GP2 Discorsi 1997 209

209 Considerando tutto ciò, sono lieto di constatare che ogni giorno aumentano i fedeli che s'impegnano a conoscere meglio la dottrina cattolica. Desidero sottolineare la particolare missione dei teologi, che hanno il compito di chiarire ai loro fratelli e alle loro sorelle la profondità dei misteri divini. Questo avviene perché il loro insegnamento è basato sulla rivelazione ed è sostenuto da un'intensa vita spirituale e dalla preghiera. L'insegnamento teologico è al servizio della verità e della comunità. Non può rimanere una semplice riflessione privata. Perciò l'ambito naturale della ricerca teologica è la Chiesa stessa. La sacra scienza non può essere scissa dalla Parola di Dio, che è viva e illumina. Essa viene accolta e trasmessa dalla Chiesa, il cui insegnamento viene esercitato in Nome di Gesù Cristo (cfr Dei verbum DV 10); Congregazione per la dottrina della fede: Istruzione sulla vocazione ecclesiale del teologo, 24 maggio 1990).

4. Come mettete chiaramente in risalto nei vostri rapporti quinquennali, il problema delle vocazioni vi preoccupa. Esso concerne, nel loro insieme, le comunità cristiane, in seno alle quali possono sbocciare le vocazioni, sostenute dalla preghiera di tutti e favorite dalla globalità della pastorale giovanile. Spetta in particolare ai genitori ed agli educatori di essere gli strumenti della chiamata del Signore. Negli ultimi anni, in alcune delle vostre Diocesi, pochi giovani hanno accettato di impegnarsi nella via del sacerdozio o della vita consacrata. Giustamente, pertanto, vi date da fare per imprimere un nuovo slancio alla pastorale delle vocazioni nelle comunità cristiane e nelle famiglie, mettendo in risalto la grandezza e la bellezza del dono di sé nel celibato liberamente scelto per amore del Signore, senza tuttavia che risulti sminuito il valore della vita laicale e del matrimonio. Come ho ricordato nell’Esortazione apostolica post-sinodale Pastores dabo vobis, facendo mie le richieste dei Padri sinodali, è necessario «istruire ed educare i fedeli laici circa le motivazioni evangeliche, spirituali e pastorali proprie del celibato sacerdotale, così che aiutino i presbiteri con l’amicizia, la comprensione e la collaborazione» (Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis PDV 50). Ciò è tanto più importante perché, in una società dove la vita cristiana ed il celibato sembrano spesso essere considerati come ostacoli alla realizzazione della persona, alcune famiglie possono preoccuparsi nel vedere i propri figli o figlie lasciare tutto per seguire Cristo.

La questione riguarda la globalità dell’educazione; in linea generale, è auspicabile che i genitori, alla luce della fede della Chiesa, accompagnino con fiducia e coraggio i giovani perché questi assumano pienamente il loro ruolo nella comunità cristiana, partecipino attivamente alla vita parrocchiale e si impegnino nelle associazioni e nei movimenti. Così un’autentica maturazione personale, sociale e spirituale condurrà i giovani chiamati dal Signore a realizzare liberamente la loro vocazione; è soltanto a questa condizione che saranno felici nella loro vita. Perché, poi, accettino di rispondere positivamente alla chiamata di Cristo, è essenziale che le comunità cristiane riconoscano il ruolo e la missione specifica dei sacerdoti e della vita consacrata. Come potrebbero, in effetti, i giovani percepire la grandezza di tali vocazioni, se permangono degli equivoci circa il ruolo specifico di coloro che ne hanno ricevuto il mandato da parte della Chiesa?

5. I Vescovi devono oggi essere particolarmente attenti alla formazione dei seminaristi. Continuate ad attribuire grande importanza alla qualità della formazione spirituale e dei programmi di formazione intellettuale. Tutti gli aspetti della formazione devono armonizzarsi per contribuire alla maturità dei vostri futuri collaboratori. In tale contesto, è bene tener conto delle esigenze del mondo attuale per preparare un esercizio del ministero adatto alla nostra epoca; occorre però fare attenzione a incentrare la formazione sui punti essenziali del contenuto della fede, per permettere ai giovani sacerdoti di rispondere in modo pertinente agli interrogativi incessantemente rinnovati che vengono dibattuti dall'opinione pubblica. A tal fine vi risulteranno particolarmente utili le sagge regole dettate dalla Ratio institutionis sacerdotalis.

