GP2 Discorsi 1997 235


AI PARTECIPANTI AL CONGRESSO INTERNAZIONALE


DEI GIOVANI RELIGIOSI E RELIGIOSE


Martedì, 30 settembre 1997




Carissimi giovani consacrati e consacrate!

1. E' per me di grande conforto incontrarmi con voi, convenuti qui a Roma da ogni parte del mondo, in occasione del Congresso Internazionale dei Giovani Religiosi e Religiose. Saluto il Signor Cardinale Eduardo Martínez Somalo, Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica e lo ringrazio per le cordiali parole che a nome di tutti voi ha voluto poc'anzi indirizzarmi. Saluto il Reverendo Padre Camilo Maccise e la Reverenda Madre Giuseppina Fragasso, Presidenti rispettivamente delle Unioni dei Superiori e delle Superiore Generali. Essi hanno promosso l'odierno appuntamento, che vede riuniti per la prima volta giovani appartenenti a tante famiglie religiose, in un momento significativo della storia della Chiesa e della vita consacrata. Rivolgo il mio saluto ai Superiori e alle Superiore generali dei vari Istituti qui rappresentati.

Saluto specialmente voi, cari giovani consacrati e consacrate. Alcuni di voi si sono fatti interpreti dei sentimenti di tutti e mi hanno manifestato le attese e i generosi desideri che animano la vostra giovinezza consacrata a Dio ed alla Chiesa. La vostra presenza così numerosa e festante non può non richiamare alla memoria l'immagine ancora fresca nella mia mente e cara al mio cuore della XII Giornata Mondiale della Gioventù celebrata a Parigi nello scorso mese di agosto. Come quella folla entusiasta di giovani, voi rappresentate, attraverso la consacrazione a Dio che "allieta la giovinezza", la manifestazione ricca ed esaltante della perenne vitalità dello spirito.

2. Noto con piacere un motivo di continuità tra l'evento di Parigi ed il presente Congresso, felicemente messo in luce dalle tematiche dei due incontri. Se il tema della Giornata Mondiale della Gioventù, infatti, era proposto dalle parole del Vangelo di Giovanni: "Maestro dove abiti?" "Venite e vedrete" (Jn 1,38-39), quello del vostro Congresso indica l'accoglienza dell'invito rivolto da Gesù ai discepoli culminato nell'annuncio pasquale della scoperta decisiva del Risorto: "Abbiamo visto il Signore" (Jn 20,25).

Voi siete privilegiati testimoni di questa formidabile verità di fronte al mondo intero: il Signore è risorto e si fa compagno di viaggio dell'uomo pellegrino lungo le strade della vita, finché i sentieri del tempo non incroceranno la via dell'Eterno, quando "lo vedremo così come egli è" (1Jn 3,2).

La vita consacrata riveste così un carisma profetico perché è protesa tra l'esperienza dell'"aver visto il Signore" e la certa speranza di vederlo ancora "così come Egli è". E' un cammino che voi avete iniziato e che vi porterà progressivamente ad assumere i medesimi sentimenti di Cristo Gesù (cfr Ph 2,5). Lasciate che il Padre, mediante l'azione dello Spirito, plasmi nei vostri cuori e nelle vostre menti lo stesso sentire del Figlio suo. Voi siete chiamati a vibrare della sua medesima passione per il Regno, ad offrire come lui le vostre energie, il vostro tempo, la giovinezza e l'esistenza per il Padre e i fratelli. Apprenderete in tal modo un'autentica sapienza di vita.

236 Questa sapienza, cari giovani, è il sapore del mistero di Dio e il gusto dell'intimità divina, ma è anche la bellezza dello stare insieme in nome suo, è l'esperienza di una vita casta, povera ed obbediente spesa per la sua gloria, è l'amore per i piccoli e i poveri e la trasfigurazione della vita alla luce delle beatitudini. Questo è il segreto della gioia di tanti religiosi e religiose, gioia sconosciuta al mondo e che voi avete il dovere di comunicare agli altri vostri fratelli e sorelle mediante la testimonianza luminosa della vostra consacrazione.

3. Carissimi, quanta ricchezza spirituale c’è nella vostra storia, quale eredità preziosa è affidata alle vostre mani. Ma ricordatelo: tutto ciò vi è stato dato non solo per la vostra perfezione, ma perché sia da voi posto a disposizione della Chiesa e dell’umanità, affinché costituisca motivo di sapienza e beatitudine per tutti.

Così ha fatto santa Teresa di Lisieux, con la sua «piccola via» che è un’autentica teologia dell’amore. Questa giovane come voi è riuscita a trasmettere a tantissime anime la bellezza della confidenza e dell’abbandono in Dio, della semplicità dell’infanzia evangelica, dell’intimità con il Signore da cui sgorgano spontaneamente comunione fraterna e servizio al prossimo. La piccola grande Teresa del Bambino Gesù e del Volto Santo sarà proclamata Dottore della Chiesa proprio per questo: perché con la «teologia del cuore» ha saputo indicare, in termini accessibili a tutti, una strada sicura per cercare Dio e lasciarsi trovare da lui.

Questa è anche l’esperienza di tanti vostri fratelli e sorelle del passato e del presente. Essi hanno saputo incarnare, nel silenzio e nel nascondimento, l’anima tipicamente apostolica della vita religiosa, in particolare quella straordinaria capacità della persona consacrata di unire l’intensità della contemplazione e dell’amore per Dio con l’ardore della carità verso i poveri e i bisognosi, verso quelli che il mondo spesso emargina e rifiuta.

