GP2 Discorsi 1998 262

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Venerati Fratelli nell’Episcopato,

Care sorelle e cari fratelli!

1. Con l’albero di Natale, che avete portato a Roma dal vostro Paese, ci sentiamo tutti profondamente omaggiati. L’abete della Foresta Nera è un segno della vostra unione con il Successore di Pietro e al contempo un saluto espressivo della Chiesa di Freiburg im Breisgau a quanti a Natale si uniscono al centro del cristianesimo dalla città di Roma e da tutta la terra. Ringrazio tutti coloro che si sono resi benemeriti di questo dono. In particolare saluto il Vescovo Wolfgang Kirchgssner, che guida il vostro gruppo a nome dell’Arcivescovo Oskar Saier. La prego di trasmettergli i miei migliori auguri per una rapida guarigione. In rappresentanza di tutta la Delegazione vorrei nominare in particolare alcune personalità: il Presidente del consiglio regionale del Baden-Wrttemberg, il Presidente del circondario di Waldshut e il Borgomastro di Bad Sckingen. Sono lieto del fatto che gettate un ponte fra diversi Paesi d’Europa. Porgo un cordiale benvenuto ai rappresentanti delle vostre città gemelle.

2. Quando, nei giorni scorsi guardavo Piazza San Pietro dalla finestra del mio studio, l’albero ha suscitato in me riflessioni spirituali. Già nel mio Paese amavo gli alberi. Quando li si guarda, essi cominciano a parlare. Un poeta, che nacque non lontano dal vostro Paese e visse sul Lago di Costanza, vide negli alberi predicatori incisivi: «Non impartiscono insegnamenti o ricette, annunciano la legge fondamentale della vita». Con la fioritura della primavera, la maturità dell’estate, i frutti dell’autunno e la morte dell’inverno, l’albero racconta il mistero della vita. Per questo motivo, fin dai tempi antichi, gli uomini sono ricorsi all’immagine dell’albero per confrontarsi con le questioni fondamentali della propria vita.

3. Purtroppo nella nostra epoca, l’albero è anche uno specchio eloquente di come l’uomo talvolta tratta l’ambiente, la creazione di Dio. Gli alberi morenti sono taciti ammonitori del fatto che esistono persone che evidentemente non considerano un dono né la vita né il creato, ma guardano soltanto alla loro utilità. A poco a poco diviene chiaro che laddove gli alberi si seccano, alla fine anche l’uomo va in rovina.

4. Come gli alberi, così anche gli uomini hanno bisogno di radici profonde. Poiché solo chi è radicato profondamente in un terreno fertile, può rimanere saldo. Può espandersi in superficie, per prendere la luce del sole e al contempo resistere al vento, che lo scuote. Tuttavia, l’esistenza di chi crede di poter rinunciare a questa base rimane costantemente sospesa come le radici senza terra nell’aria. La Sacra Scrittura cita il fondamento nel quale dobbiamo radicare la nostra vita per poter restare saldi. L’Apostolo Paolo ci offre il buon consiglio: rimanete ben radicati e fondati in Gesù Cristo, saldi nella fede come vi è stato insegnato (cfr
Col 2,7).

5. L’albero in Piazza San Pietro orienta il mio pensiero anche in un’altra direzione: lo avete posto vicino alla mangiatoia e lo avete addobbato. Non si deve allora pensare al Paradiso, all’albero della vita e anche all’albero della conoscenza del bene e del male? Con la nascita del figlio di Dio è iniziata la nuova creazione. Il primo Adamo volle essere come Dio e mangiò dall’albero della conoscenza. Gesù Cristo, il nuovo Adamo, era come Dio; ciononostante non volle essere come Dio, ma spogli se stesso, assumendo la condizione di un servo e divenendo simile agli uomini (cfr ss.): dalla nascita fino alla morte, dalla mangiatoia fino alla Croce. Dall’albero del Paradiso giunse la morte, dall’albero della Croce scaturì la vita. L’albero dunque sta vicino alla mangiatoia e indica proprio la Croce, l’albero della vita.

