GP2 Discorsi 1997 266


AI PARTECIPANTI ALLA PLENARIA


DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE


Sala del Concistoro - Venerdì, 24 ottobre 1997




Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. E' motivo per me di grande gioia incontrarvi al termine della vostra Congregazione Plenaria. Ho così modo di manifestarvi i sentimenti di profonda riconoscenza e di vivo apprezzamento per il lavoro che il vostro Dicastero svolge al servizio del ministero di unità, in special modo affidato al Romano Pontefice, e che si esprime primariamente come unità di fede, sostenuta e costituita dal sacro deposito, di cui il Successore di Pietro è il primo custode e difensore (cfr Pastor Bonus, 11).

267 Ringrazio il Signor Cardinale Joseph Ratzinger per le cordiali parole che mi ha rivolto anche a vostro nome e per l'esposizione dei temi che sono stati oggetto di esame nel corso della Plenaria. Essa è stata dedicata, in particolare, all'approfondimento delle categorie di verità menzionate nella conclusione della Nuova Formula della Professione di fede, pubblicata da codesta Congregazione nel 1989, ed alla riflessione sulla fondazione antropologica e cristologica della morale, alla luce dei principi confermati nell'Enciclica Veritatis splendor.

Desidero, altresì, esprimere il mio compiacimento per la positiva conclusione dell'opera di revisione del testo della "Agendi ratio in doctrinarum examine", che costituisce uno strumento certamente valido al fine di offrire una sempre più adeguata strutturazione alla procedura d'esame degli scritti che appaiono contrari alla fede.

2. Vorrei ora brevemente soffermarmi sui principali argomenti discussi in questa vostra assise. L'approfondimento dell'ordine delle categorie di verità della dottrina cristiana, del tipo di assenso dovuto, delle formule per proporne l'adesione, è in continuità con il tema che è stato oggetto di considerazione nella precedente Plenaria: il valore e l'autorità degli insegnamenti del Magistero della Chiesa al servizio della verità della fede e a fondamento stabile della ricerca teologica.

In quella occasione, ho avuto modo di ricordare che «per una comunità che si fonda essenzialmente sull'adesione condivisa alla Parola di Dio e sulla conseguente certezza di vivere nella verità, l'autorità nella determinazione dei contenuti da credere e da professare è qualcosa a cui non si può rinunciare. Che l'autorità includa gradi diversi di insegnamento è detto chiaramente nei due recenti Documenti della Congregazione per la Dottrina della Fede: la Professio fidei e l'Istruzione Donum veritatis. Questa gerarchia di gradi dovrebbe essere considerata non un impedimento, ma uno stimolo per la teologia» (Giovanni Paolo II, Ai partecipanti alla Plenaria della Congregazione per la Dottrina della fede CDF 25 novembre 1995: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII, 2 (1995) 1216).

La ripresa, con speciale attenzione, di questo tema contribuisce alla spiegazione più approfondita dei diversi gradi di adesione dei fedeli alle dottrine insegnate dal Magistero, perché il loro significato e la loro portata originari siano sempre recepiti e conservati in maniera integra. Nello stesso tempo aiuta a far sì che diventi sempre più chiara la connessione delle diverse verità della dottrina cattolica con il fondamento della fede cristiana.

Grazie pure all'elaborazione di una chiarificazione in tal senso, che ha visto in questi giorni impegnata la vostra Congregazione, i Vescovi, che ereditano dagli Apostoli il compito di "magistero e governo pastorale", da esercitarsi sempre in comunione con il Romano Pontefice (cfr Lumen gentium
LG 22), potranno disporre in futuro di un ulteriore strumento al fine di conservare e promuovere il deposito della fede a favore dell'intero popolo di Dio.

3. Singolare rilievo, inoltre, è stato da voi riservato alle questioni morali, il cui orizzonte si dispiega lungo l'intero arco dell'esistenza dell'uomo.

A tale riguardo, già nella mia prima Lettera Enciclica Redemptor hominis ho affermato che "la Chiesa non può abbandonare l'uomo, la cui 'sorte', cioè la scelta, la chiamata, la nascita e la morte, la salvezza o la perdizione, sono in modo così stretto ed indissolubile unite al Cristo" (n. 14).

I gravosi problemi che, con sempre più incalzante urgenza, richiedono una risposta secondo la verità ed il bene, possono trovare una soluzione autentica solo se viene recuperato il fondamento antropologico e cristologico della vita morale cristiana. Infatti, il Figlio di Dio incarnato è la norma universale e concreta dell'agire cristiano: è "Lui stesso Legge vivente e personale, che invita alla sua sequela, dà mediante lo Spirito la grazia di condividere la sua stessa vita e il suo stesso amore e offre l'energia per testimoniarlo nelle scelte e nelle opere (cfr Jn 13,34-35)" (Veritatis splendor VS 15). Ogni uomo, quindi, è per grazia reso partecipe della verità e del bene in Colui che è l'immagine del Dio invisibile (cfr Col 1,15), e nell'adesione alla sua sequela è abilitato ad agire secondo la libertà di figlio.

