposta e per l'ospitalità che ora mi offrono. Il mio pensiero si volge poi ai tre popoli costitutivi della Bosnia ed Erzegovina - Croati, Musulmani, Serbi - ai quali sono lieto di poter testimoniare, fin dal primo istante della mia presenza nella loro terra, profonda stima e cordiale amicizia.

2. Colgo volentieri l'occasione di questo contatto diretto con le supreme istanze della Bosnia ed Erzegovina per porgere a ciascuno il mio cordiale incoraggiamento a proseguire nel cammino della pacificazione e della ricostruzione del Paese e delle sue Istituzioni. Non di sola ricostruzione materiale si tratta; è necessario provvedere innanzitutto alla riedificazione spirituale degli animi, nei quali la furia devastatrice della guerra ha spesso incrinato e forse compromesso i valori su cui si fonda ogni civile convivenza. Proprio di qui, dai fondamenti spirituali dell'umano convivere, occorre ricominciare.

Mai più la guerra, mai più l'odio e l'intolleranza! Questo ci insegna il secolo, questo il millennio che stanno ormai per concludersi. E' con questo messaggio che mi accingo ad iniziare la mia Visita pastorale. Alla logica disumana della violenza è necessario sostituire la logica costruttiva della pace. L'istinto della vendetta deve cedere il passo alla forza liberatrice del perdono, che ponga fine ai nazionalismi esasperati e alle conseguenti contese etniche. Come in un mosaico, è necessario che a ciascuna componente di questa regione venga garantita la salvaguardia della propria identità politica, nazionale, culturale e religiosa. La diversità è ricchezza, quando diviene complementarietà di sforzi al servizio della pace, per l'edificazione di una Bosnia ed Erzegovina veramente democratica.

3. Saluto, inoltre, con rispetto ed amicizia tutte le Autorità diplomatiche, internazionali, civili e militari convenute. Con questa mia visita desidero esprimere vivo apprezzamento ai Governi, alle Organizzazioni Internazionali ed a quelle religiose ed umanitarie, come pure alle singole persone che, durante questi anni, si sono adoperate perché nella regione venisse abbattuto il muro dell'incomprensione e dell'inimicizia e si riaffermassero i valori del reciproco rispetto per il rilancio del dialogo, dell'intesa costruttiva, della pace.

97 L'aeroporto di Sarajevo, nel quale ci troviamo, è stato spesso, durante gli anni della recente guerra, l'unica porta d'entrata degli aiuti umanitari. Per questa porta ora entro anch'io, "pellegrino di pace e di amicizia", desideroso di servire con tutte le mie forze la causa della pace nella giustizia e della riconciliazione. A questa nobilissima causa devono ora consacrare le loro energie migliori tutte le persone di buona volontà. La causa della pace vincerà, se tutti sapranno operare nella verità e nella giustizia, venendo incontro alle legittime attese degli abitanti di questa regione, che nella loro composita varietà possono assurgere al rango di simbolo per l'intera Europa.

Concludendo queste brevi parole di saluto, non posso tralasciare di rendere omaggio a quanti hanno perso la vita nell'adempimento delle missioni di pace e di soccorso umanitario promosse dalle Organizzazioni internazionali, nazionali e private. Al loro sacrificio si deve se la porta della pace non si è chiusa completamente e alle popolazioni inermi e sofferenti non sono mancati quasi mai i mezzi indispensabili per sopravvivere e attendere tempi migliori. Ora che la pace è stata finalmente raggiunta, impegnarsi per conservarla diventa anche un dovere di riconoscenza verso coloro che per questo nobile scopo sono morti.

Conceda Iddio alla Bosnia ed Erzegovina, a tutte le popolazioni dei Balcani, dell'Europa e del mondo che il tempo della pace nella giustizia non abbia termine mai.



VIAGGIO APOSTOLICO A SARAJEVO (12-13 APRILE 1997)


ALLA COMUNITÀ ORTODOSSA-SERBA


Arcivescovado (Sarajevo) - Domenica, 12 aprile 1997



Eccellentissimo Metropolita di Dabar-Bosnia, Mons. Nikolaj,
cari Fratelli in Cristo!

