GP2 Discorsi 1998 50


GIOVANNI PAOLO II


AI PELLEGRINI


DELLE DIOCESI DI TORUN E DROHICZYN (POLONIA)


Giovedì, 19 febbraio 1998




Cari Fratelli e Sorelle - pellegrini della diocesi di Torun!

1. Vi do il mio benvenuto e vi saluto cordialmente. Rivolgo il mio saluto prima di tutto al Vescovo Ordinario, e lo ringrazio per le parole rivoltemi. Saluto il Vescovo Ausiliare, i rappresentanti del clero, le persone consacrate e in modo particolare le Suore Pastorelle. Saluto cordialmente il Presidente del Senato della Repubblica Polacca, i rappresentanti delle autorità civili della provincia e della città di Torun. Il vedervi mi ha procurato una grande gioia, perché la terra di Torun, e specialmente la città di Torun mi sono conosciute e care. La città la sento vicina prima di tutto per la figura di un suo grande cittadino - Nicolò Copernico, il cui 525° di nascita cade proprio oggi, 19 febbraio. Egli è presente nella consapevolezza di tutti i Polacchi, e specialmente degli abitanti di Torun per l'Università a lui intitolata. Vi ringrazio anche per il dono che avete portato personalmente al Papa. Da oggi mi sento ancor più unito a questa città e a voi. Dio ve ne renda merito!

L'odierno incontro mi ricorda il mio ultimo pellegrinaggio in Patria. La diocesi di Torun è stata, infatti, in qualche modo presente a Zakopane, dove si è svolta la beatificazione di Maria Karlowska, fondatrice della Congregazione delle Suore Pastorelle della Divina Provvidenza. Insieme a tutta la vostra Diocesi, rendo grazie a Dio per questa beatificazione e per l'esempio che la Beata ha lasciato alla nostra Patria e alla Chiesa in Polonia. Con la sua vita e in modo particolare con la sua attività apostolica tra le donne, che sperimentarono la miseria materiale e morale, dimostrò che il più grande valore è l'amore che mai dice: "basta", e mai si ferma nel cammino. Un tale amore diventa la fonte del servizio del prossimo, specialmente di quello più bisognoso, da esso nasce anche il rispetto per la dignità umana.

51 2. La Chiesa e il mondo si trovano alla soglia del Grande Giubileo dell'Anno 2000. Anche la vostra diocesi si prepara a questo Giubileo. In una tale prospettiva acquista particolare importanza l'esortazione alla nuova evangelizzazione, che non può essere soltanto un'azione rivolta all'esterno, ma deve abbracciare prima di tutto la vita personale di ogni credente. Non si può evangelizzare, se non si è personalmente oggetto di evangelizzazione. L'insegnamento di Cristo è, infatti, come un tesoro nascosto nella terra (cfr Mt 13,44-45). Si tratta di saper far venire fuori i grandi, inestimabili valori, che questo tesoro nasconde in sé, si tratta di amarli, e poi di condividerne il tesoro con gli altri. Per arrivare a ciò è necessaria la metanoia interiore, che si opera nel cuore mediante la preghiera e la partecipazione ai santi Sacramenti, specialmente al Sacramento della Riconciliazione e dell'Eucaristia. Soltanto un uomo trasformato, per cui l'unico indicatore di strada e l'unica guida sono la legge d'amore di Cristo e la luce dello Spirito Santo, può operare una vera metanoia dei cuori e delle menti di altri uomini, dell'ambiente, della nazione o del mondo. Solamente "un uomo nuovo in Cristo" può contribuire all'opera della nuova evangelizzazione. La trasformazione così intesa diventa fonte della testimonianza, attesa dal mondo. Essa si riassume prima di tutto nelle opere di misericordia, di autentica solidarietà con il prossimo, specialmente con i più bisognosi.

