Origene su Matteo 1006


LA PERLA

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7. A

Il regno dei cieli è anche simile a un mercante che va alla ricerca di perle preziose (1).

Sono molti i mercanti che fanno commercio di tante

(Cristo), dalle parole si passa alla Parola, dalle verità alla Verità, dal molteplice all'Uno. Opera di semplificazione e di approfondimento che non avviene all'improvviso, ma è lenta e progressiva, rispettosa dei tempi di crescita dell'uomo" (Scognamiglio, Il commento a Matteo, cit.).

(29) Qo 3, 1. Dio non ha fretta: sceglie i momenti, procede per tappe, perché ognuno arrivi alla pienezza dei tempi: "Come noi nella conversazione con i piccoli fanciulli non pensiamo ad usare tutta la nostra forbita eloquenza, ma ci adattiamo alla loro tenera età, dicendo e facendo quelle cose che ci appaiono essere utili alla conversazione e al miglioramento dei fanciulli, considerati come tali, allo stesso modo il Verbo di Dio sembra avere sistemato le Scritture regolando il loro contenuto alla capacità degli uditori e al vantaggio che potranno ricavarne" (C Cel IV, 71, 374).

(30) Cf. Qo 3, 5; Mt 13, 45-46. "Come molte sono le perle che necessariamente deve possedere colui che vorrà quell'unica più preziosa, cosi bisogna che percorra le molte vie di Mosè e di tutti i profeti chi intende giungere a colui che dice: "Io sono la via"" (Om Ez VIII, 2, 145).

(31) Eb 6, 1. Le tappe del programma divino sono analoghe a quelle dei cicli scolastici vigenti nella scuola alessandrina: propedeutica o introduzione, cicli elementari, corsi di perfezionamento (cf. A. Quacquarelli, Le fonti della paideia antenicena, Brescia 1967, in

Commento a Matteo, Libro X, 11 105

cose, e dato che il regno dei cieli è simile non a uno chiunque di loro, ma a colui che va alla ricerca di buone perle, che trova una perla preziosa che ne vale molte e la compra in cambio di tutto, ritengo che sia questa una buona ragione per esaminare cio che riguarda la natura della perla.

Osserva diligentemente: non ha detto che vendette tutte quelle che aveva: effettivamente colui che va in cerca di belle perle non ha venduto solamente quelle che aveva acquistato, ma tutti i suoi averi, per comprare quella buona (2).

Presso coloro che hanno trattato delle pietre abbiamo trovato queste informazioni concernenti la natura della perle (3). Alcune sono terrestri, altre marine. Quelle terrestri si trovano solo presso gli Indi, e sono adatte per sigilli, castoni di anelli e collane. Quanto a quelle marine, invece, le più eccellenti le si trova presso gli Indi, ma le migliori sono quelle che si formano nel Mar Rosso. Di

133ss.); una rilettura recente ha riproposto sulla Scuola d'Alessandria lo sguardo ammirato di H.H. Newman, L'?cole d'Alexandrie, precurseur de l'Université moderne , in "Le monde copte" 27/28 (1997), 129-132.

(32) "Il Salvatore invece, in quanto è venuto e ha voluto dare esistenza corporea al Vangelo, ha reso tutto quanto, per cosi dire, Vangelo con il Vangelo... Era quindi conveniente che il nome di Vangelo per eccellenza fosse riservato al Vangelo che rende effettivo quel Vangelo che si ritiene presente anche nell'Antica Alleanza" (Cm Gv I, VI, 126s.). Su questo leggere la Scrittura nella fede, riprendiamo una parola dalla ermeneutica della prima Riforma, che bene corrisponde a Origene: "E quando ci volgiamo al Cristo che viene tolto il velo sia dal nostro cuore che dalla Scrittura stessa... Afferriamo lo scopo e l'argomento di tutta la Scrittura, cioè lo stesso Signore Gesù... Fine della Legge, infatti, è il Cristo; egli solo è la perla preziosa e il tesoro: se troviamo lui in questo campo del Signore, è segno che abbiamo operato con accortezza" (Flacius Illyricus, Clavis Scripturae sacrae, Regula 9, cit. in U. Neri, Leggere la Bibbia. Perché e come, Bologna 1996, 66).

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seconda qualità, fra le perle, sono quelle che si catturano nell'oceano vicino alla Bretagna. Al terzo posto e a grande distanza, non solo dalle prime ma anche dalle seconde, sono quelle del Bosforo attorno alla Scizia.

Inoltre, riguardo alla perla indiana, si è detto questo (4): si forma in conchiglie che, per loro natura, sono somiglianti a conche coniche belle grandi. Di queste si racconta che, in certo senso, vanno a branchi a pascolo marino sotto la guida di una specie di capobranco, ben in vista a causa del suo colore e grandezza, e superiore a quelle che sono sotto di lei, si da presentare affinità con quella che chiamiamo ape regina.