6. Signor Vescovo, care sorelle e cari fratelli! Ancora una volta vi esprimo la mia profonda gratitudine per il vostro dono natalizio. Accettate in cambio il messaggio dell’albero così come lo ha riassunto il salmista: «Si compiace della legge del Signore, la sua legge medita giorno e notte. Sarà come l’albero piantato lungo corsi d’acqua. che darà frutto a suo tempo e le sue foglie non cadranno mai, riusciranno tutte le sue opere» ( ss.). Con questo pensiero, auguro a voi e ai vostri congiunti e amici un Natale benedetto e gioioso. Che con l’aiuto di Dio tutto ciò cui darete avvio all’inizio del nuovo anno abbia buon esito! Il patrono del vostro Paese, san Fridolin, sia il vostro potente intercessore. Vi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.


GIOVANNI PAOLO II


AL PATRIARCA DI ANTIOCHIA DEI SIRI


SUA BEATITUDINE IGNACE MOUSSA I DAOUD


Sabato, 19 dicembre 1998


. Beatitudine,

1. È con immensa gioia che il Vescovo di Roma la riceve per la prima volta, dopo la sua elezione e la sua intronizzazione come Patriarca di Antiochia dei Siri. Con il santo bacio di pace che ci scambiamo oggi, Roma, la città che i santi Apostoli Pietro e Paolo hanno glorificato con il loro martirio, apre le braccia per accogliere lei e la Chiesa che presiede, e per riconoscere il posto d'onore particolare che le corrisponde nell'adesione comune all'eredità apostolica. È ad Antiochia che, per la prima volta, i discepoli del Signore furono chiamati cristiani. È da Antiochia che il Beato Pietro venne a Roma. Attraverso la sua persona, venero il tesoro della fede che appartiene alla sua sede gloriosa. La ringrazio, Beatitudine, per questo gesto di comunione e di affetto che ha voluto fosse una priorità del suo nuovo ministero di Patriarca.

263 2. Ho voluto che la piena comunione fosse espressa non più attraverso l'imposizione del pallio, ma in un modo più atto a far riconoscere la dignità della carica patriarcale. In effetti, l'Eucaristia è per sua natura il simbolo che esprime meglio la piena comunione, della quale è al contempo la fonte inesauribile. Per questo, nel sacrificio eucaristico solenne celebrato mercoledì scorso nella Basilica di Santa Maria Maggiore, Sua Beatitudine ha offerto il santo Corpo e il Sangue vivificante del Signore al Cardinale Achille Silvestrini, che ho nominato Legato per questa circostanza, e quest'ultimo ha presentato i Santi Doni a Sua Beatitudine. Questo gesto, che resterà impresso nella memoria dei fedeli, si ripeterà in occasione della prima visita dei nuovi Patriarchi delle Chiese orientali in piena comunione con la Sede di Roma.

3. La sollecitudine del Successore di Pietro per la sua Chiesa, al di là di un impegno di sostegno concreto, si esprime in un'invocazione di preghiera, affinché possa risplendere mediante la sua testimonianza evangelica, nelle difficili circostanze di vita che molti suoi figli sperimentano. Oggi auspico nuovamente che essa coltivi la liturgia che l'unisce strettamente alle origini stesse del cristianesimo, che cerchi nei Padri e nei Dottori un nutrimento solido per la sua fede e che trovi, nel coraggio dei martiri e nell'ascesi dei monaci, un impulso a dedicarsi a ciò che solo è necessario. Lei condivide questo patrimonio con la Chiesa cattolica siro-malankarese, che si adopera attivamente per l'evangelizzazione in India. Alcuni elementi di questo patrimonio sono propri anche della Chiesa maronita. Con la Chiesa siro-ortodossa, il vincolo della tradizione comune è particolarmente stretto. Sono molto lieto di apprendere che il cammino ecumenico prosegue e che esistono prospettive concrete di collaborazione, a cominciare dall'ambito liturgico.

4. Auspico che l'impegno futuro della sua Chiesa si realizzi nel pieno rispetto della sua tradizione, così come nella ricerca di una comprensione e di una partecipazione sempre più grande da parte dei credenti di oggi. A tutti i Vescovi, ai sacerdoti, ai diaconi, alle persone consacrate, a tutti i fedeli, in particolare a quanti soffrono nel corpo e nello spirito, a tutti coloro che sono provati in questi giorni di sventura, imparto di tutto cuore la Benedizione Apostolica, pregando Sua Beatitudine di trasmetterla loro, quando li incontrerà, e di assicurarli dell'affetto del Papa. Beatitudine, le do un nuovo bacio di pace e le auguro di essere un'icona di Cristo, Capo e Pastore, per la Chiesa che le è stata affidata




GIOVANNI PAOLO II


ALLA CURIA ROMANA


PER LA PRESENTAZIONE DEGLI AUGURI NATALIZI


22 Dicembre 1998

1. "Quam dilecta tabernacula tua, Domine virtutum! Concupiscit et deficit anima mea in atria Domini" (Ps 84 [83], 2-3).


