Origene su Matteo 1013


CONCLUSIONE SULLE PARABOLE DEL REGNO

1014
14. L

Avete capito tutto cio? Gli dicono: Si .

Colui che conosce quel che è nei cuori degli uomini,

rifiuto del Vangelo che la Chiesa annuncia (cf. Girod, Introduzione, cit.,

46ss.).

(6) Cf. 1 Tm 3, 16. "(I Giudei) negano l'onore dovuto a colui che è sopra tutti i profeti, colui in virtù del quale i profeti furono tali... Nella mia patria invece sono onorati non soltanto i profeti ma anche colui che Dio ha fatto sorgere, secondo le parole dette a suo riguardo da Mosè:

"Il Signore nostro Dio vi farà sorgere un profeta come me tra i vostri fratelli: ascoltatelo". La sua patria infatti non era tra i gentili che hanno ricevuto la salvezza per la caduta d'Israele" (Cm Gv XIII,
Lv 543).

8 Mt 13, 54. 9 Mt 13, 54c.

(7) Cf. Rm 10, 18; 2 Ts 3, 1; Sal 18 (19), 4-5: "In tale salmo senza dubbio nella varietà delle lingue e dei discorsi vanno intese le genti"

(Cm Rm VIII, VI, cit., II, 49); "Il Verbo predicato con la potenza ha conquistato ogni genere di uomini; e non si puo vedere alcun popolo, che si sia sottratto alla accettazione dell'insegnamento di Gesù" (C Cel II, 13, 147).

(8) Cf. Ef 2, 12. "Una teologia sul popolo di Dio - in Origene - (è) fondamentalmente una teologia sui "due popoli": sulla Sinagoga (quella antica prima di tutto, ma anche quella contemporanea) e sulla Chiesa, che è, quasi esclusivamente, una "Chiesa dai Gentili". Il cristiano viene cosi da una parte sempre riconfrontato con la sua provenienza (idolatria ed estraneità alle promesse), dall'altra portato a riflettere sul legame dei due Testamenti e ancor più sul superamento dell'Antico avvenuto in Gesù Cristo" (Sgherri, Chiesa, 326).

Commento a Matteo, Libro X, 17-18 135

Cristo Gesù, stando all'insegnamento che di lui è dato da Giovanni nel Vangelo, domanda non perché non sa (1), ma perché, una volta che ha assunto un uomo, si serve anche di tutti i modi umani, uno dei quali è quello di domandare.

Non è da stupirsi che il Salvatore agisca cosi, dal momento che anche il Dio dell'universo, adattandosi alle capacità degli uomini, come un uomo si abbassa ai modi di suo figlio (2), pone domande, come nelle parole: Adamo, dove sei? , e Dov'è Abele, tuo fratello? . Farebbe violenza al tenore delle parole uno che a questo punto dicesse che le parole: avete capito, sono state dette in senso non interrogativo, ma affermativo, e che i discepoli rispondono di si, per dar conferma alla sua affermazione.

Ad ogni modo, che faccia una domanda o

10 Mt 12, 42. 11 Mt 13, 55a. 12 Mt 13, 55b.56.

(10) Cosi si esprime il Protoevangelo di Giacomo, IX, 1-2: "Una colomba usci dalla verga e volo sulla testa di Giuseppe. Allora il sacerdote disse: "Giuseppe, Giuseppe, tu sei stato eletto dalla sorte a prendere la vergine del Signore in custodia per te". Ma Giuseppe rifiuto, dicendo: "Ho già figli e son vecchio; ella invece è giovane; temo di diventar lo scherno dei figli d'Israele". Ma il sacerdote replico a Giuseppe:

"Temi il Signore Dio tuo..."" (Gli Apocrifi del Nuovo Testamento [M. Erbetta], I, 2, Genova 1992, 23). Quanto al Vangelo secondo Pietro, i frammenti rimasti non sono relativi all'Infanzia del Salvatore (Girod, cit.,

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un'affermazione, l'essenziale è che non dica solo questo, che è dimostrativo, né soltanto tutto, ma tutto questo (3). Sembrerebbe, adesso, dichiarare che i discepoli sono diventati Scribi prima del regno dei cieli. Ma a tale impressione si opporrà cio che negli Atti degli Apostoli viene detto in questo modo: Vedendo la franchezza di Pietro e di Giovanni e comprendendo che erano uomini ignoranti e popolani, erano stupefatti e li riconobbero come

coloro che erano con Gesù (4).

Percio qualcuno in proposito potrebbe chiedere: se erano Scribi, come mai negli Atti sono detti ignoranti e popolani (5)? E se erano ignoranti e popolani, come mai in quel passo il Salvatore li chiama apertamente Scribi?

A questi interrogativi si potrebbe rispondere, o che

(11) Lc 1, 35. "E come la sua ombra non darebbe vita a noi, dal momento che a proposito della concezione di Maria si dice: "Lo Spirito Santo verrà sopra di te"...? E intervenuta l'adombrazione dell'Altissimo nella concezione del suo corpo..." (Cm Ct III, cit., 196s.); "Non c'è alcun figlio di Maria, se non Gesù, secondo l'opinione di coloro che pensano rettamente intorno a lei"; "Gesù, nato dalla Vergine senza concorso di seme virile" (Cm Gv I, IV e Fr. XXVII, 123.838; cf. Om Lc VII, 4, 75): "Ignazio, Policarpo, Ireneo, il martire Giustino, e molti altri uomini apostolici ed eloquenti" sostennero nella Chiesa la perenne verginità di Maria (Girolamo, La perenne verginità di Maria 17 [M.I. Danieli], Roma 1988, 62; cf. H. Crouzel, Virginité et mariage selon Origène, Paris-Bruges 1963, 126ss.135s.; C. Vagaggini, Maria nelle opere di Origene , Roma 1942, 120-130; A. Quacquarelli, La natività dalla iconografia dei primi secoli attraverso gli apocrifi , in Retorica patristica e sue istituzioni interdisciplinari, Roma 1995, 365).

(12) "(A questa) donna ancora pura, e casta, e vergine... si addice procreare un figlio, al quale si puo dare il nome "Dio con noi"" (C Cel I, 35,

81). Girolamo estenderà anche a Giuseppe il dono della verginità, per irradiazione di grazia dalla carne dell'uomo-Dio: "Altro non resta che rimanesse vergine con Maria colui che merito di essere chiamato padre del Signore" (La perenne verginità 19, cit., 64). In simili riflessioni teologiche, estensive dei dati scritturistici, la patristica assume la "attività

Commento a Matteo, Libro X, 18 137

negli Atti non tutti sono chiamati ignoranti e popolani, ma solo Pietro e Giovanni, e che essendoci più discepoli, a quelli che intendevano tutto si riferivano le parole: ogni scriba, ecc., oppure che si chiama "scriba" ognuno che è istruito nell'insegnamento letterale della legge (6), sicché anche gli ignoranti e rozzi, se guidati dalla lettera della legge, sono detti in certo senso Scribi. E conviene soprattutto ai rozzi, che non sanno interpretare in senso allegorico e non intendono le realtà delle Scritture dotate di senso anagogico, ma credono e rivendicano soltanto la lettera, di essere chiamati "Scribi".

(cf. S. Carbone - G. Rizzi, La tematica della salvezza secondo alcune versioni giudaiche della Scrittura, RivBiblIt XLIII [1995], 1-2, 104).

(13) Cf. Gal 1, 19; Mc 6, 3; At 12, 17. "(Giuseppe Flavio)... quasi controvoglia non giunge molto lontano dalla verità, quando dice che queste cose sono capitate ai Giudei per render giustizia di Giacomo il giusto, il quale era fratello "di Gesù chiamato il Cristo"... Non si puo dire con più ragione che questo avvenne a causa di Gesù detto il Cristo?"

(C Cel I, 47; II, 13, 94.147). Per la discussione su questa fonte di

Origene, cf. Introduzione dello Girod, cit., 113ss.; Sgherri, Chiesa, 96ss.

(14) Cf. Gv 9, 30. Il commento passa a un cenno su Giuda come autore di una epistola "canonica", cosa che non viene fatta per Giacomo. Il silenzio, nell'ampio passo su Giacomo, non prova di per sé né che Origene ritenesse non autentica la Lettera di Giacomo, né che egli escludesse come autore di tale epistola il fratello del Signore più volte menzionato, né ancora che si possa risolvere in una interpolazione rufiniana la menzione di entrambi nelle Omelie su Giosuè: "Pietro fa echeggiare le trombe delle sue due epistole, cosi Giacomo e Giuda" (Om Gs VII, 1, 117). Una citazione esplicita di Giacomo puo ritenersi quella di Cm Mt X, 8, nota (10); sul silenzio riguardo alle "Epistole cattoliche", cf. S. Leanza, Origene, in La Bibbia nell'antichità cristiana (E. Norelli), I, Bologna 1993, 394.

(15) Gd 1. I pochi versetti di Giuda esprimono l'efficacia e la pienezza della verità divina contenuta nelle Scritture, le quali, "come Dio, ...operano quanto dicono" (H. de Lubac, Storia, 325).

(16) Mt 13, 56a. Si affaccia un dubbio sull'essere di Gesù: "Né da

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Cosi si spiegheranno anche le parole: guai a voi, Scribi e Farisei, ipocriti , come rivolte a ognuno che non capisce altro che la lettera. In proposito, ricercherai se lo scriba del Vangelo sia come lo scriba della Legge, e se chi legge e ascolta la Legge e afferma: queste cose sono come allegorie (7) sia d'esempio a chi legge il Vangelo, in quanto pur salvaguardando la storia legata agli eventi, sa elevarsi senza ostacoli alle realtà spirituali, per avere non le conoscenze degli spiriti del male , ma quelle che sono contro gli spiriti del male, le conoscenze degli spiriti del bene.

Ora uno scriba diventa discepolo del regno dei cieli (8) nel senso più semplice quando dal giudaismo

un lato Gesù volle far conoscere ad ognuno e a tutti tutto quel che lo riguardava, né dall'altro volle rimanere interamente sconosciuto" (C Cel II, 72, 206); "(Il Salvatore), attraverso la sua incarnazione, ci ha fatto vedere, come per una fi-

14 Cf. Mt 13, 57.

nestra, la luce della divinità" (Om Gs III, 5, 81): la umanità del Cristo "è come "finestra" che lascia filtrare tanta luce di divinità quanta a noi uomini è dato sopportare" (cf. Scognamiglio, Anthropos, cit., 197; H. Crouzel, Théologie de l'Image de Dieu chez Origène , Paris 1956,

140ss.).