6. Desidero chiedervi qui di trasmettere ai sacerdoti delle vostre Diocesi il saluto fiducioso del Successore di Pietro. Vivendo il loro sacerdozio in modo esemplare, sono i primi testimoni della vocazione al ministero. Vedendoli vivere, i giovani possono provare il desiderio di imitarli nel loro impegno sacerdotale. Che il presbiterio sia una corona spirituale intorno al Vescovo! Conosco l'onere sempre più pesante dei sacerdoti del vostro Paese, in particolare di quelli che esercitano il ministero parrocchiale. Esprimete loro l'incoraggiamento caloroso del Papa, che li invita a non perdersi d'animo e a rimanere Pastori zelanti per il popolo che è stato affidato loro. La loro missione deve fondarsi su una vita spirituale e sacramentale intensa, che unifichi la loro personalità e li renda disponibili a ricevere le grazie necessarie al loro servizio evangelico. In effetti, è il Signore che, mediante il suo Spirito, aiuta e accompagna coloro che sono chiamati a seguirlo nel sacerdozio. I sacerdoti devono impegnarsi a essere testimoni gioiosi di Cristo, con la loro retta esistenza, in sintonia con l'impegno preso il giorno della loro ordinazione.

In Svizzera la vita religiosa ha conosciuto nel corso della sua storia una considerevole tradizione. Vi affido il compito di dire ai religiosi e alle religiose che ancora oggi la Chiesa conta in modo particolare su di essi perché proseguano la loro opera negli ambiti fondamentali della vita pastorale: l'educazione, la sanità, l'assistenza alle persone anziane e ai poveri e soprattutto il ritorno alle fonti di numerosi fedeli nelle loro case di accoglienza e di ritiro spirituale, e anche nel quadro dei pellegrinaggi che essi animano. Rendo omaggio al loro coraggio e alla loro discreta disponibilità. In un tempo in cui il numero delle vocazioni sta diminuendo, è importante che l'insieme della Chiesa riconosca meglio il valore e il senso della vita consacrata.

7. Le Diocesi della Svizzera rappresentano una tradizione missionaria solidamente radicata. Le ringrazio della loro attenzione e del loro aiuto generoso alle giovani Chiese per la loro missione e per il loro contributo allo sviluppo. Voi esprimete in modo apprezzabile la vostra attenzione alla vita della Chiesa universale, il che rivela anche il vostro profondo senso della giustizia e della solidarietà verso i più bisognosi. Per alcuni aspetti concreti, i cattolici svizzeri sono così in comunione con tutta la Chiesa, la cui sollecitudine spetta in primo luogo ai Vescovi, come ha chiaramente sottolineato il Concilio Vaticano II: «Sia come legittimi successori degli apostoli sia come membri del collegio episcopale, sappiano essere sempre tra loro uniti e dimostrarsi solleciti di tutte le Chiese» (Christus Dominus CD 6).

8. Desidero anche ricordare brevemente l'importanza del movimento ecumenico nel vostro Paese. Insieme ai vostri diocesani, proseguite la preghiera comune e il dialogo con tutti i nostri fratelli cristiani, tenendo conto in modo inequivocabile delle questioni dottrinali e pastorali ancora irrisolte, così come delle diverse sensibilità. Il cammino da percorrere può essere ancora lungo. È applicando fedelmente i principi e le norme elaborati dal Direttorio per l'ecumenismo che si avanzerà realmente nel cammino della piena unità (Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, 25 marzo 1993).

9. Voi avete opportunamente presentato al popolo cristiano la figura di san Pietro Canisio, morto 400 anni fa a Friburgo. Il suo insegnamento, il suo senso pedagogico e il suo impegno apostolico al servizio del Vangelo sono altrettanti aspetti della sua vita che possono ispirare oggi il comportamento dei Pastori e delle comunità cristiane. È anche un modello di dialogo ecumenico, rispettoso delle persone, pieno di cordiale carità e desideroso di testimoniare la sua fede in Cristo e il suo amore per la Chiesa, unita attorno ai Vescovi e al Successore di Pietro. Le recenti beatificazioni hanno un effetto positivo anche sulla vita spirituale e apostolica del popolo cristiano: i santi di una nazione sono vicini ai loro concittadini. Sono testimoni privilegiati, modelli di vita cristiana.

