GP2 Discorsi 1998 8


GIOVANNI PAOLO II


ALLA COMUNITÀ DELL'ALMO COLLEGIO CAPRANICA


Giovedì, 8 gennaio 1998




1. Sono lieto di incontrarvi, carissimi Alunni dell'Almo Collegio Capranica, in prossimità della memoria liturgica della vostra Patrona sant'Agnese. Vi saluto insieme con il Rettore, Monsignor Michele Pennisi, che ringrazio di cuore per le parole rivoltemi e per i sentimenti manifestati a nome di tutti voi.

Ci troviamo nel tempo di Natale, tra la solennità dell'Epifania e la festa del Battesimo del Signore, nel corso di quest'anno, il 1998, dedicato in modo particolare allo Spirito Santo. La ricorrenza dell'Epifania ci ha invitati a meditare sulla missione universale della Chiesa, prolungamento della missione salvifica di Cristo, luce delle genti, "Lumen gentium". Ciascuno di voi, cari seminaristi e giovani presbiteri, è inserito in questa missione della Chiesa, e si sta preparando a servirla in modo completo e maturo. A tal fine è necessario anzitutto crescere in quella personale docilità allo Spirito Santo, di cui è modello Maria Santissima. Da Maria impariamo, in questo tempo natalizio, ricco di stupore e di ammirazione, l'impegno ad ascoltare ed accogliere in profondità la Parola di Dio.

2. Lo Spirito Santo è il protagonista della missione della Chiesa, è il protagonista della nuova evangelizzazione. Domenica prossima contempleremo l'icona di Cristo che, battezzato nel Giordano, riceve dal Padre l'unzione spirituale. Essa è quanto mai eloquente e ricca di significato per ogni cristiano e, in modo particolare, per ogni sacerdote. Essa ci aiuta ad approfondire il mistero della nostra personale chiamata e consacrazione nello Spirito Santo, quell'"unzione", che, come dice l'apostolo Giovanni, "insegna ogni cosa, è veritiera e non mentisce" (1Jn 2,27).

Lo Spirito Santo ci conforma a Cristo, ci dà la forza di seguirlo e di testimoniarlo. E' fonte di santità vissuta nelle prove ordinarie ed in quelle straordinarie. La Vergine Agnese è, specialmente per voi, che la venerate come Patrona, modello di conformazione a Cristo nel dono totale di sé per il Vangelo. Il Signore, per la intercessione di questa Vergine martire, faccia di ciascuno di voi un testimone coraggioso del suo amore, un santo sacerdote, una fedele immagine di Cristo Buon Pastore.

Con tali sentimenti, mentre vi auguro ogni bene per l'anno da poco iniziato, imparto di cuore a tutti voi la Benedizione Apostolica, estendendola volentieri alle persone che vi sono care.




GIOVANNI PAOLO II


ALLA COMUNITÀ


DEL PONTIFICIO COLLEGIO PIO ROMENO IN ROMA


Venerdì, 9 gennaio 1998




Signor Cardinale,
Venerati Fratelli nell'Episcopato,
Carissimi Superiori ed alunni del Collegio Pio Romeno!

9 1. "L'anima mia magnifica il Signore e il mio Spirito esulta in Dio mio Salvatore" (Lc 1,46). Vogliamo innalzare insieme a Maria Santissima, celeste Patrona del Collegio, quest'inno di lode al Signore per i sessant'anni della sua fondazione e per tutti i doni ricevuti in questo arco di tempo.

Ricordiamo, in particolare, la grandiosa opera del mio Predecessore Papa Pio XI, di venerata memoria, che, sempre attento ai bisogni delle Chiese cattoliche orientali, ha voluto erigere sul colle del Gianicolo un Collegio per i candidati al sacerdozio provenienti dalla Chiesa greco-cattolica romena. Tale sede, costruita grazie al munifico intervento dello stesso Pontefice, doveva assicurare agli studenti un'adeguata formazione liturgica e spirituale nel rito bizantino-romeno, permettendo loro nel contempo di conoscere le ricchezze della Chiesa universale.

Erano tempi di grandi speranze per le Comunità cattoliche orientali in quella parte dell'Europa, e si voleva sostenerle ed indirizzarle verso un sempre più sicuro sviluppo. Benché le successive tragiche vicende abbiano colpito al cuore queste Chiese, gettando in carcere vescovi, sacerdoti e laici, esse continuarono a servire Cristo, conservando salda l'unione con la Sede di Pietro.

Come non ricordare, in questo momento, due illustri testimoni tuttora viventi, il Cardinale Alexandru Todea e l'Arcivescovo Ioan Ploscaru, i quali pagarono un alto prezzo per difendere i diritti della Chiesa ed affermare la libertà di coscienza?

