GP2 Discorsi 1998 15

SALUTO DI GIOVANNI PAOLO II


AI ROMANI RIUNITI SULLA PIAZZA DEL CAMPIDOGLIO


Giovedì, 15 gennaio 1998




Carissimi Fratelli e Sorelle!
Cittadini romani!

1. Ho appena incontrato nel Palazzo Senatorio coloro che, a vario titolo, prestano servizio nell'Amministrazione comunale. Ora, dalla cima di questa scalinata michelangiolesca, su questo Colle nel quale Cicerone vedeva la "rocca di tutte le genti" (Catil. 4,6,11), è Roma tutta intera che vorrei stringere in un abbraccio caloroso e cordiale.

16 Carissimi Romani, ben a ragione possiamo definire storica questa giornata: stiamo scrivendo insieme un'altra pagina di progetti e di speranze negli annali di Roma, capitale civile e spirituale a cui guarda l'intera umanità. Grazie per la vostra presenza e per la vostra accoglienza, che conferma e arricchisce la nostra amicizia. Grazie per il saluto sentito ed entusiasta che date al Papa, venuto a visitare il Campidoglio, la casa di tutti i Romani e, quindi, anche sua. Il Signore, che lo ha voluto a capo della Chiesa cattolica, lo ha reso per questo "romano", "civis romanus", partecipe delle gioie e delle sofferenze, delle attese e delle realizzazioni di questa splendida Città.

"Totius orbis urbs celeberrima". A Cracovia si diceva: "Cracovia totius Poloniae urbs celeberrima". Qui si deve dire: "Totius orbis, orbis terrarum, urbs celeberrima". Ma oggi si conosce bene la lingua latina?

2. Il mio pensiero va a tutti i romani, va innanzitutto a voi, ragazzi e ragazze, che siete l'avvenire di Roma: vi dico amate la vostra città! Siate fieri della sua storia e della sua vocazione spirituale; siate pronti a costruire un futuro degno del suo glorioso passato.

Saluto con affetto voi che, sofferenti nel corpo o nello spirito, attraversate momenti difficili: possiate trovare sostegno nel tradizionale spirito di solidarietà che contraddistingue la popolazione dell'Urbe.

Saluto cordialmente voi, cittadini romani appartenenti ad altre tradizioni religiose: voi, Ebrei, eredi della fede di Abramo, partecipi da secoli della vicenda spirituale e civile di Roma; voi, fratelli di altre confessioni cristiane; voi, credenti di religione musulmana. La comune adorazione dell'Altissimo stimoli al rispetto reciproco e renda tutti operosi costruttori di una società aperta e solidale.

Saluto con deferenza voi, fratelli, che affermate di avere una visione non religiosa della vita e quanti con voi sono in ricerca del senso dell'esistenza: l'amore per la verità, il rigore morale e il confronto sereno con i credenti contribuiscano a fare di Roma un modello di convivenza rispettosa tra uomini e donne di religioni e di idealità diverse.

Penso con amicizia a voi, fratelli e sorelle che, provenendo da lontani Paesi, vi siete recentemente inseriti nella vita cittadina: possa la vostra presenza arricchire il volto ospitale e pacifico dell'Urbe.

Rivolgo, infine, il mio paterno saluto a voi, fratelli e sorelle romani, ed alle vostre famiglie: rimanete fedeli agli intramontabili valori della nostra civiltà, vivificata dalla fede cattolica.

Mentre ci apprestiamo a varcare la soglia del Grande Giubileo, ci sostenga la memoria dei martiri, dei santi e di quanti hanno costruito nei secoli la grandezza di Roma. E' memoria di libertà, di fedeltà, di civiltà. Essa deve continuare a vivere nel cuore degli abitanti della Roma del terzo Millennio. Ecco l'auspicio, ecco la preghiera che elevo a Dio, invocandone la protezione su questo popolo che mi è caro e che di gran cuore benedico.

Roma felix, Roma felice!


Prima di congedarsi il Papa ha aggiunto:

17 Se la Provvidenza mi permette di essere fra una settimana, giovedì prossimo, a Cuba, dovrei ricordare: "Una settimana fa sei stato in Campidoglio. Coraggio!".

Sia lodato Gesù Cristo! Arrivederci.




GIOVANNI PAOLO II


ALLA PONTIFICIA COMMISSIONE DI ARCHEOLOGIA SACRA


Venerdì, 16 gennaio 1998




Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Sono lieto di incontrarvi in occasione della riunione plenaria della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra. Saluto cordialmente ciascuno di voi e ringrazio in particolare Monsignor Francesco Marchisano per le parole con cui si è fatto interprete dei vostri sentimenti ed ha presentato l'importante oggetto dei vostri lavori: le catacombe cristiane e l'Anno Santo.

Desidero anzitutto esprimere apprezzamento e riconoscenza per l'importante servizio che state svolgendo e che in vista del Giubileo si è fatto ancor più intenso. Mi riferisco sia alle scoperte archeologiche che ai restauri, come pure alle iniziative direttamente finalizzate all'Anno Santo. Le catacombe, come è stato più volte sottolineato, rivestono un grande rilievo in rapporto al Giubileo del Duemila.

