GP2 Discorsi 1997 125


VIAGGIO APOSTOLICO NELLA REPUBBLICA CECA (25-27 APRILE 1997)

INCONTRO DI PREGHIERA ECUMENICA IN ONORE DI S. ADALBERTO


Cattedrale di Praga - Domenica, 27 aprile 1997



Carissimi Fratelli in Cristo!

1. "Noi dobbiamo . . . cooperare alla diffusione della verità" (3Jn 8). Così ci ammonisce la terza Lettera di Giovanni. In questa preghiera ecumenica, nella quale avvertiamo più intensamente la nostalgia dell'unità, vi saluto con queste parole, che ci toccano nel profondo del cuore. Sì, dobbiamo essere i cooperatori della verità.

Nonostante le consegne che Cristo ha lasciato nell'ultima Cena, noi cristiani ci siamo purtroppo divisi. Le profonde lacerazioni avvenute nella storia religiosa dell'Europa interpellano le nostre coscienze. In modo particolare le interpellano, in questo momento, le divisioni intervenute nella storia della nazione ceca.

Grazie a Dio, questo è anche un momento di dialogo nella preghiera. esso ci permette di riflettere insieme sulla verità, che, come ho scritto nella Enciclica Ut unum sint, "forma le coscienze ed orienta il loro agire a favore dell'unità" (Giovanni Paolo II, Ut Unum Sint, UUS 33).

2. La ricerca della verità ci fa sentire peccatori. Ci siamo divisi a motivo di reciproche incomprensioni, dovute spesso a diffidenza, se non a inimicizia. Abbiamo peccato. Ci siamo allontanati dallo Spirito di Cristo.

126 Proprio per questo nella Lettera Apostolica Orientale Lumen scrivevo: "Il peccato della nostra separazione è gravissimo: sento il bisogno che cresca la nostra comune disponibilità allo Spirito che ci chiama a conversione, . . . Si fa in me ogni giorno più acuto il desiderio di ripercorrere la storia delle Chiese, per scrivere finalmente una storia della nostra unità" (Giovanni Paolo II, Orientale Lumen, nn. 17-18). L'imminenza del Terzo Millennio esige da tutti i cristiani la disponibilità a compiere sotto la luce dello Spirito un severo esame di coscienza, riascoltando il discorso di addio di Cristo nel Cenacolo. Non

possiamo non sentire l'urgenza di giungere, tutti insieme, all'umile riconoscimento dell'unica Verità.

Noi sentiamo di vivere oggi l'ora della verità. Quest'anno di preparazione immediata al Grande Giubileo, che ho voluto dedicare alla riflessione su Gesù Cristo, può costituire sotto il profilo ecumenico una provvidenziale occasione per un incontro più vero, e perciò più carico di forza unificante, con Lui, unico nostro Signore e Maestro.

3. Non è forse simbolo di unità anche la splendida cattedrale, in cui ci troviamo? Vero gioiello di arte e di fede, fu costruita più di 650 anni fa dall'imperatore Carlo IV e dal vescovo Arnost di Pardubice. Essi l'hanno fondata per la comunità ecclesiale e civile. Qui riposano santi e re. Qui sono racchiusi i tesori della Nazione - i trofei della corona Ceca, e i tesori della Chiesa - le reliquie di molti suoi santi.

Mi recherò tra poco a pregare presso l'insigne reliquia di Adalberto, e presso la tomba di san Venceslao nella cappella a lui dedicata: sono i santi della Comunità cristiana ancora indivisa. Mi sono raccolto in preghiera sulla pietra tombale del Card. Tomášek, che con la sua solida fede ha contribuito a mantenere viva in ciascuno la speranza anche nei momenti più bui dell'oppressione, fino alla liberazione della Patria.

Questa che noi viviamo è dunque l'ora della speranza.

Questa Cattedrale nella sua straordinaria linea architettonica, fusa col profilo del Castello di Praga, è il luogo della tradizione ecclesiale e patriottica ed è il segno dell'unità della Nazione.

4. Di qui, da questa sorta di "città posta sul monte" (cfr
Mt 5,14), sono lieto di render atto agli sforzi di riavvicinamento e di dialogo, che in questa terra stanno compiendo le varie Chiese e Comunità ecclesiali per risanare le ferite del passato.

