GP2 Discorsi 1998 127

IOANNES PAULUS PP. II



GIOVANNI PAOLO II


IN OCCASIONE DEL 30° ANNIVERSARIO DELLA RIUNIONE


DELLE OPERE IN AIUTO ALLE CHIESE ORIENTALI (R.O.A.C.O.)


16 giugno 1998






Signor Cardinale,
Venerati Confratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
128 Cari Membri ed Amici della ROACO!

1. Porgo a tutti voi il mio cordiale benvenuto in occasione della vostra visita durante la seconda annuale Assemblea della ROACO. Saluto, anzitutto, il Sig. Cardinale Achille Silvestrini e lo ringrazio per le cordiali parole con cui ha voluto esprimere i vostri sentimenti, accennando al tempo stesso alle molteplici attività nelle quali siete impegnati.

Con lui saluto il Segretario della Congregazione per le Chiese Orientali, l'Arcivescovo Mons. Miroslav Stefan Marusyn, al quale rinnovo il mio cordiale augurio per il 50° anniversario di Ordinazione sacerdotale. Il mio saluto si estende poi al Sottosegretario Mons. Claudio Gugerotti, a tutti gli Officiali e al Personale del Dicastero unitamente ai Membri e agli Amici della R.O.A.C.O.

Volgendo lo sguardo ai territori ai quali va la vostra sollecitudine, non posso non ribadire l'auspicio di una soluzione equa e pacifica delle tensioni emerse nelle scorse settimane tra Etiopia ed Eritrea. Voglia il Signore illuminare i responsabili delle due Nazioni sorelle e tutti quelli che si adoperano generosamente nella ricerca di una composizione negoziata delle rispettive esigenze.

2. Abbiamo da poco celebrato con grande gioia di tutta la Chiesa la proclamazione di due nuovi Beati legati alle Chiese Orientali, i quali hanno testimoniato con amore e coraggio la loro piena fedeltà a Cristo e alla Chiesa cattolica.

Si tratta anzitutto del Martire Vincenzo Eugenio Bossilkov, Vescovo e religioso passionista, beatificato il 15 marzo scorso. Messaggero intrepido della croce di Cristo, egli è una delle tante vittime che il regime comunista ateo ha sacrificato, in Bulgaria come altrove, nella sua volontà di annientare la Chiesa. Oggi egli si propone a noi e ai figli delle Chiese d'Oriente come esemplare e luminosa figura non solo per la sua vasta cultura, ma soprattutto per la costante ansia ecumenica e l'eroica dedizione in difesa del suo gregge nell'attaccamento alla Sede di Pietro.

Nel monaco Nimatullah Kassab Al-Hardini, dell'Ordine Libanese Maronita, elevato agli onori degli altari il 10 maggio scorso, ho voluto richiamare a tutti il valore della vita monastica. Come ebbi a dire in quella felice circostanza, il nuovo Beato è un segno di speranza per tutti i cristiani nel Libano, ma è anche un invito perché quella Nazione, che ho avuto la gioia di visitare proprio un anno fa, possa continuare ad essere ricca di testimoni e di santi, proponendosi, grazie alla generosa inculturazione della fede, come terra in cui fioriscono la giustizia, la pace e la convivialità. Il beato Hardini è un illustre testimone del monachesimo inteso come esemplarità di vita battesimale. Spero che egli sia per i giovani e le giovani delle Chiese cattoliche orientali un incoraggiamento a recuperare la loro identità, a vivere appieno la ricchezza delle loro tradizioni, a trarre con sapienza dalla Divina Liturgia e dalla contemplazione la forza del Mistero che salva.

3. Ho scritto nell'Orientale Lumen: "Quando Dio chiama in modo totale come nella vita monastica, allora la persona può raggiungere il punto più alto di quanto sensibilità, cultura e spiritualità sono in grado di esprimere... Per le Chiese Orientali il monachesimo costituì un'esperienza essenziale che ancora oggi mostra di fiorire in esse, non appena la persecuzione ha termine e i cuori possono levarsi in libertà verso i cieli" (n. 9).

Mi auguro che questa esemplarità costituisca un riferimento valido per tutti i seminaristi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, che anche in Roma si stanno preparando, nel discernimento vocazionale, ai loro compiti ecclesiali e per i quali la Congregazione per le Chiese Orientali tanto dedica delle sue energie.

