GP2 Discorsi 1998 106

106 Le leggi abortiste, infatti, oltre a ferire la legge impressa dal Creatore nel cuore di ogni uomo, manifestano una forma non corretta di democrazia, propongono un concetto riduttivo di socialità, rivelano una carenza d'impegno da parte dello Stato nei confronti della promozione dei valori.

Un'azione efficace in questo campo deve, pertanto, mirare a ricostruire un orizzonte di valori, che si traduca in una chiara affermazione del "diritto alla vita" nelle carte internazionali e nelle leggi nazionali.

4. D'altro canto, il progresso economico e sociale non può avere fondamento sicuro e concrete speranze se alla sua base vi è il disconoscimento del diritto alla vita. Non ha futuro una società incapace di valutare debitamente la ricchezza rappresentata da un figlio che nasce e di apprezzare la vocazione della donna alla maternità.

Come ebbi a ricordare nell'Enciclica Evangelium vitae, nel mondo contemporaneo è presente "una sorprendente contraddizione: proprio in un'epoca in cui si proclamano solennemente i diritti inviolabili della persona e si afferma pubblicamente il valore della vita, lo stesso diritto alla vita viene praticamente negato e conculcato, in particolare nei momenti più emblematici dell'esistenza, quali sono il nascere e il morire" (n. 18).

Di fronte a tali posizioni ambigue, desidero ribadire che il rispetto della vita dal suo concepimento fino alla morte naturale costituisce il momento essenziale della moderna questione sociale. Il venir meno di tale rispetto nelle società sviluppate ha gravi contraccolpi nei Paesi in via di sviluppo, dove ancora si insiste nelle perniciose campagne antinataliste, e si manifesta soprattutto sul terreno della procreazione umana artificiale e su quello del dibattito relativo all'eutanasia.

5. Carissimi Fratelli e Sorelle del Movimento per la Vita, perseverate nel vostro impegno coraggioso! Ogni vostro sacrificio ed ogni vostra sofferenza saranno compensati dal sorriso di tanti bambini che, grazie a voi, potranno gioire del dono inestimabile della vita. Vi incoraggio cordialmente a compiere ogni sforzo perché sia effettivamente riconosciuto a tutti il diritto alla vita e perché si costruisca un'autentica democrazia, ispirata ai valori della civiltà dell'amore.

Affido ciascuno di voi ed ogni vostro progetto di bene a Maria, "Madre dei viventi", e, mentre vi assicuro la mia quotidiana preghiera, imparto volentieri a voi ed alle vostre iniziative la Benedizione Apostolica.

VISITA PASTORALE

DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

A VERCELLI E TORINO (23-24 MAGGIO 1998)

DISCORSO DEL SANTO PADRE ALLA CITTADINANZA

Sabato, 23 maggio 1998



Signor Sindaco,
Distinte Autorità,
Carissimi Fratelli e Sorelle di Vercelli!

107 1. Esprimo tutta la mia gioia per essere oggi in mezzo a voi ed elevo la mia riconoscenza a Dio, che mi offre l'opportunità di visitare la vostra illustre Città.

Ringrazio il Signor Sindaco per le cortesi parole di benvenuto che mi ha indirizzato a nome della comunità civica. Saluto cordialmente il rappresentante del Governo, nonché i rappresentanti delle Istituzioni civili e militari, che hanno voluto onorare questo nostro incontro con la loro presenza. Il mio affettuoso pensiero va, poi, al venerato Pastore di questa arcidiocesi, il caro Mons. Enrico Masseroni, al suo predecessore ed ora mio collaboratore a Roma, il caro Mons. Tarcisio Bertone, ed a tutti voi qui convenuti, come pure a quanti non hanno potuto essere fisicamente presenti, ma sono collegati con noi attraverso la radio e la televisione. Un deferente saluto rivolgo ai rappresentanti dell'antica comunità ebraica ed a quelli della comunità islamica, che sono oggi con noi.

