GP2 Discorsi 1998 196

196 3. La sosta in mezzo a voi mi ha consentito di toccare con mano la ripresa realizzata in questi anni. Ho visto una società che vuole costruire il suo presente e il suo futuro su solide basi democratiche, in piena fedeltà alla propria storia permeata di cristianesimo, per inserirsi a giusto titolo nel consesso delle altre Nazioni europee. Vi do atto con gioia di essere un Paese che, riacquistata la libertà e superata la triste vicenda della guerra, si sta ricostruendo e si rinnova materialmente e spiritualmente con alacre determinazione.

Esorto gli uomini e le donne di buona volontà del mondo intero a non dimenticare le tragedie subite da queste popolazioni nel corso della storia, e soprattutto in questo nostro secolo. Non manchi l'aiuto concreto e generoso di cui singoli e famiglie abbisognano per poter vivere in libertà e in uguaglianza, con la dignità di membri attivi della famiglia umana. L'Europa si è avviata verso una nuova tappa nel suo cammino di unità e di crescita. Perché vi sia gioia piena, nessuno deve essere dimenticato lungo la strada che conduce alla comune Casa europea.

Per parte sua, la Croazia deve dar prova di grande pazienza, saggezza, disponibilità al sacrificio e generosa solidarietà per poter superare definitivamente l'attuale fase del dopoguerra e raggiungere le nobili mete a cui aspira. Già molto s'è fatto, e i risultati si vedono. Le difficoltà che permangono non devono scoraggiare nessuno.

4. La vostra Nazione è dotata delle risorse necessarie per aver ragione delle avversità e, soprattutto, voi, cittadini croati, possedete i talenti indispensabili per affrontare le sfide del momento attuale. Con l'impegno di tutti sarà possibile portare avanti il non facile processo di democratizzazione della società e delle sue istituzioni civili. La democrazia ha un alto prezzo; la moneta con cui pagarlo è coniata col nobile metallo dell'onestà, della ragionevolezza, del rispetto del prossimo, dello spirito di sacrificio, della pazienza. Pretendere di ricorrere a monete diverse significa esporsi al rischio della bancarotta.

Dopo lunghi anni di dittatura e di dolorose esperienze di violenza, alle quali sono state sottoposte le popolazioni della regione, è necessario ora fare ogni sforzo per costruire una democrazia basata sui valori morali inscritti nella stessa natura dell'essere umano.

Assecondando lo sforzo dei ceti sociali e delle forze politiche, la Chiesa non mancherà di dare il proprio specifico contributo, specialmente con la proposta della sua dottrina sociale e con l'offerta delle proprie strutture per l'educazione delle nuove generazioni. Essa esorta i suoi fedeli a collaborare efficacemente, come hanno fatto sin dall'inizio, all'attuale processo di democratizzazione nei vasti campi della vita sociale, politica, culturale ed economica del Paese, promovendo così l'armonioso sviluppo dell'intera società croata.

5. Carissimi, ritorno a Roma portando nel cuore tante belle impressioni da questa Visita. Esse mi accompagneranno nelle preghiere che farò per voi, per i vostri malati ed anziani, per i vostri bambini, per l'intero vostro Popolo.

Voglia Dio concedere alla Croazia la pace, la concordia, la perseveranza nell'impegno per il bene comune!

Caro Popolo croato, Iddio ti benedica! La Vergine Maria, l'Advocata Croatiae, la fidelissima Mater, vegli sul tuo presente e sul tuo futuro! Affido a Lei ogni tuo proposito di libertà e di progresso nella solidarietà; ogni tua speranza ed ogni tuo impegno per i valori umani e religiosi.

Iddio benedica la Croazia!


GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI AL CAPITOLO GENERALE


DELLA SOCIETA’ DELL’APOSTOLATO CATTOLICO (PALLOTTINI)


6 ottobre 1998




197 Carissimi Sacerdoti e Fratelli
della Società dell'Apostolato Cattolico!

1. Sono lieto di accogliervi in questa speciale Udienza e di inviare attraverso le vostre persone un cordiale saluto a tutti i membri del vostro Istituto, come pure a coloro che condividono nella Chiesa lo stesso carisma di S. Vincenzo Pallotti. State vivendo la vostra Assemblea Generale, i cui lavori vi impegnano ormai da due settimane. Si tratta di un evento spirituale ed ecclesiale, che si svolge nel secondo anno di preparazione al Grande Giubileo del 2000, dedicato allo Spirito Santo. Invoco insieme a voi lo Spirito divino, perché vi illumini nel discernere i segni dei tempi e vi porti a custodire e sviluppare nel nostro tempo la ricchezza del vostro carisma.