Questi versetti del Salmo, che recitiamo nella preparazione alla Santa Messa, ben possono introdurci nell’atmosfera del Natale del Signore. Essi richiamano la trepida ricerca da parte di Maria e Giuseppe, nella Notte Santa, di un tabernaculum, di una dimora adeguata per la nascita di Gesù. Una ricerca infruttuosa, "perché non c’era posto per loro nell’albergo" (Lc 2,7). Il Figlio di Maria verrà alla luce in una stalla, mentre anch'egli avrebbe dovuto avere, come è diritto di ogni bambino, una propria casa ed un tetto accogliente.

Quanti sentimenti evoca questa considerazione! Il Natale richiama alla mente il focolare domestico, fa pensare al clima familiare all'interno del quale il bambino è accolto come dono e come fonte di grande gioia. La tradizione vuole che il Natale sia vissuto in famiglia, insieme alle persone care. E' usanza a Natale scambiarsi gli auguri, ringraziare e chiedersi reciprocamente perdono in un'atmosfera di autentica spiritualità cristiana.

2. Vorrei che questa atmosfera segnasse anche l’odierno incontro con voi, Signori Cardinali, Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, carissimi consacrati, consacrate e laici, impegnati nella Curia Romana. Ringrazio il caro Cardinale Bernardin Gantin per l'affettuoso indirizzo che mi ha rivolto, interpretando i sentimenti di voi tutti, chiamati a partecipare in modo singolare al mistero di quella casa e di quella famiglia che è la Chiesa. Il Concilio Ecumenico Vaticano II, non senza ragione, ha paragonato la Chiesa ad una casa e ad una famiglia. L'ha definita casa di Dio, di cui noi siamo le "pietre vive" e nella quale abitiamo (cfr Lumen gentium LG 6,18), l'ha chiamata famiglia di Dio (cfr ibid., nn. 6,28,32,51), di cui facciamo parte. Di questo "luogo ospitale", la Curia Romana costituisce un’espressione privilegiata. Qui, infatti, passano i Vescovi di tutto il mondo per la visita ad limina e per altri incontri ordinari o straordinari, com’è avvenuto ultimamente per l’Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per l’Oceania e, precedentemente, per gli altri Sinodi continentali. Sì, la Sede Apostolica vuole essere la casa di tutta la Chiesa, nella quale si attende con particolare intensità la nascita del Figlio di Dio.

3. "Ecce quam bonum et quam iucundum habitare fratres in unum!" (Ps 133 [132],1).

L'imminente evento giubilare deve trovare in tutta la Chiesa, ed in maniera speciale nella Curia Romana, un clima di attesa e di fervore spirituale. La terza ed ultima tappa di preparazione immediata, nel 1999, ci invita a penetrare con lo sguardo nel mistero di Dio Padre, che "ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Jn 3,16). Negli anni trascorsi - grazie al generoso impegno del Comitato Centrale, dei Dicasteri della Curia Romana, dei Comitati nazionali e delle Comunità diocesane - la celebrazione del Giubileo e la sua dimensione spirituale sono venute sempre più definendosi e caratterizzandosi.

Questo lavoro ha avuto il suo momento culminante nella pubblicazione della Bolla "Incarnationis Mysterium", con la quale ho indetto ufficialmente l'Anno Santo. Nello sfondo, poi, hanno avuto la loro rilevanza alcuni momenti di riflessione come i Simposi sulla Shoah e sull’Inquisizione, durante i quali è stato possibile riflettere su alcuni fatti dolorosi del passato, al fine di offrire una testimonianza ecclesiale sempre più libera e coerente. Altre iniziative sono poi fiorite in tutte le Comunità ecclesiali del mondo. Nella Diocesi di Roma, ad esempio, la Missione cittadina, che si svolge sotto la guida del Cardinale Vicario e dei Vescovi ausiliari, va producendo numerosi e significativi frutti apostolici e missionari. Si tratta di un fervore spirituale, che auspico cresca sempre più, perché la Chiesa possa offrire al mondo una corale testimonianza evangelica, proclamando Cristo ieri, oggi, sempre (cfr He 13,8) unico Salvatore del mondo.