Rientra in questo impegno del Dicastero l'istituzione del Collegio San Benedetto, dove sacerdoti, di riti diversi ma di lingua araba, trovano un luogo adatto per gli studi, per la preghiera e per un opportuno confronto con nuove esperienze pastorali. La ristrutturazione del precedente Seminario Ucraino Minore di via Boccea, con la nascita del Pontificio Istituto Ucraino Santa Maria del Patrocinio, consentirà prossimamente di riaccogliere candidati al sacerdozio che stanno perfezionando i loro studi nelle discipline ecclesiastiche. Anche le strutture che si vanno predisponendo per la formazione teologica e la qualificazione pastorale delle religiose orientali che per questo sono inviate a Roma, concorreranno a rispondere ad un'urgenza ormai ineludibile.

Vi esorto, cari Amici della ROACO, a condividere sempre più con la vostra partecipazione questa fondamentale attività di formazione, espressa nei riguardi di coloro che saranno le guide delle Comunità cattoliche in Oriente.

129 4. Siamo incamminati verso il Grande Giubileo del Duemila e l'anno prossimo, il 1999, sarà consacrato alla riflessione sul Padre celeste. Si concluderà, così, quest'immediata preparazione all'evento giubilare che ci invita ad incontrarci con rinnovata fedeltà e con approfondita conversione sulle sponde del "fiume della Rivelazione, del cristianesimo e della Chiesa, che scorre attraverso la storia dell'umanità a partire da quanto accaduto a Nazaret e poi a Betlemme duemila anni fa. E' veramente il "fiume" che con i suoi "ruscelli", secondo l'espressione del Salmo, "rallegra la città di Dio" (46 [45], 5).

L'atteggiamento dei cristiani verso la Terra Santa si è sviluppato in modo analogo a quello della storia della preghiera liturgica della Chiesa: come l'anno liturgico ha lentamente distribuito in giorni diversi quanto già era contenuto nella Domenica, Pasqua della settimana, così i luoghi dove visse e operò il nostro Salvatore sono diventati i tratti di un itinerario spirituale unico, che aiuta a ripercorrere i passi del Dio fattosi uomo e vittima di amore per la salvezza del mondo.

L'aiuto e il sostegno alla Terra Santa non sono soltanto in funzione del ricordo dei luoghi e dei tempi in cui visse il Signore Gesù: essi intendono soprattutto alimentare nei fedeli un atteggiamento spirituale che, in chi lo vive con intensità interiore, si traduce in un cammino di fede verso quel culmine di ogni esperienza cristiana che l'Apostolo delle genti esprime nelle parole: "Mihi vivere Christus est".

5. So che attraverso le competenze di ogni Agenzia, la Congregazione per le Chiese Orientali, unitamente alla Custodia di Terra Santa, svolge un'attività di sintesi e di raccordo della carità di tutti. A voi è affidato il compito di essere presenti, a nome della cristianità, nel sostenere la vita ecclesiale e nel soccorrere le necessità socio-culturali di quei luoghi che sono cari al cuore di quanti credono nel Verbo di Dio incarnato. Rinnovo a voi, e per vostro tramite a tutta la Chiesa sparsa nel mondo, l'invito a mantenere alto l'impegno a servizio della Terra del nostro Salvatore.

Vi accompagni in questo vostro lavoro la costante assistenza divina e la materna protezione della Vergine di Nazaret. Anch'io vi sono vicino e di cuore vi imparto la mia Benedizione, che volentieri estendo alle Opere che qui rappresentate e a tutti i destinatari della vostra attività.


GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI AL PELLEGRINAGGIO


DELLA DIOCESI DI PRZEMYSL (POLONIA)


18 giugno 1998






1. Do un cordiale benvenuto a voi riuniti nell'Aula Paolo VI così numerosi. In modo particolare saluto l'Arcivescovo Józef, vostro Pastore, e lo ringrazio per le parole rivoltemi all'inizio di questo incontro. Saluto anche il Vescovo ausiliare Stefan, che è qui con noi, come pure i rappresentanti del clero, degli ordini religiosi, degli alunni del Seminario Maggiore e di tutti i fedeli della Chiesa di Przemysl e della terra di Podkarpacie, da me ben conosciuta e così cara al mio cuore. In spirito mi unisco anche ai Vescovi emeriti, Ignacy e Boleslaw, e da questo luogo voglio inviare loro oggi il mio saluto e l'assicurazione della preghiera. Rivolgo il mio benvenuto anche ai rappresentanti delle Autorità provinciali e delle città di Przemysl e di Krosno.