2. Già da alcuni anni siete impegnati nel restaurare e preparare numerose catacombe cristiane dislocate sul territorio italiano. I lavori hanno interessato specialmente le catacombe di Roma aperte al pubblico, quelle cioè di san Callisto, di san Sebastiano, di Domitilla, di Priscilla, di sant'Agnese, dove sono stati eseguiti o si stanno per effettuare interventi che faciliteranno il flusso dei pellegrini. Inoltre, per aumentare il potenziale dei cimiteri visitabili, si stanno espletando le procedure per aprire una sesta catacomba, quella dei santi Pietro e Marcellino sulla Via Casilina.

La vostra attenzione si indirizza opportunamente alla valorizzazione pastorale di questi insigni monumenti dell'antichità cristiana. A tal fine si stanno approntando, in maniera adeguata, le guide dei pellegrini. Le visite, infatti, corredate da appropriate spiegazioni, puntuali ed aggiornate sul piano didattico, scientifico e spirituale, diventano anche un efficacissimo momento di catechesi, capace di suscitare profonda riflessione sul messaggio evangelico. Questo ritorno alle origini, per il tramite dei più antichi cimiteri ideati dai primi cristiani, si inquadra perfettamente nel progetto della "nuova evangelizzazione", che vede impegnata la Chiesa intera nel cammino verso il terzo millennio.

3. Le catacombe, mentre presentano il volto eloquente della vita cristiana dei primi secoli, costituiscono una perenne scuola di fede, di speranza e di carità.

Percorrendo le gallerie si respira un'atmosfera suggestiva e commovente. Lo sguardo si sofferma sulla serie innumerevole di sepolture e sulla semplicità che le accomuna. Sulle tombe si legge il nome di battesimo dei defunti. Scorrendo quei nomi, sembra di sentire altrettante voci rispondere ad un appello escatologico, e tornano alla mente le parole di Lattanzio: "Tra noi non ci sono né servi, né padroni; non esiste altro motivo se ci chiamiamo fratelli, se non perché ci consideriamo tutti uguali" (Divinae Instit., 5, 15).

Le catacombe parlano della solidarietà che univa i fratelli nella fede: le offerte di ciascuno permettevano la sepoltura di tutti i defunti, anche di quelli più indigenti, che non potevano permettersi la spesa per l'acquisto e la sistemazione della tomba. Questa carità collettiva rappresentò uno dei punti di forza delle comunità cristiane dei primi secoli e una difesa contro la tentazione di tornare alle antiche forme religiose.

18 4. Le catacombe, pertanto, suggeriscono al pellegrino questo sentimento di solidarietà indissolubilmente connesso alla fede ed alla speranza. La stessa definizione di coemeteria, "dormitori", dice che le catacombe erano considerate dei veri e propri luoghi di riposo comunitari, dove tutti i fratelli cristiani, indipendentemente dal loro grado e dalla loro professione, riposavano in un abbraccio largo e solidale, attendendo la risurrezione finale. Per questo non erano luoghi tristi, ma decorati con affreschi, mosaici e sculture, quasi a rallegrare i meandri oscuri ed anticipare con le immagini di fiori, uccelli ed alberi la visione del paradiso atteso alla fine dei tempi. La significativa formula "in pace", ricorrente sui sepolcri dei cristiani, ben sintetizza la loro speranza.

I simboli sulle lastre di copertura delle tombe sono tanto semplici quanto carichi di significato. L'ancora, la nave, il pesce esprimono la fermezza della fede in Cristo. La vita del cristiano è vista come una navigazione attraverso un mare tempestoso fino al porto sospirato dell'eternità. Il pesce si identifica con il Cristo e allude al sacramento del Battesimo, secondo quanto ricorda Tertulliano, che paragona i fedeli ai pisciculi, che acquisiscono la salvezza nascendo e permanendo nell'acqua (De baptismo, 1, 3).

5. Le catacombe conservano, tra l'altro, le tombe dei primi martiri, testimoni di una fede limpida e saldissima, che li condusse, come "atleti di Dio", a superare vittoriosi la prova suprema. Molti sepolcri dei martiri sono ancora custoditi all'interno delle catacombe e generazioni di fedeli hanno sostato in preghiera dinanzi ad essi. Anche i pellegrini del Giubileo del Duemila si recheranno alle tombe dei martiri e, elevando le preghiere agli antichi campioni della fede, volgeranno il loro pensiero ai "nuovi martiri", ai cristiani che nel passato prossimo ed anche ai nostri giorni sono sottoposti a violenze, soprusi, incomprensioni perché vogliono rimanere fedeli a Cristo e al suo Vangelo.

Nel silenzio delle catacombe, il pellegrino del Duemila può ritrovare o ravvivare la propria identità religiosa in una sorta di itinerario spirituale che, muovendo dalle prime testimonianze della fede, lo porta sino alle ragioni ed alle esigenze della nuova evangelizzazione.

Carissimi, la consapevolezza di questi valori appena accennati, ma a voi ben noti, vi sostenga nel vostro caratteristico servizio ecclesiale e culturale. A tal fine, mentre invoco su di voi la premurosa assistenza di Maria Santissima, a tutti imparto di cuore una speciale Benedizione Apostolica, che estendo anche alle persone a voi care.