1. Rendo vive grazie alla divina Provvidenza, che mi ha consentito, durante questa visita a Sarajevo, di incontrarmi con voi. Saluto "con il bacio santo" (Rm 16,16) della pace e della carità del Signore Gesù tutti i serbi-ortodossi della Bosnia ed Erzegovina, per i quali nutro sentimenti di profondo rispetto.

Il mio saluto cordiale va innanzitutto a Lei, Eccellentissimo Metropolita Nikolaj, e si estende poi a tutti coloro che Le sono di aiuto nel ministero di reggere, santificare e guidare i fedeli della Chiesa Ortodossa Serba.

Rivolgo il mio deferente pensiero e fraterno saluto a Sua Beatitudine il Patriarca Pavle ed ai Pastori delle vostre Comunità che guidano spiritualmente questa porzione del Popolo di Dio in Bosnia ed Erzegovina, annunciando il Vangelo e celebrando i divini misteri.

2. La grazia divina ci unisce nella fede in Dio Uno e Trino, rivelatoci in Cristo, e ci associa nella stima e nell'amore per le Sacre Scritture, che costituiscono le comuni radici della dottrina predicata dai Padri ed enunciata già dai primi Concili Ecumenici. Di questa dottrina siamo chiamati a farci banditori sulle orme degli Apostoli, ai quali è stato affidato il ministero della riconciliazione (cfr 2Co 5,18).

E' un compito che, nel contesto delle difficoltà presenti, ci spinge ad unire gli sforzi per offrire ai nostri contemporanei, spesso attratti dalle lusinghe del mondo, la sola Parola che veramente risana e la grazia che infonde speranza. Dopo gli anni della tristissima guerra fratricida, all'alba ormai di un nuovo millennio cristiano, sentiamo tutti l'urgenza di una reale riconciliazione fra cattolici e ortodossi, così che, con un cuore nuovo e uno spirito nuovo, si possa riprendere il cammino di una sempre più perfetta sequela di Cristo, Sommo Sacerdote e unico Pastore del suo gregge. Perdoniamo e chiediamo perdono: è questo l'inizio per suscitare nuova fiducia e nuovi rapporti tra quanti riconoscono nel Figlio di Dio l'unico Salvatore dell'umanità.

98 3. Il patrimonio che ci unisce, dono vivo dello Spirito Santo, è ben più grande di quanto ancora ci divide, impedendoci di proclamare in totale sintonia la nostra fede. L'unità di tutti i cristiani è dono del Signore e nella preghiera lo imploriamo costantemente.

Cristo Risorto vive con noi, cammina con la sua Chiesa, suscita costantemente discepoli, elargisce abbondantemente il suo perdono che risana e la grazia che vivifica. Insieme, dunque, siamo impegnati dalla volontà del Maestro ad evangelizzare ogni uomo. Insieme ci troviamo animati dal desiderio che la fede cresca e che dalla fede scaturisca la pace tra tutti i popoli della Bosnia ed Erzegovina.

Siamo tutti coscienti che la pace non può essere data dal mondo. E' per questo che ci rivolgiamo a Cristo ed ascoltiamo ancora una volta la sua voce: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore, e non abbia timore" (
Jn 14,27).

4. L'impegno a realizzare la pace ci affratella ancor di più nella comune testimonianza al Signore della storia. Questa è anche la preghiera che insieme eleviamo a Lui quest'oggi unendoci spiritualmente a tutte le nostre Comunità.

Siamo tutti figli di una testimonianza d'amore, quella di un Dio che "ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Jn 3,16). Ognuno è chiamato a gustare e a comunicare i doni stupendi che Dio ha voluto disseminare, mediante l'opera della salvezza, nel nostro cuore e nella storia dell'umanità. La nostalgia di una pace piena e la concreta volontà di edificarla, unite al vivo desiderio di una perfetta unità, guidino anche oggi i nostri passi.

