GP2 Discorsi 1998 203

203 Dirijo un cordial saludo a los participantes de lengua española en este Congreso Internacional, a la vez que les expreso mi confianza en que la riqueza histórica y cultural de sus países de origen favorezca su actividad creativa, para que el progreso económico acompañe al progreso integral de las personas y los pueblos, poniéndose al servicio del valor más importante e insustituible, que es la dignidad del ser humano.

4. Ed ora la mia parola si rivolge a voi, carissimi Fratelli e Sorelle che partecipate al Convegno Nazionale Italiano della Società di San Vincenzo de’ Paoli. Saluto il Presidente Generale, i Presidenti dei Consigli Regionali e Centrali, voi tutti che con la vostra presenza richiamate alla mia mente il bene discreto ed operoso quotidianamente realizzato dai Vincenziani e dalle Vincenziane in tante regioni d’Italia.

Serbo ancora vivo il ricordo della solenne celebrazione del 22 agosto dello scorso anno, quando a Parigi in occasione della XII Giornata Mondiale della Gioventù ho avuto la gioia di proclamare Beato il venerabile Federico Ozanam, desiderando in tal modo proporre ai credenti ed in particolare ai giovani, questa splendida figura di laico cristiano, di padre di famiglia e di docente universitario.

Di fronte allo scandalo di povertà antiche e nuove presenti anche nelle odierne società opulente, come continuare a vivere l’insegnamento del Beato Federico Ozanam? Come rispondere ai bisogni di quanti sono costretti a lasciare la propria terra d’origine, dei rifugiati e dei clandestini, delle famiglie senza diritti e senza il necessario per vivere; di tanti disoccupati, degli anziani soli ed abbandonati, degli ammalati e delle persone sfruttate e rese schiave dall’avidità e dall’egoismo?

5. Su questi interrogativi avete riflettuto durante i lavori di questi giorni, alla ricerca di nuove possibilità per dilatare i confini della carità, annunciando il Vangelo nel linguaggio a tutti più accessibile, quello dell’amore per gli ultimi.

Nell’augurarvi di essere nella società italiana degni discepoli e continuatori dell’opera di Federico Ozanam, vi esorto a fare della preghiera e dell’esercizio concreto della fraternità l’anima del servizio ai poveri. Le vostre riunioni non siano soltanto occasioni per conoscere e servire i bisogni del prossimo, ma diventino momenti di crescita spirituale, attraverso l’ascolto della Parola di Dio, l’orazione fervente ed il dialogo fraterno. La vostra Associazione senta pienamente il respiro della Chiesa e, in piena sintonia con i suoi Pastori, doni ai bisognosi un amore continuamente misurato sulla carità di Colui che da ricco si fece povero per amore (cfr
2Co 8,9).

Con tali auspici, mentre vi incoraggio nei vostri propositi di bene, vi affido alla materna protezione della Vergine Santa e, invocando su tutti i soci e socie la protezione di San Vincenzo de’ Paoli e del Beato Federico Ozanam, di cuore vi imparto una speciale Benedizione Apostolica.


GIOVANNI PAOLO II


AL TERMINE DEL CONCERTO NELL’AULA PAOLO VI


Domenica, 11 ottobre 1998




1. Questa giornata, che ha visto elevata agli onori degli altari Teresa Benedetta della Croce, si è conclusa con un solenne "Te Deum". Abbiamo avuto la gioia di assistere ad una straordinaria esecuzione musicale, che ci ha aiutato a meditare ed a contemplare l'opera misericordiosa di Dio. Mentre ripenso alle melodie ascoltate, mi torna alla mente un'espressione di Edith Stein, della quale abbiamo ascoltato alcuni brani significativi: "Ci sono delle circostanze nelle quali ci s'intende più facilmente senza parole". La musica, quando interpreta i nobili sentimenti dello spirito umano, non ha bisogno di parole per farsi comprendere. E' un linguaggio universale, profondo e altamente espressivo. L'odierno concerto manifesta, inoltre, che la musica può diventare lode a Dio. Ringraziamo il Signore per la bella esperienza che ci ha dato di vivere stasera!

2. Ich danke dem Sinfonieorchester und dem Chor des Mitteldeutschen Rundfunks unter der Leitung von Professor Howard Arman für dieses großartige Geschenk. Es bewegt mich, daß mein Landsmann Krzysztof Penderecki nach Rom gekommen ist, um das von ihm komponierte "Te Deum" zu dirigieren, das er mir vor zwanzig Jahren anläßlich meiner Wahl in das oberste Hirtenamt der Kirche gewidmet hat. Den Musikern, Interpreten und all jenen, die in irgendeiner Weise zum guten Gelingen dieses Konzertes beigetragen haben, gilt mein herzlicher Dank.