GIOVANNI PAOLO II


AI VESCOVI DELLA POLONIA (1° GRUPPO),


IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM"


Venerdì, 16 gennaio 1998




Cari Fratelli nel Ministero episcopale!

1. Vi do il mio cordiale benvenuto nella casa pontificia, dove i vescovi sono più familiari che ospiti. Rivolgo parole di saluto al Signor Cardinal Henryk Gulbinowicz, arcivescovo metropolita di Wroclaw e agli arcivescovi metropoliti di Gdask, di Gniezno, di Pozna e di Szczecin-Kamie; ai vescovi residenziali delle diocesi di Kalisz, di Koszalin-Koobrzeg, di Legnica, di Pelplin, di Toru, di Wocawek e di Zielona Góra - Gorzów. Saluto anche i vescovi ausiliari delle metropoli e delle diocesi sunnominate. Sono lieto di questo incontro e di quelli che si terranno ancora nelle prossime settimane con i successivi gruppi di vescovi polacchi che vengono nella Città Eterna ad limina Apostolorum. Essi testimoniano un profondo vincolo nella fede e nella carità con il Successore di S. Pietro. Il reciproco legame che si manifesta durante questa visita è il segno visibile dell'unità e l'espressione dell'obbedienza nei riguardi dell' unico Maestro e Signore, Gesù Cristo, che ci ha chiamati e costituiti servitori della verità rivelata al suo popolo.

Sono passati cinque anni dall'ultima visita ad limina dell'Episcopato Polacco. Sono stati anni di intensi contatti, durante i quali ho sperimentato la vostra generosa collaborazione e ho potuto condividere le sollecitudini e le gioie delle vostre Chiese locali. Sono presenti tra voi anche vescovi chiamati al servizio pastorale in questi ultimi anni. Rivolgo a loro un benvenuto particolarmente cordiale. Che questa prima visita alle Tombe degli Apostoli intensifichi il desiderio di imitare in modo ancor maggiore il Buon Pastore che "offre la vita per le pecore" (cfr Jn 10,15) e li consolidi nel rendere testimonianza al Popolo di Dio affidato alla loro cura pastorale. Colgo l'occasione anche per ricordare i nostri confratelli nell' episcopato che nel corso degli ultimi cinque anni sono passati all'eternità. Nella preghiera li raccomandiamo alla Divina Misericordia.

2. L'odierna visita dei vescovi polacchi al Vescovo di Roma è, in un certo senso, una restituzione di essa, perché segue di alcuni mesi il mio pellegrinaggio nell'amata Patria, svoltosi a cavallo fra maggio e giugno dello scorso anno, durante il quale mi è stato dato di servire la Chiesa che è in Polonia e tutti i miei connazionali. Questo nostro incontro rinnova la viva eco e costituisce un completamento "sui generis" di quella mia visita pastorale. Grazie agli imperscrutabili disegni della Divina Provvidenza il Vescovo di Roma ha oggi la possibilità non soltanto di ricevere nella propria casa i vescovi del mondo intero, ma egli stesso può visitare le loro Chiese. S'incontra con i fedeli, condivide le loro gioie e le loro preoccupazioni. E' una nuova, moderna espressione di comunione e di responsabilità collegiale per la Chiesa cum Petro et sub Petro. Voglio ancora una volta, alla vostra presenza, rendere grazie a Dio per questo mirabile scambio di doni, avvenuto in quei giorni per me memorabili. Nelle varie tappe del pellegrinaggio abbiamo sperimentato comunitariamente la presenza di Cristo, riscoprendo il posto che Lui occupa nell'esistenza di ogni uomo, come nella vita della Chiesa e della nazione. Ci siamo resi conto ancora una volta del fatto che Cristo è la nostra unica via verso "la casa del Padre" (cfr. Gv Jn 14,6). Abbiamo compreso che, in questo cammino, la Chiesa ha un ruolo particolare da svolgere - quello di servire l'uomo, ogni uomo, affinché egli possa ritrovare pienamente se stesso in Cristo - nel suo mistero dell'Incarnazione e della Redenzione. Soltanto "...Cristo, per tutti morto e risorto, dà sempre all'uomo, mediante il suo Spirito, luce e forza per rispondere alla suprema sua vocazione; né è dato in terra un altro nome agli uomini, in cui possono salvarsi" (Gaudium et spes GS 10).

3. Alcune settimane dopo la mia partenza, la popolazione delle regioni e delle città occidentali della Polonia che ho visitato durante il mio ultimo pellegrinaggio è stata sottoposta alla grande prova dell'alluvione. Tutti siamo rimasti profondamente impressionati dall'inaudita forza del potente elemento della natura, che ha inghiottito molti esseri umani, ha minacciato le basi dell' esistenza di numerosissime famiglie e comunità, ha distrutto o danneggiato molte case, posti di lavoro, ospedali, scuole, monumenti d'arte e strade. Al contempo, però, i lunghi giorni dell'alluvione hanno dato il via ad un'enorme gara di bene, di autentica solidarietà, di generosità, di capacità di organizzarsi nell'attuare l'aiuto reciproco. Un ruolo speciale nell'unire tutti per operare insieme nei territori colpiti dalla catastrofe dell'alluvione, nello stimolare la sensibilità circa la sorte dei danneggiati e nel coordinare i soccorsi, hanno svolto, tra l'altro, i mezzi di comunicazione sociale, specialmente le stazioni radio locali. Siamo grati a Dio e agli uomini per tutto il bene compiuto in quei memorabili, e nello stesso tempo, dolorosi, giorni di luglio. Contemporaneamente, come pastori della Chiesa, dovreste proseguire nell'adoperarvi, a seconda delle vostre forze e delle vostre possibilità, adoperarvi, affinché con il passar del tempo non vengano dimenticati gli abitanti dei territori colpiti dall'alluvione. La Divina Provvidenza non cessa di dare agli uomini di buona volontà occasioni per un amore fattivo, che prepara in modo particolare i loro cuori ad accogliere il Vangelo.