E' con questi sentimenti che voglio porgere all'intera Comunità Ortodossa della Bosnia ed Erzegovina l'augurio dell'Apostolo: "Il Signore della pace vi dia egli stesso la pace, sempre e in ogni modo. Il Signore sia con tutti voi" (2Th 3,16).

VIAGGIO APOSTOLICO A SARAJEVO (12-13 APRILE 1997)


AI MEMBRI DELLA PRESIDENZA


DELLA BOSNIA ED ERZEGOVINA


Museo Nazionale di Sarajevo - Domenica, 13 aprile 1997



Signori Membri della Presidenza della Bosnia ed Erzegovina!

1. Ringrazio vivamente le Loro Eccellenze per la gentile accoglienza e per le cordiali espressioni che il Presidente della Presidenza mi ha rivolto, a nome di tutti. Porgo Loro ed alle loro famiglie il mio deferente saluto, che estendo volentieri alle Autorità presenti ed a quanti, in vario modo, hanno responsabilità civili e militari nella quotidiana opera di consolidamento della pace e della civile convivenza in Bosnia ed Erzegovina.

In questa regione da secoli si sono incontrati, e non di rado scontrati, l'Oriente e l'Occidente. Da molto tempo viene qui sperimentata la possibilità della convivenza tra culture diverse che hanno, ciascuna a suo modo, arricchito di valori la regione. In Bosnia ed Erzegovina convivono i popoli degli slavi del sud, uniti nella stirpe, eppur divisi dalla storia. In questa città capitale, ad esempio, s'innalzano verso il cielo la cattedrale cattolica, la cattedrale ortodossa, la moschea musulmana e la sinagoga ebraica. Questi quattro edifici non sono soltanto il luogo in cui i credenti nel Dio unico confessano la loro fede; essi costituiscono anche un visibile monito per il tipo di società civile che gli uomini di questa regione vogliono edificare: una società di pace, i cui membri riconoscono Dio quale unico Signore e Padre di tutti.

Le tensioni, che possono crearsi fra gli individui e le etnie come eredità del passato e come conseguenza della vicinanza e della diversità, devono trovare nei valori della religione motivi di moderazione e di freno, anzi di intesa in vista di una costruttiva cooperazione.

99 2. Ho avuto modo di affermare - e lo ripeto qui quest'oggi - che Sarajevo, città-crocevia di tensioni di culture, religioni e popoli diversi, può essere considerata come la città simbolo del nostro secolo. Proprio qui ha preso avvio nel 1914 la prima guerra mondiale; qui s'è scatenata con intensità la violenza della seconda guerra mondiale; qui, infine, nella fase terminale del secolo, la popolazione ha sperimentato, tra distruzioni e morte, interminabili anni di paura e di angoscia.

Ora, dopo tanta sofferenza, la Bosnia ed Erzegovina è impegnata finalmente a edificare la pace. Impresa non facile, come l'esperienza dei mesi trascorsi dalla fine del conflitto ha mostrato. Tuttavia, con il concorso della Comunità Internazionale, la pace è possibile, anzi la pace è necessaria. In una prospettiva storica, Sarajevo e tutta la Bosnia ed Erzegovina, se consolideranno nella pace il loro assetto istituzionale, potranno divenire alla fine di questo secolo un esempio di convivenza nella diversità per tante nazioni che sperimentano questa difficoltà, in Europa e nel mondo.

3. Il metodo a cui occorre attenersi rigorosamente nella soluzione dei problemi che insorgono lungo l'arduo cammino è quello del dialogo, ispirato all'ascolto dell'altro e al mutuo rispetto. Il metodo del dialogo che, nonostante le resistenze, si va sempre più affermando, richiede infatti, in quanti vi prendono parte, lealtà, coraggio, pazienza, perseveranza. La fatica del confronto sarà ampiamente ripagata. Si potranno lentamente guarire le ferite causate dalla trascorsa terribile guerra, e si farà spazio alla concreta speranza di un futuro più degno per tutte le popolazioni che insieme vivono in questo territorio.