(17) Gv 7, 15. Altrove Origene commenta questo interrogativo sul mistero: "Rifletti un po' allora se sia possibile che uno creda secondo un certo aspetto e non creda secondo un altro aspetto... Coloro i quali credono nel Gesù che è stato crocifisso nella Giudea sotto Ponzio Pilato ma non credono in lui come colui che è nato dalla Vergine Maria, costoro credono e non credono nella medesima persona... Quelli che credono nel Gesù che ha compiuto nella Giudea i prodigi e i segni... ma non credono in lui come Figlio di colui che ha creato il cielo e la terra, credono e non credono nella medesima persona... Ed è probabile che credessero in lui secondo (l'aspetto) visibile... mentre non credevano alle cose dette da lui in senso più profondo" (Cm Gv XX, XXX, 657s.).

"Nello spirito di Origene, il Salvatore ha bisogno degli uomini per rivelarsi", non perché la rivelazione dipenda dalla soggettività umana, ma perché il Verbo non costringe "gli uomini ad accoglierlo" (Fédou, La

Commento a Matteo, Libro X, 18 139

passa a ricevere l'insegnamento ecclesiale di Gesù Cristo; mentre nel senso più profondo, lo diventa quando, dopo aver appreso le nozioni introduttive mediante la lettura delle Scritture, ascende a quelle realtà spirituali che si chiamano "regno dei cieli" (9).

Riuscire appunto a cogliere ogni concetto, il comprenderlo a livello superiore, raffigurarlo e dimostrarlo, è capire il regno del cielo, si che chi abbonda della conoscenza senza inganno, nel regno fa parte della

(18) Cf. Lc 24, 16. In chiave storico-salvifica, l'ottenebramento colpisce Israele, come un tempo Faraone, la cui ragione era stata

"indurita dai raggi di Dio" che avevano visitato Israele (Philocalie 27,

13, in Origène, Philocalie 21-27. Sur le libre arbitre [?. Junod], SC 226, Paris 1976, 312s.); "Al tempo del loro soggiorno in Egitto... (i figli d'Israele) vivevano secondo i costumi e le leggi egiziane", e fu la misericordia di Dio per mano di Mosè a liberarli; ma "oggi essi non credono in Cristo... e "la nuova condizione è peggiore della precedente"" (Om Lc Fr. 77, 283). Sul mistero d'Israele nella tradizione giudaico-cristiana, cf. C.A. Evans, To see and not perceive, JSOTSS

64, Sheffield 1989. In senso tropologico, l'ottenebramento puo applicarsi all'apice dell'anima che perde la memoria di Dio (cf. Om Es I,
5; II, 1, 47.55).

(19) Cf. Col 2, 15. "La croce del Signore nostro Gesù Cristo fu doppia... composta di due aspetti correlativi: l'uno visibile, secondo cui il Figlio di Dio fu crocifisso nella carne, l'altro invisibile, per cui su quella croce fu crocifisso il diavolo, "con i suoi principati e le sue potestà"... Duplice pertanto è il senso della croce del Signore" (Om Gs VIII, 3, 136; cf. De Lubac, Storia, 233s.; Monaci Castagno, Origene, 153).

(20) Mt 13, 57. Origene si è posto in maniera profonda di fronte al carisma profetico, considerando la vocazione di Israele alla profezia, e, in esso, la chiamata peculiare di alcuni: "Io ricercavo spesso tra me stesso perché mai, quando c'erano i profeti di Dio e i falsi profeti,

(questi) trovavano compiacenza presso i loro re più dei profeti, e i libri dei falsi profeti non furono scritti né salvati tra il popolo, mentre quelli dei profeti... che hanno sofferto quanto sappiamo, sono divenuti di dominio pubblico e sono stati onorati... Dico, prendendo occasione dall'Apostolo, che c'era nel popolo un carisma come per profetare cosi per discernere i profeti" (Origen on I Cor, Fr. LXXIII [C. Jenkins], JThS X [1909/1965], 41, trad. in Sgherri, Chiesa, 185).

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moltitudine di quelli che sono cosi spiegati come

"cieli" (10).

Cosi pure spiegherai in senso allegorico le parole: Convertitevi, perché si è avvicinato il regno dei cieli (11), nel senso che gli Scribi - vale a dire coloro che si adagiano nella semplice lettera - convertendosi da siffatta interpretazione letterale, diventano discepoli dell'insegnamento spirituale attraverso Gesù Cristo, Logos vivente, insegnamento chiamato "regno dei cieli".

Ecco perché, fino a che Gesù Cristo, il Logos Dio che in principio era presso Dio (12), non compie il suo avvento nell'anima, in quell'anima non c'è il regno dei cieli; ma quando qualcuno si avvicina alla capacità di comprendere il Logos, il regno dei cieli si sta avvicinando a lui.

E se è vero che regno dei cieli e regno di Dio, se non nell'espressione, in sostanza sono la stessa realtà, è

15 Cf. 1 Re 17, 1. 16 Cf. 1 Re 19, 16. 17 Cf. 1 Sam 1, 1.

18 Cf. Mc 6, 4.

(21) Cf. Ger 1, 1. "Penso che queste parole siano più vere secondo il mistero che secondo la lettera. Geremia non è stato ricevuto bene ad Anatot, sua patria, né Isaia nella sua, quale essa sia stata, e uguale sorte hanno avuto gli altri profeti: mi sembra pertanto che sia meglio comprendere questo rifiuto intendendo che la patria di tutti i profeti è il popolo della circoncisione che non ha bene accolto né loro né le loro profezie" (Om Lc XXXIII, 2-3, 209).

(22) Cf. 1 Cor 10, 18. "Stando cosi le cose, l'Apostolo per invitare la nostra intelligenza ad elevarsi dice: "Osservate Israele secondo la carne", volendo intendere che c'è un altro Israele secondo lo spirito"

(Princ IV, 3, 6, 522; nota ivi Simonetti: "La contrapposizione fra Israele secondo la carne e secondo lo spirito è per Origene la chiave per interpretare spiritualmente tutto il complesso della vecchia economia. In questo senso egli è su linea paolina: più libero è l'impiego che egli fa di questo concetto, trasferendolo dal piano orizzontale (vecchia-nuova economia) al piano verticale (mondo terrestre-mondo celeste)"; cf. Sgherri, Chiesa, 356ss.).

(23) At 7, 52. "Se dunque tu vuoi contemplare il mistero del

Commento a Matteo, Libro X, 18 141

chiaro che a coloro cui viene detto: Il regno di Dio è dentro di voi, si potrebbe anche dire: "Il regno dei cieli è dentro di voi" , soprattutto a motivo della conversione dalla lettera allo Spirito, perché quando qualcuno si converte al Signore è tolto il velo, che è sulla lettera: il Signore poi è lo Spirito (13).

Colui poi che è davvero il padrone di casa, è insieme libero e ricco; si arricchisce perché da scriba è diventato discepolo del regno dei cieli in ogni parola dell'Antica Alleanza, e in ogni conoscenza (14) dell'insegnamento nuovo di Cristo Gesù, avendo riposta questa ricchezza nel suo tesoro, che da discepolo istruito nel regno dei cieli accumula nel cielo, ove la tignola non consuma né i ladri scassinano (15).

E si puo proprio stabilire in verità, riguardo a colui che accumula tesori nei cieli - come abbiamo spiegato sopra - che nessuna tignola delle passioni puo attaccare i suoi

(24) 1 Ts 2, 14-15. "Anche adesso i giudei non se la prendono con i pagani... che venerano idoli e bestemmiano Dio... Si scagliano invece con odio insaziabile contro i cristiani... Si adirano contro di noi e ci odiano come fossimo una nazione stolta, mentre essi si proclamano sapienti, giacché a loro per primi sono state affidate le parole di Dio"

(Origene, Omelie sui Salmi [Om Sal] XXXVI, I, I [E. Prinzivalli], Firenze

1991, 36ss.; nota la Prinzivalli: "Origene sembra alludere a una situazione persistente di ostilità in Palestina nel III sec. fra giudei e cristiani, che poteva ancora sfociare in denunce all'autorità romana da parte dei primi... De Lange [ Origen and the Jews]... con la più recente storiografia, minimizza la portata e la persistenza del contrasto", ibid.,

409). Che gli interrogativi sul mistero d'Israele, emergenti in tutta l'opera origeniana, fossero centrali nella meditazione dell'ultimo periodo, lo prova anche un tratto della Lettera a Giulio Africano (13-15 [N. De Lange], SC 302, Paris 1983, 495-498.543-551).

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beni spirituali e celesti.

Ho detto "tignola delle passioni" prendendo spunto dai Proverbi, nei quali sta scritto: Come [tignola nel vestito e] tarlo nel legno, cosi il dolore di un uomo affligge il cuore (16).

Tarlo e tignola sono il dolore che affligge il cuore che non trova i tesori nei cieli e tra le realtà spirituali; ma se si accumulano tesori tra queste realtà, poiché dov'è il tuo tesoro, li è il tuo cuore , si ha il cuore nei cieli e nel proprio cuore si dice: Anche se si accampa contro di me un esercito, non temerà il mio cuore . Cosi neppure i ladri, dei quali il Salvatore ha detto: Tutti quelli che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti (17), possono scassinare e rubare i beni accumulati nei cieli, né il cuore che è li, e per

(26) Cf. Ef 4, 11. "Spesso nelle preghiere diciamo: "Dio Onnipotente, donaci di aver parte insieme ai profeti"... Ma dicendo cosi non ci rendiamo conto di quello che chiediamo, poiché di fatto è come dire: Donaci di patire cio che hanno patito i profeti, dona anche a noi di essere odiati come sono stati odiati i profeti... Il dire infatti: Donami di aver parte insieme ai profeti, senza patire cio che hanno patito i profeti e senza volerlo patire, è ingiusto" (Om Ger XIV, 14, 181).

