Origene - Genesi 114

Maschio e femmina li fece

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14. Maschio e femmina li fece, e li benedì Dio, dicendo: Crescete e moltiplicatevi, e riempite la terra, e dominate su di essa (
Gn 1,27-28). Sembra conveniente, in questo punto, ricercare, secondo la lettera, come, non essendo ancora stata fatta la donna, la Scrittura dica: Li fece maschio e femmina. Forse, penso io, a motivo della benedizione, con cui li ha benedetti, dicendo: Crescete e moltiplicatevi, e riempite la terra, prevenendo quel che sarebbe accaduto, dice: Maschio e femmina li fece, giacché in verità l'uomo non poteva crescere e moltiplicarsi, se non con la donna. Dunque, affinché si credesse che la sua benedizione senza dubbio si sarebbe attuata, dice: Maschio e femmina li fece.

In questo modo l'uomo, vedendo che il crescere e moltiplicarsi conseguiva dal fatto che gli veniva unita la donna, poteva avere una speranza più sicura nella benedizione divina. Infatti, se la Scrittura avesse detto: Crescete e moltiplicatevi, e riempite la terra, e dominate su di essa, non aggiungendo: Maschio e femmina li fece, (l'uomo) sarebbe stato per lo meno incredulo alla benedizione divina, come anche Maria, alla benedizione con cui veniva benedetta dall'angelo dice: Come lo saprò? poiché non conosco uomo (Lc 1,34)

O forse: poiché di tutte le cose fatte da Dio si dice che sono congiunte e unite, come cielo e terra, sole e luna; così dunque, per mostrare come anche l'uomo sia opera di Dio, e sia stato creato con armonia e unione adeguata, dice, prevenendo: Maschio e femmina li fece.

Abbiamo detto ciò riguardo al problema che può essere suscitato dalla lettera.



Lo spirito e l'anima dell'uomo

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15. Ma vediamo anche secondo l'allegoria come l'uomo sia stato fatto maschio e femmina, a immagine di Dio.

Il nostro uomo interiore consta di spirito e anima: si dice maschio lo spirito, l'anima si può denominare femmina; se essi hanno mutua concordia e consenso, unendosi scambievolmente, crescono e si moltiplicano, e generano figli: i buoni sentimenti, le idee e i pensieri utili, mediante i quali riempiono la terra e la dominano; cioè, assoggettato a sé il sentimento della carne, lo volgono a migliori disposizioni, e lo dominano, s'intende quando in nulla la carne insolentisce contro il volere dello spirito.

Invero, se l'anima, congiunta allo spirito, e, per cosi' dire, a lui coniugalmente unita, ora si volge ai piaceri del corpo e piega il suo sentire ai godimenti carnali, e ora sembra obbedire ai salutari ammonimenti dello spirito, ora cede ai vizi della carne: un'anima siffatta, come contaminata dall'adulterio col corpo, non si può dire che cresca e si moltiplichi legittimamente, poiché la Scrittura designa come imperfetti i figli degli adulteri (cfr ). Infatti un'anima simile, la quale, lasciata da parte l'unione con lo spirito, si prostra tutta al sentire della carne e ai desideri del corpo, come distoltasi da Dio spudoratamente, si sentirà dire che: La faccia ti è diventata faccia di meretrice, senza pudore ti sei resa per tutti (). Dunque sarà punita come meretrice, e si comanda che i suoi figli siano preparati per il massacro (
Is 14,21).



I santi e i peccatori

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16. E dominate sui pesci del mare, e sui volatili del cielo, e sui giumenti, e su tutti (gli animali) che sono sopra la terra, e sui rettili che strisciano sopra la terra (
Gn 1,28).

Abbiamo già interpretato queste cose secondo la lettera, avendo detto che Dio disse: Facciamo l'uomo, e il resto, quando dice: E domini sui pesci del mare e sui volatili del cielo (Gn 1,26), e le altre cose.

Ma secondo l'allegoria, mi sembra che nei pesci, nei volatili, negli animali e rettili della terra, siano indicate le cose, delle quali non senza motivo abbiamo sopra parlato, cioè, o le cose che procedono dal sentire dell'anima e dalla riflessione del cuore, o quelle che scaturiscono dai desideri del corpo e dai movimenti della carne. Invero i santi, conservando in sé stessi la benedizione di Dio, dominano queste cose, muovendo tutto l'uomo secondo il volere dello spirito; invece i peccatori sono piuttosto dominati da queste stesse cose, che scaturiscono dai vizi della carne e dai piaceri del corpo.



