Manoscritto C





SCRITTO AUTOBIOGRAFICO C

diretto a madre Maria di Gonzaga



CAP1. APERTURA D'ANIMO CON LA NUOVA PRIORA (1897)

1
Dedica - Educazione forte di madre Maria di Gonzaga - Non vana compiacenza per le lodi - L'Ascensore divino - Missione presso le novizie - Annunzio della venuta dello Sposo - Prova della fede - Comprensione per i peccatori e tattica di vittoria - Indifferenza per una vita breve o lunga, accanto o lontana dalle sorelle dilette - Sicurezza e pace nell'obbedienza



J.M.JT. giugno 1897



266 - Madre tanto amata, ella mi ha espresso il desiderio che io completi con lei il mio canto delle misericordie del Signore. Questo dolce canto l'avevo cominciato con la sua figlia cara, Agnese di Gesù, la mamma incaricata da Dio di guidarmi nei giorni dell'infanzia; con quella madre dovevo cantare le grazie largite al fiore umile della Vergine Santa quand'era nella sua primavera, ma è con lei che debbo cantare la felicità di questa piccola corolla ora che i raggi timidi dell'aurora hanno fatto posto agli ardori del mezzogiorno. Si, con lei e per rispondere al suo desiderio cerchero di ridire i sentimenti dell'anima mia, la mia riconoscenza verso il buon Dio, verso lei che me lo rappresenta visibilmente; non è, infatti, nelle sue mani materne che mi sono offerta interamente al Signore? Ricorda, Madre, quel giorno?... Sento che il suo cuore non saprebbe dimenticano. Quanto a me, debbo attendere il Cielo perché non trovo, quaggiù, parole atte a tradurre cio che accadde nel mio cuore in quel giorno benedetto.



267 - Madre cara, c'è un altro giorno nel quale il cuore mio si attacco ancor più al suo, se cio è possibile; fu quando Gesù le impose nuovamente il fardello di superiora. In quel giorno, lei semino tra le lacrime, ma in Cielo sarà colma di gioia vedendosi carica di fasci di fiori preziosi. Oh, Madre mia, perdoni alla mia semplicità fanciullesca, sento che lei mi permette di parlarle senza ricercare cio che una giovane religiosa puo dire alla sua Priora. Forse non mi manterro sempre entro i limiti prescritti agli inferiori, ma, oso dirlo, è colpa sua: agisco con lei come una figlia perché lei agisce con me non già come una Priora, bensi come una Madre.



268 - Lo sento bene, è il Signore che mi parla sempre attraverso lei. Varie sorelle pensano che ella mi abbia viziata, che da quando sono entrata nell'arca santa, io non abbia ricevuto da lei se non carezze e complimenti, ma non è cosi; vedrà, Madre mia, nel quaderno che contiene i miei ricordi d'infanzia, cio che penso della educazione forte e materna che ho ricevuta da lei. Dal più profondo del cuore la ringrazio per non avermi risparmiata. Gesù sapeva bene che era necessaria l'acqua vivificante dell'umiliazione per il suo povero fiore, questo era troppo debole per mettere radici senza un tale soccorso, ed è per mezzo suo, Madre, che l'aiuto gli è stato concesso.



269 - Da un anno e mezzo Gesù ha voluto cambiare il modo per dar vita al suo fiore, l'ha trovato senza dubbio abbastanza annaffiato, perché ora è il sole che lo rende rigoglioso, Gesù dà a lui soltanto il suo sorriso, e per mezzo suo, Madre amata. Il fiore, anziché appassire, sotto questo sole dolce prende forza meravigliosamente, in fondo al calice conserva le gocce preziose di rugiada che ha ricevute, e queste gocce gli ricordano sempre che è piccolo e debole. Tutte le creature possono ben curvarsi verso lui, ammirarlo, soffocarlo di lodi: non so perché, ma questo non saprebbe aggiungere una sola goccia di falsa gioia alla gioia verace che esso gusta intimamente, vedendosi quello che è agli occhi di Dio: un povero piccolo nulla. Dico che non capisco perché, ma non è forse perché è stato preservato dall'acqua delle lodi per tutto il tempo nel quale il suo piccolo calice non era abbastanza pieno della rugiada dell'umiliazione? Ora non c’è più pericolo, al contrario, il fiore trova cosi deliziosa la rugiada di cui è pieno, che si guarderebbe bene dal cambiarla con l'acqua tanto banale dei complimenti.



270 - Non voglio parlare, Madre cara, dell'amore e della fiducia che lei mi dimostra; non creda che il cuore di sua figlia sia insensibile, solamente sento bene che non ho da temere nulla ora, al contrario posso goderne, riferendo al Signore cio che di buono egli si è degnato mettere in me. Se piace a lui farmi sembrare migliore di quanto non sia, cio non mi riguarda, è libero di agire come vuole. Oh, come sono diverse le vie per le quali il Signore conduce le anime! Nella vita dei Santi, vediamo che ce ne sono molti i quali non hanno voluto lasciare niente di loro dopo la morte, non il minimo ricordo, né il più piccolo scritto. Ce ne sono altri, invece, come la nostra Madre santa Teresa, i quali hanno arricchito la Chiesa con le loro rivelazioni sublimi, non temendo di rendere noti i segreti del Re, affinché egli sia più conosciuto e più amato dalle anime. Quale di questi due generi di santi piace più al Signore? Mi sembra, Madre mia, che gli siano ugualmente graditi, poiché tutti hanno seguito l'impulso dello Spirito Santo, e il Signore ha detto: "Dite al giusto che tutto è bene". Si, tutto è bene, quando si cerca soltanto la volontà di Gesù; è per questo che io povero piccolo fiore obbedisco a Gesù, cercando di far piacere alla mia Madre amata.



271 - Lei lo sa, Madre, ho sempre desiderato essere una santa, ma ahimè, ho sempre accertato, quando mi sono paragonata ai santi, che tra essi e me c'è la stessa differenza che tra una montagna la cui vetta si perde nei cieli, e il granello di sabbia oscura calpestata sotto i piedi dei passanti. Invece di scoraggiarmi, mi sono detta: il buon Dio non puo ispirare desideri inattuabili, percio posso, nonostante la mia piccolezza, aspirare alla santità; diventare più grande mi è impossibile, debbo sopportarmi tale quale sono con tutte le mie imperfezioni, nondimeno voglio cercare il mezzo di andare in Cielo per una via ben diritta, molto breve, una piccola via tutta nuova. Siamo in un secolo d'invenzioni, non vale più la pena di salire gli scalini, nelle case dei ricchi un ascensore li sostituisce vantaggiosamente. Vorrei anch'io trovare un ascensore per innalzarmi fino a Gesù, perché sono troppo piccola per salire la dura scala della perfezione. Allora ho cercato nei libri santi l'indicazione dell'ascensore, oggetto del mio desiderio, e ho letto queste parole pronunciate dalla Sapienza eterna: "Se qualcuno è piccolissimo, venga a me". Allora sono venuta, pensando di aver trovato quello che cercavo, e per sapere, o mio Dio, quello che voi fareste al piccolissimo che rispondesse al vostro appello, ho continuato le mie ricerche, ed ecco cio che ho trovato: "Come una madre carezza il suo bimbo, cosi vi consolero, vi portero sul mio cuore, e vi terro sulle mie ginocchia!". Ah, mai parole più tenere, più armoniose hanno allietato l'anima mia, l'ascensore che deve innalzarmi fino al Cielo sono le vostre braccia, Gesù! Per questo non ho bisogno di crescere, al contrario bisogna che resti piccola, che lo divenga sempre più.