Ho saputo che il dono della vostra Diocesi, in occasione della beatificazione, è il Centro Caritas di Torun, intitolato alla beata Maria Karlowska. Esso è il frutto della cooperazione della società della vostra città e offrirà aiuto ai bisognosi. Il Centro gestisce una mensa per i poveri, cura i malati e i bambini di famiglie povere, offre un tetto ai senza casa e alle famiglie colpite da varie disgrazie. In questo Centro, conformemente al loro carisma, lavorano le Suore Pastorelle, la cui azione si estende anche ad altre istituzioni educative e caritative. Vi può essere una risposta più giusta al dono di questa beatificazione? Questo, infatti, è un contributo concreto all'opera di evangelizzazione, secondo le parole di Cristo: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Jn 13,35).

3. Che l'esempio della Beata Maria Karlowska produca frutti, esorti e conforti specialmente coloro che hanno scelto la via del servizio del prossimo! Che esso diventi ispirazione per il clero e per i laici nella realizzazione delle iniziative pastorali e delle attività apostoliche!

Chiediamo allo Spirito Santo di concedervi la luce sul cammino della vostra santificazione e di consolidare le vostre forze per l'adempimento dei vostri doveri personali, familiari, pastorali e sociali. E' solo per la grazia dello Spirito Santo che noi possiamo intraprendere opere grandi e straordinarie, affrontare sacrifici e rinunce per la gloria di Dio e per la vostra salvezza.

Vi ringrazio per le vostre preghiere e vi chiedo di portare il mio saluto ai vostri cari, rimasti in Patria, e specialmente agli anziani e ai malati. Benedico di cuore tutti i qui presenti e tutta la Comunità della diocesi di Torun.
* * *


Cari Fratelli e Sorelle della diocesi di Drohiczyn!

1. Vi rivolgo il mio cordiale benvenuto in Vaticano e al contempo vi ringrazio per questa visita. Saluto in modo particolare Monsignor Vescovo, Pastore della diocesi, e lo ringrazio per le parole rivoltemi all'inizio di quest'incontro. Saluto i rappresentanti del clero, ed anche i sindaci dei Comuni che appartengono alla diocesi di Drohiczyn, come pure i rappresentanti dei fedeli di quella Chiesa.

Più volte, in varie occasioni ho incontrato i pellegrini della vostra diocesi, ma questo incontro ha un carattere particolare. Venite infatti a Roma come pellegrini per visitare le tombe degli Apostoli. Qui, nella Città Eterna, S. Pietro e S. Paolo resero una magnifica testimonianza a Cristo con il loro martirio. La loro testimonianza rafforza la nostra fede e diventa un incoraggiamento sul cammino verso la santità nella fedeltà ai comandamenti divini.

2. San Paolo rivolgendosi ai fedeli di Efeso li chiama "concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù" (2,19-20). Queste parole si riferiscono anche a ogni cristiano, cioè a ciascuno di noi, e mentre le pronuncio ora, mi viene in mente la vostra diocesi di Drohiczyn e la terra di Podlasie estesa in modo pittoresco sulle rive del Bug. E' una terra di profonda tradizione cristiana, costruita dai vostri avi e dai vostri padri - da tutte le generazioni, che vi hanno preceduto. Siete eredi di questo ricco patrimonio che è dono della Divina Provvidenza. E' qui, infatti, in questa terra, che subirono la morte per la fede i martiri uniati di Pratulin - il beato Wincenty Lewczuk e i dodici Compagni. La Chiesa di Podlasie conserva profondamente nel cuore la loro toccante testimonianza. Quanto sono stati numerosi nella vostra terra quei testimoni della fede, conosciuti e sconosciuti, che offrirono la vita in difesa di Cristo. Questo è un grande e sconvolgente martirologio, che va sempre ricordato.

Vorrei anche ricordare altre figure, care al vostro cuore: il beato Honorat Kozminski, il servo di Dio Monsignor Zygmunt Lozinski - intrepido e generoso pastore prima della diocesi di Minsk, e più tardi di quella di Pinsk, il servo di Dio don Ignacy Klopotowski - fondatore delle Suore Loretane e il servo di Dio don Antoni Beszta-Borowski. A questi vanno aggiunte anche le figure dei nostri eroi nazionali: Tadeusz Kosciuszko, Romuald Traugutt, ed anche il nostro poeta nazionale Adam Mickiewicz, di cui quest'anno celebriamo il 200° della nascita. Furono strettamente legati a questa terra di Podlasie, in mezzo a questo popolo vissero e formarono la loro personalità e la loro vocazione, preparandosi ai compiti importanti, posti dinanzi a loro dalla Divina Provvidenza. Che questo grande retaggio vi arricchisca interiormente e diventi ispirazione per tutti coloro che servono la Chiesa e la nostra Patria.