Opportunamente avete voluto che i dibattiti assembleari vertessero sul tema della fedeltà, espresso con lo slogan "Fedeli al futuro... tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede (
He 12,2)". Il tema esprime infatti il desiderio di rinnovare la fedeltà all'impegno apostolico, soprattutto nella prospettiva del Terzo Millennio. E' desiderio da incoraggiare, ricordando tuttavia che la fedeltà suppone la fede, nella quale è posto il fondamento dell'esistenza cristiana. La fede costituisce l'orizzonte del cammino spirituale ed apostolico. E' infatti Gesù che accompagna i credenti lungo l'intera loro vita, sostenendoli nella dedizione apostolica e portando a compimento ogni buon proposito.

Carissimi, guardate con speranza al futuro e accogliete con fiducia le sfide del Terzo Millennio, consapevoli che Cristo è accanto a voi ed è lo stesso "ieri, oggi e sempre" (He 13,8). Egli vi dona il suo Spirito, il quale sa guidarvi alla pienezza della verità e dell'amore. Cristo sia il motivo della vostra speranza: insieme a Lui nulla dovete temere, perché egli è il sostegno invincibile di tutta l'umana esistenza.

2. Vivere la fede significa inserirsi nell'esistenza di Cristo. In Gesù ci è dato di scoprire la nostra vera natura e di valorizzare appieno la nostra dignità personale. Annunciare Cristo per condurre ciascuno a rientrare in pienezza l'immagine di Dio e l'obiettivo finale della "nuova evangelizzazione". Voi in modo particolare, chiamati in forza del vostro carisma a ravvivare la fede e a riaccendere la carità in ogni ambiente, tenete ben chiara dinanzi a voi l'opzione preferenziale per "l'immagine di Dio" che attende di essere svelata nell'esistenza di ogni fratello e di ogni sorella. Riconoscete in ciascuno il volto di Cristo, valorizzando ogni essere umano senza riguardo alla sua condizione o al suo stato.

Così agiva S. Vincenzo Pallotti, unicamente preoccupato del rinnovamento interiore degli uomini, in vista della loro santificazione. Per imitarne l'ardore apostolico, voi dovete anzitutto tendere personalmente alla santità. Solo così potrete promuoverla negli altri, ben ricordando l'appello all'universale vocazione alla santità, che il Concilio Vaticano II ha richiamato con chiarezza. E' da tale consapevolezza che dovete essere animati per contribuire all'opera della nuova evangelizzazione. Vi preparerete così in maniera efficace ad entrare nel nuovo Millennio cooperando attivamente all'adempimento della missione che il Padre del Signore nostro Gesù Cristo ha affidato all'intera Comunità ecclesiale.

3. L'impegno della santificazione personale deve essere vissuto all'interno delle vostre comunità nelle varie parti del mondo: lavorate uniti e concordi per essere autentici testimoni del Vangelo davanti a coloro che incontrate nel quotidiano vostro ministero. Nell'Esortazione Apostolica "Vita consecrata" ho scritto che "la Chiesa affida alle comunità di vita consacrata il particolare compito di far crescere la spiritualità di comunione prima di tutto al proprio interno e poi nella stessa comunità ecclesiale ed oltre i suoi confini, aprendo il dialogo della carità, soprattutto dove il mondo di oggi è lacerato dall'odio etnico o da follie omicide" (n. 51). E' testimoniando la vita fraterna, intesa come vita condivisa nell'amore, che diventate segno eloquente della comunione ecclesiale (cfr VC 42).

Questa intesa profonda tra di voi vi aiuterà a vivere "l'unità in Cristo" e vi renderà pronti e disposti a corrispondere ai bisogni spirituali e materiali di ciascuno. In proposito il vostro Fondatore amava ripetere che "il dono di cooperare alla salute delle anime è fra tutti il più divino" (Opere complete XI, p. 257). Questo dono va condiviso , oltre che all'interno del vostro Istituto, con i laici, quotidiani collaboratori del vostro apostolato. Coinvolgeteli e accoglieteli nella vostra vita di comunione. "Oggi non pochi - scrivevo Istituti, nella citata Esortazione Apostolica "Vita consecrata" ..., sono pervenuti alla convinzione che il loro carisma può essere condiviso con i laici" (n. 54). "La partecipazione dei laici non raramente porta inattesi e fecondi approfondimenti di alcuni aspetti del carisma, ridestandone un'interpretazione più spirituale e spingendo a trarne indicazioni per nuovi dinamismi apostolici" (n. 55). In questo modo, l'Unione dell'Apostolato Cattolico, ideata e fondata da S. Vincenzo Pallotti, vi consentirà non soltanto di coordinare le diverse risorse delle vostre comunità, ma anche di inserirvi nel cuore stesso della missione apostolica della Chiesa nel mondo di oggi.