Nella mia prima visita, sette anni fa, citavo "le parole accorate", che udii pronunciare dal Card. Beran al Concilio Vaticano II sulla "vicenda del sacerdote boemo Giovanni Hus" ed esprimevo l'auspicio che fosse definito "più esattamente il posto che Giovanni Hus occupa tra i riformatori della Chiesa, accanto ad altre note figure riformatrici" (Incontro con il mondo della cultura, 21 aprile 1990).

In risposta a quell'invito, la Commissione ecumenica "Husovská" sta lavorando seriamente nella direzione indicata. In questo quadro acquistano particolare importanza iniziative quali la Conferenza dedicata a Jan Hus, a Bayreuth, nel 1993, a cui venne invitato, in rappresentanza della Santa Sede, il Card. Edward Idris Cassidy, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani. So inoltre che il Cardinale Arcivescovo di Praga Miloslav Vlk partecipa alle riunioni ecumeniche celebrate annualmente il 6 luglio, anniversario della infelice morte di Giovanni Hus.

Trovo pure degna di menzione l'attività della Commissione ecumenica per lo studio della storia religiosa ceca nei secoli 16°; e 17°;. Mossa da spirito veramente ecumenico, essa vuole fornire strumenti scientificamente validi per meglio comprendere, con animo scevro da pregiudizi, vicende non ancora sufficientemente chiarite, che portarono in passato a disordini ed eccessi nei rapporti tra appartenenti alle Comunità della Riforma e cattolici.

127 Guardo infine, con grande conforto, il consolante esito delle annuali celebrazioni ecumeniche della Parola. Ad esse convengono i rappresentanti di tutte le Chiese e Comunità ecclesiali della Repubblica, sia all'inizio dell'anno, secondo l'iniziativa internazionale dell'Alleanza Evangelica, sia nella Settimana di preghiere per l'Unità dei cristiani. L'atmosfera di intenso raccoglimento e di fraterna carità, che viene a crearsi in tali ricorrenze, fa sentire più pungente la nostalgia dell'unica Eucaristia.

5. Questo suggestivo incontro ecumenico è per tutti noi l'ora della carità. Mi auguro sinceramente che valgano per ciascuno le parole, che l'apostolo Giovanni scrive allo sconosciuto destinatario della sua Terza Lettera: "Carissimo, tu ti comporti fedelmente in tutto ciò che fai in favore dei fratelli, benché forestieri. Essi hanno reso testimonianza della tua carità davanti alla Chiesa" (
3Jn 5-6).

Questo testo può costituire per noi un luminoso punto di riferimento e un motivo di stimolo per la nostra operosità ecumenica. E' nella carità, infatti, che è possibile domandare insieme perdono a Dio e trovare il coraggio di perdonarsi vicendevolmente le ingiustizie e i torti del passato, per quanto grandi ed esecrabili siano stati. Bisogna far cadere le barriere del sospetto e della diffidenza reciproche, per edificare la nuova civiltà dell'amore. Essa nascerà dal nostro impegno sincero di essere cooperatori alla diffusione della verità, della speranza e dell'amore.

Il santo Vescovo Adalberto fece dell'unità del suo gregge lo scopo, lo sforzo, il tormento della sua vita, ed ha il merito di aver forgiato all'aspirazione dell'unità i popoli pur diversi dell'Europa. Oggi, seguendo il suo ideale, ripeto anche da questa cattedrale le parole che ho rivolto al Paese, due anni fa, da Olomouc, quando a nome della Chiesa di Roma ho chiesto perdono dei torti inflitti ai non cattolici e nel contempo ho voluto assicurare il perdono della Chiesa cattolica per le sofferenze che i suoi figli hanno patito : "Possa questo giorno segnare un nuovo inizio nello sforzo comune di seguire Cristo, il suo Vangelo, la sua legge d'amore, il suo anelito supremo all'unità dei credenti in Lui" (Giovanni Paolo II, Omelia, 21 maggio 1995: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII, 1 (1995) 1367).