52 3. Un grande evento nella vita della Chiesa di Drohiczyn è stato il Sinodo Diocesano terminato il 25 maggio 1997. Ha stabilito per voi i compiti della nuova evangelizzazione alla soglia dell'Anno 2000 dopo la nascita di Cristo. Vi auguro che esso porti i frutti attesi, dei quali fanno parte prima di tutto un approfondimento della vita cristiana e il ravvivamento dell' attività apostolica del Popolo di Dio. La nuova evangelizzazione esige infatti la partecipazione alla vita della Chiesa dei laici cattolici. Perciò sono lieto che nella vostra diocesi operi e si sviluppi l'Azione Cattolica e anche l'Università Popolare, che gode di grande popolarità.

Miei cari, raccomando tutti i qui presenti e tutta la Chiesa di Drohiczyn a Cristo, Redentore dell'uomo. Lui, infatti, è la "pietra angolare". Edificate su di Lui la vostra vita personale, familiare e sociale, per poter costituire la "dimora di Dio per mezzo dello Spirito" (
Ep 2,22). Vi benedico di cuore per la fatica della nuova evangelizzazione e vi prego di trasmettere questa benedizione ai vostri cari e a tutti i miei Connazionali.


GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI ALLA PLENARIA


DEL PONTIFICIO CONSIGLIO


PER LA PROMOZIONE DELL'UNITÀ DEI CRISTIANI


Giovedì, 19 febbraio 1998




Signor Cardinale,
Carissimi Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio!

1. Più volte ho espresso la speranza che alla soglia del terzo millennio i cristiani si ritrovino, se non uniti, almeno più prossimi a risolvere le loro difficoltà (cfr Tertio millennio adveniente TMA 34). La sessione plenaria del vostro Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, passando in rassegna le attività di questi due ultimi anni, ha voluto situare la sua riflessione in questa prospettiva.

Nella Lettera Enciclica Ut unum sint ho voluto sottolineare l'importanza di uno dei frutti del movimento ecumenico: la fraternità ritrovata tra i cristiani. Di essa io stesso faccio continuamente l'esperienza nei miei viaggi apostolici attraverso il mondo. I cristiani, indipendentemente dalle loro differenze e dalla fondatezza di ciò che li divide, hanno acquisito una rinnovata consapevolezza di essere, tra loro, fratelli. Vi chiedo: non vi è forse in questo il ripristino di un atteggiamento cristiano fondamentale? E non si mette forse in pratica, così facendo, l'esigenza primaria del comandamento che Gesù ha voluto qualificare come "suo" (cfr Jn 15,12)?

Essere consapevoli che siamo fratelli comporta l'esigenza di giudicarci come fratelli, anche nei nostri disaccordi; ci chiama a trattarci da fratelli nelle svariate circostanze in cui la nostra vita personale e comunitaria ci inducono ad incontrarci. In questo campo sono necessari continui progressi. Non possiamo accontentarci di tappe intermedie, forse necessarie, ma sempre insufficienti nell'itinerario spirituale ed ecclesiale che ci sta impegnando. La meta, a cui il Signore Gesù ci chiama, ci guida e ci attende, è l'unità piena con quanti, avendo ricevuto lo stesso Battesimo, sono entrati a far parte dell'unico Corpo mistico.

