GP2 Discorsi 1997 278


AI PARTECIPANTI ALLA XII CONFERENZA INTERNAZIONALE


ORGANIZZATA DAL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA


PASTORALE PER GLI OPERATORI SANITARI


Sabato, 8 novembre 1997




Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
279 Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Sono lieto di rivolgere un cordiale benvenuto a ciascuno di voi, che prendete parte alla dodicesima Conferenza Internazionale promossa dal Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari sul tema "Chiesa e salute nel mondo. Attese e speranze alle soglie dell'anno 2000". Desidero manifestare particolare gratitudine a Mons. Javier Lozano Barragán per l'impegno profuso nell'organizzare questo Simposio e per le cortesi parole rivoltemi a nome dei presenti. Con lui saluto e ringrazio tutti i collaboratori.

In queste intense giornate di studio e di confronto, le varie relazioni hanno sottolineato quanto i problemi della salute siano complessi e richiedano interventi coordinati ed armonizzati, per coinvolgere efficacemente non solo gli operatori sanitari, chiamati ad offrire una risposta terapeutica ed assistenziale sempre più "competente", ma anche quanti operano nel campo dell'educazione, nel mondo del lavoro, nella difesa dell'ambiente, nell'ambito dell'economia e della politica.

"Salvaguardare, ricuperare e migliorare lo stato di salute significa servire la vita nella sua totalità", afferma la Carta degli Operatori Sanitari, redatta dal vostro Pontificio Consiglio. Si delinea, in questa prospettiva, l'alta dignità dell'attività medico-sanitaria, che si configura come collaborazione con quel Dio che nella Scrittura è presentato come "amante della vita" (
Sg 11,26). La Chiesa vi approva e vi incoraggia nel lavoro che affrontate con generosa disponibilità a servizio della vita vulnerabile, debole e malata, lasciando a volte la vostra patria e giungendo anche a rischiare la vita nell'adempimento del vostro dovere.

2. Sono molti i segni di speranza presenti in questo ultimo scorcio di secolo. Basti ricordare "i progressi realizzati dalla scienza, dalla tecnica e soprattutto dalla medicina a servizio della vita umana, il più vivo senso di responsabilità nei confronti dell'ambiente, gli sforzi per ristabilire la pace e la giustizia ovunque siano state violate, la volontà di riconciliazione e di solidarietà fra i diversi popoli . . ."(Tertio Millennio Adveniente TMA 46).

La Chiesa si rallegra per questi importanti traguardi, che hanno fatto crescere le speranze di vita nel mondo. Tuttavia, essa non può tacere di fronte agli 800 milioni di persone ridotte a sopravvivere in condizioni di miseria, malnutrizione, fame e precaria salute. Ancora troppe persone, soprattutto nei Paesi poveri, soffrono di malattie che possono essere prevenute e curate. Di fronte a tali gravi situazioni, le organizzazioni mondiali stanno ponendo in atto un notevole sforzo per promuovere uno sviluppo sanitario fondato sull'equità. Esse sono convinte che "la lotta contro l'ineguaglianza è allo stesso tempo un imperativo etico e una necessità pratica, e da questa dipenderà la realizzazione di una salute per tutti nel mondo intero" (OMS, Projet de document de consultation pour l'actualisation de la strategie mondiale de la santé pour tous, 1996, p.8). Mentre esprimo vivo apprezzamento per tale benemerita azione in favore dei fratelli più poveri, desidero rivolgere un pressante invito a vigilare perché le risorse umane, economiche e tecnologiche siano sempre più equamente distribuite nelle varie parti del mondo.

Esorto, altresì, gli organismi internazionali competenti ad impegnarsi efficacemente nel predisporre garanzie giuridiche adeguate, perché sia promossa nella sua interezza anche la salute di quanti non hanno voce e perché il mondo sanitario, non lasciandosi costringere dalle dinamiche del profitto, sia invece permeato dalla logica della solidarietà e della carità. In preparazione al Giubileo del 2000, anno di grazia del Signore, la Chiesa ribadisce che le ricchezze sono da considerarsi come un bene comune di tutta l'umanità (cfr Tertio Millennio Adveniente TMA 13), da utilizzare in modo da promuovere, senza alcuna discriminazione di persone, una vita più sana e dignitosa.

