Diario


San Paolo della Croce

Il Diario spirituale


DEO GRATIAS ET MARIAE SEMPER VIRGINI - 1720


DiSpi 23 novembre 1720

1
23 novembre, sabato, che fu il primo giorno del mio ritiro in S. Carlo, feci indegnamente la s. Comunione, non fui né raccolto particolarmente, né distratto. Il resto del giorno fui afflitto interiormente con particolar modo di malinconia, la quale non è come quella che si trova nei travagli del mondo, ma è una certa passione interiore, che è nello spirito e nel cuore, mista con segrete tentazioni, le quali appena si conoscono e affliggono per quanto grandemente l'anima, che uno non sa, per così dire, se sia di qua o di là, tanto più che non v'è in quel tempo alcun segno sensibile d'orazione, so bene che Dio mi fa intendere che purificano l'anima; io so che per misericordia del nostro caro Dio, non desidero saper altro, né gustar alcuna consolazione, solo che desidero d'esser crocifisso con Gesù.

DiSpi 24 novembre 1720

2
24 domenica, feci indegnamente la s. orazione, non fui con particolar elevazione, ma me ne stetti con la solita pace inte riore, cioè a dire con la pura avvertenza amorosa di Dio in generale infusa nello spirito; feci poi indegnamente la ss. Co munione e me ne stetti per qualche tempo raccolto, e poi finì così.


DiSpi 25 novembre 1720

3
25 detto, lunedì, fui nell'orazione insensibile e anche distratto; nella s. Comunione nel principio fui raccolto e poi cessò. Il più fervore che sentissi, e anche con qualche lacrima, fu di notte pregando il Signore per la s. Chiesa, per i peccatori, e perché si plachi quest'imminente flagello che merito per i miei peccati, e altre preghiere che qui non scrivo; il resto del giorno fui pieno d'afflizione, malinconia, e anche tentato di compassione verso la casa; mi rendeva fastidio il vedere la gente, il sentirla passeggiare, il suono, le campane, in somma mi pareva che avessi il cuor sepolto senza alcun sentimento di orazione, e pure mi sovvenne di desiderarne il sollievo, e mentalmente son contento di averle, ma questa contentezza non si sente, perché in questo tempo v'è del travaglio, e particolarmente, è una certa contentezza che sia fatta la volontà ss. del nostro caro Dio, e questa sta sepolta come sotto le ceneri, nel più segreto dello spirito; so che è difficile spiegarmi, perché chi non prova è difficile intendere.


DiSpi 26 novembre 1720

4
26 martedì, feci indegnamente l'orazione di notte, e fui secco fuori che nel principio, che fui con qualche soavità interio re molto sottile e delicata. Feci poi la ss. Comunione e fui particolarmente elevato in Dio con un'altissima soavità e un certo caldo al cuore, che teneva anche lo stomaco, che sentivo essere soprannaturale, il quale mi faceva star in gran con solazione. So che feci anche dei colloqui sopra la dolorosissima Passione del mio caro Gesù; quando gli parlo dei suoi tormenti (verbi gratia) gli dico: Ah mio Bene, quando foste flagellato come stava il vostro ss. Cuore? Caro mio Sposo, quanto v'affliggeva la vista dei miei gran peccati e delle mie ingratitudini, ah mio amore, perché non muoio per voi! per ché non vengo tutto spasimi! E poi sento che alle volte lo spirito non può più parlare, e se ne sta così in Dio con i suoi tormenti infusi nell'anima, e alle volte pare che si disfaccia il cuore. Il resto del giorno e massime alla sera fui particolar mente afflitto e malinconico, in quella maniera sopra detta, ma questa malinconia non leva la pace del cuore; si sente grand'afflizione che non sovviene più né consolazioni spirituali, né altro, e pare che non se n'habbia mai avuto; so che dico al mio Gesù che le sue croci sono le gioie del mio cuore.