4. Il vostro Congresso non è dunque solo un convegno di giovani e per giovani religiosi, ma diviene annuncio e testimonianza profetica per tutti. Voi siete venuti da ogni parte del mondo per riflettere sui temi centrali della vita consacrata: vocazione, spiritualità, comunione e missione. Voi intendete altresì condividere le vostre esperienze, in un clima di preghiera e di gioiosa fraternità. Questo è un modo vivo di proporre la vita consacrata come l’anima sempre giovane della Chiesa.

Numerosi e giovani come siete, voi offrite un’immagine vivace ed attuale della vita consacrata. Certo, sono ben note le sfide che essa oggi è chiamata ad affrontare, specie in alcuni Paesi. Tra queste, l’invecchiamento dei religiosi e delle religiose, la riorganizzazione delle opere, il ridimensionamento delle presenze, il calo numerico delle vocazioni. Sono certo però che lo Spirito Santo non manca di suscitare e animare in tanti giovani come voi, la vocazione alla dedizione totale a Dio nelle forme tradizionali della vita religiosa ed in forme nuove e originali.

5. Vi ringrazio, carissimi, d’essere venuti a trovarmi. Con l’entusiasmo e la gioia che esprimete, prima ancora che con la vostra età, voi ringiovanite la Chiesa. Vorrei che leggeste nel mio cuore l’affetto e la stima che nutro per ciascuno di voi. Il Papa vi vuole bene, ha fiducia in voi, prega per voi ed è sicuro che sarete capaci non solo di ricordare e raccontare la gloriosa storia che vi ha preceduti, ma pure di costruirla nel futuro che lo Spirito sta preparando per voi (cfr Vita consecrata
VC 110).

Mentre ci disponiamo ad entrare nell’anno dello Spirito Santo in preparazione al grande Giubileo del 2000, affidiamo proprio allo Spirito del Padre e del Figlio il grande dono della vita consacrata e tutti coloro che in ogni angolo della terra si pongono generosamente alla sequela di Cristo casto, povero ed obbediente. Invochiamo per questo l’intercessione dei Santi Fondatori e Fondatrici dei vostri Istituti; invochiamo soprattutto l’aiuto di Maria, la Vergine consacrata.

6. Maria, giovane figlia d'Israele, Tu che hai risposto subito "sì" alla proposta del Padre, rendi questi giovani attenti ed obbedienti alla volontà di Dio. Tu che hai vissuto la verginità come accoglienza totale dell'amore divino, fa scoprire loro la bellezza e la libertà di una esistenza vergine. Tu che nulla hai posseduto per essere ricca solo di Dio e della sua Parola, libera il loro cuore da ogni attaccamento mondano, perché il Regno di Dio sia il loro unico tesoro, l'unica loro passione.

Giovane figlia di Sion, che sei rimasta sempre vergine nel tuo cuore innamorato di Dio, mantieni in loro e in tutti noi la perenne giovinezza dello spirito e dell'amore. Vergine dei dolori, che sei rimasta presso la croce del Figlio, genera in ciascuno dei tuoi figli, come nell'apostolo Giovanni, l'amore più forte della morte. Vergine Madre del Risorto, rendici tutti testimoni della gioia del Cristo vivente in eterno.

Di cuore tutti vi benedico.

237                                                                         Ottobre 1997

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AL VESCOVO DI LEIRIA-FÁTIMA


PER L'80° ANNIVERSARIO DELLE APPARIZIONI




Venerabile Fratello
Serafim de Sousa Ferreira e Silva
Vescovo di Leiria-Fátima

Fraterni saluti in Cristo Signore!

L'ottantesimo anniversario di quel 13 ottobre 1917, quando vi fu nel cielo la prodigiosa «danza del sole» è l'occasione propizia per rivolgermi, in spirito, data l'impossibilità di farlo fisicamente, a questo Santuario con una preghiera alla Madre di Dio per la preparazione del popolo cristiano, e in un certo senso dell'umanità intera, al Grande Giubileo dell'Anno 2000, e con un appello alle famiglie e alle comunità ecclesiali per una recita quotidiana del Rosario.

Alle soglie del Terzo Millennio, osservando i segni dei tempi in questo XX secolo, quello di Fatima appare come uno dei più grandi, anche perché annuncia nel suo messaggio molti dei segni successivi ed invita a vivere i loro appelli; segni come le due guerre mondiali, ma anche grandi assemblee di Nazioni e di popoli sotto il segno del dialogo e della pace; l'oppressione e le agitazioni vissute da diversi Paesi e popoli, ma anche la voce e le opportunità date a popolazioni e a genti che nel frattempo si levarono nell'Arena internazionale; le crisi, le diserzioni e le tante sofferenze dei membri della Chiesa, ma anche un rinnovato e intenso senso di solidarietà e di reciproca dipendenza nel Corpo Mistico di Cristo, che si sta consolidando in tutti i battezzati, conformemente alla loro vocazione e missione; l'allontanamento da Dio e il Suo abbandono da parte degli individui e delle società, ma anche un'irruzione dello Spirito di Verità nei cuori e nelle comunità fino a giungere all'immolazione e al martirio per salvare l'immagine e la somiglianza di Dio nell'uomo (cfr Gn 1,27), per salvare l'uomo dall'uomo. Fra questi ed altri segni dei tempi, come ho detto, risalta Fatima, che ci aiuta a vedere la mano di Dio, Guida provvidenziale e Padre paziente e misericordioso anche di questo XX secolo.

