GP2 Discorsi 1998 247

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI ALL’ASSEMBLEA NAZIONALE


DELLA FEDERAZIONE DEGLI ISTITUTI


DI ATTIVITA’ EDUCATIVE (FIDAE)






Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Sono lieto di rivolgere un cordiale saluto a tutti voi che, in occasione della cinquantaduesima Assemblea nazionale della Federazione degli Istituti di Attività Educative (FIDAE), siete convenuti a Roma in rappresentanza delle scuole cattoliche primarie e secondarie, presenti su tutto il territorio italiano.

Il vostro incontro costituisce un'ulteriore tappa nel cammino che da anni state compiendo a servizio dei valori umani e cristiani e dell'autentica libertà di educazione nella scuola e nella società italiana. Voi intendete confermare, nel contesto del sistema pubblico integrato dell'istruzione, l'identità originaria della scuola cattolica e il suo pieno inserimento nella missione evangelizzatrice della Chiesa.

Saluto in voi l'opera attenta e qualificata di migliaia di docenti, religiosi e laici, che collaborano con le famiglie per la formazione integrale delle nuove generazioni. Vi ringrazio per il quotidiano impegno e per la passione con la quale vi ponete al servizio dei ragazzi e dei giovani, nonostante le difficoltà ed i problemi legati all'odierno contesto socio-culturale ed alle vaste trasformazioni in atto nella realtà scolastica. Il mio affettuoso pensiero va, in particolare, agli alunni dei vostri Istituti, ai quali auguro di poter vivere intensamente questo periodo fondamentale della vita, per essere protagonisti competenti e coraggiosi della società di domani.

2. Non di rado l'educazione subisce oggi l'influsso di "forme di razionalità", non orientate "verso la contemplazione della verità e la ricerca del fine ultimo e del senso della vita", ma verso "fini utilitaristici, di fruizione o di potere" (Fides et ratio, 47), con il conseguente rischio di causare tragiche conseguenze in quanti si affacciano alla vita.

La scuola cattolica ha davanti a sé una grande sfida, alla quale dovrà rispondere con un progetto educativo fortemente caratterizzato in senso cristiano, cercando poi di attuarlo in piena collaborazione con la famiglia, soggetto primario di ogni progetto educativo. Facendo leva soprattutto sulla competenza e sulla testimonianza degli insegnanti, la scuola cattolica si propone di offrire ai giovani una formazione di qualità, poggiante sull'acquisizione delle conoscenze necessarie e sull'apprezzamento di quanto l'uomo ha realizzato nel corso della storia, ma soprattutto sull'adesione matura e convinta ai grandi valori della tradizione italiana e della fede cristiana.

3. Ogni scuola è chiamata ad essere laboratorio di cultura, esperienza di comunione e palestra di dialogo. Tali finalità trovano un terreno particolarmente favorevole negli Istituti cattolici: fondando la loro azione pedagogica sullo spirito di carità e di libertà, proprio di ogni comunità ispirata al Vangelo, essi si pongono nell'odierna società multietnica come un luogo significativo di promozione umana e di dialogo tra le diverse religioni e culture.

Le nuove frontiere della scuola e la sua apertura al dialogo culturale richiedono, tuttavia, da chi opera nell'ambito delle strutture scolastiche cattoliche, una costante cura della propria specifica identità pedagogica e ideale, che rimane la principale garanzia di un originale servizio a credenti e non credenti.

In una società, che sembra talora poco sensibile ai valori spirituali e spesso si illude di costruire il benessere e la felicità dell'uomo soltanto mediante la scienza e la tecnologia, la scuola cattolica è chiamata a formare la mente ed il cuore delle nuove generazioni ispirandosi al modello di umanità proposta da Cristo. Gli allievi saranno aiutati dalla testimonianza coerente dei docenti e dei genitori ad intraprendere la grande avventura della vita in compagnia di Gesù Redentore, vero Amico su cui si può contare.

248 4. Promuovendo il rispetto delle coscienze, la passione per la verità, l'amore per la libertà nel contesto di un servizio competente, la scuola cattolica offre una preziosa opportunità ai genitori, i quali possono scegliere il modello di educazione più adeguato per i loro figli. Ciò costituisce sicura garanzia della validità di quel sistema pubblico integrato dell'istruzione che è condizione indispensabile perché l'Istituzione scolastica sia strumento moderno ed efficace di formazione e fattore di progresso per l'intera società.