DiSpi 27 novembre 1720

5
27 detto, mercoledì, fui in orazione di notte, nel principio fui molto raccolto e durò qualche poco, poi provai qualche inquietudine di pensieri e qualche tentazione che durò poco. La ss. Comunione fu con altissima soavità ed elevazione in Dio mista con lacrime; poi m'è venuto in memoria d'aver sentito dire che non soffrirò questa nudità in quest'istante fu tanto il giubilo e desiderio di patimenti, che il freddo, la neve e il gelo mi parevano soavità, e li desideravo con gran fervore dicendo al mio caro Gesù: Le tue pene, caro Dio sono i pegni del tuo amore, e poi restavo così, godendo del mio diletto Gesù in altissima soavità e pace, senza moti delle poten ze, ma così in silenzio. Non mi cessa il fervore nel pregare per i sopradetti bisogni. So di aver avuto anche impulso parti colare d'andare a Roma per questa gran meraviglia di Dio (la Congregazione). Dicevo anche al mio sommo Bene, se vuo le che scriva la regola per i Poveri di Gesù, e me ne son sentito gran mozione con grande soavità. Mi rallegravo che il nostro grand'Iddio si voglia servire di questo gran peccatore, e dall'altra parte non sapevo dove gettarmi vedendomi tanto vile, (basta), so che dico al mio caro Gesù, che tutte le creature canteranno le sue misericordie.


DiSpi 28 novembre 1720

6
28 giovedì, nell'orazione fui arido e qualche poco distratto, nella ss. Comunione fui raccolto; dopo ciò, e nel ringrazia mento e preghiera, fui con molta tenerezza di lacrime, massime pregando il sommo Bene per l'esito felice della ss. ispira zione, che per sua infinita bontà m'ha dato e continuamente mi dà; mi ricordo che pregavo la Beatissima Vergine con tutti gli angeli e santi, e massime i santi fondatori, e in un subito mi è parso in spirito di vederli prostrati avanti l'altissima maestà di Dio pregare per questo; ciò mi successe in un attimo, come un lampo, in soavità mista con lacrime; il modo che li vidi non fu con forma corporea, fu così in spirito, con intelligenza dell'anima, la quale non so spiegare, e quasi subito sparì.


DiSpi 29 novembre 1720

7
29 detto. Feci indegnamente l'orazione e la ss. Comunione arido, e nell'orazione distratto. Voglio spiegarmi come posso nelle distrazioni. Quando sono distratto l'anima, né più né meno sta in pace con Dio, con tutto che sia turbato da pensieri che mi molestano; alle volte dico al mio intelletto che se ne fugge or qua, or là: Va' dove vuoi che sempre andrai in Dio; ciò mi avviene in queste distrazioni, cioè qual sorta di pensieri mi siano passati per la mente (fuori che siano evidenti ten tazioni) nel tempo dell'orazione, non lo so dire, solo che so essere cose indifferenti, e alle volte mi sovviene che mi ven gono pensieri anche spirituali, tuttavia per l'intelligenza che Dio mi dà, (e me n'accorgo), so che l'anima sta sempre fissa in Dio, con la sua pace, ma resta più insensibile e secreta, e di questo se ne accorge la volontà, che è la bocca dove entra il cibo santissimo del divino amore, la quale benché resti cibata secretamente, per l'impedimento che le danno queste due potenze memoria e intelletto, che se ne fuggono nelle distrazioni, tuttavia lei non manca di starsene tutta attenta al suo cibo, che è il ss. amore di Dio; il più si è che non lo sente tanto come quando le restano unite insieme le altre due poten ze, e, a mio credere, si è come quando un bambino ha la bocca alla mammella della madre; che ingoia il latte, e con le mani e con i piedi sgambetta, si torce, crolla il capo, e altre cose simili, ma sempre s'allatta, perché non leva mai la bocca dalla mammella della madre; certo è che gli farebbe più prò se stesse quieto che a far quello che si è detto, ma tuttavia il latte gli va giù per la gola, perché non leva mai la bocca dalla mammella di sua madre; così l'anima: la volontà che è la bocca non manca di succhiare il latte del ss. amore, benché le potenze memoria e intelletto se ne fuggano; certo si è che sente più giovamento quando se ne stanno quiete e unite; io non saprei spiegarmi meglio, perché il Signore non mi fa in tender altro.