Affidandovi all'intercessione dei santi della vostra terra ai quali i fedeli sono profondamente legati, imparto di tutto cuore la mia Benedizione a voi, ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose e ai laici delle vostre Diocesi.


A S.E. IL SIGNOR ALBERTO LEONCINI BARTOLI


NUOVO AMBASCIATORE D'ITALIA PRESSO LA SANTA SEDE


IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE


DELLE LETTERE CREDENZIALI


Giovedì, 4 settembre 1997




210 Signor Ambasciatore,

Nel ricevere le Lettere che La accreditano Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario della Repubblica Italiana presso la Santa Sede, mi è grato rivolgere un pensiero deferente e cordiale al Signor Presidente della Repubblica, l'Onorevole Oscar Luigi Scalfaro, e alla Nazione tutta.

Molti sono ormai gli Stati rappresentati presso questa Sede Apostolica, ma specialissimo è il rapporto con il Paese che da due millenni è così vicino alla sede originaria del Successore di Pietro. Davvero il Papa non fu mai estraneo nel "bel paese che Appennin parte, il mar circonda e l'Alpe": non lo fu e non lo è per l'ufficio di Vescovo di Roma, che specifica ed incarna qui il Suo ruolo di Pastore della Chiesa universale.

Anche - e soprattutto - nelle ore più difficili, nelle situazioni oscure ed intricate, non sono mai venuti meno l'amore del Sommo Pontefice per questo carissimo popolo e l'impegno per la sua salvaguardia e il suo benessere. Dalla stagione delle invasioni e delle migrazioni di popoli fino ai bombardamenti ed alle devastazioni dell'ultima guerra mondiale, i Successori di Pietro - nel variare delle condizioni temporali - si sono prodigati per la gente che natura e storia hanno collocato attorno alla loro Cattedra. Anche ai giorni nostri, con una straordinaria "grande preghiera per l'Italia", ho voluto richiamare l'attenzione di tutti sui problemi che le vicende di questi anni Novanta hanno suscitato in questo amatissimo Paese, allo scopo di suscitare rinnovate energie e fedeltà creativa, alla luce di un'antica e tuttora fruttuosa tradizione di impegno e di sacrificio per il bene comune, in accoglienza della verità cristiana.

In particolare, il secolo che sta per terminare ha costituito un cammino di incontro tra l'Italia e la Santa Sede. Le incomprensioni e le difficoltà del secolo precedente sono state presto superate. La Conciliazione dell'11 febbraio 1929 ha compiuto il sogno degli spiriti migliori che volevano "restituire l'Italia a Dio e Dio all'Italia", dimostrando altresì che nulla di irreparabile era mai accaduto tra il Paese e i Successori di Pietro. Appare ormai chiaro a tutti che le riserve della Santa Sede a certe pagine dell'unificazione non erano dettate da ambizioni di possesso e tantomeno di potenza terrena, ma dalla doverosa difesa dell'indipendenza assoluta dalla sovranità territoriale circostante.

Poi, quando ancora erano aperte le piaghe del totalitarismo e della guerra, la saggezza di molti volle inserita nella Costituzione della nascente e libera Repubblica il principio dell'indipendenza e della sovranità dell'uno e dell'altro ordinamento, mentre nessuno metteva più in discussione l'esiguo e quasi simbolico spazio, necessario alla Sede Apostolica per l'esercizio della Sua missione nel mondo intero.

Ancora, con l'Accordo di Revisione del 1984, il medesimo spirito presiedeva l'aggiornamento consensuale dei Patti Lateranensi, dicendo a chiare lettere, come già si era espresso il Concilio Ecumenico Vaticano II, che tra Chiesa e Stato non vi è opposizione, ma concorso e collaborazione a tutela della persona umana, nelle sue manifestazioni individuali e sociali.