6. Fratelli carissimi! Molto lavoro resta da compiere, ci sono opportunità da non perdere, doni celesti da non trascurare per rispondere a ciò che il Signore attende da tutti e da ciascuno dei battezzati. E' importante che tutte le Chiese si interessino alla dimensione teologica del dialogo ecumenico e perseverino in un esame leale e serio delle crescenti convergenze. Occorre cercare l'unità come la vuole il Signore e, per questo, è necessario convertirsi sempre più alle esigenze del suo Regno. Siamo chiamati ad essere, sull'esempio del Vescovo Adalberto, cooperatori della verità, della speranza, dell'amore!

Vi ringrazio, cari Fratelli, di aver condiviso questa provvidenziale esperienza di preghiera. Ringrazio anche il Presidente della Repubblica e il Primo Ministro, insieme con le personalità della vita politica e sociale del Paese che hanno voluto essere presenti.

Cristo sta davanti a noi. Egli che ci "amò sino alla fine", è per noi tutti sorgente inesauribile di forza, di creativa ispirazione ecumenica, di pazienza e di perseveranza. Egli è la Verità!

Cari Fratelli, grazie! Nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, Signore della storia e guida dei nostri cuori, grazie! Che Egli vi benedica!

VIAGGIO APOSTOLICO NELLA REPUBBLICA CECA (25-27 APRILE 1997)

CERIMONIA DI CONGEDO


Aeroporto di Praga - Domenica, 27 aprile 1997



Signor Presidente della Repubblica,
Signor Cardinale e venerati Fratelli nell'Episcopato,
128 Autorità parlamentari, governative e militari,
Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Nel lasciare la vostra Terra, desidero rendere grazie a Dio per la rinnovata testimonianza di fede e di affetto che avete voluto esprimermi in occasione delle celebrazioni millenarie del martirio di sant'Adalberto.

Ho ancora negli occhi e nel cuore le folle che hanno accompagnato il mio pellegrinaggio: i giovani che hanno riempito con i loro canti e le loro preghiere la Piazza Grande di Hradec Králové, e i malati, i religiosi e le religiose, che gremivano la basilica dell'Arciabbazia di Brevnov. Come non ricordare, poi, l'intensa concentrazione spirituale che animava stamattina la Celebrazione eucaristica nella grande spianata di Letná, e la preghiera ecumenica appena conclusa con i fratelli delle altre Chiese e denominazioni cristiane nella cattedrale dei santi Vito, Venceslao, Adalberto?

A tutti il mio grazie commosso e cordiale!

2. In particolare, desidero manifestare viva riconoscenza a Lei, Signor Presidente della Repubblica, per l'accoglienza amabile e delicata con la quale ha voluto circondare il mio soggiorno in Repubblica Ceca.

Sento il dovere, altresì, di esprimere speciale gratitudine al Signor Cardinale Miloslav Vlk, a Mons. Karel Otcenášek, Vescovo di Hradec Králové ed a tutti gli altri Fratelli Vescovi, per avermi invitato a visitare per la terza volta questo Paese, manifestandomi, anche durante questo viaggio apostolico, fraterna ed affettuosa comunione.

Con loro ringrazio i sacerdoti e gli operatori pastorali, auspicando che l'impegno profuso nella preparazione e nello svolgimento del Millennio di sant'Adalberto lasci un'orma profonda nella storia religiosa delle singole Chiese locali e dell'intera Nazione.

3. Il mio affettuoso pensiero corre a voi, cittadini della Repubblica Ceca. Le singolari qualità del vostro Popolo - la fortezza d'animo, la tenacia, l'apertura agli altri, l'amore per la pace -, dopo avervi aiutato a resistere ad una pressione ideologica tra le più spietate dell'Est Europeo, vi hanno fatto raggiungere negli anni recenti lusinghieri obiettivi di civiltà e di progresso.

Mentre mi congratulo con voi per queste conquiste, vi esorto a porre particolare cura nel promuovere contestualmente il progresso spirituale. Solo il pieno sviluppo delle virtù morali di un popolo può assicurare la serena e concorde convivenza di quanti lo compongono.

E' proprio questo il messaggio di sant'Adalberto, il quale in tempi non facili seppe fondare sul primato di Dio e dei valori dello spirito il futuro della vostra Terra e di altri Popoli europei.

