GP2 Discorsi 1997 134

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AL MINISTRO GENERALE DEI FRATI MINORI


IN OCCASIONE DEL CAPITOLO GENERALE ORDINARIO




Al Reverendissimo Padre HERMANN SCHALÜCK
Ministro Generale dei Frati Minori

1. In occasione del Capitolo Generale Ordinario, che si svolge presso il Santuario della Porziuncola, luogo caro al Poverello di Assisi, sono lieto di far giungere a codesto Ordine dei Frati Minori i miei cordiali sentimenti augurali. Fu proprio lì che Francesco iniziò la sua vita evangelica (cfr 1 Cel 22, FF 356), lì chiuse la sua giornata terrena (cfr 1 Cel 110, FF 512), desideroso di “rendere l’anima a Dio là dove per la prima volta aveva conosciuto chiaramente la via della verità” (1 Cel 108, FF 507).

Nel rivolgermi a Lei, Reverendissimo Padre, intendo far pervenire ai Capitolari e a tutti i Confratelli che operano nelle varie aree del mondo il mio fervido saluto, augurando a ciascuno con le parole di san Francesco “pace vera dal cielo e sincera carità nel Signore” (Ep.-Fid II, 1, FF 179).

135 2. “Il mandato d’evangelizzare tutti gli uomini costituisce la missione essenziale della Chiesa, compito e missione che i vasti e profondi mutamenti della società attuale non rendono meno urgente” (Paolo VI, Evangelii nuntiandi EN 14). Questa urgenza è ben recepita dal vostro Ordine, che l’ha collocata tra gli argomenti prioritari dell’assise capitolare. In essa si intende ribadire con vigore l’impegno dei Frati Minori di seguire Cristo povero, casto e obbediente, per essere in grado così di meglio annunciare a tutti le sublimi verità della Buona Novella, rimanendo “stabili nella fede cattolica” (RB XII, FF 109) e ferventi nella comunione con la Santa Madre Chiesa (cfr. Test. Sen., FF 135).

L’opera apostolica e missionaria, infatti, è fruttuosa se svolta in sintonia con i legittimi Pastori, a cui Cristo ha affidato la responsabilità del suo gregge. L’Ordine dovrà perciò orientare i suoi membri a collaborare sempre più efficacemente con le Chiese locali presso le quali essi prestano il loro apprezzato servizio (cfr
Ph 1,5).

3. Sulla scia di altri miei venerati Predecessori e, in particolare, del Papa Paolo VI che, con la Lettera apostolica Quoniam proxime (AAS 65 [1973], 353-357), si era indirizzato al Capitolo Generale di Madrid, intendo pure io essere spiritualmente vicino ai lavori capitolari che ripropongono il tema della “Vocazione dell’Ordine oggi”, volendo approfondirlo nell’ottica della memoria e della profezia.

Considerando il loro glorioso passato, ricco di storia, di santità, di cultura e di impegno apostolico, i Francescani non possono non sentire l’impegno di esserne all’altezza, sforzandosi di scrivere nuove e significative pagine della propria storia (cfr Giovanni Paolo II, Vita consecrata VC 110). All’alba ormai del terzo millennio, come non evidenziare la vocazione e la missione evangelizzatrice dell’Ordine, che stanno per così dire al cuore della sua stessa identità?

Il richiamo alle origini ed alle fasi salienti della storia dell’Ordine va assunto come paradigma per l’impegno attuale della Fraternità, chiamata a vivere nell’oggi la missione che Dio, attraverso la Chiesa, le ha affidata mediante la professione della Regola di san Francesco.

La “memoria” del dono elargito da Dio alla Chiesa e al mondo nella persona del Poverello vi porta a comprendere le situazioni contemporanee in modo rinnovato e ad aprirvi, in una linea di dinamica continuità, alle attese e alle sfide del presente, per preparare con impegno costruttivo l’avvenire.

4. L’unità vitale tra l’ieri, l’oggi e il domani si rende necessaria, perché la “memoria” diventi “profezia”. Infatti, “la vera profezia nasce da Dio, dall’amicizia con Lui, dall’ascolto attento della sua Parola nelle diverse circostanze della storia” (Vita consecrata VC 84).

L’autentica “profezia” esige, altresì, che la Christi vivendi forma, condivisa dagli Apostoli (cfr Vita consecrata VC 14 VC 16) e fatta propria da Francesco d’Assisi e dai suoi primi compagni (cfr 1 Cel 22.24, FF 356.360-361), diventi norma per i Frati Minori di questo ultimo scorcio di secolo, sì da consegnare intatta alle generazioni del terzo millennio l’eredità spirituale ricevuta, attraverso la mediazione di tanti frati conosciuti e sconosciuti, dalle mani stesse del Serafico Padre.