Le relazioni tra Santa Sede e Repubblica Italiana, possiamo ben dirlo sulla base di una ormai consolidata esperienza storica, coronano davvero un tessuto di rapporti, un incontrovertibile modo di porsi, ricco di frutti e di potenzialità. La Chiesa, da parte sua, ha un tesoro di verità che instancabilmente propone all'uomo, nell'articolato svolgersi delle sue strutture sociali. E' innanzitutto nella famiglia che la dottrina e la morale cristiana ravvisano l'ambito primo e naturale di accoglienza alla vita, fin dal suo concepimento. La famiglia, nata dall'amore di un uomo e di una donna, che le tradizioni e la legge consacrano come cellula base della società, attende che sia pienamente attuato il dettato della legge fondamentale della Repubblica là dove "riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio" (Costituzione della Repubblica Italiana, art. 29). La famiglia, dunque, ha una funzione basilare nell'organizzazione sociale, e deve essere incentivata e protetta, anche sul terreno economico e fiscale. Essa non può essere abbandonata alla corrosione del relativismo, perché la vita e il futuro stesso del Paese sono contenuti nel suo grembo.

A tale proposito molte voci si sono già levate con sconforto nel vedere l'Italia relegata assai in basso quanto a indici di natalità. In ciò si può vedere un sentimento di chiusura, un atto di sfiducia nel destino della società nazionale e fors'anche un ripiegamento egoistico. E' comune speranza che la vita sia aiutata a crescere e a fiorire con tutte le provvidenze che si potranno apportare.

La scuola, in simile prospettiva, assume un ruolo essenziale nella costruzione dell'Italia di domani. Vecchie barriere, anche di ordine psicologico, stanno cedendo, ma lo stesso principio, che chiama tutti i cittadini a dare il loro contributo al bene comune attraverso la più ampia e fattiva partecipazione, esige piena e matura libertà della scuola e nella scuola. La cultura esige dialogo e confronto, i cittadini e le famiglie si attendono dallo Stato quel ragionevole aiuto che permetta di rendere effettivo e indiscutibile il diritto a scegliere l'orizzonte culturale, senza discriminazioni e pesi, anche solo economicamente insostenibili.

Ma tutto sarebbe vanificato se mancasse il lavoro. Già il Concilio Ecumenico Vaticano II aveva avanzato il concetto di partecipazione alla creazione insita nel lavoro quotidiano, e questo ho ribadito in alcune Encicliche. Ora la gioventù teme soprattutto la mancanza di occupazione, stabile e motivante. Alle pubbliche Autorità, alle forze economiche, ai sindacati, a tutti i singoli tocca il severo compito di predisporre le condizioni per attività lavorative non fittizie, e tali da distogliere i giovani dalle tentazioni dell'ozio, del guadagno facile o addirittura di attività criminose.

211 Su queste emergenze la Comunità Cattolica ha un suo contributo da dare, e molto si sta facendo, dal volontariato al "progetto culturale", che la Conferenza Episcopale Italiana sta ponendo in atto. Tutto ciò riconferma una verità che non può essere smentita: i credenti e la Chiesa non sono stranieri in questo Paese. Essi ne fanno parte a pieno titolo. Dalla loro lunghissima, e forse unica tradizione, dall'insegnamento del Magistero, dalla Rivelazione stessa traggono argomenti per porre rimedio ai mali come alle necessità del Paese, e la ricerca continua per offrire nuovi contributi. Non è davvero un caso che l'identità vera e profonda del Paese si riveli inequivocabilmente nel Cristianesimo.

Con la caduta di tante frontiere e la nascita di una nuova Europa, si rende sempre più pressante il dovere di arricchire il continente con lo specifico carisma che contraddistingue l'Italia. Alle glorie del suo passato, alle creative iniziative del presente, si aggiunge la fondante fisionomia della sua identità cattolica, che tante prove ha dato e continua a dare nell'arte, nelle attività sociali, come in tanti itinerari di fede e di cultura. L'anima dell'Italia è anima cattolica, e grandi sono in questo senso le attese per quanto essa può esprimere tra le Nazioni sorelle, finalmente pacificate. Attese destinate ulteriormente ad inverarsi nell'esaltante prospettiva, carica di speranza, della celebrazione del Grande Giubileo del 2000, a cui Ella ha fatto opportunamente cenno. Tale evento è destinato a rappresentare un momento di crescita umana, civile e spirituale pure per la diletta Nazione italiana. Possa la collaborazione in atto tra la Santa Sede e l'Italia contribuire a favorirne la piena riuscita.

E' con questi voti colmi di speranza che porgo a Lei, Signor Ambasciatore, gli auguri più fervidi per il felice compimento della Sua alta missione, e di cuore Le imparto l'Apostolica Benedizione, che desidero estendere alle persone che L'accompagnano, ai Suoi familiari ed alla cara Nazione italiana.