Leggendo, a partire da Fatima, come l'uomo si è allontanato da Dio, conviene ricordare che non è questa la prima volta che Egli, sentendosi rifiutato e respinto dall'uomo, dà la sensazione, nel rispetto della libertà degli uomini, di allontanarsi con il conseguente oscuramento della vita, che fa scendere la notte sulla Storia, ma solo dopo aver fornito un riparo. Così accadde nel Calvario, quando Dio fattosi uomo fu crocifisso e morì per mano degli uomini. Cosa fece Cristo? Dopo aver invocato la clemenza del cielo con le parole «Padre perdonali, perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34), affidò l'umanità a Maria, sua Madre: «Donna, ecco il tuo figlio!» (Jn 19,26). Una lettura simbolica di questo quadro evangelico permetterebbe di veder riflessa in esso la scena finale dell'esperienza, nota e frequente, del figlio che, sentendosi incompreso, confuso o indignato, abbandona la casa paterna per addentrarsi nella notte . . . È lo scialle della madre che lo copre nel sonno gelido, ponendo rimedio alla disperazione e alla solitudine. Sotto il manto materno che, da Fatima, si estende su tutta la terra, l'umanità sente tornare la nostalgia della Casa del Padre e del Suo Pane (cfr Lc 15,17). Amati pellegrini, come se poteste abbracciare tutta l'umanità, vi chiedo di dire, in suo nome e per essa: «Ci affidiamo alla tua protezione, Santa Madre di Dio. Non disprezzare le nostre suppliche nelle nostre necessità, ma liberaci da tutti i pericoli, o Vergine gloriosa e benedetta».

«Donna, ecco il tuo figlio!». Così parlò Gesù a sua Madre, pensando a Giovanni, il discepolo amato che si trovava anche lui ai piedi della croce. La croce, chi non l'ha? Portarla ogni giorno, seguendo i passi del Maestro, è la condizione che il Vangelo c'impone (cfr Lc 9,23), certamente come una benedizione di salvezza (cfr 1Co 1,23-24). Il segreto sta nel non perdere di vista il Primo Crocefisso, Colui al quale il Padre rispose con la gloria della risurrezione, e che inaugurò questo pellegrinaggio di beati. Questa contemplazione ha assunto la forma semplice ed efficace della meditazione dei misteri del Rosario, consacrata popolarmente e raccomandata con grande insistenza dal Magistero della Chiesa. Carissimi fratelli e sorelle, recitate il Rosario tutti i giorni! Chiedo vivamente ai Pastori di recitare e di insegnare a recitare il Rosario nelle loro comunità cristiane. Per il fedele e coraggioso adempimento dei doveri umani e cristiani propri della condizione di ognuno, aiutate il Popolo di Dio a ritornare alla recita quotidiana del Rosario, questo dolce colloquio dei figli con la Madre che hanno accolto nella loro casa (cfr Jn 19,27).

Unendomi a questo colloquio e facendo mie le gioie e le speranze, le tristezze e le afflizioni di ognuno, saluto fraternamente quanti prendono parte, fisicamente o spiritualmente, a questo pellegrinaggio di ottobre, invocando per tutti, ma in modo particolare per i malati, il conforto e la forza di Dio, affinché accettino di completare nella propria carne ciò che manca alle sofferenze di Cristo (cfr Col 1,24), ricordando quel «mistero certamente tremendo, né mai abbastanza meditato: che cioè la salvezza di molti dipende dalle preghiere e dalle volontarie mortificazioni, a questo scopo interpretate dal Mistico Corpo di Gesù Cristo e dalla cooperazione dei Pastori e dei fedeli, soprattutto dei padri e delle madri di famiglia, in collaborazione col divino Salvatore» (Pio XII, Mistici Corporis, 1º Parte, II § 22). A tutti, Pastori e fedeli, serva d'incoraggiamento la mia Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 1° ottobre 1997

IOANNES PAULUS PP. II


MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


ALL'EM.MO CARD. ROGER ETCHEGARAY


IN OCCASIONE DELL'INCONTRO INTERNAZIONALE


DI PREGHIERA"UOMINI E RELIGIONI" PROMOSSO


DALLA COMUNITA' DI S. EGIDIO




238 Al venerato Fratello
Roger Cardinale Etchegaray
Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace

1. Mi è particolarmente gradito far giungere, per suo tramite, il mio cordiale saluto e l'espressione della mia stima agli illustri Rappresentanti delle Chiese e Comunità cristiane e delle grandi Religioni mondiali, riuniti in occasione dell'incontro internazionale di preghiera che ha per tema: "La pace è il nome di Dio".

Sono passati dodici anni da quando si tenne ad Assisi, alla fine del mese di ottobre, la storica giornata di preghiera per la pace. Desiderai molto quell'incontro. Di fronte al dramma di un mondo diviso e soggetto all'immane minaccia della guerra, non poteva non sgorgare dal cuore di ogni credente un corale grido verso il Dio della pace! Raccolti sul monte di Assisi, pregammo tutti per un futuro migliore a vantaggio dell'intera umanità.

All'indomani di quella significativa giornata esortai tutti a perseverare nella diffusione del messaggio di pace e nell'impegno di vivere lo "spirito di Assisi", in modo che ciò costituisse l'avvio di un cammino di riconciliazione sempre più vasto e partecipato.