3. Einen herzlichen Gruß entbiete ich allen, die sich heute hier eingefunden haben: den Verantwortlichen im politischen und kirchlichen Leben, den Angehörigen und Pilgern. Besonders erwähnen möchte ich die Pilger deutscher Sprache, die zur Heiligsprechung ihrer Landsmännin nach Rom gekommen sind. Stellvertretend für jene, die an der Vorbereitung dieses bedeutenden Ereignisses beteiligt waren, grüße ich Herrn Kardinal Joachim Meisner und den Vorsitzenden der Deutschen Bischofskonferenz, Bischof Karl Lehmann.

204 4. I wish to express my gratitude to the many Jewish people present here this evening, mainly from the United States of America. I warmly greet all of them. In particular, I welcome the many relatives of Edith Stein. They can be rightly proud of having in their family a woman who has given such a splendid example of intelligence and faith.

5. Liebe Schwestern und Brüder! Gott beruft uns alle zur Heiligkeit. Er hat einen Plan mit jedem einzelnen. Manchmal ist es schwierig, Gottes Plan zu entdecken. Man braucht Geduld und Treue, Stille und Bereitschaft hinzuhören. Übrigens: Auch um ein Konzert zu genießen, wie wir es heute Abend geschenkt bekamen, braucht man ein aufmerksames Gehör.

Edith Stein ist für uns Beispiel und Begleiterin. Auch sie hat vom geheimnisvollen Plan, den Gott für ihr Leben geschrieben hatte, am Anfang nur "einzelne verlorene Töne" einer Melodie wahrgenommen, die ihr aus der Ferne zugetragen wurden. In der Schule des Kreuzes fanden diese Töne dann ihren Zusammenklang und wurden zu einer ganzen Symphonie.

Auf ihre Fürsprache hin möge auch unser Leben zu einer harmonischen Symphonie zum Lob und zur Ehre Gottes werden. Mit diesen Gedanken segne ich Euch von Herzen.


GIOVANNI PAOLO II


A S. E. IL SIGNOR MARIJAN ŠUNJIC


AMBASCIATORE DI CROAZIA PRESSO LA SANTA SEDE


Lunedì, 12 ottobre 1998

Signor Ambasciatore!


1. Nel darLe il benvenuto in Vaticano, accolgo con grande piacere le Lettere che L'accreditano presso la Santa Sede in qualità di Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario della Repubblica di Croazia.

La prego di voler trasmettere all'Illustrissimo Presidente della Repubblica, il Signor Franjo Tudjman, l'espressione della mia gratitudine per il deferente e cordiale pensiero che, anche a nome dell'intera Nazione da secoli legata alla Cattedra di Pietro, mi ha rinnovato per Suo tramite. Ringrazio, inoltre, Lei personalmente, Signor Ambasciatore, per gli auguri che ha voluto gentilmente porgermi in occasione dell'anniversario della mia elezione al ministero petrino.

La presentazione delle Sue credenziali si svolge a pochi giorni dal compimento della mia Visita pastorale in Croazia. Rimarranno indimenticabili per me le intense emozioni vissute nei vari incontri con la popolazione, in particolare nella Santa Messa durante la quale ho avuto la gioia di beatificare un illustre figlio della Croazia e fedele Pastore della Chiesa, il Cardinale Alojzije Stepinac. Per questo motivo ho voluto personalmente congratularmi con il Signor Presidente della Repubblica al termine della solenne Liturgia a Marija Bistrica. Rimangono altrettanto indelebili le impressioni raccolte sia nella solenne Eucaristia a Znjan, con la quale si sono voluti celebrare i 1700 anni della città di Split, sia negli incontri di Zagabria e di Solin.

La Nazione croata ha saputo mostrare ancora una volta, oltre alla sua viva fide ed al profondo attaccamento alla Chiesa cattolica, anche la sua dignità e la vivacità della sua cultura, elementi che hanno contribuito a rendere il Viaggio apostolico altamente significativo. Le Autorità sia ecclesiastiche che statali, a tutti i livelli, si sono impegnate al massimo per facilitare l'incontro del Successore di Pietro con le popolazioni, favorendo un fruttuoso svolgimento del mio ministero in mezzo ai Fratelli e alle Sorelle della Croazia. Colgo volentieri questa occasione per esprimere ancora una volta a tutti la mia riconoscenza.