Il dialogo dovrà svilupparsi nel rispetto della parità dei diritti, garantita ai singoli cittadini mediante adeguati strumenti legali, senza preferenze o discriminazioni. E' necessario impegnarsi urgentemente perché a tutti sia assicurato il lavoro, fonte di ripresa e di sviluppo, nel rispetto della dignità della persona; perché i profughi e i rifugiati, di qualsiasi parte della Bosnia ed Erzegovina, possano fruire del diritto di recuperare le case che hanno dovuto abbandonare nella tempesta del conflitto.

Parità di diritti sia attribuita alle comunità etnico-religiose. La Bosnia ed Erzegovina è un mosaico di culture, di religioni, di etnie che, se riconosciute e tutelate nelle loro diversità, possono contribuire con i rispettivi doni ad arricchire il patrimonio unitario della società civile.

4. Costruire una pace vera e duratura è un grande compito affidato all'impegno di tutti. Molto dipende certamente da coloro che hanno pubbliche responsabilità. Tuttavia, i destini della pace, pur essendo in gran parte affidati alle formule istituzionali, che vanno efficacemente disegnate nel dialogo sincero e nel rispetto della giustizia, dipendono in misura non meno decisiva da una rinnovata solidarietà degli animi. E' questa interiore disposizione che si deve coltivare sia entro i confini della Bosnia ed Erzegovina che nei rapporti con gli Stati limitrofi e con la Comunità delle Nazioni. Ma una disposizione del genere non può affermarsi se non sulla base del perdono. Per essere stabile, sullo sfondo di tanto sangue e tanto odio, l'edificio della pace dovrà poggiare sul coraggio del perdono. Occorre saper chiedere perdono e perdonare!

Signori Presidenti, nell'affidare a Loro queste considerazioni, intendo consegnarle pure alle altre Autorità di ogni grado e ambito, affinché si consolidi la speranza di un costante rafforzamento della pace faticosamente raggiunta, e si realizzi un futuro sempre più sereno e proficuo per ogni abitante di questa amata Bosnia ed Erzegovina. Pur tra le difficoltà, gli ostacoli, le resistenze, non si spenga mai la speranza! Dio non abbandona gli operatori di pace.

A Lui, onnipotente Signore dell'universo, chiedo di donare a tutti la sua consolazione, di rafforzare nei cuori propositi generosi di dialogo sincero, di ragionevole intesa, di comune impegno per la ricostruzione e la pace.

VIAGGIO APOSTOLICO A SARAJEVO (12-13 APRILE 1997)


AI VESCOVI DELLA BOSNIA ED ERZEGOVINA


Arcivescovado di Sarajevo - Domenica, 13 aprile 1997



Signor Cardinale,
Venerati Fratelli nell'Episcopato!

100 1. Ho ardentemente desiderato di vivere con voi questo incontro fraterno e sono grato a Dio per aver potuto celebrare con voi la divina Eucaristia, momento culminante nella vita della Chiesa. L'unione intorno all'altare rende più evidente il vincolo che ci lega a Cristo e fonda la comunione che esiste tra noi e con il popolo di Dio.

Saluto te, Signor Cardinale Vinko Puljic, che, coadiuvato da Mons. Pero Sudar, pasci con coraggio e saggezza il gregge della Chiesa di Vrhbosna-Sarajevo; saluto te, Mons. Franjo Komarica, Vescovo forte della tribolata Chiesa di Banja Luka; saluto te, Mons. Ratko Peric, che presiedi zelantemente la Chiesa di Mostar-Duvno e sei l'Amministratore Apostolico di Trebinje-Mrkan. Desidero ringraziare ciascuno di voi per la intrepida testimonianza resa di fronte alla Chiesa di Dio durante il passato conflitto, quando, nonostante i gravi pericoli e la difficile situazione, siete rimasti sempre, vigilanti e solleciti, con le vostre comunità, condividendone le sofferenze, le calamità e ogni genere di privazioni.