129 La sua testimonianza vi aiuti a dare il giusto rilievo alle conquiste economiche, senza tuttavia cedere al fascino illusorio dei miti consumistici. Vi incoraggi, altresì, a riaffermare i valori che fanno la vera grandezza di una Nazione: la dirittura intellettuale e morale, la difesa della famiglia, l'accoglienza del bisognoso, il rispetto per la vita umana, dal concepimento al tramonto. Il Santo Vescovo e Martire vi ricorda le solide radici spirituali della vostra Nazione e vi spinge a custodire con cura il patrimonio di fede e di civiltà che, a partire dalla predicazione dei santi Cirillo e Metodio, di generazione in generazione è giunto fino a voi. Presente nelle tradizioni popolari, nelle opere dei filosofi, dei letterati e degli artisti della vostra Terra, nonché nelle multiformi espressioni della vostra cultura, esso costituisce la garanzia della vostra identità e del vostro futuro.

4. A voi, Fratelli e Sorelle della Chiesa cattolica, pellegrina in Terra Ceca, desidero rivolgere uno speciale saluto, invitandovi a collaborare con tutti, lealmente e disinteressatamente, nella prospettiva del maggior bene della Patria.

L'esempio di sant'Adalberto, coraggioso di fronte alle difficoltà ed alle sfide del suo tempo e fedele a Cristo fino alla suprema testimonianza del sangue, vi stimola ad impegnarvi generosamente in una rinnovata opera di evangelizzazione, le cui premesse necessarie sono: la conoscenza approfondita della fede mediante una seria formazione biblica e teologica, la convinta partecipazione alla liturgia ed alla vita parrocchiale, il servizio generoso ai fratelli che sono nel bisogno, il dialogo franco e sincero con i vicini ed i lontani, l'ascolto attento delle attese di quanti vi circondano.

5. Desidero, infine, manifestare il mio particolare apprezzamento a quanti con competenza e dedizione si sono spesi per la preparazione e lo svolgimento di questa Visita pastorale: le Commissioni episcopali di Praga e di Hradec Králové; la Polizia di Stato e cittadina e quanti hanno contribuito al non sempre agevole servizio d'ordine; gli ufficiali e i piloti degli elicotteri, i giornalisti e gli addetti della radio e della televisione, che hanno seguito con cronache puntuali le varie fasi del viaggio.

A tutti esprimo il mio ringraziamento più vivo.

6. Affido a sant'Adalberto, grande figlio e celeste Patrono di questa Terra, le speranze ed il futuro dell'intero Popolo Ceco, auspicando che le nuove generazioni sappiano essere degne della storica eredità di cui sono portatrici.

Rinnovo a ciascuno di voi auguri sinceri di prosperità e di pace, mentre, invocando la materna protezione della Vergine Maria, tutti benedico con affetto nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

S Pánem Bohem.

Mám vás velmi rád!

Stále vás všechny nosím ve svém srdci!

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI AL CONGRESSO EUROPEO


SULLE VOCAZIONI AL SACERDOZIO E


ALLA VITA CONSACRATA IN EUROPA




Carissimi partecipanti al Congresso europeo sulle vocazioni!

130 1. Sono lieto di rivolgervi il mio beneaugurante saluto all'inizio dei lavori sull'impegnativo tema: "Nuove Vocazioni per una nuova Europa". Il convegno, preceduto da una preparazione accurata, che ha coinvolto molte persone dedite alla pastorale delle vocazioni, costituisce un grande segno di speranza per le Chiese del continente europeo e confluisce provvidenzial-mente in quel grande fiume di esperienze di fede, che ricordano all'Europa le sue radici cristiane ed alle Chiese la missione di annunciare Gesù Cristo alle generazioni del terzo millennio.

La provvida iniziativa intende richiamare l'attenzione sulla pastorale vocazionale, riconoscendo in essa un problema vitale per il futuro della fede cristiana nel continente e, di riflesso, per il progresso spirituale degli stessi popoli europei. Non si tratta di un aspetto settoriale o marginale dell'esperienza ecclesiale, bensì del vissuto stesso della fede in Gesù Cristo, unico Progetto capace di colmare appieno le aspirazioni più profonde del cuore umano.

2. La vita ha una struttura essenzialmente vocazionale. Il progetto che la riguarda, infatti, affonda le radici nel cuore del mistero di Dio: "In Lui - in Cristo - Dio ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità" (
Ep 1,4).