3. La salute è un bene prezioso, ancora oggi insidiato dal peccato di molti e messo a rischio da comportamenti privi di riferimenti etici appropriati. Il cristiano sa che la morte è entrata nel mondo con il peccato (cfr Rm 5,12) e che la vulnerabilità ha segnato, fin dagli inizi, la storia umana. Tuttavia, la malattia e il dolore, che accompagnano il cammino della vita, diventano spesso occasioni di solidarietà fraterna e di accorata invocazione a Dio perché assicuri la sua consolante presenza d'amore.

"Operando la redenzione mediante la sofferenza, Cristo ha elevato insieme la sofferenza umana a livello di redenzione. Quindi anche ogni uomo, nella sua sofferenza, può diventare partecipe della sofferenza redentiva di Cristo" (Salvifici Doloris, 19). Il dolore vissuto nella fede conduce il malato a scoprire, come Giobbe, l'autentico volto di Dio: "Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti vedono" (Jb 42,5). Non solo : attraverso la sua paziente testimonianza, il malato può aiutare coloro stessi che lo curano a scoprirsi quali immagini di Gesù che è passato facendo del bene e sanando.

A questo riguardo vorrei sottolineare, come ricorda la Carta degli Operatori Sanitari, che l'attività medico-sanitaria è, allo stesso tempo, "ministero terapeutico" e "servizio alla vita". Sentitevi collaboratori di Dio, che in Gesù si è manifestato come "medico delle anime e dei corpi", così da divenire concreti annunciatori del Vangelo della vita.

4. Gesù Cristo, unico Salvatore del mondo, è la Parola definitiva di salvezza. L'Amore del Padre, che Egli ci ha donato, sana le più profonde ferite del cuore dell'uomo e ne appaga le inquietudini. Per i credenti impegnati nell'ambito sanitario l'esempio di Gesù costituisce la motivazione ed il modello dell'impegno quotidiano a servizio di quanti sono piagati nel corpo e nello spirito, per aiutarli a ritrovare salute e guarigione, in attesa della salvezza definitiva.

280 Guardando al Mistero trinitario, l'operatore sanitario, con le sue scelte rispettose dello statuto ontologico della persona, creata ad immagine di Dio, della sua dignità e delle regole iscritte nel creato, continua a narrare la storia d'amore di Dio per l'umanità. Ugualmente lo studioso credente, obbedendo nella sua ricerca al progetto divino, fa esprimere via via alla creazione tutte le potenzialità di cui Dio l'ha arricchita. Gli studi, le ricerche e le tecniche applicate alla vita e alla salute devono essere, infatti, fattori di crescita di tutta l'umanità, nella solidarietà e nel rispetto della dignità di ogni persona umana, soprattutto di quella debole e indifesa (cfr Evangelium vitae EV 81). In nessun modo esse possono divenire espressione del desiderio della creatura di sostituirsi al Creatore.

5. La cura della salute del corpo non può prescindere dalla relazione costitutiva e vivificante con l'interiorità. Occorre, pertanto, coltivare uno sguardo contemplativo che "non si arrende sfiduciato di fronte a chi è nella malattia, nella sofferenza, nella marginalità e alle soglie della morte; ma da tutte queste situazioni si lascia interpellare per andare alla ricerca di un senso e, proprio in queste circostanze, si apre a ritrovare nel volto di ogni persona un appello al confronto, al dialogo, alla solidarietà" (Evangelium vitae EV 83). Nella storia della Chiesa, la contemplazione della presenza di Dio in creature umane deboli e malate ha sempre suscitato persone ed opere che hanno espresso con intraprendente inventiva le infinite risorse della carità, come al nostro tempo ha testimoniato Madre Teresa di Calcutta. Essa si è fatta buon samaritano di ogni persona sofferente e disprezzata e, come rilevavo in occasione della sua dipartita da questo mondo, "ci lascia la testimonianza della contemplazione che diventa amore e dell'amore che diventa contemplazione" (Angelus del 7.9.1997, in L'Osservatore Romano, p.1).

6. La Vergine Maria, Madre della Salute e Icona della Salvezza, che nella fede si è aperta alla pienezza dell'Amore, è l'esempio più alto di contemplazione e di accoglienza della Vita. La Chiesa, che "con la predicazione e il battesimo genera a vita nuova e immortale i figli, concepiti ad opera dello Spirito Santo e nati da Dio", guarda a Lei come a modello e a madre (Lumen gentium LG 63-64). A Lei, Salus infirmorum, i malati si rivolgono per ricevere aiuto, accorrendo ai suoi santuari.