DiSpi 30 novembre 1720

8
30 detto, sabato, giorno di s. Andrea apostolo. Fui nell'orazione arido e distratto, nella ss. Comunione fui raccolto, dopo fui con molte lacrime; mi sovviene che pregavo il mio Gesù chi mi facesse umile in sommo grado, desideravo esser l'ultimo degli uomini, la feccia della terra, e pregavo la Beata Vergine che m'intercedesse la grazia con molte lacrime; mi sovviene che dissi al mio Gesù che m'insegnasse qual grado d'umiltà più gli piace, e mi sentii dire al cuore: Quando tu ti getti in spirito sotto ai piedi di tutte le creature, sino sotto i demoni, questo è quello che più mi piace; ho già inteso che (quando ci abbassiamo) sino sotto l'inferno sotto i piedi dei demoni, allora Dio alza al paradiso, perché siccome il demo nio volle alzarsi al più alto del paradiso e per la sua superbia fu gettato al più profondo dell'inferno, così, viceversa, l'anima che s'umilia sino sotto l'inferno fa tramare il demonio, lo confonde, e il sommo Bene l'esalta al paradiso; so che tutto è del mio Dio, a Lui sia onore e gloria in sempiterno. Amen.


DiSpi 1 dicembre 1720

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1 dicembre, domenica, tanto nell'orazione che nella ss. Comunione sono stato arido e distratto, con anche qualche malin conia sopradetta.


DiSpi 2 dicembre 1720

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2 lunedì, sono stato insensibile e distratto sì nella s. orazione, come nella ss. Comunione, con differenza che nella s. Co munione non fui distratto, né si dà quasi mai che resti distratto; secco, arido, questo sì, ma o poco, o assai, o avanti, dopo, sento sempre per lo più qualche mozione di cuore venire e sparire in un subito, che appena la senti, e poi restar come un tronco, o dura più; in tutto sia benedetto il Dator dolcissimo d'ogni bene.


DiSpi 3 dicembre 1720

11
3 martedì, fui tutto il giorno afflitto con grand'afflizioni, n'ho provate quando ero secolare, ma non così sensibili e vee menti; per me, con tutto che sia in questo stato, mi sento gran desiderio che durino, e le so dire che quando mi vengono queste sorta d'affanni, ossia afflizioni (ché non so come chiamarli) mi paio sepolto in un abisso di miserie, mi paio l'uomo più miserabile e desolato che si trovi, e pur l'anima le abbraccia, perché sa che è volontà di Dio e che sono le gioie di Gesù; mi viene da dire con s. Teresa o patire, o morire.


DiSpi 4 dicembre 1720

12
4 mercoledì, fui in orazione raccolto, e provai anche dolci inquietudini di pensieri; nella s. Comunione fui molto in soa vità, il mio caro Dio mi dava intelligenza infusa del gaudio che avrà l'anima, quando lo vedremo a faccia a faccia e sarà unita con Lui in ss. amore; poi mi veniva dolore di vederlo offeso, e gli dicevo che mi desidererei scarnificato per un'anima; ahimè, mi pareva languire vedendo la perdita di tante anime, che non sentono il frutto della passione del mio Gesù; quando Iddio mi dà quest'intelligenza altissima del gaudio che si proverà quando si vedrà a faccia a faccia, cioè uniti a Lui, l'anima non può, per così dire, soffrire di star più nel corpo, perché con altissimo lume di fede si vede nell'infinito amor del suo Dio, le viene il desiderio di sciogliersi dal corpo; so che già mi è venuto da dire che il corpo è una catena dell'anima, il quale la tiene legata, e sino a tanto che Dio non la rompe colla morte del corpo, non può volare all'unione e vista perfetta del suo amato Bene.


DiSpi 5 dicembre 1720

13
5 detto. Fui nell'orazione e nella Comunione in pace; nel principio ebbi molta tenerezza, cioè avanti di comunicarmi, e molta cognizione di me stesso, e dicevo agli Angeli, che assistono all'adorabilissimo Mistero, che mi scacciassero fuori della chiesa, essendo peggior d'un demonio, pure la particolar confidenza con il mio Sacramentato Sposo non si partì; gli dicevo che si ricordi di quello che mi ha lasciato nel s. Vangelo, che non è venuto a chiamar i giusti, ma i peccatori.


DiSpi 6 dicembre 1720

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6 venerdì, fui particolarmente raccolto massime nella ss. Comunione, dopo la quale fui con gran pace e soavità con dol cissimi affetti; avevo particolar fervore di pregar Dio che facesse presto a fondar questa s. congregazione di s. Chiesa, e per i peccatori; ebbi molta intelligenza infusa degli spasimi del mio Gesù, e avevo tanta brama d'essere con perfezione unito con Lui, che desideravo sentire attualmente i suoi spasimi ed essere in Croce con Lui; queste meraviglie con parità (paragone) corporea non si possono spiegare, perché Dio le fa intendere altissimamente all'anima con moti tanto spirituali che non si possono spiegare, e le intende in un attimo ecc.; tutto il resto del giorno son stato arido e anche molestato da pensieri, ma in pace.