Il riferimento all’esperienza originaria, suscitata dallo Spirito di Cristo Risorto, aprirà sicuramente la vostra Famiglia ad un futuro ricco di speranza, aiutandovi a scoprire negli avvenimenti quotidiani la presenza di Dio operante nel mondo, ed a promuovere quel sapiente dialogo tra fede e cultura che è oggi particolarmente necessario.

Non va, infatti, mai dimenticato che la vita consacrata, posta al servizio di Dio e dell’uomo, “ha il compito profetico di ricordare e servire il disegno di Dio sugli uomini, come è annunciato dalla Scrittura e come emerge anche dall’attenta lettura dei segni dell’azione provvidente di Dio nella storia” (Vita consecrata VC 73).

In tale prospettiva si rende indispensabile, pure per il vostro Ordine, un attento discernimento, che vi porti ad interrogarvi sul significato del vostro munus nella Chiesa e sulla vocazione della Fraternità francescana nel tempo presente.

136 5. Il munus specifico dei Frati Minori è stato indicato da san Francesco quando, nella lettera a tutto l’Ordine, scriveva: Lodate Dio, “poiché è buono, ed esaltatelo nelle opere vostre, poiché vi mandò nel mondo intero affinché testimoniate la sua voce con la parola e con le opere e facciate conoscere a tutti che non c’è nessuno onnipotente eccetto Lui” (FF 216).

Tale munus è stato poi illustrato dai numerosi documenti della Chiesa, relativi al mandato di predicare la penitenza conferito all’Ordine dal Papa Innocenzo III (1 Cel 33, FF 375) e confermato nel corso dei secoli dai miei venerati Predecessori.

Tutta la storia dei Minori conferma che l’annuncio del Vangelo è la vocazione, la missione e la ragion d’essere di codesta Fraternità. La stessa Regola, illustrando la vocazione dell’Ordine nella Chiesa, ricorda che i Frati sono chiamati a stare con Cristo e sono mandati a predicare, curando i malati (cfr
Mc 3,13-15 Mc 1 Cel Mc 24,104) (Vita consecrata VC 41). Questi chiari orientamenti del Fondatore esigono l’unità e la complementarità tra annunzio del Vangelo e testimonianza della carità. Si tratta d’un compito apostolico e missionario che interessa tutti: frati, chierici e laici. La Leggenda dei tre Compagni ricorda che “finito il capitolo, [Francesco] concedeva l’incarico di predicare a quanti, chierici e laici, avessero lo Spirito di Dio e le capacità richieste” (Trium Soc 59, FF 1471), mentre gli altri frati offrivano la loro cooperazione mediante la preghiera e la carità.

6. Questa indispensabile unità dell’apostolica vivendi forma postula, pertanto, che tutti i frati, ciascuno secondo la propria condizione e secondo le specifiche capacità, si inseriscano a pieno titolo nell’unica vocazione evangelizzatrice dell’Ordine. E ciò richiede un costante sforzo sul piano della formazione, che preceda e accompagni l’impegno degli operai nella vigna del Signore (cfr Evangelii Nuntiandi EN 15). Sia vostra cura, pertanto, garantire a tutti, chierici e laici, una congrua formazione, affinché ciascun frate sia in grado di inserirsi con spirito apostolico e adeguata professionalità nel vasto campo dell’evangelizzazione e delle opere caritative (cfr Mt 10,7-8).

È necessario, inoltre, che l’azione apostolica e l’opera di promozione umana siano animate da un costante spirito di preghiera, poiché dall’esperienza di Cristo scaturisce l’impegno di “riempire il mondo del Vangelo”. Questo è il significato profondo della conoscenza personale ed interiore di Cristo, che l’Ordine, in comunione con tutta la Chiesa, è oggi chiamato a promuovere nel Popolo di Dio. Com’è noto, l’unità tra evangelizzazione e contemplazione è insita nella Regola dei Frati Minori, che invita a “non spegnere lo spirito della santa orazione e devozione” (RB V, FF 88). San Francesco ricorda che “il predicatore deve prima attingere nel segreto della preghiera ciò che poi riverserà nei discorsi. Prima deve riscaldarsi interiormente, per non proferire all’esterno fredde parole” (2 Cel 163, FF 747).

Dalla comunione con Cristo, la vita apostolica e caritativa attingerà contenuti, coerenza e dinamismo. Dall’esperienza della sua presenza vivificante scaturiranno anche per i Frati Minori la forza e la convinzione dell’annuncio che crea comunione con Dio e con la Chiesa, come ricorda l’apostolo Giovanni: “Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo” (1Jn 1,3).