Le passioni del corpo

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17. E Dio disse: Ecco, vi ho dato ogni erba seminale, che semina il seme che è sopra tutta la terra, e ogni albero che ha in sé frutto di seme seminale: saranno di cibo a voi, a tutte le bestie della terra, a tutti i volatili del cielo, e a tutti i rettili che strisciano sulla terra, che hanno in sé anima di vita (
Gn 1,29-30).

Il contenuto letterale di questo discorso indica chiaramente che in principio fu permesso da Dio che si usassero come cibo erbe, cioè legumi e frutti degli alberi; in seguito, con l'alleanza fatta con Noè dopo il diluvio, è data agli uomini facoltà di cibarsi di carni (cfr Gn 9,3). Ne spiegheremo più rettamente i motivi nei punti propri.

Secondo l'allegoria, peraltro, nell'erba della terra e nei suoi frutti, accordati come cibo agli uomini, possono intendersi le passioni del corpo: a mo' di esempio, l'ira e la concupiscenza sono germi corporali; i frutti, ossia le opere, di tali germi, sono comuni a noi, esseri razionali, e alle bestie della terra.

Infatti, quando ci adiriamo per la giustizia, cioè per castigare chi pecca e correggerlo a salvezza, ci cibiamo di questo frutto della terra, e l'ira del corpo, mediante la quale reprimiamo il peccato, ristabiliamo la giustizia, diviene nostro cibo.

E perché non ti sembri che noi traiamo queste considerazioni dal nostro sentire piuttosto che dall'autorità della divina Scrittura, ritorna al libro dei Numeri, e ricorda quel che fece il sacerdote Finees, il quale, avendo veduto una meretrice della gente di Madian aderire con amplesso impuro a un uomo di Israele, sotto gli occhi di tutti, riempito dall'ira dello zelo divino, afferrata una spada, li trapassò entrambi nel petto (Nb 25,7-8); questo atto gli fu computato da Dio a giustizia, poiché il Signore dice: Finees ha placato il mio furore, e gli sarà computato a giustizia (cfr Nb 25,11-13 Ps 106 (105])

Dunque, questo cibo terreno dell'ira, diventa nostro cibo, quando ne usiamo spiritualmente per la giustizia. Se invece si produce l'ira in maniera non spirituale, tale da castigare gli innocenti e da ribollire contro coloro che non peccano in nulla, questo sarà il cibo delle bestie della campagna, dei serpenti della terra e degli uccelli del cielo. Infatti di questi cibi si nutrono anche i demoni, che si pascono delle nostre cattive azioni e le favoriscono.

Dimostrazione di un'opera siffatta è Caino, che, adirato per la gelosia, ingannò il fratello innocente (Gn 4,8).

Similmente dobbiamo pensare anche riguardo alla concupiscenza, e alle singole passioni di tal genere.

Infatti, quando l'anima nostra brama e viene meno per il Dio vivente (Ps 84,3 (83]), la concupiscenza è nostro cibo; ma quando guardiamo con concupiscenza la donna d'altri, o bramiamo qualcosa del prossimo (cfr Mt 5,28 Ex 20,17), la concupiscenza diventa cibo bestiale; può servire di esempio la concupiscenza di Acab e l'azione di Gezabele riguardo alla vigna di Nabot di Iezreel (cfr Ex 1).

Certamente è da considerarsi la prudenza della Sacra Scrittura anche nell'uso delle parole; avendo essa detto, riguardo agli uomini, che Dio disse: Ecco vi ho dato ogni seme seminale, che è sopra la terra, e ogni albero, che è sopra la terra: vi sarà di cibo (Gn 1,29); riguardo alle bestie non ha detto: Diedi loro tutte queste cose in cibo, ma: Sarà loro di cibo (Gn 1,30), affinché, secondo il senso spirituale che abbiamo esposto, si comprenda che queste passioni sono state date da Dio all'uomo, e che tuttavia Dio predice che saranno anche cibo per le bestie della terra.

Dunque la divina Scrittura ha usato una parola prudentissima; essa infatti afferma che Dio dice agli uomini: Vi ho dato queste cose in cibo, ma quando poi passa alle bestie, dice con un significato non più di comando, ma di predizione, che queste cose saranno di cibo anche per le bestie, gli uccelli, i serpenti.