2. In questa atmosfera di fraternità ritrovata, la vostra riflessione sulle attuali relazioni tra le Chiese e le Comunioni cristiane assume il suo pieno significato. Come pieno significato assumono anche i vari dialoghi teologici. Il dialogo della carità è alla loro origine e deve continuare ad accompagnarli e a nutrirli. Approfondire il dialogo della carità è necessario per superare le difficoltà che si sono verificate in passato, che esistono oggi e che continueremo ad incontrare. Anche in questo contesto, in questo cammino intellettuale, è necessario progredire gradualmente. I progressi realizzati ci riempiono di gioia; essi sono tali da far crescere in autenticità la fraternità ritrovata. Sono però soltanto delle tappe, e non possiamo accontentarci di averle varcate. I nostri passi debbono inoltrarsi più profondamente nella via. Dobbiamo reciprocamente aiutarci. E' necessario avere il coraggio di proseguire la ricerca della verità, nella fedeltà a Colui che è la Verità. Lo scopo è la piena comunione che Egli vuole veder regnare tra di noi. Duemila anni orsono, Egli ci ha chiesto di essere unanimi nel testimoniare la sua venuta. In questo tempo, in cui sollecitiamo il mondo affinché riconosca pienamente che Cristo è "la luce vera, quella che illumina ogni uomo" (Jn 1,9), dobbiamo infondere nuovo vigore alla nostra azione per attuare pienamente la volontà d'unità del nostro unico Maestro e Signore.

I progressi nel dialogo della carità e della conversione, e quelli registrati dai dialoghi dottrinali, ci riempiono il cuore di azione di grazie e di speranza. Azione di grazie per tutto quanto ci è stato dato e ci è dato. Speranza in Colui che è il solo a dare compimento a ciò che Egli solo poteva e può compiere in mezzo a noi.

3. Durante la vostra sessione plenaria avete dunque passato in rassegna l'attività svolta negli ultimi due anni. Vi è stato possibile notare quanto dovrà essere corretto e quanto andrebbe intensificato. Vi siete anche orientati verso l'avvenire. La formazione ecumenica di chi si dedicherà nei prossimi anni ad un ministero pastorale assume, in questa prospettiva futura, un'importanza del tutto speciale.

53 L' assimilazione della dottrina del Concilio Vaticano II sulla Chiesa e sull'ecumenismo è la condizione che permette ai risultati intermedi dei dialoghi di essere diffusi in modo sano. Come ho sottolineato, essi "non possono rimanere affermazioni delle Commissioni bilaterali, ma debbono diventare patrimonio comune" (Ut unum sint UUS 80). I responsabili dell'azione pastorale debbono acquisire una visione globale dell'azione ecumenica, dei suoi principi e delle sue esigenze. Essa sarà il mezzo ed il contesto che permetterà loro di situare e comprendere, ricevere ed esaminare con rigore ciò che si è realizzato. Potranno così informare i fedeli, coinvolgerli in un atteggiamento di azione di grazie e di speranza. Sapranno come evitare le semplificazioni e la fretta intempestiva. Li aiuteranno ad adattarsi ai ritmi che lo Spirito Santo imprime al movimento che Egli suscita nella Chiesa. Li incoraggeranno ad approfondire la loro conversione ecumenica ed a crescere nella fraternità ritrovata. Li esorteranno ad intensificare la loro preghiera, perché giunga presto il tempo della piena comunione.

4. Nel ringraziarvi per il lavoro compiuto durante la vostra riunione e per il vostro servizio appassionato dell'unità, desidero ricordarvi le parole di San Cipriano che concludevano la mia Lettera Enciclica sull'impegno ecumenico: "Dio non accoglie il sacrificio di chi è in discordia, anzi comanda di ritornare indietro dall'altare e di riconciliarsi prima col fratello. Solo così le nostre preghiere saranno ispirate alla pace e Dio le gradirà. Il sacrificio più grande da offrire a Dio è la nostra pace e la fraterna concordia, è il popolo radunato dall' unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" (De Dominica oratione, 23). "All'alba del nuovo millennio, come non sollecitare dal Signore, con rinnovato slancio e più matura consapevolezza, la grazia di predisporci, tutti, a questo sacrificio dell'unità?" (Ut unum sint UUS 102).

Rinnovo con profonda partecipazione questa supplica e chiedo al Signore di sostenere tutto ciò che fate per aiutare il servizio all'unità che il Vescovo di Roma svolge fidando nell'opera della misericordia divina.

Con questi sentimenti, a tutti imparto con affetto la mia Benedizione.


GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI ALLA CONFERENZA INTERNAZIONALE


"WOMEN'S HEALTH ISSUES"


Venerdì, 20 febbraio 1998

Illustri Signori,

Gentili Signore!