2. Oggi sono lieto di constatare come la dinamica di pace, che ad Assisi ha ricevuto un singolare impulso, si sia arricchita in ampiezza ed in profondità. Ringrazio di cuore la Comunità di Sant'Egidio, che con entusiasmo e fedeltà ha raccolto lo "spirito di Assisi" ed attorno ad esso ha continuato a far convergere credenti di ogni Religione e di ogni continente, invitandoli a riflettere ed a pregare per la pace. Si è così formato e consolidato un pellegrinaggio di persone di buona volontà, desiderose di mostrare ai propri fratelli il nome pacifico di Dio, il quale intende salvaguardare e promuovere la vita di ogni creatura ragionevole.

Questa simbolica marcia della pace fa tappa, quest'anno, prima a Padova e poi a Venezia. Mi unisco spiritualmente ad essa e rivolgo anzitutto un affettuoso pensiero al Cardinale Marco Cè, Patriarca di Venezia, ed a Monsignor Antonio Mattiazzo, Arcivescovo- Vescovo di Padova, che ospitano così importante iniziativa. Saluto, altresì, le Comunità cristiane del Veneto, che hanno svolto nel corso dei secoli un'importante funzione di ponte tra Oriente ed Occidente. La storia insegna quanto sia prezioso e proficuo l'incontro tra i popoli, e quanto sia importante eliminare con decisa volontà conflitti, divisioni e contrasti, per far spazio alla cultura della tolleranza, dell'accoglienza e della solidarietà.

Questo processo di pace deve conoscere un'accelerazione ora che mancano soltanto due anni all'alba del nuovo Millennio. Nella prospettiva di quella storica data, l'attesa si fa carica di riflessione e di speranza. Se consideriamo i secoli passati e, soprattutto, questi ultimi cento anni, non è difficile scorgere, insieme alle luci, non poche ombre. Come non ricordare le immani tragedie che si sono abbattute sull'umanità durante il secolo che sta per chiudersi? E' ancora viva la memoria delle due guerre mondiali, con gli atroci stermini da esse provocati. E persistono purtroppo, ancora oggi, violente e crudeli stragi di uomini, donne e bambini inermi. Per il credente, come per ogni uomo di buona volontà, tutto ciò è inaccettabile! Si può forse restare inerti di fronte a tali drammi? Essi costituiscono per ogni uomo ed ogni donna di retto sentire un richiamo pressante all'impegno di preghiera e di testimonianza per la pace.

3. Avevo ben presenti nell'animo queste preoccupanti situazioni quando, nel messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di quest'anno, scrivevo: "E' tempo che ci si decida ad intraprendere insieme e con animo risoluto un vero pellegrinaggio di pace, ciascuno a partire dalla concreta situazione in cui si trova. Le difficoltà sono a volte assai grandi: l'appartenenza etnica, la lingua, la cultura, la credenza religiosa costituiscono spesso altrettanti ostacoli. Camminare insieme, quando si hanno alle spalle esperienze traumatiche o addirittura divisioni secolari, non è impresa da poco" (n. 1).

La fede, dono di Dio, non rende certo i credenti estranei alle difficoltà della storia. Al contrario, essa li spinge ad operare con ogni mezzo, perché cresca la consapevolezza della comune responsabilità nel costruire la pace. E' quanto mai necessario abbandonare la "cultura della guerra" per sviluppare una solida e durevole "cultura della pace". A tale impresa i credenti sono chiamati ad offrire il loro peculiare contributo. Non bisogna mai dimenticare che le guerre sono comunque tragedie, che lasciano dietro di sé vittime e distruzioni, odi e vendette, anche quando pretendono di soffocare le contese e risolvere i conflitti.

239 4. Al riguardo, i responsabili delle varie Religioni possono offrire un contributo determinante. Levando alta la voce contro le guerre e affrontando coraggiosamente i rischi che da esse derivano. Essi, inoltre, possono arginare i rigurgiti di violenza che periodicamente si manifestano. non assecondando quanti prefigurano scontri tra aderenti a credenze diverse ed agendo per sradicare le radici amare della diffidenza, dell'odio e dell'inimicizia. Sono proprio questi i sentimenti che stanno all'origine di molti conflitti. Essi nascono e prosperano sul terreno dell'estraneità ed è in questo ambito che bisogna intervenire con decisione e coraggio.

Vincere le tante incomprensioni che separano e oppongono gli uomini tra loro: ecco il compito urgente a cui sono chiamate tutte le Religioni! La riconciliazione sincera e duratura è la via da perseguire per dare vita ad una pace autentica, fondata sul rispetto e sulla reciproca comprensione. Essere artigiani solerti della pace: questo è l'impegno di ogni credente, soprattutto nella fase storica che l'umanità sta vivendo alle soglie ormai del Terzo Millennio.

Venezia rappresenta in questi giorni un singolare tassello di speranza nell'opera di costruzione della pace. Il Dio della giustizia e della pace benedica e protegga quanti in questi giorni si impegnano a testimoniare tra le care popolazioni del Veneto lo "spirito di Assisi", facendosi costruttori di solidarietà per un mondo più giusto e fraterno.

Mentre affido a Lei, Signor Cardinale, l'incarico di esprimere agli illustri Rappresentanti provenienti dalle varie parti del mondo e a tutti i Partecipanti a tale importante incontro la mia più sentita solidarietà, assicuro un particolare ricordo nella preghiera e tutti cordialmente saluto.