Quanto alla caccia delle perle eccellenti, cioè di quelle indiane, si racconta ancora qualcosa del genere. La gente del posto circonda di reti un grande tratto di baia, e le immergono con l'intento di catturare quell'unica perla che è alla testa delle altre; presa questa, dicono che si realizza senza fatica la cattura del branco che dirige, dal momento che nessuna più di quelle che sono sotto la sua guida resta al posto suo, ma come legata al guinzaglio

(1) Si noterà l'asserzione significativa: la parabola giustappone una realtà figurativa e una contenutistica - religioso/spirituale -, per cui il tertium comparationis esprime in realtà cio che la parabola vuol dire e tutti gli altri dettagli sono in funzione di questo punto focale - il centro -, per renderlo maggiormente chiaro; pertanto non bisogna trasferire ogni particolare del racconto parabolico nel suo contenuto religioso, per non introdurre nella parabola concetti che originariamente non avevano nulla a che fare con essa (cf. Carbone, La comunità cristiana, cit., 131-135; Scognamiglio, Il Commento a Matteo, cit.).

(2) Cf. Mt 13, 47. "Vengono confutati... tutti quelli che con diverse invenzioni introducono la dottrina di varie nature delle anime... Ciascuno, non per un privilegio di natura, ma accusato o scusato dai

Commento a Matteo, Libro X, 11-12 107

segue la capobranco (5).

Si dice pure che la formazione delle perle indiane si compie per anni e anni, dato che l'animale assume tanti cambiamenti ed evoluzioni, fino a giungere a forma completa.

Si narra inoltre che la conchiglia dell'animale che produce la perla si apre a guisa di sbadiglio, e una volta aperta riceve in sé una rugiada dal cielo; se si riempie di rugiada pura e limpida, diventa trasparente e partorisce la pietra che è grande e di belle proporzioni.

Se per caso invece dovesse ricevere rugiada torbida e non normale per il maltempo, concepisce una perla venata e sporca di macchie. E poi abbiamo scoperto che mentre è in corso la gestazione completa della pietra di cui la conchiglia è gravida, se dovesse interferire un lampo, questa si chiude e [per fame, si rimpicciolisce e, se c'è un tuono] come presa da sgomento disperde e riversa il suo parto in quelle che chiamiamo bolle (6). Capita pero che questi nascono minuscoli con qualcosa di torbido, come se

propri ragionamenti, sarà giudicato in base alla testimonianza della propria coscienza" (Cm Rm II, X, cit., I, 81).

(3) Cf. Gv 3, 19: "Gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce" e il commento origeniano: "Gli uomini che sono padroni di sé in quanto sono capaci di libera scelta, dovrebbero accogliere la luce e fuggire le tenebre, ma quelli che fanno opere cattive hanno fatto il contrario, fino ad amare le tenebre e per nulla la luce" (Cm Gv Fr. XLIII,

852); "E mio pensiero che Dio sostenga ogni anima ragionevole in vista della vita eterna. Ogni anima ha sempre il suo libero arbitrio ed è responsabile, se sale sulla via della perfezione sino alla cima della virtù o al contrario se discende per negligenza in vari modi in più o meno alta congerie di malvagità" (Origene, [La] Preghiera [Pregh] XXIX, 13 [G. Del Ton], CN, Roma 1974, 152s.). Cf. Le Boulluec, La notion d'hérésie, cit., 509s.; E. Norelli, Marcione e gli gnostici sul libero arbitrio, e la polemica di Origene, in Il cuore indurito , cit., 14.24-30; C. Noce, La ricerca di Dio in Origene , in "Parola Spirito e Vita" 35 (1997), 213-215.

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partoriti prematuramente, ma cio nonostante ben proporzionati.

Inoltre la perla indiana ha questo di particolare, rispetto alle altre: è di colore bianco, somigliante ad argento chiaro, brilla di un dolce splendore verdastro, e per lo più ha forma rotonda. La tinta è delicata e più tenue di quanto lo sia in una pietra. Essa è cosi gradevole alla vista, da essere elogiata accanto alle realtà più mirabili, come diceva l'autore che ha scritto il trattato sulle pietre. Inoltre è questo il segno caratteristico di una perla di grandissimo valore: ha la circonferenza perfetta, il colore bianchissimo e lucidissimo, ed è di dimensioni belle grosse.

Queste dunque le informazioni sulla perla indiana (7). La perla della Bretagna - dicono - è color d'oro, ma

un po' torbida e dai riflessi meno splendenti.

La perla dello stretto del Bosforo, poi, è più scura di

(4) Gn 1, 21. Se per la natura animale non ci sono trasformazioni, per l'uomo non c'è fissità creazionale che lo fermi a un certo stadio di essere. Si noterà nel procedere delle pagine lo sviluppo della

"componente didascalica, (che) tende ad assumere una valenza

"protrettica" assai pronunciata... Origene propone spesso indicazioni di metodo a titolo esemplare e presume percio un lettore collaborativo, capace di compiere lui stesso le operazioni suggerite dall'autore"

(Perrone, "Quaestiones et responsiones", cit., 31).