Formulo voti che la vostra Assemblea, approfondendo tali tematiche, contribuisca ad una rinnovata qualità del servizio scolastico e ad un maggiore apprezzamento del valore della scuola libera per la crescita culturale e lo sviluppo democratico della società italiana. Con tali auspici, affido la vostra missione educativa ed i lavori del vostro incontro alla materna protezione di Maria, Sede della Sapienza, e, mentre invoco sugli alunni, sulle famiglie, sugli educatori ed i responsabili della scuola cattolica la luce e la forza dello Spirito di verità, di cuore imparto a tutti una speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 24 Novembre 1998.

IOANNES PAULUS PP. II




                                                               Dicembre 1998


GIOVANNI PAOLO II


AI VESCOVI DI PAPUA NUOVA GUINEA


E DELLE ISOLE SALOMONE


IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM"


Martedì, 1° dicembre 1998




Cari Fratelli Vescovi,

1. Con l’incoraggiamento che è in Cristo Gesù (cfr Fil Ph 2,1), saluto voi Vescovi che in Papua Nuova Guinea e nelle Isole Salomone vegliate sulla «casa di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità» (1Tm 3,15). Siete qui in occasione della vostra visita ad limina Apostolorum sulle tombe degli Apostoli presso le quali ricordiamo la grande verità della Pasqua, ossia che dalla Croce di Gesù Cristo scaturisce la gioia di nuova vita. In questi giorni di Assemblea Speciale per l’Oceania del Sinodo dei Vescovi, riflettete sulla novità della vita in Cristo, Luce delle Nazioni, e sulla vostra responsabilità di Successori degli Apostoli per comunicare quella vita alle persone affidate alla vostra sollecitudine pastorale. Prego affinché questo sia un tempo di rinnovamento spirituale per ognuno di voi, con la grazia e la forza dello Spirito Santo.

La vostra presenza ci ricorda la storia importante della plantatio ecclesiae in Melanesia. Sono trascorsi poco più di trent’anni da quando vi vennero erette le prime Diocesi e tuttavia la storia, sia prima sia a partire da quel momento, è una storia di testimonianza e di opera eroi che, in primo luogo da parte dei sacerdoti missionari e dei religiosi, uomini e donne, che lasciarono tutto per annunciare Cristo e servire i popoli della vostra regione. Giunsero, uniti dalla fede, da diversi Paesi e da diversi istituti e piantarono un seme nel cuore dei vostri popoli che produrrà un raccolto eterno. Alcuni morirono martiri e per questo sacrificio rendiamo gloria a Dio che «tergerà ogni lacrima dai loro occhi» (Ap 7,17). Tuttavia, non furono soltanto i missionari stranieri a offrire la propria vita per Cristo: c’è anche la figura indimenticabile del Beato Peter To Rot, il primo frutto della fede delle vostre terre, offerto ora alla Chiesa nel mondo quale esempio di fedeltà a Dio.

2. La crescita spirituale delle vostre Chiese particolari dà gioia a tutti noi. Tuttavia, voi parlate anche delle difficoltà dei fedeli che Dio vi ha affidato. Esistono i disastri naturali, il più recente dei quali, il maremoto a West Sepik, è stato devastante e ha ucciso migliaia di persone lasciando al Paese un enorme compito di ricostruzione materiale e umano. Ancora una volta invoco la solidarietà della Chiesa verso coloro che sono stati colpiti e rinnovo l’esortazione alla comunità mondiale affinché offra quell’assistenza che è ancora urgente.