2. Il mio primo incontro con i Vercellesi avviene in questo antico Tempio, dedicato all'apostolo sant'Andrea e custodito dai benemeriti Canonici Lateranensi, qui rappresentati dall'Abate Generale. Simbolo della Città, la Basilica è ben nota per la splendida bellezza artistica: un vero capolavoro dell'architettura gotica del secolo tredicesimo. Conosciuta come il principale monumento cittadino, la Basilica di sant'Andrea costituisce la sintesi mirabile di una lunga tradizione in cui si intrecciano le due dimensioni essenziali della Città: quella civile e quella religiosa. Essa, pertanto, mentre rappresenta una gloriosa memoria del passato, assume il valore di indicazione e monito per un promettente slancio verso il futuro.

La "memoria" si è cristallizzata nei secoli e si è resa concreta nelle molte espressioni artistiche, che fanno di Vercelli una delle città più ricche di monumenti e di opere pittoriche del Piemonte.

Ma la Basilica di sant'Andrea, con lo slancio architettonico e le linee ardimentose, invita a guardare in alto. E' questo il primo messaggio che ci viene da questo Tempio, come pure dagli altri grandi segni della fede edificati lungo i secoli tra le contrade della vostra Città. Essi ci ricordano che il senso della vita e della esperienza umana non si esaurisce nelle preoccupazioni terrene, ma ha bisogno della luce che viene dall'alto. I valori della fede che questi antichi monumenti esprimono non sono estranei, infatti, alle fatiche ed agli affanni d'ogni giorno. Essi indicano la direzione giusta e conferiscono senso pieno alla storia ed ai progetti personali e comunitari.

2. Carissimi Vercellesi! La vostra Città sembra far coesistere nella sua lunga storia due anime, due sensibilità, quasi due culture: la cultura urbana e quella rurale. Come dimenticare, ad esempio, che qui prese vita nel 1228 la prima Università del Piemonte, quello "Studium" che vantava prestigiosi docenti nelle discipline giuridiche e mediche? In tempi recenti, poi, questa Provincia è stata riconosciuta come una delle capitali della produzione del riso. E che aggiungere a proposito delle ricche risorse culturali, che hanno illustrato il passato e continuano a caratterizzare il presente della vostra Città? La data anniversaria dei 1650 anni di Ordinazione episcopale di sant'Eusebio, con la celebrazione dell'anno eusebiano, è stata un'opportuna occasione per rinverdire la memoria delle glorie d'un tempo e per impegnare i Vercellesi a mantenere vivi nella coscienza dei giovani i valori che hanno fatta grande la Città nel corso dei secoli. E' un patrimonio inestimabile da trasmettere fedelmente alle nuove generazioni.

A questo fine, è certamente proficua la collaborazione tra la comunità civile e quella ecclesiale, ciascuna nel rispetto delle competenze dell'altra, ed entrambe concordi nel venire incontro alle attese di coloro che saranno cittadini adulti nel nuovo millennio. I giovani hanno bisogno di un forte impegno per risolvere problemi di immediata concretezza quali la scuola e il lavoro. Al contempo, essi hanno il diritto di vivere in una città che renda tangibile il senso della concordia, della solidarietà e dell'accoglienza. Solo così Vercelli conserverà l'immagine di città pacifica ed aperta alle positive novità offerte dal progresso.

3. Carissimi Fratelli e Sorelle che vivete in questa Città! La vostra storia è straordinariamente ricca di cultura e di fede. Spetta ora a voi, eredi di un glorioso passato, impegnarvi per trasmettere a coloro che verranno la fiaccola di una così luminosa tradizione. Voi ben sapete quanto sia urgente immettere nell'attuale contesto culturale, percorso spesso dal vento gelido dell'indifferenza e dell'egoismo, il lievito evangelico delle beatitudini. Occorre un'azione coraggiosa per formare le coscienze. Ma l'esperienza insegna che nulla meglio della fede riesce a mantenere vivo negli animi il senso dei valori morali. Il cristiano convinto sa coniugare in modo responsabile competenza e trasparenza nell'adempimento dei propri doveri.

Ciò vale, in particolare, per chi è chiamato ad esercitare funzioni pubbliche. La Chiesa è solita elevare al Signore la sua preghiera per i responsabili del bene comune. In questo anno dedicato allo Spirito Santo essa invoca per loro in special modo i doni del consiglio e della fortezza, tanto necessari per promuovere nella società il fondamentale valore della giustizia. Ai pubblici Amministratori è infatti richiesto non poco coraggio per privilegiare il bene comune rispetto ad ogni forma di particolarismo, a farsi carico delle esigenze dei più deboli. Questo è ciò che la gente attende soprattutto dai cristiani operanti nei vari ambiti della vita civile. Molto è stato fatto in questa direzione, ma molto resta ancora da fare. Io vi incoraggio, carissimi Fratelli e Sorelle, a proseguire su questa strada, valorizzando le energie positive presenti nella comunità ed accogliendo il contributo di tutte le persone di buona volontà.