272 - Dio mio, avete superato la mia speranza, ed io voglio cantare le vostre misericordie. "Voi mi avete istruita fin dalla mia giovinezza e fino ad oggi ho annunciato le vostre meraviglie, continuero a manifestarle nell'età più tarda - Salmo LXX". Quale sarà per me questa tarda età? Mi pare che potrebbe essere ora, perché duemila anni non sono agli occhi del Signore più di venti anni o di un giorno solo. Non creda, Madre cara, che la sua figliola desideri lasciarla... non creda che consideri una grazia più grande morire all'aurora piuttosto che al tramonto. Quello che stima, che unicamente desidera è far piacere a Gesù. Ora che egli sembra avvicinarsi per attirarmi nella sua gloria, io mi rallegro. Da lungo tempo ho capito che il buon Dio non ha bisogno di nessuno (ancor meno di me che di altri) per far del bene sulla terra. Madre mia, mi perdoni se la rattristo... Vorrei tanto rallegrarla, ma crede lei che se le sue preghiere non sono esaudite sulla terra, se Gesù per qualche giorno separa la figlia dalla madre, quelle preghiere non saranno esaudite in Cielo?



273 - il suo desiderio è, lo so bene, che io compia accanto a lei una missione molto dolce e facile; questa missione non potro assolverla dall'alto dei cieli? Come disse Gesù un giorno a san Pietro, cosi lei ha detto a sua figlia: "Pasci i miei agnelli", e io mi sono meravigliata, ho detto a lei: "sono troppo piccola"... l'ho supplicata di fare pascolare lei stessa i suoi agnellini e di custodirmi, di farmi pascolare per grazia con essi. E lei, Madre amata, rispondendo un poco al mio giusto desiderio, ha custodito gli agnellini con le pecore, ma comandandomi di farli spesso pascolare all'ombra, di indicare loro le erbe migliori e più fortificanti, di mostrare loro chiaramente i fiori brillanti che non debbono mai toccare se non per schiacciarli sotto i loro passi. Lei non ha temuto, cara Madre, che io facessi smarrire i suoi agnelli; la mia inesperienza, la mia giovinezza non l'hanno affatto spaventata, forse lei si è ricordata che spesso al Signore piace concedere la sapienza ai piccoli, e che un giorno, pieno di gioia, egli ha benedetto suo Padre perché ha nascosto i propri segreti ai prudenti e li ha rivelati ai più piccoli. Madre mia, lei lo sa, sono ben rare le anime che non misurino la potenza divina secondo i loro corti pensieri; si ammette che dappertutto sulla terra esistano eccezioni, soltanto Iddio non ha il diritto di farne! Da lungo tempo, lo so bene, questo modo di commisurare l'esperienza agli anni viene praticato fra gli uomini, perché nella sua adolescenza il santo re Davide cantava al Signore: "Sono giovane e disprezzato". Nello stesso Salmo 118 tuttavia non esita a dire: "Sono diventato più prudente dei vegliardi: perché ho cercato la vostra volontà... La vostra parola è la lampada che rischiara i miei passi... Sono pronto a compiere i vostri ordini e non sono turbato da nulla".



274 - Madre cara, lei non ha esitato a dirmi un giorno che il Signore illuminava l'anima mia, che egli mi dava anche l'esperienza degli anni. Oh, Madre! sono troppo piccola per avere della vanità ora, sono troppo piccola anche per comporre belle frasi e farle credere che ho molta umiltà; preferisco convenire semplicemente che l'Onnipotente ha fatto grandi cose nell'anima di colei che è figlia della sua divina Madre, e la più grande è di averle mostrato la sua piccolezza, la sua impotenza. Madre cara, lei lo sa bene, il Signore si è degnato far passare l'anima mia per varie prove; ho sofferto molto da quando sono sulla terra, ma, se nella mia infanzia ho sofferto con tristezza, ora non soffro più cosi, bensi nella gioia e nella pace, e sono veramente felice di soffrire. Bisogna che lei conosca tutti i segreti dell'anima mia per non sorridere leggendo queste righe, perché, se si giudica dalle apparenze, puo esserci un anima meno provata della mia? Oh, se la prova che io soffro da un anno apparisse agli sguardi, che stupore! Madre amata, lei la conosce questa prova, tuttavia ne parlero ancora perché la considero una grande grazia che ho ricevuto sotto il suo priorato benedetto.



275 - L’anno scorso il Signore mi ha concesso la consolazione di osservare il digiuno di quaresima in tutto il suo rigore. Non mi ero sentita mai cosi forte, e questa forza si mantenne fino a Pasqua. Tuttavia, il giorno del Venerdi santo, Gesù volle darmi la speranza di andare ben presto a vederlo in Cielo. Com'è dolce questo ricordo! Dopo essere rimasta al sepolcro fino a mezzanotte, rientrai nella nostra cella, ma avevo appena posato la testa sul cuscino che sentii un fiotto salire, salire quasi bollendo fino alle mie labbra. Non sapevo cosa fosse, ma pensai che forse morivo e l'anima era colma di gioia... Tuttavia, la lampada era spenta, dissi a me stessa che dovevo aspettare fino al mattino per assicurarmi della mia felicità, perché mi pareva sangue quello che avevo vomitato. La mattina non si fece attendere molto, svegliandomi pensai subito che avrei avuto una notizia allegra, mi avvicinai alla finestra, costatai che non mi ero ingannata. L'anima mia fu piena di una consolazione grande, ero persuasa intimamente che Gesù nel giorno commemorativo della sua morte volesse farmi udire il primo richiamo. Era come un dolce murmure lontano che mi annunciasse l'arrivo dello Sposo. Con immenso fervore assistei a Prima e al capitolo del perdono. Avevo fretta di veder giungere il mio turno per confidarle, chiedendole perdono, Madre mia cara, la mia speranza e la mia felicità; ma aggiunsi che non soffrivo affatto (cosa verissima), e la supplicai di non concedermi alcunché di particolare. Realmente ebbi la consolazione di passare la giornata del Venerdi santo come desideravo. Mai le austerità del Carmelo mi erano sembrate cosi deliziose, la speranza di andare in Cielo mi faceva esultare di letizia. Quando arrivo la sera di quel giorno felice, bisogno riposarsi, ma, come la notte precedente, Gesù misericordioso mi dette lo stesso segno che il mio ingresso nella vita eterna non era lontano...