Maria, grembo accogliente della Vita, vi renda attenti a cogliere nelle domande di tanti malati e sofferenti il bisogno di solidarietà e la "richiesta di aiuto per continuare a sperare, quando tutte le speranze umane vengono meno" (Evangelium vitae ). Vi sia vicina per fare di ogni gesto terapeutico un "segno" del Regno.

Con tali auspici, imparto a Voi, ai Collaboratori ed agli infermi a cui prestate amorevolmente le vostre cure una speciale Benedizione Apostolica.

DISCORSO DEL CARD. ANGELO SODANO


A NOME DI GIOVANNI PAOLO II


IN OCCASIONE DELLA 29ª CONFERENZA DELLA FAO


(ROMA, 7-18 NOVEMBRE)


Sabato, 8 novembre 1997




Signor Presidente,
Signor Direttore Generale,
Distinti Delegati ed Osservatori,
Signore e Signori,

Desidero in primo luogo ringraziare Lei, Signor Presidente, per avermi dato la parola dinanzi a questa qualificata assemblea che vede convenuti i Rappresentanti di tutti i Paesi del mondo, segno di una concreta universalità come pure di effettiva adesione intorno agli ideali che sin dalla istituzione animano la FAO.

281 A Lei Signor Direttore Generale va il mio sentito ringraziamento per l’accoglienza riservatami, ma soprattutto per aver consentito questo incontro al momento dell’apertura solenne della 29ª sessione della Conferenza della FAO.

Le parole che Ella ha appena pronunciato nell’illustrare alla Conferenza le linee d’azione dell’Organizzazione nel prossimo biennio, sono una garanzia di continuità in un'opera meritoria e un forte richiamo ai compiti ed alle responsabilità di ognuno.

1. Il saluto del Papa

Questa mia presenza si colloca nella consolidata tradizione che dal 1951, anno dell’arrivo della FAO a Roma, vede ad ogni Conferenza un incontro con il successore di Pietro.

Quest’anno, circostanze particolari non consentono al Papa di rinnovare personalmente l’incontro e di sostenere con la sua parola e il suo incoraggiamento gli sforzi che andate compiendo. Il Santo Padre mi ha quindi incaricato di portarvi il Suo saluto e di rinnovarvi la Sua stima.

A nome del Sommo Pontefice, vorrei poi offrirvi qualche spunto di riflessione, alla luce del Magistero della Chiesa.

2. L’impegno della FAO

Non vi è dubbio che attraverso la creazione della FAO la Comunità internazionale evidenzia il dovere di un’azione da compiere per raggiungere l’importante obiettivo di liberare tanti esseri umani dalla malnutrizione, dalla minaccia di sofferenza per fame.

Nel contempo l’azione anche recente intrapresa dall’Organizzazione ha segnato un'importante evoluzione, non solo concettuale, per la cultura delle relazioni internazionali. Questa è stata troppo spesso dimenticata, per lasciare spazio ad un pragmatismo privo di un solido fondamento etico-morale.

Nelle conclusioni del Vertice Mondiale sull’Alimentazione viene infatti sottolineato che la fame e la malnutrizione non sono fenomeni solo naturali o addirittura un male endemico di aree determinate. In realtà è piuttosto la risultante di una più complessa condizione di sottosviluppo, povertà, degrado. La fame dunque è parte di una situazione strutturale — economica, sociale, culturale — fortemente negativa per la piena realizzazione della dignità umana.

Una tale prospettiva è del resto sintetizzata dal Preambolo della Costituzione della FAO, che proclama l’impegno di ciascun Paese ad aumentare il proprio livello di nutrizione, a migliorare le condizioni dell’attività agricola e delle popolazioni rurali così da accrescere la produzione ed attivare un’efficace distribuzione degli alimenti in ogni parte del pianeta.

282 3. Il diritto alla nutrizione

Tra i primi diritti fondamentali dell’uomo si colloca giustamente il diritto alla nutrizione, che non solo è parte integrante del diritto alla vita proprio di ogni essere umano, ma oserei dire ne è una condizione essenziale.

Come dimenticare questa realtà nel momento in cui la Comunità internazionale si appresta a dare il dovuto risalto alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo a cinquant’anni dalla sua proclamazione? Gli impegni sottoscritti di recente nelle conclusioni del Vertice sull’Alimentazione poi, hanno giustamente individuato nel diritto alla sicurezza alimentare di popoli, gruppi e nazioni, la dimensione comunitaria di tale diritto fondamentale.