264 4. "Confitemini Domino, quoniam bonus, quoniam in saeculum misericordia eius" (Ps 118 [117],1).

Nel mese di ottobre, il Signore mi ha concesso la grazia di celebrare i venti anni dalla mia elezione a Vescovo di Roma ed a Pastore della Chiesa Universale. Gli rendo grazie ancora una volta per i doni con i quali ha colmato la mia persona. In questa ricorrenza giubilare mi sono sentito circondato dall’affetto dell’intera Chiesa cattolica, che mi è stata molto vicina con la preghiera e con innumerevoli gesti di devota partecipazione. Accanto a quelli della Comunità ecclesiale, mi sono giunti graditi gli auguri di rappresentanti delle altre Confessioni religiose, di Capi di Stato, di personalità della cultura e dell’economia, come pure voti di singole persone, tra le quali tanti bambini ed anziani, ammalati e sofferenti, giovani e famiglie. Desidero esprimere a tutti la mia viva riconoscenza, mentre, ripensando alla domanda rivolta da Gesù a Pietro: "Simone di Giovanni, mi vuoi bene?" (Jn 21,16), chiedo a tutti di continuare a pregare perché possa servire ogni giorno con amore rinnovato il Signore ed i fratelli che egli mi ha affidato.

5. "Omnium me servum feci, ut plures lucrifacerem" (1Co 9,19).

La sollecitudine per la Chiesa universale mi ha condotto anche quest’anno a compiere alcuni Viaggi Apostolici, come il Signor Cardinale Decano ha sottolineato. Essi sono stati momenti di grande emozione e gioia spirituale. Come non ricordare innanzitutto quello, vivamente atteso, nell’Isola di Cuba, dove la presenza del Successore di Pietro ha suscitato tanto entusiasmo ed ha stimolato un promettente slancio di rinnovamento spirituale? O il pellegrinaggio apostolico in Nigeria, dove ho avuto la gioia di proclamare Beato il padre Cyprian Michael Iwene Tansi, proponendolo come modello di evangelizzazione e di riconciliazione proprio nella terra che gli diede i natali, e che lo vide instancabile predicatore della Buona Novella ed operatore di pace?

Nello scorso giugno ho potuto recarmi nuovamente in Austria per proclamare Beati tre figli di quella Nazione, mentre nell’ultima parte dell’anno sono andato ancora una volta in Croazia, dove ho avuto la gioia di proporre alla venerazione dei fedeli il Beato Aloizije Stepinac, eroico Cardinale Arcivescovo di Zagabria, che ha arricchito con l'offerta della sua vita la gloriosa schiera dei martiri di quella Terra. Egli, davanti al continuo susseguirsi di vessazioni da parte del regime comunista, seppe con coraggio fare di sé un invitto dono a Cristo ed ai fratelli, sacrificandosi per l’unità della Chiesa.

Nel ringraziare la divina Provvidenza per i pellegrinaggi che ho potuto compiere lungo il 1998, affido al Signore quelli che, con il suo aiuto, potrò realizzare nel prossimo anno, incominciando dal Viaggio pastorale in Messico dove, a Dio piacendo, consegnerò l’Esortazione apostolica in cui ho raccolto i risultati dell’Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per l’America.

6. "Vae enim mihi est, si non evangelizavero!" (1Co 9,16).

E' la consapevolezza di dover sempre evangelizzare che guida costantemente la Chiesa, chiamata a proclamare in ogni tempo Cristo, verità dell’uomo. Per rispondere a tale esigenza, ho voluto pubblicare alcuni importanti documenti, primo fra tutti la Lettera enciclica "Fides et ratio", con la quale ho inteso esprimere fiducia negli sforzi del pensiero umano, invitando i contemporanei a riscoprire il ruolo della ragione e a riconoscere nella fede un'alleata preziosa nel loro cammino verso la verità.