4. Città di Vercelli, grazie per la tua cordiale accoglienza! Affido te ed i tuoi abitanti a sant'Andrea, Patrono di questa Basilica, ed a sant'Eusebio, primo Vescovo della Comunità diocesana. Ti affido a Maria, venerata nel santuario principale della Diocesi sotto il titolo di "Madonna degli Infermi".

A Te, Vergine Santa, affido i bambini e gli anziani ed ogni abitante di questa regione. Guida ciascuno verso il Grande Giubileo del Duemila ed accresci in tutti la fede, perché nella terra di sant'Eusebio continuino a fiorire autentici testimoni di Cristo e del Vangelo.

108 A Te affido le persone sole o in difficoltà, gli ammalati e, in modo speciale, i degenti dell'Ospedale sant'Andrea, storicamente legato alle origini di questa omonima Basilica. Vergine Santissima, che hai condiviso la passione di Cristo sul Calvario, ottieni per i sofferenti il conforto della speranza cristiana!

A tutti voi, carissimi Vercellesi, che stringo in un grande abbraccio, dono la mia affettuosa Benedizione.

VISITA PASTORALE

DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

A VERCELLI E TORINO (23-24 MAGGIO 1998)

DISCORSO DEL SANTO PADRE AI GIOVANI DI VERCELLI

Sabato, 23 maggio 1998



Al termine di questa solenne Celebrazione eucaristica, desidero rivolgere ancora una parola a voi, carissimi giovani vercellesi, per proporvi come modello e guida il giovane sacerdote che ho appena proclamato Beato.

Forse vi sono tra voi alcuni che avvertono nel cuore la spinta a seguirlo sulla via del sacerdozio. Don Secondo Pollo ottenga a questi prescelti il coraggio di un sì generoso alla chiamata di Dio. Ma c'è una proposta che egli rivolge a tutti stasera: quella di scommettere con lui sulla santità. Qualunque sia la strada che ciascuno di voi sceglierà nella vita, quel traguardo non è precluso a nessuno, perché tutti Dio chiama ad essere santi.

Don Secondo Pollo lo ha capito e per questo in pochi anni ha saputo scalare le vette della perfezione evangelica, vivendo in profondità l'amicizia con Dio e la carità verso i fratelli. In questo è di esempio a voi tutti, cari giovani! Se volete imitarlo, dovete imparare da lui a porre la vostra vita sotto il segno del dono. E' a partire dall'altro che voi potete ritrovare voi stessi. E' donandovi agli altri che realizzerete pienamente le vostre aspirazioni più profonde. Respingete chi vi sconsiglia di amare e vi suggerisce il calcolo e l'egoismo. Chi vi parla così, in realtà vi spinge a rinunciare ad essere uomini e donne in pienezza. Nella sua breve vita, don Pollo non fu guidato dalla ricerca di emozioni egoistiche e fugaci, ma dalla passione per Cristo e per i fratelli.

Questo giovane prete sta ora davanti a voi, giovani di Vercelli, e a voi parla con la testimonianza dell'intera sua vita. Dal Cielo, ove condivide la gioia dei Beati, vi dice: non abbiate paura, lo Spirito di Cristo è con voi. Ascoltatelo!

Tutti vi benedico di cuore.



VISITA PASTORALE

DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

A VERCELLI E TORINO (23-24 MAGGIO 1998)

DISCORSO DI COMMIATO ALLA CITTADINANZA DI TORINO

Domenica, 24 maggio 1998



Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Siamo giunti al momento del commiato, dopo questa intensa giornata durante la quale la Chiesa di Torino ha vissuto ore di gioia spirituale, di preghiera e di commozione profonda. Sono grato a Dio e a tutti voi per questa esperienza che lascia nel mio animo una traccia incancellabile.

109 Ringrazio il Signore, in particolare, per avermi dato l'occasione di unirmi, nel pellegrinaggio alla Sindone, ai numerosi fedeli provenienti da molte parti del mondo.