276 - Godevo allora di una fede tanto viva, tanto chiara, che il pensiero del Cielo formava tutta la mia felicità, non potevo credere che vi fossero degli empi i quali non avessero la fede. Credevo che parlassero contro il loro stesso pensiero negando l'esistenza del Cielo, del bel Cielo ove Dio stesso vorrebbe essere la loro ricompensa eterna. Nei giorni tanto gioiosi della Pasqua, Gesù mi ha fatto sentire che esistono davvero anime senza fede, le quali per l'abuso delle grazie hanno perduto questo tesoro immenso, sorgente delle sole gioie pure e vere. Ha permesso che l'anima mia fosse invasa dalle tenebre più fitte, e che il pensiero del Cielo, dolcissimo per me, non fosse più se non lotta e tormento... Questa prova non doveva durare per qualche giorno, non per qualche settimana: terminerà soltanto all'ora segnata da Dio misericordioso, e... quest'ora non è ancora venuta. Vorrei esprimere cio che penso, ma, ahimè, credo che sia impossibile. Bisogna aver viaggiato sotto questo tunnel cupo per capirne l'oscurità. Cerchero tuttavia di spiegarmi per mezzo di un paragone.



277 - Suppongo d'esser nata in un paese circondato da una bruma spessa, mai ho contemplato l'aspetto ridente della natura inondata, trasfigurata dallo splendore del sole; fin dall'infanzia, è vero, ho inteso parlare di queste meraviglie, so che il paese nel quale sono nata non è la mia patria, che ce n'è un'altra alla quale debbo aspirare incessantemente. Non è una storia inventata da un abitante del paese triste ove sono, è una realtà sicura perché il Re della patria luminosa è venuto a vivere trentatré anni nel paese delle tenebre; ahimè! Le tenebre non hanno capito che quel Re divino era la luce del mondo. Ma, Signore, la vostra figlia ha capito la vostra luce divina, vi chiede perdono per i suoi fratelli, accetta di nutrirsi per quanto tempo voi vorrete del pane del dolore e non vuole alzarsi da questa tavola colma di amarezza alla quale mangiano i poveri peccatori prima del giorno che voi avete segnato. Ma anche lei osa dire a nome proprio e dei suoi fratelli: "Abbiate pietà di noi Signore perché siamo poveri peccatori!" Oh, Signore, rimandateci giustificati... che tutti coloro i quali non sono illuminati dalla fiaccola limpida della fede, la vedano, finalmente... Gesù, se è necessario che la tavola insozzata da essi sia purificata da un'anima la quale vi ama, voglio ben mangiare sola il pane della prova fino a quando vi piaccia introdurmi nel vostro regno luminoso. La sola grazia che vi chiedo è di non offendervi mai!



278 - Madre amata, quello che le scrivo è disordinato; la mia piccola storia che somigliava a una fiaba si è cambiata a un tratto in preghiera, non so quale interesse lei potrà trovare a leggere tutti questi pensieri confusi ed espressi male. Ma io non scrivo per fare opera letteraria, bensi per obbedienza; se l'annoio, almeno ella vedrà che la sua figliola ha dato prova di buona volontà. Continuero dunque senza scoraggiarmi il mio piccolo paragone al punto in cui l'avevo lasciato. Dicevo che la certezza di andare via, un giorno lontano, dal paese triste e tenebroso mi è stata data fin dall'infanzia; non solamente credevo cio che ascoltavo dalle persone più importanti di me, ma anche avevo in fondo al cuore le aspirazioni verso una regione più bella. Come il genio di Cristoforo Colombo gli fece intuire che esisteva un mondo nuovo, allorché nessuno ci pensava, cosi io sentivo che un'altra terra mi avrebbe servito un giorno di stabile dimora. Ma ad un tratto le nebbie che mi circondano divengono più spesse, penetrano nell'anima mia e l'avviluppano in tal modo che non riesco più a ritrovare in essa l'immagine cosi dolce della mia Patria, tutto è scomparso! Quando voglio riposare il cuore stanco delle tenebre che lo circondano, ricordando il paese luminoso al quale aspiro, il mio tormento raddoppia; mi pare che le tenebre, assumendo la voce dei peccatori, mi dicano facendosi beffe di me: "Tu sogni la luce, una patria dai profumi più soavi, tu sogni di possedere eternamente il Creatore di tutte queste meraviglie, credi uscire un giorno dalle brume che ti circondano. Vai avanti! Vai avanti! Rallegrati della morte che ti darà non già cio che speri, ma una notte più profonda, la notte del niente". Madre carissima, l'immagine che ho voluto dare delle tenebre che oscurano l'anima mia è tanto imperfetta quanto un abbozzo paragonato al modello; ma non voglio continuare a scriverne, temerei di bestemmiare... ho paura d'aver già detto troppo...



279 - Che Gesù mi perdoni se gli ho fatto dispiacere, ma egli sa bene che, pur non avendo il godimento della fede, mi sforzo tuttavia di compierne le opere. Credo di aver compiuto più atti di fede da un anno, che non in tutta la vita. Ad ogni occasione nuova di battaglia, quando il nemico mi provoca, mi conduco da valoroso; sapendo che la viltà consiste proprio nel battersi in duello, volgo la schiena all'avversario senza degnarlo di uno sguardo; corro verso il mio Gesù, gli dico che sono pronta a versare fino all'ultima stilla di sangue per testimoniare che esiste un Cielo. Gli dico che sono felice di non godere di quel bel Cielo qui, sulla terra, affinché egli l'apra per l'eternità ai poveri increduli. Cosi, nonostante questa prova che mi toglie ogni godimento, posso dir tuttavia: "Signore, voi mi colmate di gioia con tutto cio che fate - Salmo XCI". Perché, esiste forse una gioia più grande che soffrire per amore vostro? Più la sofferenza è intima, più nascosta è agli occhi delle creature, e tanto più vi rallegra, o Dio mio! Ma se, cosa impossibile, doveste ignorare voi stesso la mia sofferenza, sarei felice di possederla se per mezzo di essa potessi impedire e riparare una sola colpa commessa contro la fede.