7. Reverendissimo Padre, mentre incoraggio codesta Fraternità ad affrontare i lavori del Capitolo con lo stile evangelico che animò san Francesco, prego il Signore perché effonda abbondante il suo Santo Spirito su ciascun Capitolare. A Maria Immacolata affido la riflessione di questi giorni, perché, Madre e Regina dei Minori, Ella aiuti ciascun frate a proclamare le meraviglie che il Signore compie nel mondo, e stimoli l’intero vostro Ordine a rispondere con rinnovata dedizione alla chiamata di Cristo.

Accompagno questi miei sentimenti con una speciale Benedizione Apostolica, che di cuore imparto a Lei, ai Padri Capitolari e a tutti i Frati Minori sparsi per il mondo.

Dal Vaticano, 5 Maggio 1997.

IOANNES PAULUS PP. II



AI NUOVI ALABARDIERI


DELLA GUARDIA SVIZZERA PONTIFICIA


Martedì, 6 maggio 1997




Signor Comandante,
137 Signor Cappellano,
Cari ufficiali e membri della Guardia svizzera,
Care Sorelle e Cari Fratelli!

1. È per me una grande gioia salutarvi in occasione di questa giornata celebrativa nel Palazzo Apostolico. In particolare, do il benvenuto alle nuove reclute per le quali questo giorno riveste un particolare significato in quanto oggi prestano giuramento solenne. Sono lieto perché così tanti parenti sono giunti a Roma per partecipare a questo giorno di festa. Proprio la vostra presenza, genitori e parenti, non esprime soltanto il legame di molti cattolici svizzeri al Successore di Pietro, ma anche l’educazione e il buon esempio, mediante i quali avete trasmesso ai vostri figli la fede cristiana e il senso del servizio disinteressato. Per questo, cari genitori, vi dico: “Che Dio ve ne renda merito”!

2. La giornata odierna ci permette di rivolgere uno sguardo al passato. Fu durante il “Sacco di Roma” che le guardie svizzere si misero alla prova, la superarono e difesero il Papa. Molte guardie hanno combattuto per lui fino alla morte. Oggi non dovete più temere alcun “Sacco di Roma”! Tuttavia, incombe la minaccia di un “sacco dell’anima”. Proprio nella nostra epoca molti giovani sono alla ricerca di quei beni e di quei valori, che non colmano solo le mani, ma anche e soprattutto l’anima. Roma non è soltanto la “città eterna”, ricca di storia, di cultura e di fede. Roma è anche un invito alla vita. Impiegate il vostro tempo per sfruttare le molte possibilità di una vita piena di senso che questa città vi offre. Cogliete le opportunità che vi si offrono qui per ampliare il vostro orizzonte culturale, linguistico e spirituale.

3. Quando alcuni di voi oggi giureranno di svolgere fedelmente il servizio nella Guardia e altri rinnoveranno questo giuramento nel loro cuore, potrete tutti pensare a ciò che Gesù raccomandò ai suoi amici: “E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; temete piuttosto colui che ha il potere di uccidere l’anima” (
Mt 10,28). Gesù ci invita a considerarlo parametro della nostra vita e del nostro comportamento, così come Lui ha scelto il divino Padre celeste come unica misura e fulcro della sua vita.

4. Il periodo che trascorrerete a Roma sarà momento eccezionale nella vostra esistenza, momento che molte persone desidererebbero poter vivere. Nel corso dell’anno, nonostante gli impegni che il vostro servizio comporta, vi esorto a rimanere vigili, per ascoltare gli appelli di Dio lungo il cammino che Egli vuole percorrere con voi oggi e nelle tappe successive della vostra esistenza. Vivete con spirito di fratellanza sincera e giusta, aiutandovi gli uni gli altri a crescere nella fede a condurre una vita che corrisponda alla vostra missione nella Chiesa.La vostra formazione e il servizio che siete chiamati a svolgere sono necessari ed essenziali. Tuttavia è ancora più importante che vi avvaliate di questa occasione per rafforzare la vostra fede e per amare sempre più la Chiesa.

In questo giorno desidero anche esprimervi tutta la mia gratitudine per la vostra decisione di mettervi, per un periodo di tempo, a disposizione del Successore di Pietro e di contribuire così a garantire l’ordine necessario e la sicurezza all’interno della Città del Vaticano. Fra i vostri diversi compiti, siete chiamati ad accogliere con cortesia e con gentilezza tutti i pellegrini che si presentano. In tal modo offrite loro un’immagine cordiale ed accogliente del Vaticano, in quanto siete spesso le prime persone alle quali i visitatori si rivolgono quando desiderano visitare il Vaticano.