2. Durante tutto quel periodo difficile il Collegio ospitava gli studenti di altre Chiese orientali, ma nello stesso tempo conservava una simbolica presenza di sacerdoti greco-cattolici romeni, diventando così un segno di speranza in attesa di tempi migliori ed un punto di riferimento per la Comunità romena nella Diaspora.

Cari sacerdoti e seminaristi, con la caduta dei regimi atei e il cessare delle persecuzioni avete potuto venire a Roma e trovare ospitalità fra le mura del Collegio, che è la vostra casa nell'Urbe. Tenete sempre presente la memoria di questi fatti storici, perché vivo sia in voi l'impegno per una rinascita nella fraternità. Ciò vi aiuterà a testimoniare la Verità e vi spronerà ad un servizio evangelico generoso, a vantaggio di ogni persona e dell'intera società.

La vostra formazione, rispettando il suo carattere autenticamente orientale, segua la tradizione dei vostri padri e si apra con lungimirante saggezza alle necessità dei tempi nuovi. Il contributo di quei cristiani di Romania che, essendo di tradizione bizantina, condividono le ricchezze dell'Oriente cristiano e ad un tempo partecipano della cultura europea, arricchisce non solo la Chiesa, ma la stessa Europa. Da un simile incontro possono, infatti, scaturire esperienze di grande valore, oltre che in campo religioso, anche per il progresso del pensiero e del costume sociale.

3. "Ogni sapienza viene dal Signore ed è sempre con Lui" (Si 1,1). La vostra vita nel Collegio sia incentrata sulla Liturgia, che permette all'uomo di entrare nei misteri divini e lo inizia alle realtà di Dio. Cercate di conoscerla bene e di amarla in modo che diventi per voi fonte di forza spirituale. Celebratela con il cuore, in modo vivo, penetrandone i contenuti teologici e spirituali.

Inoltre, l'approfondimento della Sacra Scrittura e delle opere dei Padri vi aiuterà a meglio comprendere quale sia la chiave di ogni vera teologia. Formati a questa scuola dal valore perenne, oggetto di venerazione e di studio anche da parte dei fratelli ortodossi, voi sarete ad un tempo saldamente ancorati alle radici della Chiesa e capaci di illuminare le vicende contemporanee con una luce antica e sempre nuova.

Il Signore vi chiama a servirlo nella vostra Terra, recando a tutti la verità evangelica, che libera ogni uomo dalla schiavitù del peccato, dal relativismo morale e dalla ricerca della ricchezza ad ogni costo, e lo rende più saldo nell'affrontare le difficoltà del momento presente.

So che la Chiesa greco-cattolica romena esercita questa sua missione in condizioni di vita spesso difficili, dovendo far fronte ad una persistente carenza di strutture. So, però, che vanno crescendo i cantieri per dotare le comunità di sedi idonee per la preghiera e l'attività pastorale, con il desiderio di ritrovare nelle forme artistiche del tempio la continuità con le origini, non ignorando naturalmente la sensibilità culturale odierna.

10 4. Carissimi Fratelli! Mi è gradito anche in questa circostanza esprimere viva riconoscenza ai Vescovi ed a tutto il Clero, eparchiale e religioso di Romania, per il generoso impegno con il quale essi dispensano ai fedeli i Misteri divini ed offrono loro sostegno e incoraggiamento nei momenti di prova, sempre insegnando la sacralità e la inviolabilità della vita.

Affido al Signore il cammino che la vostra Chiesa sta compiendo e le sue prospettive per il futuro. In modo speciale, invoco la divina assistenza sulla celebrazione del quarto Concilio Provinciale, iniziato l'anno scorso. Di fronte ai radicali mutamenti che interessano la società romena, tale assemblea è chiamata a rivedere mete e metodi pastorali, per rendere più consapevole ed attiva la missione dei fedeli.

La Comunità ecclesiale troverà così la forza necessaria per quella testimonianza che è chiamata a dare nella fedeltà e nel rinnovamento, mentre si appresta a celebrare il Grande Giubileo dell'Anno Duemila e il terzo centenario della sua ritrovata unità con la Sede romana.

Con viva gioia, all'inizio del nuovo Anno, formulo a tutti vivissimi voti augurali e, mentre vi prego di recare alle vostre Eparchie il mio caloroso saluto, imparto a ciascuno di cuore una speciale Benedizione Apostolica.


IN RISPOSTA AGLI AUGURI DEL CORPO DIPLOMATICO


ACCREDITATO PRESSO LA SANTA SEDE


Eccellenze,

Signore e Signori,

1. L'omaggio collettivo del Corpo Diplomatico, all'inizio di un nuovo anno, riveste sempre un carattere di commovente solennità e di cordiale familiarità. Ringrazio di tutto cuore il vostro Decano, l'Ambasciatore Atembina-Te-Bombo, che mi ha trasmesso con cortesia i vostri affettuosi auguri e ha ricordato in maniera delicata alcuni aspetti della mia missione apostolica.