Testimoni della verità evangelica sono, altresì, i beati ed i santi che mi è stato dato di innalzare agli onori degli altari. Vorrei, fra tutti, ricordare suor Benedetta della Croce, Edith Stein, donna ebrea, filosofa, monaca, martire. In un secolo travagliato come quello nel quale ci è stato dato di vivere, essa si erge davanti a noi per invitarci ad imboccare la porta stretta del discernimento e dell'accettazione della Croce, non separando mai l’amore dalla verità per non esporci al rischio della menzogna distruttiva.

Altra preziosa testimonianza alla Verità è stata offerta da quanti - Vescovi, sacerdoti, consacrati, consacrate e laici - nel corso dell'anno in vari Paesi dell'Africa, Asia ed America hanno sofferto ed a volte hanno pagato anche con l’effusione del sangue la loro fedeltà a Cristo ed alla Chiesa. Auspico che il loro sacrificio incoraggi i credenti e contribuisca a costruire nel mondo un clima di autentica libertà e di pace.

7. "Filius hominis non venit ut ministraretur ei..." (Mc 10,45).

265 Consapevole della sua missione, la Chiesa si rende partecipe delle gioie e delle speranze dell’umanità, per continuare la stessa opera di Cristo "il quale è venuto nel mondo a rendere testimonianza alla verità, a salvare e non a condannare, a servire e non ad essere servito" (Gaudium et spes GS 3). Quest'anelito apostolico e missionario la spinge a farsi partecipe in ogni angolo del mondo dei problemi e dei drammi dell’umanità. Alla presenza rispettosa e concreta della Chiesa tra i popoli, ha contribuito quest’anno la firma di accordi tra la Santa Sede ed alcuni Stati.

Il mio pensiero riconoscente va specialmente a quanti si sforzano di rendere tangibile la tenerezza di Dio per ogni uomo con un servizio fedele, spesso nascosto ed umile. Questa ammirevole dedizione si è fatta più generosa e tempestiva in occasione di dolorose calamità naturali che hanno colpito diverse zone del globo. Basti ricordare la devastante azione dell'uragano Mitch, a cui ha fatto cenno il Cardinale Decano. Nelle varie circostanze sono state scritte pagine stupende di solidarietà umana e cristiana.

8. "Ut omnes unum sint... ut credat mundus" (Jn 17,21).

Il clima di famiglia evocato dalle Feste natalizie, l’approssimarsi dell’inizio del terzo millennio cristiano e l’urgenza della nuova evangelizzazione, rendono sempre più pressante l’invito di Cristo all’unità di quanti gli appartengono in virtù dell’unico Battesimo.

Numerosi incontri ed iniziative ecumeniche hanno contribuito, nel corso di quest'anno, a rafforzare questo clima di attenzione, di dialogo e di serena ricerca dell’unità tra le Chiese cristiane, necessaria premessa per realizzare un positivo e fruttuoso ecumenismo.

Con animo grato a Dio ricordo gli incontri con i Capi delle Confessioni cristiane in occasione dei Viaggi Apostolici e la partecipazione degli Osservatori della Santa Sede all’VIII Assemblea del Consiglio Ecumenico delle Chiese.

Nel rilevare con gioia la serena collaborazione che si va instaurando tra i credenti in Cristo, auspico che si possa vivere una nuova stagione ecumenica sotto la spinta del Grande Giubileo.

9. Signori Cardinali, venerati Fratelli nell’Episcopato e nel sacerdozio, consacrati e consacrate, cari collaboratori laici, questa rapida rassegna degli aspetti più rilevanti dell’azione della Santa Sede nell’anno che volge al termine - come è di tradizione nel corso di questo annuale appuntamento - mette in luce il servizio quotidiano che ciascuno di voi svolge perché il lieto annuncio dell’Incarnazione del Verbo giunga ad ogni uomo ed in ogni angolo della terra.

La vostra presenza accanto al Vescovo di Roma, Gli permette di esercitare concretamente la missione di essere la "pietra" sulla quale si edifica la Chiesa di Cristo (cfr Mt 18,18) e di confermare, sostenere e guidare nella fede i fratelli (cfr Lc 22,31). Desidero ringraziarvi singolarmente per la generosità, la competenza e la discrezione con cui servite la Sede Apostolica. Auguro a ciascuno di essere sempre più consapevole ed intimamente lieto del servizio che rende alla Chiesa ed al Vangelo e di scorgere nella quotidiana fatica l’amore di Cristo che, anche grazie a voi, reca il lieto messaggio della salvezza ai poveri, ai prigionieri, ai ciechi, agli oppressi ed a quanti sono in cerca di verità e di pace (cfr Lc 4,28).