5. Rivolgo queste riflessioni in particolare alle nuove reclute, che sono agli inizi del loro servizio. Vorrei, altresì, incoraggiare i veterani a contribuire costantemente con il loro esempio a far sì che i loro compagni più giovani, che proprio oggi vengono arruolati nella Guardia Svizzera, possano, giorno dopo giorno, maturare un’utile esperienza sia sul piano umano che spirituale.

A tale scopo imparto di cuore a voi tutti ed a quanti vi fanno corona in questa singolare circostanza l’Apostolica Benedizione.



MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AI GIOVANI DELL'AZIONE CATTOLICA




Carissimi giovani di Azione Cattolica!

138 Con grande gioia avrei voluto essere tra voi per questo vostro straordinario incontro e soprattutto per condividere questo momento di universale fraternità nello stadio Olimpico. La mia missione mi chiama però tra i fratelli del Libano per la conclusione del loro Sinodo speciale e perciò mi rivolgo a voi con questo messaggio. Quando lo ascolterete, io sarò spiritualmente tra voi e voi sarete uniti a me nella preghiera: si stabilirà così un “ponte” tra Roma, Beyrouth e l’intero Libano.Grazie di cuore per questa vostra partecipazione all’universale ministero petrino del Papa. Voi sapete quanto io conti sui giovani. Il Papa ama i giovani, speranza della Chiesa e dell’umanità! Il Papa vi vuole bene, cari ragazzi e ragazze dell’Azione Cattolica Italiana!

È molto suggestiva l’immagine del ponte che, abbinata a quella dell’arcobaleno, ha guidato quest’anno il cammino dei vostri gruppi. Sono due immagini simboliche che fanno pensare a Cristo: è Lui il vero ed unico “Ponte” tra Dio e gli uomini; è ancora Lui il vero ed unico “Arcobaleno”, segno di alleanza e di pace per il genere umano e per il cosmo intero. Costruire ponti e arcobaleni significa perciò aderire a Cristo, accoglierlo nella propria vita ed annunciarlo agli altri.

Carissimi giovani dell’Azione Cattolica Italiana, Gesù chiama tutti noi a diventare “ponti” e “arcobaleni”. A voi, giovani di Azione Cattolica, egli affida la missione di essere “giovani apostoli dei giovani”, tra i vostri coetanei. Giovani testimoni con lo stile del dialogo. Anche qui, è Cristo il modello: la sua Incarnazione è il supremo compimento del dialogo di Dio con l’uomo. La sua Pasqua ha gettato un ponte di vita soprannaturale che colma l’abisso del peccato e della morte. Per il cristiano, il dialogo non è una tattica, ma uno stile di vita: significa ascoltare, accogliere, condividere, farsi prossimo. Significa anche pregare, intercedere. Significa proporre Cristo, perché solo Lui è il Salvatore, la speranza per ogni uomo.

Carissimi giovani, vi lascio un augurio che è anche un impegno: trasformate lo slogan di un anno nella scelta di tutta una vita, fate della vostra esistenza un ponte verso Dio e verso i fratelli. Per questo prego e, spiritualmente unito a voi tutti, invio di cuore a ciascuno, ai responsabili nazionali ed agli animatori, agli assistenti spirituali e ad ogni ragazzo e ragazza una speciale Benedizione.

Dal Vaticano, 8 Maggio 1997.

IOANNES PAULUS PP. II





AI PARTECIPANTI AL CONGRESSO SUL TEMA:


"NUOVE VOCAZIONI PER UNA NUOVA EUROPA"


Aula Paolo VI - Venerdì, 9 maggio 1997




Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Sono lieto di rivolgere il mio cordiale benvenuto a voi tutti, che prendete parte al Congresso europeo sulle vocazioni al ministero ordinato ed alla vita consacrata, in svolgimento in questi giorni a Roma. Saluto il Signor Cardinale Pio Laghi, Prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica, e lo ringrazio per le cortesi espressioni che ha voluto indirizzarmi, a nome dei presenti. Con lui saluto i Signori Cardinali ed i venerati Fratelli nell’Episcopato qui convenuti.

Rivolgo, pure, un particolare pensiero a quanti, sacerdoti, religiosi, religiose e laici, sono impegnati a promuovere nelle Comunità ecclesiali una pastorale attenta alle vocazioni sacerdotali e di speciale consacrazione: a loro esprimo il mio compiacimento ed il mio più vivo incoraggiamento.

139 Le intense giornate del vostro Convegno hanno messo in evidenza come la Chiesa, pellegrina nel continente europeo, sia chiamata a ravvivare, soprattutto nei giovani, una profonda nostalgia di Dio, creando così il contesto adatto allo scaturire di generose risposte vocazionali. È necessario per questo che ciascuno si ponga in rinnovato e fervente ascolto dello Spirito: è Lui, infatti, la guida sicura verso la piena conoscenza di Gesù Cristo e verso l’impegno di seguirlo senza riserve.