Nel servizio che il vostro Dicastero offre al Successore di Pietro ed al Magistero della Chiesa, voi contribuite a far sì che la libertà rimanga sempre e solo 'nella verità', aiutando la coscienza di tutti gli uomini e dei discepoli di Cristo in particolare a non deviare dalla via che conduce all'autentico bene dell'uomo.

Il bene della persona è di essere nella verità e di fare la verità nella carità. Questo legame essenziale di "verità-bene-libertà" sembra essere stato smarrito in larga parte dalla cultura contemporanea e, pertanto, ricondurre l'uomo a scoprirlo è oggi una delle esigenze proprie della missione della Chiesa, chiamata ad operare per la salvezza del mondo.

268 Impegnandovi a chiarire sempre meglio l'originaria fondazione antropologica e cristologica della vita morale, contribuirete certamente a promuovere la formazione della coscienza di tanti nostri fratelli, secondo quanto afferma il dettato del Concilio Vaticano II nella Dichiarazione Dignitatis humanae: "I cristiani... nella formazione della loro coscienza devono considerare diligentemente la dottrina sacra e certa della Chiesa. Infatti per volontà di Cristo la Chiesa cattolica è maestra di verità, e il suo compito è di annunziare e di insegnare in modo autentico la verità che è Cristo, e nello stesso tempo di dichiarare e di confermare con la sua autorità i principi dell'ordine morale che scaturiscono dalla stessa natura umana" (Dignitatis Humanae DH 14).

4. Mi è oggi particolarmente gradito concludere questo incontro con voi, ricordando Santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo, che ho avuto la gioia di proclamare solennemente Dottore della Chiesa, domenica scorsa.

La testimonianza e l'esempio di questa giovane Santa, Patrona delle Missioni e Dottore della Chiesa, aiutano a capire come vi sia una intima unità tra il compito dell'intelligenza e della comprensione della fede e quello propriamente missionario di annuncio del Vangelo della salvezza. La fede per se stessa vuole farsi comprensibile e accessibile a tutti. La missione cristiana tende, quindi, sempre a far conoscere la verità, e il vero amore per il prossimo si manifesta nella sua forma più compiuta e profonda quando vuole donare al prossimo ciò di cui l'uomo ha più radicalmente bisogno: la conoscenza della verità e la comunione con essa. E la verità suprema è il mistero di Dio Uno e Trino definitivamente e insuperabilmente rivelato in Cristo. Quando l'anelito missionario rischia di inaridirsi, dipende soprattutto dalla perdita della passione e dell'amore per la verità, che la fede cristiana fa incontrare.

D'altra parte, la conoscenza della verità cristiana richiama intimamente ed esige interiormente l'amore a Colui al quale ha dato il proprio assenso. La teologia sapienziale di Santa Teresa di Gesù Bambino mostra la via maestra di ogni riflessione teologica e ricerca dottrinale: l'amore dal quale «dipendono la Legge e i Profeti» è amore che tende alla verità e in questo modo si conserva come autentico agape verso Dio e verso l'uomo. E' importante per la teologia oggi recuperare la dimensione sapienziale, che integra l'aspetto intellettuale e scientifico con la santità della vita e l'esperienza contemplativa del Mistero cristiano. Così Santa Teresa di Lisieux, Dottore della Chiesa, con la sua sapiente riflessione alimentata dalle sorgenti della Sacra Scrittura e della divina Tradizione, pienamente fedele agli insegnamenti del Magistero, indica alla teologia odierna la strada da percorrere per raggiungere il cuore della fede cristiana.

Nel congratularmi con voi, carissimi Fratelli e Sorelle, per l'impegno e per il prezioso ministero che svolgete a servizio della Sede Apostolica e a favore della Chiesa intera, invoco su ciascuno la speciale protezione di Maria, Sede della Sapienza, e di Santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo. Vi accompagni anche la mia Benedizione, che imparto di cuore a tutti voi, in pegno di affetto e di gratitudine.

SALUTO DI GIOVANNI PAOLO II


AGLI STUDENTI DELLE SCUOLE CATTOLICHE DI ROMA


Piazza San Pietro - Sabato, 25 ottobre 1997




Saluto con affetto tutti voi, cari alunni, genitori, docenti e responsabili della scuola cattolica romana, qui convenuti alla vigilia della vostra quarta giornata diocesana, che ha come tema "La scuola cattolica risorsa per tutti, impegno per tutti". Rivolgo un particolare saluto a Monsignor Vicegerente ed alle Autorità che hanno voluto presenziare a questa importante manifestazione.