Dunque quello della FAO resta un obiettivo primario che oggi è diventato quanto mai necessario raggiungere. Resta un dato tangibile infatti che il sottosviluppo, la povertà e quindi la fame minando alla radice l’ordinaria convivenza di popoli e nazioni, possono diventare altrettante cause di tensioni e quindi minacciare la pace e la sicurezza internazionale.

Sono sotto i nostri occhi tristi situazioni nelle quali si muore per fame perché la pace è dimenticata e la sicurezza non garantita, o realtà in cui per sfamarsi gli uomini giungono a combattersi fino a dimenticare la propria umanità.

Anche il pane quotidiano per ogni uomo sulla terra, quel «Fiat panis» che la FAO ha voluto a suo motto, è strumento di pace, è garanzia di sicurezza. È questo l’obiettivo da raggiungere ed ai lavori di questa Conferenza è dato il compito di individuare le strade da percorrere.

4. L’esigenza della solidarietà

Dalla documentazione predisposta per i vostri lavori emerge un significativo elemento al quale mi sembra doveroso rivolgere l’attenzione: la realtà mondiale va modificata se si vuole garantire un’equilibrata attività agricola e quindi un’efficace lotta contro la fame. La situazione odierna, nel profilo economico-sociale, ci rende tutti consapevoli di quanto la fame e la malnutrizione di milioni di esseri umani siano il frutto di iniqui meccanismi della struttura economica, di ineguali criteri della distribuzione delle risorse e della produzione di politiche attuate esclusivamente a salvaguardia di interessi di parte o di forme differenti di protezionismo ristretti ad aree particolari.

Una realtà che se letta attraverso categorie di ordine morale, fa emergere il riferimento a certe impostazioni come l’utilitarismo o, ancor più radicalmente, l’egoismo e quindi alla negazione, nei fatti, del principio di solidarietà.

La solidarietà infatti è una scelta di vita che si attua nella piena libertà di chi dà e di chi riceve. Ma di una libertà autentica, capace cioè di realizzarsi spontaneamente perché pronta a cogliere i bisogni, a manifestare le necessità, a mostrare concrete possibilità di condivisione.

Realizzare in concreto la solidarietà nei rapporti internazionali richiede il superamento degli angusti limiti dettati da una limitata affermazione del principio di reciprocità che vuole a tutti i costi considerare sulla stesso piano Paesi resi invece diseguali da un differente grado di sviluppo umano, sociale ed economico.

283 5. Vi è cibo per tutti

Di un quadro così complesso è necessario comprendere le ragioni per poi modificare l’atteggiamento di ognuno di noi, anzitutto quello interiore. Se vogliamo che il mondo sia libero dalla fame e dalla malnutrizione, dobbiamo interrogarci sulle nostre convinzioni più profonde, su cosa ispira la nostra azione, su quanto il nostro talento sia messo a frutto del presente e del futuro della famiglia umana.

Molti sono infatti i paradossi che sorreggono le cause della fame, ad iniziare da quello «dell’abbondanza» (cfr Giovanni Paolo II, Discorso alla Conferenza Internazionale sulla Nutrizione, 5 dicembre 1992). Credo qui di interpretare anche i sentimenti di quanti si accostano alla vostra documentazione, in cui continua a destare non poca meraviglia il dato che attualmente la terra con i suoi frutti è in grado di nutrire gli abitanti del pianeta. Nonostante in singole regioni permangano oscillanti livelli della produzione e conseguentemente i parametri di sicurezza alimentare, a livello globale si produce a sufficienza. Perché allora di fronte ad una potenziale disponibilità sono molti quelli che soffrono la fame?

Le cause che ben conoscete, pur se diversificate, presentano alla radice una cultura dell’uomo privata di ragioni etiche e di fondamento morale che si riflette sull’impostazione delle relazioni internazionali e sui valori che dovrebbero guidarli. Nel recente Messaggio per la Giornata Mondiale per l’Alimentazione, lo scorso 16 ottobre, Giovanni Paolo II ha voluto sottolineare la priorità di costruire rapporti tra i popoli sulla base di un continuo «scambio di doni». Sostiene questo atteggiamento una concezione che pone la persona a fondamento e fine di ogni attività, la supremazia del dare sull’avere, una disponibilità all’aiuto o a politiche di assistenza, una condivisione della realtà di ogni nostro «prossimo»: persona, comunità, nazione. Sono quelle diverse componenti che sole possono ispirare una vera e fattiva «cultura del dare» che renda ogni Paese pronto a condividere i bisogni dell’altro (cfr Giovanni Paolo II, Discorso in occasione del 50° della FAO, 23 ottobre 1995).