Nel manifestare i miei sentimenti di affetto a voi Pastori, intendo far giungere l'augurio più caro alle Chiese affidatevi: ai vostri sacerdoti, alle persone consacrate, ai fedeli laici, specialmente a quanti sono afflitti nel corpo o nello spirito a causa delle conseguenze del doloroso periodo della recente guerra. Il Successore di Pietro è in mezzo a voi. Egli conosce i vostri patimenti e le vostre fatiche e vi incoraggia nella vostra fede, guardando a Cristo, nostro avvocato presso il Padre e nostra sicura pace.

2. La divina Provvidenza vi ha eletti per pascere il popolo di Dio e vi ha costituiti modelli del gregge (cfr
1P 5,2-3). Mediante il vostro ministero, e in comunione con il Successore di Pietro, voi perpetuate l'opera di Cristo, eterno pastore delle anime, che ammaestra tutte le genti e santifica col dono dei Sacramenti quanti accolgono con fede la sua parola.

In questo compito che Dio vi ha affidato, voi non siete soli. Esercitando il governo delle vostre Chiese in comunione fra voi e con il Vescovo di Roma, successore di Pietro, siete costituiti membri del corpo episcopale e per ciò stesso chiamati a partecipare alla sollecitudine nei confronti della Chiesa universale (cfr Lumen Gentium LG 22 Christus Dominus CD 4).

Siate solerti, Venerati Fratelli, nel mantenere la comunione con i Vescovi di tutto il mondo, a cominciare da quelli della regione e, in particolare, della Croazia. Siate anche assidui nella reciproca carità, nel dialogo franco e cordiale, nel vicendevole aiuto. L'amore che regna tra di voi sia di esempio per i sacerdoti che vi coadiuvano, per i fedeli che guardano a voi come a guide illuminate, e per gli stessi uomini di buona volontà che non di rado cercano nelle vostre parole e nella vostra autorità un incitamento per costruire una società veramente ispirata ai valori della pace, della concordia e della giustizia.

3. Il conflitto svoltosi nella vostra regione per cinque lunghissimi anni vi pone di fronte a problemi certamente non facili. Cessato il fragore delle armi, deve ora prendere sempre più vigore la volontà di costruire la pace. Il primo compito che vi attende, in questo arduo cammino, è quello del risanamento degli animi provati dal dolore e, talvolta, abbruttiti da sentimenti di odio o di vendetta. Si tratta di un processo che necessita di tutte le vostre energie, corroborate dalla fede in Cristo, Signore della vita e medico dello spirito. Tale è l'obiettivo che vi siete proposti anche nella vostra lettera pastorale del febbraio scorso.

Voi siete chiamati ad essere i portatori di una cultura nuova che, scaturendo dall'inesauribile sorgente del Vangelo, predica il rispetto di tutti per tutti; invoca la reciproca remissione delle colpe come presupposto della rinascita del vivere civile; lotta con le armi dell'amore perché si affermi sempre più il desiderio di cooperare alla promozione dell'unico bene comune.

Ciò non vi esime dal levare la voce profetica per denunciare le violenze, smascherare le ingiustizie, chiamare per nome ciò che è male, difendere con ogni legittimo mezzo le comunità che vi sono affidate. Questo è particolarmente necessario quando le intemperanze, che scaturiscono da animi esacerbati dalle trascorse violenze, tendono a colpire direttamente i credenti e la Chiesa con intimidazioni o atti di intolleranza. Non abbiate paura di far sentire la vostra voce con ogni mezzo legittimo a vostra disposizione, senza lasciarvi intimorire da nessun potere terreno.

4. Ora, dopo le violenze trascorse, si tratta di riedificare non soltanto la comunità cristiana, ma anche la società civile, colpita e dispersa da tante calamità. In tale compito Dio non vi lascia soli. Egli ha posto al vostro fianco sacerdoti, persone consacrate e laici attivamente impegnati, che sostengono le vostre fatiche e sono pronti ad ascoltare la vostra voce, per far sì che nuovamente rifiorisca l'annuncio che salva, la carità che allevia, la solidarietà che tutti unisce. Mentre rendete grazie al Signore per tali doni, sappiate valorizzare le energie di ognuno perché il cammino della nuova evangelizzazione prosegua con rinnovato vigore.