Ho ricevuto nei mesi scorsi da più parti e con insistenza l'invito a visitare altri luoghi e realtà torinesi, in particolare l'Arsenale della Pace, creato dal SERMIG (Servizio Missionario Giovanile). Purtroppo non mi è stato possibile accogliere tali inviti; vorrei però far sentire a tutti la mia vicinanza spirituale, assicurando la mia preghiera ed incoraggiando a proseguire nell'impegno di fedeltà a Dio e di servizio ai fratelli.

2. Nel momento di accomiatarmi, sento il bisogno di far giungere il mio saluto cordiale a tutti gli abitanti di Torino ed a quanti si sono stretti attorno a me in questa giornata: dal Signor Cardinale Giovanni Saldarini, zelante Pastore di questa Arcidiocesi, ai venerati Fratelli nell'Episcopato qui convenuti, dai Sacerdoti ai Religiosi, alle Religiose ed ai Laici, da coloro che appartengono ad altre religioni a quanti si professano non credenti.

La mia parola deferente e grata va, poi, al Signor Presidente del Consiglio dei Ministri, al Sindaco della Città, ai Rappresentanti delle Istituzioni civili regionali, provinciali e comunali ed a quanti hanno contribuito alla buona riuscita dell'Ostensione solenne della Sindone.

Il mio sguardo si allarga, poi, all'intero Piemonte, che stringo in un grande abbraccio, auspicando vivamente che questo incontro, tappa significativa nell'itinerario di preparazione al Grande Giubileo del Duemila, susciti in tutti un rinnovato fervore spirituale.

Contemplando la Sindone, scaturisca nei credenti il desiderio di ricercare costantemente il volto del Signore: il suo volto misterioso, che si rivela all'occhio della fede; il suo volto umano, che ci è dato riconoscere in quello dei fratelli, specialmente dei più poveri e bisognosi. Questo volto che contempliamo nella Sindone ci parla con il suo silenzio e la sua pace: diventi per ognuno sorgente di serenità e di speranza!

Con quest'augurio, invoco su di voi l'abbondanza delle grazie divine ed a tutti imparto di cuore una speciale Benedizione Apostolica.



VISITA PASTORALE

DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

A VERCELLI E TORINO (23-24 MAGGIO 1998)

CELEBRAZIONE DELLA PAROLA E VENERAZIONE DELLA SINDONE

Domenica, 24 maggio 1998



Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Con lo sguardo rivolto alla Sindone, desidero salutare cordialmente tutti voi, fedeli della Chiesa torinese. Saluto i pellegrini che durante il periodo di questa ostensione vengono da ogni parte del mondo per contemplare uno dei segni più sconvolgenti dell'amore sofferente del Redentore.

Entrando nel Duomo, che mostra ancora le ferite prodotte dal terribile incendio di un anno fa, mi sono fermato in adorazione davanti all'Eucaristia, il Sacramento che sta al centro delle attenzioni della Chiesa e che, sotto apparenze umili, custodisce la presenza vera, reale e sostanziale di Cristo. Alla luce della presenza di Cristo in mezzo a noi, ho sostato poi davanti alla Sindone, il prezioso Lino che può esserci di aiuto per meglio capire il mistero dell'amore del Figlio di Dio per noi.

110 Davanti alla Sindone, immagine intensa e struggente di uno strazio inenarrabile, desidero rendere grazie al Signore per questo dono singolare, che domanda al credente attenzione amorosa e disponibilità piena alla sequela del Signore.

2. La Sindone è provocazione all'intelligenza. Essa richiede innanzitutto l'impegno di ogni uomo, in particolare del ricercatore, per cogliere con umiltà il messaggio profondo inviato alla sua ragione ed alla sua vita. Il fascino misterioso esercitato dalla Sindone spinge a formulare domande sul rapporto tra il sacro Lino e la vicenda storica di Gesù. Non trattandosi di una materia di fede, la Chiesa non ha competenza specifica per pronunciarsi su tali questioni. Essa affida agli scienziati il compito di continuare ad indagare per giungere a trovare risposte adeguate agli interrogativi connessi con questo Lenzuolo che, secondo la tradizione, avrebbe avvolto il corpo del nostro Redentore quando fu deposto dalla croce. La Chiesa esorta ad affrontare lo studio della Sindone senza posizioni precostituite, che diano per scontati risultati che tali non sono; li invita ad agire con libertà interiore e premuroso rispetto sia della metodologia scientifica sia della sensibilità dei credenti.