DiSpi 7 dicembre 1720

15
7 sabato, nell'orazione della mattina fui in pace, e poi anche molestato da pensieri; nella s. Comunione fui particolarmen te raccolto ed elevato con lacrime sino che mi facevano male le ossa dello stomaco, perché tremavo un po' di freddo, ma poi dopo tutto sparì, questo m'interviene spesso; so che mi sono sentito già debole di corpo (oh infinita misericordia del nostro sommo Bene) e dopo la ss. Comunione sentirmi migliorare e forte; questo, secondo l'intelligenza che Dio mi dà, viene dal vigor grande che riceve lo spirito da quell'angelico cibo, che ridonda anche a fortificar il corpo. Ho avuto pari mente gran fervore misto con lacrime di pregar per la conversione dei poveri peccatori. Dicevo al mio Dio che non posso più vederlo offeso; ebbi anche particolar tenerezza in pregar che Dio per sua pietà fondi presto la s. congregazione, e che mandi gente per sua maggior gloria e profitto dei prossimi, e questo con gran desiderio e fervore, e io gli dicevo che mi accettasse per minimo servo dei suoi poveri, e mi pareva esser indegnissimo (come è così) di fargli da sguattero. Ho avu to gran cognizione di me; mi pare, quando Dio mi dà quest'altissima cognizione, d'esser peggio d'un demonio, d'esser una sporchissima cloaca, (come con verità è così), ma non mi parte mai la grandissima e tenerissima confidenza con il mio Sacramentato Sposo; gli dico che con farmi tante grazie e sì innumerevoli favori, risplenderanno più le sue infinite mise ricordie, perché le fa al più gran peccatore; in tutto sia lodato il suo ss. Nome.


DiSpi 8 dicembre 1720

16
8 domenica, fui nell'orazione al solito in pace, nel far le offerte degli spasimi che ha sofferto il mio Gesù, mi sono sentito mosso a lacrime, e parimente nel pregare per tutti del mio prossimo; nella ss. Comunione son stato particolarmente rac colto, e massime nel fare il racconto doloroso e amoroso dei suoi tormenti al mio Gesù. Questa grazia così sovrana che il mio caro Dio mi fa in questo tempo, non la so spiegare, perché non posso; sappia che nel raccontare le pene al mio Gesù, alle volte come ne ho raccontata una o due, bisogna che mi fermi così, perché l'anima non può più parlare e si sente li quefare; sta così languendo con altissima soavità mista con lacrime, con le pene del suo Sposo infuse in sé, o pure, per più spiegarmi, immersa nel cuore e dolore ss. del suo Sposo dolcissimo Gesù; alle volte ne ha intelligenza di tutte, e se ne sta così in Dio con quella vista amorosa e dolorosa; ciò è difficilissimo a spiegarsi, parmi sempre cosa nuova.


DiSpi 9 dicembre 1720

17
9 lunedì, sono stato molto inquieto e molestato da pensieri; nella ss. Comunione sono stato raccolto e poi arido, e anco di nuovo molestato da pensieri; nelle suppliche fatte al mio Dio nell'orazione di notte sono stato molto fervoroso, massime nel pregare per la conversione dei peccatori.