Dal Vaticano, 1° ottobre 1997

IOANNES PAULUS PP. II



VIAGGIO APOSTOLICO A RIO DE JANEIRO, IN OCCASIONE DEL

II INCONTRO MONDIALE CON LE FAMIGLIE (2-6 OTTOBRE 1997)

PAROLE DI GIOVANNI PAOLO II

AI GIORNALISTI DURANTE IL VOLO


DA ROMA A RIO DE JANEIRO


Giovedì, 2 ottobre 1997




La guerra civile in Algeria, la piaga dell'antisemitismo, la Seconda Guerra Mondiale. Sono alcuni dei temi toccati da Giovanni Paolo II nell'incontro con i giornalisti svoltosi durante il volo da Roma a Rio de Janerio. Il Santo Padre ha esordito passando in rassegna i pellegrinaggi apostolici compiuti nel corso dell'anno.

Sarajevo il 13 aprile; l'anniversario di sant'Adalberto nella Repubblica Ceca; il Libano in maggio per concludere la parte celebrativa dell'Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per il Libano; la Polonia e il lungo viaggio di 10 giorni. Nella seconda parte di quest'anno, vi è stato l'incontro con i giovani a Parigi, a fine agosto, poi la visita a Bologna per partecipare al Congresso Eucaristico Nazionale e, adesso, vedremo come andrà questo incontro mondiale con le famiglie.

Rispondendo ad un giornalista che gli ha chiesto se per l'Algeria è ipotizzabile una forma di ingerenza umanitaria da parte della comunità internazionale, Giovanni Paolo II ha poi detto:

Si deve provare. Ieri ho incontrato il confratello dei cistercensi assassinati, l'unico superstite della strage. Le uccisioni continuano, ci sono i terroristi, c'è il terrorismo. Si devono cercare dei metodi di persuasione, tanto più che anche nel mondo musulmano il terrorismo non è ben visto e i musulmani non vogliono essere visti come terroristi.

L'olocausto è una cosa chiara e su questo non ci sono problemi. Ma non bisogna scordare che nel mondo ci sono stati altri olocausti ed anche questi non vanno dimenticati.

240 Un giornalista ha poi rivolto al Santo Padre una domanda circa l'opportunità di abbinare l'esibizione di alcuni cantanti al Congresso Eucaristico Nazionale di Bologna.

L'iniziativa non era tanto rischiosa. Se uno seguiva un po' il canto si poteva anche chiedere: “Ma dove siamo”? “È il Congresso Eucaristico di Bologna”? Ma alla fine è stato possibile chiarire tutto: il Congresso Eucaristico e l'incontro con i giovani. I canti erano interessanti e belli.

Ad un altro giornalista che ha chiesto se una decisione sulla cosiddetta commissione etica mista per l'aborto verrà presa congiuntamente ai Vescovi tedeschi entro l'autunno il Papa ha risposto:

Sì. Con i Vescovi ho contatti continui e abbiamo molti problemi da trattare insieme. In genere tutto termina bene.

Giovanni Paolo II, rispondendo ad una domanda in inglese, ha quindi sottolineato che

è necessario seguire la via normale

anche per il processo di canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta ed ha concluso il suo incontro con i giornalisti presenti sull'aereo rispondendo ad una domanda circa l'opportunità che tutta la Chiesa chieda perdono, come hanno recentemente fatto i Vescovi francesi, per il periodo della Seconda Guerra Mondiale.

Abbiamo già chiesto perdono varie volte per il passato e per il presente. È interessante che sono sempre il Papa e la Chiesa a chiedere perdono. Gli altri restano in silenzio.

Ma forse è giusto così.

VIAGGIO APOSTOLICO A RIO DE JANEIRO, IN OCCASIONE DEL

II INCONTRO MONDIALE CON LE FAMIGLIE (2-6 OTTOBRE 1997)

CERIMONIA DI BENVENUTO


Aeroporto «do Galeão» (Rio de Janeiro) - Giovedì, 2 Ottobre 1997



Signor Presidente,

241 1. Ho il grande piacere di porgere a Vostra Eccellenza, nella sua qualità di Capo e di rappresentante supremo della grande Nazione brasiliana, i miei più rispettosi saluti. Ringrazio di cuore per la gentilezza che ha mostrato nell'accogliermi. È per me un onore e un piacere trovarmi nuovamente in Brasile, in mezzo a questo Popolo, la cui ammirevole ospitalità e la contagiosa allegria mi sono ben note.

Saluto anche voi, venerabili Fratelli nell'Episcopato. In primo luogo, il Signor Cardinale Arcivescovo di São Sebastião di Rio de Janeiro e i suoi Vescovi Ausiliari, la cui Arcidiocesi mi offre accoglienza in occasione del Secondo Incontro Mondiale del Successore di Pietro con le Famiglie; i miei affettuosi saluti vanno anche al Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia e a tutto il Consiglio Episcopale Latinoamericano, come pure alla Presidenza della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile che, in segno di fraterna solidarietà, sono venuti qui per collaborare e raccogliere i frutti di questi giorni di fraternità, che con l'aiuto di Dio, porteranno ai Paesi nei quali svolgono il loro ministero. Rivolgo anche il mio affettuoso saluto ai membri rappresentanti della Pastorale Familiare, che sono venuti qui ad accogliermi con questo simpatico gruppo di bambini e di giovani. In verità, lasciatemelo dire. . ., sono qui per voi, sono venuto per stare con voi e con voi desidero stare!