Vi aiuti Maria, serva fedele e obbediente del Signore ed esempio eccellente di fedeltà all'impegno apostolico. Unita in preghiera con i discepoli nel Cenacolo di Gerusalemme nell'attesa del dono dello Spirito Santo, Ella vi offre l'esempio di preghiera incessante, di disponibilità e di impegno attivo nella missione della Chiesa. Grazie alla sua materna intercessione, Dio rinnovi in voi e nella vostra Società i prodigi della Pentecoste.

Mentre vi rinnovo il mio apprezzamento per il servizio apostolico che rendete alla Chiesa, vi imparto di cuore una speciale Benedizione Apostolica, che volentieri estendo a tutti i membri delle comunità pallottine.




GIOVANNI PAOLO II


ALLE PARTECIPANTI AL CAPITOLO GENERALE


DELLE SUORE MISSIONARIE COMBONIANE


9 ottobre 1998




198 Carissime Sorelle!

1. Benvenute a questo incontro, con il quale, a coronamento del vostro diciassettesimo Capitolo Generale, avete voluto manifestare al Vicario di Cristo affettuosa devozione e rinnovata fedeltà al Suo Magistero di Pastore universale della Chiesa.

Saluto la Madre Adele Brambilla, alla quale porgo le mie felicitazioni per la recente elezione a Superiora Generale, formulando fervidi voti di lumi celesti perché sappia condurre le Missionarie Comboniane verso nuovi traguardi di zelo apostolico e di servizio ai fratelli più poveri. Rivolgo un particolare pensiero alla Madre Mariangela Sardi, Superiora Generale uscente, manifestandole vivo apprezzamento per il generoso e competente lavoro svolto ed augurandole di continuare a servire la causa missionaria e la Chiesa con l'entusiasmo e la sapienza di chi ha donato totalmente la propria vita al Signore. Saluto, infine, tutte voi, che rappresentate l'impegno dell'intera Congregazione a favore dei poveri e di quanti non conoscono Cristo. Grazie per tutto il bene che operate, grazie per essere nel mondo discrete ed operose costruttrici della civiltà dell'amore!

2. "L'amore del Cristo ci spinge" (
2Co 5,14). A cento anni dal primo Capitolo Generale, le parole dell'apostolo Paolo continuano a risuonare nel vostro Istituto, motivandovi a "lavorare in ogni parte della terra per consolidare e dilatare il Regno di Cristo, portando l'annuncio del Vangelo dappertutto, anche nelle regioni più lontane" (Vita consecrata VC 78). In questo secolo di storia, la vostra Congregazione è cresciuta e si è diffusa in tante nazioni dell'Africa, dell'Asia, dell'America e dell'Europa.

Perciò in questi giorni di studio e di preghiera avete voluto innanzitutto rendere grazie al Signore per tutto il bene che, attraverso il vostro Istituto, opera nel mondo. Anche grazie a voi, l'annuncio gioioso e liberante del Vangelo è proclamato in molte regioni e l'amore misericordioso del Signore è testimoniato e reso visibile attraverso l'impegno dell'educazione, dell'assistenza sanitaria e della promozione sociale. Il Signore ha, poi, voluto donarvi, anche recentemente, uno speciale segno della sua predilezione, chiamando alcune delle vostre Consorelle, e particolarmente quelle che operano nel Sud Sudan e nella Repubblica Democratica del Congo, a partecipare al mistero della sua Croce.

3. L'invito ad andare in tutto il mondo per annunciare la salvezza ad ogni creatura (cfr Mt 28,19), rivolto dal Signore a ciascuna di voi, apre davanti al vostro cuore di donne totalmente consacrate alla causa del Vangelo uno scenario talora complesso e carico di sofferenze, ma ricco anche di prospettive e di speranze.

Insistenti appelli giungono a voi dai popoli che nei vari continenti, ma specialmente in Africa, ancora non credono in Cristo: dalle masse degli sfollati, degli immigrati, dei rifugiati, degli uomini e delle donne ammassati nelle grandi periferie urbane dei Paesi del terzo mondo o dei bambini abbandonati e soli, vittime di vergognoso sfruttamento e della fame; dalle donne che in tanti Paesi in via di sviluppo attendono di essere tutelate nella loro dignità per diventare protagoniste della vita familiare, civile ed ecclesiale.