Tutta l'esistenza umana, pertanto, è risposta a Dio, che fa sentire il suo amore soprattutto in alcuni appuntamenti: la chiamata alla vita; l'ingresso nella comunione di grazia della sua Chiesa; l'invito a rendere nella Comunità ecclesiale la propria testimonianza a Cristo secondo un progetto del tutto personale ed irripetibile; la convocazione alla comunione definitiva con Lui nell'ora della morte.

Non v'è dubbio pertanto che l'impegno della Comunità ecclesiale nella pastorale vocazionale sia uno dei più gravi ed urgenti. Ogni battezzato infatti deve essere aiutato a scoprire la chiamata che, nel progetto di Dio, gli è rivolta e a rendervisi disponibile. Sarà così più facile, a chi è destinatario di una vocazione particolare a servizio del Regno, riconoscerne il valore ed accettarla generosamente. Non si tratta, infatti, di educare le persone a fare qualcosa, bensì a dare un orientamento radicale alla propria esistenza ed a compiere scelte che decidono per sempre del proprio futuro.

3. In tale prospettiva, codesto Congresso sulle vocazioni al Sacerdozio ed alla Vita consacrata in Europa costituisce un atto di fede nell'azione efficace e costante di Dio; un atto di speranza nel futuro della Chiesa in Europa; un gesto di amore verso il popolo di Dio del "vecchio continente", bisognoso di persone pienamente dedite all'annuncio del Vangelo ed al servizio dei fratelli. Voi intendete individuare le opportune strategie per aiutare coloro che il Signore sceglie per questo impegno totale a scoprire la propria chiamata ed a pronunciare il loro "sì" senza riserve.

La vostra attenzione si rivolge soprattutto ai giovani, perché sappiano accogliere l'invito del Maestro a seguirlo. Egli li fissa con lo sguardo penetrante, di cui parla il Vangelo di Marco (cfr Mc 10,21): uno sguardo evocativo del mistero di luce e di amore, che avvolge e accompagna ogni persona umana dal primo istante della sua esistenza.

Sono ben note le difficoltà che oggi rendono difficile l'adesione alla proposta di Cristo. Tra queste: il consumismo, la visione edonistica della vita, la cultura dell'evasione, il soggettivismo esasperato, la paura di fronte agli impegni definitivi, una diffusa carenza di progettualità.

Come il giovane ricco, di cui narra il Vangelo (cfr Mc 10,22), non pochi ragazzi avvertono forti resistenze interiori ed esteriori di fronte all'appello di Cristo e non di rado si ritirano tristi, cedendo ai condizionamenti che li frenano. La tristezza scesa sul volto del giovane ricco è il rischio ricorrente di chi non sa decidersi per il sì alla chiamata; e la tristezza è solo la facciata di quel vuoto di valori che sta nel profondo del cuore e induce non di rado chi ne è vittima ad avviarsi su sentieri di alienazione, di violenza e di nichilismo.

Il Congresso, tuttavia, non può fermarsi ad esaminare le pur evidenti problematiche che segnano il mondo giovanile. Esso ha soprattutto il compito di segnalare alle Comunità cristiane le risorse, le attese, i valori presenti nelle nuove generazioni, offrendo al tempo stesso suggerimenti concreti per l'elaborazione, in base a tali premesse, di un serio progetto di vita ispirato al Vangelo. Chi ama i giovani non può privarli di questa nuova ed esaltante possibilità di vita, a cui Cristo chiama la persona in vista di una realizzazione più piena delle proprie potenzialità, quale premessa per una gioia intima e duratura. Occorre, quindi, mettere in atto ogni sforzo, perché i giovani giungano a porre Cristo al centro della loro ricerca e a seguirne docilmente l'eventuale chiamata.

4. Grande luce può venire al vostro Congresso dalle parole dell'Apostolo, che delineano lo statuto teologico di ogni Comunità ecclesiale: "Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio che opera tutto in tutti" (1Co 12,4). E' in questa prospettiva che le Chiese particolari devono impegnarsi a sostenere lo sviluppo dei doni e dei carismi che il Signore non cessa di suscitare nel suo popolo. Generare nello Spirito nuove vocazioni è possibile quanto la Comunità cristiana è viva e fedele al suo Signore. Questa feconda vitalità presuppone un forte clima di fede, la preghiera capillare ed assidua, l'attenzione alla qualità della vita spirituale, la testimonianza di comunione e di stima nei confronti dei molteplici doni dello Spirito, la passione missionaria al servizio del Regno di Dio.