1. Desidero esprimere il mio compiacimento all'Università Cattolica del Sacro Cuore, qui rappresentata dal Magnifico Rettore, Professor Adriano Bausola, al Direttore dell'Istituto di Bioetica della stessa Università, Mons. Elio Sgreccia, e al Direttore del Center of Medical Ethics della Georgetown University, per aver voluto organizzare questa Conferenza Internazionale su un tema di così viva attualità per la società e per la Chiesa: la salute della donna.

Riflettere su questo argomento è, infatti, un dovere e un debito di riconoscenza non soltanto per la dignità di ogni donna, a cui devono essere riconosciuti il diritto alle cure e l'accesso ai mezzi che possono promuovere la salute, ma anche in relazione al particolare ruolo che la donna è chiamata a svolgere nella famiglia e nella società.

Sotto questo profilo non possiamo non ricordare anzitutto il grande numero di donne - bambine, adolescenti, spose, madri di famiglia, anziane - che versano in condizioni di miseria, di estrema penuria di sostegni sanitari e che sono gravate dalle fatiche inerenti al sostentamento della famiglia in vaste zone del mondo, talora con l'aggravio delle calamità e delle guerre.

2. Nel Messaggio al Segretario Generale della IV Conferenza Mondiale sulla Donna, svoltasi a Pechino, ho accennato al "terribile sfruttamento delle donne e delle giovani in ogni parte del mondo". Ed ho aggiunto: "L'opinione pubblica comincia soltanto ora a valutare le condizioni disumane in cui le donne e i bambini vengono spesso costretti a lavorare in particolare nelle aree meno sviluppate del mondo" (26 maggio 1995).

54 E' essenziale per ogni società che tali diritti siano garantiti e che le società, che godono del pieno sviluppo economico e talora di un tasso di beni superflui, portino la loro attenzione e il loro aiuto a questa umanità. Ciò non potrà essere fatto senza un adeguato e corrispondente riconoscimento del ruolo della donna, della sua dignità e dell'importanza di un suo apporto specifico al progresso della società in cui vive: "Quando le donne hanno la possibilità di trasmettere in pienezza i loro doni all'intera comunità, la stessa modalità con cui la società si comprende e si organizza ne risulta positivamente trasformata" (Messaggio per la Giornata Mondiale per la Pace, 1995, n.9).

3. In particolare, ritengo significativo che nella vostra Conferenza Internazionale abbiate voluto esaminare tutte le dimensioni della salute della donna: la prevenzione e la cura delle malattie, il rispetto della sua integrità e delle sue capacità procreative, gli aspetti psicologici e spirituali nelle diverse situazioni in cui può trovarsi. Si va diffondendo, infatti, una concezione della salute che, paradossalmente, ne esalta e al tempo stesso ne impoverisce il significato e ciò in particolare in relazione alla donna.

La salute, infatti, è stata definita come tensione verso il "pieno benessere fisico, psicologico e sociale e non soltanto come assenza di malattia". Quando, però, il benessere viene concepito in senso edonistico senza riferimento ai valori morali, spirituali e religiosi, questa aspirazione, in sé nobile, può risolversi entro un orizzonte ristretto che ne mortifica lo slancio con conseguenze negative sulla salute stessa. Interpretata in questa direzione riduttiva, la ricerca della salute come benessere ha portato a considerare, anche in documenti politici importanti, la stessa maternità come un peso e una malattia, creando i presupposti, in nome della salute e della qualità di vita, per la giustificazione della contraccezione, della sterilizzazione, dell'aborto e della stessa eutanasia. Bisogna rettificare questa deformazione perché "non ci saranno mai giustizia, uguaglianza e sviluppo e pace per le donne o per gli uomini, se non ci sarà un'incrollabile determinazione a rispettare, difendere, amare e servire la vita, ogni vita umana in ogni fase e in ogni situazione" (Ibid., n.7; cfr Enciclica Evangelium vitae
EV 87).

4. Favorire un autentico e globale equilibrio sanitario della donna significa aiutarla ad inserire il benessere fisico, psicologico e sociale in un rapporto d'armonia con i valori morali e spirituali. In quest'ottica di realizzazione della persona e della specificità femminile, in cui si attua la oblatività sponsale e materna, nella famiglia o nella vita consacrata, e si esprime il senso della solidarietà sociale, la salute rappresenta, ad un tempo, una condizione fondamentale ed una dimensione della persona.