Siete giunti a Roma, alle Tombe dei santi Apostoli, come pellegrini, per consolidare la vostra fede e per imparare a rendere testimonianza a Cristo. Seguite le orme dei primi cristiani che suggellarono col martirio la loro fedeltà al Vangelo proprio in questa Città.

L'odierno incontro mi richiama alla mente i due giorni del mio soggiorno a Dukla e a Krosno, in occasione della mia visita dello scorso anno, nella vostra arcidiocesi. E' stato commovente il ritorno, dopo tanti anni, agli uomini e ai luoghi che conosco così bene, avendoli prima frequentati numerose volte. La terra di Bieszczady mi affascinava sempre con la sua straordinaria bellezza, che è il riflesso nell'ambito naturale della grandezza ed insieme della vicinanza di Dio. Conservo nel profondo del mio cuore i momenti della nostra comune preghiera. Oggi mi portate con voi, in un certo senso, una piccola parte della nostra Patria, e anzitutto il ricordo di Giovanni di Dukla, "questo grande tesoro della vostra terra", che la Provvidenza mi ha concesso di proclamare santo della Chiesa universale, proprio a Krosno.

2. "Rallegratevi, giusti, nel Signore" (Sal 96[97],12).

Nella Liturgia della parola prevista per oggi, il Salmista ci esorta alla gioia. Abbiamo questa gioia, perché con noi è Cristo risorto e la sua potenza salvifica. Ci rallegriamo perché è con noi lo Spirito Santo, disceso sugli Apostoli il giorno della Pentecoste (cfr Ac 2,1-13). E' Lui ad animare la Chiesa, ad aprire i cuori e le menti degli uomini alla verità divina. Tale gioia ha la sua fonte nella nostra fede, nella consapevolezza di essere figli di Dio, redenti con il Sangue di Cristo. Tuttavia dobbiamo sempre ricordare che la fede è un dono di Dio e di esso siamo responsabili.

130 Oggi, in un'epoca di grandi trasformazioni, la Polonia ha bisogno di uomini di fede viva, con lo sguardo fisso su Dio, veri apostoli del bene, della verità e dell'amore, che preparano le vie della nuova evangelizzazione in tutta la Nazione. Sull'esempio dei vostri Patroni: S. Giovanni di Dukla e il beato Józef Sebastian Pelczar, legati alla terra di Bieszczady, seguite con coraggio Cristo sulle vie che Lui stesso vi indica. Edificate dunque il futuro felice della Patria in spirito di rispetto per la tradizione e fedeli alle sue radici cristiane. Siate degni testimoni della sua storia ultramillennaria. La fedeltà a Dio è sempre creativa. Scende nel profondo e, allo stesso tempo, si apre alle nuove sfide e ai nuovi segni del tempo.

3. Le vie della nuova evangelizzazione sono numerose e diversificate. Lungo queste vie ci guida lo Spirito Santo, accompagnandoci con la sua luce e con la sua forza. Con gioia vengo a sapere che nella vostra arcidiocesi si sta animando l'apostolato dei laici. Ciò trova la sua espressione in un grande impegno nei lavori del Sinodo Diocesano, attraverso il quale desiderate arricchire la fede e conoscere la dottrina della Chiesa, nel concreto delle condizioni attuali e locali. Sento che nelle parrocchie lavorano i gruppi sinodali, che approfondiscono gli importanti problemi religiosi. Sappiamo infatti quale grande ruolo svolge la catechesi nel consolidamento della fede e nel renderla matura. La fede è un valore strettamente personale, da cercare e da vivere. Quanto però dipende qui anche dalla famiglia, dalla scuola e dall'ambiente sociale! Perciò un inserimento attivo nei lavori del Sinodo vi aiuterà a comprendere meglio, a vivere e ad arricchire nella comunità della Chiesa la vostra fede.

Mi rallegro perché si sta sviluppando il movimento della preghiera mariana nei gruppi del Rosario Vivente. Incoraggio tutti a tale preghiera: i bambini, i giovani, le persone anziane e gli infermi. Il Rosario è una preghiera di cui la Chiesa ha costante bisogno e anche ciascuno di voi. Vi dirò che questa è una preghiera che io amo tanto e vi prego di ricordarmi quando la reciterete.