In questo inizio d'anno 1998 lasciamo risplendere per tutti gli uomini di oggi la luce che si è diffusa nel mondo il giorno della nascita del Bambino-Dio. Per sua stessa natura, è universale e il suo chiarore si riflette su tutti senza eccezioni. Essa rivela i nostri successi e i nostri fallimenti nella gestione del creato e nelle nostre missioni al servizio della società.

2. Le realizzazioni positive felicemente non sono mancate. L'Europa centrale e orientale ha proseguito il suo cammino verso la democrazia, liberandosi poco a poco del peso e dei condizionamenti del totalitarismo di ieri. Speriamo che questo progresso risulti ovunque effettivo!

Vicino a noi, la Bosnia ed Erzegovina conosce, anche se con qualche difficoltà, una relativa pace, sebbene le ultime elezioni locali abbiano mostrato la precarietà del processo di pacificazione fra le diverse comunità. A tale proposito, desidero invitare con insistenza la comunità internazionale a proseguire i suoi sforzi a favore del ritorno dei rifugiati nelle loro case e del rispetto dei diritti fondamentali delle tre comunità etniche che compongono il Paese. Sono condizioni necessarie alla vitalità di questo Paese: la mia indimenticabile visita pastorale a Sarajevo, la scorsa primavera, mi ha permesso di percepirlo ancora meglio.

L'apertura dell'Unione Europea verso l'Est e gli sforzi compiuti per una stabilità monetaria dovrebbero condurre a una progressiva complementarietà dei popoli, nel rispetto dell'identità e della storia di ognuno di essi. Si tratta in un certo senso di condividere il patrimonio di valori che ogni nazione ha contribuito a far sbocciare: la dignità della persona umana, i suoi diritti fondamentali imprescindibili, l'inviolabilità della vita, la libertà e la giustizia, il senso di solidarietà e il rifiuto dell'esclusione.

11 Sempre in questo continente, non si può non incoraggiare la ripresa del dialogo fra le parti che si oppongono da anni in Irlanda del Nord. Che tutti abbiano il coraggio della perseveranza per superare gli ostacoli attuali, lì come in altre regioni d'Europa!

In America Latina il processo di democratizzazione è proseguito, anche se in alcuni luoghi riflessi malvagi hanno ostacolato il suo cammino, come hanno mostrato i tragici fatti accaduti nella provincia del Chiapas, in Messico, alcuni giorni prima di Natale. Alla fine di questo mese, a Dio piacendo, mi recherò in visita pastorale a Cuba. La prima visita di un Successore di Pietro in questa isola mi darà l'opportunità di confortare non solo i cattolici tanto coraggiosi di questo Paese, ma anche tutti i loro concittadini che si adoperano per l'avvento di una patria sempre più giusta e solidale, in cui ognuno trovi il proprio posto e veda riconosciute le sue legittime aspirazioni.

Per quanto concerne l'Asia, dove vive più della metà dell'umanità, si deve plaudire ai colloqui fra le due Coree che si svolgono a Ginevra. Il loro successo allenterebbe notevolmente la tensione in tutta la regione e incoraggerebbe certamente un dialogo costruttivo fra altri Paesi della regione, ancora divisi o antagonisti, invitandoli ad adottare una dinamica di solidarietà e di pace. Le oscillazioni finanziarie che di recente hanno avuto un ruolo di primo piano in alcuni Paesi di questa parte del mondo invitano a una seria riflessione sulla moralità degli scambi economici e finanziari che hanno portato al considerevole sviluppo dell'Asia negli ultimi anni. Una più grande sensibilità verso la giustizia sociale e un maggiore rispetto delle culture locali potrebbero evitare in futuro cattive sorprese, delle quali le popolazioni finiscono sempre con l'essere le vittime.

Non occorre che insista per ricordare l'interesse con cui il Papa e i suoi collaboratori seguono l'evolversi della situazione in Cina, auspicando che favorisca l'instaurarsi di rapporti sereni con la Santa Sede. Ciò permetterebbe ai cattolici cinesi di vivere la loro fede, pienamente inseriti nella comunione di tutta la Chiesa in cammino verso il Grande Giubileo.

Il mio pensiero si volge anche alla Chiesa che è in Viêt Nam e che aspira sempre a migliori condizioni di vita. Non posso inoltre dimenticare gli abitanti del Timor Orientale, e in particolare i figli della Chiesa che vivono in questa terra, che attendono di conoscere un'esistenza più serena per poter guardare al futuro con maggiore fiducia.

Vorrei rivolgere qui un saluto cordiale alla Mongolia, che ha espresso il desiderio d'instaurare legami più stretti con la Sede apostolica.