Saluto con immenso affetto i rappresentanti del Popolo brasiliano, i membri del Governo, le personalità civili e militari, e tutti coloro che sono qui riuniti. Vi ringrazio molto per avermi voluto ricevere così amorevolmente al mio arrivo, per questo pellegrinaggio apostolico, che considero parte del mio ministero universale. Il dinamismo della nostra fede risveglia sempre più il senso di fratellanza e di armoniosa collaborazione, per una convivenza pacifica al fine di dare impulso e consolidare gli sforzi a favore di un progresso ordinato, che interessi tutte le famiglie e tutte le categorie sociali, conformemente ai principi della giustizia e della carità cristiane.

2. Oggi vengo nuovamente in Brasile, per celebrare il Secondo Incontro Mondiale delle Famiglie. Ringrazio la Provvidenza per avermi consentito di essere qui in questo Paese dalle dimensioni di un continente, che grazie alle ricchezze della sua terra e del suo sottosuolo e al genio imprenditoriale del suo popolo, si pone all'avanguardia fra le più grandi Potenze del mondo. La tradizione culturale e la fede della sua gente hanno segnato l'evolversi della sua storia, che alla vigilia del Terzo Millennio fa sperare in un futuro promettente. Certamente, gli squilibri sociali, la distribuzione ineguale e ingiusta delle risorse economiche, che genera conflitti nelle città e nelle campagne, la necessità di una vasta diffusione delle strutture sanitarie e culturali di base, i problemi dell'infanzia abbandonata delle grandi città, per non citarne altri, costituiscono per i suoi governanti una sfida di proporzioni enormi. Auspico che i valori del patrimonio culturale e religioso della Nazione brasiliana servano da base per promuovere decisioni giuste in difesa dei valori della famiglia e della Patria.

In tale contesto, desidero estendere l'espressione della mia stima e del mio affetto anche a due componenti del Paese. In primo luogo ai popoli indigeni discendenti di coloro che abitavano questa terra, prima che vi giungessero gli scopritori e i colonizzatori. Essi hanno contribuito, con la loro cultura, a infondere in quella brasiliana un profondo senso della famiglia, del rispetto per gli antenati, dell'intimità e dell'affetto domestico. Meritano tutta la nostra attenzione perché possano vivere con dignità questa loro cultura. Esprimo gli stessi sentimenti alla parte afro- brasiliana - numerosa ed estremamente significativa - della popolazione di questa terra. Per la loro considerevole presenza nella storia e nella formazione culturale del Paese, questi brasiliani di origine africana meritano, hanno diritto e possono, a ragione, chiedere ed aspettarsi il massimo rispetto dei tratti fondamentali della loro cultura per continuare, attraverso di essi, ad arricchire quella della intera Nazione, nella quale sono perfettamente integrati come cittadini a pieno titolo.

Fratelli e Sorelle del Brasile, dell'America e del mondo intero! Invoco su tutti l'abbondanza della grazia divina: che Dio vi benedica e effonda sulle Nazioni di tutti i Continenti pace e prosperità! Cristo Redentore, che dall'alto del Corcovado apre le sue braccia a formare una croce, illumini le famiglie, le comunità ecclesiali e la società temporale con la Luce che viene dall'Alto, e conceda a tutti, per intercessione di Nostra Signora di Guadalupe, Patrona dell'America Latina, tutto ciò che di buono desidera il loro cuore.

Grazie!

VIAGGIO APOSTOLICO A RIO DE JANEIRO, IN OCCASIONE DEL

II INCONTRO MONDIALE CON LE FAMIGLIE (2-6 OTTOBRE 1997)


AI VESCOVI E AI DELEGATI DEL


CONGRESSO TEOLOGICO PASTORALE


Centro Congressi «Rio Centro» (Rio de Janeiro) - Venerdì, 3 ottobre 1997

Venerabili Fratelli nell'Episcopato

Cari membri del Congresso

1. Sono molto lieto di incontrare le famiglie che, in rappresentanza delle varie nazioni, partecipano a questo Congresso teologico-pastorale celebrato in vista del Secondo Incontro Mondiale delle Famiglie. Saluto tutti voi, venerabili Fratelli nell'Episcopato del Brasile, dell'America Latina e del mondo intero, e saluto anche le famiglie presenti e tutte quelle che sono da esse rappresentate. Chiedendo all'Onnipotente abbondanti grazie di sapienza e di forza, che servano da stimolo per riaffermare con fede il motto: «Famiglia: Dono e impegno, speranza dell'umanità», vorrei riflettere con voi sui percorsi e sulle esigenze del lavoro apostolico e pastorale con le famiglie che avete dinanzi a voi.

242 Alcune delle considerazioni che propongo in modo particolare a voi, Vescovi, Maestri della fede e Pastori del gregge - chiamati ad infondere un rinnovato dinamismo alla Pastorale familiare -, sono già state oggetto di attento studio nel corso del Congresso teologico-pastorale. Ringrazio il Cardinale Alfonso López Trujillo, Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia per il saluto che mi ha rivolto e invito i partecipanti - Delegati delle Conferenze Episcopali, dei Movimenti, delle Associazioni e dei Gruppi -, provenienti da tutto il mondo, ad approfondire e a diffondere con entusiasmo i frutti di questo lavoro, intrapreso in piena fedeltà al Magistero della Chiesa.