19 4. Il mio pellegrinaggio in Patria si è inscritto nella preparazione di tutta la Chiesa universale al Grande Giubileo dell'Anno 2000. La Chiesa in Polonia, e in modo speciale l'arcidiocesi di Wroclaw , alla vigilia del millennio della sua fondazione, ha offerto un servizio alla Chiesa universale, organizzando il 46 Congresso Eucaristico Internazionale. Qui tutta la Chiesa cattolica, alla presenza delle sorelle e dei fratelli di altre Chiese e delle Comunità ecclesiali unite dalla grazia del S. Battesimo, chinandosi in adorazione del mistero del Corpo e del Sangue del Signore, ha vissuto e proclamato la grande verità, che "Gesù Cristo è l'unico Salvatore del mondo, ieri, oggi e sempre" (cfr He 13,8). L'ha vissuta come un forte impulso all'unità di tutti i discepoli di Cristo, a cui ormai non basta la tolleranza e la reciproca accettazione e, perciò, desiderano una comune testimonianza d'unità. Questa può e deve diventare per la famiglia umana il segno che la riconciliazione è possibile. Il mondo contemporaneo sperimenta le conseguenze di profonde divisioni, retaggio di grandi drammi del millennio che volge al termine; esso ha bisogno ed attende tale testimonianza da parte dei discepoli di Cristo.

La missione della Chiesa è quella di annunziare a tutti gli uomini la salvezza in Cristo. Per compiere tale mandato essa non ha bisogno di alcun privilegio; necessita soltanto della libertà di annunziare le verità del Vangelo. Viene sostenuta prima di tutto dalla grazia di Cristo vivente nei secoli, che fruttifica con la testimonianza della vita dei credenti - sovente offerta in grado eroico. Una dimensione estremamente importante di tale testimonianza è l'unità e la costante aspirazione a questo ideale. L'unità della Chiesa si basa sulla Verità e sull'amore di Dio e dell'uomo, di cui dà testimonianza. La verità che unisce la Chiesa e rende libero l'uomo per la speranza della vita eterna è Cristo vivente, mandato dal Padre in virtù dello Spirito Santo, affinché il mondo creda che Dio è amore. L'amore - fondamento dell'unità della Chiesa - è l'amore di Cristo riversato nei nostri cuori, che riunisce i figli di Dio dispersi. La comunità di verità e di amore radicata in Cristo "offre a tutti gli uomini la beata speranza del Regno di Dio" (cfr Prefazio della V Preghiera Eucaristica). Tale unità, di cui sono ministri il Papa insieme ai vescovi, è il fine ardentemente sospirato da tutti coloro che credono in Cristo. Di più: è la volontà e il dono di Cristo stesso!

Voglio sottolineare qui l'impegno attivo della Chiesa in Polonia nel campo ecumenico. Esprimo viva riconoscenza per il concreto e magnanimo contributo dato allo sviluppo del movimento ecumenico. Alcune iniziative le ho menzionate nel discorso pronunciato durante il memorabile incontro di Wroclaw . L'attività ecumenica non può essere limitata alla preghiera per l'unità dei cristiani durante il mese di gennaio, ma esige uno sforzo continuo, dettato dalla benevolenza e dalla disponibilità a dare una comune testimonianza cristiana nel contemporaneo mondo pluralista. Occorre pregare insieme, parlarsi, creare un'atmosfera sincera di umana comprensione, sia sul piano individuale che istituzionale. Occorre intraprendere delle iniziative concrete, affinché lo spirito ecumenico che si manifesta in varie occasioni pervada sempre più tutta la vita della Chiesa. Allora diventerà più visibile ciò che si può e si deve fare in comune, per mostrare la nostra unità in Cristo. Bisogna, che i cristiani - anche in Polonia - entrino nel terzo millennio insieme, se non perfettamente uniti, almeno reciprocamente più aperti, più sensibili e più decisi nel cammino verso la riconciliazione.