(27) Cf. Gv 5, 46; v. anche Rm 2, 23. Cf. Cm Mt X, 22. "Colui che dalla Legge e dai profeti ruba il discorso che annuncia Cristo e lo tiene nascosto, affinché il popolo non ascolti e non creda, commette sacrilegio e profana veramente il tempio di Dio. Anche quel medesimo che si dà il nome di Giudeo e si gloria nella lettera della Legge di Mosè, viene accusato come trasgressore della Legge giacché non crede a Cristo. Se infatti credesse a Mosè, crederebbe senz'altro anche a colui del quale

Commento a Matteo, Libro X, 18-19 143

questo dice: Ci ha fatti risorgere e sedere col Cristo tra gli spiriti celesti (18) e la nostra cittadinanza è nei cieli .

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15. I'

Ma poiché ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un uomo, padrone di casa, che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche , è chiaro che in base a quella che si chiama inversione della proposizione, chiunque non estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche, non è scriba istruito nel regno dei cieli. Dobbiamo dunque cercare di raccogliere in ogni modo nel nostro cuore, attendendo alla lettura, all'esortazione, all'insegnamento e meditando la legge

24 Mt 17, 19-20. 25 Mt 14, 31.

Mosè ha scritto" (Cm Rm II, XI, cit., I, 84s.).

(28) Rm 2, 23. "(Non è vero) che quelli i quali progrediscono nella dottrina cristiana disprezzano le cose scritte nella Legge; al contrario, essi le tengono in più grande onore, svelando quale profondità di saggezza e dottrine nascoste contengano quelle leggi scritte, che i Giudei non riescono a scrutare a fondo" (C Cel II, 4, 132).

(29) Ger 20, 9. C'è una utilità (chrésimos) nel ricostruire l'ambientazione storica di una profezia (R. Gögler, 'WFELEIA dans le Commentaire sur Matthieu d'Origène , in Origeniana secunda, 200). Nel partecipare e nel figurare i grandi atti del dramma del Cristo, "e in cio solo, Geremia e ogni profeta mantengono valore ed efficacia per la coscienza cristiana: sia che li annuncino originalmente consumati in un dato tempo nella regione di Palestina, sia che li rilevino nel loro perpetuarsi durante la vita del medesimo Cristo, realmente presente ogni giorno nel corpo della Chiesa e nell'anima di ogni cristiano" (V. Peri, Geremia secondo Origene, in "Aevum" 48 [1974], 13s.; cf. H. de Lubac, Storia, 217s.).

(30) Ger 20, 7. ""E sarà la tua Parola per me fonte di letizia". Non lo è adesso, ma lo "sarà"; poiché se al presente la tua Parola è per me

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del Signore giorno e notte , non solo le cose nuove dei Vangeli e degli apostoli e le parole della loro rivelazione (19), ma anche le realtà antiche di quella Legge che aveva l'ombra dei beni futuri e dei Profeti che hanno profetizzato in conformità ad essi.

E queste realtà le raccoglieremo, dopo averle lette e conosciute (20), e memori di esse, confrontiamo cose spirituali con realtà spirituali (21) in modo opportuno, non mettendo a confronto realtà che non hanno niente a che vedere tra loro, ma che abbiano punti di confronto e somiglianza, avendo un testo lo stesso significato sia di pensiero che di dottrina, perché sulla dichiarazione di due o tre o anche di più testimoni , stabiliamo e confermiamo ogni parola di Dio.

E mediante queste operazioni dobbiamo confondere coloro i quali, per quanto sta in loro, dividono la divinità e

fonte di prigionie, processi, beghe, calunnie, pene, la fine di tutto questo sarà invece "letizia"" (Om Ger XIV, 15, 183).

19 Cf. Eb 11, 37.

(31) Cf. Es 17, 4; Nm 14, 10. "(Mosè ed Aronne) discepoli del Vangelo più che della Legge, "amano i loro nemici e pregano per i loro persecutori". Al sopravvenire di quelli che vogliono ucciderli, essi "si prostrano con la faccia" a terra... "Mosè ama i nemici e prega per i suoi persecutori", come Cristo, nei Vangeli, insegna a fare... Pregano per quanti erano insorti per ucciderli" (Om Nm IX, 4, 111s.; cf. Sgherri, Chiesa, 154ss.).

(32) "Perché non esporre immediatamente una certa tradizione giudaica - certo verosimile, anche se non vera - e trovarne in qualche modo una soluzione? Dicono cosi che Isaia fu segato dal popolo come prevaricatore rispetto alla Legge e perché formulava un annunzio che andava al di là delle Scritture. Dice infatti la Scrittura: "Nessuno vedrà la mia faccia e vivrà", e costui invece afferma: "Ho visto il Signore delle schiere". Mosè, dicono, non "vide", e tu "hai visto"? E per questo lo segarono e lo condannarono come empio" (Om Is I, 5, 70s., con le relative note 33, 34, 35 e i rinvii ivi contenuti).

Commento a Matteo, Libro X, 19 145

separano le cose nuove da quelle antiche, essendo ben lungi dal somigliare al padrone di casa, che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche (22).

Ma poiché chi viene paragonato a un altro è diverso da colui cui è assimilato, lo scriba istruito nel regno dei cieli sarà quello che viene paragonato, e non s'identifica col padrone di casa, il quale estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche ; quello poi che gli viene paragonato intende, imitandolo, comportarsi al suo stesso modo.

Orbene, il padrone di casa non è forse lo stesso Gesù? Egli estrae dal suo tesoro, secondo l'opportunità dell'insegnamento, cose nuove, le realtà spirituali e che egli rinnova sempre nell'uomo interiore dei giusti, che continuamente si rinnnova di giorno in giorno (23), e le

(33) Eb 11, 37. "A causa della verità e del loro ammonire senza ritegno i peccatori... "furono lapidati, segati, torturati"... La vita di ciascuno dei profeti si trova nella Scrittura, (vita) piena di vigore, di fermezza, di santità" (C Cel VII, 7, 586s.).

(34) Mt 23, 35; cf. 2 Cr 24, 20-22. Cosi Girolamo spiega la identità di questo Zaccaria: "Alcuni sostengono che questo Zaccaria, figlio di Barachia, sia l'undicesimo dei dodici profeti... ma di lui la Scrittura non dice che fu ucciso tra il tempio e l'altare... Altri vogliono vedere in lui lo Zaccaria padre di Giovanni e s'appoggiano alle fantasie degli apocrifi... Altri suppongono che si tratti di quello Zaccaria che fu ucciso da Joas re di Giuda tra il tempio e l'altare... Abbiamo dunque trovato uno Zaccaria la cui uccisione concorda con quella di cui parla il Signore, ma ci chiediamo come mai venga indicato come figlio di Barachia, e non di Joiade... Nel Vangelo di cui si servono i nazareni, al posto di "figlio di Barachia", troviamo "figlio di Joiade"..." (Girolamo, Commento IV, cit.,

243s.; un copista avrebbe scritto "Barachia" invece di "Joiade").

20 Eb 11, 37.

(35) 2 Tm 3, 12. "Dal momento che un'anima umana si è unita al Verbo di Dio, non deve dubitare che avrà subito dei nemici, e coloro che prima aveva come amici, le si dovranno volgere in avversari. E non si aspetti solo di soffrire cio da parte degli uomini, ma sappia con certezza

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cose vecchie, quelle incise in lettera su pietra e nei cuori di pietra del vecchio uomo , allo scopo di arricchire lo scriba divenuto discepolo nel regno dei cieli mediante il confronto della lettera e la persuasione dello spirito, e di renderlo simile a sé, fino a che il discepolo diventi come il maestro (24), imitando prima l'imitatore di Cristo, e dopo il Cristo stesso, secondo la parola detta da Paolo: Fatevi miei imitatori, come io lo sono di Cristo (25).

Ma, in senso più semplice, lo stesso Gesù, come padrone di casa, puo estrarre dal suo tesoro sia cose nuove, cioè l'insegnamento evangelico, sia cose vecchie, cioè il confronto con i testi desunti dalla Legge e dai Profeti, di cui si possono trovare esempi nei Vangeli (26). Riguardo a queste cose vecchie e nuove, bisogna porsi

in ascolto anche della legge spirituale, che nel Levitico dice:

che questo le incomberà anche da parte di potenze avverse" (Om Gs

XI, 2, 176).

(36) Cf. Gv 4, 44. Cf. Cm Mt X, 16, alle note [4] e [6]. L'esegesi

"trabocca" da un evangelista all'altro (cf. Girod, cit., 222s.227).

(37) Mt 28, 19. Gli apostoli lasciarono Israele : nel passo appare genericamente espresso il termine "Israele"; più abituale è in Origene la distinzione fra "Giudei" - "quell'Israele" incredulo - e l'Israele sia della elezione antica che della fede nel Cristo (cf. Sgherri, Chiesa, 119).

(38) At 1, 8. Appare nel passo il rapporto profeti-apostoli: la

"conoscenza interiore" dei primi non era per certi aspetti inferiore a quella degli apostoli, essendo peraltro questi ultimi partecipi della pienezza dell'economia neotestamentaria; da questo risulta, per controparte, il dono carismatico di rivelazione e illuminazione riservato agli apostoli. Gli uni e gli altri sono montagne luminose, rocce che dalle loro fenditure lasciano intravedere Dio (cf. Vogt, Das Kirchenverständnis, cit., 17; cf. pure Cm Gv XIII, XLVIII e nota 69 di Corsini, 528; Sgherri, Chiesa, 184ss.).

21 Cf. Lc 6, 22; Mt 5, 10-11. 22 Lc 6, 23. 23 Cf. Mt 18,

15; 1 Ts 5, 14.

147

Mangerete del vecchio raccolto, serbato a lungo, e farete scomparire il vecchio davanti al nuovo. Stabiliro la mia tenda in mezzo a voi (27).

In realtà, durante la "benedizione" (eulogia eucaristica [28]) mangiamo le cose antiche, le parole profetiche, le cose più antiche di queste, le parole della Legge, e con l'avvento delle realtà nuove ed evangeliche, conducendo una vita secondo il Vangelo, facciamo scomparire la vetustà della lettera (29) davanti al nuovo, e Dio pone la sua tenda in mezzo a noi (30) compiendo la sua promessa: Dimorero e camminero in mezzo a loro .