La scuola cattolica rappresenta una preziosa proposta di cultura e di formazione, saldamente radicata nella storia e nel tessuto vivo di Roma. A quanti in essa lavorano con generosità e dedizione: docenti, genitori, religiosi e religiose, va il mio più vivo ringraziamento e l'invito a non cessare di operare, perché questa istituzione brilli per la serietà e la qualità del suo progetto educativo.

Esorto le famiglie e le parrocchie a sostenerla con ogni mezzo ed a fare della missione cittadina l'occasione per una collaborazione sempre più intensa tra la scuola cattolica e la comunità cristiana.

Il non ancora avvenuto riconoscimento dei suoi diritti sul piano giuridico e finanziario la penalizza certamente ed impedisce a molte famiglie di sceglierla per i propri figli. Auspico, pertanto, che siano prontamente attuati tali provvedimenti e che i responsabili ad ogni livello prendano a cuore questo prezioso servizio all'infanzia ed alla gioventù.

Voi, cari ragazzi e ragazze che siete i principali protagonisti della scuola cattolica e potete contare su un'educazione ricca di valori umani, culturali e spirituali, ponete la vostra preparazione e i vostri doni a servizio del Vangelo, diventando missionari di Cristo fra i vostri coetanei.

269 Vi ringrazio per la vostra adunanza e benedico di cuore tutti.

Dopo aver impartito la Benedizione Apostolica, il Papa ha aggiunto:

La Provvidenza ci ha dato una giornata molto bella, come sabato scorso.



VISITA ALLA PARROCCHIA ROMANA DEI SANTI ELISABETTA E ZACCARIA


AI BAMBINI


Domenica, 26 ottobre 1997

Il Papa entra sempre nella parrocchia attraverso i più giovani, perché i più giovani ci ricordano il Battesimo. La parrocchia è una comunità cristiana fondata sul Battesimo, una comunità di battezzati. Voi siete quelli che avete ricevuto il Battesimo, pochi anni fa. Noi più anziani abbiamo ricevuto il Battesimo, molti anni fa, ma sempre questo Battesimo è il fondamento della nostra fede, del nostro essere Chiesa in Cristo. Io vi ringrazio per la presentazione fatta dei diversi gruppi, e vi auguro di essere in questa parrocchia i protagonisti della fede con entusiasmo. I giovani hanno sempre l'entusiasmo più spontaneo. Vi auguro di avere entusiasmo per la vostra comunità e per Gesù Cristo. Adesso passiamo a celebrare la Santa Messa a cui parteciperete con l'intenzione. Io vi prendo tutti per portarvi all'altare e per offrire insieme con la comunità parrocchiale il sacrificio eucaristico.



VISITA ALLA PARROCCHIA ROMANA DEI SANTI ELISABETTA E ZACCARIA


AL CONSIGLIO PASTORALE E AI GIOVANI


Domenica, 26 ottobre 1997

Viribus unitis, dicevano gli antichi romani. Anche voi siete romani, non antichi ma contemporanei e qui in questa comunità l'esempio degli antichi romani sembra molto appropriato perché indica uno sforzo comune: la comunione delle intenzioni e delle opere, delle iniziative e della buona volontà per costruire questa nuova chiesa che ora esiste solo in progetto. Vi auguro di applicare bene il principio degli antichi romani a ciò che domanda da voi la vostra vita parrocchiale.


Ai giovani dico lo stesso. Hanno parlato del dono, hanno offerto un dono. Ma vorrei dirvi quello che ho sentito tante volte cantare: «Il dono siamo noi». Voi siete il dono maggiore, quello che vale di più e se vi impegnate con la vostra giovinezza, con la vostra personalità, con tutte le vostre forze, si potrà costruire quell'insieme della vita cristiana che si chiama parrocchia di Roma. Questo è un grande impegno. Roma, al centro, ha tante splendide chiese, ma in periferia ha poche chiese, solo progetti, ma è piena delle persone, delle famiglie e delle esigenze che da queste nascono.

Vi ringrazio per questa accoglienza così calorosa, per questa Celebrazione così bella, anche perché è stata possibile celebrarla all'aperto, con il sole, e vi auguro di continuare nella vostra vita cristiana costruendo le vostre famiglie e la vostra comunità.