2. Dopo le tribolazioni sperimentate negli anni della recente guerra, ora la Croazia gode del grande dono della pace. Formulo i migliori voti affinché questo fondamentale valore possa rafforzarsi sempre di più ed estendersi finalmente a tutti i popoli del Sud-Est d'Europa, chiamati a vivere nel reciproco rispetto, nel dialogo sincero, nella mutua collaborazione.

205 Caduto il totalitarismo comunista, il Suo Paese e le altre Nazioni dell'Europa Centrale ed Orientale non sono più separate dal resto della grande Famiglia delle Nazioni europee. Il Signore della storia, alle soglie del terzo millennio, ha ridonato a questi Popoli, dopo decenni di gravi sofferenze, il prezioso bene della libertà.

E' pertanto comprensibile e legittima la loro aspirazione a reinserirsi, alla pari di altre Nazioni del Continente, nel processo di costruzione della Casa comune, offrendo il proprio contributo spirituale, morale e culturale alla storica impresa. Perché le fondamenta dell'edificio risultino salde, sarà molto importante che possano poggiare sulla roccia sicura dei valori cristiani.

In questa prospettiva, auspico vivamente che non vadano deluse le legittime attese delle popolazioni di questi Paesi. Essi hanno oggi bisogno di leale e generoso appoggio nel superare le difficoltà che sono retaggio dei passati regimi totalitari, a livello sia economico e sociale che culturale e politico.

3. Passati i lunghi anni di dittature e di dolorose esperienze di violenza, a cui sono state sottoposte le popolazioni della regione, occorre oggi uno sforzo maggiore per costruire una vera democrazia a misura d'uomo. Essa non potrà ignorare, se tale vorrà essere, i presupposti etici che scaturiscono dalla verità dell'uomo quale si rivela all'indagine della sana ragione. In particolare, dovrà tener conto di ogni dimensione dell'essere umano, cominciando da quella spirituale e religiosa. Solo una democrazia che ponga la persona al centro di ogni interesse politico, economico, sociale, culturale, potrà dirsi pienamente rispettosa della dignità propria dell'essere umano. Come tale, non potrà non promuovere la famiglia, quale istituzione di base della società, né disattendere i doveri derivanti dalla solidarietà con i ceti più deboli. In definitiva, la meta verso cui ogni società deve sforzarsi di progredire è quella di una democrazia di responsabilità e di corresponsabilità, che promuova il benessere di tutti i ceti sociali, con precisi diritti e doveri per ogni cittadino.

Percorrendo questa strada, la Croazia potrà recare il suo contributo specifico alla crescita democratica e alla stabilità della regione, favorendo il costante progresso umano, civile e spirituale in essa e nell'intero Continente.

Nell'affrontare le non facili sfide del momento presente, è particolarmente importante, Signor Ambasciatore, che il Suo Paese, appartenente alle antiche Nazioni europee, cerchi di infondere speranza alle proprie popolazioni con gesti concreti di solidarietà verso i più poveri ed emarginati. E' questa infatti la strada che conduce verso il futuro. Incoraggio tutti a non arrendersi di fronte alle difficoltà che si incontrano inevitabilmente in tale impresa.

4. L'instaurazione della democrazia nel Suo Paese ha favorito lo sviluppo di buoni rapporti tra lo Stato e la Chiesa, confermati anche dallo stabilimento delle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e la Repubblica di Croazia e dalla firma di quattro Accordi specifici, tre conclusi nel dicembre del 1996 e l'altro firmato venerdì scorso. Tali Accordi, senza dubbio, daranno un ulteriore impulso all'intesa, facilitando una collaborazione sempre più proficua, secondo la competenza di ognuno, tra le istituzioni dello Stato e quelle della Chiesa, a vantaggio di tutti i cittadini della Croazia.

La Chiesa e lo Stato servono lo stesso uomo ed operano ambedue a suo vantaggio, ciascuno nell'ambito proprio. E' necessario pertanto che essi sappiano cooperare nei campi comuni, cercando tra loro l'intesa, così da essere in grado di rispondere fattivamente, nel pieno rispetto delle reciproche autonomie e competenze, alle legittime attese dei cittadini, i quali sono in maggioranza cattolici.

La società civile e la Chiesa che è in Croazia, camminando insieme, scriveranno pagine significative per la storia di un popolo le cui antiche radici affondano nell'humus fecondo dei valori cristiani.