Ma noi, secondo la parola dell'apostolo Paolo, prestiamo attenzione alla lettura, per potere, come egli stesso dice, ricevere il sentimento di Cristo (1Co 2,16), e conoscere le cose che ci sono state donate da Dio (1Co 2,12), e, delle cose che sono state date a noi per cibo, non facciamo cibo di porci o di cani (cfr Mt 7,6), ma formiamole tali in noi, da essere degni di ricevere, nella dimora del nostro cuore, il Verbo e Figlio di Dio che viene con il Padre suo e vuole abitare presso di noi nello Spirito Santo (Jn 14,23), del quale prima dobbiamo essere tempio per la santità (1Co 6,19).

A lui gloria per gli eterni secoli dei secoli. Amen.

ORIGENE

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Omelia seconda

L'arca di Noè

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1. Incominciando a trattare dell'arca, che fu costruita da Noè secondo l'ordine di Dio, per prima cosa vediamo quanto si dice di essa secondo la lettera, e, nel presentare i problemi che molti sono soliti proporre, ricerchiamone anche le soluzioni da quello che ci hanno tramandato gli antichi, di modo che, gettate tali fondamenta, possiamo risalire dal racconto storico al senso mistico e allegorico dell'intelligenza spirituale, e, se in queste cose è racchiuso un mistero, scoprirlo, rivelandoci il Signore la scienza della sua parola.

In primo luogo, dunque, esponiamo quanto è stato scritto: E il Signore disse a Noè: Il tempo di ogni uomo è venuto davanti a me, poiché la terra è stata riempita di iniquità da parte loro; ed ecco, io distruggerò loro e la terra. Fatti dunque un'arca di legni quadrati, nell'arca farai dei nidi, e la spalmerai di bitume di dentro e di fuori. E farai l'arca cosi: combinando la sua lunghezza di trecento cubiti con la sua larghezza di cinquanta cubiti e la sua altezza di trenta cubiti, farai l'arca, e in alto la completerai per un cubito. Farai poi all'arca una porta laterale; la parte inferiore (la farai) a due scompartimenti, la parte superiore a tre (
Gn 6,13-16).

E poco dopo dice: E Noè fece tutte le cose che gli aveva comandato il Signore Dio, cosi fece (Gn 6,22).

Indaghiamo dunque in primo luogo come si debba intendere l'aspetto stesso e la forma dell'arca.

Per quel che appare da questa descrizione, penso che si elevasse dal basso dai quattro angoli, e contraendosi e restringendosi poco per volta verso la sommità, fosse compaginata fino allo spazio dì un cubito. Infatti è detto così, che era alla base di trecento cubiti di lunghezza, cinquanta di larghezza, costruita per trenta cubiti di altezza, ma culminante in un vertice ristretto, largo e lungo un cubito.

All'interno poi, la parte inferiore è costruita a due scompartimenti, cioè contiene due stanze, mentre la parte superiore è a tre scompartimenti, cioè a dire costruita a tre stanze. Ma queste abitazioni distinte sembrano fatte per poter dividere più facilmente in singoli abitacoli i diversi generi di animali e di belve, e per separare dalle bestie feroci quelle mansuete e senza forza.

Dunque, queste abitazioni distinte si chiamano nidi. Si dice che le tavole di legno erano quadrate, in modo da poter essere adattate più facilmente le une alle altre, e, con la inondazione del diluvio, si frenasse tutto l'impeto delle acque, essendo protette le giunture dal bitume spalmato di dentro e di fuori.

Ci è stato tramandato, e non senza verosimiglianza, che la parte inferiore, che sopra abbiamo detto costruita doppia, e che anche separatamente è stata chiamata a due scompartimenti, ad eccezione della parte superiore, detta a tre scompartimenti, fosse doppia per questo motivo: per il fatto che tutti gli animali trascorsero un intero anno nell'arca, e quindi era necessario provvedere per tutto l'anno il nutrimento, e non solo il nutrimento, ma anche disporre luoghi per gli escrementi, in modo che né gli animali stessi, né soprattutto gli uomini, fossero infastiditi dal puzzo del letame.

Dunque si tramanda che lo spazio inferiore, nel fondo, fosse destinato e adibito per necessità di tal genere, mentre la parte superiore, e ad essa contigua, serviva per conservare gli alimenti. Giacché sembrava necessario introdurre dal di fuori animali per le bestie alle quali la natura ha dato di pascersi di carni, così che, cibandosi delle loro carni, potessero conservare la vita, per assicurare la prole; mentre per altre si conservassero altri alimenti, richiesti dall'uso naturale.