Possiamo fare poco per prevenire i disastri naturali, ma ci sono altre sofferenze causate dagli esseri umani e quindi soggette al controllo umano. Nei vostri resoconti menzionate una crescente ondata di violenza e di divisione che rende difficile edificare una società basata sull’idea e sulla pratica del bene comune. La guerra a Bouganville può anche essere finita, ma le ferite restano e il processo di guarigione sarà lungo e difficile. La minaccia della delinquenza è diventata sempre più inarrestabile e grave, in particolare nelle città. Il tribalismo, con lo spirito di vendetta che genera, resta un problema profondamente radicato e difficile da risolvere. La corruzione nelle sue numerose forme è un altro tipo di violenza, i cui sintomi sono spesso meno visibili, ma che non per questo è meno reale e distruttiva. C’è anche un altro tipo di violenza: la violenza spirituale della frammentazione delle sette religiose che proliferano in tempi difficili e che si alimentano delle aspettative e dei timori delle persone.

3. La situazione rispecchia una certa crisi delle tradizioni della vostra cultura con un conseguente indebolimento delle strutture e delle istituzioni che hanno conferito alle società tradizionali la loro stabilite hanno trasmesso loro i valori di cui vivono. Prioritaria fra queste è la famiglia che di recente è stata messa sotto pressione e che è la prima istituzione nella quale appaiono sintomi di malessere sociale. C’è anche la diffusa disoccupazione che lascia molti giovani frustrati e arrabbiati con una scarsa stima di sé e poca speranza nel futuro. Tuttavia, nessuno di questi mali vi è sconosciuto, cari Fratelli: infatti queste sono proprio le afflizioni delle persone che conducete ogni giorno verso Cristo nella preghiera e sulle quali riflettete durante il Sinodo. In una situazione culturale tanto diversificata come la vostra, non è mai facile superare le divisioni e contrastare la violenza; tuttavia, la promozione dell’armonia e di una cultura incentrata sul bene comune è profondamente legata alla verità del Vangelo e richiede la vostra saggia ed energica guida spirituale.

249 Di fronte alla violenza e alla divisione si ha sempre la tentazione di rispondere nello stesso modo ed è proprio questa logica a causare i molti problemi che ora affliggono il vostro popolo. La violenza e la divisione sembrano essere forti e vittoriosi oggi. Tuttavia, il Vangelo di Cristo crocifisso insiste sul fatto che esse sono sempre deboli e sempre sconfitte. San Paolo parla della logica della Croce con tutta la forza del paradosso: «Quando sono debole, è allora che sono forte» (2Co 12,10). Per Papua Nuova Guinea e perle Isole Salomone Cristo vuole forza autentica e vittoria vera, la vittoria della grazia sul peccato, dell’amore su tutto ciò che divide le persone.

4. La prima fase dell’evangelizzazione delle vostre terre è stata lenta e ha richiesto grandi sacrifici; lo stesso vale per la nuova fase che si sta svolgendo ora. Lo stadio attuale di evangelizzazione esige che si presti grande attenzione alla catechesi e all’educazione, se si vuole assicurare che le radici del Vangelo affondino profondamente nel buon terreno del «campo di Dio» (1Co 3,9). Questo compito implica uno sforzo speciale, in particolare nelle tre aree che sono strettamente collegate fra loro: la famiglia, la gioventù e i responsabili della comunità. Le famiglie hanno bisogno di un maggiore sostegno in situazioni nelle quali sono sotto pressione e tale sostegno implica non solo l’aiuto in tempi di crisi, ma anche un’educazione sostenuta nei valori e nelle pratiche che creano la nozione cattolica di matrimonio e di vita familiare. C’è stato un tempo nel quale, nonostante la persistenza della poligamia, i valori e le pratiche tradizionali assicuravano una certa stabilità alle famiglie nelle vostre culture, ma ora, soprattutto nelle città, non è più così. Ciò può causare un vuoto che rende instabile la famiglia e quindi minaccia la base della società. In questo tempo siete chiamati a fare un grande sforzo educativo a sostegno della cellula prima della società umana. Questa deve essere un’educazione che inizia nelle scuole, che ha un momento culminante nella preparazione al matrimonio e continua per tutta la vita matrimoniale e in particolare in connessione con l’iniziazione cristiana dei figli. In questo compito, le istituzioni della scuola cattolica e della parrocchia conservano un’importanza fondamentale.