Come non guardare, poi, ai problemi della giustizia, della pace e della salvaguardia del creato, che costituiscono quasi una nuova frontiera della missione, o quelli posti dall'urgenza del dialogo inter-religioso, soprattutto nei Paesi dove l'Islamismo è la religione della maggioranza degli abitanti? Che dire, poi, dei drammi provocati dalle guerre e dai conflitti etnici?

4. Queste drammatiche situazioni si presentano davanti a voi come altrettante opportunità per verificare l'itinerario finora percorso e come sfide ad aprirvi a nuovi cammini della missione ad gentes. Seguendo l'esempio del Beato Daniele Comboni, sappiate essere sante ed audaci, instancabili animatrici missionarie nella Chiesa, guardando il futuro con speranza e con il desiderio ardente di "fare di Cristo il cuore del mondo".

Tale atteggiamento vi aiuterà a vivere la crescente internazionalità e multiculturalità delle vostre comunità come ricchezza da accogliere con gratitudine e come occasione per testimoniare, di fronte all'individualismo imperante, la fraternità universale che nasce dalla fede in Cristo. La vostra Congregazione potrà così vivere con serenità e speranza i problemi del calo numerico e dell'invecchiamento ed investire con coraggio e convinzione energie e mezzi nell'animazione missionaria della Chiesa, nella formazione permanente dei membri dell'Istituto e nella cura della pastorale vocazionale.

Affidandovi totalmente a Colui al quale "nulla è impossibile" (Lc 1,37) e sorrette dalla sola forza della fede e della carità, potrete essere testimoni di solidarietà per quanti vi incontreranno e, "facendo causa comune" con i più deboli, aprire il cuore di molti alle esigenze della Giustizia e della Pace.

199 5. Il vostro Fondatore, che ho avuto la gioia di proclamare Beato il 17 marzo del 1996, chiamandovi "Pie Madri della Nigrizia", ha voluto affidarvi il compito di essere espressione privilegiata della maternità della Chiesa per i poveri dell'Africa e di tutto il mondo.

Carissime Missionarie Comboniane! Vi invito a porvi ogni giorno alla scuola di Maria per vivere con entusiasmo il vostro carisma. Il suo amore materno vi sostenga nelle fatiche e nelle gioie del vostro impegno missionario e vi aiuti ad essere per i piccoli e per i poveri un segno luminoso della tenerezza di Dio.

Con tali auspici, invocando la protezione del Beato Daniele Comboni, imparto a ciascuna di voi, alle Sorelle che vivono in situazioni di missione difficili, alle giovani in formazione, alle Sorelle anziane ed ammalate ed all'intera Congregazione una speciale Benedizione Apostolica.


GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI AL IV CONGRESSO MONDIALE


PROMOSSO DAL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA PASTORALE


PER I MIGRANTI E GLI ITINERANTI


9 ottobre 1998




Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Sono lieto di incontrarvi in occasione del Congresso della pastorale per i Migranti e i Rifugiati, in cui avete affrontato il tema: "Le migrazioni all’alba del terzo millennio". Vi accolgo volentieri e tutti vi saluto con affetto. Ringrazio in particolare Mons. Stephen Fumio Hamao per le parole che a nome di tutti ha voluto rivolgermi ed esprimo a ciascuno l'augurio di un generoso e proficuo servizio ecclesiale. Confido che le analisi elaborate, le decisioni prese e i propositi maturati nel corso del Congresso possano costituire un valido stimolo per chi nella Chiesa e nella società condivide la sollecitudine per i migranti e i rifugiati.

Le migrazioni costituiscono un problema la cui urgenza cresce di pari passo con la complessità. Quasi dappertutto oggi c'è la tendenza a chiudere le frontiere e a rendere molto rigorosi i controlli. Di migrazioni, tuttavia, ora si parla più di prima e in toni sempre più allarmati, non solo perché la chiusura delle frontiere ha messo in movimento flussi incontrollati di clandestini, con tutti i rischi e le incertezze che tale fenomeno comporta, ma anche perché le difficili condizioni di vita, che sono all’origine della crescente pressione migratoria, mostrano sintomi di ulteriore aggravamento.