(5) Cf. Mc 4, 20; Mt 13, 23. E l'incarnazione del Verbo divino il fermento di ogni possibile conversione: "Lo stesso Gesù e i suoi discepoli vollero che i loro seguaci non credessero soltanto alla sua divinità e ai suoi miracoli... A partire da Gesù la natura divina e quella umana avevano cominciato ad intrecciarsi, di modo che la natura umana, per la partecipazione alla divinità, si sarebbe divinizzata, non soltanto nel solo Gesù, ma anche in tutti quelli che con l'accettare la fede avrebbero assunto il genere di vita, insegnato da Gesù" (C Cel III, 28, 242s.). E "da segnalare (che) a formare i giusti non è solo la "scelta", ma la Parola che abbiamo accolto... il tema della proaivresi" si coniuga con una tematica evangelica, l'accoglienza della Parola, che lo cristianizza inconfondibilmente" (Scognamiglio, Proaivresi" tra scelta e fede , cit.,

247s.).

Commento a Matteo, Libro X, 12 109

quella della Bretagna, è nerastra, del tutto indistinta, ma dolce e di grosse dimensioni. Nasce nello stretto del Bosforo, non tra le madreperle, una specie di ostriche che producono perle, bensi tra quelli che si denominano

"mitili". Queste - parlo delle perle del Bosforo - fanno pascolo in posti fangosi.

Si racconta inoltre che c'è un quarto genere di perle nei dintorni dell'Acarnania, che nascono nei gusci delle ostriche; non sono un granché, ma non sono neppure proporzionate nella forma, di colore assolutamente opaco e sporco. Oltre a queste, esistono altre perle nella zona della stessa Acarnania, tenute in disprezzo da tutti i punti di vista (8).

1008 8. L

9 Mt 13, 47. 10 Cf. Mt 4, 11.

3 Ez 18, 21. 4 Ez 18, 23. 5 Cf. Ez 18, 21. 6 Ez 18, 24.

(6) Ez 18, 24. "Dio creo l'uomo non come gli altri esseri, quali la pianta o il quadrupede che non sono assolutamente in grado di scegliere come agire; infatti (l'uomo) non sarebbe degno di ricompensa o di lode se non scegliesse da solo cio che è buono, ma si trovasse nelle stesse condizioni (degli animali); né, se fosse perverso, gli spetterebbe una punizione secondo giustizia, poiché non sarebbe tale per causa sua né potrebbe anzi in alcun modo essere diverso da quello che è" (Giustino, Prima Apologia 43, 8, in Gli apologeti greci, cit.,

122s.): più di una pagina di Giustino si potrebbe dire fonte diretta del discorso origeniano, tenendo presente che la trattazione dell'Apologia si rivolge al pensiero pagano in generale mentre Origene ha di mira, più specificamente, la nozione gnostica delle "nature di anime"; cf. annotazioni e rinvii in Girod, Introduzione, cit., 106s.

7 Mt 7, 18. 8 Mt 13, 47.

(7) Cf. Ez 18, 24. "Noi non siamo soggetti alla necessità in maniera tale che, anche se non vogliamo, siamo assolutamente

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Avendo raccolto queste notizie dal trattato sulle pietre, vorrei dire che il Salvatore, proprio perché conosceva le differenze tra le perle, di cui alcune per la loro specie sono belle, altre brutte, ha detto: il regno dei cieli è simile a un mercante che va alla ricerca di perle preziose (9). Se infatti non ce ne fossero state anche di brutte tra le perle, non avrebbe detto: che va alla ricerca di pietre preziose. Devi andare alla ricerca di queste perle nelle parole di ogni genere, che annunciano la verità e producono perle; le conchiglie che concepiscono - per cosi dire - dalla rugiada celeste e sono gravide della parola di verità (10) che viene dal cielo devono essere i profeti: queste le buone perle, alla cui ricerca va il mercante, secondo l'espressione riferita

(8) Cf. Mt 13, 47. Una esemplificazione estrema è espressa nei Vangeli a proposito di Giuda: "Egli non ebbe... né una conversione scevra di peccato né una malvagità esclusiva di qualsiasi elemento buono... Se egli si fosse convertito con purezza... a somiglianza del buon ladrone... si sarebbe avvicinato al Salvatore... E d'altra parte, se avesse bandito dalla sua anima ogni nozione di bene, non sarebbe stato preso dal pentimento, vedendo che Gesù era stato condannato"

(Cm Gv XXXII, XIX, 781); "Dio non vuole che il bene sia fatto a qualcuno contro il suo volere, ma liberamente" (Pregh XXIX, 15, 156). Sugli aspetti strutturali e contenutistici di questi paragrafi, cf. Bastit- Kalinowska, Origène exégète, cit., (pro-manuscripto , 199); Bendinelli, Il Commentario, 106s.

(9) L'immagine viene ripresa da Girolamo: "(Gli apostoli) hanno intrecciato per se stessi, ricavandola dal Vecchio e dal Nuovo Testamento, una rete fatta di insegnamenti evangelici e l'hanno gettata nel mare di questo mondo" (Commento , II, cit., 134); commenta H. de Lubac: "Lo Spirito abita la Scrittura; si puo dire che ne costituisca la base. E lui che opera la concordia dei due Testamenti e li unisce in un tutto omogeneo, nonostante l'estrema diversità delle sentenze di cui sono intessuti" (Storia, 322s.).