5. Signor Ambasciatore, è con tali prospettive piene di speranza che porgo a Lei i miei fervidi auguri per il felice e fruttuoso compimento della Sua alta missione presso la Sede Apostolica, nello spirito di quei rapporti sempre cordiali tra il Successore di Pietro e il Popolo croato, a cui Ella ha voluto fare cenno nel Suo discorso.

Avvaloro tali auspici con la Benedizione Apostolica, che cordialmente imparto a Lei, ai Suoi Collaboratori e Familiari ed a tutti i cittadini della cara Croazia.


GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI AL 100° CONGRESSO


DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI CHIRURGIA


15 ottobre 1998




206 Illustri Signori e Signore!

1. Porgo il mio cordiale benvenuto a tutti voi, partecipanti al Centesimo Congresso della prestigiosa Società Italiana di Chirurgia. Grazie per la vostra visita! La vostra presenza è per me particolarmente significativa, non solo a motivo della qualificata attività professionale che svolgete, ma anche per i fondamentali valori etici a cui intendete ispirare il vostro quotidiano lavoro.

Saluto cordialmente il Presidente, Professor Giorgio Ribotta, e lo ringrazio per le cortesi espressioni che ha voluto rivolgermi a nome di tutti. Con lui, saluto i Responsabili delle Società di Chirurgia delle Nazioni aderenti alla Comunità europea, nonché quelli delle altre Società nazionali consorelle ed i Presidenti delle Società Chirurgiche costituitesi come emanazione della Chirurgia generale.

2. Nel corso del vostro Convegno, avete approfondito i complessi compiti della Chirurgia. Avete, inoltre, analizzato le prospettive aperte dagli straordinari progressi che ne hanno accresciuto in misura notevole le possibilità terapeutiche come, ad esempio, nelle demolizioni e ricostruzioni organiche o nel vasto ambito dei trapianti.

Vostra predominante attenzione è la salvaguardia della salute del paziente ed il rispetto della sua integrità fisica, psichica e spirituale. Nel manifestare vivo compiacimento per questo nobile intento, auspico che esso costituisca la costante preoccupazione di ogni medico e chirurgo. L'umanizzazione della medicina non costituisce una dimensione secondaria, ma piuttosto l’anima di un esercizio della scienza medica capace di non lasciare inascoltate e deluse le attese dell’essere umano.

Con la vostra professione, voi intendete essere all’avanguardia nella tutela della vita, della quale, a causa della malattia, voi sperimentate le carenze ed i limiti, senza, tuttavia, rinunciare a lottare contro di essi per superarli o, almeno, per contenerne le più dolorose conseguenze. Nell’assolvimento di questa irrinunciabile vocazione, la Chiesa vi è accanto, poiché “nell’accoglienza amorosa e generosa di ogni vita umana, soprattutto se debole o malata, essa vive oggi un momento fondamentale della sua missione, tanto più necessaria, quanto più dominante si è fatta una «cultura di morte»” (Christifideles Laici
CL 38).

Anch’io ho avuto modo più volte, in questi anni, di condividere la condizione dei pazienti, facendo loro visita o dovendo io stesso ricoverarmi. Ho potuto così sperimentare la vostra perizia professionale accompagnata sempre da attenta umanità. Sono lieto di esprimere oggi a voi tutti i sentimenti del mio apprezzamento e della mia gratitudine per quanto compite verso chi soffre. Sento doveroso, in questo momento, rivolgere uno speciale e riconoscente pensiero al Professor Francesco Crucitti, recentemente scomparso, che ha saputo incarnare queste altissime qualità in maniera generosa ed esemplare.

3. Illustri Signori e Signore! Formulo voti che i lavori del vostro Congresso contribuiscano ad aprire il campo della Chirurgia a sempre più promettenti prospettive nel settore della prevenzione, della diagnostica, della terapia e della riabilitazione. La vostra attività di chirurghi è un impareggiabile dono per la società.

Iddio vi aiuti ad essere sempre fedeli allo spirito della vostra professione ed a servire con amore coloro che sperimentano la prova della malattia e della sofferenza. Vi dia la forza di svolgerla sempre con grande entusiasmo e spirito di servizio.

Fatevi maestri dei giovani chirurghi non soltanto dal punto di vista professionale, ma anche umano, perché alla vostra scuola essi possano prendersi cura della salute e della vita, ponendo in cima al loro impegno la dimensione etica che, sola, garantisce pienamente un autentico servizio alla persona.