5. Il ministero della riconciliazione di Cristo non si riferisce soltanto all'azione ecumenica, ma comprende anche la Chiesa e tutta la nazione. In questo particolare momento storico, in cui molti popoli e paesi, e tra essi anche la nostra nazione, rendono grazie a Dio per lo straordinario dono della libertà, ma allo stesso tempo risentono dolorosamente delle profonde ferite lasciate nelle anime degli uomini dalle più antiche e dalle più recenti esperienze di ostilità e di umiliazioni del passato, il ruolo della Chiesa è insostituibile. La Chiesa, forte della fede nella Divina misericordia sperimentata quotidianamente, cura con amore le ferite dei peccati ed insegna a costruire l'unità sul fondamento del perdono e della riconciliazione. Anche nella società polacca la caduta del sistema comunista, basato sulla lotta di classe, ha portato allo scoperto barriere di divisioni finora poco visibili, di antiche sfiducie e paure che covano nei cuori umani. Ha scoperto anche le ferite delle coscienze che, sottoposte a pressioni a volte pesanti, non hanno resistito alla prova a cui erano esposte. Tali ferite possono essere guarite soltanto dall'amore divino e umano, il cui segno è il Cuore di Cristo trafitto sulla croce.

Occorre che l'Episcopato Polacco continui a guidare con coraggio questo ministero della riconciliazione di Cristo. Sarà un contributo insostituibile nell'edificazione di un ordine morale - basato su Dio e sui suoi comandamenti -, esigenza della libertà riacquistata. La via al rinnovamento della società passa attraverso il rinnovamento del cuore dell'uomo. In questo processo non può mancare la testimonianza di una metanoia interiore dei figli della Chiesa. Cristo stesso ci ha lasciato i mezzi efficaci per raggiungerlo: i Sacramenti della Penitenza e dell'Eucaristia. Nel Sacramento della Penitenza Cristo riconcilia noi peccatori con il Padre ricco di misericordia, che è nei cieli, e con i nostri fratelli e sorelle, con cui viviamo qui sulla terra. Nell'Eucaristia egli ci santifica con la sua potenza e ci riunisce in una famiglia di invitati a partecipare al banchetto celeste nella Casa del Padre. Il dono della libertà e la fatica dell'edificazione dell'ordine morale ad esso unita gridano l'invito alla riconciliazione e al perdono. Esse, tuttavia, hanno la loro fonte nella bontà del Cuore di Cristo e nella generosità del cuore umano, disposto ad offrire il dono di sé sull'esempio del nostro Redentore, morto per tutti, anche per coloro che l'avevano crocifisso. La Polonia ha bisogno di uomini formati alla scuola dell'amore di Cristo "mite e umile di cuore" (cfr Mt 11,29). Soltanto uomini pronti al sacrificio e confortati dallo Spirito Santo sono disposti ad un dono gratuito di sé e capaci di costruire l'ordine evangelico della libertà. I Sacramenti della Penitenza e dell'Eucaristia danno loro la forza di lottare contro il peccato e contro ogni male nella vita personale e sociale: di non cedere allo scoraggiamento e alla rassegnazione, a non soccombere all' indifferenza e al pessimismo. Il servizio della riconciliazione nella verità e nell'amore non è per la Chiesa un compito limitato ad una sola occasione, ma costituisce parte integrale della sua missione evangelica al servizio di tutti gli uomini e di tutta la nazione. La Chiesa in Polonia dovrebbe far di tutto affinché quest'opera porti frutti abbondanti nel cuore di ogni uomo e in ogni campo della vita della nostra società.

6. Nel contesto di quanto è già stato, detto appare chiaro il posto e il ruolo della Chiesa nella vita politica della società. Vorrei ricordare qui ancora una volta l'insegnamento sempre attuale del Concilio Vaticano II, che nella Costituzione pastorale Gaudium et spes si pronuncia in modo molto esplicito: "La Chiesa, in ragione del suo ufficio e della sua competenza, in nessuna maniera si confonde con la comunità politica e non è legata ad alcun sistema politico. Stima degna di lode e di considerazione l'opera di coloro che per servire gli uomini si dedicano al bene della cosa pubblica e assumono il peso delle relative responsabilità. Rispetta e promuove anche la libertà politica e la responsabilità dei cittadini" (cfr n. 75.76). Occorre tenere sempre presente che il lato esteriore della vita della società terrena, della struttura dello Stato o il potere politico, appartengono alle cose di questo mondo, mutevoli e sempre soggette a miglioramenti. Le strutture che le società conferiscono a se stesse non possiedono mai un valore supremo; neppure possono da sole garantire tutti i beni desiderati dall'uomo. E, in particolare, esse non possono sostituire la voce della sua coscienza, né soddisfare la sua sete di verità e di assoluto. La Chiesa ha una chiara consapevolezza che l'accettazione del Vangelo della salvezza porta benefici effetti anche nella dimensione pubblica della vita delle società e degli individui ed è in grado di trasformare profondamente il volto di questa terra, rendendolo più umano. Anzi, la vocazione del cristiano è la professione pubblica della fede e una presenza attiva in tutti i settori della vita civile. Perciò la Chiesa, formata liberamente da coloro che credono in Cristo, esige, in ciò che riguarda la legislazione terrena, che venga garantito "in egual misura a tutti i cittadini il diritto di vivere in accordo con la loro coscienza e di non contraddire le norme dell'ordine morale naturale riconosciute dalla ragione" (Discorso al Parlamento Europeo, 11.10.1988).