3. Più in generale, fra gli aspetti positivi del nostro bilancio citerei l'accresciuta sensibilità nel mondo per le questioni legate alla tutela di un ambiente degno dell'uomo e anche il consenso internazionale che ha permesso, appena un mese fa ad Ottawa, la firma di un trattato sull'interdizione delle mine anti-uomo (che la Santa Sede d'altronde si appresta a ratificare). Tutto ciò manifesta un rispetto sempre più concreto verso la persona umana considerata nelle sue dimensioni individuale e sociale, così come nel suo ruolo di amministratore del creato, e riflette anche la convinzione che potremo essere felici solo se saremo gli uni con gli altri e mai gli uni contro gli altri.

Le iniziative prese dai responsabili della comunità internazionale a favore dell'infanzia, troppo spesso ferita nella sua innocenza, la lotta contro il crimine organizzato o il commercio della droga, gli sforzi compiuti per contrastare l'odiosa tratta degli esseri umani in ogni sua forma, mostrano bene che, con la volontà politica, si possono combattere le cause delle sregolatezze che troppo spesso sfigurano la persona umana.

Tutti questi progressi hanno tanto più bisogno di essere consolidati in quanto il mondo che ci circonda è una realtà in mutamento, il cui equilibrio può essere in ogni momento compromesso da un conflitto imprevisto, da una crisi economica improvvisa o dalle conseguenze nefaste dell'inquietante propagarsi della povertà.

4. La fragilità delle nostre società ci viene dolorosamente mostrata da alcuni «punti caldi» che sono ancora di grande attualità e che hanno rattristato di nuovo il clima gioioso delle celebrazioni di questi ultimi giorni.

Penso innanzitutto all'Algeria che, praticamente ogni giorno, è funestata da odiosi massacri. Un intero Paese è ostaggio di una violenza disumana che nessuna causa politica, e ancor meno una motivazione religiosa, potrebbe legittimare. Tengo a ripetere chiaramente a tutti, ancora una volta, che nessuno può uccidere in nome di Dio: significherebbe abusare del nome divino ed essere blasfemi.. Sarebbe opportuno che tutte le persone di buona volontà, in questo Paese e altrove, si unissero per fare sì che la voce di quanti credono al dialogo e alla fratellanza fosse infine udita. Sono convinto che costituiscono la maggioranza del popolo algerino.

12 La situazione del Sudan non permette di parlare di riconciliazione e di pace. I cristiani di questo Paese continuano inoltre ad essere oggetto di gravi discriminazioni di cui la Santa Sede si è fatta portavoce in diverse occasioni presso le autorità civili, senza purtroppo constatare ancora un miglioramento degno di nota.

La pace sembra essersi allontanata dal Medio Oriente, in quanto il processo di pace avviato a Madrid nel 1991 è come sospeso, quando non viene compromesso da iniziative ambigue o persino violente. Penso in questo momento a tutti coloro che - Israeliani e Palestinesi - avevano nutrito in questi ultimi anni la speranza di vedere infine fiorire in queste Terra Santa la giustizia, la sicurezza, la pace, una vita quotidiana normale. Che ne è oggi di questa volontà di pace? I principi della Conferenza di Madrid e gli orientamenti della Conferenza di Oslo del 1993 hanno aperto la via della pace. Ancora oggi sono gli unici elementi validi per andare avanti. Non occorre dunque avventurarsi su altri cammini. Desidero assicurarvi, e attraverso di voi, assicurare tutta la comunità internazionale che la Santa Sede continuerà a dialogare con tutte le parti coinvolte, al fine di incoraggiare negli uni e negli altri la volontà di salvare la pace e di sanare le piaghe dell'ingiustizia. La Santa Sede serba nei confronti di questa regione del mondo una costante sollecitudine e conduce la sua azione secondo i principi che l'hanno sempre guidata. Il Papa, in particolare, in questi anni che precedono la celebrazione del Giubileo dell'Anno 2000, volge il suo sguardo verso Gerusalemme, la Città Santa fra tutte, pregando ogni giorno affinché divenga presto e per sempre, con Betlemme e Nazaret, un luogo di giustizia e di pace in cui ebrei, cristiani e musulmani potranno infine camminare insieme sotto lo sguardo di Dio.

Non lontano da lì, un intero popolo è vittima di un isolamento che lo pone in condizioni di sopravvivenza aleatorie: mi riferisco ai nostri fratelli dell'Iraq, sottoposti a un embargo spietato. Ascoltando gli appelli di aiuto che giungono incessantemente alla Santa Sede, ho il dovere d'interpellare la coscienza di coloro che, in Iraq e altrove, pongono considerazioni di carattere politico, economico e strategico prima del bene fondamentale delle popolazioni e chiedo loro di dare prova di compassione. I deboli e gli innocenti non dovrebbero pagare per errori di cui non sono responsabili. Prego affinché questo Paese possa ritrovare la sua dignità, conosca uno sviluppo normale, e sia anche in grado di ristabilire rapporti fruttuosi con gli altri Paesi, nel quadro del diritto internazionale e della solidarietà mondiale.