(39) Cf. At 13, 46. "Alla venuta di Cristo... da ogni porzione (delle genti) vengono... fatti dei prigionieri... per mezzo dei ministri del Vangelo, apostoli, evangelisti e maestri, e vengono tratti dalla parte di Cristo, in modo che (tutte) le genti diventino eredità di Cristo" (Cm Gv XIII, L, 534).

(40) Gl 2, 28 (3, 1); At 2, 17. Le chiese venute dai gentili: "La persona(-Chiesa) sembra una sola, tuttavia sono innumerevoli le chiese diffuse per tutta la terra, e immense le riunioni e moltitudini di popoli: anche del regno dei cieli si dice ch'è uno solo, eppure si ricordano molte dimore presso il Padre" (Cm Ct II, cit., 123).

(41) Cf. Gv 15, 19. Il discorso si approfondisce: la citazione da Gioele, il richiamo alla Pentecoste e ai discorsi dell'Ultima Cena involgono la Chiesa come popolo profetico e la sua sorte di croce:

"Anche i suoi discepoli sono annoverati fra gli iniqui, ... crocifissi, subiscono gli altri patimenti. Giacché il mondo - e lo spirito che gli appartiene - sempre perseguita gli uomini grandi" (Mt Ser 131).

(42) Cf. Mt 5, 10; Lc 6, 22. "E possibile in molti luoghi raccogliere il meglio dei profeti: la loro libertà, il vigore, la vigilanza, la prontezza di

148

LA PATRIA DI GESU

1016
16. D

E avvenne che quando Gesù ebbe terminato queste parabole parti di li. E giunto nella sua patria... .

Poiché più su abbiamo indagato se le cose dette alle folle fossero parabole, e quelle ai discepoli similitudini, e abbiamo esposto le osservazioni che si presentavano a proposito, che a mio avviso non sono da disprezzare, dobbiamo riconoscere che sembrerà in contraddizione con tutte quelle osservazioni l'epilogo riferito non solo alle parabole ma anche alle similitudini, come le abbiamo definite: E avvenne che quando Gesù ebbe terminato

4 Cf. Mc 6, 14; Lc 9, 7. 5 Cf. Mt 13, 55; Mc 6, 3. 6 Cf. Lc

1, 5. 7 Mc 11, 32. 8 Mt 21, 25; Mc 11, 30; Lc 20, 4.

(Om Ger XV, 1, 189).

(43) Cf. Mt 5, 12; Lc 6, 23. "Si puo leggere in qualche frase dell'esegeta, sempre per altro... con testuale riferimento alle parole evangeliche, lo sforzo di trovare una spiegazione... per tutta l'ostilità... che aveva sorpreso... la sua disinteressata dedizione di didascalo cristiano... (Origene delinea in modo) compiuto, crediamo per la prima volta nella storia del pensiero cristiano, l'ideale della testimonianza

Commento a Matteo, Libro X, 20 149

queste parabole parti di li (1). Ci domandiamo pertanto se si debbano rifiutare tutte quelle osservazioni, o si debba dire che ci sono due generi di parabole, quelle raccontate alle folle e quelle narrate per i discepoli; oppure se le parole: avvenne che quando Gesù ebbe terminato queste parabole siano da riferire soltanto alle parabole dette prima delle similitudini. Stando infatti alle parole: a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, agli altri invece in parabole , non è possibile dire che il Salvatore abbia parlato in parabole ai discepoli, dato che non sono di quelli di fuori (2). Ne segue o che il passo: avvenne che quando Gesù ebbe terminato queste parabole parti di li, si riferisce alle parabole dette molto prima, o che il nome di

profetica, partecipato alla vita storica della Chiesa, e al succedersi dei dottori ecclesiastici nella mistica organicità di un unitario disegno provvidenziale" (Peri, Geremia , cit., 35s.).

(44) Cf. Sap 2, 12-20. Nei testi origeniani emerge la dialettica interna alla Chiesa fra la funzione gerarchica-profetica-didascalica:

"Chiunque infatti puo esercitare un ministero solenne davanti al popolo, ma sono pochi gli adorni nei costumi, istruiti nella dottrina, formati alla sapienza, adatti in tutto a manifestare la verità delle cose, e che possano mettere in luce la scienza della fede non senza l'ornamento dei significati e il fulgore delle affermazioni" (Om Lv VI, 6, 142). Cf. Bardy, La théologie, cit., 140ss.; Monaci Castagno, Origene, 71-75; Sgherri, Chiesa, 395s.; G. Visonà, Pastori e fedeli negli scritti dei Padri del II-III secolo, in DSBP IV, 256-259.

(45) Mt 13, 58. "A chi ha la fede, per quel che essa puo dipendere da noi, a costui sarà accordato il carisma della fede" (Om Lc Fr. 87,

292).

(46) Mt 25, 29. Da chi riceve il dono della fede, Dio si aspetta un cammino "superiore alla natura umana" e richiede da lui cose meravigliose (paradoxa), portentose e, per cosi dire, "opere da Dio più che da uomo. Per questo anche, a tutti quelli che chiama alla beatitudine, dice: "Io ho detto: Voi siete dei, e tutti figli dell'Altissimo""

(Cm Mt XVI, 29 e tutto lo sviluppo sull'episodio del fico sterile, Cm Mt XVI, 27-29). La potenzialità della fede si esprime altresi come incessante anelito e ricerca, nella vita, oltre il vivere stesso: "si che sappiamo che a coloro che già in questa vita hanno un abbozzo di verità

150

parabola è un omonimo, o che ci sono due generi di parabole, oppure che non sono affatto parabole quelle che abbiamo denominato similitudini.

Bada bene: le parabole le dice fuori della sua patria. Dal momento che le ebbe terminate, parti di li, e venuto nella sua patria insegnava nella loro sinagoga . Marco invece dice: Ando nella sua patria e i discepoli lo seguirono . Ci dobbiamo chiedere pertanto, in base al testo, se indichi Nazaret come sua patria, o Betlemme: Nazaret, perché sarà chiamato Nazareno ; Betlemme, perché vi è nato . Inoltre mi pongo il quesito se gli evangelisti, pur potendo dire: "venuto a Betlemme" o

"venuto a Nazaret", non l'hanno fatto, ma l'hanno chiamata "patria", per un senso misticamente indicato nel luogo che circonda la sua patria, che è tutta la Giudea (3),

e di conoscenza sarà aggiunta nella vita futura la bellezza della perfetta immagine" (Princ II, 11, 4, 350).

(47) Mc 6, 5. "Della natura divina (del Cristo) fanno testimonianza cosi folto numero di chiese, composte di persone... redente dalla corruzione del peccato, per stringersi dappresso al Creatore e operare ogni cosa secondo la sua volontà" (C Cel I, 47, 94). L'intreccio dei miracoli del Cristo con la fede nella sua venuta fra gli uomini come Messia salvatore, è imprescindibile: "I miracoli di Gesù si comprendono alla luce delle Scritture e solo unitamente ad esse possiedono un valore dimostrativo a favore della sua messianità e divinità" (F. Mosetto, I miracoli evangelici nel dibattito tra Celso e Origene , Roma 1986, 164).

26 Cf. Mc 5, 28; 6, 56. 27 Mt 13, 58.

(48) Cf. Mt 9, 22; Lc 8, 44. "Se consideriamo la fede che noi portiamo a Cristo, se pensiamo alla grandezza del Figlio di Dio e alla persona che abbiamo toccato, vedremo che delle frange del suo vestito non ne abbiamo sfiorato che una sola; ma è questa frangia che ci guarisce e ci permette di comprendere queste parole che sono uscite dalla bocca del Cristo" (Om Lc Fr. 63, 273; cf. F. Mosetto, Cristo ieri e oggi nelle Homiliae in Lucam di Origene , in "Salesianum" 54 [1992],

283-307).

(49) Lc 8, 46; cf. Mc 5, 30. Cf. Cm Mt XI, 7.17. La fede attira la

Commento a Matteo, Libro X, 20 151

nella quale è stato disprezzato, secondo il passo: Non c'è profeta disprezzato se non nella sua patria (4).

E se si comprende che Gesù Cristo per i Giudei è scandalo , dato che presso di loro viene perseguitato fino a questo momento (5), mentre tra le genti viene proclamato e creduto (6) - infatti la sua parola ha percorso tutta la terra (7) - si vedrà che Gesù nella sua propria patria non era onorato, mentre lo è presso gli estranei alle alleanze (8), le nazioni.

Quali cose insegnasse parlando nella loro sinagoga, gli evangelisti non l'hanno riferito, ma dicono che erano tante e tali, che tutti restavano meravigliati ; ed è probabile che cio che diceva fosse al di sopra del loro scritto. Ad ogni modo, insegnava nella loro sinagoga: né si dissociava da essa né la rigettava (9).

forza della potenza divina che previamente si dona, in sinergia di grazia e di risposta del credente: "Di nessuno di quelli che pressavano e stringevano (Gesù) si dice che lo abbia toccato, se non di quella sola che... si avvicino e gli tocco l'orlo del vestito: solo a costei Gesù rese testimonianza dicendo: "Qualcuno mi ha toccato..."" (Cm Ct III, cit.,

240).

(50) Mt 17, 20. Il testo resterà nella lettura spirituale della Chiesa: la fede "ferisce" felicemente Dio. Vulnerasti cor meum, soror mea sponsa: "Bella è la ferita dalla quale esce una potenza. Una donna tocco la frangia, e Cristo senti che da sé era uscita una potenza"

(Gilberto d'Olanda, Super Cantica Canticorum XXX, in Divi Bernardi operum t. II, Parigi 1586, 615).