La Chiesa in Polonia pone grandi speranze nell'Azione Cattolica, che si va sviluppando anche nella vostra arcidiocesi. Il suo compito principale è di assumere e sviluppare varie iniziative apostoliche. Oggi c'è un grande bisogno di approfondire la conoscenza della dottrina sociale della Chiesa, ma anche di approfondire la spiritualità cristiana, che porta in modo naturale a un legame più stretto con Dio e con la Chiesa. E' bene che le iniziative concrete vengano precedute dalla preghiera e dalla riflessione. Durante gli incontri formativi che organizzate, chiedete allo Spirito Santo di assistervi nel discernere le vie per attuare il Vangelo negli ambienti di lavoro, nelle famiglie e nelle comunità parrocchiali. Il mondo di oggi attende coraggiosi testimoni della fede, che con la loro vita mostrino la santità e aiutino gli altri a tendere ad essa.

4. Miei cari, ancora una volta voglio ripetere le parole pronunciate a Krosno durante la canonizzazione del Beato Giovanni di Dukla: "Questa terra (di Bieszczady) ha infatti dato molti testimoni autentici di Gesù Cristo, persone che hanno posto pienamente la loro fiducia in Dio ed hanno dedicato la loro vita all'annuncio del Vangelo. Seguite le loro orme! (...) «perché tutto il mondo veda le vostre opere buone e renda gloria a Dio che è nei cieli» (cfr
Mt 5,16). La fede seminata da San Giovanni nei cuori dei vostri avi cresca come un albero di santità e «faccia molto frutto ed esso permanga» (cfr Jn 15,5)" (10.06.1997). Questo è il mio fervido augurio, che anche oggi rivolgo dalla Tomba di San Pietro a tutti voi qui presenti e a coloro che non sono potuti venire in pellegrinaggio a Roma. Trasmettetelo ai vostri cari, alle famiglie, alle parrocchie, e specialmente agli ammalati, ai sofferenti e alle persone anziane.

Che Dio benedica tutta la comunità del Popolo di Dio dell' arcidiocesi di Przemysl e la vostra bella terra di Bieszczady.

VIAGGIO APOSTOLICO

DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

IN AUSTRIA (19-21 GIUGNO 1998)

Venerdì, 19 giugno 1998



Signor Presidente!

1. Con gioia metto oggi nuovamente piede sul suolo austriaco e saluto di cuore tutte le pubbliche autorità che mi onorano con la loro presenza. Allo stesso tempo, rivolgo il pensiero a tutti i cittadini, donne e uomini, di questo paese così bello, che mi è dato di visitare per la terza volta come Vescovo di Roma.

Signor Presidente, La ringrazio vivamente per il Suo saluto cordiale. Con sentimenti di stima fraterna mi rivolgo ai Vescovi di questo Paese ringraziandoli per avermi nuovamente invitato a visitare la Repubblica Austriaca.

Pax! Pax vobis! Vi saluto con l'augurio del Risorto: la pace sia con voi. Pace al vostro paese! Pace alla Chiesa in Austria! Pace alle comunità e alle parrocchie, pace ai cuori degli uomini e delle donne! La pace sia con tutti voi!

131 2. La vera pace nasce dal cuore. "Nel mezzo del Continente tu stai, simile ad un cuore forte", dice il vostro Inno federale. Negli anni passati questo paese nel cuore d'Europa si è unito alla comunità di coloro che si sono messi in cammino verso una meta prefissata: l'unificazione del Continente. Per edificare la nuova Europa occorrono molte mani ma soprattutto molti cuori che non battano solo per la carriera e il denaro, bensì per l'amore di Dio e dell'uomo. Il mio auspicio è che il cuore d'Europa rimanga forte e sano. Proprio per questo prego affinché il pensiero e l'azione di tutti gli austriaci, uomini e donne, siano ispirati dalla ferma volontà di rispettare la dignità di ciascun uomo e di accettare la vita senza riserve in tutte le sue forme e fasi. Tra le ricchezze del patrimonio cristiano, infatti, è stato anzitutto il concetto dell'uomo ad incidere profondamente sulla cultura europea.

Per progettare in modo adeguato una casa occorre un adeguato strumento di misura. Chi non conosce la misura, manca anche l'obiettivo. I costruttori della Casa europea dispongono dell'immagine dell'uomo che il cristianesimo ha inculcato nella antica cultura del Continente, creando i presupposti in base ai quali operare con la creatività che è da tutti ammirata. Il concetto dell'uomo creato ad immagine e somiglianza di Dio non è, quindi, un reperto da museo, ma rappresenta la chiave di volta per l'Europa odierna, nella quale le molteplici pietre da costruzione delle varie culture, popoli e religioni possono essere tenute unite per l'edificazione del nuovo edificio. Senza questo criterio di misura la Casa europea in costruzione rischia di sfasciarsi e di non avere durata.