2. Inviata nel mondo per continuare la missione del Salvatore, la Chiesa è in continuo stato di vocazione e si arricchisce di giorno in giorno dei molteplici carismi dello Spirito. È dall’intima unione di amore e di fede col Padre, col Figlio e con lo Spirito Santo che essa trae la garanzia di una nuova fioritura di vocazioni sacerdotali e di speciale consacrazione.

Questa fioritura, infatti, non è frutto di generazione spontanea, né di un attivismo che conti soltanto sui mezzi umani. Gesù lo fa capire chiaramente nel Vangelo. Chiamando i discepoli per inviarli nel mondo, Egli li sollecita innanzitutto a guardare in alto: “Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai nella sua messe” (
Mt 9,38). La pedagogia vocazionale a cui il Signore ricorre lascia intendere che una pastorale sbilanciata sull’azione e sulle iniziative promozionali corre il rischio di risultare inefficace e senza prospettive, perché ogni vocazione è innanzitutto dono di Dio.

È urgente, pertanto, che un grande movimento di preghiera attraversi le Comunità ecclesiali del continente europeo, contrastando il vento del secolarismo che spinge a privilegiare i mezzi umani, l’efficientismo e l’impostazione pragmatica della vita. Una preghiera fervente deve levarsi incessantemente dalle parrocchie, dalle comunità monastiche e religiose, dalle famiglie cristiane e dai luoghi di sofferenza. Occorre educare specialmente i bambini e i giovani ad aprire il cuore al Signore per disporsi ad ascoltare la sua voce.

Questo clima di fede e di ascolto della Parola di Dio renderà le Comunità cristiane capaci di accogliere, di accompagnare e di formare le vocazioni che lo Spirito suscita al loro interno.

3. Occorre, inoltre, promuovere un salto di qualità nella pastorale vocazionale delle Chiese europee. Spesso si è ritenuto che questo fondamentale compito della Comunità cristiana fosse delegabile ad alcune persone disposte a farsene carico. Indubbiamente questi incaricati svolgono, nelle diverse realtà ecclesiali, un lavoro prezioso e spesso nascosto a servizio della divina chiamata. Tuttavia, le mutate condizioni storiche e culturali esigono che la pastorale delle vocazioni sia percepita come uno degli obiettivi primari dell’intera Comunità cristiana.

Quanti sono impegnati nella pastorale vocazionale renderanno tanto più efficace la loro opera quanto più aiuteranno i singoli membri della Comunità a sentire come proprio l’impegno di formare un numero di sacerdoti e di consacrati adeguato alle esigenze del Popolo di Dio.

Resta ovvio, tuttavia, che i primi a doversi sentire interessati alla pastorale vocazionale sono gli stessi chiamati al ministero ordinato e alla vita consacrata: con la gioia di un’esistenza completamente donata al Signore essi renderanno concreta e stimolante la proposta della sequela radicale di Gesù, manifestandone il sorprendente significato.

Cristo non si è limitato a chiedere di pregare per gli operai della messe, ma ha rivolto loro personalmente l’invito a seguirlo con le parole: “Vieni e seguimi” (Mt 19,21). Venerati Fratelli nell’Episcopato, carissimi sacerdoti e religiosi, non abbiate paura di far giungere ai giovani, che incontrate nel vostro quotidiano ministero, l’invito del Signore! Sia vostra pressante cura andare loro incontro per riproporre le misteriose e sorprendenti parole che hanno segnato anche la vostra vita: “Vieni e seguimi”.

4. La costante e paziente attenzione della Comunità cristiana al mistero della divina chiamata promuoverà, così, una nuova cultura vocazionale nei giovani e nelle famiglie. Il disagio che attraversa il mondo giovanile rivela, anche nelle nuove generazioni, pressanti domande sul significato dell’esistenza, a conferma del fatto che nulla e nessuno può soffocare nell’uomo la domanda di senso e il desiderio di verità. Per molti è questo il terreno sul quale si pone la ricerca vocazionale.

Occorre aiutare i giovani a non rassegnarsi alla mediocrità, proponendo loro grandi ideali, perché possano anch’essi chiedere al Signore: “Maestro, dove abiti?” (Jn 1,38), “Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?” (Mc 10,17), ed aprire il cuore alla sequela generosa di Cristo.