Non possiamo passare sotto silenzio il dramma delle popolazioni curde che in questi giorni ha richiamato l'attenzione di tutti: la necessaria compassione verso dei rifugiati stremati non deve far dimenticare i milioni di loro fratelli che sono alla ricerca di condizioni di vita sicure e degne.

Infine devo purtroppo richiamare la vostra attenzione sul dramma delle popolazioni della parte centrale dell'Africa. In questi ultimi mesi abbiamo assistito a una ricomposizione regionale degli equilibri etnici e politici. Tutte le vostre cancellerie sono al corrente degli eventi accaduti in Rwanda, nel Burundi, nella Repubblica Democratica del Congo e più di recente nel Congo-Brazzaville. Non ricorderò dunque qui i fatti, ma rammenterò le prove inflitte alle popolazioni: i combattimenti, il dislocamento di persone, il dramma dei rifugiati, le condizioni sanitarie insufficienti, un'amministrazione della giustizia manchevole ... Dinanzi a simili situazioni, nessuno può avere la coscienza tranquilla. Ancora oggi, nel più grande silenzio, si continua a intimidire o a uccidere. Per questo desidero rivolgermi qui ai responsabili politici di questi Paesi: se la conquista violenta del potere diviene la norma, se l'etnocentrismo continua a pervadere ogni cosa, se la rappresentanza democratica viene sistematicamente messa da parte, se la corruzione e il commercio delle armi infieriscono ancora, allora l'Africa non conoscerà mai la pace né lo sviluppo, e le generazioni future esprimeranno un giudizio spietato su queste pagine della storia africana.

Desidero parimenti fare appello alla solidarietà dei Paesi del continente. Gli Africani non devono aspettarsi tutto dall'aiuto estero. In seno ad essi molti uomini e molte donne hanno tutte le doti umane e intellettuali per far fronte alle sfide della nostra epoca e per gestire adeguatamente le società. Occorre però maggiore solidarietà «africana» per sostenere i Paesi in difficoltà e anche perché non vengano imposte loro misure o sanzioni discriminatorie. Gli uni e gli altri dovrebbero aiutarsi reciprocamente per l'analisi e la valutazione delle opzioni politiche e accettare anche di non partecipare alla fornitura delle armi. Occorre che i Paesi del continente favoriscano la pacificazione e la riconciliazione, se necessario per mezzo di forze di pace composte da soldati africani. Allora la credibilità dell'Africa sarebbe più reale agli occhi del resto del mondo e l'aiuto internazionale diverrebbe senza dubbio più intenso, nel rispetto della sovranità delle nazioni. E' urgente che le controversie territoriali, le iniziative economiche e i diritti dell'uomo mobilitino le energie degli Africani per trovare soluzioni eque e pacifiche che mettano l'Africa in condizione di affrontare il ventunesimo secolo con maggiori possibilità e con più fiducia.

5. In fondo, tutti questi problemi rivelano quando la donna e l'uomo di questa fine secolo siano vulnerabili. Certo, e' bene che le Organizzazioni internazionali, ad esempio, si preoccupino maggiormente di indicare i criteri per migliorare la qualità della vita umana e di prendere iniziative concrete. La Sede apostolica si sente solidale con queste attività della diplomazia multilaterale con la quale collabora di buon grado con le sue Missioni di Osservazione. A tale proposito, desidero menzionare questa mattina il fatto che la Santa Sede è associata in forma istituzionale ai lavori dell'Organizzazione Mondiale per il Commercio, il cui fine è quello di favorire il progresso umano e spirituale in un settore vitale per lo sviluppo dei popoli.

Non si deve tuttavia dimenticare che i nostri contemporanei sono spesso sottoposti a ideologie che impongono loro modelli di società o di comportamento che pretendono di decidere tutto, la loro vita e la loro morte, la loro intimità e il loro pensiero, la procreazione e il patrimonio genetico. La natura è diventata un semplice materiale, aperto a tutte le esperienze. Si ha a volte l'impressione che la vita venga apprezzata solo in funzione dell'utilità o del benessere che può procurare, che la sofferenza sia considerata priva di significato. Si trascura la persona disabile e l'anziano perché ingombranti, si ritiene troppo spesso il nascituro un intruso in un'esistenza pianificata in funzione di interessi soggettivi poco generosi. L'aborto e l'eutanasia appaiono allora facilmente come «soluzioni» accettabili.

La Chiesa cattolica - e la maggior parte delle famiglie spirituali - sanno per esperienza che l'uomo è purtroppo capace di tradire la sua umanità. Bisogna dunque illuminarlo e accompagnarlo affinché, nel suo vagare, possa sempre ritrovare le sorgenti della vita e dell'ordine che il Creatore ha inscritto nel più intimo del suo essere. Laddove l'uomo nasce, soffre e muore, la Chiesa sarà sempre presente a significare che, nel momento in cui egli fa l'esperienza della sua finitezza, Qualcuno lo chiama per accoglierlo e dare un senso alla sua fragile esistenza.