131 Va, pertanto, ribadito che la pastorale vocazionale non può esaurirsi in iniziative occasionali e straordinarie, che si giustappongano al normale cammino della Comunità ecclesiale. Essa deve piuttosto costituire una delle preoccupazioni costanti nella pastorale della Chiesa locale.

A questo proposito, lo stesso anno liturgico costituisce una scuola permanente di fede, grazie alla quale ogni battezzato è invitato ad entrare nel vivo del mistero di Dio, per lasciarsi plasmare a sua immagine e somiglianza.

5. E' risaputo quanto sia urgente, oggi, l'attenzione pastorale alla mediazione educativa. Anzi, una Chiesa particolare può guardare con fiducia al proprio futuro, soltanto se è capace di mettere in atto questa attenzione pedagogica, provvedendo in modo costante alla cura dei formatori e, primi fra tutti, dei presbiteri.

Il Congresso, pertanto, rappresenta un invito a tutti i chiamati - sacerdoti, consacrati e consacrate - ad essere testimoni gioiosi nel servizio del Regno, ben sapendo che la loro vita è presenza sempre significativa accanto ai giovani: essa incoraggia o scoraggia, suscita il desiderio di Dio, oppure costituisce un ostacolo nel seguirlo. La prima proposta vocazionale è offerta da una testimonianza coerente di Cristo risorto. Il Congresso, inoltre, vuol favorire la crescita di una autentica coscienza educativa negli stessi formatori, chiamati ad una grave ed esaltante responsabilità accanto ai giovani: quella di accompagnarli nella loro ricerca, appassionandoli alle risposte vocazionali generose, per rinnovare in questa stagione della Chiesa il miracolo della santità, vero segreto dell'auspicato rinnovamento ecclesiale.

6. Carissimi Fratelli e Sorelle! E' dinanzi a voi un compito certamente non facile, ma la preghiera incessante, che sta accompagnando questo incontro delle Chiese che sono in Europa, alimenta la speranza nella promessa di Dio e nelle risposte radicali alla sua chiamata: esse sono possibili anche ai nostri giorni. E' la preghiera il segreto capace di garantire il rinascere della fiducia all'interno delle Comunità cristiane. E' la preghiera il costante sostegno di quanti sono chiamati a servire la causa del Vangelo ed a promuovere la pastorale delle vocazioni in questi anni difficili, ma non privi di chiari segnali di una nuova primavera spirituale. La profezia del radicalismo evangelico è un dono che il Signore non lascerà mancare alla sua Chiesa alle soglie ormai del terzo millennio.

Maria, modello di ogni vocazione ed esempio trasparente di risposta senza riserve alla chiamata di Dio, vi accompagni nel vostro impegno pastorale al servizio di "nuove vocazioni per una nuova Europa".

Con tali sentimenti imparto a tutti voi una speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 29 Aprile 1997

                                                                                    Maggio 1997

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AL POPOLO LIBANESE IN OCCASIONE


DELL'IMMINENTE VIAGGIO APOSTOLICO




Cari Fratelli e care Sorelle del Libano,

Se Dio vuole, fra breve mi recherò nel vostro Paese per un viaggio apostolico che desidero compiere da lungo tempo. Ringrazio vivamente i Patriarchi e i Vescovi per il loro invito fraterno. Sono grato alle Autorità del Paese per le disposizioni prese al fine di agevolare le diverse tappe della mia visita. I miei ringraziamenti vanno anche a tutti i Libanesi che si stanno adoperando per preparare la mia venuta. Conoscendo l’ospitalità libanese, so di poter contare sull’accoglienza calorosa di tutto il popolo.

132 Il mio viaggio in Libano sarà per me un pellegrinaggio nella vostra terra, che fa parte della regione che i piedi del Redentore hanno calpestato duemila anni fa. Nello spirito della visita compiuta da Gesù a Tiro e a Sidone, questo viaggio ha uno scopo profondamente religioso e umano. Celebrerò con voi la fase conclusiva dell’Assemblea Speciale per il Libano del Sinodo dei Vescovi, consegnandovi l’Esortazione Apostolica sinodale.