(51) Mc 6, 5. Dynamis ha il duplice senso di "miracolo" e di

"potenza" (Girod, cit., 232), che trionfa sull'incredulità. L'immagine del magnete, usata nel periodo precedente per la fede, non potrebbe neanche essere pensata se - come si esprimerà origenianamente la

152

1017
17. LG

Le parole, poi, da dove viene questa sapienza? mettono chiaramente in luce la superiore ed eccezionale sapienza delle parole di Gesù, degna dell'elogio: Ed ecco c'è qui più di Salomone . Compiva anche prodigi più grandi di quelli di Elia ed Eliseo, più grandi ancora di quelli anteriori, di Mosè e di Giosuè figlio di Nave. Quelli che si stupivano, non sapendo che egli era figlio di una vergine e non credendovi - anche se si diceva -, ma supponendo che fosse figlio di Giuseppe il carpentiere - dicevano: Costui non è il figlio del carpentiere? . E disprezzando quella che sembrava la sua più stretta parentela, dicevano: sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle non sono tutte presso di noi? . Ritenevano dunque che fosse figlio di Giuseppe e Maria.

Riguardo poi ai fratelli di Gesù, taluni, prendendo

(52) Gn 1, 11. Chiamando i "segni" miracolosi "opere" del Padre, Gesù sottolinea che l'attività dispiegata da Dio nella creazione o nella storia del popolo eletto prosegue in lui (cf. M.I. Danieli, Gesù Cristo , in

"Schede bibliche pastorali" [EDB], 130/2, 6); ora questa divina creatività vive nella Chiesa con una "dimostrazione "di spirito e di virtù"" (C Cel I, 2, 45; cf. Mosetto, I miracoli, cit., 87s.).

(53) Cf. 1 Cor 12, 10-11. Le considerazioni origeniane sulla fede sono collegate alla teologia dell'immagine, che sottolinea sia l'azione propria dell'uomo che quella della grazia divina: "Il Verbo si forma nel cristiano in base alla pratica delle virtù... L'azione dello Spirito Santo (è) come la potenza che conduce a maturità il seme, che fa crescere il

"secondo-l'immagine" in somiglianza perfetta" (Crouzel, Origene,

Commento a Matteo, Libro X, 21 153

spunto dalla tradizione trasmessa nel Vangelo intitolato

"Secondo Pietro" o dal Libro di Giacomo, affermano che i fratelli di Gesù erano figli di Giuseppe avuti da una prima moglie vissuta con lui prima di Maria (10). Coloro che fanno tali affermazioni, intendono conservare sino alla fine il pregio verginale di Maria, perché quel corpo giudicato degno di servire alla parola che aveva detto: lo Spirito Santo discenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà della sua ombra (11) non conoscesse letto di uomo, dopo che lo Spirito Santo era disceso su di lei e la potenza dall'alto l'aveva adombrata.

E a mio avviso c'è una ragione nel fatto che Gesù sia primizia della castità maschile e Maria di quella femminile. Sarebbe empio, infatti, attribuire la primizia della verginità

18 Cf. 1 Tm 2, 7. 19 Mt 14, 3-4.

142s.).

28 Ger 9, 22.

(54) Cf. Sap 9, 6. "Chi dice: "Gesù Signore" nello Spirito Santo, dice bene... A questi il Logos puo rispondere: "Lo sono"... E in verità, questi ultimi non (sono) più signoreggiati dal male morale; in altre parole, il loro Signore (è) il Logos, cioè la virtù totale, animata e vivente"

(Cm Gv XXXII, XI, 760). "La pratica della virtù... è una partecipazione d'ordine esistenziale alla persona stessa del Cristo" (Crouzel, Origene,

143; cf. Girod, cit., 234s.).

(55) Cf. Ef 2, 8. "La nostra perfezione non si compie senza la nostra opera ma non è portata a termine da noi, perché Dio fa la maggior parte" (Princ III, I, 19, 395s. e, ivi, nota 123 di Simonetti); "Ho accolto in me il Figlio di Dio, ho ricevuto il Verbo diventato carne. Mi sono accostata a lui, ch'è l'immagine di Dio, il primogenito di tutta la creazione, ch'è splendore riflesso della gloria e della sostanza di Dio, e sono diventata bella" (Cm Ct II, cit., 109); "Forse (Gesù) voleva dire questo nei Vangeli... "(chi) crede in lui... farà cose maggiori di queste"; e in verità mi sembra più grande che un uomo posto nella carne, fragile e caduco,

154

a un'altra donna che non sia lei (12).

Giacomo poi è colui che Paolo dice di aver visto, affermando nella epistola ai Galati: Degli apostoli non vidi nessun altro, se non Giacomo, il fratello del Signore . Questo Giacomo rifulse di cosi grande splendore per la sua giustizia, in mezzo al popolo, che Flavio Giuseppe, autore dei venti libri delle Antichità Giudaiche, volendo indicare il motivo di tante prove sofferte dal popolo al punto che il tempio fu distrutto, affermo che cio era loro avvenuto secondo l'ira di Dio, per i torti che avevano osato compiere nei confronti di Giacomo, fratello di Gesù chiamato Cristo (13).

E quel che stupisce (14) è che, pur non ammettendo che il nostro Gesù sia il Cristo, nondimeno dia testimonianza a tale giustizia di Giacomo. E afferma che anche il popolo pensava di aver subito questi castighi a causa di Giacomo.

1 Mt 14, 1-2. 2 Cf. Mc 6, 14. 3 Cf. Mt 22, 23-28; At 4, 1-2; 23,

6-7.

(1) Cf. Lc 9, 7. Con qualche variante fra l'uno e l'altro evangelista, gli interrogativi riguardo al Battista esprimono le aporie di Erode e delle folle nei confronti di Gesù stesso. Il rilievo che il Battista ha nell'opera origeniana è comandato dalla sua funzione unica: "I profeti venuti prima di Giovanni furono testimoni della luce, perché gli Ebrei credessero per mezzo di essi. E Giovanni, venuto dopo di essi, testimonia la venuta, perché non soltanto gli Ebrei ma anche tutti i provenienti dal paganesimo credessero, secondo la parola del profeta: "Effondero il mio Spirito sopra ogni carne"" (Cm Gv Fr. CXIII, 898; cf. Sgherri, Chiesa, 244ss.).

(2) Cf. At 23, 8. "In quanto rappresentanti di una istituzione, il santuario, saldamente fondata sia sotto il riguardo cosmologico

(teologia della creazione) sia sotto quello della teologia dell'elezione e di un ordinamento ierocratico tradizionale, (i Sadducei) erano disponibili

Commento a Matteo, Libro X, 21-22 155

Giuda poi scrisse un'epistola di pochi versetti, ma piena di parole efficaci della grazia celeste; nel prologo egli ha affermato: Giuda, servo di Gesù Cristo, fratello di Giacomo (15). Quanto poi a Giuseppe e Simone, per conto nostro non abbiamo scoperto niente.

Quanto alle parole: le sue sorelle non sono tutte presso di noi? (16), a mio parere hanno questo significato: il loro modo di pensare è come il nostro, non come quello di Gesù; non hanno niente di strano, di eccezionale comprensione, come Gesù.

Ma forse, attraverso queste parole, si affaccia un dubbio sull'essere di Gesù: non sarà un uomo, ma un essere più divino, che è si figlio - come si credeva - di

21 Mt 14, 3. 22 2 Pt 1, 19.

nella minor misura possibile per ogni innovazione... Questa tendenza trovava riscontro nella limitazione della rivelazione normativa alla legge scritta e in una dottrina scribale elitaria... Verosimilmente anche il preteso rifiuto della fede negli angeli... si richiama a questo punto di vista storico-deterministico nella sua relazione con i singoli; di qui l'accostamento dei due temi in Atti 23, 8" (J. Maier, Il giudaismo del secondo tempio, Brescia 1991, 317).

(3) Cf. At 23, 8. Per l'espressione "risurrezione dei morti', cf. At 4,

2; 17, 31.32; 1 Cor 15, 13.42. "Giuseppe descrive (i Farisei) come una corrente che si basava sulla Scrittura, la sua interpretazione, e su

"tradizioni dei padri", e che professava la fede in un'anima immortale e nella risurrezione dei morti, ammettendo una certa libertà della volontà umana... e quindi anche la ricompensa e il castigo dopo morte" (Maier, Il giudaismo, cit., 333; sulla realtà del giudaismo dopo la seconda guerra giudaica, cf. anche Stemberger, Il giudaismo classico, cit.,

154ss.224ss.).

9 Cf. Lc 1, 19-22.

(4) Cf. Mc 6, 16; Lc 9, 8-9. Dietro alle domande si cela una profonda ignoranza spirituale, per cui le voci di Erode e del popolo rappresentano stadi complessi del rifiuto del Cristo stesso. Cosi Origene sviluppa le parole del Battista in Gv 3, 28-30: "Se è lui lo Sposo, io (il

156

Giuseppe e di Maria, con quattro fratelli e cosi pure con altre sorelle, ma che senza avere niente di simile a uno della sua stirpe, e senza istruzione e insegnamento, è arrivato a un tale grado di sapienza e potenza. Infatti, altrove dicono: Come conosce costui le lettere, senza essere stato istruito? (17), parole analoghe a quanto detto qui. E cio nonostante, quelli che parlavano cosi, avevano tali dubbi, erano perplessi e non credevano, si scandalizzavano a causa di lui , come se gli occhi della loro intelligenza fossero soggiogati (18) da quelle potenze che egli doveva sconfiggere per mezzo della croce (19) al momento della Passione.

1018
18. L

(5) Cf. Lc 1, 24-26.36. "(E) oggetto di ricerca se l'anima si rivesta del corpo una volta soltanto e una volta depostolo non lo cerchi più, ovvero se, dopo averlo assunto e deposto, lo assuma una seconda volta; e... se lo conserverà sempre ovvero in un dato momento lo deporrà. E dato che, secondo l'autorità delle Scritture, è imminente la fine del mondo e questa condizione di corruttibilità si trasformerà in incorruttibilità, non sembra esservi incertezza che nella condizione attuale di vita l'anima non puo venire nel corpo una seconda e una terza volta" (Cm Ct II, cit., 151; cf. Cm Mt XI, 17; XIII, 1; cf. M. Maritano, Giustino martire di fronte al problema della metempsicosi [Dial. 4, 4-7 e

5, 5], in "Salesianum" 54 [1992], 231-281; N. Brox, Il dibattito cristiano antico sulla trasmigrazione delle anime, in "Concilium" XXIX, 5 [1993],

106-113; J.T. Lienhard, Origen's Speculation on John the Baptist or

Was John the Baptist the Holy Spirit?, in Origeniana quinta , 449-453).