280 - Madre amata, le sembra forse che io esageri la mia prova; in realtà, se lei giudica dai sentimenti che esprimo nelle poesie che ho composto quest'anno, le sembrero un'anima colma di consolazione, per la quale il velo della fede si è quasi squarciato, e tuttavia... non è più un velo per me, è un muro che si alza fino ai cieli e copre le stelle. Quando canto la felicità del Cielo, il possesso eterno di Dio, non provo gioia alcuna, perché canto semplicemente cio che voglio credere. A volte, è vero, un minimo raggio scende a illuminare la mia notte, allora la prova s'interrompe per un attimo, ma subito dopo, il ricordo di questo raggio, invece che rallegrarmi, rende ancor più fitte le mie tenebre. Madre mia, non ho mai sentito come ora quanto il Signore è dolce e misericordioso: mi ha mandato questa prova soltanto quando ho avuto la forza di sopportarla; credo che se l'avessi avuta prima sarei precipitata nello scoramento. Ora essa toglie qualsiasi soddisfazione naturale che io avrei potuto trovare nel desiderio del Cielo. Mi sembra ora che niente m'impedisca di partire, perché non ho più grandi desideri, se non quello di amare sino a morire di amore (9 giugno).



281 - Madre cara, sono tutta meravigliata vedendo quello che le ho scritto ieri, quali scarabocchi! La mia mano tremava in modo tale che mi fu impossibile continuare, e ora rimpiango perfino di aver tentato di scrivere, spero di poterlo fare oggi più leggibilmente perché non sono più a letto, bensi in una bella poltroncina bianca. Sento bene, Madre, che tutto quello che le dico non è conseguente, ma sento anche, prima di parlarle del passato, il bisogno di esporle i miei sentimenti presenti, più tardi forse ne avro perduto il ricordo. Voglio dirle prima di tutto quanto sono commossa per tutte le sue delicatezze materne. Ah, mi creda, il cuore della sua figlia è pieno di riconoscenza, mai dimentichero tutto quello che le devo. Madre mia, soprattutto mi commuovono la novena che lei fa a Nostra Signora delle Vittorie e le Messe che lei fa dire per ottenere la mia guarigione. Sento che tutti questi tesori spirituali fanno un gran bene all'anima mia; all'inizio della novena le dicevo, Madre mia, che bisognava, o che la Vergine mi guarisse, o che mi portasse in Cielo, perché trovavo ben triste per lei e la comunità di avere a carico una giovane religiosa malata; ora ben volentieri rimarro malata tutta la vita se cio fa piacere al Signore, e consento perfino a che la mia vita sia lunghissima, la sola grazia che desidero è che essa sia spezzata dall'amore.



282 - No, non temo una vita lunga, non rifiuto la lotta, perché "il Signore è la rupe sulla quale sono elevata, è lui che addestra le mie mani alla lotta e le mie dita al combattimento. E il mio scudo, spero in lui. - Salmo CXLIII". Cosi, mai ho chiesto al Signore di morire giovane, pur avendo sempre sperato che sia questa la sua volontà. Spesso il Signore si contenta dei desideri di lavorare per la sua gloria, e lei sa, Madre, che i miei desideri sono tanto grandi. Lei sa anche che Gesù mi ha presentato più di un calice amaro e lo ha allontanato dalle mie labbra prima che lo bevessi, ma non prima di avermene fatto assaporare l'amarezza. Madre amata, il santo re Davide aveva ragione quando cantava: "Com'è buono, com'è dolce per dei fratelli abitare insieme in comunione perfetta". E’ vero, l'ho sentito molto spesso ma bisogna che questa unione sulla terra abbia luogo nel sacrificio. Non è affatto per vivere con le mie sorelle che sono venuta al Carmelo, è unicamente per rispondere alla chiamata di Gesù; presentivo bene che sarebbe stata una ragione di sofferenza continua vivere con le proprie sorelle, quando non si vuole concedere niente alla natura.



283 - Come si puo dire che sia più perfetto allontanarsi dai propri cari? Si è mai rimproverato a dei fratelli di combattere sullo stesso campo di battaglia, si è mai fatto loro rimprovero di volare insieme per cogliere la palma del martirio? Senza dubbio si è giudicato con ragione che essi si facevano coraggio a vicenda, ma altresi che il martirio di ciascuno diveniva il martirio di tutti. Cosi accade nella vita religiosa che i teologi chiamano un martirio. Dandosi a Dio, il cuore non perde la sua tenerezza naturale, anzi, questa tenerezza cresce divenendo più pura e più divina. Madre cara, con questa tenerezza amo lei e amo le mie sorelle; sono felice di combattere in famiglia per la gloria del Re dei Cieli, ma sono pronta anche a volare sopra un altro campo di battaglia, se il Divino Generale me n'esprimesse il desiderio. Un comando non sarebbe necessario, ma uno sguardo, un semplice segno.



284 - Da quando sono entrata nell'arca benedetta, ho sempre pensato che, se Gesù non mi portasse presto in Cielo, avrei la sorte della piccola colomba di Noè; che un giorno il Signore aprirebbe la finestra dell'arca e mi direbbe di volare lontano verso rive infedeli, portando con me il ramoscello di olivo. Madre mia, questo pensiero ha fatto crescere l'anima mia, mi ha fatto aleggiare più in alto, al disopra delle cose create. Ho capito che anche al Carmelo potevano esserci delle separazioni, che soltanto in Cielo l'unione sarà completa ed eterna; allora ho voluto che l'anima mia abiti nei Cieli, che guardi le cose della terra soltanto da lontano. Ho accettato non soltanto di esiliarmi in mezzo a un popolo sconosciuto, ma, cosa che mi era ben più amara, ho accettato l'esilio per le mie sorelle. Mai dimentichero il 2 agosto 1896, il giorno in cui partirono i missionari: in quel giorno si parlo seriamente della partenza di madre Agnese di Gesù. Ah, non avrei voluto fare un gesto per impedirle di partire; sentivo tuttavia una grande tristezza, trovavo che l'anima sua tanto sensibile, cosi delicata, non era fatta per vivere in mezzo ad anime che non l'avrebbero capita; mille altri pensieri si affollavano nel mio spirito, e Gesù taceva, non comandava alla tempesta. Ed io gli dicevo: Dio mio, per amore vostro accetto tutto: se voi lo volete, voglio soffrire fino a morire di dolore. Gesù si contento dell'accettazione, ma dopo qualche mese si parlo della partenza di suor Genoveffa e di suor Maria della Trinità; allora fu un altro genere di patimento, molto intimo, profondo: mi raffiguravo tutte le prove, le delusioni che avrebbero sofferte, e il mio cielo era coperto di nubi... soltanto il fondo del cuore rimaneva nella calma, nella pace.