Per questo motivo il concetto di salute deve essere fondato su una visione antropologica compiuta, che consideri il rispetto della vita e della dignità delle persona e di ogni persona valori irrinunciabili. La ricerca della salute non può, pertanto, trascurare il valore ontologico della persona e la sua dignità personale: anche laddove la salute fisica o mentale è deficitaria, la persona conserva infatti la sua piena dignità.

5. Nella promozione della salute della donna ha un ruolo speciale la dimensione procreativa, dal punto di vista della realizzazione sia della personalità femminile che dell'eventuale compito materno. Promuovere la salute procreativa della donna implicherà, pertanto, la prevenzione primaria delle malattie che possono compromettere la fertilità, l'impegno terapeutico, consulenziale e assistenziale volto a preservare l'organismo femminile nella sua integrità o a restituirne la funzionalità; non potrà, invece, mai significare offesa alla dignità della persona della donna o della vita del concepito.

In questa prospettiva, sarà sempre di grande rilievo l'impegno morale della donna stessa, la quale dovrà assumere e rispettare nei comportamenti quotidiani i valori della propria corporeità, cercando di assicurarne la conformità con le esigenze della salute. Questa promozione della salute integrale della donna non potrà non coinvolgere anche la società e ciò avverrà solo con l'apporto delle donne stesse: "La Chiesa riconosce - ho scritto al Segretario Generale della IV Conferenza Mondiale dell'ONU sulla donna - che il contributo della donna al benessere e al progresso della società è incalcolabile ed auspica che le donne facciano anche di più per salvare la società dal virus letale della degradazione e della violenza che oggi si sta diffondendo in modo crescente e drammatico" (n. 5).

6. E' tutto l'orizzonte della cultura e della società, e in primo luogo dell'assistenza sanitaria, che va riportato a misura della dignità della donna, in corresponsabilità con l'uomo e per il bene delle famiglie e della stessa comunità umana.

Desidero qui ripetere il grazie che ho rivolto alle donne nella Lettera diretta specificamente a loro nel 1995 in occasione dell'Anno Internazionale della Donna: il grazie alle donne madri, alle donne spose, alle donne figlie e sorelle, alle donne lavoratrici, alle donne consacrate. Oggi vorrei aggiungere un grazie alle donne che esercitano la medicina: esse partecipano sempre più numerose alla promozione della salute altrui, divenendo a titolo speciale custodi della vita.

Auspico che tutti gli uomini, la società nel suo insieme e le autorità politiche, portino il loro contributo per il conseguimento del bene della salute per ogni donna e per ogni uomo, a garanzia di una civiltà che sia a misura della dignità della persona umana.

Con questi voti, a tutti imparto la mia Benedizione.




GIOVANNI PAOLO II


IN OCCASIONE DEL CONCISTORO PUBBLICO


PER LA CREAZIONE DEI NUOVI CARDINALI


55
21 Febbraio 1998

"Seniores qui in vobis sunt obsecro consenior et testis Christi passionum qui et eius quae in futuro revelanda est gloriae communicator" (1P 5,1).


1. Faccio mie le parole dell'apostolo Pietro nel rivolgermi a voi, venerati e carissimi Fratelli, che ho avuto la gioia di associare al Collegio dei Cardinali.

Esse richiamano il nostro fondamentale radicamento, come "seniores", nel mistero di Cristo Capo e Pastore. In quanto partecipi della pienezza dell'Ordine sacro, di Lui noi siamo, nella Chiesa e per la Chiesa, una ripresentazione sacramentale, chiamati a proclamarne autorevolmente la parola, a ripeterne i gesti di perdono e di offerta della salvezza, ad esercitarne l'amorevole sollecitudine fino al dono totale di noi stessi per il gregge (cfr Esort. ap. Pastores dabo vobis, 15).