5. Ai giovani bisogna insegnare non soltanto a essere «un successo», ma anche a vivere una vita autenticamente cristiana: di grazia e di santità nel loro rapporto con Dio e di verità e di amore in tutti i rapporti umani. Che ci sia possibile è dimostrato chiaramente dalla figura del Beato Peter To Rot. Bisogna far sì che i giovani percepiscano di avere un ruolo e una responsabilità nella vita della Chiesa. Dovrebbero essere condotti pian piano alla sana conoscenza di quanto la Chiesa insegna, della sua fede e della sua dottrina morale, in particolare a proposito del bene comune. Dovrebbero imparare il valore supremo della vita umana e della sua assoluta dignità in un modo che incoraggi una giusta autostima. Bisognerebbe insegnare loro a pregare affinché possano riporre la speranza in Dio piuttosto che in qualcosa di transitorio. Bisognerebbe fare tutto questo in un modo che tenga conto non solo dei desideri universali del cuore umano, ma anche delle particolari esigenze culturali dei vostri giovani.

Da questa formazione scaturiranno le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa di cui le vostre Diocesi hanno bisogno più che mai ora che sta iniziando la seconda fase dell’evangelizzazione delle vostre società e diminuisce il numero dei missionari stranieri. Il compito può sembrare scoraggiante, ma «l’amore del Cristo ci spinge» (2Co 5,14). Tutto ciò che fate per l’educazione dei giovani di Papua Nuova Guinea e delle Isole Salomone è di immenso valore per loro, per la Chiesa e per l’intera società.

6. Una buona educazione esige buoni maestri e questo è il motivo per cui la formazione dei responsabili della Chiesa, sacerdoti, religiosi e catechisti, è tanto importante per le vostre Chiese particolari. Nei seminari e nelle case religiose di formazione bisogna fare tutto il possibile per assicurare la migliore introduzione alla vita sacerdotale e religiosa, ricorrendo alle risorse della Chiesa universale e alle ricchezze delle culture locali. Nella mia recente Lettera Enciclica Fides et ratio, ho chiarito che senza una solida formazione intellettuale la fede scade rapidamente nel mito e nella superstizione, che sono sempre terreno fertile per la violenza e la divisione.

La fede ha bisogno dell’opera della ragione se deve creare una cultura di rispetto per la vita e la dignità umane, di giustizia e solidarietà nelle questioni umane e di impegno per il bene comune. Se ciò è vero per la formazione iniziale, è anche vero per l’educazione permanente che è necessaria per sostenere i sacerdoti e i religiosi nelle pressioni che subiscono. Oggi, in tutte le culture i sacerdoti e i religiosi hanno bisogno di una formazione che duri tutta la vita e sia adatta alle diverse fasi del loro cammino. Essa è particolarmente richiesta laddove elementi della cultura popolare rendono difficile sostenere un impegno al celibato che duri per tutta la vita.

7. Cari Fratelli, noi insegniamo principalmente mediante la nostra testimonianza: chi e cosa siamo è decisivo. Ciò è sommamente vero per il Vescovo, ma lo è anche per tutti coloro che insegnano in nome di Cristo, genitori, sacerdoti, insegnanti, catechisti, responsabili giovanili. I santi e i martiri sono i grandi maestri della Chiesa poiché offrono una testimonianza che non ha rivali :insegnano attraverso il totale dono di sé, attraverso il proprio sangue. La storia della Chiesa in Papua Nuova Guinea e nelle Isole Salomone può anche essere breve, ma la lista dei martiri è lunga. Alcuni di loro sono molto noti, altri meno. Non devono venir dimenticati perchè sono i supremi testimoni della sapienza della Croce di Gesù Cristo (cfr 1Co 1,18-25). Che i loro nomi vengano ricordati e le loro storie raccontate con comprensione e gioia rinnovate mentre la Chiesa avanza verso il Grande Giubileo dell’Anno 2000. Questi uomini e queste donne sono sia la più grande gloria del vostro passato sia la più sicura garanzia del vostro futuro. Con lo stesso spirito, vi esorto a incoraggiare e a sostenere la vita contemplativa nelle vostre Chiese particolari. Quanti percorrono il cammino della contemplazione nella vita monastica vivono una sorta di martirio e con il loro silenzio e la loro oblazione insegnano qualcosa di particolarmente necessario ora.
Il compito della Chiesa in Papua Nuova Guinea e nelle Isole Salomone è vasto e complesso, ma nella nostra debolezza lo Spirito Santo ci soccorre (cfr Rm Rm 8,26), raggiungendo la profondità del nostro cuore e rinnovandoci. Che il fuoco del suo amore nel cuore dei fedeli trasformi ogni dolore in gioia e ispiri il grande inno di lode che è sempre il canto della Chiesa. Che la Madre di Cristo, Stella del Mare e Stella dell’Evangelizzazione, vegli su di voi e vi guidi nel cammino con il vostro popolo verso i cieli di pace che Dio ha preparato per se stesso. Come pegno di infinita gioia in Cristo che è sempre «la Via, la Verità e la Vita» (Jn 14,6), imparto di cuore a voi, ai vostri sacerdoti, ai religiosi e ai laici la mia Benedizione Apostolica. DISCORSO DEL SANTO PADRE