DiSpi 10-13 dicembre 1720

18
10, 11, 12, 13 (dicembre). Sono stato arido, distratto, tentato, stavo per forza in orazione; ero tentato di gola e mi veniva fame, sentivo il freddo più del solito e la carne ne desiderava il sollievo, e perciò volevo scappar dall'orazione. Lo spirito con la grazia del nostro caro Dio resisteva, e per le violenze e gli assalti che venivano e dalla carne e dal demonio, per me la tengo per tale, che v'entrasse anche il demonio, perché so che ha grand'invidia di chi fa orazione, ora, come dissi, per la resistenza mi risaltava il cuore, crollavo (tremavo) da capo a piedi, e mi facevano male sin le ossa delle reni e dello sto maco, ma per misericordia di Dio, dicevo che voglio starmene così a costo di farmi portar via a pezzi, e ciò veniva perché la carne voleva prendere ristoro prima del tempo, che m'ero prefisso di star in orazione; venuta l'ora (destinata) di partir mi, restavo in pace con tranquillità, desideroso di patir sempre più, anzi dicevo al mio Dio, che non mi levi mai i pati menti. Questo m'è (già) succeduto altre volte e di spesso, ne sia però benedetto il caro Iddio. So che ho inteso che questa sorte d'orazione di patire è un gran regalo, che Dio fa all'anima per farla un armellino di purità, uno scoglio nei patimen ti, a segno che non ne faccia più conto, e quando sarà giunta col favor di Dio a questo stato, il sommo Bene la brucerà d'amore; bisogna avvertire di non ritirarsi dall'orazione in questo tempo sì doloroso, perché non si sminuirebbe il patire, anzi l'anima senza profitto s'affliggerebbe più, perché si vedrebbe andar in tepidezza; per tanto so che Dio mi dà quest'intelligenza, che l'anima che Dio vuole tirare all'altissima unione con Lui per mezzo della s. orazione, bisogna che passi per questa strada di patire nell'orazione anche, e dico patire senza alcun conforto sensibile, che l'anima non sa più dove sia, così per dire, ma ha l'altissima intelligenza infusa, che Dio le dà, che è sempre in braccio del suo Sposo, allatta ta dalla sua infinita carità; so che anche ho inteso, ma in secreto quando ero in un patimento particolare, che a chi vincerà gli darà la manna nascosta, che è quello dice la s. Scrittura. La manna nascosta ho inteso che sarà il cibo dolcissimo del santo amore, cioè l'anima in altissimo riposo col suo dolcissimo Sposo nella santa orazione: Deo Gratias.


DiSpi 14 dicembre 1720

19
14 sabato, sono stato raccolto, e ho provato anche aridità e distrazione di pensieri, e anco dei sopradetti patimenti, ma non così violenti; nella ss. Comunione son stato raccolto e con delle tenerezze nel fare gli affetti amorosi al mio Sacra mentato Gesù, il quale sia da tutti lodato e amato. Amen.


DiSpi 15-18 dicembre 1720

20
15, 16, 17, 18 ( dicembre). In questi giorni sono stato arido, distratto con delle inquietudini e combattimenti tra la carne e lo spirito, in quella guisa mi sono spiegato di sopra, quando più quando meno, assalti d'impazienza e di partirmi dall'orazione, tentazioni di mangiare con sentirmi mosso a particolar appetenza di fame, e ciò mi succedeva anche nell'orazione, e io dicevo al mio Gesù, che non me ne liberi, ma bensì mi faccia passare per patimenti, onde che per spe cial grazia del mio Dio, benché sia in particolari desolazioni, tentazioni e afflizioni interiori non mi sovviene desiderarne sollievo; ho avuto in questi giorni qualche subitanea mozione di cuore a lacrime, ma subito spariscono, o almeno vi stavo poco, e poi venivo nel modo sopradetto, ma per misericordia del sommo Bene non si parte la pace del cuore, m'intendo che non mi sento il cuore perturbato da scrupoli, ma bensì in pace con Dio. Mi par bene che non faccia niente di buono, come è così, ma mi confido nella bontà del sommo Bene; che sia da tutti amato. Amen. Non si parte il continuo desiderio della conversione di tutti i peccatori, e mi sento mosso particolarmente a pregar Dio, perciò non vorrei più che fosse offe so.


DiSpi 19 dicembre 1720

21
19 giovedì, ebbi soavità mista con lacrime di particolar contrizione per i miei peccati, e ciò avanti di confessarmi e anche dopo, e poi sparì.


DiSpi 20 dicembre 1720

22
20 venerdì, ebbi dell'aridità e anche del raccoglimento e massime per gli spasimi del mio Gesù; mi sovviene che la sera antecedente del giovedì, dicevo che il ricordarmi del giorno funebre e doloroso del venerdì, è cosa da spasimare e venir degli accidenti, dicevo al mio Gesù che mi faccia venire degli accidenti per il dolore.