3. Con questi sentimenti estendo lo sguardo oltre le frontiere di questo Paese verso l'intera Europa, verso tutte le nazioni del nostro Continente con la loro storia, dall' Atlantico fino agli Urali, dal Mare del Nord fino al Mediterraneo. L'Austria, in particolare, ha condiviso le vicende dell'Europa esercitando un'influenza decisiva. Essa mostra, in modo esemplare, come molteplici etnie, ristrette in un piccolo spazio, possano convivere con tensione fruttuosa operando creativamente per costruire l'unità nella pluralità. Sull'attuale territorio austriaco, piccolo in confronto ad altre nazioni, hanno messo radici le caratteristiche dei celti e dei latini, dei germani, degli ungheresi e degli slavi e sono caratteristiche tuttora vive nella popolazione. Così l'Austria diventa lo specchio e il modello dell'Europa unita che non vuole emarginare nessuno, ma fare spazio a tutti.

4. Veni, Creator Spiritus! Vieni, Spirito Creatore!

Questa supplica echeggerà come un ritornello nei prossimi giorni che mi sarà dato di trascorrere nel vostro amato Paese. Per i prossimi tre giorni, infatti, apparterrò all'Austria!

"Vieni, Spirito Creatore, e accendi in noi il fuoco del tuo amore!" Con questa preghiera voglio esprimere a Lei, Signor Presidente, a voi, cari Fratelli nell'Episcopato, la mia viva gratitudine. Nella lieta attesa di vivere la nostra comunione di fede e di lode a Dio ripeto ai cari abitanti di questa terra il mio saluto: La pace sia con voi!

VIAGGIO APOSTOLICO

DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

IN AUSTRIA (19-21 GIUGNO 1998)

INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II

CON LE AUTORITÀ E CON IL CORPO DIPLOMATICO


Sabato 20 giugno 1998



Signor Presidente Federale,
Signor Cancelliere Federale,
Signori e Signore!

1. E per me motivo di grande onore e di gioia particolare poterLa incontrare oggi, Signor Presidente Federale, insieme con i membri del Governo Federale e i rappresentanti della vita pubblica e politica della Repubblica Austriaca. L'odierno nostro incontro sottolinea ancora una volta i rapporti amichevoli che esistono da molto tempo tra l'Austria e la Santa Sede.

132 Allo stesso tempo, possiamo sperimentare visibilmente che questa concorde e fruttuosa relazione è inserita nella larga rete dei rapporti diplomatici che l'Austria intrattiene con diversi Stati in tutto il mondo. Ringrazio i rappresentanti diplomatici presenti per la loro partecipazione e per l'onore che in questo modo mi rendono e li ringrazio per quanto fanno "nell'arte della pace".

Questo stesso luogo storico è particolarmente adatto per volgere lo sguardo oltre le frontiere di questo Paese verso l'Europa che si sta unificando e verso il suo inserimento nella famiglia delle nazioni di tutti i continenti. E' adatto altresì per guardare ai problemi che vi sono all'interno dell'Austria.

2. La mia prima visita pastorale in Austria, nel 1983, si iniziò con i Vespri dedicati all'Europa e celebrati sotto il segno della Croce. Allora il Cardinale Franz König rivolgeva all'Assemblea le seguenti parole: "Nel nostro piccolo Paese che segna la linea di separazione di due mondi [...] si può e si deve parlare dell'Europa!"

Sei anni dopo, quando si sgretolò il muro di Berlino e cadde la cortina di ferro, la linea di separazione tra i due blocchi sembrava scomparsa. Da allora molte euforie si sono volatilizzate e molte speranze sono andate deluse. Riempire solo le mani di beni materiali, quando il cuore dell'uomo rimane vuoto non avendo scoperto il senso della vita, non basta. L'uomo non ha sempre questa consapevolezza e preferisce spesso distrazioni superficiali alla vera gioia interiore. Egli però deve alla fine constatare che non si può vivere solo di pane e divertimenti.

3. Di fatto, la linea di separazione tra i due blocchi non è scomparsa né dalla realtà economica né dagli animi umani. Persino in un Paese socialmente ordinato ed economicamente prosperoso come l'Austria, dilagano il senso di smarrimento e la paura del futuro.