2. Mi pare opportuno ribadire, in questo contesto, che diritto primario dell’uomo è di vivere nella propria patria. Questo diritto tuttavia diventa effettivo solo se si tengono costantemente sotto controllo i fattori che spingono all'emigrazione. Essi sono, tra gli altri, i conflitti interni, le guerre, il sistema di governo, l’iniqua distribuzione delle risorse economiche, la politica agricola incoerente, l'industrializzazione irrazionale, la corruzione dilagante. Per correggere queste situazioni, è indispensabile promuovere uno sviluppo economico equilibrato, il progressivo superamento delle disuguaglianze sociali, il rispetto scrupoloso della persona umana, il buon funzionamento delle strutture democratiche. Indispensabile è pure porre in atto tempestivi interventi correttivi dell'attuale sistema economico e finanziario, dominato e manipolato dai Paesi industrializzati a danno dei Paesi in via di sviluppo.

La chiusura delle frontiere, infatti, spesso non è motivata semplicemente da un diminuito o da un cessato bisogno dell’apporto della manodopera immigrata, ma dall’affermarsi di un sistema produttivo impostato sulla logica dello sfruttamento del lavoro.

3. Fino a tempi recenti la ricchezza dei Paesi industrializzati veniva prodotta sul posto, con il contributo anche di numerosi immigrati. Con la dislocazione del capitale e delle attività imprenditoriali tanta parte di quella ricchezza viene prodotta nei Paesi in via di sviluppo, dove la manodopera è disponibile a basso prezzo. In questo modo i Paesi industrializzati hanno trovato il modo di usufruire dell’apporto di manodopera a basso prezzo senza dover sopportare l’onere della presenza di immigrati. Così, questi lavoratori corrono il rischio di essere ridotti a nuovi "servi della gleba", vincolati ad un capitale mobile che, tra le tante situazioni di povertà, seleziona di volta in volta quelle in cui la manodopera è a minor prezzo. E’ chiaro che un simile sistema è inaccettabile: in esso infatti la dimensione umana del lavoro è praticamente ignorata.

Occorre riflettere seriamente sulla geografia della fame nel mondo, perché la solidarietà prenda il sopravvento sulla ricerca del profitto e su quelle leggi di mercato che non tengono conto della dignità della persona umana e dei suoi diritti inalienabili.

200 Si deve agire durevolmente sulle cause avviando una cooperazione internazionale che miri a promuovere la stabilità politica e a rimuovere il sottosviluppo. E’ una sfida che va raccolta con la consapevolezza che la posta in gioco è la costruzione di un mondo in cui ogni uomo, senza eccezione di razza, di religione e di nazionalità, possa vivere una vita pienamente umana, libera dalla schiavitù sotto altri uomini e dall’incubo di dovere consumare la propria vita nell’indigenza.

4. L’immigrazione è una questione complessa, che riguarda non solo le persone alla ricerca di condizioni di vita più sicure e dignitose, ma anche la popolazione dei Paesi di accoglienza. Nel mondo moderno l’opinione pubblica costituisce spesso la principale norma che i dirigenti politici ed i legislatori accettano di seguire. Il rischio è che l’informazione, filtrata solo in funzione dei problemi immediati del Paese, si riduca ad aspetti assolutamente inadeguati e ben lontani dall’esprimere la drammatica portata della situazione. "Non si può certo ignorare", scrivevo per la Giornata del Migrante del 1996, "che quello delle migrazioni in generale, e dei migranti irregolari in particolare, è un problema per la cui soluzione gioca un ruolo rilevante l’atteggiamento della società di arrivo. In questa prospettiva è molto importante che l’opinione pubblica sia ben informata sulla reale condizione in cui versa il Paese di origine dei migranti, sui drammi in cui essi sono coinvolti e sui rischi che il ritornarvi comporta" (4).

Compito dell’informazione è pertanto di aiutare il cittadino a farsi un quadro adeguato della situazione, a comprendere e a rispettare i diritti fondamentali dell’altro, nonché ad assumere la propria parte di responsabilità nella società anche a livello di comunità internazionale.

5. In questo contesto, i cristiani sono invitati ad assumere con maggiore chiarezza e determinazione le loro responsabilità nel seno della Chiesa e della società. In quanto cittadini di un Paese di immigrazione e coscienti delle esigenze della fede, i credenti devono mostrare che il Vangelo di Cristo è a servizio del bene e della libertà di tutti i figli di Dio. Sia come singoli che come parrocchie, associazioni o movimenti, essi non possono rinunciare a prendere posizione a favore delle persone emarginate o abbandonate alla loro impotenza.

Quello dell’immigrazione è uno dei dibattiti che, mai esaurito, viene incessantemente rilanciato. I cristiani devono esservi presenti, avanzando proposte finalizzate ad aprire prospettive sicure da realizzare anche sul piano politico. La semplice denuncia del razzismo o della xenofobia non basta.