3. Ciò che soprattutto conta per il credente è che la Sindone è specchio del Vangelo. In effetti, se si riflette sul sacro Lino, non si può prescindere dalla considerazione che l'immagine in esso presente ha un rapporto così profondo con quanto i Vangeli raccontano della passione e morte di Gesù che ogni uomo sensibile si sente interiormente toccato e commosso nel contemplarla. Chi ad essa si avvicina è, altresì, consapevole che la Sindone non arresta in sé il cuore della gente, ma rimanda a Colui al cui servizio la Provvidenza amorosa del Padre l'ha posta. Pertanto, è giusto nutrire la consapevolezza della preziosità di questa immagine, che tutti vedono e nessuno per ora può spiegare. Per ogni persona pensosa essa è motivo di riflessioni profonde, che possono giungere a coinvolgere la vita.

La Sindone costituisce così un segno veramente singolare che rimanda a Gesù, la Parola vera del Padre, ed invita a modellare la propria esistenza su quella di Colui che ha dato se stesso per noi.

4. Nella Sindone si riflette l'immagine della sofferenza umana. Essa ricorda all'uomo moderno, spesso distratto dal benessere e dalle conquiste tecnologiche, il dramma di tanti fratelli, e lo invita ad interrogarsi sul mistero del dolore per approfondirne le cause. L'impronta del corpo martoriato del Crocifisso, testimoniando la tremenda capacità dell'uomo di procurare dolore e morte ai suoi simili, si pone come l'icona della sofferenza dell'innocente di tutti i tempi: delle innumerevoli tragedie che hanno segnato la storia passata, e dei drammi che continuano a consumarsi nel mondo.

Davanti alla Sindone, come non pensare ai milioni di uomini che muoiono di fame, agli orrori perpetrati nelle tante guerre che insanguinano le Nazioni, allo sfruttamento brutale di donne e bambini, ai milioni di esseri umani che vivono di stenti e di umiliazioni ai margini delle metropoli, specialmente nei Paesi in via di sviluppo? Come non ricordare con smarrimento e pietà quanti non possono godere degli elementari diritti civili, le vittime della tortura e del terrorismo, gli schiavi di organizzazioni criminali?

Evocando tali drammatiche situazioni, la Sindone non solo ci spinge ad uscire dal nostro egoismo, ma ci porta a scoprire il mistero del dolore che, santificato dal sacrificio di Cristo, genera salvezza per l'intera umanità.

5. La Sindone è anche immagine dell'amore di Dio, oltre che del peccato dell'uomo. Essa invita a riscoprire la causa ultima della morte redentrice di Gesù. Nell'incommensurabile sofferenza da essa documentata, l'amore di Colui che "ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (
Jn 3,16) si rende quasi palpabile e manifesta le sue sorprendenti dimensioni. Dinanzi ad essa i credenti non possono non esclamare in tutta verità: "Signore, non mi potevi amare di più!", e rendersi subito conto che responsabile di quella sofferenza è il peccato: sono i peccati di ogni essere umano.

Parlandoci di amore e di peccato, la Sindone invita tutti noi ad imprimere nel nostro spirito il volto dell'amore di Dio, per escluderne la tremenda realtà del peccato. La contemplazione di quel Corpo martoriato aiuta l'uomo contemporaneo a liberarsi dalla superficialità e dall'egoismo con cui molto spesso tratta dell'amore e del peccato. Facendo eco alla parola di Dio ed a secoli di consapevolezza cristiana, la Sindone sussurra: credi nell'amore di Dio, il più grande tesoro donato all'umanità, e fuggi il peccato, la più grande disgrazia della storia.

6. La Sindone è anche immagine di impotenza: impotenza della morte, in cui si rivela la conseguenza estrema del mistero dell'Incarnazione. Il telo sindonico ci spinge a misurarci con l'aspetto più conturbante del mistero dell'Incarnazione, che è anche quello in cui si mostra con quanta verità Dio si sia fatto veramente uomo, assumendo la nostra condizione in tutto, fuorché nel peccato. Ognuno è scosso dal pensiero che nemmeno il Figlio di Dio abbia resistito alla forza della morte, ma tutti ci commuoviamo al pensiero che egli ha talmente partecipato alla nostra condizione umana da volersi sottoporre all'impotenza totale del momento in cui la vita si spegne. E' l'esperienza del Sabato Santo, passaggio importante del cammino di Gesù verso la Gloria, da cui si sprigiona un raggio di luce che investe il dolore e la morte di ogni uomo.