Questo radicamento in Cristo riceve oggi in voi, venerati Fratelli, un'ulteriore specificazione, giacché con l'elevazione alla Porpora siete chiamati ed abilitati ad un servizio ecclesiale di ancor più grave responsabilità, in strettissima collaborazione con il Vescovo di Roma. Quanto oggi si compie in Piazza San Pietro è, dunque, la chiamata ad un servizio più impegnativo, perché, come abbiamo ascoltato dal Vangelo, "quicumque voluerit in vobis primus esse, erit omnium servus" (Mc 10,44). L'elezione spetta a Dio, a noi il servire. Non è forse da intendersi lo stesso primato di Pietro come servizio all'unità, alla santità, alla cattolicità ed all'apostolicità della Chiesa?

Il Successore di Pietro è il servus servorum Dei, secondo l'espressione di san Gregorio Magno. E i Cardinali sono i suoi primi consiglieri e cooperatori nel governo della Chiesa universale: sono i "suoi" vescovi, i "suoi" presbiteri ed i "suoi" diaconi, non semplicemente nella primitiva dimensione dell'Urbe, ma nel pascere l'intero popolo di Dio, al quale la Sede di Roma "presiede nella carità" (cfr sant'Ignazio Ant., Ai Rm 1,1).

2. Con tali pensieri, rivolgo il mio cordiale saluto ai venerati Cardinali presenti, che nel Collegio cardinalizio, e segnatamente in questo pubblico Concistoro, manifestano in modo eminente la "sinfonicità", per così dire, della Chiesa, cioè la sua unità nella universalità delle provenienze e nella varietà dei ministeri.

Con loro condivido la gioia di accogliere oggi i venti nuovi Confratelli, che provengono da tredici Paesi di quattro Continenti ed hanno dato ottima prova di fedeltà a Cristo ed alla Chiesa, alcuni nel diretto servizio della Sede Apostolica, altri nel guidare importanti Diocesi. Ringrazio, in particolare, il Cardinale Jorge Arturo Medina Estévez per le espressioni con cui si è fatto interprete dei comuni sentimenti in questa circostanza tanto significativa.

Mi è caro, in questo momento, rivolgere un pensiero orante al compianto Mons. Giuseppe Uhac, che il Dio di ogni grazia - come scrive l'apostolo Pietro - ha chiamato a sé appena prima della nomina, per offrirgli ben altra corona: quella della gloria eterna in Cristo (cfr 1P 5,10). Desidero, al tempo stesso, comunicare che ho riservato in pectore la nomina a Cardinale di altri due Presuli.

3. L'odierna celebrazione avviene nel corso dell'anno dello Spirito Santo in preparazione al Grande Giubileo del Duemila, secondo l'itinerario tracciato nell'Esortazione apostolica Tertio millennio adveniente, che raccolse ed elaborò le proposte di un memorabile Concistoro Straordinario svoltosi nel giugno 1994.

Quale migliore contesto ecclesiale e spirituale, per invocare sui nuovi Cardinali i doni dello Spirito Santo, "spiritus sapientiae et intellectus, spiritus consilii et fortitudinis, spiritus scientiae et pietatis et... spiritus timoris Domini" (Is 11,2-3 Vulg.)? Chi più di loro ha bisogno dell'abbondante conforto di questi doni, per compiere la missione ricevuta dal Signore? Chi più di loro è consapevole del fatto che "lo Spirito è... l'agente principale della nuova evangelizzazione" e che "l'unità del Corpo di Cristo è fondata sull'azione dello Spirito, è garantita dal ministero apostolico ed è sostenuta dall'amore vicendevole" (Tertio millennio adveniente TMA 45 TMA 47)?

56 Possa, venerati Fratelli, lo Spirito Paraclito dimorare pienamente in ciascuno di voi, colmarvi della divina consolazione e rendervi così, a vostra volta, consolatori di quanti si trovano nell'afflizione, in modo particolare delle membra più provate della Chiesa, delle comunità che maggiormente soffrono tribolazioni a causa del Vangelo. Possiate dir loro con l'apostolo Paolo: "Sive autem tribulamur, pro vestra exhortatione et salute; sive exhortamur, pro vestra exhortatione, quae operatur in tolerantia earundem passionum quas et nos patimur" (2Co 1,6).