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II


AGLI ADERENTI AL «CENTRO VOLONTARI


DELLA SOFFERENZA» NEL 50° DI FONDAZIONE


Palaghiaccio di Milano - Sabato, 6 settembre 1997




Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Sono particolarmente lieto di questo nostro incontro e porgo a ciascuno di voi il mio più cordiale saluto, con uno speciale affettuoso pensiero per quanti, affrontando i disagi del viaggio, non hanno voluto mancare a questo appuntamento, pur venendo da molto lontano.

Voi ricordate quest'anno il 50° anniversario della vostra benemerita Associazione, nata a Roma ad opera del Servo di Dio, Mons. Luigi Novarese, coadiuvato dalla Signorina Elvira Myriam Psorulla, che ringrazio per le parole con cui si è fatta oggi interprete dei sentimenti di tutti i presenti. Ella ha voluto riaffermare il proposito dell'intero Sodalizio di servire Cristo nei sofferenti mediante un'opera singolare di evangelizzazione e di catechesi, che vede in primo piano l'azione personale e diretta dei disabili stessi.

E' spiritualmente presente tra noi Mons. Novarese, che sicuramente continua ad accompagnare dal Cielo quest'opera, sgorgata dal suo cuore sacerdotale. E con lui sono spiritualmente vicini tutti i "volontari della sofferenza" che, nell'arco di questo mezzo secolo, hanno lasciato questo mondo, portando con sé il viatico della partecipazione al mistero della Croce di Gesù.

2. La vostra Associazione ebbe, come primo nucleo, la Lega Sacerdotale Mariana, fondata nel 1943. Mons. Novarese intendeva con tale iniziativa corrispondere a quanto la Vergine aveva domandato nelle apparizioni a Lourdes e a Fatima. Egli volle, altresì, seguire l'invito del mio venerato Predecessore, Pio XII, circa la consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di Maria.

Era consapevole che Maria stessa, unita al divin Figlio ai piedi della croce, ci insegna a vivere la sofferenza con Cristo ed in Cristo, nella potenza d'amore dello Spirito Santo. Maria è la prima e perfetta "volontaria della sofferenza", che congiunge il proprio dolore al sacrificio del Figlio, perché acquisti significato di redenzione.

Da questa matrice mariana siete nati voi, cari "Volontari della Sofferenza", che svolgete un apostolato quanto mai prezioso nella Comunità cristiana. Voi vi inserite in quel grande movimento di rinnovamento ecclesiale che, fedele al Concilio Vaticano II ed attento ai segni dei tempi, ha trovato nuove energie per operare coraggiosamente nel campo dell'evangelizzazione in un ambito, quello della sofferenza, sicuramente non facile e pieno di interrogativi.

212 Questo vostro orientamento pastorale ha trovato un'esplicita conferma nell'Esortazione apostolica Christifideles laici, nella quale, a proposito dell'"azione pastorale per e con i malati e i sofferenti", viene detto: "Il malato, il portatore di handicap, il sofferente non [va considerato] semplicemente come termine dell'amore e del servizio della Chiesa, bensì come soggetto attivo e responsabile dell'opera di evangelizzazione e di salvezza" (n. 54).

In occasione dell'Anno Santo della Redenzione, io stesso ho voluto offrire alla Chiesa, con la Lettera Apostolica Salvifici doloris, una meditazione sul valore salvifico del dolore umano (cfr AAS 76, 1984), e vi sono riconoscente perché avete contribuito a diffondere questo messaggio, oltre che con le parole, con la silenziosa testimonianza della vostra esistenza.

3. Carissimi Fratelli e Sorelle, la vostra Responsabile, interpretando l'atteggiamento che avrebbe oggi il Fondatore, ha espresso la promessa di collaborare intensamente con la preghiera ed il sacrificio alla preparazione del grande Giubileo dell'Anno Duemila. Grazie per questo vostro contributo. Esso è quanto mai utile e prezioso.