La fede, ricordandoci la vittoria di Cristo, ci comunica la certezza che il sepolcro non è il traguardo ultimo dell'esistenza. Dio ci chiama alla risurrezione ed alla vita immortale.

111 7. La Sindone è immagine del silenzio. C'è un silenzio tragico dell'incomunicabilità, che ha nella morte la sua massima espressione, e c'è il silenzio della fecondità, che è proprio di chi rinuncia a farsi sentire all'esterno per raggiungere nel profondo le radici della verità e della vita. La Sindone esprime non solo il silenzio della morte, ma anche il silenzio coraggioso e fecondo del superamento dell'effimero, grazie all'immersione totale nell'eterno presente di Dio. Essa offre così la commovente conferma del fatto che l'onnipotenza misericordiosa del nostro Dio non è arrestata da nessuna forza del male, ma sa anzi far concorrere al bene la stessa forza del male. Il nostro tempo ha bisogno di riscoprire la fecondità del silenzio, per superare la dissipazione dei suoni, delle immagini, delle chiacchiere che troppo spesso impediscono di sentire la voce di Dio.

8. Carissimi Fratelli e Sorelle! Il vostro Arcivescovo, il caro Cardinale Giovanni Saldarini, Custode Pontificio della Santa Sindone, ha proposto come motto di questa Ostensione solenne le parole: "Tutti gli uomini vedranno la tua salvezza". Sì, il pellegrinaggio che folle numerose vanno compiendo verso questa Città è proprio un "venire a vedere" questo segno tragico ed illuminante della Passione, che annuncia l'amore del Redentore. Questa icona del Cristo abbandonato nella condizione drammatica e solenne della morte, che da secoli è oggetto di significative raffigurazioni e che da cento anni, grazie alla fotografia, è diffusa in moltissime riproduzioni, esorta ad andare al cuore del mistero della vita e della morte per scoprire il messaggio grande e consolante che ci è in essa consegnato. La Sindone ci presenta Gesù al momento della sua massima impotenza, e ci ricorda che nell'annullamento di quella morte sta la salvezza del mondo intero. La Sindone diventa così un invito a vivere ogni esperienza, compresa quella della sofferenza e della suprema impotenza, nell'atteggiamento di chi crede che l'amore misericordioso di Dio vince ogni povertà, ogni condizionamento, ogni tentazione di disperazione.

Lo Spirito di Dio, che abita nei nostri cuori, susciti in ciascuno il desiderio e la generosità necessari per accogliere il messaggio della Sindone e per farne il criterio ispiratore dell'esistenza.

Con questi auspici, imparto a tutti voi, ai pellegrini che visiteranno la Sindone ed a quanti sono spiritualmente ed idealmente uniti intorno a questo segno sorprendente dell'amore del Cristo, una speciale Benedizione Apostolica.

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI AL CONGRESSO MONDIALE


DEI MOVIMENTI ECCLESIALI (ROMA, 27-29 MAGGIO 1998)






Carissimi Fratelli e Sorelle in Cristo!

1. «Ringraziamo sempre Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere, continuamente memori davanti a Dio e Padre nostro del vostro impegno nella fede, della vostra operosità nella carità e della vostra costante speranza nel Signore nostro Gesù Cristo» (1Th 1,2-3). Queste parole dell'apostolo Paolo riecheggiano con grata letizia nel mio cuore mentre, in attesa di incontrarvi in Vaticano, invio a tutti voi un caloroso saluto e vi assicuro la mia spirituale vicinanza.

Rivolgo un pensiero affettuoso al Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, il Cardinale James Francis Stafford; al Segretario, Monsignor Stanislaw Rylko ed ai collaboratori del Dicastero. Estendo il mio saluto ai responsabili ed ai delegati dei vari Movimenti, ai Pastori che li accompagnano ed agli illustri relatori.