Non è forse vero che insidiose crepe si sono infiltrate anche nella solida e finora convalidata struttura di cooperazione tra i gruppi sociali, che ha contribuito notevolmente al benessere del paese e alla prosperità della popolazione?

Non si stanno forse diffondendo tra i cittadini austriaci, pochi anni dopo il referendum, lo scetticismo e la frustrazione riguardo alla loro adesione all'Europa?

4. Nella geografia europea l'Austria, che per molti decenni era rimasta un Paese di frontiera, è diventata "Paese ponte". Fra pochi giorni ad essa toccherà la presidenza di turno nel Consiglio dell'Unione Europea. Perciò, Vienna, nel passato spesso centro focale della storia europea, diventerà il centro di molte speranze per quei Paesi che stanno avviando le trattative per entrare nell'Unione Europea. Auspico che possano essere compiuti passi utili ad avvicinare l'oriente e l'occidente del continente: i due polmoni dei quali l'Europa non può fare a meno se vuole respirare.

La diversità delle tradizioni orientali e occidentali promuoverà la cultura europea e costituirà, attraverso la memoria e lo scambio reciproco, la base per l'auspicato rinnovamento spirituale. Perciò si dovrebbe parlare non tanto di una "amplificazione verso oriente", bensì di una "europeizzazione" dell'intera area continentale.

5. Permettetemi di approfondire questo pensiero. All'inizio del mio Pontificato ho invitato i fedeli riuniti a Roma in Piazza S. Pietro ad aprire le porte a Cristo! (cfr. Omelia, 22 ottobre 1978). Oggi, in questa città di così ampio respiro storico, culturale e religioso, ripeto il mio appello al vecchio continente: "Europa, apri le porte a Cristo!"

Questa esortazione non nasce da fantasia sognante, ma è fondata su di un realismo aperto alla speranza. Infatti, la cultura, l'arte, la storia e il presente dell'Europa sono stati e sono ancora plasmati dal cristianesimo in modo tale che non esiste neanche oggi una Europa completamente secolarizzata o addirittura atea. Lo testimoniano non solo le chiese e i monasteri in molti paesi europei, le cappelle e le croci poste lungo le strade europee, le preghiere e i canti cristiani in tutte le lingue del continente. Ancora più palesemente ne fanno fede i numerosi testimoni viventi: uomini e donne che cercano, domandano, credono, sperano e amano; i santi del passato e del presente.

133 6. Non bisogna dimenticare che la storia europea è strettamente intrecciata con la storia di quel popolo dal quale proveniva il Signore Gesù. Al popolo ebraico sono state inflitte in Europa inesprimibili sofferenze e non possiamo affermare che tutte le radici di queste ingiustizie siano state strappate. La riconciliazione con gli ebrei fa quindi parte dei doveri fondamentali dei cristiani in Europa.

7. I costruttori della nuova Europa dovranno affrontare un'altra grande sfida: quella di creare uno spazio globale europeo di libertà, di giustizia e di pace al posto dell'isola di benessere occidentale del continente. I paesi più ricchi, inevitabilmente, dovranno affrontare sacrifici concreti per livellare man mano il solco disumano di benessere esistente in Europa. Ci vuole un aiuto spirituale per portare avanti la costruzione delle strutture democratiche e il loro consolidamento e per promuovere una cultura della politica e le giuste condizioni dello Stato di diritto. Per questo sforzo la Chiesa offre come orientamento la sua dottrina sociale la quale è centrata sulla sollecitudine e sulla responsabilità per l'uomo a lei affidato da Cristo: "Si tratta non di un uomo 'astratto', ma dell'uomo reale, concreto e storico che la Chiesa non deve abbandonare" (Centesimus annus
CA 53).

8. In questo contesto è coinvolto il mondo intero, che si sta trasformando sempre di più in un "villaggio globale". Non a caso, oggi molti esperti che si occupano dello sviluppo economico a larghe dimensioni parlano di globalizzazione. Il fatto che le regioni della terra si stiano stringendo tra loro economicamente non deve implicare automaticamente una globalizzazione nella povertà e nella miseria, ma in primo luogo una globalizzazione nella solidarietà.

Sono convinto che l'Austria contribuirà al processo di globalizzazione non semplicemente per motivi politici o economici, ma in primo luogo per i vincoli che legano la sua popolazione alle altre nazioni, come lo ha dimostrato il suo esemplare impegno per i fratelli e le sorelle bisognosi nel Sud Est europeo, oltre al sostegno costante offerto ai Paesi in via di sviluppo. Vorrei ricordare inoltre la disponibilità dell'Austria ad accogliere le popolazioni di altri Paesi private della libertà di religione, della libertà di opinione e del rispetto per la dignità umana. Anche numerosi miei connazionali vi devono molto per quanto avete fatto nel passato per loro. Rimanete fedeli alle buone tradizioni del Vostro Paese! Conservate anche in futuro la disponibilità ad accogliere gli stranieri che devono lasciare la loro patria.