285 - Madre amata, la sua prudenza seppe scoprire la volontà di Dio, e da parte sua lei proibi alle sue novizie di pensare per ora a lasciare la culla della loro infanzia religiosa; ma le loro aspirazioni lei le capiva poiché lei stessa, Madre, aveva chiesto nella sua giovinezza di andare a Saigon; è cosi che spesso i desideri delle madri trovano viva eco nell'anima delle figlie. Ora il suo desiderio apostolico trova nell'anima mia, lei lo sa, una eco fedele; mi permetta di confidarle perché ho desiderato, e desidero ancora, se la Santa Vergine mi guarirà, lasciare per una terra straniera l'oasi deliziosa nella quale vivo felice sotto il suo sguardo materno. Occorre, Madre mia (me l'ha detto lei), per vivere nei Carmeli stranieri una vocazione particolare, molte anime si credono chiamate là senza esserlo; lei mi ha anche detto che io avevo questa vocazione, e che soltanto la mia salute era un ostacolo; so bene che quest'ostacolo scomparirebbe se il Signore mi chiamasse lontano, percio vivo senza inquietudine. Se dovessi un giorno abbandonare il mio caro Carmelo, cio non accadrebbe senza ferite, Gesù non mi ha dato un cuore insensibile, e proprio perché sono capace di soffrire, desidero dare a Gesù tutto quello che posso dargli. Qui, Madre cara, vivo senz'alcun impaccio di preoccupazioni per la misera terra, ho soltanto da assolvere la dolce e facile missione che lei mi ha affidata. Qui sono colmata dalle sue premure materne, non sento la povertà perché non mi è mai mancato nulla ma, soprattutto, qui sono amata da lei e da tutte le sorelle, e quest'affetto mi è dolce. Ecco perché sogno un monastero ove sarei sconosciuta, e avrei da soffrire la povertà, la mancanza d'affetto, insomma, l'esilio del cuore.



286 - Non con l'intenzione di rendere dei servizi al Carmelo che volesse ospitarmi, lascerei tutto cio che mi è caro; senza dubbio farei tutto il possibile, ma conosco la mia inettitudine e so che, facendo del mio meglio, non arriverei a far bene, perché non ho, come dicevo or ora, conoscenza alcuna delle cose della terra. Unico mio scopo sarebbe dunque compiere la volontà del buon Dio, sacrificarmi per lui nel modo che gli piacerà. Sento bene che non avrei alcuna delusione, perché, quando ci si dispone a una sofferenza schietta e senz'alcuna mitigazione, la minima gioia diventa una sorpresa insperata, e poi lei lo sa, Madre, la sofferenza di per sé diviene la gioia più grande allorché la si ricerca come il tesoro più prezioso. No! non partirei con l'intenzione di godere il frutto delle mie fatiche; se fosse questo il mio scopo, non proverei la pace dolce che m'inonda, e soffrirei invece per non potere concretare la mia vocazione verso le missioni lontane. Da gran tempo non appartengo più a me stessa, mi sono offerta totalmente a Gesù, egli è dunque libero di far di me cio che preferisce. Mi ha dato l'attrattiva verso un esilio completo, mi ha fatto capire tutte le sofferenze che troverei in esso, chiedendomi se volevo bere questo calice fino alla feccia; subito ho voluto prendere la coppa che Gesù mi presentava, ma lui, ritirando la mano, mi ha fatto capire che l'accettazione gli bastava.


87 287 - Madre mia, da quali inquietudini ci liberiamo facendo il voto di obbedienza! Come sono felici le semplici religiose! La loro unica bussola è la volontà dei superiori, e sono sempre sicure di trovarsi sul retto sentiero, non hanno da temere d'ingannarsi nemmeno se a loro pare che i superiori certamente sbaglino. Ma quando non si guarda più la bussola infallibile, quando ci si allontana dalla via che essa ci indica, e si fa cio col pretesto di far la volontà di Dio, come se egli non guidasse chiaramente coloro che pure tengono il suo posto, subito l'anima si smarrisce nei sentieri aridi ove l'acqua della grazia le viene a mancare Madre cara, lei è la bussola che Gesù mi ha dato per condurmi sicuramente alla riva eterna. Quanto mi è dolce fissare su lei il mio sguardo, e compiere cosi la volontà del Signore! Dopo che egli mi ha permesso di soffrire le tentazioni contro la fede, egli stesso ha aumentato nel mio cuore lo spirito di fede, e questo mi fa vedere in lei non soltanto una Madre la quale mi ama e che io amo, ma soprattutto mi fa vedere Gesù vivo nell'anima sua, Gesù che mi comunica la propria volontà attraverso lei. So bene Madre mia, che ella mi tratta da anima debole, come bimba coccolata, cosi non duro fatica a portare il fardello dell'obbedienza, ma mi sembra, secondo cio che sento nel profondo di me, che non cambierei condotta, e che il mio affetto verso lei non soffrirebbe diminuzione se mi trattasse severamente, perché vedrei ancora la volontà di Gesù nel suo modo di agire, per il più gran bene della mia anima



288 - Quest'anno, cara Madre, il Signore mi ha concesso la grazia di capire che cosa è la carità; prima lo capivo, è vero, ma in un modo imperfetto, non avevo approfondito queste parole di Gesù: "Il secondo comandamento è simile al primo: amerai il prossimo tuo come te stesso". Mi dedicavo soprattutto ad amare Dio, e amandolo ho capito che l'amore deve tradursi non soltanto in parole, perché: "Non coloro che dicono: Signore, Signore! entreranno nel regno dei Cieli, bensi coloro che fanno la volontà di Dio". Questa volontà Gesù l'ha fatta conoscere varie volte, dovrei dire quasi in ciascuna pagina del suo Vangelo; ma nell'ultima cena, quando egli sa che il cuore dei suoi discepoli brucia ancor più di amore per lui che si è dato ad essi nell’ineffabile mistero della Eucaristia, questo dolce Salvatore vuole dare un comandamento nuovo. Dice loro con tenerezza inesprimibile: "Vi do un comandamento nuovo, di amarvi reciprocamente; come io ho amato voi, amatevi l'un l'altro. Il segno dal quale tutti conosceranno che siete miei discepoli sarà che vi amate scambievolmente" In qual modo Gesù ha amato i suoi discepoli, e perché li ha amati? Ah, non erano le loro qualità naturali che potevano attirarlo, c'era tra loro e lui una distanza infinita. Egli era la Scienza, la Sapienza eterna; essi erano dei poveri pescatori ignoranti e pieni di pensieri terrestri. Tuttavia Gesù li chiama suoi amici, suoi fratelli. Vuole vederli regnare con lui nel regno di suo Padre, e per aprire loro questo regno vuole morire sopra una croce, perché ha detto: "Non c'è amore più grande che dare la vita per coloro che amiamo".