In questo campo ai pastori della Chiesa spetta il ruolo molto importante ed insieme delicato di formare una retta coscienza, obbediente ai dettami del Vangelo e all'insegnamento della Chiesa; una coscienza capace di una sapiente e responsabile azione al servizio della società, così che l'impegno politico non divida, ma operi nella verità, nella giustizia, nell'amore e nel rispetto della dignità dell'uomo, tenendo presente un solo fine: l'accrescimento del bene comune. In questo campo un ruolo particolare hanno da svolgere i laici, in armonia con i carismi e i doni concessi loro dallo Spirito Santo per l'adempimento della loro missione. Nell'Esortazione Apostolica Christifideles laici ho scritto: "Per animare cristianamente l'ordine temporale nel senso di servire la persona e la società, i fedeli laici non possono affatto abdicare alla partecipazione alla politica, ossia alla molteplice e varia azione economica, sociale e legislativa, amministrativa e culturale, destinata a promuovere organicamente e istituzionalmente il bene comune. Il loro urgente e responsabile compito è testimoniare valori umani ed evangelici" (cfr n. 42).

7. Cari Fratelli nell'Episcopato! I compiti da me ricordati non sono nuovi. Sono tuttavia indispensabili affinché, nell'attuale situazione storica della nostra Nazione, il Vangelo possa più efficacemente influire nel complesso della vita della società e offrire il suo necessario contributo nella ricostruzione di un'integrale e globale visione dell'uomo e del mondo, che si contrapponga alla cultura della morte, della sfiducia e della laicizzazione della vita. Tutti vogliamo che il Vangelo eserciti un influsso salvifico e più che mai profondo sui modelli morali e sull'organizzazione della società polacca, conformemente alla sua millenaria tradizione cristiana. Dovremmo dunque far di tutto, affinché la verità del Vangelo si apra la strada nelle coscienze in modo corrispondente alla sua importanza, a null'altro paragonabile per l'uomo d'oggi.

Gioisco insieme a voi per il fatto che la Chiesa in Polonia è sempre più consapevole della propria missione e del suo ruolo nelle nuove condizioni. Sono testimone del grande sforzo pastorale dei vescovi, dei sacerdoti, dei consacrati e di tutta la schiera dei laici, che si adoperano incessantemente, affinché nulla venga smarrito del grande patrimonio cristiano, frutto di sacrifici e di rinunce da parte di molte generazioni. Occorre continuare il grande impegno di evangelizzazione di tutta la Chiesa, il lavoro formativo organizzato e realizzato con coerenza in tutti i campi della pastorale, affinché i nostri fratelli e le nostre sorelle attuino pienamente la loro vocazione nella Chiesa e nella società. Bisogna aiutare i laici affinché, in spirito di unità e mediante un servizio onesto e disinteressato, in collaborazione con tutti, sappiano conservare e sviluppare sul piano socio-politico la tradizione e la cultura cristiana. La dottrina sociale della Chiesa, con il suo patrimonio, i suoi contenuti essenziali e le sue conseguenze dovrebbe essere oggetto di una profonda riflessione, di studi e di insegnamento. Vostro dovere è quello di accendere la fede nella presenza del Salvatore, che è fonte di speranza e di coraggio per ogni uomo e per le intere nazioni, ed anche di vegliare e ispirare costantemente il rinnovamento dei pensieri e dei cuori. In questo sforzo evangelico abbiate una grande fiducia nell'azione dello Spirito Santo, "Colui che costruisce il Regno di Dio nel corso della storia e prepara la sua piena manifestazione in Gesù Cristo, animando gli uomini e facendo germogliare all'interno del vissuto umano i semi della salvezza definitiva che avverrà alla fine dei tempi" (Terzo Millennio Adveniente n. 45).

Questi sono soltanto alcuni problemi che desideravo presentarvi, cari Fratelli venuti ad limina Apostolorum. Che essi diventino oggetto della vostra comune sollecitudine pastorale e di fervida preghiera presso le tombe degli apostoli Pietro e Paolo. Raccomando all'intercessione e alla protezione della Santissima Vergine Maria e dei Santi Patroni della nostra Patria, le diocesi a voi affidate e la vostra opera di evangelizzazione. Ricevete la mia Apostolica Benedizione, con la quale abbraccio tutti i fedeli delle vostre Chiese locali.


GIOVANNI PAOLO II


AGLI OFFICIALI E AVVOCATI


DEL TRIBUNALE DELLA ROTA ROMANA


Sabato 17 gennaio 1998




20 1. Ho ascoltato con interesse le parole con le quali Ella, venerato Fratello, nella qualità di Decano della Rota Romana, ha interpretato i sentimenti dei Prelati Uditori, degli Officiali maggiori e minori del Tribunale, dei Difensori del vincolo, degli Avvocati rotali, degli Alunni dello Studio Rotale e dei rispettivi familiari, presenti a questa speciale Udienza, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. Nel ringraziarLa per i sentimenti espressi, desidero rinnovarle, anche in questa circostanza, le mie felicitazioni per l’elevazione alla dignità arcivescovile, che costituisce una manifestazione di stima nei suoi confronti e di apprezzamento per l’attività del secolare Tribunale della Rota Romana.

Conosco bene la competente collaborazione che il vostro Tribunale offre al Successore di Pietro nel disimpegno dei Suoi compiti in ambito giudiziario. È un’opera preziosa, svolta non senza sacrificio da persone altamente qualificate in campo giuridico, le quali si muovono nella costante preoccupazione di adeguare l’attività del Tribunale alle necessità pastorali dei nostri tempi.