Sappiate comprendere con paterna bontà le difficoltà che ogni giorno incontrano i vostri più diretti collaboratori; sosteneteli con la vostra preghiera e con il vostro buon cuore, spronandoli a fare ricorso alle energie che scaturiscono dal quotidiano incontro con Cristo, Sommo ed Eterno Sacerdote, specialmente nella preghiera e nella celebrazione dell'Eucaristia. La vostra sollecitudine di Padri nella fede sappia valorizzare il meglio di tutti, così che i doni di ciascuno tornino a beneficio della comunità cristiana e della società civile.

101 Non dovrà mancare la collaborazione di tutti alla progettazione ed all'esecuzione dei programmi pastorali delle singole diocesi, sotto la vostra guida e nel rispetto delle specificità di ogni carisma, sia esso dei sacerdoti secolari o dei religiosi, così che il reciproco scambio di doni aumenti la carità, attenui le tensioni e sia a servizio dell'unità. Secondo questi criteri e valori educate anche i vostri seminaristi, affinché si formi in loro la chiara consapevolezza che un giorno saranno chiamati a servire la Chiesa con sacrificio, con convinzione, con generosità e nell'obbedienza al legittimo Pastore.

5. L'opera principale alla quale non vi stancherete di dedicarvi è "la preghiera e il ministero della parola" (
Ac 6,4), affinché il Vangelo di Cristo continui ad essere annunciato in questa regione, e la benefica "parola di vita" possa recare speranza e consolazione ai popoli della Bosnia ed Erzegovina.

E' attraverso la presidenza dell'assemblea liturgica, specialmente nella sacra Sinassi, che voi elargite i doni di Dio a nutrimento dei fedeli, dopo averli istruiti apertamente sulla "verità che conduce alla pietà, ed è fondata sulla speranza della vita eterna, promessa fin dai secoli eterni da quel Dio che non mentisce" (Tt 1,1-2).

La Chiesa, al termine di questo millennio e ormai alle soglie del nuovo, deve proseguire con perseveranza nella sua missione di proclamare la Buona Novella, affinché "tutti gli uomini siano salvati" (1Tm 2,4). Il triennio di preparazione al Grande Giubileo del 2000 vi trovi assidui nella predicazione, secondo le indicazioni che io stesso ho proposto nella Lettera Apostolica Tertio millennio adveniente. Nel perseguire tutti questi obiettivi, voi edificate il Corpo di Cristo (cfr Ep 4,12) in queste terre, in comunione con tutta la Chiesa.

6. Nonostante la sua povertà, la Chiesa in Bosnia ed Erzegovina non dimentichi i poveri che bussano alle sue porte. Le devastazioni lasciate dal passato conflitto vi hanno lasciato in eredità famiglie distrutte, vedove ed orfani, profughi e sfollati, mutilati ed afflitti. Occorre rimanere accanto a loro, portando il sollievo della vostra concreta carità e della pastorale sollecitudine. A questo proposito, non posso non riservare una speciale menzione elogiativa per gli organismi della Caritas, che nelle singole diocesi tanto hanno fatto e fanno per alleviare le sofferenze di quanti sono in difficoltà.

La testimonianza della carità favorisce una maggiore comprensione tra le varie culture e religioni che fioriscono in questa regione, poiché il dolore e il bisogno non hanno frontiere. Attraverso il gesto mansueto della carità, voi contribuite al dialogo sincero con tutti i vostri conterranei, perseguendo la costruzione della civiltà dell'amore. Così, perdonando e chiedendo perdono, sarà possibile uscire dalla spirale di recriminazioni reciproche e imboccare con decisione la via della ricostruzione morale e civile. "Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi" (Col 3,13).

Il metodo del dialogo, perseguito con perseveranza e in profondità, poi, deve segnare anzitutto il rapporto con i fratelli ortodossi, e con gli altri fratelli cristiani, ai quali ci uniscono non pochi vincoli di fede. Con parola cordiale e atteggiamento sincero, cercate inoltre motivi di incontro e di comprensione con i seguaci dell'Islam, affinché si possa costruire una convivenza pacifica nel reciproco rispetto dei diritti di ogni singolo e di ogni popolo.