2. L'uomo è la via della Chiesa. E la famiglia è l'espressione primaria di questa via. Come ho scritto nella Lettera alle Famiglie, «il mistero divino dell'Incarnazione del Verbo è ( . . .) in stretto rapporto con la famiglia umana. Non soltanto con una, quella di Nazaret, ma in qualche modo con ogni famiglia, analogamente a quanto il Concilio Vaticano II afferma del Figlio di Dio, che nell'Incarnazione "si è unito in certo modo ad ogni uomo" (Gaudium et spes
GS 22). Seguendo il Cristo "venuto" al mondo "per servire" (Mt 20,28), la Chiesa considera il servizio alla famiglia umana uno dei suoi compiti essenziali. In tal senso, sia l'uomo che la famiglia costituiscono "la via della Chiesa"» (Gratissimam sane, n. 2).

Il Vangelo illumina, quindi, la dignità dell'uomo, e redime tutto quel che può impoverire la visione dell'uomo e della sua verità. È in Cristo che l'uomo percepisce la grandezza della sua chiamata ad essere immagine e figlio di Dio; è in Lui che si manifesta in tutto il suo splendore il disegno originale di Dio-Padre per l'uomo, ed è in Cristo che tale disegno originale raggiungerà la sua piena realizzazione. Ed è sempre in Cristo che questa prima e privilegiata espressione della società umana, che è la famiglia, trova la luce e la piena capacità di realizzazione, in conformità con i piani di amore del Padre.

«Se Cristo svela pienamente l'uomo all'uomo, lo fa a cominciare dalla famiglia nella quale ha scelto di nascere e di crescere» (Ibidem). Cristo Lumen gentium, luce dei popoli, illumina le vie degli uomini, soprattutto quella dell'intima comunione di vita e di amore dei coniugi, che nella vita degli uomini e dei popoli è il crocevia necessario, dove Dio è sempre andato loro incontro.

È questo il significato sacro del matrimonio, in qualche modo presente in tutte le culture, nonostante le ombre dovute al peccato originale, e che acquisisce una grandezza e un valore eminenti con la Rivelazione: «Come un tempo Dio venne incontro al suo popolo con un patto di amore e fedeltà, così ora il Salvatore degli uomini e Sposo della Chiesa viene incontro ai coniugi cristiani attraverso il sacramento del matrimonio. Inoltre, rimane con loro perché, come Egli stesso ha amato la Chiesa e si è dato per essa, così anche i coniugi possano amarsi l'un l'altro fedelmente, per sempre, con mutua dedizione» (Gaudium et spes GS 48).

3. La famiglia non è per l'uomo una struttura accessoria ed estrinseca, che ostacola il suo sviluppo e la sua dinamica interiore. «L'uomo ( . . .) per la sua intima natura, è un essere sociale, e senza i rapporti con gli altri non può vivere né esplicare le sue doti» (Ibidem, n. 12). La famiglia, lungi dall'essere un ostacolo allo sviluppo e alla crescita della persona, è l'ambito privilegiato per far crescere le potenzialità personali e sociali che l'uomo porta inscritte nel suo essere.

La famiglia, fondata sull'amore e da esso vivificata, è il luogo in cui ogni persona è chiamata a sperimentare, fare proprio e partecipare a quell'amore senza il quale l'uomo non potrebbe esistere e tutta la sua vita sarebbe priva di senso (cfr Redemptoris missio RMi 10 Familiaris consortio, n. 18).

Le tenebre che oggi avvolgono la stessa concezione dell'uomo, oscurano in primo luogo e direttamente la realtà e le espressioni che le sono connaturali. Persona e famiglia procedono parallele nella stima e nel riconoscimento della propria dignità, così come negli attacchi e nei tentativi di disgregazione. La grandezza e la sapienza di Dio si manifestano nelle sue opere. Tuttavia, oggi sembra che i nemici di Dio, più che attaccare frontalmente l'Autore del creato, preferiscano colpirLo nelle sue opere. L'uomo è il culmine, il vertice delle sue opere visibili. «Gloria enim Dei vivens homo, vita autem hominis visio Dei» (S. Ireneo, Adv. haer. 4, 20, 7).

Tra le verità oscurate nel cuore dell'uomo, a causa della crescente secolarizzazione e dell'edonismo imperante, sono particolarmente colpite tutte quelle che riguardano la famiglia. Attorno alla famiglia e alla vita si svolge oggi la lotta fondamentale della dignità dell'uomo. In primo luogo, la comunione coniugale non viene riconosciuta né rispettata nei suoi elementi di uguaglianza della dignità degli sposi e di necessaria diversità e complementarità sessuale. La stessa fedeltà coniugale e il rispetto per la vita in tutte le fasi della sua esistenza sono sovvertiti da una cultura che non ammette la trascendenza dell'uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio. Allorché le forze disgreganti del male riescono a separare il matrimonio dalla sua missione nei confronti della vita umana, attentano all'umanità, privandola di una delle garanzie essenziali del suo futuro.