DiSpi 21 dicembre 1720

23
21 sabato, giorno di s. Tommaso apostolo, son stato molto travagliato da assalti e combattimenti di quella forma sopra detta, e siccome lo spirito con la grazia di Dio vuole sottomettere la carne e farla stare soggetta e obbediente con unirla alla ragione, la carne all'incontro le par duro ciò, e per questo quando si sente fame vorrebbe cibarsi, quando è stracca di stare in fatica o in orazione per la lunghezza di stare in ginocchio vorrebbe riposarsi, s'ha freddo vorrebbe riscaldarsi ecc. e per questo dico che in questo giorno mi sentivo molestato con gran veemenza dalla maggior parte di queste cose, e lo spirito resisteva e voleva star con Dio nella s. orazione benché si sentisse afflitto e desolato, e all'incontro la carne non voleva, e per questo si movevano le passioni con le afflizioni veementi del cuore che risaltava e mi faceva tremare da capo a piedi, a segno che mi facevano male le ossa, e venivo che mi pareva di non poter più; poi sortiva fuori assieme l'inimico con le tentazioni d'impazienza, mi moveva a sdegno sino verso i sacerdoti che venivano a dir la santa Messa, facendomi vedere che venivano troppo tardi, e pareva che fossi forzato a dirgli degli spropositi iniqui; io allora alzavo la voce a Dio e a Maria ss. che m'aiutassero, e dicevo che voglio star così sino che siano dette tutte le Messe, e ciò per far contro la tentazione, che pareva fossi violentato a partire; finito questo, mi sentivo venir tentazioni d'orribilissime be stemmie contro Dio, parendomi sentirmi dir dentro di me esecrande scelleraggini; allora gridavo a Maria ss. che mi aiu tasse. Sappia che in questo stato l'anima sta come in un grand'abbandonamento, non sente più mozioni di cuore verso il suo Dio, non si ricorda più di niente delle cose particolari dello Spirito, si pare ridotta in un abisso di miserie; è vero però che benché sia in gran desolazione, le sopradette tentazioni però contro Dio spariscono come un lampo, non permette il sommo Bene che la povera anima perseveri in queste orribili tentazioni. Nel segreto del cuore vi sta un certo secreto e quasi insensibile desiderio di sempre essere in patimenti, siano questi, siano altri, è però vero che (da) quelle tentazioni contro Dio, lo prego a liberarmene, quei diabolici parlamenti trucidano il cuore e l'anima, per il patire non importa, ma l'anima non può soffrire di sentire d'essere tentata contro il suo Dio;



24
tuttavia so che lì risplende la gloria di Dio, e il demonio resta confuso, perché in quelle resistenze che l'anima fa e in quei patimenti (per la intelligenza che Dio mi dà) il sommo Bene se ne compiace, e il demonio resta confuso e poi fug ge. Intendo anche che Dio la tiene in braccio, ma non se ne accorge, e da questo ne viene che in un grand'abbandonamento e in gran miseria, come che è tutto ciò frammischiato con gli assalti sopradetti, e se Dio per sua infinità pietà non desse particolar aiuto, sono cose da atterrirsi; ho da dire una cosa per maggior gloria di Dio, ed è che quando sono in questo stato, nel quale sono già stato le rare volte, e con durata, ma non con tanta veemenza, prego il mio Crocifisso Gesù che non me ne liberi, anzi li desidero per patire, e ho una certa secreta paura che se ne vadano, a riserva però di quelle tentazioni contro Dio: ma quando Dio voglia permetterle per mia maggior mortificazione . La paura sopradetta viene dal desiderio che l'anima ha di seguire Gesù nei patimenti. Del profitto che ne prova non se ne puol dire tanto che (sia) abbastanza, ma non cerca questo, perché l'amore non cerca profitto, ma solo la gloria del suo sommo Bene. Conferivo con un mio fratello assai spirituale (non essendo io degno d'esser chiamato suo), e la conferenza era dei pati menti spirituali che si provano, e gli dicevo che non m'incalo (oso) di conferire dei patimenti, perché ho paura che se ne vadano con sentirne qualche sollievo, non è così; or dicevo che temo più la sottrazione dei patimenti che un che tema perdere le sue ricchezze; vero è che quando il timore m'affligge mi sento paura di perdere i patimenti, ma non m'affl igge con levarmi la pace del cuore, e perciò vado attento a raccontarli se non a chi ho obbligazione di s. obbedienza; farò ben coraggio con dire quanto sono dolci i patimenti se parlo con chi patisce, ma poi dirgli tutti i miei che il Signore mi dà, questo poi no. Vorrei poter dire che tutto il mondo sentisse, la gran grazia che per sua pietà fa quando manda da pati re, e massime quando il patire è senza conforto, che allora l'anima resta purificata come l'oro nel fuoco, e viene bella e leggiera per volarsene al suo Bene, ossia alla beata trasformazione senza accorgersene, porta la Croce con Gesù e non lo sa, e questo procede dalla moltitudine e varietà dei patimenti, i quali la mettono in gran scordamento, che non si ricorda più di patire; ho intelligenza che questo è un gran patire con frutto e di gran gusto a Dio, perché l'anima viene ad essere indifferente a segno che non pensa più né a patire né a godere, solo che sta fissa alla ss. volontà del suo diletto Sposo Gesù, volendo più tosto essere crocifissa con Lui, perché ciò è più conforme al suo amato Dio, il quale in tutta la sua ss. vita non ha fatto altro che patire. In tutto questo sia lodato il sommo Bene, che per sua infinita bontà si degna dare e in fondere questa intelligenza al gran peccatore.