AI PARTECIPANTI ALL'ASSEMBLEA PLENARIA


DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER I LAICI


Giovedì, 30 ottobre 1997




Cari Fratelli nell'Episcopato,
Cari amici,

270 1. Sono lieto di accogliervi, voi che prendete parte alla diciassettesima Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici. Saluto in modo particolare i nuovi membri e i nuovi consultori del Consiglio, riuniti per la prima volta dall'inizio del loro mandato quinquennale. È anche la prima Assemblea Plenaria che conduce il vostro Presidente, Monsignor James Francis Stafford, con Monsignor Stanislaw Rylko in qualità di Segretario. Ringrazio tutti voi per la vostra preziosa collaborazione; esprimo la mia gratitudine anche a quanti lavorano al servizio del Consiglio a Roma. Tengo a dire qui che mi sento vicino, attraverso l'affetto fraterno e la preghiera, al Cardinale Eduardo Pironio, che ha per lungo tempo diretto il vostro Dicastero con competenza e dedizione.

Cari Fratelli e care Sorelle, voi avete una particolare responsabilità: le nomine che avete ricevuto fanno di voi dei collaboratori del Successore di Pietro, nel suo ministero pastorale, per servire la realtà vasta e diversificata del laicato cattolico. Vi sono riconoscente per avere accettato questo incarico con generosa disponibilità. Siete stati chiamati a titolo personale: il Consiglio conta dunque sulla vostra esperienza cristiana, sul vostro sensus Ecclesiae, sulla vostra attitudine a comprendere e a far conoscere la ricchezza della vita cristiana nella diversità dei popoli e delle culture, e le esperienze pedagogiche, di vita associativa e di aiuto condotte in tutti gli ambienti. La vostra Assemblea è un momento forte di ascolto e di discernimento dei bisogni e delle attese dei fedeli laici, al fine di incoraggiare le loro testimonianze e le loro azioni e di definire meglio i compiti del Consiglio che è al loro servizio, alla luce del Magistero dottrinale e pastorale della Chiesa.

2. Trent'anni sono passati dalla fondazione del Consiglio da parte di Papa Paolo VI, in risposta a un desiderio dei Padri del Concilio Vaticano II. Nel passato ne sono stato consultore e posso testimoniare sia la continuità del lavoro svolto nel corso di questi tre decenni sia il suo costante rinnovamento; ne rendo grazie insieme a voi.

Il Pontificio Consiglio per i Laici s'ispira agli insegnamenti fondamentali del Concilio Vaticano II: la Chiesa ha preso più vivamente coscienza di essere mistero di comunione e di avere una natura missionaria; la dignità, la co-responsabilità e il ruolo attivo dei laici sono stati riconosciuti meglio e valorizzati. Questi trenta anni ci fanno ben sperare: oggi, la maturità dei fedeli laici si manifesta attraverso le loro attività nelle comunità, nelle istituzioni e nei servizi ecclesiali più diversi. Partecipano più intensamente alla vita liturgica e sacramentale della Chiesa, fonte e culmine della vita cristiana. Essi desiderano una formazione metodica e completa. Tenuto conto della pluralità dei carismi, dei metodi e degli impegni, si assiste al fiorire di una nuova generazione di associazioni di fedeli, che producono frutti abbondanti di santità e di apostolato e che conferiscono uno slancio nuovo alla comunione e alla missione del popolo cristiano.

Le Giornate Mondiali della Gioventù - ci viene in mente la recente ed entusiasmante giornata di Parigi - hanno mostrato che i giovani sono la speranza della Chiesa che sta per entrare nel Terzo Millennio. I giovani esprimono vigorosamente il loro bisogno di senso e di ideali, il loro desiderio di una vita più umana e più vera: sono sentimenti radicati nel cuore degli uomini e nella cultura dei popoli, più profondi e più vivi del conformismo nichilista che sembra permeare molte menti.

In questi ultimi anni il processo di affermazione dell'autentica dignità della donna ha incontrato la partecipazione attiva della Chiesa, in quanto il «genio femminile» sta arricchendo sempre più la comunità cristiana e la società. Bisogna inoltre ammirare l'impegno di numerosi cristiani nelle opere più diverse per l'aiuto umano e sociale, che dimostrano la creatività costruttiva della carità e si mettono al servizio del bene comune nelle istituzioni politiche, culturali ed economiche. L'Esortazione Apostolica Christifideles laici ha analizzato questi segni di speranza nell'itinerario post-conciliare del laicato cattolico. Spetta ora a voi continuare lungo questo cammino. Tutta la Chiesa conta su un impegno ancora più attivo dei fedeli, in tutti gli avanposti del mondo.