GIOVANNI PAOLO II


AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE


DEL PACIFICO IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM"


5 dicembre 1998

Eminenza,

Cari Fratelli Vescovi,


250 1. «Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita» (1Jn 1,1) è il nostro tema. Con particolare intensità durante questi giorni di Assemblea speciale per l’Oceania del Sinodo dei Vescovi rivolgiamo il nostro pensiero al Verbo della vita, Gesù Cristo, che ci ha chiamato a essere Pastori del suo popolo e, nel suo nome, a predicare il Vangelo della salvezza fino ai confini della terra. Anche la vostra visita ad Limina Apostolorum significa in un certo senso affidargli la vostra missione fra i popoli del Pacifico. Nel salutarvi, membri della Conferenza Episcopale del Pacifico, rendo gloria a Dio perchè sulle isole del mare, udiamo il canto di lode nel nome del Signore (cfr Is 24,15-16). Durante la vostra visita ad Limina andate oltre il tempo quando pregate sulle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo e riconoscete il vincolo di fede che lega voi e il vostro popolo alla loro testimonianza del Vangelo; e lo spazio stesso scompare quando giungete al cuore della Chiesa per visitare il Successore di Pietro.Venite a rappresentare un intricato tessuto di razze, culture e lingue e tuttavia, la diversità viene trascesa nella nostra comunione nel Corpo di Cristo, la Chiesa.

2. La storia dell’Evangelizzazione nei vostri Paesi non è lunga, ma è già ricca dei frutti della santità, della giustizia e della pace che solo il Vangelo può produrre. Voi siete testimoni dell’opera eroica dei missionari che hanno piantato il seme della fede nel cuore del vostro popolo. Sono gli uomini e le donne, sacerdoti e religiosi che, ascoltando la chiamata di Cristo e abbandonando ciò che era naturalmente loro, hanno portato questo messaggio ai popoli che voi rappresentate. Hanno predicato nel Suo nome e la loro predicazione non si è diffusa «soltanto nella parola, ma anche con potenza e con Spirito Santo e con profonda convinzione» (1Th 1,5). Hanno predicato con la testimonianza della loro vita, alcuni anche con la propria morte. É soprattutto questo sacrificio, inserito nel mistero pasquale della morte e della risurrezione del Signore, ad aprire il cuore umano alla pace dello Spirito Santo. Ora sono necessari nuovi sviluppi nell’evangelizzazione, tuttavia i sacrifici dei primi missionari e in particolare di martiri come san Peter Chanel e il Beato Diego de san Vitores non devono venir dimenticati. Infatti, avvicinandoci al Grande Giubileo dell’anno 2000, dobbiamo rendere nota e raccontare la loro storia con gratitudine e gioia sincere.