Dunque si tramanda che le parti inferiori, dette a due scompartimenti, fossero state distinte per questi usi; mentre le parti superiori erano destinate ad abitacolo delle fiere e degli animali: il piano più basso serviva da covile alle bestie feroci e selvagge, e ai serpenti, mentre le stanze superiori contigue servivano da stalla agli animali più miti; sopra tutti, poi, era collocata in alto l'abitazione per gli uomini, poiché essi, per l'onore e la ragione, sono al di sopra di tutte le cose, di modo che, come si dice che l'uomo, per la ragione e la sapienza, ha il dominio su tutte le cose che sono sulla terra, così anche fu collocato in luogo più elevato e al di sopra di tutti gli esseri animati, che erano nell'arca.

Riportano ancora che la porta, come si è detto fatta di lato, fosse in quel punto per avere sotto di sé le parti inferiori, dette a due scompartimenti, e quelle dette parti superiori a tre scompartimenti, fossero chiamate così rispetto alla posizione della porta: entrando da li, tutti gli animali si spartivano con le divisioni convenienti, ciascuno al proprio posto, secondo quanto abbiamo detto sopra.

Ma la protezione della porta stessa non si serve più di mezzi umani. Infatti, in che modo, dopo che la porta fu chiusa, e fuori dell'arca non c'era alcun uomo, la porta poté essere cosparsa di bitume dal di fuori, se non certamente per opera della potenza divina, affinché le acque non entrassero per l'ingresso, non protetto da mano d'uomo?

Per questo, dunque, la Scrittura, dopo aver detto riguardo a tutte le altre cose che Noè fece l'arca, e introdusse gli animali, e i figli, e le loro mogli, riguardo alla porta non dice che Noè chiuse la porta dell'arca; ma che: Il Signore Iddio chiuse dal di fuori la porta dell'arca, e cosi fu il diluvio (Gn 7,16-17).

Notiamo tuttavia che, dopo il diluvio, non si dice che Noè apri la porta, ma la finestra, quando mandò fuori il corvo, per vedere se era cessata l'acqua sopra la terra (Gn 8,6-8).

Riguardo poi al cibo che Noè introdusse nell'arca per tutti gli animali e le bestie, che erano entrati con lui, senti quel che dice il Signore a Noè: Prendi per te da tutti i cibi commestibili, radunali presso di te, e serviranno per te e per loro da mangiare (Gn 6,21).

E che Noè abbia eseguito il comando del Signore, ascoltalo dalla Scrittura: E Noè fece tutte le cose che gli aveva comandato il Signore Dio, cosi fece (Gn 6,22). Quanto al fatto che la Scrittura non riferisca nulla riguardo ai luoghi che abbiamo detto distinti per gli escrementi degli animali, ma lo dice la tradizione, appare opportuno che ci sia stato il silenzio su questo, perché la ragione ne mostrava sufficientemente le conseguenze; e poiché meno convenientemente poteva adattarsi alla intelligenza spirituale, giustamente la Scrittura ne tacque, essa che applica piuttosto le sue narrazioni alle interpretazioni allegoriche.

Tuttavia, per quel che riguarda la necessità delle acque e del diluvio, nessun'altra forma avrebbe potuto essere data all'arca più conveniente e più adatta, in modo che dalla sommità, come da un tetto culminante in una cima ristretta, diffondesse i rovesci delle piogge, e, con le basi nelle acque, ferma nella sua stabilità quadrata, non potesse piegarsi né essere sommersa, né per la spinta dei venti, né per l'impeto dei flutti, né per l'agitarsi degli animali che erano dentro.



La scienza geometrica

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2. Ma a tutte queste cose, messe insieme con tanta sapienza, c'è chi muove obiezioni, e soprattutto Apelle, che fu discepolo di Marcione, ma inventore a sua volta di una eresia maggiore di quella ricevuta dal maestro. Poiché egli vuole mostrare a tutti i costi che gli scritti di Mosè non contengono in sé alcuna sapienza divina, né alcuna operazione di Spirito Santo, esaspera questo tipo di discorso e dice che in alcun modo avrebbe potuto accadere che così poco spazio potesse accogliere tanti generi di animali e il loro nutrimento, tale da bastare per un anno intero.