289 - Madre amata, meditando su queste parole di Gesù ho capito quanto l'amore mio per le mie sorelle era imperfetto, ho visto che non le amavo come le ama Dio. Capisco ora che la carità perfetta consiste nel sopportare i difetti degli altri, non stupirsi delle loro debolezze, edificarsi dei minimi atti di virtù che essi praticano, ma soprattutto ho capito che la carità non deve restare affatto chiusa nel fondo del cuore: "Nessuno - ha detto Gesù - accende una fiaccola per metterla sotto il moggio, ma la mette sul candeliere affinché rischiari tutti coloro che sono in casa". Mi pare che questa fiaccola rappresenti la carità la quale deve illuminare, rallegrare, non soltanto coloro che mi sono più cari, ma tutti coloro che sono nella casa, senza eccettuare nessuno.



290 - Quando il Signore aveva comandato al suo popolo di amare il prossimo come se stesso, non era venuto ancora sulla terra; cosi, sapendo bene a qual punto si ami la propria persona, non poteva chiedere alle sue creature un amore più grande per il prossimo. Ma quando Gesù dà ai suoi apostoli un comandamento nuovo, il comandamento proprio suo, come dirà altrove, non parla di amare il prossimo come se stessi, bensi di amarlo come lui, Gesù, l'ha amato, come l'amerà fino alla consumazione dei secoli. Signore, so che voi non comandate alcunché d'impossibile, conoscete meglio di me la mia debolezza, la mia imperfezione, voi sapete bene che mai potrei amare le mie sorelle come le amate voi, se voi stesso, o mio Gesù, non le amaste ancora in me. E perché voi volevate concedermi questa grazia, che avete fatto un comandamento nuovo. Oh, come l'amo, il vostro comandamento, poiché mi dà la sicurezza che la volontà vostra è di amare in me tutti coloro che voi mi comandate di amare. Si, lo sento, quando sono caritatevole è Gesù solo che agisce in me, più sono unita con lui, più amo anche tutte le mie sorelle. Quando voglio aumentare in me quest'amore, soprattutto quando il demonio cerca di mettermi davanti agli occhi dell'anima i difetti di quella o quell'altra sorella che mi è meno simpatica, mi affretto a cercare le sue virtù, i suoi buoni desideri; mi dico che, se l'ho vista cadere una volta, ella puo bene avere riportato un gran numero di vittorie che nasconde per umiltà, e perfino cio che mi pareva un errore puo benissimo essere, a causa dell'intenzione, un atto di virtù.



291 - Non duro fatica a persuadermene, perché un giorno ho fatto una piccola esperienza che mi ha dimostrato come non si debba giudicare mai. Fu durante una ricreazione, la portiera suono due colpi, bisognava aprire la porta grande degli operai per far entrare degli alberi destinati al presepio. La ricreazione non era gaia perché lei non c'era, Madre cara, percio io pensavo che se m'avessero mandato a servire da "terza", sarei stata ben contenta; la madre sottopriora mi disse proprio di andare io, oppure la consorella che si trovava accanto a me. Io cominciai a togliermi subito il grembiule, abbastanza lentamente affinché la mia compagna si liberasse del suo prima di me, perché pensavo di farle piacere lasciandole la possibilità di essere "terza". La suora che sostituiva la portiera ci guardava ridendo, e quando vide che mi ero alzata ultima, mi disse: "Avevo ben pensato che non sarebbe stata lei a guadagnare una perla per la sua corona, andava troppo piano...". Certamente tutta la comunità credette che avessi agito per natura, e non saprei dire quanto bene all'anima mi abbia fatto una cosa cosi piccola, rendendomi indulgente per le debolezze delle altre. Cio mi impedisce anche di provare un senso di vanità quando sono giudicata favorevolmente, perché mi dico questo: poiché prendono per imperfezione i miei piccoli atti di virtù, potranno altrettanto bene ingannarsi prendendo per virtù cio che è soltanto imperfezione. Allora dico con san Paolo: "Mi metto ben poco in angustie per il giudizio di qualsiasi tribunale umano. Non mi giudico io stessa, colui che mi giudica e' il Signore". Cosi per rendere favorevole quel giudizio, o piuttosto per non essere giudicata affatto, voglio aver sempre pensieri caritatevoli, perché Gesù ha detto: "Non giudicate, non sarete giudicati".



292 - Madre mia, leggendo cio che ho scritto, potrebbe credere che la pratica della carità non mi sia difficile. E’ vero, da qualche mese non ho più da combattere per praticare questa bella virtù; non voglio dire con cio che non mi accada mai di fare errori, oh, sono ben troppo imperfetta per questo! ma non mi costa grande fatica rialzarmi quando sono caduta, perché in un certo combattimento ho riportato vittoria; cosi la milizia celeste mi viene ora in soccorso, non potendo ammettere di vedermi vinta dopo che sono stata vittoriosa nella gloriosa lotta che cerchero di descrivere. C'è in comunità una consorella la quale ha il talento di dispiacermi in tutte le cose, le sue maniere, le sue parole, il suo carattere mi sembrano molto sgradevoli. Tuttavia è una santa religiosa che deve essere graditissima al Signore, percio io, non volendo cedere all'antipatia naturale che provavo, mi sono detta che la carità non deve consistere nei sentimenti, bensi nelle opere; allora mi sono dedicata a fare per questa consorella cio che avrei fatto per la persona più cara. Ogni volta che la incontravo, pregavo il buon Dio per lei, offrendogli tutte le sue virtù e i suoi meriti. Sentivo che cio era bene accetto a Gesù, perché non c’è artista al quale non piaccia ricevere lodi per le sue opere, e Gesù, l'artista delle anime, è felice quando non ci si ferma all'esterno, e invece, penetrando fino al santuario intimo che egli si è scelto come dimora, se ne ammira la bellezza. Non mi contentavo di pregare molto per la sorella che mi suscitava tanti conflitti interni, cercavo di farle tutti i favori possibili, e quando avevo la tentazione di risponderle sgarbatamente, mi limitavo a farle il più amabile dei miei sorrisi, e cercavo di stornare la conversazione perché è detto nell'Imitazione: "E meglio lasciar ciascuno nel suo sentimento piuttosto che fermarsi a contestare" Spesso anche, quando non ero in ricreazione (voglio dire durante le ore di lavoro), avendo a che fare per ufficio con questa consorella, quando i miei contrasti intimi erano troppo violenti, fuggivo come un disertore. Poiché ignorava assolutamente quello che sentivo per lei, mai ha supposto i motivi della mia condotta, e rimane persuasa che il suo carattere mi è piacevole. Un giorno in ricreazione mi ha detto press'a poco queste parole, tutta contenta: "Mi potrebbe dire, suor Teresa di Gesù Bambino, che cosa l'attira verso me, perché ogni volta che mi guarda, la vedo sorridere?". Ah, quello che mi attirava, era Gesù nascosto in fondo all'anima di lei... Gesù che rende dolce quello che c'è di più amaro. Le risposi che le sorridevo perché ero contenta di vederla (beninteso non aggiunsi che era dal punto di vista spirituale).