(10) "Non è fuori luogo": rileviamo con Girod il significato di

Commento a Matteo, Libro X, 12-13 111

precedentemente.

Ora la capobranco delle perle, trovata la quale si trovano anche le altre, la perla di gran valore è il Cristo di Dio (11), la Parola al di sopra dei preziosi testi e pensieri della legge e dei profeti: una volta trovato lui, si afferrano facilmente tutte le altre realtà.

Il Salvatore rivolge la parola a tutti i discepoli, come a dei mercanti, che non solo cercano le perle buone, ma le hanno già trovate e acquistate, li dove egli dice: Non gettate le perle davanti ai porci (12).

E che queste parole siano state dette ai discepoli risulta evidente dalla premessa del discorso: Vedendo le folle, sali sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli (13). E infatti nel seguito di quel discorso che viene detto: Non date le cose sante ai cani e non gettate le perle davanti ai porci .

Puo darsi, dunque, che colui che non ha perle o la perla di gran valore, non sia neppure discepolo del Salvatore (che ci insegna a cercare) (14) le buone perle, non quelle torbide o quelle opache, quali sono i discorsi eterodossi, nati non verso l'Oriente (15), ma verso l'Occidente, o verso il settentrione, se cosi occorre

11 Mt 13, 49-50.

queste espressioni metodologiche (cit., 186): le riflessioni interne all'argomentare rinviano a una gamma di ricerca che si estende "in relazione alla diversità dei temi affrontati da Origene nei vari trattati. Di conseguenza l'equilibrio fra i due "piani" puo talvolta risultare abbastanza diverso: ora con prevalenza esclusiva o di gran lunga dominante del dato biblico, ora con una presenza significativa, se non di pari rilevanza, dell'argomento di ragione" (L. Perrone, L'argomentazione di Origene nel trattato di ermeneutica biblica. Note di lettura su Peri; ajrcw`n IV, 1-3, in "Studi classici e orientali" XL, Pisa

1990, 165).

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intendere le informazioni sulla differenza che trovammo tra le perle nate in siti diversi. E magari le perle offuscate e quelle non belle nate in posti fangosi sono i discorsi nebulosi e le eresie avviluppate nelle opere della carne (16).

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9. LP

(12) Mt 5, 17. La Scrittura esprime l'unità della Chiesa senza brecce: solo scoprendo la coerenza eterna dell'unica rete, nel rapporto fra Antico e Nuovo Testamento, si puo penetrare nel piano dell'economia retta dal Logos (cf. Sgherri, Chiesa, 238.315; Lomiento, Cristo didaskalos , cit., 51).

(13) Cf. Lc 2, 32; Mt 28, 19. Questo testo esprime la universale chiamata delle genti al Cristo nel suo valore assoluto, che si affianca alla più ricorrente sottolineatura della chiamata della Chiesa per il rifiuto d'Israele; tuttavia è da rilevarsi che la rete gettata nel mare è intessuta dalle maglie delle Scritture antiche portate a pienezza nei Libri nuovi, per cui di fatto la via delle genti che vengono alla fede è sempre la via d'Israele. Come esprime un testo bellissimo: ""Sorgi, Debora, sorgi e suscita miriadi di popoli". Quando "sorge" la profezia? Certamente all'avvento del Cristo, e non solo "si leva" essa stessa, ma "suscita" anche i popoli alla fede" (Om Gdc VI, 6, 126s.).

(14) Cf. Rm 11, 25. "Come Israele non puo accedere alla salvezza fino a quando rimane Israele secondo la carne e non sarà diventato anche secondo lo spirito il vero Israelita che con la mente vede Dio, allo stesso modo neppure le nazioni possono tutte

Commento a Matteo, Libro X, 13 113

Metterai poi le parole: che va alla ricerca di perle preziose (17) in connessione con queste: cercate e troverete e chi cerca trova (18). Cosa vuol dire infatti cercate, oppure chi cerca trova?

Ardirei affermare che le perle o la perla l'acquista colui che ha dato o perduto tutto, di cui Paolo dice: tutto ho lasciato perdere al fine di guadagnare Cristo (19), intendendo per tutto le altre perle preziose e per guadagnare Cristo l'unica perla di gran valore.