Oltre che ingaggiarsi in progetti di difesa e di promozione dei diritti del migrante, la Chiesa ha il "dovere di assumere sempre più integralmente il ruolo del buon samaritano, facendosi vicino a tutti gli esclusi" (Messaggio per la Giornata Mondiale dei Migranti e Rifugiati, 1995).

6. "Le migrazioni all'alba del terzo millennio". L’imminenza del Giubileo ci invita ad attendere l’alba di un nuovo giorno per le migrazioni invocando il “Sole di Giustizia”, Gesù Cristo, perché rischiari le tenebre che si addensano all’orizzonte dei Paesi da cui tante persone sono costrette a partire. I cristiani dediti all’assistenza ed alla cura dei migranti trovano in questa speranza un ulteriore motivo di impegno. Vorrei ricordare qui quanto già ho avuto occasione di raccomandare nella Lettera Apostolica Tertio Millennio adveniente: "Nello spirito del Libro del Levitico (25, 8-28), i cristiani dovranno farsi voce di tutti i poveri del mondo, proponendo il Giubileo come un tempo opportuno per pensare, tra l’altro, ad una consistente riduzione, se non proprio al totale condono, del debito internazionale, che pesa sul destino di molte Nazioni" (n. 51). E’ noto che tali Nazioni coincidono proprio con quelle dalle quali oggi muovono i flussi più grandi e persistenti di migranti.

L’impegno per la giustizia in un mondo come il nostro, segnato da intollerabili disuguaglianze, è un aspetto qualificante della preparazione alla celebrazione del Giubileo. Risulterebbe certamente significativo un gesto per il quale la riconciliazione, dimensione propria del Giubileo, trovasse espressione in una forma di sanatoria per una larga fascia di quegli immigrati che, più degli altri, soffrono il dramma della precarietà e dell’incertezza, cioè gli illegali.

Questo è l'anno che, nella preparazione al Grande Giubileo del Duemila, la Chiesa ha consacrato in modo particolare allo Spirito Santo. Chiediamo a Lui di infondere in noi gli stessi sentimenti, desideri ed ansie del cuore di Cristo.

La Vergine Maria, la cui vicenda umana fu segnata dal travaglio dell’esilio e della migrazione, conforti ed aiuti coloro che vivono lontano dalla patria ed ispiri a tutti sentimenti di solidarietà e di accoglienza nei loro confronti.

In questa prospettiva, carissimi Fratelli e Sorelle, nell'incoraggiarvi a perseverare nel vostro prezioso lavoro, vi imparto, quale pegno di affetto, una speciale Benedizione Apostolica, che estendo volentieri a quanti vi sono cari.


GIOVANNI PAOLO II


A S.E. IL SIGNOR MARIÁN SERVÁTKA,


AMBASCIATORE DELLA REPUBBLICA SLOVACCA


PRESSO LA SANTA SEDE


9 ottobre 1998




201 Signor Ambasciatore!

1. E' con grande piacere che Le do il benvenuto, nel momento in cui Ella presenta le Lettere che L'accreditano presso la Santa Sede in qualità di Ambasciatore straordinario plenipotenziario della Repubblica Slovacca.

La prego di voler esprimere al Signor Vladimír Meciar, Presidente del Consiglio uscente, la mia cordiale gratitudine per il cortese saluto di cui Ella si è fatto tramite. A mia volta, formulo voti di ogni bene per il Governo che sarà formato sulla base delle recenti elezioni, affinché la Slovacchia possa proseguire con rinnovato slancio il cammino intrapreso sulla via della democrazia, della libertà e della giustizia sociale.

Se guardiamo alle vicende di quest'ultimo decennio, possiamo osservare come la Santa Sede e la Nazione slovacca abbiano progressivamente ripristinato e consolidato i reciproci ed antichi legami. La mia visita pastorale in Boemia, Moravia e Slovacchia, nel 1990; lo stabilimento di relazioni diplomatiche a livello di Ambasciata e di Nunziatura Apostolica con la Repubblica Slovacca diventata indipendente - e qui il mio pensiero riconoscente va al suo illustre predecessore, il Signor Anton Neuwirth, primo Ambasciatore presso la Santa Sede-l'indimenticabile viaggio apostolico in Slovacchia nel 1995; gli incontri con i Vescovi e quelli settimanali con i pellegrini slovacchi: tutti questi eventi costituiscono come le tappe di un provvidenziale itinerario di conoscenza della realtà slovacca da parte del Successore di Pietro, di cui è doveroso render grazie al Signore.