140 Questa è stata l’esperienza di innumerevoli uomini e donne, che hanno saputo farsi fedeli testimoni di Cristo, apostoli del Vangelo nel nostro continente. Condividendo le fatiche e i travagli degli uomini del loro tempo, essi hanno creduto nella vocazione universale alla santità e ne hanno scalato la vetta attraverso il sentiero particolare loro assegnato dallo Spirito. Le loro scelte e i loro carismi hanno tracciato profondi solchi di bene, che occorre approfondire, perché le Chiese europee possano continuare a svolgere la loro missione di evangelizzazione, di santificazione e di promozione umana anche nel prossimo millennio.

La Vergine Maria, Madre delle vocazioni, accompagni questo generoso impegno, ottenendo dal Signore nuove e copiose vocazioni a servizio dell’annuncio del Vangelo in ogni Nazione d’Europa.

Con tali auspici, imparto a ciascuno di voi ed alle vostre Comunità una speciale Benedizione Apostolica.

VIAGGIO APOSTOLICO IN LIBANO (10-11 MAGGIO 1997)

CERIMONIA DI BENVENUTO


Aeroporto di Beirut - Sabato, 10 maggio 1997



Signor Presidente,
Signor Cardinale,
Beatitudini, Eccellenze,
Signore, Signori!

1. Ringrazio innanzitutto il Signor Presidente della Repubblica per le cordiali parole di benvenuto che mi ha appena rivolto a nome di tutti i Libanesi e sono particolarmente sensibile all'accoglienza riservatami in questa memorabile circostanza.

Esprimo, altresì, la mia gratitudine alle massime Autorità dello Stato, in particolare a Sua Eccellenza il Signor Presidente del Parlamento e a Sua Eccellenza il Signor Presidente del Consiglio dei Ministri. Sono grato per la loro calorosa accoglienza ai Patriarchi e ai Vescovi cattolici, come pure agli altri Capi religiosi cristiani, musulmani e drusi, alle Autorità civili e militari, e a tutti gli amici libanesi. Saluto i figli e le figlie di questa terra che hanno voluto prendere parte a questa cerimonia attraverso la radio o la televisione.

Allah iuberekum! (Dio vi benedica!)

2. Come non ricordare innanzitutto lo scalo che il Papa Paolo VI volle fare a Beirut, il 2 dicembre 1964, mentre si recava a Bombay? Egli manifestava in tal modo la sua particolare attenzione verso il Libano, mostrando che la Santa Sede stima ed ama questa terra e i suoi abitanti. Oggi, con grande emozione, bacio la terra libanese in segno di amicizia e di rispetto. Vengo a casa vostra, cari Libanesi, come un amico che viene a visitare un popolo che vuole sostenere nel suo quotidiano cammino. Come amico del Libano vengo a incoraggiare i figli e le figlie di questa terra d'accoglienza, questo Paese di antica tradizione spirituale e culturale, desideroso d'indipendenza e di libertà. Al limitare del terzo millennio, il Libano, pur conservando le sue ricchezze specifiche e la propria identità, deve essere pronto ad aprirsi alle nuove realtà della moderna società e ad occupare il suo posto nel concerto delle Nazioni.

141 3. Durante gli anni di guerra, con tutta la Chiesa ho seguito attentamente i momenti difficili attraversati dal popolo libanese e mi sono associato con la preghiera alle sofferenze che esso sopportava. In numerose circostanze, sin dall'inizio del mio pontificato, ho invitato la comunità internazionale ad aiutare i Libanesi a ritrovare la pace, all'interno di un territorio nazionale riconosciuto e rispettato da tutti, e a favorire la ricostruzione di una società di giustizia e di fraternità. A giudicare umanamente, numerose persone sono morte invano a causa del conflitto. Alcune famiglie sono state separate. Alcuni Libanesi sono dovuti andare in esilio, lontano dalla loro patria. Persone di cultura e di religione differenti, che vivevano rapporti di intesa e di buon vicinato, si sono trovati separati e persino duramente contrapposti.

Questo periodo, che è finalmente passato, resta presente nel ricordo di tutti e lascia numerose ferite nei cuori. Tuttavia, il Libano è chiamato a volgersi risolutamente verso l'avvenire, liberamente determinato dalla scelta dei suoi abitanti. In questo spirito, vorrei rendere omaggio ai figli ed alle figlie di questa terra che, nei periodi travagliati che ho appena ricordato, hanno dato l'esempio della solidarietà, della fraternità, del perdono e della carità, mettendo persino in pericolo la loro vita. Rendo omaggio, in particolare, all'atteggiamento di numerose donne, tra le quali anche madri di famiglia, che sono state fautrici di unità, educatrici alla pace ed alla convivialità, indomite sostenitrici del dialogo tra i gruppi umani e tra le generazioni.

4. Da questo momento, ognuno è invitato ad impegnarsi per la pace, per la riconciliazione e la vita fraterna, realizzando per la sua parte gesti di perdono e lavorando al servizio della comunità nazionale, affinché mai più la violenza abbia la meglio sul dialogo, la paura e lo scoraggiamento sulla fiducia, il rancore sull'amore fraterno.