La parola Giubileo suggerisce l'idea di gioia, di esultanza, e pertanto potrebbe, a prima vista, apparire in contrasto con la condizione di chi soffre. In realtà sarebbe così, se ci si limitasse ad una considerazione puramente umana. Ma, nell'ottica della fede, si capisce che non vi è Risurrezione senza la Croce. Si comprende allora non solo che la sofferenza può accordarsi con la gioia, ma, anzi, che solo nel segno della Croce si può giungere alla vera e consolante gioia cristiana. Non vi può essere autentica preparazione al Giubileo se non si assume nell'itinerario spirituale anche l'esperienza del soffrire, nelle sue varie forme.

4. I grandi obiettivi che la Chiesa ci propone in questi tre anni di cammino verso il grande evento giubilare non si possono raggiungere senza il sacrificio personale e comunitario dei cristiani, in unione con l'unico Sacrificio redentivo di Cristo. In proposito, la vostra Associazione può offrire un proprio specifico apporto, aiutando i fedeli che si trovano nella prova a non sentirsi esclusi dal pellegrinaggio spirituale verso l'Anno Duemila, ma, al contrario, a camminare in prima linea, portando la Croce gloriosa di Cristo, unica speranza di vita per l'umanità di ogni tempo.

Esempio straordinario di questa silenziosa missione di carità, che nasce dalla costante contemplazione di Gesù sulla croce, è Madre Teresa di Calcutta, ritornata alla Casa del Padre proprio ieri. Questa mattina ho celebrato con intima commozione la santa Messa per lei, indimenticabile testimone di un amore fatto servizio concreto e incessante ai fratelli più poveri ed emarginati. Nel volto dei miseri ha riconosciuto quello di Gesù che dall'alto della Croce implora: "Ho sete". Ed ha colto questo grido con generosa dedizione dalle labbra e dal cuore dei morenti, dei piccoli abbandonati, degli uomini e delle donne schiacciati dal peso della sofferenza e della solitudine.

Percorrendo infaticabile le strade del mondo intero, Madre Teresa ha segnato la storia del nostro secolo: ha difeso con coraggio la vita; ha servito ogni essere umano promuovendone sempre la dignità ed il rispetto; ha fatto sentire agli "sconfitti della vita" la tenerezza di Dio, padre amorevole di ogni sua creatura. Ha testimoniato il vangelo della carità, che si nutre del dono gratuito di sé sino alla morte. Così la ricordiamo, invocando per lei il premio che attende ogni fedele servitore del Regno di Dio. Possa il suo luminoso esempio di carità essere di conforto e di stimolo per la sua famiglia spirituale, per la Chiesa e l'umanità intera.

Carissimi Fratelli e Sorelle, vi ringrazio ancora per questo incontro di festa ed auspico che la vostra attività associativa tragga beneficio dalla ricorrenza cinquantenaria. Nell'implorare la materna protezione della Vergine Maria, di cuore imparto a voi qui presenti e a tutti i Volontari della Sofferenza, come pure ai Silenziosi Operai della Croce ed ai membri della Lega Sacerdotale Mariana, una speciale Benedizione Apostolica.

PAROLE DI GIOVANNI PAOLO II


AL TERMINE DELLA RECITA DEL SANTO ROSARIO


Cortile del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo

Sabato, 6 settembre 1997




With heartfelt sympathy I join the Students of the University of Dallas who are here to pray for the eternal rest of their classmate. I commend your friend to our Heavenly Father's eternal love, and I ask the Lord to comfort his family and all who mourn him with an increase of faith in the power of Jesus' resurrection.

213 Rivolgo il mio cordiale saluto a tutti voi, che avete preso parte alla recita del Santo Rosario in questo primo sabato di settembre, e lo estendo a quanti si sono uniti a noi mediante la radio e la televisione.

Dopodomani la Chiesa celebra la Natività di Maria: una festa molto cara al popolo cristiano, festa patronale in numerose comunità parrocchiali. Affidiamo alla Madre della Chiesa il nuovo anno pastorale, che è agli inizi.


PER LA CERIMONIA DI PRESENTAZIONE


DELL'EDIZIONE TIPICA LATINA


DEL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA


ALLA CHIESA E AL MONDO


Festa della Natività di Maria Santissima - Lunedì, 8 settembre 1997




Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Con questa solenne cerimonia, desidero oggi presentare ufficialmente alla Chiesa e al mondo l'edizione tipica latina del Catechismo della Chiesa Cattolica, che il 15 agosto scorso, solennità della Beata Vergine Maria assunta in cielo, ho approvato e promulgato con la Lettera Apostolica Laetamur magnopere.