Commento a Matteo, Libro X, 22 157

E Gesù disse loro: un profeta non è disprezzato se non nella sua patria (20).

E da porre un quesito: questo detto si puo riferire in genere a ogni profeta, nel senso che ogni profeta è disprezzato soltanto nella propria patria (e non che ognuno che sia stato disprezzato, sia stato oggetto di disprezzo nella patria), oppure queste parole, essendo dette al singolare, sono riferite a uno solo?

Dunque, se è ad uno solo che si riferiscono, è sufficiente quanto abbiamo detto, applicando questo testo al Salvatore. Se invece hanno un senso generale, la storia le smentisce, perché Elia non fu disprezzato a Tesbi di Galaad , né Eliseo ad Abel-Mecola , né Samuele a Rancataim , né Geremia ad Anathot (21). Invece le stesse parole risultano assolutamente vere se prese in senso spirituale. Si deve infatti ritenere che la loro patria sia la Giudea e la loro parentela l'antico Israele e la casa magari il

(6) Mt 11, 14; cf. Mt 17, 10-13. Questi testi individuano alcuni interessi e ricerche origeniane: "L'uomo della Chiesa, che vuol dare... una spiegazione diversa da chi ammette la metensomatosi, dirà certamente che Giovanni, sotto un certo aspetto, (è) Elia che deve venire... (Ma) lo scopo vero della loro indagine non era... di sapere se in entrambi c'era lo stesso spirito, bensi se Giovanni era Elia in persona

(assunto) e che ora appariva di nuovo... Gli Ebrei... tramandano che Phinees, figlio di Eleazaro, (è) Elia... Nessuna meraviglia, quindi, che... ritengano che anche Giovanni e Gesù siano la stessa persona" (Cm Gv VI, XI, XIV, 308.311s.; su le "dottrine segrete" in Origene, cf. Daniélou, Messaggio evangelico, cit., 541ss.; Monaci Castagno, Origene, 221ss.; Stroumsa, Clement, Origen, and Jewish Esoteric Traditions, in Origeniana sexta , 53-70, cit.).

(7) Lc 9, 8.19; cf. Mt 16, 14; Mc 8, 28. Sulle "stolte ed empie favole" della dottrina della metensomatosi, per cui le anime verrebbero

"trasferite da un corpo all'altro", cf. anche Cm Rm V, I e VI, VIII (con note di Cocchini, cit., I, 247.335). La dialettica gnostica endo-giudaica

158

loro corpo. Tutti in realtà furono disprezzati nella Giudea dall'Israele secondo la carne (22) mentre erano nel corpo, com'è scritto negli Atti degli Apostoli, nel rimprovero rivolto al popolo: Quali dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del giusto (23).

E Paolo nella prima epistola ai Tessalonicesi ha detto cose analoghe: Voi poi siete diventati, fratelli, imitatori delle Chiese di Dio in Gesù Cristo che sono in Giudea, perché avete sofferto anche voi le stesse cose da parte dei vostri connazionali come loro da parte dei Giudei, i quali hanno perfino messo a morte il Signore Gesù e i profeti, e hanno perseguitato anche noi; essi non piacciono a Dio e sono contro tutti gli uomini (24).

Non c'è dunque profeta disprezzato (25) tra le nazioni: infatti, o non lo conoscono affatto, oppure se l'hanno conosciuto e accolto, lo rispettano come profeta.

con ampia documentazione.

14 Mt 4, 12. 15 Cf. Mt 14, 2.

(8) Cf. Lc 1, 17. "Di Giovanni si dice che è un Elia "per la fortezza" perché fu il precursore della prima venuta di Cristo, come il Tesbite lo sarà della seconda. Di Giovanni si dice anche che era venuto "con la fortezza di Elia": questo perché era asceta e vergine, perché viveva quasi sempre nel deserto e riprendeva con autorità i peccatori, fossero essi re o uomini qualunque... Infine, l'espressione "nello spirito", secondo la nostra interpretazione, sta ad indicare un carisma profetico"

(Om Lc Fr. 9, 248s.).

(9) Mt 11, 2-3, cf. Lc 7, 19. Il passaggio ha in altri contesti sviluppi teologici rilevanti: "A Origene viene in mente Pietro, che dopo aver confessato la grandezza di Cristo... resta sconcertato dall'annuncio della passione, come incapace di accettarne l'umiliazione... Cosi anche Giovanni, vista "una tale gloria, dubitava e

Commento a Matteo, Libro X, 22-23 159

Tali sono anche i profeti della Chiesa (26). E i profeti sono disprezzati, prima perché in senso storico è il popolo che li perseguita, e poi perché il popolo non crede alla loro profezia. Se infatti avessero creduto a Mosè e ai profeti, avrebbero creduto anche al Cristo, il quale ha mostrato che quanti credono a Mosè e ai profeti, conseguentemente credono anche al Cristo, mentre coloro che non credono al Cristo, di conseguenza non credono neppure a Mosè. D'altronde, come è detto che il peccatore, col trasgredire la Legge, disprezza Dio, cosi col rifiutare di credere a colui che viene profetizzato, chi non presta fede alla profezia finisce col disprezzare il Profeta (27).

Ora è utile, per quanto riguarda la storia (28), leggere quanto ha sofferto Geremia in mezzo al popolo, per cui disse: E ho detto: non parlero e non invochero più il nome

forse non credeva che uno cosi pieno di gloria sarebbe disceso fino all'Ade e fino all'abisso"; di qui la sua domanda" (cf. Sgherri, Chiesa,

252).

16 Mt 14, 3. 17 Cf. Mt 27, 26; Mc 15, 15; Lc 23, 24; Gv 19, 16.

(10) Mt 11, 13. "La parola della Legge e la parola profetica era

"lampada ardente", ma ardeva entro il santuario, e non poteva emettere più in là il suo splendore... Il Signore stesso (dice) di Giovanni Battista:

"Egli era la lampada che arde e fa luce"... E altrove dice: "La Legge e i Profeti fino a Giovanni". Dunque "lampada ardente" è "Giovanni" nel quale culminano "la Legge e i profeti"" (Om Lv XIII, 2, 269s.; cf. Sgherri, Chiesa, 247s.).

(11) Cf. Mt 27, 1; Lc 22, 66. Si sta parlando di Erode il tetrarca (
Lc 3,1 Lc 23,5-7). Dopo il lungo regno di Erode il Grande (37-4 a.C.), molte attese e speranze di liberazione sfociarono in movimenti

"messianici" e "l'armata erodiana si spacco in fedeli a Roma e in sostenitori dei ribelli... Alcuni gruppi giudaici avevano già prima espresso la preferenza per un'amministrazione romana diretta, perché questa sembrava accordare... una maggiore autonomia di quella accordata da un sovrano ebreo di discutibile legittimità (alla luce della Torah)... Con il synedrion l'autonomia interna giudaica acquisto un certo profilo, anche se non gli venne riconosciuto il diritto di comminare

160

del Signore (29); e altrove: sono diventato continuamente oggetto di scherno (30). Le sofferenze che pati sotto l'allora re di Israele sono descritte nella sua profezia. Quanto a Mosè, è scritto anche questo, che quelli del suo popolo vennero più volte per lapidarlo (31), e la sua patria era non una regione di pietre, ma coloro che lo avevano seguito, il popolo: presso costoro anch'egli fu disprezzato. Si racconta la storia di Isaia, segato in due dal popolo. E se qualcuno non ammette la storia, perché riferita nell'apocrifo

(12) Gn 49, 10. "Quando ascolti che la salvezza viene dai Giudei, devi intendere queste parole come riferentisi a colui che le dice. Egli infatti era l'aspettato delle genti, nato secondo la carne dalla stirpe di David" (Cm Gv Fr. LVIII, 864); "E giunto "quello che... è stato assegnato", il Cristo di Dio, il capo che Dio aveva promesso, (il solo ad essere) "l'aspettato delle nazioni", poiché da tutte le nazioni provengono quelli che hanno fede in Dio per opera sua"; "Egli è divenuto "la nostra attesa"... per noi che proveniamo "dai Gentili"" (C Cel I, 53; V, 32,

102.445).

(13) "Coloro che mandarono a morte i profeti... spiano il popolo di Dio, che è di Cristo, i discepoli cioè della giustizia, desiderano ardentemente di mandarli a morte e cercano di annientarli" ([Om Sal] XXXVI, V, IV, 222s.). Risulta percio provvidenziale l'impossibilità di portare a compimento questa brama di morte: "Dalla storia e da cio che noi oggi vediamo è chiaro che dai tempi di Gesù non ci sono stati più re dei Giudei, dopo che è andato distrutto tutto cio da cui i Giudei traevano vanto" (Princ IV, I, 3, 487); è raro un simile soffermarsi di Origene sull'istituto della regalità nell'antico Israele (cf. Sgherri, Chiesa, 198).

(14) Mt 14, 3. Compiendo un'azione simbolica: lo sviluppo si muove come "tipologia satellite", non applicata direttamente in senso cristologico, ma riguardo al mistero d'Israele.

20 Cf. Dt 25, 5.

(15) Lc 3, 1. Il marito abbandonato da Erodiade non è Filippo il tetrarca, che ebbe in moglie Salome, figlia di Erodiade; Erode Antipa aveva incontrato a Roma, all'incirca nel 28 d.C., Erodiade, la quale aveva sposato il figlio che Erode il Grande aveva avuto da Mariamme II, di stirpe sacerdotale, avendone appunto come figlia Salome: il nome del marito di Erodiade era Erode, secondo la versione di Giuseppe

Commento a Matteo, Libro X, 23 161

di Isaia (32), creda pero a cio che sta scritto nell'Epistola agli ebrei in questi termini: Furono lapidati, segati e torturati (33): le parole furono segati si riferiscono a Isaia, come furono uccisi di spada a Zaccaria, ucciso tra il tempio e l'altare (34), come ci ha insegnato il Salvatore, dando testimonianza - a mio parere - a un testo della Scrittura, non riportato nei libri comuni e accettati, ma probabilmente riportato negli apocrifi.