Affido a Maria, Salute degli Infermi, i risultati del vostro Congresso ed assicuro il mio orante ricordo al Signore, Medico e Salvatore delle anime e dei corpi, affinché vi sostenga nella vostra attività.

207 Con tali sentimenti, imploro su di voi, sulle vostre famiglie e sui vostri collaboratori l’abbondanza dei celesti favori, in pegno dei quali vi imparto volentieri l’Apostolica Benedizione.



DISCORSO DEL SANTO PADRE

GIOVANNI PAOLO II

ALLA PLENARIA DELLA CONGREGAZIONE PER IL CLERO


15 Ottobre 1998




Venerati Signori Cardinali
e Fratelli carissimi nell'Episcopato e nel Sacerdozio!

1. Sono lieto di incontrarvi in occasione della Plenaria della Congregazione per il Clero, che vi vede riuniti con sentimenti di profondo amore nei confronti di quell'insostituibile dono e mistero che è il sacerdozio ministeriale. Vi saluto cordialmente, con un particolare pensiero per il Signor Cardinale Darío Castrillón Hoyos, che a nome di tutti mi ha rivolto nobili parole di devozione e di affetto.

Intento della vostra Plenaria è di aiutare i sacerdoti a varcare con le debite disposizioni la Porta santa dell'ormai imminente Grande Giubileo, portando nel cuore rinnovati sentimenti di adesione alla propria identità e di impegno nella dedizione alla dinamica missionaria che ne consegue.

Opportunamente avete scelto come argomento della vostra riflessione un tema di fondamentale rilievo quale "Il presbitero, guida della comunità, maestro della parola e ministro dei sacramenti nella prospettiva della nuova evangelizzazione". Esso assume tutto il suo significato, se esaminato alla luce del Giubileo. L'Anno Santo del Duemila, infatti, non intende soltanto celebrare un evento cronologico singolare, bensì fare memoria dei "magnalia Dei" (cfr. At Ac 1), documentati nei duemila anni di storia della Chiesa, che dell'incarnazione del Verbo è prolungamento nei diversi luoghi e tempi. Il Giubileo intende suscitare un cuore "contrito ed umiliato" per le nostre colpe personali, ravvivare lo slancio missionario nella consapevolezza che solo Gesù Cristo è il Salvatore, introdurre ciascuno alla gioia dell'incontro con l'amore misericordioso di Dio, che vuole la salvezza di tutti gli uomini (cfr. 1Tm 2,4).

2. Il sacerdozio di Cristo costituisce una conseguenza dell'Incarnazione. Nascendo dalla sempre Vergine Maria, l'unigenito Figlio di Dio è entrato nell'ordine della storia. , diventato sacerdote, l'unico sacerdote, e, per questo, coloro che nella Chiesa sono rivestiti della dignità del sacerdozio ordinato partecipano in un modo specifico al suo unico sacerdozio. Il sacerdozio ordinato è componente insostituibile dell'edificio della redenzione; è canale attraverso il quale scorrono normalmente le acque fresche necessarie alla vita. Questo sacerdozio, al quale si è chiamati per pura gratuità (cfr. Eb He 5,4), è punto nevralgico dell'intera vita e missione della Chiesa.

Mediante il sacramento dell'Ordine, il sacerdote viene trasformato nello stesso Cristo, per realizzare le opere di Cristo. Si opera in lui, grazie. ad uno specifico carattere. l'assimilazione a Cristo Capo e Pastore. Questa del carattere indelebile è nota inscindibile della consacrazione sacerdotale (cfr. PO PO 2 LG 21 CEC 1558): dono di Dio, dato per sempre!

Il sacerdote unto nello Spirito Santo, pertanto, deve prefiggersi la fedeltà assoluta e incondizionata al Signore e alla sua Chiesa, perché l'impegno del sacerdozio possiede in sé il segno dell'eternità.

Il sacerdote, come Cristo e in Cristo, è inviato. La missione salvifica che gli viene affidata per il bene degli uomini è richiesta dalla sua stessa consacrazione sacerdotale (cfr. LG LG 28) ed è già Implicita nella chiamata con la quale Dio interpella l'uomo. Dunque, vocazione, consacrazione e missione costituiscono il trittico di una stessa realtà, elementi costitutivi dell'essenzialità del sacerdozio (cfr. PDV PDV 16).