Consapevole della mia responsabilità di Pastore al servizio della Chiesa universale, ho avuto spesso l'opportunità di ricordare negli atti del mio ministero l'assoluta dignità della persona umana dal momento del suo concepimento fino al suo ultimo respiro, il carattere sacro della famiglia come luogo privilegiato della protezione e della promozione della persona, la grandezza e la bontà della paternità e della maternità responsabili, così come i nobili fini della medicina e della ricerca scientifica.

Sono elementi che s'impongono alla coscienza dei credenti. Quando l'uomo corre il rischio di essere considerato un oggetto che si può trasformare o asservire a proprio piacimento, quando non si percepisce più in lui l'immagine di Dio, quando la sua capacità di amare e di sacrificarsi viene deliberatamente occultata, quando l'egoismo e il profitto divengono le principali motivazioni dell'attività economica, allora tutto è possibile e la barbarie non è lontana.

13 Eccellenze, Signore e Signori, queste considerazioni sono familiari per voi che siete i testimoni quotidiani dell'azione del Papa e dei suoi collaboratori. Ho voluto tuttavia proporle ancora una volta alla vostra riflessione poiché si ha spesso l'impressione che i responsabili delle società e delle organizzazioni internazionali si lascino condizionare da un nuovo linguaggio, che sembra accreditato da tecnologie recenti e che alcune legislazioni ammettono o persino ratificano. In realtà, si tratta dell'espressione di ideologie o di gruppi di pressione che tendono a imporre a tutti le loro concezioni e i loro comportamenti. Il patto sociale viene allora profondamente indebolito e i cittadini perdono i loro punti di riferimento.

Coloro che sono garanti della legge e della coesione sociale di un Paese, o coloro che presiedono organizzazioni create per il bene della comunità delle nazioni, non possono eludere la questione della fedeltà alla legge non scritta della coscienza umana, di cui parlavano già gli antichi, che è per tutti, credenti o non credenti, il fondamento e il garante universale della dignità umana e della vita in società. Non posso che rispondere a tale proposito ciò che ho scritto in passato: «Se non esiste nessuna verità ultima la quale guida ed orienta l'azione politica, allora le idee e le convinzioni possono essere facilmente strumentalizzate per fini di potere...» (Centesimus annus
CA 46). Dinanzi alla coscienza, «non ci sono privilegi né eccezioni per nessuno. Essere il padrone del mondo o l'ultimo "miserabile" sulla faccia della terra non fa alcuna differenza: davanti alle esigenze morali siamo tutti assolutamente uguali» (Veritatis splendor VS 96).

6. Concludo così il mio discorso, Eccellenze, Signore e Signori, invocando su ognuno di voi, sulle vostre famiglie, sulle autorità dei vostri Paesi e sui vostri concittadini la protezione divina per tutto l'anno che inizia. Voglia Dio Onnipotente aiutare ognuno di noi a tracciare cammini nuovi in cui gli uomini si rincontrino e procedano insieme! E' la preghiera che ogni giorno elevo a Dio per tutta l'umanità, affinché sia sempre più degna di questo nome!


GIOVANNI PAOLO II


IN OCCASIONE DELLA VISITA IN CAMPIDOGLIO


Giovedì, 15 gennaio 1998




Signor Sindaco!
Signori Assessori e Consiglieri del Comune di Roma!
Autorità qui presenti!

1. Il primo sentimento, che naturalmente sgorga dal mio cuore per la cordiale accoglienza riservatami, s'esprime quest'oggi in un grazie commosso: grazie a voi tutti per la vostra presenza, grazie soprattutto al Signor Sindaco che, con amabile cortesia, da tempo mi ha invitato in questo storico palazzo, sede del primo Magistrato dell'Urbe, ed ha voluto farsi interprete dei vostri animi, sottolineando il significato che riveste l'odierna mia visita.

Anch'io desideravo salire su questo Colle, diventato nel corso dei secoli culla, sede ed emblema della storia e della missione di Roma. Ed oggi eccomi finalmente fra voi per rendere omaggio alla realtà ed alla vocazione di questa Città. All'inizio di ogni anno sono solito accogliere i rappresentanti dell'Amministrazione comunale in Vaticano per lo scambio dei voti augurali. Oggi sono io che vengo a far visita a voi, illustri Signori, per porgervi gli auguri del nuovo anno, appena iniziato, ed insieme continuare il colloquio amichevole avviato sin dal giorno della mia elezione a Vescovo di Roma ed approfondito in tanti incontri con i cittadini romani e con i loro Rappresentanti.