3. Voi vivete attualmente nei vostri diversi Paesi un periodo di cambiamento profondo. La fase post-coloniale della vostra storia è ormai dietro di voi. L’indipendenza non è più un’esperienza nuova, anche se il rafforzamento della liberte dei diritti civili resta un compito urgente. I vostri popoli sono turbati dalla difficoltà di raggiungere lo sviluppo e il benessere ai quali aspirano, soprattutto oggi, mentre nella regione Asia-Pacifico è apparsa, in modo inatteso, un’instabilità economica e anche politica. C’è stato un tempo in cui gli oceani mantenevano le vostre società isolate, ma questi stessi oceani sono ora diventati vie che portano altre culture, che si sono fuse con la vostra. Il rapido sviluppo delle comunicazioni conduce a un processo di globalizzazione culturale che esercita già un grande impatto sulle vostre società . Alcuni effetti sono positivi, altri però sono indubbiamente negativi. In una simile situazione, i Pastori della Chiesa devono dar prova di saggezza nel loro discernimento e di coraggio nelle loro decisioni. É paradossale che il processo per una maggiore unificazione promesso dalla globalizzazione conduca a volte a divisioni e a perdite d’identità. Invece di promuovere uno spirito di cooperazione e di solidarietà, ciò può generare un atteggiamento di «si salvi chi può» all’interno delle nazioni e fra di esse. Questo può significare lo sfruttamento delle nazioni più deboli da parte di quelle più forti; può anche significare la corruzione che separa i capi dal popolo che devono servire; infine può scatenare conflitti fra interessi divergenti così da rendere impossibile organizzare la società sulla base del bene comune. La voce dei Vescovi deve farsi chiaramente udire a favore dello spirito di cooperazione e di solidarietà che è il solo a poter garantire il benessere dei vostri popoli. Per la Chiesa che è nelle nazioni del Pacifico nessun compito è oggi più necessario della nuova evangelizzazione per rispondere ai bisogni delle circostanze presenti, che mutano rapidamente. La nuova evangelizzazione costituisce la prossima tappa della plantatio Ecclesiae nelle vostre isole ed esige che il Vangelo sia predicato in modo nuovo nel suo ardore, nei suoi metodi e nella sua espressione (cfr Veritatis splendor VS 106). Ciò non vuol dire che i modi di fare dei primi missionari non fossero ben concepiti: al contrario, a quel tempo erano magnificamente concepiti e applicati. Tuttavia, la mutevole situazione a cui oggi dovete far fronte presenta nuove sfide, il che non richiederà meno immaginazione e meno coraggio di quelli dimostrati dai missionari. Il compito può sembrare enorme, cari Fratelli, ma «colui che vi chiama è fedele e far tutto questo!» (1Th 5,24).

4. L’Evangelizzazione richiede uno sforzo notevole da parte dei vostri Paesi, sforzo che, nella prima fase della loro storia, fu compiuto dai missionari. Non sarà per lo stesso per la nuova fase. In quanto Successori degli Apostoli, voi Vescovi restate i primi agenti di evangelizzazione; i vostri collaboratori più diretti sono i sacerdoti e i religiosi, coloro che sono missionari come gli autoctoni che Dio chiama all’interno delle vostre comunità. I laici sono più pronti che mai a svolgere un ruolo decisivo in questa nuova fase di evangelizzazione, rispondendo alla loro vocazione particolare nel contesto della natura polifonica e gerarchica della Chiesa. Desidero pertanto riflettere brevemente con voi su alcuni aspetti del rapporto fra Vescovi, sacerdoti e laici. Il ruolo del Vescovo, in quanto primo agente di evangelizzazione, fa di lui il primo servitore della comunione. Questo servizio ha diverse implicazioni, ma nessuna è tanto importante quanto il rafforzamento dei vincoli di grazia, di cooperazione e di amicizia fra il Vescovo e i suoi sacerdoti. Ciò può essere difficile, tenendo conto del fatto che nell’amministrazione quotidiana delle Diocesi e delle parrocchie non è sempre facile trovare il tempo e l’energia che l’edificazione della comunione richiede. Eppure è essenziale che sia così. Inoltre, in alcune culture, costumi tradizionali e sistemi di governo possono influenzare l’esercizio del potere da parte del Vescovo, tendendo a fare di lui una figura distante piuttosto che il padre sempre desideroso e capace di ascoltare i suoi sacerdoti e il suo popolo. A volte è necessario che il Vescovo, nel suo modo di governare, vada incontro alla cultura, con la chiara comprensione tanto importante per la nuova evangelizzazione che l’inculturazione della fede non significa dover conferire alla cultura un carattere assoluto, al punto da non poterne mettere in discussione o temperare alcun elemento.