208 3. Ricordare queste realtà, parlare dell'insostituibilità del sacerdozio ordinato equivale a compiere oggi un'azione che, per chi scruta nel profondo la vita ecclesiale, non può che apparire veramente provvidenziale. Non mancano, infatti. tentativi più o meno espliciti di snaturare l'intero evento ecclesiale, così come è stato voluto dal Divino Fondatore. Risale, infatti, alla volontà di Cristo che la sua Chiesa, Popolo di Dio in cammino, sia costituita e compaginata come società gerarchicamente ordinata (cfr. LG LG 20), dove, pur essendo tutti insigniti della stessa dignità, non tutti abbiano gli stessi compiti, ma con diversità di ministeri, cioè di uffici o servizi, ciascuno contribuisca secondo il proprio stato alla testimonianza del Vangelo nel mondo.

Per questo vi incoraggio nel vostro impegno di porre in evidenza la missione del presbitero alla luce della riflessione che state sviluppando in questa Plenaria.

4. Il presbitero è anzitutto guida del popolo a lui affidato. La struttura della Chiesa trascende sia il modello democratico che quello autocratico, perché si fonda sull'invio del Figlio da parte del Padre e sul conferimento della missione attraverso il dono dello Spirito Santo ai Dodici e ai loro successori (cfr. Gv Jn 20,21). , questo l'insegnamento già presente in Presbyterorum Ordinis, là dove il Decreto conciliare tratta "dell'autorità con cui Cristo fa crescere, santifica e governa il suo popolo" (cfr. 2). E questa un'Autorità che non ha origine dal basso e che non può, quindi, essere autonomamente definita nella sua estensione ed esercizio da nessun consesso di base.

Il presbitero è, poi, m unione con il suo Vescovo maestro della Parola. Ne è maestro, essendone prima servo (cfr. PO PO 4). Tutti i fedeli, in forza dei sacramenti dell'iniziazione cristiana, sono chiamati ad evangelizzare, secondo il proprio stato di vita, ma il ministro ordinato compie tale missione con un’autorevolezza e una grazia che gli pervengono non dalla pur necessaria scienza e competenza, ma dall'ordinazione (cfr. PDV PDV 35).

Il presbitero è, infine, ministro dei sacramenti. Infatti non si può dare autentica evangelizzazione che non tenda a sfociare nella celebrazione dei sacramenti. Non può, dunque, esserci evangelizzazione che non sia orientata verso tale celebrazione (cfr. PO PO 5).

5. Tutto questo deve essere vissuto nella prospettiva della nuova evangelizzazione, che trova un suo momento forte nell'impegno del Grande Giubileo. Qui si intrecciano provvidenzialmente le vie tracciate dalla Lettera apostolica Tertio Millennio Adveniente e quelle indicate dai Direttori per i presbiteri e per i diaconi permanenti, dall’Istruzione su alcune questioni circa la collaborazione dei fedeli laici al ministero pastorale dei sacerdoti e da quanto sarà frutto della presente Plenaria.

Grazie all'universale e convinta applicazione di questi documenti, l'ormai consueta espressione nuova evangelizzazione potrà più, efficacemente tradursi in realtà operante. Il titolo stesso della vostra Plenaria mette a fuoco la peculiarità del sacerdote, il suo essere nella Chiesa e di fronte ad essa (cfr. PDV 16). Aiutare i sacerdoti a riscoprire le caratteristiche portanti del sacro ministero costituirà per essi la migliore preparazione a varcare le soglie della Porta santa convertiti alla verità di se stessi: quella di persone conformate a Cristo Capo e Pastore in virtù di uno specifico carattere. Soltanto di qui nasce la missione. Essa esige che ogni cristiano sia esattamente se stesso ed agisca di conseguenza. Si comprende allora l'insurrogabilità dei diversi stati di vita nella Chiesa.

E’ necessario, pertanto, rendere sempre più tersa l'identità e la specificità di ciascuno. Solo nel rispetto delle diverse e complementari identità la Chiesa sarà pienamente credente e quindi credibile e potrà entrare, ricca di speranza, nel nuovo Millennio (cfr. PDV PDV 12).

In questa prospettiva, mentre vi invito a deporre ogni vostra iniziativa nelle mani di Colei che, come l'alba, preannuncia il sempre nuovo avvento del Signore Gesù nella storia, a tutti imparto la mia Benedizione.