7. Venerati Fratelli, mentre il Successore di Pietro desidera oggi confermarvi nei vostri buoni propositi, intende anche ripetervi che non siete soli nel vostro cammino. Siamo con voi e saremo sempre con voi nel sostenere gli sforzi che state compiendo, affinché sia salda in tutta la Chiesa "la carità che è il vincolo della perfezione" (Col 3,14).

Affido i vostri sforzi apostolici alla materna protezione di Maria, Madre della Chiesa e Regina della Pace, che voi, insieme con le comunità a voi affidate, onorate con grande devozione. La Madre di Dio, modello di perfezione per tutta la Chiesa, vi sostenga nelle vostre fatiche e nei vostri progetti, così che continui a risuonare per le vostre contrade l'inno pasquale: "Scimus Christum surrexisse a mortuis vere. Tu nobis, victor Rex, miserere!".

Con questi sentimenti imparto a ciascuno di voi, quale pegno del mio affetto, una speciale Benedizione Apostolica, che volentieri estendo ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose e a tutti i fedeli ai quali vanno le vostre cure pastorali.

VIAGGIO APOSTOLICO A SARAJEVO (12-13 APRILE 1997)


AI RAPPRESENTANTI DELLA COMUNITÀ EBRAICA


Arcivescovado di Sarajevo - Domenica, 13 aprile 1997



102 Signor Presidente della comunità ebraica di Sarajevo,
cari amici e fratelli!

1. Benedico il Signore, Dio dei nostri Padri, e ringrazio tutti voi per questo incontro, nel quale mi è dato di condividere con voi l'auspicio della pace. Nel porgere il mio cordiale saluto a voi, qui presenti, intendo rivolgermi a tutti i vostri fratelli e sorelle di fede presenti nel territorio della Bosnia ed Erzegovina.

Il grande patrimonio spirituale, che ci unisce nella parola divina annunciata nella Legge e nei Profeti, è per tutti noi costante e sicura guida sul cammino della pace, della concordia e del reciproco rispetto. Infatti, è Dio ad annunciare la pace al suo popolo e a farsi garante dei beni che da essa conseguono. Egli suscita in noi un impegno forte nell'attuarla, perché essa è il programma dettato al Popolo dell'Alleanza.

2. Shalom! La pace è dono dall'Altissimo, ma è anche compito dell'uomo. Dobbiamo perciò invocarla e, al tempo stesso, impegnarci a far fruttificare l'opera divina mediante scelte concrete, atteggiamenti pieni di rispetto, opere di fraternità.

E' un impegno che richiede a ciascuno la conversione del cuore. Ad essa Dio viene incontro con l'abbondanza delle sue benedizioni: "Se ti convertirai al Signore tuo Dio e obbedirai alla sua voce, tu e i tuoi figli, con tutto il cuore e con tutta l'anima, secondo quanto io ti comando, allora il Signore Dio farà tornare i tuoi deportati, avrà pietà di te e ti accoglierà di nuovo da tutti i popoli in mezzo ai quali il Signore tuo Dio ti aveva disperso" (
Dt 30,2-3).

Camminiamo, dunque, coraggiosamente come veri fratelli ed eredi delle promesse, sulla via della riconciliazione e del reciproco perdono. E' questa la volontà di Dio: "Amerai il tuo Dio con tutto il cuore... Amerai il prossimo tuo come te stesso" (Dt 6,5 Lv 19,18). Noi, testimoni dei dieci Comandamenti, sappiamo bene che la perfetta osservanza del precetto "Non uccidere" si ha soltanto con la generosa adesione all'impegno di amare.

3. Su questa via noi vogliamo camminare, sorretti dall'aiuto di Dio, per edificare una società dove lutti e lacrime non siano più causati dalle azioni malvagie dell'uomo. Una società nella quale tutti concorrano alla costruzione di una civiltà nuova, le cui fondamenta non siano altro che quelle innalzate dall'amore vero verso tutti.