Fin da ora tengo ad esprimere il mio affetto profondo a tutti i fedeli della Chiesa cattolica, bambini, giovani e adulti, così come ai membri delle altre comunità. Prego in particolare per i malati e per le persone che incontrano difficoltà nella loro vita quotidiana. Affido all’Altissimo il cammino coraggioso del popolo libanese lungo la via della riconciliazione nazionale e della ricostruzione sociale, in un’unità e in una collaborazione sempre più intense. Sono certo che troverete nell’amore verso la vostra terra l’energia necessaria per vincere le divisioni e per superare tutti gli ostacoli che possono presentarsi.

Fratelli e Sorelle della Chiesa cattolica, uomini e donne di buona volontà, vi invito a prepararvi spiritualmente alle diverse manifestazioni religiose che vivremo insieme, per rendere grazie al Signore per la speranza che ci infonde e per accettare coraggiosamente l’invito del Signore a una conversione sempre più profonda dei cuori e delle menti.

Che Dio vi benedica, affinché possiate far rifiorire la vostra terra, costruire il futuro e trasmettere ai vostri figli un Paese in cui regnino la pace e la concordia fra tutti i suoi abitanti!

Che Dio benedica il Libano!

Dal Vaticano, 1° maggio 1997.

IOANNES PAULUS PP. II




SALUTO DI GIOVANNI PAOLO II


AL TERMINE DELLA RECITA DEL SANTO ROSARIO


Sabato, 3 maggio 1997




Sono lieto di salutare tutti voi, che avete preso parte a questo momento di preghiera, nel primo sabato del mese di maggio, mese mariano. Estendo il mio pensiero a quanti si sono uniti a noi mediante la radio e la televisione.

Tra i presenti, saluto con affetto gli aderenti al Movimento “Pro Sanctitate”, fondato a Roma 50 anni or sono dal compianto Mons. Guglielmo Giaquinta. Carissimi, questa significativa ricorrenza infonda “novità di vita e di annuncio” in ciascuno di voi e dia generoso slancio al vostro apostolato comunitario.

Do il benvenuto ai pellegrini zingari, venuti per la beatificazione di Ceferino Giménez Malla, martire. Grazie per la vostra presenza e per il vostro canto. Davvero la preghiera del santo Rosario era il modo migliore per onorare “El Pelé”, che affrontò l’estremo sacrificio con la Corona in mano! Arrivederci a domani!

Sono lieto di accogliere il gruppo di volontari dell’UNITALSI di Settimo Torinese e li incoraggio nella loro opera di servizio agli ammalati.

133 Saluto inoltre i giovani della trentaduesima Prefettura di Roma impegnati nella pastorale giovanile, come pure alcuni gruppi parrocchiali: San Lorenzo in Tivoli, San Rocco in Àrcola (La Spezia), Ss. Pietro e Paolo in Asnago (Como).

Saluto anche gli alunni delle Scuole “S. Maria ad Nives” di Genova-Pegli e “S. Vincenzo” di La Maddalena (Sassari).

Saludo ahora cordialmente a las personas de lengua española que se han unido a esta entrañable práctica de piedad mariana, al comienzo del mes de mayo, tradicionalmente dedicado a la Virgen María. Saludo en particular al numeroso grupo de gitanos que han venido a Roma para participar mañana en la beatificación del Venerable Ceferino Giménez, "El Pelé". Este ilustre hijo de vuestra raza fue mártir de la fe y murió con el Rosario en la mano. Vosotros, que habéis sabido mantener vuestra identidad étnica y cultural más allá de las fronteras, haciendo con frecuencia del camino vuestra patria, seguid su ejemplo de piedad cristiana y de especial devoción a María, que vosotros invocáis como "Amari Develeskeridaj" - "Nuestra Madre de Dios" -, para que ella sea la Estrella que guíe y alegre vuestros pasos.

Dirijo también un saludo al grupo componentes de la Misión Católica Española en Munich, que han querido peregrinar a la tumba de Pedro para robustecer su fe. A todos os encomiendo a la Madre del cielo y os bendigo de corazón.