Preziosa dunque è la lampada per quelli che sono al buio e c'è bisogno di lampada (20), finché non sorge il sole. Prezioso è pure lo splendore sul volto di Mosè (21) e anche dei profeti, a mio vedere, ed è uno spettacolo bello, perché grazie a quello splendore siamo introdotti a poter contemplare il volto di Cristo: nel rendere testimonianza a tale splendore il Padre dice: Questi è il mio Figlio diletto, nel

(15) Cf. Rm 11, 25. Il tempo della Chiesa, giorno prolungato dalla misericordia divina, non è tempo di espansione e di crescita

"trionfalistica"; seguendo bene la prospettiva neotestamentaria, Origene ripete in vari modi: "Fino a quando... si compirà la promessa del Padre, le chiese aumenteranno dalle diverse nazioni ed entrerà la "pienezza delle genti"... perché allora finalmente "tutto Israele sia salvato", il giorno viene prolungato e il tramonto differito... il sole di giustizia infonde luce di verità nei cuori dei credenti. Quando pero si sarà colmata la misura dei credenti e sarà giunta l'epoca ormai più degenere e opaca dell'ultima generazione, quando "per l'aumentare dell'iniquità si raffredderà l'amore di molti", e ben pochi saranno rimasti, nei quali si possa trovare la fede, allora "i giorni saranno abbreviati"" (Om Gs XI, 3, 178s.).

(16) Mt 13, 49-50. E da notare che qui si parla del giudizio, con una separazione dei buoni dai cattivi, su cui Origene tornerà in Cm Mt XIII, 1: ci sarà "una moltitudine di peccatori al tempo della corruzione del mondo"; "Va considerata la diversa sfumatura, a seconda che l'accento ricada sull'ottimismo origeniano per la redenzione finale

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quale mi sono compiaciuto (22). Ma quello che era glorioso non lo è più, in questa parte, a causa della sovraeminente gloria , per cui abbiamo bisogno, in un primo momento, della gloria che accetta l'abolizione a favore della gloria sovraeminente (23), come c'è bisogno di una conoscenza parziale, che quando verrà cio che è perfetto, verrà abolita . Pertanto ogni anima arrivata alla prima infanzia e in cammino verso la perfezione (24), fino a che si stabilisca

(anche prescindendo dall'apocatastasi), sul tempo del giudizio, quando sarà tirata la rete coi pesci buoni e cattivi che saranno separati, o infine sul cataclisma cosmico della fine del tempo" (Sgherri, Chiesa, 431).

(17) Mt 13, 41-42. Nel contesto già commentato di Cm Mt X, 2-3, la spiegazione della parabola della zizzania è radicalizzata in chiave cristologica: "il processo di unificazione è tale che il male, tutto il male dovrà essere totalmente eliminato e il sole "unico" dovrà brillare senza offuscamenti e differenti gradi di splendore" (Scognamiglio, La citazione di
Mt 13,43 , cit., 76); la tensione apocatastica della riflessione va letta nella speranza che il pensiero origeniano riverbera sul discorso delle cose ultime (cf. Crouzel, Origene, 350-357).

12 Mt 13, 49.

(18) 1 Pt 1, 12. La contemplazione della economia salvifica del Cristo attira uomini e angeli: "Tutto cio che ci è stato dato dal servizio degli angeli e dei profeti, è stato somiglianza d'oro con piccoli ed esigui ricami d'argento: invece tutto cio ch'è stato rivelato proprio dal nostro Signore Gesù Cristo è stato stabilito in oro autentico e in argento compatto" (Cm Ct II, cit., 171). "Le creature celesti terrestri e infernali

(nomi che) indicano il complesso di tutti gli esseri creati" (Princ I, 6, 2,

202), si ritrovano nella loro adesione al Cristo; si ricorderà Ignazio di

Antiochia: "Anche gli esseri celesti, e la gloria degli angeli, e gli arconti

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in essa la pienezza del tempo , ha bisogno di pedagogo, di amministratori e intendenti (25), affinché dopo tutto cio colui che prima non è per nulla differente da uno schiavo, pur essendo padrone di tutto , una volta liberato, riceva il patrimonio da un pedagogo, da amministratori e intendenti, patrimonio analogo alla perla di gran valore, a cio che è perfetto, che viene per abolire cio che è parziale , quando uno sarà capace di accogliere la sublimità della conoscenza di Cristo (26), dopo essersi prima esercitato nelle conoscenze che sono - per cosi dire

- superate dalla conoscenza di Cristo.

Ma i più, che non hanno compreso la bellezza delle numerose perle della legge e neppure la conoscenza ancora parziale contenuta in tutta la profezia (27), immaginano di poter trovare quell'unica perla di gran valore senza che quelle siano state chiarite e comprese in tutto e per tutto, e di contemplare la sublimità della scienza di Cristo Gesù, a confronto della quale tutto cio che precede tale e cosi grande conoscenza, pur non essendo di sua natura spazzatura appare come concime gettato forse dal vignaiolo sul fico, con l'intento di fargli produrre i frutti (28).

visibili e invisibili, se non credono al sangue di Cristo, anche per loro c'è un giudizio" (Smyrn VI, 1 [P.Th. Camelot], SC 10, Paris 1969, 137).