5. Metodi di guida che sottolineano il privilegio piuttosto che il servizio creano sempre problemi nel rapporto fra sacerdoti e laici. Per questo è importante che i seminari e le case di formazione insegnino un tipo di guida che sia pienamente rivolto al servizio e che riempia i candidati dello stesso zelo di annunciare il Vangelo che osserviamo nei primi missionari. Ciò richiederà un vigoroso impulso verso la spiritualità della Croce, il dono totale di sé che si acquisisce soltanto con difficoltà, ma senza il quale il ministero sacerdotale diviene un forma di servizio a se stessi e di autoglorificazione. Nei loro anni di preparazione, i candidati all’ordinazione sacerdotale devono comprendere la verità, ossia che questa oblazione è l’unica via verso una vita sacerdotale veramente soddisfacente, che è la condizione essenziale per un’esistenza di gioia duratura. Senza di essa, la vita sacerdotale può divenire amara e insoddisfacente e portare a comportamenti distruttivi. É un segno di speranza che nella parte del mondo in cui vivete attualmente ci sia un buon numero di vocazioni; è importante che questi candidati vengano formati a essere autentici servitori di Cristo e della Chiesa, che sanno come operare in armonia e in obbedienza al Vescovo e in stretta collaborazione con i religiosi e i fedeli laici.

6. Negli ultimi anni, i laici si sono assunti sempre più grandi responsabilità all’interno della comunità ecclesiale, non solo perchè i sacerdoti non sono sempre disponibili, ma anche perchè è l’opera dello Spirito Santo. Tuttavia, a volte, la responsabilità laicale è stata sottolineata in un modo che la pone in contrasto con il ministero sacerdotale. La verità è che la guida sacerdotale e la responsabilità laicale sono complementari: laddove la responsabilità laicale viene esercitata in maniera corretta il ministero sacerdotale emerge in tutta la sua ricchezza e viceversa. Le due vocazioni devono accuratamente essere distinte, ma non separate, cosicché possano operare insieme in quella profonda armonia che la natura della Chiesa, donata da Dio, presume. Le vocazioni sacerdotali fioriscono in situazioni nelle quali sacerdoti e laici cooperano in modi che li arricchiscono reciprocamente. In un’epoca di cambiamenti radicali, con tutta l’incertezza che ci comporta, è più importante che mai per la Chiesa preparare donne e uomini laici ad assumere ruoli guida nella società che promuovano il bene comune (cfr Christifideles laici CL 42-43). Le vostre Chiese particolari sono sempre più benedette dalla presenza di uomini e di donne che svolgono un ruolo attivo nella liturgia, nella catechesi e in altre forme di servizio cristiano. Ciò è motivo di grande soddisfazione, ma non è abbastanza. Il particolare contributo laicale all’opera del Vangelo deve riuscire a interessare quei vasti settori della vita e della cultura umane che superano i confini della comunità ecclesiale in una società sempre più secolarizzata. In particolare, a partire dal Concilio Vaticano II, il Magistero ha sottolineato con coerenza il carisma a secolare della vocazione laicale (cfr Lumen gentium LG 31 Evangelii nuntiandi EN 70 Christifideles laici EN 17). Ciò significa che il campo principale dell’opera di evangelizzazione dei laici è il mondo secolare della famiglia, del lavoro, della politica, della cultura, della vita professionale e intellettuale. L’efficacia con cui svolgeranno quest’opera determinerà l’efficacia della nuova fase di evangelizzazione del Pacifico. Formare i laici a questo compito richieder un’attenzione congiunta alla teologia della vocazione laicale e alla dottrina sociale della Chiesa, in particolare a quei valori e a quei principi che forgiano la comprensione cattolica della legge naturale e del bene comune. Tutti i cristiani dovrebbero possedere un senso inattaccabile del supremo valore della vita umana, della dignità inalienabile della persona umana e dell’importanza unica della famiglia quale cellula primaria della società. L’abbandono di questi punti di riferimento morale è il fulcro della secolarizzazione distruttiva. Poiché vengono abbandonati solo quando Dio viene escluso dal mondo e dal cuore umano, bisogna insegnare ai laici un modo di pregare che li apra sempre più al mistero della provvidenza amorevole di Dio in tutti gli aspetti della vita. É necessario un grande sforzo anche nel campo dell’educazione, con tutte le istituzioni educative delle vostre Chiese particolari che contribuiscono alla formazione cristiana dei giovani. Tale educazione, lungi dall’aggravare l’erosione di ciò che c’è di buono nelle tradizioni delle vostre società, promuoverà i valori che tali tradizioni incarnano e porterà a quella convergenza fra le tradizioni del Pacifico e la dottrina cattolica che l’inculturazione del Vangelo esige.