AI PELLEGRINI GIUNTI A ROMA


PER LE BEATIFICAZIONI


Lunedì, 5 maggio 1997




Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
Carissimi Religiosi e Religiose,
Fratelli e Sorelle!

1. Il clima di gioia e di festa caratteristico del tempo pasquale, che ha illuminato la solenne Liturgia di beatificazione di ieri mattina, prosegue e si approfondisce in questo nostro incontro, nel quale vogliamo ancora una volta soffermarci a riflettere insieme sull’esperienza spirituale e sulle virtù evangeliche dei nuovi Beati.

In comunione con le Chiese particolari dove essi hanno vissuto ed operato, innalziamo la nostra lode al Signore per le meraviglie compiute dalla sua grazia in questi nostri illustri fratelli nella fede. Allo stesso tempo, ci sentiamo da loro incoraggiati a diventare a nostra volta testimoni sempre più convinti di Cristo Signore, per annunciarlo con le parole e con la vita. Ci confortano la vicinanza spirituale ed il fraterno sostegno della loro potente intercessione.

Insieme con la Comunità cristiana di Reggio Calabria-Bova, esultiamo per la beatificazione di Gaetano Catanoso, il primo Sacerdote diocesano calabrese a salire alla gloria degli altari. Egli risplende per la fedeltà al gregge di Cristo, di cui condivise pienamente sofferenze e privazioni, facendosi carico dei problemi e portando a tutti una parola di conforto e di speranza. Questo ideale di vita sacerdotale fu da lui realizzato sia nel povero e isolato centro della montagna dell’Aspromonte dove iniziò la sua attività pastorale che nella Parrocchia cittadina di Reggio Calabria, che per lunghi anni fu affidata alle sue cure pastorali.

134 Fin dai primi anni di ministero sacerdotale, sentì viva la preoccupazione della riparazione, incentrata sulla devozione al Volto Santo di Gesù. Egli stesso confidava: “Il Volto Santo è la mia vita. Lui è la mia forza”. Trasmise questa sua particolare spiritualità alla Congregazione da lui fondata, che nella stessa denominazione, “Suore Veroniche del Volto Santo”, manifesta la propria finalità e missione nella Chiesa e nella società: asciugare il Volto di Cristo, ferito e sofferente, in tutti i “crocifissi” del mondo attuale.

La vita del beato Catanoso, interamente spesa per il bene dei fratelli e per il riscatto della sua terra, costituisce per tutti un pressante invito a ricercare nei perenni valori della fede e della tradizione cristiana le basi per costruire l’autentico progresso della società.

Anche il beato Enrico Rebuschini fin dalla giovinezza si impegnò a seguire Cristo “Via, Verità e Vita”. Coltivò con costanza l’affidamento a Dio, l’intimità col Mistero pasquale, la preghiera incessante e l’umiltà. Al tempo stesso, spese la vita per il prossimo, in primo luogo quello più bisognoso, nei confronti del quale sviluppò la virtù dell’ascolto e del servizio e, più ancora, dell’obbedienza, “come se obbedisse a Dio stesso”.

Nei mesi che precedettero la sua entrata nell’Ordine dei Chierici Regolari Ministri degli Infermi, egli lasciò scritto nel diario: “Offro per il mio prossimo tutto me stesso e la mia vita”. Dio lo gratificò col dono della preghiera contemplativa, nella quale restava immerso anche percorrendo a piedi le vie di Cremona. La gente amava chiamarlo “il mistico della strada”. L’esempio e l’intercessione del beato Rebuschini ci stimolano ad intensificare, con invitta fedeltà a Cristo, il nostro quotidiano servizio per affermare nel mondo la “civiltà dell’amore”.

Carissimi Fratelli e Sorelle! Questi cinque nuovi Beati illuminano con la loro testimonianza il nostro cammino sulle orme di Cristo.

Ritornando alle vostre Città, porterete con voi il gioioso ricordo delle intense ore trascorse a Roma. Vi sostenga oggi e sempre la celeste intercessione dei nuovi Beati. Vi protegga la materna presenza della Madre di Dio, alla quale è dedicato in modo speciale il mese di maggio appena iniziato.

E vi accompagni anche la Benedizione, che di cuore imparto a tutti voi, qui presenti, alle vostre Famiglie ed alle vostre Comunità di provenienza.




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