DiSpi 22 dicembre 1720

25
22 domenica, sono stato raccolto con molto sensibile fervore.


DiSpi 23 dicembre 1720

26
23 lunedì, nell'orazione di notte sono stato con gran pace, soavità e lacrime, con alta intelligenza dell'infinite perfezioni, massime dell'infinita bontà, e poi il resto del giorno son stato sepolto in desolazione, e inquietato esternamente da pensie ri causati dal demonio di cose future. Questo esternamente m'intendo che vengono questi pensieri, come quando l'acqua del mare è in burrasca, la quale gonfiata dai venti fa le onde grosse, le quali quando sono vicine agli scogli, gli dànno colpi che pare che li vogliano fracassare e disfare, ma non è così, li danno sì, ma non li penetrano, né li disfano; può esse re che li disgranino qualche poco, ma poi per la durezza dello scoglio, non v'è pericolo che l'onde, per grosse che siano, li rompino. Così segue dell'anima quando è in orazione, la quale in quel caso è uno scoglio, perché Dio la tiene nella sua infinita carità, e perciò si può dimandare (chiamare) uno scoglio di fermezza perché il sommo Bene gliela dà: or il demo nio invidioso di quest'altissimo stato dell'anima quando è in orazione, vedendo che non può rapirla all'infinite mani dell'Immenso, cerca almeno sturbarla qualche poco con assalirla ora con tentazioni, ora con immaginazioni, ora con va rietà di pensieri, e alle volte per più ingannarla, con le sue infami finzioni, e ciò per levarla dall'altissima attenzione a Dio; ma in mezzo a quest'onde tempestose dei demoni, l'anima sta come uno scoglio, essendo che sta sempre fissa al suo amato Bene; quest'onde poi di pensieri non servono ad altro che a sgranarla qualche poco, e farla stare per qual che momento senza quella singolarissima e altissima vista continua del suo Diletto, benché intendo che non vi stia meno in quel momento; ciò l'ho detto per spiegarmi meglio, perché né più né meno vi sta, ciò pare solo all'anima. La quale si volge contro questi assalti e li rigetta, e perciò pare alla meschina, perché perde un po' di attenzione amorosa, di non essere in braccio al suo caro Sposo; anzi, Dio mi fa intendere che vi è e si compiace di vederla combattere, e questo le serve di maggiore profitto, perché in virtù di quel patire che fa nel combattimento si purifica a guisa dello scoglio, che se prima della burrasca era un po' rugginoso, dopo la burrasca viene più purgato, perché il moto dell'onde lo lavano. È vero però che bisogna star avvertiti, che quando vengono queste burrasche d'inquietudini, di pensieri (bisogna) starsene sem pre fissi in Dio senza farne conto, perché vedendo l'inimico che non se ne fa capitale se ne fugge poi deriso, perché vede che con l'aiuto di Dio non si temono. Quando mi trovo in queste burrasche di pensieri e altre inquietudini, mi volto al mio Dio dicendogli: Mio Bene, mirate un poco come si trova questa povera anima mia, e poi lo prego che s'è così la ss. Vo lontà me ne liberi, e poi seguito a star così. Non tralascio di confessare che mi diano molto fastidio, ma sia tutto per amor del sommo Bene, a cui sia onore e gloria in sempiterno. Amen.