In questo nuovo Libano che a poco a poco state rifondando, occorre dare un posto ad ogni cittadino, in particolare a quanti, animati da un legittimo sentimento patriottico, desiderano impegnarsi nell'azione politica o nella vita economica. Da questo punto di vista, la condizione previa ad ogni azione effettivamente democratica è costituita dal giusto equilibrio tra le forze vive della Nazione, secondo il principio di sussidiarietà che esige la partecipazione e la responsabilità di ciascuno nelle decisioni. D'altronde, la gestione della "res publica" poggia sul dialogo e sull'intesa, non per far prevalere interessi particolari o per mantenere privilegi, ma perchè ogni azione sia un servizio ai fratelli, indipendentemente dalle differenze culturali e religiose.

5. Il 12 giugno 1991 annunciai la convocazione dell'Assemblea speciale per il Libano del Sinodo dei Vescovi. Dopo numerose tappe di riflessione e di condivisione all'interno della Chiesa Cattolica in Libano, essa si è riunita nel novembre e nel dicembre 1995. Oggi, sono venuto presso di voi per celebrare solennemente la fase conclusiva dell'Assemblea sinodale. Porto ai cattolici, ai cristiani delle altre Chiese e Comunità ecclesiali, e a tutti gli uomini di buona volontà, il frutto dei lavori dei Vescovi, arricchito dai dialoghi cordiali con i delegati fraterni: l'Esortazione apostolica post sinodale "Una speranza nuova per il Libano". Questo documento, che firmerò stasera davanti ai giovani, non è una conclusione, nè un punto d'arrivo del cammino intrapreso. Al contrario, è un invito per tutti i Libanesi ad aprire con fiducia una pagina nuova della loro storia. E' il contributo della Chiesa universale ad una più grande unità nella Chiesa cattolica in Libano, al superamento delle divisioni tra le differenti Chiese e allo sviluppo del Paese, al quale tutti i Libanesi sono chiamati a partecipare.

6. Giungendo per la prima volta sul suolo del Libano, desidero rinnovarLe, Signor Presidente della Repubblica, la mia riconoscenza per la sua accoglienza. Formulo fervidi voti per la sua persona e per la sua missione presso i suoi compatrioti. Attraverso di Lei, rivolgo il mio saluto cordiale a tutti i cittadini libanesi. Con loro prego per il Libano, perchè sia come lo vuole l'Altissimo.

Allah iuberekum! (Dio vi benedica!)



VIAGGIO APOSTOLICO IN LIBANO (10-11 MAGGIO 1997)

INCONTRO CON I PATRIARCHI E I VESCOVI


Residenza patriarcale maronita di Bkerké - Domenica, 11 maggio 1997



Abbiamo parlato e abbiamo citato molte persone. Vorrei sottolineare che la conclusione attuale dell'Assemblea Sinodale per il Libano segna un ulteriore passo nel cammino sinodale, se si può dire così. Non è solo un Sinodo tradizionale, ma anche un Sinodo regionale. Il Sinodo per il Libano è un Sinodo regionale, non solo per il Paese, ma anche un po' per l'Asia minore. E qui occorre ricordare la personalità di un mio compatriota, che fu predecessore del Cardinale Schotte, il Cardinale Wadysaw Rubin. Lo ricordo tanto più volentieri in quanto era molto legato al Libano. Aveva studiato qui, all'Università di San Giuseppe, ed è sempre restato molto legato, molto attaccato al Libano. Spero che abbia servito bene il Sinodo dei Vescovi in questo periodo decisivo, perché‚ è stato il primo e perché‚ l'idea sinodale acquisterà sempre più senso e farà un grande progresso. Questo vuol dire che se la Chiesa di Roma non è una Chiesa sinodale, tuttavia si attribuisce un'importanza sempre maggiore al Sinodo dei Vescovi. Si tratta di una Chiesa sinodale in un senso differente, ma in ogni caso è una Chiesa sinodale in cui il Sinodo dei Vescovi svolge un ruolo importante. Questo ci spinge ad avvicinarci ai nostri fratelli ortodossi. In questo spirito attendo le Loro Beatitudini questo pomeriggio: ci incontreremo e parleremo con i Patriarchi Ortodossi che hanno voluto partecipare a questa solennità e hanno voluto partecipare anche al Sinodo almeno attraverso i loro rappresentanti. Sono stato particolarmente contento di questo incontro. Grazie di tutto.