9. Con questo auspicio voglio adesso parlare di una questione che diventa sempre più urgente. Non soltanto voi, che vivete in questo Paese e ne siete responsabili, dovete affrontare un problema che pesa sempre di più sui cuori dei singoli, di intere famiglie e classi sociali. Alludo alla crescente esclusione di molti, specialmente giovani e persone di mezza età, dal diritto al lavoro.

Condizionato dalla competizione economica, il mercato della mano d'opera anche con bilanci positivi non prende l'avvio. Perciò ritengo mio dovere farmi portavoce dei più deboli sottolineando: soggetto del lavoro è l'uomo come persona! Anche nell'odierno mondo del lavoro ci deve essere spazio per i deboli, i meno dotati, gli anziani e i portatori di handicap e per tanti giovani che non hanno possibilità di accedere a una adeguata formazione. Nell'epoca della tecnica sofisticata non bisogna mai dimenticare l'uomo! Per la valutazione e la retribuzione del suo lavoro devono incidere, oltre al prodotto oggettivamente valutato, anche lo sforzo e l'impegno, la fedeltà e l'onestà.

10. Con questo mi avvicino all'ultima tematica che mi sta molto a cuore. Uno degli obiettivi del mio pontificato è di costruire una "cultura della vita" volta ad opporsi alla "cultura della morte" in espansione. Perciò sto perorando instancabilmente per la difesa incondizionata della vita umana dal momento del suo concepimento fino alla morte naturale. La legalizzazione dell'aborto entro i primi tre mesi - vigente in Austria - rimane una ferita sanguinante nel mio cuore.

Vi è, poi, il problema dell'eutanasia. Anche morire fa parte della vita. Ogni uomo ha il diritto di morire in modo degno secondo il volere di Dio. Chi pensa di privare l'uomo di questo diritto gli sta togliendo la vita. Il valore di ogni persona e tale che non può mai essere compensato con denaro. Perciò non deve mai essere sacrificato né per una illimitata autonomia privata né per i condizionamenti di ordine sociale o economico. Chi ha un certo numero di anni ricorda, non solo dai libri di storia, i capitoli bui scritti nel ventesimo secolo anche in questo Paese. Se ci si allontana dalla Legge di Dio, chi garantisce che, ad un certo punto, una potenza umana non giunge di nuovo a rivendicare il diritto di decidere del valore e del non-valore di una fase della vita umana?

Signor Presidente Federale,
Signori e Signore!

11. La fedeltà alla patria e l'apertura all'Europa vincolata alla storia e disponibile al futuro - questi erano i temi delle riflessioni che ho voluto proporvi oggi.

134 Rievocando con gratitudine e orgoglio il grande tesoro del cristianesimo, vi prego di accogliere questo patrimonio come una proposta che la Chiesa viva vorrebbe presentare alla fine del secondo millennio cristiano. Nessuno vuole considerare l'universalizzazione di questo patrimonio come una vittoria oppure come una conferma di superiorità. Professare certi valori significa soltanto impegnarsi a cooperare alla costruzione di una vera comunità umana universale: una comunità che non conosce più linee di separazione fra mondi diversi.

Dipenderà anche da noi cristiani se l'Europa con le sue aspirazioni terrene si chiuderà in se stessa, nei suoi egoismi, rinunciando alla sua vocazione e al suo ruolo storico, oppure ritroverà la sua anima nella cultura della vita, dell'amore e della speranza.

All'Austria spetta un ruolo di ponte nel cuore dell'Europa!

Né la mia riflessione sull'uomo né questa constatazione sono astratti, ma molto concreti: vi auguro tanto coraggio per costruire questo ponte!

VIAGGIO APOSTOLICO

DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

IN AUSTRIA (19-21 GIUGNO 1998)

INCONTRO CON I MEMBRI

DELLA CONFERENZA EPISCOPALE AUSTRIACA


Domenica, 21 giugno 1998



Cari Fratelli nell'Episcopato!