(19) 1 Cor 6, 3. "Ci sarà dunque al riguardo il giudizio di Dio: se è per una qualche negligenza degli spiriti ministri... o se è per l'ignavia di coloro che essi aiutano, che si verificano nella vita umana tante cadute!" (Om Nm XI, 4, 141): qui si parla di un giudizio per gli angeli custodi, come se ne parla più abitualmente per le potenze negative (cf. ad es. Om Ez IV, 1, 84). Si ricorderà che "Origene non considera la creazione staticamente, come atto in sé compiuto, ma solo come l'inizio di un processo che prende le mosse dalla volontà e dall'iniziativa di Dio e si sviluppa gradualmente mediante la collaborazione" delle creature,

116

1010
10. I D

Per tutte le cose dunque c'è il tempo, e un momento per ogni faccenda sotto il sole (29).

E c'è un momento per raccogliere le perle preziose (30), le pietre in un momento successivo alla loro raccolta, per trovare l'unica perla di gran valore, allorché conviene andare e vendere tutto quanto si ha per comprare quella perla. Come infatti ogni uomo destinato a essere saggio nelle parole di verità, dovrà in un primo momento avere una formazione elementare, e inoltre passare per tale conoscenza elementare e averne grande stima, senza pero restare allo stadio elementare pur avendolo inizialmente apprezzato, ma oltrepassarlo per andare verso la perfezione (31), pur rimanendo grato a

"immacolate", mentre altre, i demoni, lo furono un tempo (Princ I, 5, 5,

197; cf. Introduzione di Simonetti, 60-64, e note ai passi citati; cf. ancora Cm Rm II, XIII; III, VI, cit., I, 92.144ss.; Crouzel, Origene, 285s.; Girod, cit., 190s.; Monaci Castagno, Origene , 173; Id., Il diavolo e i suoi angeli. Testi e tradizioni [secoli I-III], Firenze 1997).

(20) Mt 13, 47. "(Non) è possibile purificare la Chiesa con assoluta determinazione, mentre si trova sulla terra, al punto da sembrare che in essa non esista più né empio né peccatore, ma che tutti siano santi e beati, senza poter riscontrare in essi proprio alcuna macchia di peccato!" (Om Gs XXI, 1, 272). Nelle righe di Cm Mt che stiamo considerando, Origene parla specificamente di "assemblee"

(athroismata ), ossia di concrete comunità cristiane: la santità e purezza che Origene spera per le singole chiese, nel constatare nei loro membri fragilità e peccati, impegna la coscienza della Chiesa nel suo mistero a una conversione incessante (cf. Cm Mt XI, 18; G. Bardy, La théologie de l'?glise de saint Irénée au concile de Nicée, Paris 1947, 138ss.; Sgherri, Chiesa, 352-354; Monaci Castagno, Origene , 81-93).

(21) Mt 13, 50. L'ammonimento origeniano legge la "parabola della rete" nella sua presenzialità alla storia: "Ai giudei integristi, che sognano una comunità di puri e vorrebbero anticipare nella storia il giudizio di Dio, la parabola risponde invitando a rispettare il ritmo della storia della salvezza: ora è il tempo della pesca al largo, senza

Commento a Matteo, Libro X, 14 117

quell'insegnamento, in quanto utile ai primi passi, allo stesso modo la realtà della legge e dei profeti, se perfettamente compresa, costituisce uno stadio di formazione elementare orientato al Vangelo (32) perfettamente inteso, e ad ogni intelligenza relativa alle azioni e alle parole di Gesù Cristo.

(22) Non è cosa buona stare nel mare e non entrare nella rete; ricordiamo: "Fuori della Chiesa nessuno si salva" (Om Gs III, 5, 80). Va rilevata l'ampiezza della prospettiva ecclesiale: "L'autorità più eccelsa e la luce della ragione sono riposte quindi nell'unico nome che salva e nella sua Chiesa per ricreare e riformare il genere umano" (Agostino, Lett. 118, 5, 33, in Le lettere I, 2 [L. Carrozzi], Roma 1992, 1174s.). Poiché anche quanti non conoscono e non incontrano la Chiesa visibile sono salvati "per effetto d'un vincolo con il suo "corpo", vincolo realissimo, per quanto indiretto e per lo più nascosto", ha senso parlare dell'obbligo di entrare nella Chiesa (cf. H. de Lubac, Cattolicesimo,

202).

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LA PARABOLA DELLA RETE

1011
11. U

Il regno dei cieli è anche simile a una rete gettata in mare .

(23) Ez 22, 17-18. "Nel profeta che stiamo commentando, tu trovi il Signore che siede in mezzo a Gerusalemme e avvampa coloro che sono un mucchio di argento, stagno, ferro e piombo, e con parole di lamento rimprovera quanti portano dentro di sé scorie di materiale più vile... Percio dobbiamo quanto prima fare in modo che, quando giungeremo a questo fuoco, lo attraversiamo tranquillamente e simili all'oro e all'argento e alla pietra di valore, che sono senza macchia di adulterio, non tanto siamo disfatti dall'incendio quanto piuttosto ne usciamo approvati" (Om Ez I, 13, 50s.).