Il Santo Natale trovi tutti noi, come Maria, colmi di stupore di fronte a Colui che "pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini" (Ph 2,6-7). Il mistero della Natività susciti in ciascuno i sentimenti di umiltà e di amore presenti nel cuore di Cristo e renda tutti degni figli dell’unico Padre.

Con tali auspici, imploro su ciascuno il dono natalizio della gioia e, mentre formulo ferventi voti augurali anche per il Nuovo Anno, imparto di cuore a voi ed alle persone a voi care una speciale Benedizione.

Buon Natale!


GIOVANNI PAOLO II


AI RAGAZZI DELL’AZIONE CATTOLICA ITALIANA


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22 dicembre 1998




1. Vi accolgo con gioia, carissimi Ragazzi e Ragazze dell'Azione Cattolica!

Voi siete venuti da varie diocesi d'Italia per recare al Papa gli auguri dell'Azione Cattolica. Vi ringrazio di cuore per la vostra presenza e per il vostro entusiasmo. So che amate molto l'Azione Cattolica, che vi insegna ad essere nella Chiesa apostoli generosi e fedeli di Cristo. Insieme a voi saluto i vostri Educatori ed i Responsabili e gli Assistenti di tutta l'Associazione, che ha appena vissuto la sua decima Assemblea.

2. Mi piace il tema del vostro cammino di quest'anno: "Ho tempo per te". Esso fa pensare anzitutto a Dio: sì, Dio ha tempo per noi, e ci ha tanto amato da mandare il suo Figlio nel mondo. Leggendo il Vangelo, impariamo come deve essere usato il nostro tempo: noi dobbiamo seguire l'esempio di Gesù, che visse tutto dedito al Padre celeste ed ai fratelli. Ricordate quello che egli fece quando aveva più o meno la vostra età? Rimase nel tempio di Gerusalemme, e spiegò a sua madre, la Madonna, e a san Giuseppe che la sua missione era di dedicare la vita alle cose del Padre suo (cfr
Lc 2,49). Questa fu, in effetti, la sua missione: spendere tutta l'esistenza per ogni uomo e per ogni donna, fino a morire sulla croce.

Con il Battesimo e con la Cresima, ogni credente è chiamato a seguire le tracce del divino Maestro. Questo significa fare un cammino di crescita. Ecco perché esiste l'Azione Cattolica: per aiutarvi a fare questo cammino insieme, nell'associazione, nella parrocchia, nella Chiesa. In questo modo, si impara a spendere tempo ed energie per gli altri, siano essi vicini o lontani, come i ragazzi che probabilmente non incontrerete mai, ma che sentite come vostri fratelli, perché figli dell'unico Padre, che è nei cieli.

3. Siate sempre fedeli a Gesù, che vi vuole suoi discepoli. Vi auguro un santo e sereno Natale, come pure un Nuovo Anno ricco di frutti di bene. Iddio colmi del suo amore ciascuno di voi e tutti i ragazzi dell'Azione Cattolica! Io vi sono sempre vicino con la preghiera ed ora con grande affetto vi benedico. Buon Natale!



SALUTO DI GIOVANNI PAOLO II


AL CONGRESSO INTERNAZIONALE DI SEMINARISTI


PROMOSSO DAL MOVIMENTO DEI FOCOLARI


30 dicembre 1998




Carissimi Seminaristi!

1. Vi incontro molto volentieri in occasione dell’annuale vostro Congresso, promosso dal Movimento dei Focolari. Saluto Chiara. Vi saluto con grande affetto e mi compiaccio con gli Organizzatori di questa bella iniziativa, con la quale si intende offrire a giovani incamminati sulla via del Sacerdozio nelle varie parti del mondo l’opportunità di conoscersi, incontrarsi, scambiarsi esperienze e guardare insieme alle numerose e inedite sfide del mondo attuale.