GIOVANNI PAOLO II


AI PELLEGRINI POLACCHI NEL CORSO DELL’UDIENZA SPECIALE


IN OCCASIONE DEL VENTESIMO ANNIVERSARIO


DEL SUO PONTIFICATO


16 ottobre 1998




1. "Ringrazio il mio Dio ogni volta ch'io mi ricordo di voi, pregando sempre con gioia per tutti. Sono persuaso che colui che ha iniziato in voi quest'opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù. E' giusto, del resto, che io pensi questo di tutti voi, perché vi porto nel cuore" (cfr Ph 1,3-6). Saluto con queste parole i pellegrini presenti in Piazza San Pietro giunti dalla Polonia e dall'emigrazione, come anche tutti i miei connazionali, ovunque si trovino. In modo speciale saluto il Signor Cardinale Primate ringraziandolo per le parole a me rivolte; saluto cordialmente il Signor Cardinale Franciszek, Metropolita di Cracovia, il Signor Cardinale Andrzej Deskur, il Signore Cardinale Kazimierz Swiatek, Metropolita di Minsk-Mohylew, Amministratore Apostolico della Diocesi di Pinsk, gli Arcivescovi, i Vescovi, i Presbiteri, le persone consacrate. Saluto il Signor Presidente della Repubblica Polacca, i Presidenti del Parlamento e del Senato, i Deputati, i Senatori, ed anche i Rappresentanti delle autorità locali, e in modo particolare le Autorità della Città di Cracovia, rappresentate dal Signor Presidente della provincia, dal Sindaco e dalle Autorità della Città di Varsavia.

209 2. Miei cari, siete giunti alla tomba del Principe degli Apostoli, per rendere grazie a Dio, insieme a me, per i venti anni del mio servizio pastorale alla Chiesa universale. Quest'incontro mi ricorda quell'istante nella Cappella Sistina, quando dopo l'elezione fatta secondo le prescrizioni dei canoni mi fu chiesto: "Accetti?" Risposi allora: Nell'obbedienza della fede davanti a Cristo mio Signore, abbandonandomi alla Madre di Cristo e della Chiesa, consapevole delle grandi difficoltà - accetto". Sono inscrutabili le vie della Divina Provvidenza.

Dal Colle di Wawel Cristo mi ha chiamato al Colle Vaticano, dalla tomba di S. Stanislao alla tomba di S. Pietro, affinché conduca la Chiesa lungo le vie del rinnovamento conciliare. Davanti ai miei occhi si presenta in questo momento la figura del Servo di Dio Cardinale Stefan Wyszynski. Durante il Conclave, il giorno di S. Edvige di Slesia, mi avvicinò e disse: "Se ti eleggeranno, ti prego di non rifiutare". Risposi: "Grazie tante. Dio glielo renda, Cardinale". Confortato dalla grazia e dalle parole del Primate del Millennio ho potuto pronunciare il mio "fiat" per gli inscrutabili disegni della Divina Provvidenza. E oggi desidero ripetere le parole rivolte ai miei connazionali, nell'Aula Paolo VI, all'indomani dell'inaugurazione del pontificato: "Non ci sarebbe sulla cattedra di Pietro questo papa polacco se non ci fosse l'eroica fede del nostro grande Primate, se non ci fosse la sua fede, se non ci fosse la sua eroica speranza, la sua fiducia senza limiti nella Madre della Chiesa. Se non ci fosse Jasna Góra".

Quando oggi guardo agli anni passati del mio ministero nella Sede Romana ringrazio Dio, per avermi dato la grazia di annunziare la buona novella della salvezza a molti popoli e a molte nazioni in tutti i continenti, e tra essi anche ai miei connazionali in terra polacca. L'evangelizzazione costituisce un elemento essenziale della missione del Successore di San Pietro, la sua fatica quotidiana nell'edificazione della civiltà dell'amore, della verità e della vita.

3. Sin dall'inizio, nel mio ministero apostolico mi sostengono la preghiera e il sacrificio di tutto il Popolo di Dio, e la Chiesa in Polonia ha in essi una parte speciale. Dopo l'elezione alla Sede di San Pietro chiedevo ai miei connazionali: "Non mi dimenticate nella preghiera a Jasna Góra e in tutto il paese, affinché questo Papa, che è sangue del Vostro sangue e cuore dei Vostri cuori, serva bene la Chiesa e il mondo nei difficili tempi che precedono la fine di questo secondo millennio" E questo aiuto della preghiera lo sto sperimentando costantemente. E' la vostra preghiera ad accompagnarmi ogni ora e ogni giorno sulle vie del mio ministero papale. Lo so, e nel mio intimo sento questo profondo legame che si crea nella preghiera; quando ci ricordiamo reciprocamente, condividiamo il nostro cuore ed i nostri problemi umani, depositandoli nelle mani del Padre Onnipotente e buono che è nei cieli.