Furono dunque disprezzati nella patria da parte dei Giudei e andando in giro coperti di pelli di pecora, di pelli di capra, bisognosi, tribolati, ecc. . In realtà, tutti quelli che vogliono vivere pienamente in Cristo Gesù saranno perseguitati (35). Forse, proprio perché sapeva che il profeta non riceve onore nella propria patria (36), Paolo che pur aveva annunciato la Parola in tanti luoghi, non la predico a Tarso. E gli apostoli per lo stesso motivo lasciarono Israele e misero in pratica cio che il Salvatore

(16) Cf. Mt 14, 3-4; Mc 6, 18. "Pensando alla fermezza dei profeti, posso parlare di prodigio, per il modo con cui, nella loro fiducia in Dio piuttosto che negli uomini, hanno disprezzato la morte, i pericoli, le ingiurie e quant'altro dovettero sopportare da parte di coloro che venivano rimproverati, mentre nella loro missione erano al servizio della volontà di Dio" (Om Ez VI, 1, 110). Nel Battista, Origene coglie la franchezza

(parresia) della parola profetica, che non arretra anche se "gli accusati sembravano essere molto potenti" (Om Ger XV, 1, 189; cf. Sgherri, Chiesa, 190s.247s.; Peri, Geremia, 5).

(17) Erodiade-Salome: il nome che ce ne resta è in realtà il secondo, dalla già ricordata fonte di Giuseppe Flavio (sulla presenza di Giuseppe Flavio in Origene, cf. Bastit-Kalinowska, Origène exégète,

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aveva ordinato: Ammaestrate tutte le genti (37) e mi sarete testimoni in Gerusalemme, in tutta la Giudea, in Samaria e fino agli estremi confini della terra (38).

Hanno dunque messo in pratica il comando per la Giudea e Gerusalemme; ma poiché un profeta non riceve onore nella sua patria, dal momento che i Giudei non volevano accogliere la Parola, andarono verso le nazioni (39).

Ma chiediti attentamente se, in base alla profezia: Effondero il mio spirito su ogni carne e si metteranno a profetizzare (40) realizzatasi dopo l'avvento del Salvatore nelle Chiese venute dai gentili, tu possa affermare che coloro che prima appartenevano al mondo e per il fatto di

cit., 105). Si noterà la pagina allegorizzante sulla opinione perfida e il

perverso insegnamento : nel caso possiamo dire che "Origene, che

"non poneva Filone tra gli autori profani", trovava in lui molte idee ingegnose... Cosi non si fa scrupolo di prendergliele in prestito... Ci è lecito (ammirare questo) fatto di cultura... molti elementi che vengono da Filone... Ma non ci sembra che questo sia il fatto caratteristico. La differenza (è) più profonda delle somiglianze" (H. de Lubac, Storia,

182s.); nel tratto di Cm Mt X, 22, "spirituale" e "allegorico" non si ricoprono esattamente, come in altri casi: cf. M. Simonetti, Lettera e/o allegoria , Roma 1985, 17ss.73ss.87.94.

(18) Mt 11, 17; Lc 7, 32. La danza di Erodiade-Salome diventa il tipo dei movimenti scomposti della sinagoga non credente: "Quando il consesso, abbandonata la serietà richiesta per le cose necessarie, si dà agli scherzi di questo secolo... diventa "consesso di gente che scherza"... Il nostro Salvatore non si è seduto "nel consesso di loro che scherzavano", ma si è alzato e se ne è andato da loro... ha abbandonato il "sinedrio" dei Giudei e si è fatta un'altra "assemblea", la Chiesa dalle Genti" (Om Ger XIV, 15, 183s.; cf. Sgherri, Chiesa, 111s.).

23 Mt 11, 11; Lc 7, 28. 24 Mt 11, 9; Lc 7, 26.

(19) Cf. Gn 40, 20-22. Uno dei nostri predecessori: Filone. "E proprio di chi ama la passione il farsi abbagliare dalle realtà generate e corruttibili"; cosi Faraone si riconcilia con il "sovrintendente alla sua ubriachezza" nel giorno della "nascita al mondo corruttibile" (Filone,

Commento a Matteo, Libro X, 23 163

credere non sono più del mondo (41), vivendo nella loro patria, il mondo, pur avendo ricevuto lo Spirito Santo ed essendo diventati profeti, non ne ricevano onore ma disprezzo.

Percio, beati quelli che hanno sofferto come i profeti secondo cio che dice il Salvatore: Allo stesso modo infatti i loro padri si sono comportati coi profeti .

Uno che fa bene attenzione a queste parole, se gli dovesse capitare, vivendo in pieno zelo e biasimando

1994, 616; cf. Girod, cit., 248). Filone, fonte non dimenticata della prima formazione origeniana, e dopo di lui altri Giudei "uomini sapienti, esperti delle tradizioni ebraiche" (Om Gn II, 2, 68), coltiveranno in Origene dolore e speranza riguardo al "mistero d'Israele" (cf. R. Cadiou, La jeunesse d'Origène, Paris 1935; De Lange, Origen, cit.).

(20) Cf. Gn 40, 22; Mt 14, 6ss. e parall. "Non si trova alcuno fra tutti i santi che abbia fatto una festa o un grande convito nel giorno anniversario della propria nascita... Nel Vecchio Testamento... Faraone, re di Egitto, celebra con festa il suo giorno natalizio, e nel Nuovo Testamento Erode. L'uno e l'altro, tuttavia, macchiano la festa stessa del proprio natalizio con la profusione di sangue umano" (Om Lv VIII, 3, 179). Alla nativitas corporea si ricollegano le sordes della condizione umana, delle quali, come dirà Origene nella Om XIV su Luca, Cristo si è fatto solidale per liberarcene (cf. R. Scognamiglio,

"Tou` kaqarismou` ajutw`n" (Lc 2,22). Origene tra Cristologia ed

Escatologia, in Origeniana quinta , 438-443).

25 2 Cor 13, 4. 26 Cf. Mt 14, 9-10. 27 Mt 14, 9.

(21) La grazia profetica... tolta dal popolo... riversata nelle nazioni. Nel contesto, "popolo" senza altre specificazioni indica Israele, e "nazioni" i "credenti" dalle genti: "Siamo una "non nazione" noialtri che in pochi da codesta città, in pochi da un'altra, in pochi da un'altra ancora, abbiamo creduto... La stirpe cristiana non è una nazione unica e omogenea come era la nazione giudaica o quella egiziana, ma si raduna provenendo in modo sparso dalle singole nazioni" (Om Sal XXXVI, I, I, 38s.; cf. Sgherri, Chiesa, 317-326).

(22) Sal 87 (88), 6 LXX. "La voce di un tale annuncio evangelico si tramanda, più chiara della luce, per tutto il corpo della Chiesa, voce con cui dice: "Nessuno mi toglie la mia anima, ma io la depongo e ho il

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coloro che peccano , di essere odiato ed esposto ad insidie, come perseguitato e schernito a causa della giustizia (42), non solo non se ne dispiacerà, ma si rallegrerà ed esulterà, convinto di riceverne in cambio grande ricompensa nei cieli (43) da parte di Colui il quale lo ha paragonato ai profeti, per averne subito le stesse sofferenze.

Occorre dunque che colui che vive con zelo la vita profetica ed è stato capace di accogliere lo Spirito che era nei profeti, riceva disprezzo nel mondo e tra i peccatori, ai quali è d'imbarazzo la vita del giusto (44).

1019
19. L

Continuando, è da esaminare il passo: non vi compi molti prodigi a motivo della loro incredulità (45). Queste

"libero tra i morti" e... la morte non poté trattener(lo)" (Cm Rm V, X, cit., I, 295).

(23) Cf. Eb 8, 1. "Non hanno seguito la profezia cosi da credere a colui del quale ogni profezia è stata predetta, Cristo" (Om Gdc V, 4,

109; cf. Sgherri, Chiesa, 129). Annota Girolamo, con puntuale ripresa:

"Ancor oggi vediamo che nella testa di Giovanni il profeta i Giudei hanno messo a morte Cristo, che di tutti i profeti è il capo" (Commento II, cit., 139).

28 Cf. Mt 14, 10; Mc 6, 27. 29 2 Pt 1, 19.

(24) Cf. Gv 5, 46. "Dal momento che la Legge e le opere della Legge non esistono più presso coloro che, mentre "cercano di stabilire la propria giustizia, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio", le mani di Mosè si sono abbassate: è più forte l'incredulità, il popolo è vinto"

(Om Gs I, 2, 50); "La maggior parte di cio che è dato trovare nella Legge si puo riferire in modo tipico e "velato" al Messia" (Cm Gv XIII, XXVI, 494).

(25) Cf. Is 1, 6; Tt 2, 7-8. Le molte ferite dell'Israele non credente sono racchiuse nell'economia salvifica del Padre, "che ha sputato in

Commento a Matteo, Libro X, 23-24 165

parole ci fanno capire che i prodigi si compivano tra quelli che credevano, perché a colui che ha sarà dato e ne avrà in abbondanza (46), mentre tra gli increduli i prodigi non solo non si operavano, ma, come ha riferito Marco, non potevano neppure operarsi. Presta infatti attenzione al testo: Non vi poteva compiere alcun prodigio; non ha detto

"non volle", ma non poté (47), in quanto all'efficacia del prodigio si aggiunge una cooperazione da parte della fede di colui nel quale si sta compiendo il prodigio, efficacia impedita invece dall'incredulità.

Osserva dunque che, a coloro che domandarono: Perché non abbiamo potuto scacciarlo? Gesù rispose: Per la scarsità della vostra fede , mentre a Pietro che cominciava ad affondare, disse: uomo di poca fede, perché hai dubitato? .

(26) Cf. Is 6, 9. "Non che sia stata "tolta" (ai Giudei) la Scrittura, ma ora non hanno più la Legge e i profeti dato che non vedono il senso riposto in essi... E stato loro "tolto" il regno di Dio... è stato loro "tolto" il senso delle Scritture... sono gente che legge e non capisce" (Om Ger XIV, 12, 178s.; cf. Cm Mt X, 6 e note [14].[15].[16]).