3. Nel quadro della preparazione al grande Giubileo, la vostra Assemblea ha luogo nel corso dell'anno dedicato a Cristo Gesù (cfr Tertio Millennio adveniente
TMA 40-43). Il Giubileo invita a ricordare, nell'azione di rendimento di grazie, la presenza del Verbo Incarnato: si tratta del ricordo vivo della sua Presenza, qui e ora, vera e nuova come lo era duemila anni fa. Approfondire il mistero dell'Incarnazione porta a insistere quest'anno «sulla riscoperta del Battesimo come fondamento dell'esistenza cristiana» (Ibidem n. 41). A Parigi, nel corso della veglia della Giornata Mondiale della Gioventù, la celebrazione del battesimo di dieci giovani ha vigorosamente invitato centinaia di migliaia di giovani riuniti, ma anche tutti i cristiani, a prendere nuovamente coscienza del dono del loro battesimo e delle responsabilità che ne derivano.

Oggi la sfida più grande è quella di una scristianizzazione diffusa. Il Giubileo invita dunque a un serio impegno catechetico e missionario. È necessario che ogni uomo scopra la presenza di Cristo e lo sguardo d'amore del Signore su ogni persona, che comprenda nuovamente la sua Parola: «vieni e seguimi». Per questo il mondo attende una testimonianza più chiara di uomini e donne liberi, riuniti nell'unità, che dimostrino con il loro stile di vita che Gesù Cristo offre in modo completamente gratuito una risposta che soddisfa il loro desiderio di verità, di felicità e di sviluppo umano. È dunque fondamentale per i fedeli, come dice il tema della vostra Assemblea, «essere cristiani alle soglie del Terzo Millennio», vivere il loro battesimo, la loro vocazione e la loro responsabilità cristiana.

Purtroppo, si assiste oggi all'aumento del numero dei non battezzati, anche nelle regioni di secolare tradizione cristiana. Inoltre, molti battezzati tendono a dimenticare cosa sono divenuti attraverso la grazia ricevuta, ossia una «creatura nuova» (Ga 6,15) che si è rivestita di Cristo. Queste situazioni devono, ora più che mai, essere attentamente analizzate. Occorre ravvivare lo slancio missionario mediante la proposta di itinerari d'iniziazione cristiana per i numerosi giovani e adulti che chiedono di essere battezzati, e di un rinnovamento della formazione cristiana per coloro che si sono allontanati dalla fede ricevuta.

Si tratta, in effetti, della questione fondamentale dell'educazione alla fede e nella fede, in un'epoca in cui la capacità di trasmettere la fede nella continuità della tradizione sembra aver perduto il suo vigore. Sono lieto del tema scelto dal vostro Consiglio; sono certo che le vostre riflessioni e le vostre raccomandazioni finali saranno di grande utilità.

La Vostra Assemblea ha per compito anche quello di definire i programmi di lavoro del Dicastero per gli anni a venire. So che si sta preparando il Congresso mondiale dei movimenti e il loro pellegrinaggio a Roma; si tratta di iniziative di vasta portata. I due eventi che avete programmato per il grande Giubileo rivestiranno anch'essi una particolare importanza: il Congresso mondiale dell'Apostolato dei Laici, che riprende la tradizione degli incontri periodici, iniziata ancora prima del Concilio Vaticano II, e il Giubileo dei Giovani nel quadro di una Chiesa giovane in cammino.

271 Vi ringrazio di essere venuti qui oggi. Nella preghiera, affido al Signore, mediante l'intercessione di Maria, Madre della Chiesa, il lavoro del Pontificio Consiglio per i Laici. A voi tutti qui presenti, ai vostri cari e ai vostri fratelli e alle vostre sorelle delle diverse Chiese particolari, imparto di tutto cuore la Benedizione Apostolica.

AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE

REGIONALE DEL NORD DELL'AFRICA (CERNA)


Venerdì, 31 ottobre 1997

Cari Fratelli nell'Episcopato,


1. È per me una grande gioia accogliervi in questa casa, voi che siete i Pastori della Chiesa di Cristo nella Regione del Nord dell'Africa. Vi recate in pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli per rinnovare la vostra speranza e il vostro dinamismo apostolico al fine di vivere sempre più intensamente il vostro ministero episcopale in mezzo ai popoli della vostra regione. Ringrazio Monsignor Teissier, Arcivescovo di Alger e Presidente della vostra Conferenza Episcopale, per le sue parole così forti da mettere in evidenza i dolori e i drammi dei vostri popoli ma anche le gioie e le luci che manifestano l'opera di Dio. Nel ricevervi, desidero innanzitutto ricordare il Cardinale Duval che per lunghi anni è stato il Presidente della vostra Conferenza e il cui ministero episcopale ha tanto segnato la vita della Chiesa nell'Africa del Nord. Come Successore di Pietro, vorrei oggi incoraggiarvi nel vostro ministero pastorale. Trasmettete il mio saluto affettuoso anche ai fedeli di ognuna delle vostre Diocesi e attraverso di essi a tutti gli abitanti dei Paesi del Maghreb.