2. Con vivo apprezzamento ho ascoltato, Signor Ambasciatore, le sue parole riguardanti i miei Predecessori che, nella storia, hanno preso decisioni altamente significative nei confronti del popolo slovacco. Nel ringraziarLa per i sentimenti che traspaiono da questa interessante retrospettiva storica, desidero assicurare che la Santa Sede continuerà ad offrire il suo peculiare sostegno alla cara Nazione da Lei rappresentata, come ad ogni popolo che lotta pacificamente per affermare le proprie legittime aspirazioni alla libertà e per dare il proprio contributo nell'ambito della comunità internazionale.

In questa delicata fase della storia è più che mai necessario che il popolo slovacco rimanga fedele alle proprie radici spirituali e culturali. Esse, anzi, domandano di essere riscoperte e rivitalizzate, soprattutto da parte delle nuove generazioni, alle quali sia così dato di proseguire il cammino dell'autentico progresso in un contesto mutato e complesso, qual è quello dell'Europa oggi. Pur dinanzi alle inevitabili difficoltà, non bisogna cessare di lavorare per fare dell'Europa una casa comune, che si estenda dall'Atlantico agli Urali, ricca delle sue molteplici tradizioni culturali, aperta al mondo e solidale con i popoli in via di sviluppo. In tale contesto la Slovacchia apporta l'eredità dei Santi Cirillo e Metodio, dei valori umani fecondati dal Vangelo e passati al crogiolo di dure prove e sofferenze.

3. L'auspicata opera di rinnovamento etico e culturale richiede un'efficiente e qualificata opera formativa a tutti i livelli, curata da maestri e professori adeguatamente preparati. Questo, come Ella ben sa, è uno degli ambiti nei quali la Chiesa, nel corso del suo bimillenario cammino, ha profuso grandi energie, animata dalla passione per la promozione integrale dell'uomo e da molteplici carismi orientati al campo specifico dell'educazione. Sono lieto che l'ordinamento scolastico slovacco abbia visto in questi anni la ripresa dell'insegnamento della religione, come pure la rinascita delle scuole cattoliche. Auspico di cuore che la frequenza a queste ultime possa essere effettivamente alla portata di tutti, perché è a tutti che la Chiesa intende offrire il servizio delle sue istituzioni. Al riguardo, mi associo volentieri al suo auspicio che tale processo possa venir presto coronato con l'apertura di una università cattolica.

Struttura portante dell'intera società è la famiglia. Colgo volentieri questa occasione per invitare le autorità governative a sviluppare e incentivare l'azione politica e sociale in favore delle famiglie, non in termini meramente assistenziali ma strutturali, vale a dire riconoscendo all'istituzione familiare fondata sull'indissolubile vincolo del matrimonio il ruolo centrale che le compete e che di fatto essa svolge, non raramente a prezzo di pesanti sacrifici. La Comunità ecclesiale in questo campo non mancherà di far sentire il suo costante sostegno, anzitutto sul piano formativo, favorendo la nascita e il cammino di famiglie solide e mature; ed inoltre promuovendo fra di esse quella solidarietà che, se è frutto ed espressione della novità evangelica, al tempo stesso va a beneficio del tessuto sociale nel suo complesso.

4. Sono lieto, Signor Ambasciatore, che, come Ella ha voluto sottolineare, la Nazione slovacca si senta vivamente ed attivamente coinvolta nel cammino verso il Grande Giubileo del 2000. Questo Anno Santo, mentre, per sua natura, costituisce un appuntamento spirituale per i cattolici, per tutti i cristiani e, più in generale, per ogni credente ed ogni uomo pellegrino sulla terra, rappresenta per tutti i popoli un significativo traguardo epocale, quasi una verifica della loro vocazione storica; e ciò vale eminentemente per quelle nazioni - tra le quali si annoverano anche gli Slovacchi - che da oltre un millennio hanno intrapreso il loro cammino sotto il segno di Cristo e del suo Vangelo.

Prepararsi al Giubileo potrebbe, pertanto, essere per il vostro Paese l'occasione per verificare se gli orientamenti politici sono effettivamente rispettosi e promozionali della persona umana e dei suoi diritti sin dal momento della sua concezione; se progredisce il processo di democratizzazione della società; se viene effettivamente promossa la cultura della vita, della riconciliazione, della solidarietà, contrastando le facili tendenze all'individualismo, al consumismo, all'edonismo, che in nome di falsi ideali di libertà finiscono spesso per gravare sulle spalle dei più deboli.