Si dice che nell'arca sono introdotti due a due dagli animali immondi, cioè due maschi e due femmine - questo significa la ripetizione -, e sette a sette da quelli mondi (
Gn 6,19 Gn 7,2), cioè sette paia: come poté accadere ciò con un tale spazio, del quale è scritto che poteva appena accogliere quattro elefanti soltanto?

Dopo aver formulato questo rifiuto per ciascun aspetto, aggiunge come conclusione queste parole: dunque è sicuro che è una favola inventata, e, se è così, certo questa Scrittura non è da Dio. Ma, di fronte a queste cose, offriamo alla conoscenza degli uditori quanto abbiamo imparato da uomini sapienti, esperti delle tradizioni ebraiche, e dagli antichi maestri.

Dicevano dunque gli antichi che Mosè, il quale, secondo la testimonianza della Scrittura, era stato allevato in tutta la sapienza egiziana (), mise a questo punto il numero dei cubiti secondo la scienza geometrica, nella quale gli egiziani sono particolarmente abili. Per i geometri, infatti, secondo il valore che nel loro linguaggio si chiama potenza, da un solido e quadrato l'uno corrisponde a sei cubiti, se è considerato in modo generale, e a trecento, se inteso minutamente. E, se si tiene conto di tale valore, nella misura di quest'arca si troveranno spazi così grandi in lunghezza e larghezza, da poter contenere veramente i germi di rigenerazione di tutto il mondo, e le semenze di risurrezione di tutti gli esseri animati.

Siano dette queste cose, riguardo al senso del fatto storico, contro coloro che si sforzano di impugnare le Scritture dell'Antico Testamento, come se contenessero cose impossibili e irrazionali.



L'edificazione spirituale

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3. E ora, supplicando in primo luogo colui che, solo, può togliere il velo dalla lettura dell'Antico Testamento (cfr
2Co 3,12-16), proviamo a indagare che cosa contenga anche di edificazione spirituale questa magnifica costruzione dell'arca.

Io penso dunque, per quel che la piccolezza del mio intendimento può afferrarne, che quel diluvio, per mezzo del quale allora fu quasi posta fine al mondo, sia figura di quella fine del mondo che veramente ci sarà. L'ha dichiarato anche il Signore stesso, dicendo: Come infatti nei giorni di Noè compravano, vendevano, costruivano, prendevano marito e moglie, e venne il diluvio, e mandò tutti in perdizione; così sarà anche la venuta del figlio dell'uomo (cfr Lc 17,26-27): con il che, evidentemente, indica nell'identica figura del diluvio, che ha preceduto, anche la fine del mondo, che dice che avverrà.

Come dunque allora fu detto a quel Noè di costruire l'arca e di introdurvi con sé non solo i figli e i parenti, ma anche gli animali di vario genere, così anche al nostro Noè, il quale veramente è il solo giusto e il solo perfetto, il Signore Gesù Cristo, è stato detto dal Padre, alla fine dei tempi, di costruirsi un arca di tavole quadrate, e di darle le misure perfette per i sacramenti celesti. Lo indica il salmo, quando dice: Chiedimi, e ti darò le genti come tua eredità, e in tuo possesso i confini della terra (Ps 2,8).

Costruisce dunque l'arca, e in essa fa dei nidi, cioè come delle stanze, in cui accogliere gli animali di vario genere; riguardo a queste anche il profeta dice: Va', popolo mio, entra nelle tue stanze, nasconditi per un poco, fino a che passi il furore della mia ira (Is 26,20).

Dunque si paragona questo popolo, che è salvato nella Chiesa, a tutti quelli, uomini e animali, che furono salvati nell'arca; ma poiché non è di tutti unico il merito e unico il progresso nella fede, per questo anche quell'arca non offre a tutti un unica dimora, ma vi sono scompartimenti doppi al di sotto, e scompartimenti a tre stanze al di sopra, e in essa si distinguono dei nidi, per mostrare che anche nella Chiesa, benché tutti siano racchiusi in un'unica fede, e lavati in un unico battesimo, tuttavia il progresso non è il solo e il medesimo per tutti, ma ciascuno nel suo ordine (1Co 15,23).

Quelli che vivono immersi nella scienza spirituale, e sono idonei non solo a governare sé stessi, ma anche ad ammaestrare gli altri, e se ne trovano proprio pochi, sono figura di quei pochi che si salvano con Noè stesso, e sono suoi parenti stretti, allo stesso modo che il nostro Signore, il vero Noè, il Cristo Gesù, ha pochi parenti, pochi figli e congiunti, partecipi della sua parola e capaci di sapienza. Questi sono coloro che sono posti nel piano più alto, e collocati in cima all'arca.