293 - Madre cara, l'ho già detto, il mio mezzo supremo per non essere vinta nei combattimenti è la diserzione, lo usavo già, questo mezzo, durante il noviziato, mi è sempre riuscito perfettamente. Voglio citare, Madre, un esempio che credo la farà sorridere. Durante una delle sue bronchiti, venni un mattino piano a riportarle le chiavi della grata della Comunione, perché ero sacrestana; in fondo, non ero affatto contrariata per quell'occasione di vederla, ne ero anzi molto contenta, ma mi guardai bene dal farlo conoscere. Una consorella, animata di santo zelo e che in realtà mi amava molto, vedendomi entrare da lei, Madre mia, credette che l'avrei svegliata, e volle prendermi le chiavi, ma io ero troppo smaliziata per dar gliele e cedere i miei diritti. Le dissi con la maggior cortesia possibile che anch'io desideravo non svegliarla, che stava a me restituire le chiavi. Capisco ora che sarebbe stato ben più perfetto cedere a quella consorella, giovane, è vero, ma sempre più anziana di me. Non lo capivo allora, percio, volendo assolutamente entrare dietro a quella, nonostante che ella mi spingesse la porta per impedirmi di passare, ben presto il guaio che temevamo accadde: il rumore che facevamo le fece aprire gli occhi. Allora, Madre mia, tutto ricadde su me, la povera consorella alla quale avevo resistito si mise a tirare fuori tutto un discorso il cui fondo era questo: E suor Teresa di Gesù Bambino che ha fatto rumore... mio Dio, come è sgradevole, ecc. Io che sentivo tutto il contrario, avevo una gran voglia di difendermi; fortunatamente mi venne un'idea luminosa: mi dissi che certamente, se avessi cominciato a giustificarmi, non avrei potuto mantenere la pace dell'anima, sentivo altresi che non avevo abbastanza virtù per lasciarmi accusare senza dir nulla, percio l'ultima tavola di salvezza era la fuga. Pensare e fare fu tutt'uno, partii senza tamburo né tromba, mentre la consorella continuava il suo discorso che somigliava alle imprecazioni di Camilla contro Roma. Il cuore mi batteva tanto forte che mi fu impossibile andar lontano, e mi sedetti sulle scale per godere in pace il frutto della mia vittoria. Non era un atto di grande valore, è vero, ma credo tuttavia sia meglio non esporsi alla battaglia quando la sconfitta è sicura.



294 - Ahimè! quando mi riporto al tempo del mio noviziato, vedo quanto ero imperfetta... Mi affliggevo per cose tanto piccole che ora ne rido. Oh, com'è buono il Signore d'aver fatto crescere l'anima mia e averle dato le ali. Tutte le reti dei cacciatori non potrebbero farmi paura perché: "Invano si gettano le reti davanti a coloro che hanno le ali" (). Più tardi, senza dubbio, il tempo attuale mi parrà ancora pieno d'imperfezioni, ma ora non mi stupisco più di nulla, non mi affliggo vedendo che sono la debolezza stessa, al contrario, in essa mi glorifico e mi aspetto giorno per giorno di scoprire in me nuove imperfezioni.



295 - Ricordandomi che la "carità copre una moltitudine di peccati", attingo a questa miniera feconda che Gesù ha aperto dinanzi a me. Nel Vangelo, il Signore spiega in che cosa consiste il suo "comandamento nuovo". Dice in S. Matteo: "Sapete che è Stato detto: Amerete il vostro amico e odierete il vostro nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici, pregate per coloro che vi perseguitano". Senza dubbio, nel Carmelo non s'incontrano nemici, ma in definitiva ci sono delle simpatie, ci si sente attratti verso una consorella, mentre un'altra vi farebbe fare un lungo giro per evitare d'incontrarla, cosi, pur senza saperlo, ella diviene un soggetto di persecuzione. Ebbene! Gesù mi dice che questa sorella bisogna amarla, che bisogna pregare per lei, quand'anche la sua condotta mi portasse a credere che ella non mi ami: "Se voi amate coloro che vi amano, che merito ne avrete? perché anche i peccatori amano coloro che li amano" (S. Luca, VI).



296 - Ma non basta amare, bisogna dimostrarlo. Si è naturalmente felici di fare un dono a un amico, soprattutto ci piace fare delle sorprese, ma cio non è affatto carità, perché lo fanno anche i peccatori. Ecco cio che Gesù m'insegna ancora: "Date a chiunque vi chiede; e se vi prendono cio che vi appartiene, non lo richiedete". Dare a tutte coloro che chiedono, è meno dolce che offrire spontaneamente per l'impulso del cuore; ancora, quando ci chiedono gentilmente, non ci costa di dare; ma se per disgrazia non usano parole abbastanza delicate, subito l'anima si ribella se non è radicata nella carità. Trova mille motivi per rifiutare quello che le viene chiesto, e, solo dopo aver fatto sentire a chi domanda la sua indelicatezza, le accorda infine come grazia cio che quella desidera, oppure le fa un lieve favore che avrebbe richiesto un tempo venti volte minore a quello che c'è voluto per far valere diritti immaginari. Se è difficile dare a chiunque domanda, lo è ancora di più lasciar prendere quel che ci appartiene senza pretendere che ce lo restituiscano. Madre mia, dico che è difficile, piuttosto dovrei dire che sembra difficile, perché il giogo del Signore è soave e leggero; quando lo si accetta, sentiamo subito la sua dolcezza ed esclamiamo col Salmista: "Ho corso nella via dei vostri comandamenti, dopo che voi avete dilatato il mio cuore". Soltanto la carità puo dilatare il mio cuore. O Gesù, da quando questa fiamma dolce mi consuma, corro con gioia sulla via del vostro comandamento nuovo. Voglio correre in essa fino al giorno felice nel quale, unendomi al corteo verginale, potro seguirvi negli spazi infiniti, cantando il vostro cantico nuovo, quello dell'Amore.