Non posso nascondere che la cornice fastosa di questa storica aula, dedicata a Giulio Cesare, la presenza del Papa in una solenne seduta del Consiglio Comunale ed il clima creato dall'approssimarsi del nuovo Millennio, accrescono la mia commozione e rendono questo incontro ancor più significativo: esso si propone come occasione per un bilancio retrospettivo ed insieme come stimolo per elaborare un concorde progetto per il futuro cammino.

2. I Rappresentanti del Popolo romano, il Successore di Pietro, il Campidoglio: ecco raccolti insieme i protagonisti della peculiare ed irrepetibile vocazione di Roma, che, come ricordava il Signor Sindaco, non può prescindere dall'"intreccio" di tali presenze. In questo luogo fortemente evocativo della storia e dei fasti dell'Urbe si sono dati appuntamento questa mattina gli attuali interpreti della sua millenaria tradizione. Qui si ritrovano la Roma civile e la Roma cristiana, non contrapposte, non alternative, ma unite insieme, nel rispetto delle differenti competenze, dalla passione per questa Città e dal desiderio di renderne esemplare il volto per il mondo intero.

14 In questo momento solenne, il mio pensiero va agli ultimi Pontefici che hanno visitato il Campidoglio. Pio IX qui venne poco prima dell'annessione di Roma allo Stato Italiano, in un'epoca segnata da complesse e sofferte vicende. Paolo VI salì su questo colle il 16 aprile del 1966, dopo l'ultima sessione del Concilio Vaticano II, per ringraziare l'Urbe dell'accoglienza offerta ai Padri Conciliari. Egli, che già il 10 ottobre 1962, alla vigilia dell'apertura dell'Assise ecumenica, aveva avuto modo, come Arcivescovo di Milano, di tenere qui un importante discorso su "Roma e il Concilio", inaugurò con la sua presenza in questo luogo, in un momento storico caratterizzato da grandi fermenti, un nuovo stile di dialogo con la Città e con i suoi Rappresentanti.

Ripercorrendo gli anni trascorsi ed il cumulo di rapidi mutamenti succedutisi in questi decenni, viene spontaneo volgere il pensiero alla Provvidenza divina, che con imperscrutabile saggezza guida i passi talora incerti degli uomini e rende fecondi gli sforzi delle persone di buona volontà. Quante trasformazioni hanno caratterizzato la vita della Città! Da Capitale dello Stato Pontificio a Capitale dello Stato Italiano; da città raccolta entro le mura aureliane a metropoli di circa tre milioni di residenti; da ambiente umano omogeneo a comunità multietnica, nella quale convivono, accanto a quella cattolica, visioni della vita ispirate ad altri credo religiosi ed anche a concezioni non religiose dell'esistenza.

Il volto umano dell'Urbe è profondamente mutato. L'affermarsi di differenti modelli culturali e sociali e di nuove sensibilità hanno reso la convivenza cittadina più complessa, più aperta, più cosmopolita, ma anche più problematica: accanto a riconosciuti aspetti positivi, non mancano, purtroppo, difficoltà ed inquietudini. Accanto a luci e segni di speranza, non sono assenti ombre nel panorama di una Città chiamata ad essere anche nel prossimo millennio faro di civiltà, "discepola della verità" (Leone Magno, Tract. septem et nonaginta), e "madre accogliente di popoli" (Prudenzio, Peristephanon, carme 11, 191).

3. Dicevo poc'anzi del proficuo rapporto tra il Vescovo di Roma ed il suo popolo, che le mutate situazioni sociali, politiche e religiose non hanno mai reso meno intenso. Anzi, alcuni avvenimenti quali il declino del potere temporale, la firma dei Patti Lateranensi, la tragica esperienza della guerra e la nuova stagione promossa dal Concilio Ecumenico Vaticano II lo hanno reso anche più cordiale e dinamico.

L'odierna visita segna un'ulteriore tappa di questa storia comune. Di fronte ai mutamenti che hanno interessato e continuano ad interessare la Città, anch'io vorrei ripetere, confermandole, le parole cariche di verità e di umanità, qui pronunciate dal mio venerato predecessore Paolo VI: "Il nostro amore, non è venuto meno...il nostro amore è cresciuto!" (Paolo VI, Insegnamenti IV, p. 179)

Cresce ogni giorno questo rapporto di stima e di affetto, che si esprime e si rafforza nelle frequenti visite alle Parrocchie e negli incontri con i fedeli romani. Esso si consolida, grazie alla generosa e costante sollecitudine del Cardinale Vicario, del Vicegerente, dei Vescovi Ausiliari, dei sacerdoti, dei religiosi, dei laici e di quanti, a vario titolo, cooperano all'impegno dell'evangelizzazione. Penso alle trecentoventotto Parrocchie romane, presenti in ogni quartiere e borgata, anche se talora senza adeguate strutture. Penso alle comunità religiose, alle scuole cattoliche, agli istituti di cura e di assistenza, alle associazioni e movimenti laicali, alle variegate espressioni del volontariato, che costituiscono una risorsa sorprendente e confortante della nostra Città, dove l'anonimato e la solitudine sarebbero altrimenti rischi più frequenti e funesti.