1. Sono grato che con questo incontro ci venga offerta la possibilità di riflettere in comunione fraterna sulla responsabilità che noi, come Successori degli Apostoli, portiamo sulle nostre spalle. Saluto cordialmente tutti voi come Collegio è come singoli. Faccio mie le parole di San Pietro: "... dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede ... Perciò siete colmi di gioia, anche se ora dovete essere per un po' di tempo afflitti di varie prove" (1P 1,5-6).

2. Siete stati provati in vari modi. Anche se non è questo il momento per tentare una valutazione d’insieme, vorrei tuttavia testimoniarvi che in tutto questo periodo vi ho avuto particolarmente presenti nelle mie preghiere. Come compagno di viaggio in tempi difficili, a Roma il mio cuore batteva incessantemente per voi, ai quali è stata affidata la cura pastorale in questo amato Paese. Nelle soste davanti al SS.mo Sacramento dell'altare molte volte vi ho affidato al Signore, insieme con i sacerdoti, i diaconi e i collaboratori nella cura delle anime, come pure con tutti gli uomini e le donne affidati a voi, i giovani e gli anziani, i credenti, gli scettici, gli sfiduciati. Mi è data ora la possibilità di dimostrare visibilmente questa continua vicinanza nello spirito con la mia presenza in mezzo a voi. Così potrete meglio sentire con quanto affetto che vi sostengo. Mi considero, infatti, "collaboratore della vostra gioia" (2Co 1,24).

Nel nostro cammino personale come sulle strade su cui avanza la Chiesa nel corso della storia ci sono dei tratti nei quali è difficile testimoniare la gioia. Vi sono momenti in cui il groviglio di problemi spinosi rende l’esercizio del nostro ministero particolarmente difficile, anche perché esposto a fraintendimenti e incomprensioni. Per quanto siano dolorose queste esperienze, noi abbiamo il compito comune di "recare un lieto annunzio di bene" (Rm 10,15) alla Chiesa e al mondo, a tutti coloro cioè che si attendono grandi cose dal terzo millennio che sta per venire. Quando il ministero episcopale grava sulle nostre spalle più come un peso che come una dignità, è consigliabile riportare il cuore e la mente agli inizi, rievocandoli con gratitudine per ravvivare la grazia che ci è stata trasmessa attraverso l'imposizione delle mani. "Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza" (2Tm 1,6-7).

3. Risalendo con la memoria al giorno in cui ci furono imposte le mani per essere costituiti anzitutto Sacerdoti e poi Vescovi, riviviamo il dialogo suggestivo, nel quale prima di essere consacrati abbiamo pronunciato di fronte al Vescovo il nostro Adsum: Eccomi. Sono pronto. In questo dialogo non siamo stati noi a pronunciarci per primi. Il nostro ruolo era quello di dare una risposta generosa: Sono pronto a mettermi al servizio del Signore con le mie inclinazioni e capacità, con le mie speranze e i miei sforzi, con la mia luce e la mia ombra. Tutto questo abbiamo portato con noi quando abbiamo pronunciato con gioia quell'"Adsum".

Questa affermazione di disponibilità, espressa in pubblico da ciascuno inequivocabilmente, acquistò per me un nuovo significato, quando, da giovane Vescovo durante il Concilio Vaticano Secondo, ebbi modo di ripeterla insieme con gli altri membri dell’assise ecumenica: Adsumus, Domine, Sancte Spiritus! Eccoci, Signore, Spirito Santo! Con queste parole si dava inizio a tutte le Sessioni conciliari. In questa preghiera ho sperimentato e ho capito che l'Adsum personale è inserito nell'Adsumus della comunità. Come lo stesso Signore Gesù, dopo aver chiamato i suoi apostoli con il loro proprio nome, li ha costituiti anche come "i Dodici" (cfr Mc 3,13-19), così la chiamata del Signore e la risposta generosa di ciascuno rappresentano il fondamento per la nostra dedizione personale per la formazione di una comunità salda e fedele, sigillata dall'imposizione delle mani e dalla preghiera. La chiamata del Signore e la missione a compiere l’opera comune creano la comunità. Dagli inizi della Chiesa, infatti, il ministero pastorale non è conferito solamente a singoli presi individualmente, ma a ciascuno di essi considerato come parte di un insieme, di un collegio. Quindi, a ragione possiamo dire: Adsumus. Siamo pronti. Un vescovo da solo non realizza il progetto di Cristo. I Vescovi uniti tra di loro e con Cristo costituiscono il pieno soggetto del servizio pastorale nella Chiesa, secondo il disegno del Fondatore.


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