Mons. Decano ha doverosamente ricordato che in questo 1998 si compiono i novant’anni della Costituzione Sapienti consilio, con cui il mio venerato Predecessore, san Pio X, nel riordinare la Curia Romana, provvedeva anche alla ridefinizione della funzione, giurisdizione e competenza del vostro Tribunale. Giustamente egli ha ricordato questa ricorrenza, prendendone spunto per un rapido cenno al passato e, soprattutto, per delineare i futuri impegni nella prospettiva delle esigenze che si vanno prefigurando.

2. Mi è data l’opportunità, oggi, di proporvi alcune riflessioni, in primo luogo, sulla configurazione e collocazione dell’amministrazione della giustizia e, conseguentemente, del giudice nella Chiesa e, in secondo luogo, su qualche problema più concretamente e direttamente attinente al vostro lavoro giudiziario.

Per comprendere il senso del diritto e della potestà giudiziaria nella Chiesa, nel cui mistero di comunione la società visibile e il Corpo mistico di Cristo costituiscono una sola realtà, sembra conveniente, nell’odierno incontro, ribadire in primo luogo la natura soprannaturale della Chiesa e la sua essenziale ed irrinunciabile finalità. Il Signore l’ha costituita quale prolungamento e realizzazione nei secoli della sua universale opera salvifica, che ricupera anche l’originaria dignità dell’uomo quale essere razionale, creato ad immagine e somiglianza di Dio. Tutto ha senso, tutto ha ragione, tutto ha valore nell’opera del Corpo mistico di Cristo esclusivamente nella linea direttiva e nella finalità della redenzione di tutti gli uomini.

Nella vita di comunione della « societas » ecclesiale, segno nel tempo dell’eterna vita che pulsa nella Trinità, i membri sono elevati, per dono dell’amore divino, allo stato soprannaturale, ottenuto e sempre riacquistato per l’efficacia dei meriti infiniti di Cristo, Verbo fatto carne.

Fedele all’insegnamento del Concilio Vaticano II, il Catechismus Catholicae Ecclesiae, affermando che la Chiesa è una in ragione della sua fonte, ci ricorda: « Huius mysterii supremum exemplar et principium est in Trinitate Personarum unitas unius Dei Patris et Filii in Spiritu Sancto ». Ma insieme lo stesso Catechismus afferma: « Omnes qui filii Dei sumus et unam familiam in Christo constituimus, dum in mutua caritate et una Sanctissimae Trinitatis laude invicem communicamus, intimae Ecclesiae vocationi correspondemus ».

Ecco, allora, che il giudice ecclesiastico, autentico « sacerdos iuris » nella società ecclesiale, non può non essere chiamato ad attuare un vero « officium caritatis et unitatis ». Quanto mai impegnativo, quindi, è il vostro compito ed al tempo stesso di alto spessore spirituale, divenendo voi effettivi artefici di una singolare diaconia per ogni uomo ed ancor piu per il « christifidelis ».

È proprio l’applicazione corretta del diritto canonico, che presuppone la grazia della vita sacramentale, a favorire questa unità nella carità, perché il diritto nella Chiesa altra interpretazione, altro significato e altro valore non potrebbe avere senza venir meno all’essenziale finalità della Chiesa stessa. Né può essere eccettuata da questa prospettiva e da questo scopo supremo alcuna attività giudiziaria che si svolga dinanzi a codesto Tribunale.

3. Ciò vale a partire dai procedimenti penali, nei quali la ricomposizione dell’unità ecclesiale significa il ristabilimento di una piena comunione nella carità, per giungere, attraverso le liti in materia contenziosa, ai procedimenti vitali e complessi attingenti lo stato personale e, in primo luogo, la validità del vincolo matrimoniale.

Sarebbe qui superfluo ricordare che anche il « modus », con il quale i processi ecclesiastici sono condotti, deve tradursi in comportamenti idonei ad esprimere tale afflato di carità. Come non pensare all’icona del Buon Pastore che si piega verso la pecorella smarrita e piagata, quando vogliamo raffigurarci il giudice che, a nome della Chiesa, incontra, tratta . . e giudica la condizione di un fedele che fiducioso a lui si è rivolto?

21 Ma è poi, in fondo, lo stesso spirito del Diritto Canonico che esprime ed attua questa finalità dell’unità nella carità: di ciò si deve tener conto sia nell’interpretazione ed applicazione dei vari suoi canoni, sia - e soprattutto - nell’adesione fedele a quei principi dottrinali che, come substrato necessario, danno ai canoni significato e li sostanziano. In tal senso nella Costituzione Sacrae disciplinae leges, con cui promulgavo il Codice di Diritto Canonico del 1983, scrivevo: « Quod si fieri nequit, ut imago Ecclesiae per doctrinam Concilii descripta perfecte in linguam canonisticam convertatur, nihilominus ad hanc ipsam imaginem semper Codex est referendus tamquam ad primarium exemplum, cuius lineamenta is in se, quantum fieri potest, suapte natura exprimere debet».