DiSpi 24 dicembre 1720

27
24 martedì, sono stato con particolare raccoglimento e lacrime, e massime nella santa Comunione; nella notte ss. ma sono stato anche raccolto, ma non così particolarmente; fui anche con molte tenerezze, massime nel ricordarmi dell'infinito amore del nostro caro Dio nell'essersi fatto uomo, e nascere con tanto incomodo e tanta povertà, e poi mi riposavo così nel mio Dio.


DiSpi 25 dicembre 1720

28
25, giorno del ss. Natale, feci all'aurora la s. Confessione con particolare tenerezza di contrizione e gran cognizione di me stesso, in appresso nella ss. Comunione fui secco come un tronco e stetti così quasi tutto il giorno.


DiSpi 26 dicembre 1720

29
26 giovedì, giorno di s. Stefano martire, fui con particolar elevazione di spirito, massime nella ss. Comunione; desidera vo d'andare a morir martire, dove si nega l'adorabilissimo mistero del ss. Sacramento; questo desiderio è qualche tempo che l'infinita bontà me lo dà, ma oggi l'avuto con particolar modo: avevo desiderio della conversione degli eretici, massi me dell'Inghilterra con quei regni vicini, e ne feci particolar orazione nella ss. Comunione. Ebbi anche particolar intelli genza dell'infinita misericordia, facendomi conoscere il nostro sommo Bene con quant'infinito amore castiga qui, acciò si fugga l'eternità dei tormenti, e perché sa la sua infinita maestà il luogo che la sua infinita giustizia ha preparato per giu stissimo e meritevolissimo castigo del peccato, pertanto la sua infinita misericordia si muove a compassione con i casti ghi amorosi, avvisando con queste le sue creature peccatrici all'emenda, acciò fuggano quell'eterno castigo, e in primo luogo lo servano; tutto ciò l'intendo in un attimo, con molte lacrime miste con altissima soavità.


DiSpi 27 dicembre 1720

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27 giorno di s. Giovanni apostolo ed evangelista, sono stato mosso dall'infinita Bontà in gran riposo e soavità, massime nella ss. Comunione, sentendo con infusa intelligenza e con altissime consolazioni dello Spirito, un certo riposo dell'anima frammischiato con le pene del Redentore, nelle quali l'anima si compiace; si frammischia amore e dolore, di questo non so farmi intendere, perché non si può spiegare; dicevo mentre servivo la s. Messa, e che vedevo con gli occhi corporali il mio Sacramentato Gesù, gli dicevo che mi mandasse i serafini a saettarmi d'amore; ciò viene dagli slanci amorosi che l'infinita pietà concede al cuore; gli dicevo ancora che mi lasci levar la sete del ss. amore, lasciandomi bere dall'infinita fonte del suo ss. Cuore, ma quest'ultimo mi è seguito nella ss. Comunione.


DiSpi 28 dicembre 1720

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28 giorno dei ss. Innocenti, alla mattina ero arido e avevo aggravamenti di capo, stetti così un pezzo, sino che venne l'ora desiderata della ss. Comunione, dopo la quale fui mosso dall'infinita bontà in grand'altissimo raccoglimento e in grand'affetti amorosi con colloqui col nostro caro Sposo; mi venne poi una rimembranza della fuga fatta in Egitto con tanto suo scomodo e patimento e anche dolore di Maria ss. con s. Giuseppe, ma in particolare di Maria ss. ; si frammi schiava nella poverissima anima mia il dolore e amore con gran lacrime e soavità, di tutto questo l'anima n'ha infusa e altissima intelligenza, tutt'insieme alle volte d'un mistero solo, ma l'intende in un momento, senza forme corporee, o sia immaginarie, ma Dio gliele infonde con opera della sua (infinita) carità e misericordia, nell'istesso tempo che l'anima le intende altissimamente, o se ne compiace, o se ne condole, secondo i misteri, per lo più si frammischia sempre la santa compiacenza: alla sera poi ebbi particolar contrizione dei miei gran peccati e difetti e mancamenti innumerabili, cono scendo essere un abisso d'ingratitudine, n'ebbi ancor particolar cognizione fra il giorno di me stesso; so che dico al mio divin Salvatore, che non mi posso chiamare altro che un miracolo delle sue infinite misericordie; ne sia da tutti lodato e magnificato il suo ss. Nome. Amen.


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