La moltitudine degli altri animali irragionevoli, e anche delle belve, sta nei piani inferiori, soprattutto quelli la cui feroce crudeltà non è stata placata dalla dolcezza della fede; un po' al di sopra di questi stanno coloro che, sia pure di minore spiritualità, tuttavia hanno grandissima semplicità e innocenza.

Così, quelli che salgono i singoli gradini delle dimore, giungono fino a Noè, che significa riposo, o giusto, che è il Cristo Gesù.

Infatti non conviene a quel Noè ciò che dice il padre suo Lamec: Costui ci darà riposo dalle opere e dalle afflizioni delle nostre mani, e dalla terra, che il Signore Iddio ha maledetto (Gn 5,29). Giacché, in che modo sarebbe vero che Noè avrebbe dato riposo a Lamec e alla gente che c'era allora sulla terra, o in che modo hanno avuto fine pene e affanno ai tempi di Noè, o come è stata tolta alla terra la maledizione che il Signore aveva dato, quando piuttosto si manifesta più grande anche l'ira divina, e si riporta che Dio dice: Mi pento di aver fatto l'uomo sopra la terra, e dice ancora: Distruggerò ogni carne che è sopra la terra (cfr Gn 6,6-7), e, come segno massimo del culmine del peccato è data la perdizione dei viventi?

Ma se guardi al nostro Signore Gesù Cristo, del quale è detto: Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo (Jn 1,29), e ancora: Fatto per noi maledizione, per redimerci dalla maledizione della legge (cfr Ga 3,13), e che dice egli stesso: Venite a me, voi che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò, e troverete riposo per le vostre anime (cfr Mt 11,28-29), troverai che è lui che veramente ha dato riposo agli uomini, e ha liberato la terra dalla maledizione con cui la maledì il Signore Iddio. Dunque, al Noè spirituale, che ha dato riposo agli uomini e ha tolto il peccato del mondo, viene detto: Ti farai un'arca di legni quadrati (Gn 6,14).



I legni quadrati

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4. Consideriamo dunque che cosa siano i legni quadrati. Quadrato è quel che non vacilla da nessuna parte, ma, ovunque lo rivolti, sta saldo di una stabilità sicura e forte: sono questi i legni che sopportano tutto il peso degli animali, al di dentro, e dei flutti, al di fuori. E io ritengo che, nella Chiesa, essi siano i dottori, i maestri, i custodi zelanti della fede, i quali, all'interno, confortano il popolo con la parola dell'ammonimento e la grazia della dottrina, e insieme, con la potenza della parola e la sapienza dello spirito, resistono a quanti attaccano dal di fuori, pagani ed eretici, che sollevano i flutti dei problemi e le tempeste delle dispute.

Vuoi poi vedere che la divina Scrittura conosce legni spirituali? Ricordiamo quel che è scritto nel profeta Ezechiele: E avvenne, nell'undicesimo anno, nel terzo mese, nel primo giorno del mese, la parola del Signore mi fu rivolta dicendo: Figlio dell'uomo, dì al Faraone, re di Egitto, e alla sua gente: A chi ti paragoni nel tuo orgoglio? Ecco Assur, cipresso del Libano, magnifico di rami, fitto per l'ombra, sublime in altezza; la sua cima fu in mezzo alle nubi, l'acqua lo nutri, l'abisso lo esaltò, e portò a lui tutti i suoi fiumi, ed estese le sue correnti a tutti gli alberi della campagna. Per questo la sua altezza si elevò al di sopra di ogni albero della campagna (
Ez 31,1-5). E poco dopo dice: Molti cipressi e pini, nel paradiso di Dio, non sono simili ai suoi rami, né vi assomigliarono gli abeti; nessun albero divenne come lui nel paradiso di Dio, e ne furono gelosi tutti gli alberi del paradiso di delizie di Dio (cfr Ez 31,8-9).

Comprendi di qual tipo di alberi parla il profeta, e di qual genere? Come potrebbe descrivere un cipresso del Libano, cui non potrebbero essere paragonati tutti gli alberi che sono nel paradiso di Dio? E alla fine aggiunge anche questo, che tutti gli alberi, che sono nel paradiso di Dio, sono stati presi da gelosia per esso, mostrando evidentemente che, secondo l'intelligenza spirituale, si parla in senso mistico di quei legni che sono nel paradiso di Dio, dal momento che mostra esserci in loro una certa gelosia verso gli alberi che sono nel Libano.