6. La salvaguardia delle risorse

Per un’efficace lotta contro la fame non basta quindi puntare ad una corretta impostazione dei meccanismi di mercato o a raggiungere livelli di produzione sempre più elevati e funzionali. Occorre certamente dare un’adeguata collocazione al lavoro agricolo valorizzando sempre più le risorse umane che di tale attività sono i protagonisti, ma è necessario recuperare il vero senso della persona umana, la sua centralità quale fondamento ed obiettivo prioritario di ogni azione.

Un esempio concreto in tale prospettiva lo si trova nell’agenda dei lavori di questa Conferenza per l’attenzione rivolta alla questione ambientale intesa come salvaguardia dell'«ambiente umano ». Un’azione che vede la FAO impegnata nel contenere i danni dell’ecosistema agricolo, salvaguardandolo da fenomeni come la desertificazione e l’erosione o da un’attività umana sconsiderata. Come pure consentendo un più razionale e ridotto uso di sostanze fortemente inquinanti attraverso specifici «Codici di condotta» che appaiono efficace strumento accettato nelle politiche degli Stati membri.

La sfida del domani in questo delicato settore è data soprattutto dagli impegni assunti sul piano internazionale a difesa dell’ambiente naturale, che fanno risaltare il ruolo centrale della FAO nell’attuazione di molteplici dei programmi dell’«Action 21» di Rio de Janeiro e nella conservazione delle specie biologiche diverse.

Quest’ultimo profilo richiede un ulteriore sforzo, per assumere quella necessaria impostazione di ordine etico e concettuale nel ritenere che è una questione di giustizia internazionale quella della disponibilità comune del patrimonio genetico naturale.

La disponibilità delle risorse biologiche è dell’umanità, in quanto rientra nel suo patrimonio comune, come la FAO sottolineò nel 1983 adottando lo specifico «International Undertaking on Plant Genetic Resources».

Realizzare un’effettiva giustizia nelle relazioni tra i popoli significa essere coscienti della universale destinazione dei beni e che il criterio verso cui orientare la vita economica e quella internazionale resta una comunione dei beni stessi.

284 7. La collaborazione della Chiesa

In questo vostro sforzo la Chiesa cattolica vi è vicina. È quanto testimonia anche l’attenzione e il coinvolgimento con cui la Santa Sede, da parte sua, segue fin dal 1947 — sono ormai cinquant'anni — l’azione della FAO, prima tra le Organizzazioni intergovernative del Sistema delle Nazioni Unite con cui ha stabilito rapporti formali.

Nel proseguire la propria missione di diffondere la Buona Novella a tutte le genti la Chiesa non manca di ricordare l’invito di Cristo a chiedere al Padre che sta nei cieli il «pane quotidiano». Per questo è vicina alla realtà degli ultimi, dei dimenticati; come pure conosce la vita di quanti lavorano la terra con fatica e trepidazione, ed è pronta a sostenere l’iniziativa di coloro che operano per procurare a tutti gli uomini il pane quotidiano. Essi collaborano in un’azione che nel significato del messaggio cristiano diviene la prima tra le opere di misericordia, poiché metro dell’agire umano resta il pronto corrispondere all’«avevo fame» (
Mt 25,42).

Uno spunto che sembra accompagnare tutta l’azione della FAO, con uno sforzo giustamente realistico e allo stesso tempo serenamente ottimista. Come dimostra la vostra presenza e il vostro impegno, la FAO non sembra scoraggiarsi guardando i numerosi ostacoli sul suo cammino, né arrestarsi di fronte ad oggettive difficoltà, preferendo affrontarle.

La Chiesa, fedele al suo messaggio, non può che dare ampio risalto a questo spirito positivo, di servizio disinteressato, di ragionevole sfida, sorretto dalla fiducia nella possibilità di risolvere uno dei grandi problemi della famiglia umana.

Che Dio Onnipotente e ricco di misericordia, faccia scendere le grazie della Sua Benedizione sulle vostre Persone e sui vostri lavori. È questo l’augurio che sono incaricato di portare da parte di Sua Santità Giovanni Paolo II.