2. La vostra presenza a Roma mi offre l'occasione di volgere lo sguardo a ognuna delle vostre comunità. Nel corso degli ultimi mesi, la Chiesa in Libia ha avuto la gioia di accogliere un nuovo Pastore, nel vicariato apostolico di Benghazi. Sono lieto di riceverlo e di augurargli un fecondo ministero episcopale. Spero anche che si ponga termine senza indugio alle difficoltà del popolo libico dovute all'embargo aereo imposto al Paese da diversi anni.

Ricordo con piacere la visita che ho effettuato lo scorso anno a Tunisi e l'accoglienza calorosa che mi è stata riservata dai fedeli cattolici e dal popolo tunisino. Nel corso di quella memorabile giornata sulle orme dei santi e delle sante che hanno costellato la storia del Paese ho potuto incontrare voi, Vescovi del Maghreb, per la prima volta sul suolo della vostra regione.

La comunità cattolica del Marocco è impressa nella mia memoria dal gioioso giorno del mio incontro con essa e con la gioventù marocchina a Casablanca, che ha conferito un nuovo slancio ai rapporti e al dialogo fra cristiani e musulmani. Le auspico di proseguire con ardore nella sua testimonianza di fratellanza evangelica fra gli abitanti di questo Paese.

Desidero salutare e incoraggiare con particolare affetto i cattolici dell'Algeria. Conosco le loro sofferenze e quelle di tutto il popolo algerino. Sono loro riconoscente perché condividono coraggiosamente, in nome di Cristo, le prove di questa Nazione così tragicamente colpita nel corpo e nell'anima. Diciannove religiosi e religiose hanno versato il loro sangue in questi ultimi anni, accettando di giungere fino al dono di se stessi per i loro fratelli. Fra di essi, tengo a menzionare in particolare Monsignor Pierre Claverie, Vescovo di Oran, e i sette monaci trappisti di Notre-Dame dell'Atlas. Mentre continua a infuriare una violenza inaccettabile per qualsiasi coscienza umana, prego Dio di donare finalmente la pace alla terra di Algeria e di guidare ciascuno lungo le vie del rispetto di ogni vita umana in vista di una vera riconciliazione e della guarigione delle numerose ferite inferte al cuore di tante persone. Da parte mia, ho fatto spesso appello a tutti gli uomini di buona volontà affinché contribuissero a ristabilire la pace in Algeria. So quale doloroso calvario sopporta questa terra e sono vicino a tutti coloro che piangono la scomparsa di persone care. Ancora una volta, desidero assicurare che la Santa Sede non risparmierà alcuno sforzo per contribuire al ritorno della pace in Algeria.

3. La Chiesa nella vostra regione esprime in modo particolare il mistero dell'Incarnazione di Dio fra gli uomini, soprattutto il mistero di Nazaret. In effetti, rende manifesta la presenza discreta ma viva di Cristo, nel rispetto delle persone e delle diverse comunità umane e religiose, al fine di comunicare a tutti la pienezza dell'amore del Padre celeste. La vocazione delle vostre comunità è anche una vocazione alla speranza fondata su Cristo. Piccolo gregge, che nella vita sociale non possiede né potere né altra pretesa se non quella dell'amore, voi siete portati a riporre completamente la vostra fiducia in Dio, sicuri che è Lui che vi guida lungo le vie dell'incontro con i vostri fratelli. Santa Teresa di Gesù Bambino e del Santo Volto, di cui celebriamo quest'anno il centenario dell'«entrata nella vita », e che ho proclamato Dottore della Chiesa universale qualche giorno fa, scriveva: «Da quando ho compreso che non potevo fare nulla da sola . . . ho sentito che l'unica cosa necessaria era di unirmi maggiormente a Gesù e che il resto mi sarebbe stato dato in più. In effetti la mia speranza non è mai stata delusa » (Santa Teresa di Gesù Bambino, Manoscritto C, 22 v). Che il Signore vi aiuti a perseverare nella fede e nell'amore anche quando i risultati delle vostre opere si fanno attendere!

Cari Fratelli nell'Episcopato, voi avete il gravoso compito di sostenere il popolo che vi è stato affidato nel suo cammino verso il Regno e nella sua testimonianza in mezzo agli uomini. Formando un solo cuore in seno alla vostra Conferenza episcopale, rafforzate sempre più l'unità delle vostre comunità, nel riconoscimento delle legittime diversità! Siate guide attente, sappiate ascoltare e incoraggiare ogni persona nella sua vita cristiana, affinché possa crescere nella fede e nella carità.