(27) Gv 19, 36; cf. Es 12, 46; Sal 33 (34), 21. "E una constatazione che si puo fare sempre: quelli che non riescono a contenere il Logos, a causa della scarsa capacità dei loro recipienti, vorrebbero distruggere la sua grandezza unitaria, quasi che, una volta che egli sia distrutto e sminuzzato, ne potessero contenere parti. A costoro... il Logos si rivolge, come a gente che l'ha distrutto, dicendo:

"Hanno disperso tutte le mie ossa"" (Cm Gv XX, VI, 610). Allo stesso modo dei Giudei agiscono gli eretici che "per quanto possono uccidono anch'essi (Gesù) con le loro menzogne; ma lui non cessa di trovare e di scegliersi nuovi vasi, nei quali risuscita... e mediante la loro testimonianza si mostra sempre vivo di nuovo" (Mt Ser 129; cf. De

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Invece l'emorroissa, che non aveva richiesto la guarigione, ma aveva soltanto pensato che se avesse toccato la frangia del suo mantello sarebbe guarita, fu sanata all'istante (48); e il Salvatore riconosce questo modo di guarigione dicendo: Chi mi ha toccato? Perché ho sentito che una forza è uscita da me (49).

E puo darsi che, allo stesso modo che per i corpi esiste un'attrazione naturale da parte di alcuni verso altri, come del magnete verso il ferro e di quella che si chiama nafta verso il fuoco, cosi tale fede esercita un'attrazione sulla potenza divina. Ecco perché è stato detto: Se avrete fede pari a un granellino di senapa, direte a questo monte: spostati da qui a là, ed esso si sposterà (50). A me sembra pero che Matteo e Marco, con l'intenzione di mostrare

(28) Mt 14, 12-20. Il sommario verrà ripreso nei suoi dettagli. Lo sviluppo del tema del deserto implica molte sottili valenze: da un lato deserto sono i Giudei stessi, privati della profezia, loro "che ignorano (il Cristo) che viene dopo la voce (Giovanni)" (Cm Gv Fr. XVII, 830): è questa una solitudine in cui confessa di ritrovarsi Israele stesso -

"Quando i nostri Maestri entrarono nella vigna (= l'accademia) di Jabneh, essi dissero: La Torah è destinata ad essere dimenticata da Israele..."; cf. Amos. Lettura ebraica, greca e aramaica (S.P. Carbone

- G. Rizzi), Bologna 1993, 141; - dall'altro "figli della deserta" sono la Chiesa dalle genti, come accenna il testo fin dall'inizio (cf. Sgherri, Chiesa, 265.334.340).

(29) Mt 14, 13. La frontiera del deserto è segnata dall'Esodo nella separazione-santità cui Israele è chiamato per servire Dio; è la linea che Origene trasmetterà alla spiritualità monastica: "Intendiamo l'essere segregati non per i luoghi ma per le azioni, non per le regioni ma per i modi di vivere" (Om Lv XI, 1, 243); "I nostri padri hanno abitato nel deserto sotto le tende... Se hai compreso quale pace possieda la via della sapienza, quanta grazia, ...non essere indifferente né trascurato, ma intraprendi questo viaggio e non avere timore della solitudine del deserto... Soltanto comincia" (Om Nm XVII, 4, 245s.). Cf. H. Crouzel, Origène, précurseur du monachisme, in Théologie de la vie

Commento a Matteo, Libro X, 24-25 167

appunto la superiorità della potenza divina, capace di agire anche in mezzo all'incredulità, ma non di più di quanto possa di fronte alla fede di quelli che ne beneficiano, affermassero non che non compi li miracoli a causa della loro incredulità, ma semplicemente non compi ivi molti miracoli . E Marco non affermo: non poté li compiere alcun prodigio, e si fermo a questo punto, bensi aggiunse: Ma solo impose le mani a pochi malati e li guari (51): la potenza che era in lui trionfo sulla incredulità, anche in quelle condizioni.

Io sono di questo parere: nella sfera dei beni materiali lavorare la terra non basta per realizzare la raccolta dei

monastique (AA.VV.), Paris 1961, 15-38; C. Tresmontant, Essai sur la pensée hébraïque, Paris 1962, 77; M.I. Danieli, La teologia e la spiritualità dell'esodo negli scritti di Origene e dei primi Padri monastici

(III-V secolo), in DSBP 18 (1997), 53-76.

(30) Cf. At 12, 11; Mt 10, 23. "E certamente bello, una volta che il combattimento per confessare Cristo si è presentato, non sottrarsi alla confessione e non differire la morte per la verità. Ma non è men bello non porgere occasione a una simile tentazione, ma evitarla in ogni modo, non solo perché l'esito ne è incerto per noi, ma anche per non porgere occasione di diventare ancor più peccatori ed empi a coloro che non sarebbero rei di aver versato effettivamente il nostro sangue, se noi facessimo quanto sta a noi per evitare quelli che ci insidiano a morte" (Cm Gv XXVIII, XXIII, 726; cf. Policarpo, il cui martirio è stato

"conforme al Vangelo", Mart Pol I, 1 [P.Th. Camelot], SC 10, Paris

1969, 210s.). Un'applicazione tropologica di Mt 10, 23 come "fuga dal male" si ha in Om Gs VIII, 6, 141s.

(31) Mt 10, 23; cf. Ap 12, 6: la donna-Chiesa fugge nel deserto. Il martirio è carisma da accogliere quando Dio lo dona: "Ricordiamoci - ciascuno - di quante volte siamo stati in pericolo di morire di morte comune e domandiamoci se non ne siamo stati risparmiati perché, battezzati nel proprio sangue e purificati da ogni peccato, ponessimo la nostra dimora con i nostri compagni di lotta presso l'altare del cielo" (Mart

39: PG 11, 616, tr. Antoniono). Si ricorderà l'ardente desiderio di martirio del giovane Origene (Eusebio, Storia Ecclesiastica VI, 1-6, in Atti dei martiri [G. Caldarelli], Alba 1974, 230).

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frutti, se non vi concorre il contenuto della terra, e maggiormente l'ambiente, secondo la qualità progettata da colui che la ordina e crea come vuole, né d'altra parte il contenuto del terreno potrebbe portare alla raccolta senza coltivare la terra; o meglio, Colui che provvede non farebbe sorgere dalla terra i suoi prodotti se questa non fosse lavorata: una sola volta lo ha fatto, quando ha detto: la terra produca germogli, erba di verdura, che produca seme

(32) In senso anagogico... la profezia è stata soppressa. Ritorna, inserito a "coda di rondine" fra i gesti di Gesù ai quali ormai si rivolge l'attenzione, il racconto della morte del Battista. Va almeno notato che l'insistenza sulla soppressione della profezia presso i Giudei perché sono state poste in onore le cose sensibili, le realtà della generazione, ritorna nella meditazione del giudaismo post-esilico: ""Essi, che giacciono su letti intarsiati d'avorio, e che si sprofondano sui loro letti,

...che canterellano al suono della lira... non si danno pena per le ferite d'Israele"... Cio si riferisce alla gente che mangia e beve insieme, che accomuna i talami, si scambia le mogli, e rende impuro il talamo con un seme che non è il suo" (Tg
Am 6,4 Am 6,5 Am 6, in Amos, cit., 116s. ).

(33) Cf. Mt 14, 13. "Il deserto , cioè un luogo vuoto: vuoto di virtù, vuoto di Dio, vuoto di giustizia, vuoto del Cristo, vuoto di ogni bene"

(Om Lv IX, 4, 210): altra valenza, basale, del termine.

(34) Cf. Gal 4, 27; Is 54, 1; Gn 16, 1. Ricordiamo un parallelo riassuntivo a questo testo: "La Parola (Logos) di Dio si è allontanata da loro, dai Giudei, e si è recata nella località vicina al deserto, di cui è detto: "Perché molti sono i figli di quella che è disertata, più di quella che ha marito"... Vicino al deserto c'è la città di Efraim... interpretato come

"abbondanza di frutti"... fratello di Manasse... "il popolo dall'oblio": infatti dopo il popolo "dall'oblio" (Israele) nasce "l'abbondanza di frutti" derivante dai gentili" (Cm Gv XXVIII, XXIV, 728ss.; cf. ivi Corsini, 730s.; Girod, cit., 256; Sgherri, Chiesa, 334-336).

(35) Mt 14, 13. "Gli Ebrei avevano la Scrittura: era già realmente una presenza del Logos in mezzo a loro" (H. de Lubac, Storia, 367). Si noterà nel passo la rapida allusione alla barca-corpo, ossia all'evento dell'Incarnazione, che apre la fecondità alle genti: "Il tempo in cui ora siamo è il tempo della chiamata delle genti e della morte della legge, nel

Commento a Matteo, Libro X, 25 169

secondo la sua specie e secondo la sua somiglianza (52). Allo stesso modo, senza la fede da parte di quelli che vengono guariti, le energie dei miracoli (53) non rivelano la

(36) Cf. Mt 14, 13; (Ga 6,2). Cf. Cm Mt XI, 16. L'avvento del Logos nel deserto (delle nazioni) ne determina la conversione; con altra immagine, dalle genti si costituisce il gregge del vero Giacobbe: in esso le pecore "segnate" sono appunto i "credenti", i cui "variati costumi", ora

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loro completa efficacia ai fini della guarigione, ma neppure la fede, quale che sia, ottiene la guarigione senza la potenza divina. Cio che è scritto circa la sapienza, lo applicherai alla fede e alle virtù particolari, si da comporre un pensiero del genere: Se anche uno fosse perfetto - nella fede - tra i figli degli uomini, mancandogli la potenza che viene da te, sarebbe stimato un nulla; e se anche uno fosse perfetto nella intelligenza tra i figli degli uomini, mancandogli l'intelligenza che viene da te, sarebbe stimato un nulla; oppure: se anche uno fosse perfetto nella giustizia e nelle altre virtù, mancandogli la giustizia e le altre virtù che vengono da te sarebbe stimato un nulla (54). Per cui il sapiente non si glori della sua sapienza, né il forte della sua forza : cio che in realtà merita vanto non appartiene a noi, ma è dono di Dio (55), sia la sapienza che viene da lui, sia la forza che è da lui, e cosi tutte le altre virtù.

Origene su Matteo 1013