Si tratta di un amore concreto che vuole raggiungere la gente, tutta la gente, offrendole motivi di speranza, proposte culturali, aiuto e sostegno nelle difficoltà morali e materiali, spazi di accoglienza e di ascolto, occasioni di comprensione e di fraternità. E' un amore attento alla realtà che cambia, alla fatica del quotidiano, ai rischi morali che corre anche questa nostra Roma.

4. Proprio per far fronte ai fenomeni negativi che rischiano di sfigurare il volto di Roma, ho chiamato a raccolta la Comunità cristiana, impegnandola a donare alla Città un supplemento d'amore con la Missione cittadina, in vista dell'Anno Santo del Duemila. Il mio augurio è che, grazie anche ad essa, l'Urbe si presenti interiormente e visibilmente rinnovata all'appuntamento del Grande Giubileo, sì da offrire ai pellegrini il proprio volto cristiano, quale annuncio di un'era di pace e di speranza per l'intera umanità.

Roma e il Giubileo: due realtà che si richiamano e si illustrano reciprocamente! Roma si riflette nel Giubileo e il Giubileo dice riferimento alla realtà di Roma. La celebrazione ripropone la fede in Gesù Cristo annunciata e testimoniata qui dall'apostolo Pietro; richiama l'esigenza di ristabilire l'effettiva uguaglianza di diritti tra tutti gli uomini, alla luce della legge e della giustizia di Dio; esorta al superamento delle divisioni e delle loro cause per instaurare una vera comunione tra tutti gli esseri umani.

Con la sua storia religiosa e civile e con la sua dimensione "cattolica", Roma evoca mirabilmente questi valori. Essa è la Sede del Principe degli Apostoli e del suo Successore; custodisce le Memorie del martirio dei santi Pietro e Paolo; é conosciuta come patria del diritto e della civiltà latina e cristiana; è apprezzata come città universalmente aperta all'accoglienza. Per tali singolari corrispondenze, Roma è chiamata a vivere in modo esemplare la grazia del Giubileo.

E' certo compito dei cristiani rinnovare e purificare il volto di questa Chiesa che "presiede alla carità", secondo la nota espressione di Sant'Ignazio d'Antiochia (Lettera ai , p.
Rm 253), perché rifletta sempre meglio la luce di Cristo. Ma il peculiare rapporto di Roma con il Giubileo dovrà rendere anche le Autorità civili particolarmente sollecite nel promuovere una convivenza cittadina ed una qualità della vita degne dell'uomo e della vocazione della nostra città.

15 In occasione dell'odierna visita, oltre a farmi dono di una pietra proveniente dall'anfiteatro Flavio, avete voluto scoprire una lapide commemorativa in quest'Aula Consiliare. Mentre formulo un cordiale ringraziamento per la vostra cortesia, auspico che questo gesto simbolico costituisca il segno permanente di una nuova era di comune impegno per il progresso umano e civile della nostra Città.

5. Con lo sguardo al Duemila, mi rivolgo ora a te, Roma, che il Signore mi ha chiamato a guidare sulla via del Vangelo, alle soglie di un nuovo Millennio!

Il Signore ti ha affidato, Roma, il compito di essere nel mondo "prima inter Urbes", faro di civiltà e di fede. Sii all'altezza del tuo glorioso passato, del Vangelo che ti è stato annunciato, dei Martiri e dei Santi che hanno fatto grande il tuo nome. Apri, Roma, le ricchezze del tuo cuore e della tua storia millenaria a Cristo. Non temere, Egli non umilia la tua libertà e la tua grandezza. Egli ti ama e desidera renderti degna della tua vocazione civile e religiosa, perché tu continui ad elargire i tesori di fede, di cultura e di umanità ai tuoi figli e agli uomini del nostro tempo.

Accostandosi alla tua fede, alle testimonianze eloquenti della tua carità, all'ordinato svolgimento della tua quotidiana esistenza, possano i pellegrini del Grande Giubileo essere aiutati a credere ed a sperare nella nuova civiltà dell'Amore.

Ti affido, Roma, alla premurosa protezione di Maria, "Salus populi Romani", ed all'intercessione dei santi patroni Pietro e Paolo.

Roma, città che non temi il tempo, né il dinamismo del progresso, Roma, crocevia di pace e di civiltà; Roma, mia Roma, ti benedico e con te benedico i tuoi figli e tutti i tuoi progetti di bene!

Roma, il cui nome letto a rovescio suona Amor, amore. Come dice un poeta polacco: "Se tu dici Roma, ti risponde Amor". È così. È questa la constatazione conclusiva, ed anche un augurio per Roma. In questa circostanza odierna così importante. Grazie!


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