Esprimo, anzitutto, un profondo sentimento di gratitudine a Dio Onnipotente, che, con l'assistenza illuminante e corroborante del Suo Spirito, ha guidato e sorretto il cammino di elaborazione del Catechismo, iniziato oltre dieci anni or sono, ed ora giunto finalmente al suo compimento.

Ringrazio vivamente i Signori Cardinali, gli Arcivescovi ed i Vescovi Membri delle varie Commissioni che hanno lavorato a questa impresa, e che oggi insieme con me raccolgono il frutto di tale intenso e proficuo lavoro. Un grazie particolare rivolgo di tutto cuore al carissimo Signor Cardinale Joseph Ratzinger, che ha interpretato poc'anzi i sentimenti di tutti i presenti e che, nel corso di questi anni, ha presieduto i lavori, guidandoli e coordinandoli con saggezza encomiabile fino alla loro felice conclusione.

Affido ora questo testo definitivo e normativo a tutta la Chiesa, in particolare ai Pastori delle varie diocesi sparse nel mondo: sono infatti essi i principali destinatari di questo Catechismo. In un certo senso si potrebbe a ragione applicare a questa circostanza l'espressione paolina: "Io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso" (1Co 11,23). La cerimonia odierna costituisce, in effetti, un punto di arrivo, ma, nello stesso tempo, essa segna un nuovo «punto di partenza», giacché il Catechismo, ormai ultimato, va meglio e più ampiamente conosciuto, accolto, diffuso e, soprattutto, reso prezioso strumento di lavoro quotidiano nella pastorale e nell'evangelizzazione.

2. Molteplice e complementare è l'uso, che si può e si deve fare di questo testo, perché esso diventi sempre più «punto di riferimento» per tutta l'azione profetica della Chiesa, soprattutto in questo tempo in cui s'avverte, in maniera forte e urgente, la necessità di un nuovo slancio missionario e di un rilancio della catechesi.

214 Il Catechismo, infatti, aiuta "ad approfondire la conoscenza della fede . . ., è orientato alla maturazione di questa fede, al suo radicamento nella vita e alla sua irradiazione attraverso la testimonianza" (CCC, CEC 23) di tutti i membri della Chiesa. Esso rappresenta un valido e sicuro strumento per i presbiteri nella loro formazione permanente e nella predicazione; per i catechisti nella loro preparazione remota e prossima al servizio della Parola; per le famiglie nel loro cammino di crescita verso la piena esplicazione delle potenzialità insite nel sacramento del matrimonio.

I teologi potranno trovare nel Catechismo un autorevole riferimento dottrinale per la loro infaticabile ricerca. Essi sono chiamati a svolgere nei suoi confronti un prezioso servizio, sia approfondendo la conoscenza dei contenuti in esso esposti in modo essenziale e sintetico, sia esplicitando maggiormente le motivazioni sottese alle affermazioni dottrinali, sia evidenziando i profondi nessi che legano fra loro le varie verità, così da far risaltare sempre più "la meravigliosa unità del mistero di Dio, del suo disegno di salvezza, come pure la centralità di Gesù Cristo, l'Unigenito Figlio di Dio, mandato dal Padre, fatto uomo nel seno della Vergine Maria per opera dello Spirito Santo, per essere il nostro Salvatore" (Giovanni Paolo II, Fidei depositum, n. 3).

Il Catechismo si presenta, altresì, quale prezioso sussidio per l'aggiornamento sistematico di coloro che lavorano nei molteplici campi dell'azione ecclesiale. Più in generale, esso sarà quanto mai utile per la formazione permanente di ogni cristiano, il quale, consultandolo sia in modo continuo che saltuario, potrà riscoprire la profondità e la bellezza della fede cristiana, e sarà condotto ad esclamare con le parole della Liturgia battesimale: "Questa è la nostra fede. Questa è la fede della Chiesa. E noi ci gloriamo di professarla, in Cristo Gesù nostro Signore" (Rituale Romanum, Rito della celebrazione del Battesimo).