VIAGGIO APOSTOLICO IN LIBANO (10-11 MAGGIO 1997)

CERIMONIA DI CONGEDO


Aeroporto di Beirut - Domenica, 11 maggio 1997



Signor Presidente della Repubblica,

1. Al termine della mia visita pastorale nel vostro Paese, Ella si è data premura di venirmi a salutare con la delicatezza e il senso d'accoglienza che fanno parte della tradizione libanese. Desidero manifestarLe ancora una volta la mia gratitudine per l'accoglienza riservatami e per le disposizioni prese, che hanno favorito lo svolgimento dei diversi incontri che mi è stato dato di vivere.

142 Il mio ringraziamento si estende alle Autorità civili e militari, ai responsabili delle varie Chiese e Comunità ecclesiali, per le premure dimostratemi nel corso dei due giorni trascorsi in questo bel Paese, così caro al mio cuore. Esprimo pure la mia viva gratitudine e la mia riconoscenza ai membri dei servizi di sicurezza e a tutti i volontari che, con generosità, efficacia e discrezione, hanno contribuito alla riuscita di questa visita.

2. Nel corso delle celebrazioni e dei diversi incontri che ho potuto avere, ho constatato l'amore profondo che i cattolici libanesi e tutti i loro connazionali hanno verso la loro patria, come pure il loro attaccamento alla sua cultura e alle sue tradizioni. Sono rimasti fedeli alla loro terra e al loro patrimonio in numerose circostanze, e continuano a manifestare ancora oggi la stessa fedeltà. Li esorto a proseguire su tale via, offrendo in questa regione e nel mondo un esempio di convivialità tra le culture e le religioni, in una società dove ogni persona e tutte le diverse comunità sono considerate sullo stesso piano.

3. Prima di lasciare il vostro suolo, rinnovo il mio appello alle Autorità e all'intero popolo del Libano, affinché si sviluppi un nuovo ordine sociale fondato sui valori morali essenziali, con la preoccupazione di garantire la priorità della persona e dei gruppi umani nella vita nazionale e nelle decisioni comunitarie; tale attenzione all'uomo, che appartiene per natura all'anima libanese, porterà frutti di pace nel paese e nella regione. Esorto i dirigenti delle nazioni al rispetto del diritto internazionale, in particolar modo nel Medio Oriente, affinché siano garantite la sovranità, l'autonomia legittima e la sicurezza degli Stati, e siano rispettati il diritto e le comprensibili aspirazioni dei popoli. Nel salutare gli sforzi della comunità internazionale nella regione, auspico che il processo per cercare una pace giusta e duratura continui ad essere sostenuto con determinazione, coraggio e coerenza. Faccio voti inoltre che gli sforzi vengano proseguiti e intensificati, in modo da sostenere la crescita del Paese e il cammino del Libano verso una società sempre più democratica, nella piena indipendenza delle sue istituzioni e nel riconoscimento delle sue frontiere, condizioni indispensabili per garantirne l'integrità. Ma nulla potrà essere fatto se tutti i cittadini del Paese non si impegneranno, ciascuno per la sua parte, sulla via della giustizia, dell'equità e della pace nella vita politica, economica e sociale, come pure nella condivisione delle responsabilità in seno alla vita sociale.

4. Desidero ancora una volta esprimere la mia viva gratitudine ai Patriarchi, ai Vescovi libanesi, al clero, ai religiosi e alle religiose, come pure ai laici della Chiesa cattolica che con intensità hanno preparato la mia venuta. A tutti loro ho consegnato l'Esortazione apostolica post-sinodale, perchè li guidi e li sostenga nel cammino spirituale e negli impegni a fianco dei loro fratelli. Sensibile all'accoglienza dei cattolici libanesi, dei quali ho potuto apprezzare la vitalità pastorale, vorrei assicurarli del mio affetto e della mia profonda comunione spirituale e invitarli ad essere testimoni misericordiosi dell'amore di Dio e messaggeri di pace e di fraternità.

Il mio rispettoso saluto si rivolge pure ai Capi delle altre Chiese e Comunità ecclesiali, a tutti i cristiani delle altre confessioni, ai credenti dell'Islam, auspicando che tutti proseguano nel dialogo religioso e nella collaborazione, per manifestare che le convinzioni religiose sono sorgente di fraternità e per testimoniare che una vita conviviale è possibile, per amore di Dio, dei fratelli e della patria.

In Lei, Signor Presidente, saluto e ringrazio tutti i Libanesi, mentre offro loro i miei fervidi voti di pace e prosperità. Che la Sua nazione, i cui monti sono come un faro sulla riva del mare, offra ai Paesi della regione una testimonianza di coesione sociale e di buona intesa fra tutte le componenti culturali e religiose!

Rinnovando la mia gratitudine, invoco su tutti i Suoi connazionali l'abbondanza delle benedizioni divine.

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