Nel corso dei lavori del Congresso mondiale, voi affrontate il tema: «I Movimenti ecclesiali: comunione e missione alle soglie del terzo millennio». Ringrazio il Pontificio Consiglio per i Laici, che si è assunto l'onere della promozione e dell'organizzazione di questa importante assise, come pure i Movimenti che hanno accolto con pronta disponibilità l'invito da me rivolto nella Veglia di Pentecoste di due anni fa. In quella occasione auspicai che, nel cammino verso il Grande Giubileo del 2000, durante l'anno dedicato allo Spirito Santo, essi offrissero una «testimonianza comune» ed «in comunione con i Pastori e in collegamento con le iniziative diocesane, [portassero] nel cuore della Chiesa la loro ricchezza spirituale, educativa e missionaria, quale preziosa esperienza e proposta di vita cristiana» (Omelia nella Veglia di Pentecoste, n. 7, 25 maggio 1996).

Auspico di cuore che il vostro Congresso e l'Incontro del 30 maggio 1998 in Piazza San Pietro pongano in luce la feconda vitalità dei Movimenti nel Popolo di Dio, che si appresta a varcare le soglie del terzo millennio dell'era cristiana.

2. Penso in questo momento ai Colloqui internazionali organizzati a Roma nel 1981, a Rocca di Papa nel 1987, a Bratislava nel 1991. Ne ho seguito i lavori con attenzione, accompagnandoli con la preghiera ed il costante incoraggiamento. Fin dall'inizio del mio Pontificato, ho attribuito speciale importanza al cammino dei Movimenti ecclesiali ed ho avuto modo di apprezzare i frutti della loro diffusa e crescente presenza nel corso delle visite pastorali alle parrocchie e dei viaggi apostolici. Ho constatato con piacere la loro disponibilità a porre le proprie energie al servizio della Sede di Pietro e delle Chiese locali. Ho potuto additarli come novità che ancora attende di essere adeguatamente accolta e valorizzata. Riscontro oggi, e me ne rallegro, una loro più matura autocoscienza. Essi rappresentano uno dei frutti più significativi di quella primavera della Chiesa già preannunciata dal Concilio Vaticano II, ma purtroppo non di rado ostacolata dal dilagante processo di secolarizzazione. La loro presenza è incoraggiante perché mostra che questa primavera avanza, manifestando la freschezza dell'esperienza cristiana fondata sull'incontro personale con Cristo. Pur nella diversità delle forme, i Movimenti si caratterizzano per la comune consapevolezza della «novità» che la grazia battesimale porta nella vita, per il singolare anelito ad approfondire il mistero della comunione con Cristo e con i fratelli, per la salda fedeltà al patrimonio della fede trasmesso dal flusso vivo della Tradizione. Ciò da origine ad un rinnovato impulso missionario, che porta ad incontrare gli uomini e le donne della nostra epoca nelle concrete situazioni in cui essi si trovano ed a posare uno sguardo carico d'amore sulla dignità, sui bisogni e sul destino di ognuno.

Sono queste le ragioni della «testimonianza comune» che, grazie al servizio a voi reso dal Pontificio Consiglio per i Laici e con spirito di amicizia, di dialogo e di collaborazione con tutti i Movimenti, si concretizza ora in questo Congresso mondiale e, soprattutto, fra qualche giorno, nell'atteso "Incontro" di Piazza San Pietro. Una «testimonianza comune», peraltro, che già è emersa e provata nella laboriosa fase preparatoria di questi due eventi.

112 La significativa presenza tra voi di Superiori e rappresentanti di altri dicasteri della Curia Romana, di Vescovi provenienti da diversi continenti e nazioni, di delegati dell'Unione Internazionale dei Superiori e delle Superiore Generali, di invitati di varie istituzioni e associazioni indica che tutta la Chiesa è coinvolta in questa iniziativa, confermando che la dimensione comunionale è essenziale nella vita dei Movimenti. Presente è inoltre la dimensione ecumenica, resa tangibile dalla partecipazione di delegati fraterni di altre Chiese e Comunioni cristiane, ai quali rivolgo un particolare saluto.