5. Signor Ambasciatore, auspico che durante il suo mandato le relazioni tra la Santa Sede e la Repubblica Slovacca conoscano un ulteriore positivo consolidamento. A tal fine, non sarà di poca importanza, tra l'altro, portare a termine le trattative per la stipulazione degli Accordi bilaterali, i quali favoriranno un preciso quadro giuridico dei rapporti tra lo Stato slovacco e la Chiesa cattolica, permettendo a questa di continuare con maggior sicurezza e rinnovato impegno la sua missione di evangelizzazione e di promozione sociale.

202 Le auguro una serena e proficua permanenza a Roma e di cuore benedico Lei ed il servizio che si accinge a compiere. Imparto la mia Benedizione anche alla sua famiglia, ai collaboratori ed a tutti i cittadini della cara Slovacchia, che affido alla protezione dell'amata e venerata Patrona, Maria Vergine Addolorata.


GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI AL CONGRESSO MONDIALE


DELL’UNIONE INTERNAZIONALE CRISTIANA DIRIGENTI DI IMPRESA


E AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO NAZIONALE


PROMOSSO DALLA SOCIETÀ DI SAN VINCENZO DE’ PAOLI


10 ottobre 1998




Messieurs les Cardinaux,
Monsieur le Président,
Mesdames, Messieurs,

1. Je vous accueille avec joie à l’occasion du vingtième Congrès mondial de l’Union internationale chrétienne des Dirigeants d’Entreprise (UNIAPAC). Votre présence est le signe de votre engagement chrétien et de votre désir de travailler pour que l’économie mondiale soit véritablement au service de la personne humaine. Le défi qui se pose à vous consiste à garantir l’efficacité et la qualité de la production dans un monde marqué par l’esprit de compétition, sans jamais perdre de vue la dimension humaine de l’économie.

L’économie mondiale va rapidement vers une plus large interdépendance des marchés. Les conséquences en sont d’une grande portée et sont très complexes. En tant qu’hommes et femmes d’affaires chrétiens, votre compréhension de la mondialisation ne doit pas se limiter simplement aux réalités économiques. Votre congrès est une occasione particulière d’affirmer que la mondialisation au niveau économique ne doit pas négliger la dignité inaliénable de tout être humain et le fait que les biens de la création ont une destinée universelle. Les personnes et le travail humain ne doivent jamais devenir uniquement deux éléments à côté d’autres dans les processus de production. Un document récent du Bureau international du Travail, la Déclaration sur les Principes fondamentaux et les Droits au Travail, établit les critères de base si l’on veut que les droits des travailleurs soient partout respectés. Les chefs d’entreprise chrétiens sont appelés à montrer la voie, afin que ces critères soient utilisés sans crainte et de manière identique dans tous les pays.

2. Vous avez aussi la charge de promouvoir la solidarité dans tous les processus économiques. La globalisation doit entraîner une plus grande participation des personnes et non leur exclusion ou leur marginalisation, un plus grand partage et non un appauvrissement d’une part importante de la population au bénéfice d’un petit nombre. Aucune personne ne doit être exclue des circuits économiques, mais au contraire chacun doit pouvoir bénéficier des progrès technologiques at sociaux, ainsi que des fruits de la création.

Par vos réflexions et par les décisions que vous pouvez prendre au sein de vos entreprises, en concertation avec l’ensemble du personnel, vous ouvrirez des voies nouvelles, montrant que l’attention à l’homme peut aller de pair avec le développement économique. Dans cet esprit, il importe que les petites et moyennes entreprises, qui représentent souvent l’avenir des communautés humaines des pays en voies de développement ou des zones défavorisées, puissent prendre conscience de l’importance de leur présence pour les populations locales. Certains projets sont même la seule espérance pour des jeunes de ces régions. Je me réjouis que beaucoup d’entre vous, attentifs à ces questions, soient déjà engagés dans ce domaine. Je vous invite à continuer à travailler dans ce sens, pour que, dans la vie économique, chacun reconnaisse sa responsabilité et l’exerce avec soin, en vue du service de ses frères.

À vous tous et aux membres de vos familles, j’accorde de grand coeur la Bénédiction apostolique.

3. I warmly welcome the English-speaking members of the International Christian Union of Business Executives. Be steadfast in bearing witness to the values of the Gospel in your professional lives. Never cease to promote the good of the human person by ensuring that the principles of justice and solidarity are respected in business enterprises and relations.


GP2 Discorsi 1998 196