4. Venerati Fratelli, voi siete creati Cardinali mentre ci avviamo ormai a grandi passi verso il terzo millennio dell'era cristiana. Vediamo già profilarsi all'orizzonte la Porta Santa del Grande Giubileo del Duemila e questo dà alla vostra missione un valore ed un significato di enorme rilievo. Siete chiamati, infatti, insieme con gli altri Membri del Collegio cardinalizio, ad aiutare il Papa nel condurre la barca di Pietro verso questo storico traguardo.

Conto sul vostro sostegno e sul vostro illuminato ed esperto consiglio per guidare la Chiesa nell'ultima fase della preparazione all'Anno Santo. Spingendo insieme con voi lo sguardo oltre la soglia del Duemila, invoco dal Signore l'abbondanza dei doni dello Spirito divino per tutta la Chiesa, affinché la "primavera" del Concilio Vaticano II possa trovare nel nuovo millennio la sua "estate", vale a dire il suo maturo sviluppo.

La missione, a cui Iddio vi chiama quest'oggi, domanda attento e costante discernimento. Ecco perché vi esorto ad essere sempre più uomini di Dio, ascoltatori penetranti della sua Parola, capaci di rifletterne la luce in mezzo al Popolo cristiano e tra gli uomini di buona volontà. Solo sostenuta dalla luce del Vangelo la Chiesa può affrontare con sicura speranza le sfide del presente e del futuro.

5. Rivolgo ora un cordiale benvenuto ai familiari dei nuovi Cardinali, come pure alle Delegazioni delle varie Chiese di provenienza ed alle Rappresentanze governative e civili, che hanno voluto prendere parte a questo solenne momento ecclesiale. Carissimi Fratelli e Sorelle, illustri Signori e Signore, vi ringrazio per la vostra presenza, espressione dell'affetto e della stima che vi legano agli Arcivescovi e Vescovi da me associati al Collegio cardinalizio. Come in loro, così anche in voi vedo un'immagine dell'universalità della Chiesa e, altresì, un segno eloquente del vincolo di comunione di laici e persone consacrate con i loro Pastori, come pure di presbiteri e diaconi con i loro Vescovi. Da oggi i nuovi Cardinali avranno ancora più bisogno del vostro spirituale sostegno: accompagnateli sempre con la preghiera, come già fate.

6. Domani avrò la gioia di celebrare con particolare solennità la festa della Cattedra di Pietro insieme con i nuovi Cardinali, ai quali consegnerò l'anello. Vorrei invocare, in questo momento, la celeste intercessione del Principe degli Apostoli: egli, che sentì tutta la propria indegnità al cospetto della gloria del suo Signore, ottenga per ciascuno di voi l'umiltà del cuore, indispensabile per accogliere ogni giorno come un dono l'alto incarico affidatovi. Pietro, che seguendo Cristo diventò pescatore di uomini, vi ottenga la quotidiana riconoscenza per la chiamata ad essere partecipi in modo singolare del ministero del suo Successore. Egli, che in questa città di Roma sigillò con il sangue la sua testimonianza a Cristo, vi ottenga di dare la vita per il Vangelo e di fecondare così la messe del Regno di Dio.

A Maria, Regina degli Apostoli, affido le vostre persone ed il vostro servizio ecclesiale: la sua spirituale presenza, oggi, in questo nostro cenacolo, sia pegno per voi della costante effusione dello Spirito, grazie al quale potrete proclamare a tutti, nelle varie lingue del mondo, che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre. Amen!




GIOVANNI PAOLO II


AI MEMBRI DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA


Martedì, 24 febbraio 1998

Illustri Signori, Gentili Signore!


1. Nel rivolgere il mio saluto a voi tutti, membri ordinari e corrispondenti della Pontificia Accademia per la Vita, desidero esprimere un vivo ringraziamento al Presidente, il Prof. Juan de Dios Vial Correa, per le sue cortesi parole. Saluto, inoltre, il Vice Presidente Mons. Elio Sgreccia, che generosamente si prodiga per la vostra prestigiosa Istituzione.

Colgo volentieri l'occasione per esprimere anche il mio compiacimento per quanto l'Accademia sta realizzando, fin dai primi passi del suo cammino, nell'adempimento del suo compito di promozione e difesa del fondamentale valore della vita.


GP2 Discorsi 1998 50