3. Obiettivo di questo Congresso mondiale è, da un lato, di approfondire la natura teologica e il compito missionario dei Movimenti e, dall'altro, di favorire la reciproca edificazione mediante lo scambio di testimonianze e di esperienze. Il vostro programma tocca, pertanto, gli aspetti cruciali della vita dei Movimenti suscitati dallo Spirito di Cristo per un nuovo slancio apostolico dell'intera compagine ecclesiale. In apertura dei lavori, desidero proporre alla vostra attenzione alcune riflessioni che sicuramente avremo modo di sottolineare ulteriormente nel corso della celebrazione in Piazza San Pietro, il prossimo 30 maggio.

Voi rappresentate oltre 50 Movimenti e nuove forme di vita comunitaria, che sono espressione di una multiforme varietà di carismi, metodi educativi, modalità e finalità apostoliche. Una molteplicità vissuta nell'unità della fede, della speranza e della carità, in ubbidienza a Cristo e ai Pastori della Chiesa. La vostra stessa esistenza è un inno all'unità nella pluriformità voluta dallo Spirito e ad essa rende testimonianza. Infatti, nel mistero di comunione del Corpo di Cristo, l'unità non è mai piatta omogeneità, negazione della diversità, come la pluriformità non deve diventare mai particolarismo o dispersione. Ecco perché ognuna delle vostre realtà merita di essere valorizzata per il peculiare contributo che apporta alla vita della Chiesa.

4. Che cosa s'intende, oggi, per «Movimento»? Il termine viene spesso riferito a realtà diverse fra loro, a volte, persino per configurazione canonica. Se, da un lato, essa non può certamente esaurire né fissare la ricchezza delle forme suscitate dalla creatività vivificante dello Spirito di Cristo, dall'altro sta però ad indicare una concreta realtà ecclesiale a partecipazione in prevalenza laicale, un itinerario di fede e di testimonianza cristiana che fonda il proprio metodo pedagogico su un carisma preciso donato alla persona del fondatore in circostanze e modi determinati.

L'originalità propria del carisma che dà vita ad un Movimento non pretende, né lo potrebbe, di aggiungere alcunché alla ricchezza del depositum fidei, custodito dalla Chiesa con appassionata fedeltà. Essa, però, costituisce un sostegno potente, un richiamo suggestivo e convincente a vivere appieno, con intelligenza e creatività, l'esperienza cristiana. Sta in ciò il presupposto per trovare risposte adeguate alle sfide e alle urgenze dei tempi e delle circostanze storiche sempre diverse.

In tale luce, i carismi riconosciuti dalla Chiesa rappresentano delle vie per approfondire la conoscenza di Cristo e per donarsi più generosamente a Lui, radicandosi nel contempo sempre più nella comunione con tutto il popolo cristiano. Essi meritano, per questo, attenzione da parte di ogni membro della Comunità ecclesiale, a cominciare dai Pastori, ai quali è affidata la cura delle Chiese particolari, in comunione con il Vicario di Cristo. I Movimenti possono così offrire un contributo prezioso alla dinamica vitale dell'unica Chiesa, fondata su Pietro, nelle diverse situazioni locali, soprattutto in quelle regioni dove l'implantatio Ecclesiae è ancora agli inizi o sottoposta a non poche difficoltà.

5. Più volte ho avuto modo di sottolineare come nella Chiesa non ci sia contrasto o contrapposizione tra la dimensione istituzionale e la dimensione carismatica, di cui i Movimenti sono un'espressione significativa. Ambedue sono co-essenziali alla costituzione divina della Chiesa fondata da Gesù, perché concorrono insieme a rendere presente il mistero di Cristo e la sua opera salvifica nel mondo. Insieme, altresì, mirano a rinnovare, secondo i loro modi propri, l'autocoscienza della Chiesa, che può dirsi, in un certo senso, essa stessa «movimento», in quanto avvenimento nel tempo e nello spazio della missione del Figlio per opera del Padre nella potenza dello Spirito Santo.

Sono persuaso che queste mie considerazioni troveranno un adeguato approfondimento nel corso dei lavori congressuali, che accompagno con la preghiera, perché da essi scaturiscano frutti copiosi a beneficio della Chiesa e dell'intera umanità.

Con tali sentimenti, ed in attesa di incontrarvi in Piazza San Pietro, la Vigilia della Pentecoste, imparto di cuore una speciale Benedizione Apostolica a voi ed a quanti voi rappresentate.

Dal Vaticano, 27 maggio 1998


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