(24) Ez 22, 22. "Il fuoco che è "dell'altare" è fuoco del Signore; quello che è fuori dell'altare non è del Signore, ma è proprio di ciascuno dei peccatori e di esso si dice: "Il loro verme non morrà e il loro fuoco non si spegnerà"; è dunque il fuoco di quelli stessi che lo hanno acceso, come è scritto anche altrove: "Camminate nel vostro fuoco e nella fiamma che vi siete accesi"" (Om Lv IX, 8, 222s.; sul carattere definitivo o non della Gehenna, cf. Crouzel, Origene, 355s.; Monaci Castagno, Origene, 240-246).

1 Mt 13, 51. 2 Gn 3, 9. 3 Gn 4, 9.

(1) Cf. Gv 2, 24-25; Mt 9, 4; Mc 2, 8; Lc 5, 22. "Per questo, forse, le divine profezie lo chiamano ora "schiavo" ora "figlio": schiavo, secondo la "forma di schiavo" e della sua nascita "dalla stirpe di David"; figlio, secondo la sua natura di primogenito. Cosi, risponde a verità chiamarlo uomo e non uomo: uomo, secondo cio che è suscettibile di morire; non uomo, secondo cio che (in lui) è più divino dell'uomo" (Cm

Commento a Matteo, Libro X, 14 119

Per le immagini e le statue, le somiglianze non sono assolute rispetto agli originali, ma per fare un esempio, un'immagine dipinta a cera su una tavola di legno ha la somiglianza solo della superficie insieme a quella dei colori, ma non ne ritrae né cavità né sporgenze, se non in apparenza; mentre il modellamento di statue cerca di ritrarre la somiglianza dei vuoti e dei pieni, non più quella cromatica; e se si realizza un'effigie in cera, si cerca di ritrarre entrambi gli aspetti - voglio dire sia quello cromatico che quello dei pieni e dei vuoti, senza per questo essere immagine di cio che è dentro agli originali. Ebbene, allo stesso modo mi devi intendere, riguardo alle similitudini evangeliche, il fatto che il regno dei cieli, paragonato a qualche realtà, non rassomigli in tutti gli

(2) Dt 1, 31 LXX. Testo sul quale Origene ritorna cogliendone tutte le risonanze: "Quindi Dio prende i nostri costumi, come il Figlio di Dio porta le nostre sofferenze" (Om Ez VI, 6, 119; cf. Cm Mt X, 23, nota

[41]).

(3) Cf. Mt 13, 51. "Farebbe violenza al tenore delle parole " e subito dopo una precisazione: "si dice non solo questo, che è dimostrativo, ma tutto questo"; su queste proposte origeniane, sulle ripetizioni e terminologie in apparenza superflue, sulle "esigenze intellettuali" per cui Origene "si situa all'interno della tradizione, per approfondirne e completarne l'insegnamento", cf. Le Boulluec, Les représentations du texte, cit., 113; Girod, Introduzione e testi in nota, cit., 51.194s.

(4) At 4, 13. Ha inizio cosi un vero e proprio excursus sullo scriba del regno dei cieli , istruito nella Legge in modo da approdare al Vangelo: "tutto il Nuovo Testamento, inteso come lo svolgimento intemporale dell'economia cristiana fino all'ultimo giorno, (appare) come orientato verso una realtà più profonda... ch'esso ha il compito di significare preparandola" (H. de Lubac, Storia, 239).

(5) La difficoltà assume rilievo anche lessicale, se si tiene presente il contrasto, in greco, tra la parola grammateis (scribi) e agrammatoi (senza istruzione). "Gli apostoli peraltro, che ben si rendevano conto delle cose in cui avrebbero urtato e in cui non si erano esercitati, affermano di essere inesperti nell'eloquenza ma non nella

120

aspetti al modello della similitudine, ma soltanto in alcuni punti, quelli che ci vogliono per l'insegnamento ricevuto (1).

In proposito, dunque, il regno dei cieli è simile a rete gettata nel mare, non come pensano taluni che s'immaginano che il discorso sottenda che ci siano varie nature di cattivi e giusti entrati nella rete, al punto da credere, in base all'espressione che raccoglie ogni genere (2), che ci siano molte e differenti nature di giusti, come di cattivi; in realtà a questa interpretazione si oppongono tutte le Scritture, che rivelano il libero arbitrio (3), e accusano quelli che peccano, ma approvano quelli che agiscono bene: non a giusta ragione il biasimo accompagnerebbe quelli derivanti da generi cattivi tali per natura, o la lode quelli derivanti da generi per natura migliori. Ma nel caso dei pesci il motivo delle differenze tra i buoni e i cattivi non riguarda le anime dei pesci, ma quello che conosceva la Parola quando disse: Le acque

4 Mt 23, 13.

(6) Cf. Mt 13, 52; Gal 5, 18. Scriba giudaico potrebbe essere chi ritiene che "nel libro della Legge e dei Profeti non vi sia una dottrina più profonda al di là del significato letterale delle espressioni" (C Cel VII,

18, 598; cf. Sgherri, Chiesa, 315): in questo senso ""non cosi" i figli della Chiesa "hanno imparato il Cristo", e non cosi "sono stati ammaestrati" su di lui dagli apostoli" (Om Lv V, 5, 111).