AI PELLEGRINI CONVENUTI PER LA BEATIFICAZIONE DI:


VILMOS APOR, GIOVANNI BATTISTA SCALABRINI,


MARÍA VICENTA DE SANTA DOROTEA CHÁVEZ OROZCO


Lunedì, 10 novembre 1997




Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
Carissimi Fratelli e Sorelle nel Signore!

1. L'inno di gioia e di ringraziamento a Dio per la solenne liturgia di Beatificazione di ieri si rinnova in questo nostro incontro, nel quale vogliamo soffermarci ancora una volta a meditare sugli esempi e sugli insegnamenti dei tre nuovi Beati. Saluto con affetto tutti voi che con la vostra presenza rendete loro omaggio. Estendo il mio saluto alle vostre famiglie, alle vostre comunità e alle nazioni da cui provenite. A tutti giunga il mio cordiale pensiero. Questi nuovi Beati sono per noi fari luminosi di speranza che, nella comunione dei santi, illuminano il nostro quotidiano cammino sulla terra.

"La croce fortifica il debole e rende mite il forte". Il motto scelto dal Vescovo e martire ungherese Vilmos Apor costituisce una mirabile sintesi del suo itinerario spirituale e del suo ministero pastorale. Forte della verità del Vangelo e dell'amore a Cristo, egli alzò con coraggio la propria voce per difendere sempre i più deboli dalle violenze e dai soprusi.

285 Durante gli anni difficili del secondo conflitto mondiale si prodigò instancabilmente ad alleviare la povertà e le sofferenze della sua gente. Il fattivo amore per il gregge a lui affidato lo condusse a mettere a disposizione degli sfollati a motivo della guerra anche il palazzo vescovile, difendendo i più esposti ai pericoli anche a rischio della propria vita.

Il suo martirio, avvenuto il Venerdì Santo del 1945, fu degno coronamento di una esistenza tutta segnata dall'intima partecipazione alla Croce di Cristo. La sua testimonianza evangelica sia per voi, carissimi Fratelli e Sorelle d'Ungheria, uno stimolo costante a sempre maggiore dedizione nel servire Cristo e i fratelli.

3. Il beato Giovanni Battista Scalabrini rifulge oggi come esempio di pastore dal cuore sensibile ed aperto. Attraverso la sua mirabile opera a favore del popolo di Dio, Mons. Scalabrini si propose di lenire le ferite materiali e spirituali di tanti fratelli costretti a vivere lontani dalla loro patria. Li sostenne nella difesa dei diritti fondamentali della persona umana e li volle aiutare a vivere gli impegni della loro fede cristiana. Quale autentico "Padre dei migranti", operò per sensibilizzare le comunità ad una accoglienza rispettosa, aperta e solidale. Era infatti convinto che, con la loro presenza, i migranti sono un segno visibile della cattolicità della famiglia di Dio e possono contribuire a creare le premesse indispensabili per quell'autentico incontro tra i popoli che è frutto dello Spirito di Pentecoste.

Auspico di cuore che il suo esempio sia di costante incoraggiamento per tutti voi, cari pellegrini, venuti per rendergli omaggio. Vi saluto con grande cordialità. Saluto in particolare voi, pellegrini della Diocesi di Piacenza-Bobbio, presenti con il vostro Pastore Monsignor Luciano Monari, e con i Signori Cardinali Ersilio Tonini e Luigi Poggi, originari della vostra terra. Il servizio apostolico reso per lunghi anni dal nuovo Beato nella vostra Diocesi continui ad ispirare l'attuale vostro impegno di vita cristiana, perchè il Vangelo possa sempre illuminare i passi di tutti i credenti.

Un ricordo speciale per i Missionari e le Missionarie di san Carlo, religiosi e laici appartenenti alla famiglia spirituale fondata dal novello Beato. Essi, con la loro presenza nella Chiesa ed il loro apostolato tra i migranti, proseguono l'opera del loro Padre e Maestro per il bene di tanti fratelli migranti e rifugiati nelle varie parti del mondo.