Non sono pochi, poi, coloro che hanno già trovato in questo Catechismo anche un prezioso strumento per la preghiera personale e comunitaria, per promuovere e qualificare i diversi e complementari itinerari di spiritualità, per ridare nuovo vigore alla loro vita di fede. Non va, inoltre, sottaciuto il valore ecumenico del Catechismo. Come già attestano numerose positive testimonianze di Chiese e Comunità ecclesiali, esso è in grado di "dare un sostegno agli sforzi ecumenici animati dal santo desiderio dell'unità di tutti i cristiani, mostrando con esattezza il contenuto e l'armoniosa coerenza della fede cattolica" (cfr Fidei depositum, n. 4). Ma anche a coloro che si interrogano e sono in difficoltà nella loro fede, oppure a quanti non credono affatto o non credono più, il Catechismo è in grado di offrire un valido aiuto, illustrando ciò che la Chiesa Cattolica crede e cerca di vivere, e fornendo stimoli illuminanti nella ricerca della Verità.

3. Il Catechismo della Chiesa Cattolica deve, in particolare, costituire un testo di riferimento sicuro e di guida autorevole per l'elaborazione dei vari Catechismi locali (cfr Ibid., n. 4). Lodevole è stato, a questo riguardo, l'impegno di Vescovi e di intere Conferenze Episcopali nell'approntare catechismi locali, avendo come «punto di riferimento» il Catechismo della Chiesa Cattolica. Occorre proseguire su questa via con vigile attenzione e instancabile perseveranza.

Come ho avuto modo di fare in altre circostanze, rinnovo qui un fervido incoraggiamento alle Conferenze Episcopali, perché intraprendano, con prudente pazienza ma anche con coraggiosa risolutezza, questo imponente lavoro, che va compiuto d'intesa con la Sede Apostolica. Si tratta di redigere catechismi fedeli ai contenuti essenziali della Rivelazione ed aggiornati per quanto riguarda la metodologia, capaci di educare ad una fede solida le generazioni cristiane dei tempi nuovi.

Anche se, in casi particolari, il Catechismo della Chiesa Cattolica può essere utilizzato come testo catechistico nazionale e locale, si rende tuttavia necessario, ove ciò non sia ancora avvenuto, procedere all'elaborazione di catechismi nuovi, che, mentre presentano fedelmente e integralmente il contenuto dottrinale del Catechismo della Chiesa Cattolica, privilegino percorsi educativi differenziati e articolati, secondo le attese dei destinatari. Questi catechismi, avvalendosi anche delle preziose indicazioni fornite dal nuovo "Direttorio Generale per la Catechesi", di prossima pubblicazione, sono chiamati ad attuare quegli "adattamenti dell'esposizione e dei metodi catechistici che sono richiesti dalle differenze di cultura, di età, di vita spirituale, di situazione sociale ed ecclesiale di coloro cui la catechesi è rivolta" (CEC 24). Si ripeterà così in qualche modo la stupenda esperienza del tempo apostolico, quando ogni credente sentiva annunciare nella propria lingua le grandi opere di Dio (cfr Ac 2,11) e, nello stesso tempo, si renderà ancor più tangibile la cattolicità della Chiesa, attraverso l'annuncio della Parola nelle molteplici lingue del mondo, formando "come un coro armonioso, che, sostenuto dalle voci di sterminate moltitudini di uomini, si leva secondo innumerevoli modulazioni, timbri e intrecci per la lode di Dio, da ogni punto del globo, in ogni momento della storia" (Giovanni Paolo II, Slavorum Apostoli, n. 17). Lungi, pertanto, dallo scoraggiare o addirittura sostituire i catechismi locali, il Catechismo della Chiesa Cattolica ne richiede, promuove e guida l'elaborazione.

4. Invito clero e fedeli ad un contatto frequente e intenso con questo Catechismo, che affido in modo speciale a Maria Santissima, della cui Natività celebriamo oggi la festa. E prego perché, come la nascita della Vergine costituì, all'inizio della nuova era, un momento fondamentale nel piano predisposto da Dio per l'Incarnazione del Suo Figlio, così questo Catechismo, preparato alle soglie del terzo millennio, possa diventare un utile strumento per introdurre la Chiesa ed ogni singolo fedele nella contemplazione sempre più profonda del mistero del Verbo di Dio fatto Uomo.

Con tali sentimenti, ringraziando quanti hanno partecipato alla redazione ed alla traduzione del Catechismo della Chiesa cattolica, imparto una speciale Benedizione Apostolica a ciascuno di voi e a tutti coloro ai quali questo testo è destinato.


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