4. Nella missione della Chiesa, i sacerdoti occupano un posto particolare. Uomini della comunione nella comunità cristiana, sono al servizio dell'esistenza e della crescita del popolo di Dio annunciandogli la Parola di Vita e conferendogli i sacramenti della Chiesa. Li invito ad attribuire all'Eucaristia un posto centrale nella loro esistenza e a metterla al centro del loro ministero, scoprendovi sempre più profondamente l'evento in cui Cristo, che è venuto incontro all'umanità, si offre interamente per la salvezza del mondo.

272 Il sacerdote è anche «chiamato a intessere rapporti di fraternità, di servizio di comune ricerca della verità, di promozione della giustizia e della pace, con tutti gli uomini» (Pastores dabo vobis PDV 18). Nella vostra regione, con molta generosità e coraggio, attraverso una presenza sollecita, i vostri sacerdoti testimoniano, in mezzo ai loro fratelli e alle loro sorelle, spesso fra i più poveri, l'universalità e la gratuità dell'amore di Dio. Li incoraggio a rafforzare la loro testimonianza procedendo con passo sicuro lungo il cammino della santità. Che abbiano la certezza che l'autenticità della vita che proviene da Dio si esprime prima di tutto attraverso la qualità del loro essere spirituale fondata sulla loro disponibilità all'opera dello Spirito Santo.

5. Desidero salutare in modo particolare i religiosi e le religiose del Maghreb, che offrono alla vita della Chiesa la ricchezza dei loro carismi. La Chiesa è loro riconoscente per la testimonianza evangelica che rendono in mezzo ai loro fratelli e alle loro sorelle.

Nelle vostre particolari situazioni, in cui i membri degli Istituti di vita consacrata formano spesso un nucleo importante di persone stabili che compongono le vostre comunità, è necessario che un dialogo fiducioso fra i Vescovi e i responsabili di questi Istituti permetta di esaminare congiuntamente le esigenze della vita pastorale legate alla presenza dei loro membri. Auspico vivamente che i Superiori e le Superiore delle Congregazioni manifestino generosamente la loro solidarietà con le vostre Chiese particolari, soprattutto suscitando vocazioni alla testimonianza ecclesiale nella vostra regione.

L'evolversi delle situazioni umane richiede alle persone consacrate un profondo spirito di fede per adattarsi alle circostanze nuove e ai diversi bisogni che si manifestano. Le incoraggio a rimanere fedeli al loro carisma, e insieme ad avere l'audacia della creatività. Il mondo ha innanzitutto bisogno di autentici testimoni dell'amore di Dio. A tutti i consacrati ripeto con forza: «Vivete pienamente la vostra dedizione a Dio, per non lasciar mancare a questo mondo un raggio della divina bellezza che illumini il cammino dell'esistenza umana» (Vita consecrata VC 109).

6. Il ruolo dei fedeli laici, alcuni dei quali sono legati molto intimamente al destino del popolo dei vostri Paesi, riveste un grande significato per esprimere la realtà profonda della Chiesa. In effetti, «sul piano dell'essere, prima ancora che su quello dell'agire, i cristiani sono tralci dell'unica feconda vite che è Cristo, sono membra vive dell'unico corpo del Signore edificato nella forza dello Spirito» (Christifideles laici CL 55). Insieme ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, in comunione con i loro Vescovi, i laici formano quella Chiesa-Famiglia che l'Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi ha voluto promuovere. Li invito a partecipare sempre più attivamente alla vita e alla testimonianza delle loro comunità, al fine di costituire una Chiesa locale raggiante e accogliente verso tutti.

Durante la Giornata Mondiale della Gioventù a Parigi, ho apprezzato la presenza di giovani provenienti dalla vostra regione, soprattutto studenti. Nelle vostre comunità essi svolgono un ruolo importante e rendono una bella testimonianza di vita evangelica in mezzo ai loro fratelli e alle loro sorelle nelle università e nelle scuole, spesso in condizioni difficili. Così, attraverso di voi, ripeto a loro: «Continuate a contemplare la gloria di Dio, l'amore di Dio; e sarete illuminati per costruire la civiltà dell'amore, per aiutare l'uomo a vedere il mondo trasfigurato dalla sapienza e dall'amore eterni» (Giovanni Paolo II, Omelia a Longchamp, 24 Ag 1997,6).

Cari Fratelli nell'Episcopato, permettetemi di chiedervi di trasmettere il saluto affettuoso del Papa ai discepoli del Vangelo che si trovano in situazioni difficili o che vivono nella prova. Conosco il loro coraggio e il loro attaccamento a Cristo e alla sua Chiesa. Che ripongano tutta la loro fiducia nel Signore, il quale non li abbandonerà!