Rivolgiamo gli occhi e la mente al Signore e lodiamolo per il felice incontro odierno, con la speranza che, anche grazie ad esso, possa sorgere l'alba nuova di una comunità umana che ponga a suo fondamento i valori perenni della giustizia, della solidarietà, della collaborazione, della tolleranza e del rispetto.

E l'un l'altro diciamoci: "Celebrate il Signore perché è buono, perché eterna è la sua misericordia" (Sal 136/135, 1).



VIAGGIO APOSTOLICO A SARAJEVO (12-13 APRILE 1997)


AI RAPPRESENTANTI


DELLA COMUNITÀ ISLAMICA


Arcivescovado di Sarajevo - Domenica, 13 aprile 1997



103 Signor Reis ul-Ulema,
Illustri Signori!

1. Rivolgo a voi il mio cordiale saluto e vi ringrazio per questo incontro che mi sta a cuore e mi consente di salutare, insieme con Lei, Signor Reis ul-Ulema Mustafa efendija Ceric, ed i suoi più stretti collaboratori, tutti i Musulmani della Bosnia ed Erzegovina.

Come Le è noto, la Chiesa guarda con stima ai Musulmani che, lo ricorda il Concilio Vaticano II, adorano l'unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli uomini (Nostra Aetate
NAE 3).

A questa fede in Dio, che avvicina i musulmani ai credenti delle religioni monoteistiche, si aggiunge la considerazione che la tradizione islamica conserva un grande rispetto per la memoria di Gesù, considerato un grande profeta, e per Maria, la sua Madre Vergine.

Possa tale vicinanza consentire sempre più una reciproca intesa a livello umano e spirituale. Possa aiutare un'intesa fraterna e costruttiva anche tra le comunità di differente credenza che vivono nella Bosnia ed Erzegovina.

2. Dio è unico, e nella sua giustizia ci chiede di vivere in maniera conforme alla sua volontà santa, di sentirci fratelli gli uni degli altri, di impegnarci ad operare affinché la pace sia garantita nei rapporti umani, ad ogni livello. Tutti gli esseri umani sono posti da Dio sulla terra, affinché percorrano un pellegrinaggio di pace, ciascuno a partire dalla situazione in cui si trova e dalla cultura che lo riguarda.

Anche la comunità islamica della Bosnia ed Erzegovina conosce questo "destino" voluto da Dio, ma conosce, nello stesso tempo, le fatiche dell'itinerario necessario per realizzarlo e sente oggi le conseguenze di una guerra che non ha risparmiato a nessuno sofferenze e dolore.

E' venuto il tempo di riprendere un dialogo sincero di fraternità, accogliendo e donando il perdono; è giunto il tempo di superare gli odi e le vendette che ancora ostacolano il ristabilimento di una pace autentica nella Bosnia ed Erzegovina.

Dio è misericordioso - questa è l'affermazione che tutti i credenti dell'Islam amano e condividono. Proprio perché Dio è così e vuole la misericordia, è doveroso per ciascuno porsi nella logica dell'amore, così da raggiungere la meta del vero perdono reciproco.

La pace, allora, che è dono offerto da Dio nella sua bontà, è da lui richiesta e comandata alle nostre coscienze. Egli vuole la pace tra persona e persona, tra nazione e nazione. Questo è ciò che Iddio comanda, perché egli stesso manifesta ad ogni uomo e ad ogni donna il suo amore insieme con il suo perdono che salva.

104 3. Auspico che le comunità dell'Islam, religione della preghiera, possano unirsi alla invocazione che tutti gli uomini di buona volontà innalzano a Dio Onnipotente, per implorare, in unità di intenti, la pace operosa che consente di vivere e di collaborare efficacemente per il bene comune.

Protegga l'Altissimo quanti, con sincerità e mutua comprensione, mettono insieme le forze con generoso impegno e disponibilità, per ricostruire i valori morali, comuni a tutti gli uomini che credono in Dio ed amano la sua volontà.

Su queste persone buone, come pure su tutti voi qui presenti, invoco la benedizione di Dio Onnipotente.



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