4. Il Papa è voluto venire a Rio de Janeiro per salutarvi a braccia aperte, come il Cristo Redentore che domina questa Città meravigliosa dall'alto del Corcovado. Ed è venuto per confermarvi nella fede e per sostenere il vostro sforzo nella testimonianza dei valori evangelici. Quindi, dinanzi ai problemi centrali della persona e della sua vocazione, l'attività pastorale della Chiesa non può rispondere con un impegno settoriale del suo apostolato. È necessario intraprendere un'azione pastorale nella quale le verità centrali della fede irradino la propria forza evangelizzatrice nei vari campi dell'esistenza, specialmente in quello della famiglia. Si tratta di un compito prioritario, fondato sulla «certezza che l'evangelizzazione, in futuro, dipende in gran parte dalla chiesa domestica» (Familiaris consortio FC 65).

È necessario risvegliare e presentare un fronte comune, ispirato e fondato sulle verità centrali della Rivelazione, che abbia come interlocutore la persona e come agente la famiglia.

243 Perciò, i Pastori devono prendere sempre maggiore coscienza del fatto che la Pastorale familiare esige agenti con un'accurata preparazione e, di conseguenza, strutture agevoli e adeguate in seno alle Conferenze Episcopali e alle Diocesi, che servano da centri dinamici di evangelizzazione, di dialogo e di azioni organizzate congiuntamente, con progetti ben elaborati e con piani pastorali.

Allo stesso tempo, desidero incoraggiare ogni sforzo volto a promuovere strutture organizzative adeguate, sia nell'ambito nazionale che internazionale, che si assumano la responsabilità di instaurare un dialogo costruttivo con gli organismi politici, dai quali dipende in buona parte il destino della famiglia e della sua missione al servizio della vita. Trovare le vie opportune per continuare a proporre efficacemente al mondo i valori fondamentali del piano di Dio, significa impegnarsi nella tutela del futuro dell'umanità.

5. Oltre ad illuminare e rafforzare la presenza della Chiesa come lievito, luce e sale della terra, perché la vita degli uomini non si disgreghi, bisogna dare priorità a programmi di pastorale che promuovano la formazione di focolari pienamente cristiani e facciano crescere nei coniugi la generosità per incarnare nella propria vita le verità che la Chiesa propone per la famiglia umana.

La concezione cristiana del matrimonio e della famiglia non modifica la realtà creaturale, ma eleva le componenti essenziali della società coniugale: la comunione degli sposi che generano nuove vite, le educano e integrano nella società, e la comunione delle persone come vincolo saldo tra i membri della famiglia.

6. Oggi, in questo Centro Congressi - il Riocentro -, invoco su di voi, Cardinali, Arcivescovi e Vescovi, rappresentanti delle diverse Conferenze Episcopali del mondo intero, e sui delegati del Congresso teologico-pastorale e le loro famiglie, la luce e il calore dello Spirito Santo. A Lui si rivolge la Chiesa, perché infonda su tutti la sua presenza santificatrice e rinnovi nella Sposa di Cristo «l'ardore missionario perché tutti riescano a conoscere Cristo, vero Figlio di Dio e vero Figlio dell'uomo» (cfr Preghiera per il Primo Anno di preparazione per il Giubileo dell'Anno 2000). Domani celebreremo nello Stadio del Maracanã l'Atto di Testimonianza, insieme con tutti voi che avete portato qui l'immensa ricchezza, le preoccupazioni e le speranze delle vostre Chiese e dei vostri popoli, e che farà da cornice per l'Eucaristia di domenica, nella Spianata del Flamengo, durante la quale vivremo, alla luce della fede, il mistero del Pane vivo disceso dal cielo, la Manna delle famiglie che sono in pellegrinaggio verso Dio!

Auspico che, per intercessione della Santissima Vergine Maria, i frutti di questo nostro incontro possano trovare i cuori ben disposti ad accogliere le luci dell'Altissimo, con un nuovo ardore missionario, in vista di una nuova evangelizzazione della famiglia e di tutta la società umana. Che lo Spirito del Padre e del Figlio, che è anche lo Spirito-Amore, conceda a tutti noi la benedizione e la grazia, che desidero trasmettere ai figli e alle figlie delle Chiesa e a tutta la famiglia umana.

Al termine del discorso, il Papa ha improvvisato le parole che pubblichiamo in una nostra traduzione italiana:

Il luogo, la città di Rio de Janeiro, suscita una ispirazione. Perché si nota continuamente questa architettura divina e si vede anche l'architettura umana. Ma l'architettura divina è superiore, da una parte, come anche si vede che l'uomo è un architetto, l'uomo è a immagine di Dio. Questa ispirazione dell'architettura è importante per le famiglie, perché anche la famiglia, come chiesa domestica, è un'architettura divina e umana. Inoltre la famiglia ha bisogno di questa architettura divina e umana per vivere, per conservarsi, per incontrare Dio nella casa. Ecco, una riflessione conclusiva che mi è suggerita dall'architettura.

Dopo che i fedeli presenti hanno intonato un canto, il Papa ha pronunciato le parole che pubblichiamo in una traduzione:

Questo canto è quello del 1980, anno della prima visita. Il Papa era molto più giovane.

Dopo aver impartito la Benedizione Apostolica, il Papa ha salutato nuovamente i presenti. Questa una nostra traduzione del saluto:

244 Il Signore certamente vuole benedire tutte le famiglie del mondo. Saluto tutti i presenti e quelli che voi rappresentate. Alla prossima volta. A domani, ritornerò.

Se Dio è Brasiliano, il Papa è «carioca»; ma a Porto Alegre dicono che il Papa è «gaúcho», anche a Bahia.

Addio, alla prossima volta, a domani.

GP2 Discorsi 1997 235