4. Saluto ora cordialmente il folto gruppo di fedeli provenienti dalla Diocesi di Como, che insieme con il loro Vescovo, Mons. Alessandro Maggiolini, oggi si rallegrano per la beatificazione del loro conterraneo, Mons. Scalabrini. Carissimi, la vostra presenza mi rinnova il ricordo della Visita pastorale che ho avuto la gioia di compiere nella vostra Comunità diocesana lo scorso anno. Durante i giorni trascorsi in terra comasca ho potuto costatare come nella Città di Como, nella zona del lago e nella Valtellina, sia ancora presente una solida tradizione di valori religiosi e di santità. Penso in particolare ai primi Martiri Carpoforo e Compagni, ai primi Vescovi Felice e Abbondio, a Papa Innocenzo XI, al Beato Cardinale Andrea Carlo Ferrari, al Beato Luigi Guanella, alla Beata Chiara Bosatta, senza dimenticare infine il venerabile Nicolò Rusca. A tale schiera di generosi testimoni di Cristo si unisce oggi questo nuovo Beato, che fu Rettore del Seminario comasco di Sant'Abbondio e Priore della parrocchia di san Bartolomeo.

Possa questa vostra ricca tradizione cristiana proseguire ed arricchirsi di sempre nuovi fedeli servitori di Cristo. A tal fine, lasciatevi formare dallo Spirito Santo, a cui la Chiesa dedica speciale attenzione durante il 1998, secondo anno di immediata preparazione al Grande Giubileo del 2000. Le vostre Comunità parrocchiali e zonali potranno così attuare con coerente fervore apostolico l'impegno dell'evangelizzazione. Vi sostengano i Santi Patroni della vostra Diocesi e specialmente la Madonna, da voi venerata particolarmente nella Cattedrale e nei Santuari del Soccorso, di Gallivaggio e di Tirano.

5. Accolgo con piacere i pellegrini messicani che, accompagnati dai loro Vescovi, sono venuti fino a Roma da Guadalajara, culla dell'opera della nuova Beata María Vicenta de Santa Dorotea Chávez Orozco, e da altre Diocesi di questo amato Paese, per condividere il ricco patrimonio spirituale di questa intrepida donna, nata in terra messicana e chiamata a dare gloria alla Chiesa universale.

«Caritas Christi urget nos» (
2Co 5,14): l'amore di Cristo ci spinge. Fu questo il motto e l'insegna di Madre Vicentita. Il suo grande amore per Cristo crocifisso la spinse a dare il meglio di sé per le persone sofferenti, vivendo un'autentica opzione preferenziale per i malati, gli anziani e i poveri. Esigente con se stessa ed estremamente dolce con gli altri, seppe incarnare il volto materno ed evangelizzatore della Chiesa fra i letti degli ospedali, insegnando ai malati che nella sofferenza si nasconde una forza particolare che avvicina interiormente l'uomo a Cristo e che diviene fonte di pace e di gioia spirituale (cfr Salvifici doloris, n. 26).

Cari fratelli e care sorelle, la straordinaria testimonianza di questa anima consacrata completamente a Dio Uno e Trino è un invito a tutti, e in modo particolare alle Serve della Santissima Trinità e dei Poveri, a vivere con abnegazione e semplicità la propria vocazione cristiana, rendendo presente nel mondo lo spirito delle beatitudini.

Che la nostra beata interceda per i lavori della prossima Assemblea del Sinodo dei Vescovi per l'America! Che il suo santo esempio animi la grande sfida della nuova evangelizzazione alla quale è invitata tutta la Chiesa alle soglie del terzo millennio cristiano!

286 6. Carissimi Fratelli e Sorelle! Tornando alle vostre Comunità di provenienza, portate con voi il ricordo di queste singolari giornate trascorse a Roma. Sulle orme dei nuovi Beati, sia vivo in ciascuno il desiderio di rispondere sempre più generosamente alla grazia del Signore ed all'universale vocazione alla santità. Invoco a tal fine la celeste protezione della Madonna e dei Beati Vilmos Apor, Giovanni Battista Scalabrini, María Vicenta di Santa Dorotea Chávez Orozco e imparto di cuore a voi, alle vostre famiglie, alle vostre comunità ed a quanti vi sono cari, una speciale Benedizione Apostolica.




GIOVANNI PAOLO II


AI PELLEGRINI


DELLA DIOCESI DI ZIELONA GÓRA-GORZÓV (POLONIA)


12 novembre 1997




Carissimi Fratelli e Sorelle,

1. "La grazia e la pace di Colui che è, che era e che viene, sia con tutti voi". Con questo saluto liturgico voglio darvi il benvenuto nella Città Eterna, alle tombe degli Apostoli. Sono lieto che con la vostra odierna presenza desideriate unirvi al mio continuo grazie a Dio per il grande dono che è stato a me ed alla Chiesa durante il mio sesto pellegrinaggio nel Paese natio.