Il clima di gioia e di festa, tipico delle feste natalizie, favorisce ulteriormente l’instaurarsi di più fraterni e cordiali rapporti fra voi: vi sentite parte di una famiglia che celebra nella gioia la nascita del Redentore, meditando sul suo messaggio di amore che va annunciato e testimoniato a tutti gli uomini. Proprio per questo, vostro obiettivo è fissare lo sguardo su Gesù, il nostro unico Salvatore.

2. Come ricorda il tema scelto per il Convegno: “Gesù Crocifisso e abbandonato ponte fra cielo e terra”, voi intendete soffermarvi a contemplare la persona e la missione salvifica di Cristo. In realtà, egli è al centro di ogni cammino vocazionale, e questo vale specialmente per coloro che si preparano al sacerdozio ministeriale. Non è forse il fascino della persona di Cristo, l’intensità delle sue parole e la forza trascinante dei suoi gesti profetici ad attirare ancora oggi tanti giovani sulla strada della vita evangelica e del servizio umile e generoso al Regno di Dio ed al bene delle persone?

267 Carissimi, approfondite con la preghiera e con l’aiuto dei vostri formatori la conoscenza di Cristo. Nel momento supremo della morte, Gesù Crocifisso e abbandonato si rivela come il vero ponte che congiunge il cielo e la terra: attraverso la sua totale offerta di amore egli manifesta a tutti gli uomini il volto misericordioso del Padre celeste. Il Sacerdote è chiamato ad essere, come Gesù, ministro della misericordia di Dio, rendendo viva ed attiva la mediazione salvifica di Lui, ponte supremo che raccorda Dio all’umanità.

Maria, Madre dell’Unità, che sotto la Croce ha accolto il Discepolo prediletto affidatole da Gesù, vi aiuti ad essere sempre più conformi all’immagine del suo divin Figlio. A Lei affido tutti i vostri desideri, progetti ed impegni. Vi accompagni e protegga con la sua materna intercessione e renda sempre ricco di frutti spirituali il vostro cammino. Vi sostenga anche la Benedizione, che con affetto imparto a voi qui presenti, alle vostre famiglie ed alle vostre Comunità formative.

Al termine del discorso il Papa ha aggiunto:

Seminaristi e Focolarini, una bella combinazione. A Castel Gandolfo è ancora meglio. Siamo nel periodo natalizio. Oggi è il 30 dicembre, domani è l’ultimo giorno dell’anno. Vi auguro buon anno. Brasiliani, polacchi, spagnoli, italiani e altri ancora. Siete una multinazionale. Sia lodato Gesù Cristo.



MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


ALL'ARCIVESCOVO DI SANTIAGO DE COMPOSTELA


PER L'INIZIO DELL'ANNO SANTO IACOBEO


A Mons. Julián Barrio Barrio

Arcivescovo di Santiago de Compostela

1. Nel celebrare il rito di apertura della Porta Santa, che indica l'inizio dell'Anno Santo Iacobeo, mi unisco spiritualmente ai Pastori e ai fedeli di questa Arcidiocesi di Santiago de Compostela, così come ai pellegrini provenienti da diversi luoghi della Galizia e da tutto il mondo cristiano che si recano al Portico della Gloria con la speranza di varcare l'architrave della grazia. Vogliono così dare compimento al loro anelito di riconciliazione, d'incontrare il Signore e di rafforzare la propria fede, sull'esempio e per intercessione dell'Apostolo Giacomo, testimone e martire del Vangelo. Il Giubileo che ora s'inaugura e che ha come motto «L'Anno Giubilare Compostelano, portico dell'Anno Santo del 2000», acquista un significato particolare poiché si celebra alla fine di un secolo e agli albori del terzo millennio in cui la Chiesa e l'umanità attendono nuove sfide e nuovi interventi divini nelle vicissitudini umane (cfr Tertio Millennio adveniente TMA 17).

2. Nel corso dei secoli i diversi itinerari del «cammino di Santiago » si sono popolati di pellegrini che camminavano verso l'allora chiamato «finis terrae» per ottenere la tanto anelata «perdonanza» e al contempo per accogliere di nuovo nel loro cuore la luce del Vangelo trasmesso dagli Apostoli. Come Abramo, lasciavano la propria casa per andare alla ricerca della terra che il Signore doveva indicare loro (cfr Gn 12,1), abbandonavano l'ingannevole sicurezza del loro piccolo mondo per mettersi nelle mani del dono di Dio. Alla fine del percorso trovavano la luce di Cristo, che è l'autentica speranza per l'umanit à e la vera patria di ogni essere umano. Percorso con questo spirito, il cammino di Santiago diviene un autentico processo di conversione e un progressivo spogliarsi dell'uomo vecchio per rivestirsi dell'uomo nuovo, «creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera» (Ep 4,24).