Ragion per cui, per fare anche questa digressione, considera se per caso anche quella parola per cui sta scritto: Maledetto da Dio ognuno che pende dal legno (Dt 21,23), non debba intendersi nello stesso senso dell'altra, detta altrove: Maledetto l'uomo, che ripone la sua speranza nell'uomo ().

Giacché noi dobbiamo pendere solo da Dio, e da nessun altro, anche se si parli di qualcuno che proviene dal paradiso di Dio, come dice anche Paolo: Anche se noi, o un angelo del cielo, vi annunciasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato, sia anatema (Ga 1,8).

Ma di questo altrove.

Intanto hai visto quali siano i legni quadrati, che sono posti dal Noè spirituale come muro e presidio, per quelli che sono al di dentro, dai flutti che sopravvengono dal di fuori; e questi legni sono spalmati di bitume di dentro e di fuori (Gn 6,14).

Infatti l'architetto della Chiesa, il Cristo, non vuole che tu sia come quelli che al di fuori appaiono giusti agli uomini, ma al di dentro sono sepolcri di morti (cfr Mt 23,27), ma vuole che tu sia al di fuori santo nel corpo, e al di dentro puro nel cuore, da ogni parte prudente, e protetto dalla virtù della castità e dell'innocenza: questo è essere spalmato di bitume di dentro e di fuori.



Lunghezza, larghezza e profondità

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5. Dopo di che si richiama la lunghezza, la larghezza e l'altezza dell'arca, e si danno qui dei numeri consacrati a grandi misteri; ma, prima di trattare dei numeri, vediamo che cosa significhino lunghezza, larghezza, altezza. In un passo l'Apostolo, parlando più misticamente del mistero della croce, dice cosi: Affinché sappiate quale sia la lunghezza, la larghezza e la profondità (cfr
Ep 3,18). La profondità e l'altezza indicano la stessa cosa, soltanto che l'altezza sembra misurare lo spazio dal basso all'alto, mentre la profondità comincia dall'alto e scende fino al basso.

Ne viene di conseguenza che lo Spirito di Dio, sia attraverso Mosè che attraverso Paolo, annuncia le figure di grandi misteri: infatti Paolo, dal momento che predicava il mistero della discesa di Cristo, ha nominato la profondità quasi a indicare colui che scende dall'alto al basso; Mosè invece, poiché indica la reintegrazione di coloro che, mediante il Cristo, sono richiamati dalla morte e dalla perdizione del mondo, come dalla strage del diluvio, dalle cose inferiori a quelle eccelse e celesti, trattando della misura dell'arca non menziona la profondità, ma l'altezza, come per l'ascendere da cose terrene e umili a cose celesti ed eccelse.

Si stabiliscono anche i numeri: trecento cubiti di lunghezza, cinquanta di larghezza, trenta di altezza: trecento è tre volte il numero di cento, e il numero di cento appare sotto ogni riguardo pieno e perfetto, e avente in sé il mistero di una creatura tutta spirituale, come leggiamo negli Evangeli, quando è detto: Uno aveva cento pecore, e una di queste si perse, e, lasciate le novantanove sui monti, discese a cercare quella che si era perduta, e, trovatala, la riportò sulle sue spalle, e la mise insieme con le altre novantanove, che non si erano perdute (cfr Lc 15,4-5).

Dunque questo cento, numero di una creatura tutta spirituale, poiché non sussiste da se stesso, ma procede dalla Trinità, e ha ricevuto la lunghezza della vita, cioè la grazia della immortalità, dal Padre, per il Figlio e lo Spirito Santo, per questo viene stabilito triplicato, in quanto cresce fino alla perfezione per la grazia della Trinità, e ristabilisce in trecento, mediante la conoscenza della Trinità, colui che per ignoranza era caduto dai cento.

La larghezza ha in sé il numero cinquanta, sacro alla remissione e al perdono; infatti, secondo la legge, al cinquantesimo anno avveniva la remissione, cioè, se uno aveva venduto un possesso, lo ricuperava; se, da libero, era stato ridotto in schiavitù, ricuperava la libertà; il debitore riceveva il condono, l'esule ritornava alla patria (cfr Lv 25). Dunque, il Noè spirituale, il Cristo, ha collocato il numero cinquanta della remissione nella larghezza della sua arca, cioè nella sua Chiesa, nella quale libera dalla perdizione il genere umano. Infatti, se non avesse elargito ai credenti la remissione dei peccati, non si sarebbe diffusa per tutto il mondo la larghezza della Chiesa.