297 - Dicevo: Gesù non vuole che io reclami cio che mi appartiene; cio dovrebbe sembrarmi facile e naturale, poiché niente è mio. Ai beni della terra ho rinunciato per il voto di povertà, non ho dunque il diritto di lamentarmi se mi viene tolta una cosa che non mi appartiene, e debbo invece rallegrarmi quando mi accade di sentirla, la povertà. In altri tempi mi pareva di non essere attaccata a nulla, ma da quando ho capito le parole di Gesù, vedo che, all'atto pratico, sono molto imperfetta. Per esempio, delle cose necessarie per dipingere nessuna e mia, lo so bene; ma se, mettendomi all'opera, trovo pennelli e pitture tutti sottosopra, se un regolo o un temperino sono spanti, la pazienza è li li per abbandonarmi e devo prendere il coraggio a due mani per non richiedere con una certa amarezza gli oggetti che mi mancano. Bisogna bene, a volte, chiedere le cose indispensabili, ma facendolo con umiltà non si manca al comandamento di Gesù, anzi, si agisce come i poveri, i quali tendono la mano per ricevere cio che loro è necessario: se vengono respinti, non se ne meravigliano, nessuno deve loro niente. Ah, quale pace inonda l'anima quando s'innalza al di sopra dei sentimenti della natura! Non esiste gioia paragonabile a quella che gusta il vero povero di spirito. Se chiede con distacco una cosa necessaria, e non soltanto questa cosa gli viene rifiutata, ma addirittura cercano di prendere quello che ha, egli segue il consiglio di Gesù: "Abbandonate anche il vostro mantello a colui che vuol litigare per avere il vostro vestito"



298 - Abbandonare il proprio mantello è, mi sembra, rinunziare ai propri ultimi diritti, considerarsi come la serva, la schiava delle altre. Quando si è lasciato il proprio mantello è più facile camminare, correre, percio Gesù aggiunge: "E chiunque vi forzi a fare mille passi, fatene duemila di più con lui". Cosi non basta dare a chiunque mi chieda qualche cosa, bisogna che io vada incontro ai desideri, che mi mostri molto grata ed onorata di rendermi utile, e se prendono una cosa a mio uso, non debbo mostrare di rimpiangerla, ma al contrario sembrare felice di esserne sbarazzata. Madre cara, sono ben lontana dal praticare quello che comprendo, tuttavia il solo desiderio che ne ho, mi dà la pace.



299 - Più ancora che negli altri giorni, sento che mi sono spiegata malissimo. Ho fatto una specie di discorso sulla carità che deve averla stancata nel leggerlo; mi perdoni, Madre cara, e pensi che in questo momento le infermiere praticano riguardo a me cio che io sto scrivendo: non esitano a fare duemila passi là dove venti basterebbero, ho dunque potuto contemplare la carità in atto! Senza dubbio l'anima mia deve sentirsene tutta profumata; quanto al mio spirito, confesso che si è un poco paralizzato davanti a una simile dedizione, e la mia penna ha perduto di leggerezza. Perché mi sia possibile trascrivere i miei pensieri, bisogna che io sia come il passero solitario e veramente cio mi accade assai di rado. Appena comincio a prendere la penna, ecco una buona consorella che mi passa vicino con la forca sulla spalla. Crede distrarmi facendo due chiacchiere, fieno, anatre, polli, visita del dottore, tutto è tirato in ballo; per dire il vero, non dura a lungo, ma di consorelle caritatevoli ce n'è più d'una, e a un tratto un'altra rivoltatrice di fieno mi depone dei fiori sulle ginocchia, credendo forse d'ispirarmi idee poetiche. Io che in questo momento non ne ho bisogno, preferirei che i fiori restassero a dondolare sui loro steli. Finalmente, stanca di aprire e chiudere questo famoso quaderno, apro un libro (che non vuol restare aperto) e dico risolutamente che copio pensieri dei Salmi e del Vangelo per la festa di Nostra Madre. E ben vero, perché non faccio economia di citazioni.



300 - Madre cara, la divertirei, credo, raccontandole tutte le avventure mie nei boschetti del Carmelo non so se ho potuto scrivere dieci righe senza essere disturbata; cio non dovrebbe farmi ridere né divertirmi, tuttavia per amore di Dio e delle mie sorelle (cosi caritatevoli verso me) cerco di aver l'aria contenta e soprattutto di esserlo... Ecco qua, una rivoltatrice si allontana dopo avermi detto con tono compassionevole: "Povera sorellina, la deve stancare scrivere cosi tutto il giorno". -"Stia tranquilla - le ho risposto - pare che io scriva molto, ma in verità non scrivo quasi nulla". - "Tanto meglio! - mi ha detto con un'aria rassicurata - ma è lo stesso, io sono contenta che qui si stia rivoltando il fieno, perché la distrae sempre un pocchino" -. Infatti, è una distrazione cosi grande per me (senza contare le visite delle infermiere) che non mentisco dicendo: non scrivo quasi nulla. Per fortuna non mi scoraggio facilmente, e per dimostrarglielo, Madre mia, finiro di spiegarle cio che Gesù mi ha fatto capire riguardo alla carità. Finora le ho parlato soltanto dell'esterno, ora vorrei confidarle come io capisco la carità puramente spirituale. Sono ben sicura che non tardero a confondere una e l'altra, ma, Madre mia, poiché parlo a lei, è certo che non le sarà difficile cogliere il mio pensiero e sbrogliare la matassa di sua figlia.



301 - Non sempre è possibile al Carmelo praticare alla lettera le parole del Vangelo, si è talvolta costrette, per ragioni di ufficio, a rifiutare un piacere; ma quando la carità ha gettato radici profonde nell'anima, si mostra anche all'esterno. C'è un modo cosi garbato di rifiutare quello che non si puo fare, che il rifiuto fa piacere quanto il dono. E vero che ci si perita meno a chiedere un favore a una consorella sempre disposta a farlo, eppure Gesù ha detto: "Non evitate colui che vuole un prestito da voi". Cosi, sotto pretesto che si sarebbe costrette a rifiutare, non dobbiamo allontanarci dalle consorelle che hanno l'abitudine di chiedere sempre dei piaceri. E nemmeno si deve essere condiscendenti al fine di far bella figura o nella speranza che un'altra volta la sorella cui facciamo un favore ce lo restituisca, perché nostro Signore ha detto anche: "Se voi prestate a coloro dai quali sperate ricevere qualche cosa, che merito ne avrete? Perché anche i peccatori prestano ai peccatori alfine di riceverne altrettanto. Ma quanto a voi, fate del bene, prestate senza sperare nulla, e la vostra ricompensa sarà grande". Si! la ricompensa è grande anche sulla terra. Su questa via non c’è che il primo passo che costi. Prestare senza sperare niente sembra duro alla natura, si preferirebbe regalare, perché una cosa donata non appartiene più. Quando vi vengono a dire con espressione convintissima: "Sorella, ho bisogno del suo aiuto per qualche ora, ma stia tranquilla, ho il permesso di Nostra Madre e le restituiro il tempo che lei mi dà, perché so quanto lei è occupata"; veramente, quando sappiamo benissimo che mai quel tempo prestato da noi ci verrà restituirlo, sarebbe più piacevole dire: "gliene faccio dono". Cio contenterebbe l'amor proprio, perché dare è un atto più generoso che prestare, e poi facciamo sentire alla consorella che non contiamo sui servizi di lei... Oh, gl'insegnamenti di Gesù come sono contrari ai sentimenti della natura! Senza il soccorso della sua grazia sarebbe impossibile non solamente metterli in pratica, bensi anche capirli.






Manoscritto C