7. Durante le assemblee sinodali che si sono svolte in molte delle vostre Diocesi, il desiderio di una formazione spirituale e dottrinale solida è stato spesso espresso dai fedeli. Il Catechismo della Chiesa Cattolica costituisce ormai un punto di riferimento comune che è bene far conoscere. È auspicabile che l'approfondimento della fede contribuisca all'unità di vita di ognuno per «crescere senza sosta nell'intimità con Gesù Cristo, nella conformità alla volontà del Padre, nella dedizione ai fratelli nella carità e nella giustizia » (Christifideles laici CL 60). Un posto privilegiato deve essere attribuito anche alla conoscenza della cultura del popolo in mezzo al quale i cristiani sono chiamati a vivere affinché, in un atteggiamento di ascolto e di dialogo, siano maggiormente in grado di testimoniare il Vangelo di fronte alle questioni e ai problemi nuovi che interrogano l'uomo e la società di oggi.

8. Il servizio ai più poveri è un segno profetico dell'impegno dei cristiani nella sequela di Cristo. Conosco e apprezzo il lavoro realizzato nelle vostre Diocesi per manifestare la gratuità dell'amore di Dio verso tutti gli uomini. Come ho avuto occasione di sottolineare durante la beatificazione di Fréderic Ozanam: «Il prossimo è ogni essere umano, senza eccezioni. È inutile chiedere la sua nazionalità, la sua appartenenza sociale e religiosa. Se è nel bisogno, occorre venire in suo aiuto. Questo è quanto chiede la prima e la più grande Legge divina, la legge dell'amore di Dio e del prossimo » (Giovanni Paolo II, Beatificazione di Federico Ozanam, Parigi, 22 agosto 1997, n. 1). Attraverso i diversi organismi diocesani assistenziali, come la Caritas, spesso in collaborazione con altre associazioni, e anche mediante la condivisione personale, non solo contribuite a fornire ai più bisognosi i mezzi di sussistenza, ma anche e soprattutto li aiutate a ritrovare la loro dignità di uomini e di donne creati a immagine di Dio. Le vostre attività al servizio della sanità, dell'educazione, della promozione della persona umana, che spesso devono adattarsi a necessità nuove, rimangono strumenti privilegiati per manifestare la carità di Cristo e luoghi di incontro e di condivisione in cui i cuori possono aprirsi nella fiducia reciproca.

9. Le vostre comunità sono fra i credenti dell'Islam un segno della stima che la Chiesa cattolica nutre per essi e del suo desiderio di continuare con loro la ricerca di un dialogo autentico nel rispetto reciproco. In un periodo troppo spesso turbato da sentimenti di sfiducia o persino di animosità, le vostre comunità rendono una testimonianza disinteressata di amicizia e di convivenza pacifica che a volte si è rivelata eroica nelle situazioni tragiche vissute da alcune di esse. È un bene constatare che la partecipazione alle stesse prove favorisce un nuovo rapporto di fiducia e di comprensione reciproche. Malgrado le difficoltà, restate saldi nella convinzione che il dialogo è «una via verso il Regno e darà sicuramente i suoi frutti, anche se tempi e momenti sono riservati al Padre» (Redemptoris missio RMi 57).

10. Cari Fratelli nell'Episcopato, ci prepariamo al Grande Giubileo dell'Anno 2000; il prossimo anno sarà dedicato allo Spirito Santo e alla riscoperta della sua presenza e della sua azione nella Chiesa e nel mondo. Sarà per tutti i cattolici l'occasione per rinnovare la loro speranza, questa virtù fondamentale che «spinge il cristiano a non perdere di vista la meta finale che dà senso e valore all'intera sua esistenza e, dall'altra, gli offre motivazioni solide e profonde per l'impegno quotidiano nella trasformazione della realtà per renderla conforme al progetto di Dio» (Tertio Millennio adveniente TMA 46). Nelle vostre particolari condizioni, a volte tanto drammatiche, vi invito dunque a ricercare e a valorizzare i segni di speranza che rivelano l'opera dello Spirito di Dio nel cuore degli uomini. Prego la Madre di Cristo, la Vergine Santissima, che per tutta la sua vita si è lasciata guidare dallo Spirito, di essere la vostra protettrice e di condurvi lungo le vie della fiducia e delle pace per incontrare il suo divino Figlio. Di tutto cuore imparto la mia Benedizione Apostolica a ognuno di voi, ai vostri sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi e alle religiose, così come a tutti i fedeli delle vostre Diocesi.


GP2 Discorsi 1997 266