7. Le Chiese che presiedete nell’amore di Cristo fanno parte del mondo dell’Oceania, un nome che suggerisce che sia stata l’acqua, la grande distesa dell’Oceano Pacifico, a determinare la vostra storia e la vostra cultura. Tuttavia è un’acqua di diverso tipo quella del Battesimo, che rivela la vostra identità un livello più profondo. I cristiani del Pacifico sono stati sepolti con Cristo nel Battesimo e sono risorti con Lui a nuova vita (cfr Rm 6,4). Che lo Spirito Santo agisca di nuovo profondamente nel vostro cuore, cari Fratelli, e nel cuore del vostro popolo, cosicché, nel celebrare il Grande Giubileo dell’Anno 2000 e nell’entrare nel nuovo millennio, tutta la Chiesa nel Pacifico: «entrerà nell’oceano di luce della Trinità» (Lettera ai sacerdoti 1998, n. 7). Il rinnovamento spirituale che dovrebbe accompagnare il Giubileo fornire le energie necessarie all’evangelizzazione e al compito missionario che dovete affrontare, all’apostolato di catechesi e alla formazione cristiana, alla difesa della vita e della dignità umane, e all’applicazione della dottrina sociale cattolica alle questioni politiche, economiche e culturali. Che Maria, Stella del Mare e Stella dell’Evangelizzazione, vi conduca al porto sicuro dove «non vi sarà più notte, e non avranno più bisogno di luce di lampada né di luce di sole, perchè il Signore Dio li illuminerà e regneranno nei secoli dei secoli» (Ap 22,5). Nell’amore di Gesù Cristo che è «la via, la verità e la vita» (Jn 14,6), imparto di cuore a voi e ai sacerdoti, ai religiosi e ai laici delle vostre terre la mia Benedizione Apostolica.


GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO PROMOSSO


DALL’UNIONE GIURISTI CATTOLICI ITALIANI


5 dicembre 1998

Illustri Signori!


1. Sono lieto di rivolgere un cordiale benvenuto a ciascuno di voi, convenuti in occasione dell'annuale Convegno di studi dell'Unione Giuristi Cattolici Italiani. Saluto, in particolare, il vostro Presidente, il Professor Giuseppe Dalla Torre, e lo ringrazio per le cortesi espressioni che ha voluto indirizzarmi a vostro nome. Il mio pensiero va a tutti i soci del vostro Sodalizio che nel contesto accademico, come in quello forense, vogliono - secondo l'indicazione del Concilio (cfr Apostolicam actuositatem AA 7) - animare cristianamente l'ordine temporale, attraverso l'impegno professionale nella società e la ricerca negli istituti giuridici di quanto è idoneo a favorire il bene della persona e della comunità.

L'odierno incontro riveste un carattere del tutto speciale, poiché si inserisce nelle celebrazioni del cinquantesimo di fondazione dell'Unione dei Giuristi Cattolici Italiani: essa nacque, infatti, nel 1948, in seno al Movimento Laureati di Azione Cattolica e fu il frutto di quella grave crisi di coscienza che toccò una generazione di giuristi di fronte ai postulati ideologici dello Stato etico, che in Italia come in Europa segnarono l'esperienza del totalitarismo. Essi si rendevano conto di quanto i raffinati strumenti giuridici, che avevano contribuito ad elaborare, fossero serviti per condannabili usi politici e per il rafforzamento dei regimi totalitari. Erano loro ben presenti, altresì, le conclusioni tragiche e fallaci cui poteva giungere una concezione puramente positivistica del diritto, fino alle gravi devastazioni dei diritti umani costituite dai campi di sterminio e dallo stesso immane conflitto mondiale.


GP2 Discorsi 1998 247