Il numero dell'altezza, poi, trenta, racchiude un mistero simile al trecento; quest'ultimo viene dal moltiplicare tre volte cento, trenta da tre volte dieci; la somma poi di tutta la costruzione si riporta all'uno, poiché uno (è) Dio padre, dal quale tutte le cose, e uno il Signore (cfr 1Co 8,6), e una è la fede della Chiesa, uno il battesimo, uno il corpo e uno lo spirito (cfr Ep 4,6 Ep 5 Ep 4), e tutte le cose concorrono al fine unico della perfezione di Dio.

Ma anche tu, che ascolti queste cose, se ti applichi con libertà di spirito alle Sacre Scritture, troverai che sotto i numeri trenta e cinquanta si celano molti grandi accadimenti.

A trent'anni Giuseppe è tratto fuori dal carcere, e riceve il potere su tutto l'Egitto, per stornare, con divina preveggenza, il flagello della imminente carestia (cfr Gn 41,46); si riferisce che a trent'anni Gesù, venuto al battesimo, vide i cieli aperti, e lo Spirito di Dio venire su di lui in forma di colomba (cfr Lc 3,21-23 Mc 1,10); così anche si incominciò a manifestare per la prima volta il mistero della Trinità; troverai molte altre cose simili a queste.

Troverai anche che il cinquantesimo giorno era la festa per la consacrazione delle nuove messi (cfr Dt 16,9), e che dalle spoglie dei Madianiti si preleva per il Signore la cinquantesima parte (cfr Nb 31,30 Nb 37).

Troverai ancora che Abrahamo vince la gente di Sodoma con trecento uomini (cfr Gn 14,14), e Gedeone riporta vittoria con i trecento che lambiscono l'acqua con la lingua (cfr ).

Quanto poi alla porta, essa non è collocata né frontalmente, né di sopra, ma lateralmente e trasversalmente, poiché è il tempo dell'ira divina: infatti il giorno del Signore è giorno d'ira e di furore (cfr ), come sta scritto; e anche se si trova che alcuni si salvano, tuttavia molti, riprovati per quel che si meritano, sono distrutti e periscono; così la porta è posta di traverso, per mostrare quel che è detto dal Profeta: Se camminerete con me di traverso, anch'io camminerò con voi con ira di traverso (cfr Lv 26,27-28).

Dopo di che vediamo anche se quella designazione distinta di parti inferiori a due scompartimenti e di parti superiori a tre scompartimenti (Gn 6,16), non sia per caso quel che dice l'Apostolo: Nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio, delle cose celesti, terrestri e infernali (Ph 2,10); così nell'arca le parti inferiori sarebbero simbolo di quel che l'Apostolo dice cose infernali, quelle superiori ad esse contigue sarebbero le cose terrestri, e le superiori poi, a tre scompartimenti, tutte insieme le cose celesti, ma distinguendo in esse i meriti di coloro che, secondo l'apostolo Paolo, possono salire fino al terzo cielo (cfr 2Co 12,2).

E i tanti nidi, perché molti ce ne sono nell'arca, indicano che presso il Padre ci sono molte dimore (cfr Jn 14,2).

Quanto agli animali, alle bestie feroci e domestiche, e agli altri diversi esseri animati, quale altra figura dobbiamo ritenerne se non quella che mostra Isaia, quando dice che, nel regno di Cristo, il lupo va al pascolo insieme con l'agnello, la pantera con il capretto, il leone con il bue, e che i loro piccoli mangiano insieme la paglia, e che, ancor più, un bimbo piccolo - tale senza dubbio come diceva il Salvatore: Se non vi convertirete e non diventerete come questo fanciullo, non entrerete nel regno di Dio (cfr Mt 18,3) - stenderà la mano nella caverna dei serpenti e non ne avrà alcun male? (cfr Is 11,6-8).

O anche la figura, che Pietro ci insegna ormai esistente nella Chiesa, quando riferisce di aver veduto una visione, nella quale tutti i quadrupedi e le bestie della terra e i volatili del cielo erano contenuti nell'unico lenzuolo della fede, attaccato agli angoli dei quattro Evangeli (cfr ).




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