4. Né può il pensiero, a questo proposito, non correre particolarmente alle cause che hanno preponderanza nei processi sottoposti all’esame della Rota Romana e dei Tribunali della Chiesa intera: mi riferisco alle cause di nullità di matrimonio.

In esse, l’« officium caritatis et unitatis » a voi confidato si deve esplicare sia sul piano dottrinale sia su quello più propriamente processuale. Precipua appare in questo ambito la funzione specifica della Rota Romana, quale operatrice di una saggia ed univoca giurisprudenza cui debbono, come ad autorevole esemplare, adeguarsi gli altri Tribunali ecclesiastici. Né diverso senso avrebbe la ormai tempestiva pubblicazione delle vostre decisioni giudiziarie, che riguardano materia di diritto sostanziale nonché problematiche procedurali.

Le sentenze Rotali, al di là del valore dei giudicati singoli nei confronti delle parti interessate, contribuiscono ad intendere correttamente e ad approfondire il diritto matrimoniale. Si giustifica, pertanto, il continuo richiamo, che in esse si riscontra, ai principi irrinunciabili della dottrina cattolica, per quanto concerne lo stesso concetto naturale del connubio, con obblighi e diritti ad esso propri, ed ancor più per quanto attiene alla sua realtà sacramentale, quando è celebrato fra battezzati. Qui sovviene l’esortazione di Paolo a Timoteo: « praedica verbum, insta opportune, importune... Erit enim tempus, cum sanam doctrinam non sustinebunt ». Monito valido indubbiamente anche ai nostri giorni.

5. Non è assente dal mio animo di Pastore l’angoscioso e drammatico problema che vivono quei fedeli, il cui matrimonio è naufragato non per propria colpa e che, ancor prima di ottenere una eventuale sentenza ecclesiastica che ne dichiari legittimamente la nullità, annodano nuove unioni, che essi desiderano siano benedette e consacrate davanti al ministro della Chiesa.

Già altre volte ho richiamato la vostra attenzione sulla necessità che nessuna norma processuale, meramente formale, debba rappresentare un ostacolo alla soluzione, in carità ed equità, di tali situazioni: lo spirito e la lettera del vigente Codice di Diritto Canonico vanno in questa direzione. Ma, con altrettanta preoccupazione pastorale, ho presente la necessità che le cause matrimoniali siano portate a termine con la serietà e la celerità richieste dalla loro propria natura.

In proposito, ed allo scopo di favorire una sempre migliore amministrazione della giustizia, sia nei profili sostanziali che in quelli processuali, ho istituito una Commissione Interdicasteriale incaricata di preparare un progetto di Istruzione circa lo svolgimento dei processi riguardanti le cause matrimoniali.

6. Pur con queste imprescindibili esigenze di verità e di giustizia, l’« officium caritatis et unitatis » nel quale ho contenuto le riflessioni fin qui svolte, non potrà mai significare uno stato di inerzia intellettuale, per cui della persona oggetto dei vostri giudicati si abbia una concezione avulsa dalla realtà storica ed antropologica, limitata ed anzi inficiata da una visione culturalmente legata ad una parte o all’altra del mondo.

I problemi in campo matrimoniale, cui faceva cenno all’inizio Monsignor Decano, esigono da parte vostra, principalmente di voi che componete questo Tribunale ordinario d’appello della Santa Sede, una intelligente attenzione al progredire delle scienze umane, alla luce della Rivelazione cristiana, della Tradizione e dell’autentico Magistero della Chiesa. Conservate con venerazione quanto di sana cultura e dottrina il passato ci ha trasmesso, ma accogliete con discernimento quanto parimenti di buono e di giusto il presente ci offre. Anzi, lasciatevi guidare sempre solo dal supremo criterio della ricerca della verità, senza pensare che la giustezza delle soluzioni sia legata alla mera conservazione di aspetti umani contingenti né al frivolo desiderio di novità non consone con la verità.

In particolare, il retto intendimento del « consenso matrimoniale », fondamento e causa del patto nuziale, in tutti i suoi aspetti e in tutte le sue implicanze non può essere coartato in via esclusiva in schemi ormai acquisiti, validi indubbiamente ancor oggi, ma perfezionabili col progresso nell’approfondimento delle scienze antropologiche e giuridiche. Pur nella sua autonomia e specificità epistemologica e dottrinale, il Diritto Canonico deve, soprattutto oggi, avvalersi dell’apporto delle altre discipline morali, storiche e religiose.

In tale delicato processo interdisciplinare, la fedeltà alla verità rivelata sul matrimonio e sulla famiglia, interpretata autenticamente dal Magistero della Chiesa, costituisce sempre il definitivo punto di riferimento e la vera spinta per un rinnovamento profondo di questo settore della vita ecclesiale.

22 Così, il compiersi dei novant’anni di attività della Rota restaurata diviene motivo di nuovo slancio verso il futuro, in una ideale attesa che si realizzi anche in modo visibile nel Popolo di Dio, che è la Chiesa, l’unità nella carità.

Lo Spirito di verità vi illumini nel vostro gravoso ufficio, che è servizio ai fratelli i quali a voi ricorrono, e la mia Benedizione, che vi imparto con affetto, sia auspicio e pegno della continua e provvida assistenza divina.

GP2 Discorsi 1998 15