La vostra partecipazione al mio ringraziamento al Signore è preziosa specialmente perché, in qualche modo, rappresentate l'intera Diocesi di Zielona Góra- Gorzów, anche quanti, pur nutrendo i medesimi sentimenti di gratitudine verso la Divina Provvidenza, non hanno potuto venire. Il mio saluto va anche a loro. Esso si dirige in primo luogo al vostro Vescovo, che saluto cordialmente, porgendogli il benvenuto, unitamente al suo Vescovo Ausiliare qui presente. Il mio pensiero poi si rivolge ai Rappresentanti delle Autorità di Zielona Góra, di Gorzów e della Provincia.

Ho vivo dinanzi a me il ricordo della moltitudine entusiasta di fedeli riuniti il 2 giugno u.s. nella piazza davanti alla chiesa dei Fratelli Polacchi. Giovani, persone nel pieno dell'età matura, bambini insieme con i genitori, ex combattenti, ed ex deportati in Siberia, vescovi, sacerdoti, religiosi - tutti erano uniti dallo stesso spirito di amore per Cristo e dal desiderio di incontrare il Successore di Pietro, giuntovi per confermare nella fede i suoi fratelli (cfr Lc 22,32). Allo stesso tempo, essi erano venuti per attingere dalla fede la forza per adempiere ai compiti affidati loro dalla Divina Provvidenza.

Ricordo il dialogo cordiale, al termine della Liturgia della Parola, e la vostra assicurazione di sostenermi nel mio Ministero petrino. Confido sappiate adempiere con fedeltà a questa promessa e vi ringrazio per le vostre preghiere e l'offerta dei vostri sacrifici.

2. Il saluto liturgico rievocato all'inizio, ripete in un certo senso la verità che ci ha accompagnato durante gli incontri in Polonia: la verità su Gesù Cristo, il quale è "ieri, oggi e sempre" (cfr Eb He 8,35). Proprio grazie alla fede in questo ineffabile mistero, a Gorzów abbiamo potuto chiederci: "Chi ci separerà ... dall'amore di Cristo?" (Rm 8,35). Oggi desidero ripetere queste parole: occorre ricordarle di continuo. Bisogna ricordarle in modo speciale ora, mentre tutta la Chiesa si sta preparando al Grande Giubileo dell'Anno 2000. Esse dovrebbero diventare programma di vita per ogni credente e per l'intera comunità dei discepoli di Cristo.

Oggi il mondo ha più che mai bisogno di questa verità sull'amore di Cristo, un amore che dura da sempre e che non passerà mai. Esso soltanto può trasformare il volto di questo mondo. Perciò, ricordando oggi il nostro incontro di Gorzów, rinnovo il mio invito, carissimi Fratelli e Sorelle, a dare testimonianza di questo amore. Esso pervada le quotidiane fatiche delle famiglie, l'impegno dello studio e del lavoro, la vita sociale e politica. L'amore di Cristo ravvivi la vostra sensibilità alle necessità degli altri ed aumenti le energie per recare loro un aiuto efficace. Nulla ci può separare dall'amore di Cristo, "che è, che era e che viene".

Insieme, a Zielona Góra e a Gorzów, abbiamo appreso tutto ciò. Alla vigilia del millennio del martirio dei Fratelli Polacchi, sulla soglia della chiesa dedicata alla loro memoria, abbiamo cercato di metterci in ascolto del loro insegnamento sul dono totale a Cristo nell'amore. Occorre che questa lezione si imprima profondamente nelle nostre menti e nei nostri cuori. Voi che vi state preparando in modo particolare alle solenni celebrazioni del millennio della morte dei monaci di Miêdzyrzec, siete chiamati a trasmettere alle future generazioni la loro lezione di fedeltà e di amore a Cristo.

3. Vi ringrazio cordialmente per la vostra visita, per le vostre preghiere e per i vostri sentimenti. Vi prego di recare il mio saluto ai vostri cari e a coloro che non sono potuti venire qui. Portate loro l'assicurazione della mia vicinanza spirituale in modo speciale a coloro che hanno sofferto a causa dell'alluvione che l'estate scorsa ha colpito le vostre terre.


GP2 Discorsi 1997 278