Vi sono particolarmente grato per quel rimanere nella preghiera nei momenti della mia sofferenza e della malattia, e specialmente in quel memorabile 13 maggio del 1981. Mi è difficile parlare di ciò senza commuovermi. Eravate in preghiera per tutto quel tempo, eravate allora particolarmente uniti a me con legami di solidarietà e di spirituale vicinanza. Come non ricordare in questo momento la "marcia bianca" a Cracovia, che ha riunito nella preghiera una grande moltitudine di persone animate dalla fede nella Divina Misericordia e dall'amore per la Chiesa, che testimoniavano in questo modo il commovente attaccamento al Papa. Oggi voglio ricordarvi tutto questo e dire: "Dio ve lo renda!" Anch'io cerco di ricambiare con la preghiera quotidiana per tutti i miei connazionali, per tutta la nostra nazione, per tutta la Polonia, mia patria, dove sempre sono profondamente inserito con le radici della mia vita, del mio cuore e della mia vocazione. I problemi della mia Patria sono stati e sono sempre molto vicini a me. Conservo profondamente nel cuore tutto ciò che vive la mia Nazione. Il bene della mia Patria lo ritengo il mio bene, e ciò che le fa torto, o la disonora, tutto ciò che la minaccia, sempre diventa in un certo senso la mia parte, la parte del mio cuore, dei miei pensieri e di ciò che provo.

4. Da molti anni mi preparo con tutta la Chiesa per entrare nel terzo millennio. Quale storica preparazione al Grande Giubileo fu per me il Millennio del Battesimo della Polonia, quella straordinaria esperienza della lotta di tutta la mia Nazione per la fedeltà a Dio, alla Croce e al Vangelo, durante la persecuzione della Chiesa!

Quando vent'anni fa iniziavo il mio ministero Petrino nella Chiesa, dissi: "Aprite le porte a Cristo!". Oggi ci troviamo alla soglia del Terzo Millennio: queste parole acquistano una speciale eloquenza. Le rivolgo nuovamente a tutti i miei connazionali come il migliore augurio. Spalancate le porte a Cristo - le porte della cultura, dell'economia, della politica, della famiglia, della vita personale e sociale. Non vi è un altro Nome sulla terra, nel quale potremmo essere salvati se non quello del Redentore dell'uomo (cfr
Ac 4,12). Soltanto Cristo è il nostro Mediatore presso il Padre, l'unica speranza che non delude. Senza Cristo l'uomo non conoscerà pienamente se stesso, non saprà fino in fondo chi è e dove va.

Aprire le porte a Cristo vuol dire aprirsi a Lui e al suo insegnamento. Diventare testimoni della sua vita, passione e morte. Vuol dire unirsi a Lui mediante la preghiera e i santi sacramenti. Senza il legame con Cristo ogni cosa perde senso e si offuscano i confini tra il bene e il male. Oggi in Polonia c'è bisogno di uomini di profonda fede e di retta coscienza formata sul Vangelo e sulla dottrina sociale della Chiesa. Uomini per i quali le cose di Dio siano le più importanti, che siano capaci di operare scelte conformi ai comandamenti divini e al Vangelo. Occorrono cristiani coraggiosi e responsabili che partecipino a tutti i settori della vita sociale e nazionale, che non temano ostacoli e contrarietà. E' giunto il tempo della nuova evangelizzazione. Perciò, miei cari, mi rivolgo a voi con questo grido: "Aprite le porte a Cristo!" Siate i suoi testimoni fino agli estremi confini della terra (cfr Ac 1,8). Siate autentici discepoli suoi, capaci di "rinnovare il volto della terra" e di accendere nei cuori degli uomini e in tutta la Nazione il fuoco dell'amore e della giustizia.

5. In un giorno per me così importante rivolgo lo sguardo della mia anima verso la Signora di Jasna Góra e nelle sue mani materne depongo tutti i problemi della Chiesa in Polonia e i miei connazionali. Oggi, 16 ottobre, mentre la Chiesa ricorda S. Edvige di Slesia - patrona della mia elezione alla Sede di Pietro - chiedo a voi nuovamente di pregare "affinché io possa compiere sino alla fine l'opera che Dio mi ha affidato" (cfr Jn 17,4) per la sua gloria al servizio della Chiesa e del mondo. Benedico di cuore voi tutti qui presenti, le vostre famiglie, i vostri cari e tutta la mia Patria.


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