3. Tenendo presente l'indelebile ricordo delle mie passate visite a Santiago, penso in questo momento agli uomini e alle donne, giovani e adulti, che dalla Galizia e dal resto della Spagna, dall'Europa e da oltremare, si metteranno in cammino verso Compostela. Seguiranno un cammino secolare costellato di magnifiche opere d'arte e di cultura dove tante generazioni hanno lasciato scolpita la testimonianza della loro solida fede. Incontreranno altre genti e avranno l'opportunit à di apprezzare le diverse usanze e culture nelle quali l'essere umano può esprimere il meglio di sé, aprendosi così a una visione più universale e a una migliore comprensione dei diversi popoli. I gesti di cordialità e di accoglienza fraterna faranno sì che le parole di Gesù, «l'avete fatto a me» (Mt 25,40), acquistino un rilievo particolare. La meditazione e la preghiera compassata aiuteranno il pellegrino a guardare dentro di sé per trovare la verità più profonda del suo essere, compiendo così un cammino interiore che prepara il suo cuore a ricevere le grazie giubilari e ad abbracciare il Santo - gesto tradizionale che simboleggia l'accoglienza gioiosa della fede in Cristo -, che è il più grande degli Apostoli e che predicò senza mai scoraggiarsi fino a dare la propria vita per essa (cfr Ac 4,33 Ac 12,1).

4. Questo Anno Giubilare offre al nobile popolo spagnolo, che ha gettato profonde radici cristiane sotto la protezione dell'Apostolo Giacomo, alle Chiese particolari e in modo speciale a questa amata Arcidiocesi compostelana, un'occasione propizia per dare impulso con rinnovato vigore al loro impegno con i valori del Vangelo, proponendoli in modo persuasivo alle nuove generazioni e permeando con essi la vita personale, familiare e sociale.

È questo l'obiettivo delle diverse attività pastorali programmate per il Giubileo, fra le quali occorre sottolineare l'Incontro Europeo dei Giovani e il Congresso Eucaristico Nazionale. Sono eventi che manifestano la vitalità della fede e lo spirito evangelizzatore caratteristici di qualsiasi comunità fondata sulla predicazione apostolica. Il Giubileo Compostelano, mentre imparte il pane della «perdonanza» e della grazia, si trasforma così in fuoco luminoso di vita cristiana e in riserva di energia per le nuove vie di evangelizzazione (cfr Discorso nella Piazza dell'Obradoiro, 19 agosto 1989, n. 2).

268 5. Prego l'Onnipotente per tutti coloro che si recheranno a Santiago, proprio in questo anno che la Chiesa universale, preparandosi al Grande Giubileo del 2000, dedica a Dio, nostro «Padre celeste». Gli chiedo di far sentire loro l'immenso amore che Egli nutre per tutti gli uomini e di infondere loro il coraggio necessario per tornare alla casa paterna al fine di ricevere l'abbraccio paterno di accoglienza e di perdono. L'esperienza dell'ineffabile misericordia divina li trasformer à in testimoni infaticabili, che sapranno rendere presente la bontà di Dio e rifletterla in opzioni concrete di amore e di solidarietà con i fratelli (cfr Tertio Millennio adveniente TMA 50-51).

Affido i frutti di questo Anno Iacobeo alla Nostra Madre del Cielo, che accompagnerà i pellegrini nel loro itinerario penitenziale e li accoglier à sorridente al loro arrivo al Portico della Gloria. Che, con il suo aiuto e grazie alla potente intercessione dell'Apostolo Giacomo, gli amati figli della Galizia e del resto della Spagna, e quanti provengono da altre terre, progrediscano materialmente e spiritualmente, in un clima di solidarietà verso i più bisognosi e di pace con tutti! Con tali auspici, e in segno di benevolenza, imparto loro di cuore la Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 29 novembre 1998, prima domenica d'Avvento.


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