(7) Cf. Gal 4, 24. Si noterà nel passo che stiamo percorrendo l'uso dei termini tropologia , anagogia , allegoria, spiegazione spirituale, dottrina spirituale : "il vocabolario esegetico di Origene è estremamente vario, al tempo stesso ricco e fluttuante" e va colto nelle sue valenze cristiane, che lo differenziano non solo dai Greci, ma anche da Filone e dai suoi simboli, in cui l'ordine cosmico o morale puo prevalere

Commento a Matteo, Libro X, 14-15 121

producano rettili viventi , e quando Dio creo i grandi mostri marini e ogni "anima" di animali rettili, che le acque produssero secondo la loro specie (4). Percio, a quel punto le acque produssero secondo la loro specie ogni "anima" di animali rettili, senza che l'"anima" fosse causa della specie. Adesso, invece, siamo noi i responsabili di essere specie buone e degne di andare nei cesti di cui si parla, oppure specie cattive, colpevoli di essere buttate fuori. Non è la natura a determinare la cattiveria, bensi la scelta, che da sé commette del male. Cosi pure, non è la natura a determinare la giustizia, quasi che sia incapace di ingiustizia, ma è la parola che abbiamo accolta (5) a formare dei giusti. E in realtà tra le specie di animali acquatici non sono da riscontrare trasformazioni da specie cattive a specie buone di pesci, oppure da specie migliori a peggiori, mentre tra gli esseri umani è sempre possibile assistere a casi di giusti o malvagi, che dalla malizia pervengono alla virtù oppure dal progresso nella virtù

regrediscono nella corrente del vizio.

Ecco perché in Ezechiele, riguardo a colui che si volge dall'empietà all'osservanza dei comandamenti divini,

142.222.304).

5 Ef 6, 12; cf. Rm 15, 27; 1 Cor 2, 14.

(8) Mt 13, 52. Apprende l'insegnamento ecclesiale di Gesù Cristo: il genitivo sembra offrire un senso pieno, oggettivo e soggettivo! Nel Cristo che insegna si fa già udire la voce della Chiesa, che ne trasmetterà fedelmente gli accenti: "Cerca dunque anche tu Gesù "nel tempio" di Dio, cercalo nella Chiesa" (Om Lc XVIII, 3, 139; cf. Girod, Introduzione, cit., 89; H. de Lubac, Storia, 75s. Su "ecclesiale, ecclesiastico", cf. anche Origene, Omelie sul Cantico dei cantici [Om Ct]

122

è scritto cosi: E se l'empio si distoglie da tutte le iniquità che ha commesso... , e cosi via, fino a: sicché desista dal suo cammino di malvagità e viva ; e riguardo a colui che dal progresso verso la virtù ritorna alla decadenza del vizio, dice cosi: Se il giusto si allontana dalla sua giustizia e compie l'iniquità... ecc., fino a: e nei peccati che ha commesso, nei quali morirà (6).

Ci dicano pure, quelli che in base alla parabola della

(9) Cf. Mt 13, 52. C'è dunque un cammino storico dal giudaismo alla Chiesa, per cui si apprende (analambanei ) l'insegnamento ecclesiale, e c'è un cammino verticale per cui si ascende (anabainei) alle "realtà spirituali che si chiamano regno dei cieli": si noterà la corrispondenza commatica degli ana. Con il Cristo "c'è stata sulla terra una duplice novità: da una parte la realtà celeste è discesa sulla terra... e ha dato fondamento a quanto veniva prefigurato nella Legge; dall'altra Cristo ha operato anche quell'evento di riconciliazione... la cui efficacia si estende al di là del nostro mondo... (Lo) schema verticale è affiancato da quello (temporale): dalla Legge al Vangelo... Se non tutti i beni celesti sono futuri, perché c'è già stata la discesa di Gesù Cristo che ci ha donato la realtà nuova dello Spirito, tuttavia i beni futuri

saranno beni celesti" (Sgherri, Chiesa, 221s.).

(10) Cf. Mt 13, 52. "Chi fa la volontà di Dio e non trasgredisce le sue leggi spirituali e salutari è un cielo... E se allo sguardo di Dio si appare non terra, ma già cielo, domandiamo che sulla terra, cioè nei peggiori, come nel cielo, la volontà di Dio si compia perché per cosi dire tutto si incieli e un giorno non ci sia terra, ma tutto sia cielo" (Pregh XXVI, 6, 119). Rispetto al testo ora citato de La preghiera, il passo di Cm Mt ha di mira la conoscenza come progresso e perfezione della fede, "verace esperienza di Dio presente nell'intelligenza" (Crouzel, Origene, 163; H. de Lubac, Storia, 216.244).

(11) Mt 4, 17. "Nulla si puo concepire di più "eccelso" del confidare se stesso al Dio supremo, e dedicarsi alla dottrina, che insegna ad abbandonare ogni cosa creata e conduce per mezzo del Verbo animato e vivente... - saggezza vivente e Figlio di Dio - al Dio supremo" (C Cel III, 81, 293). Il passaggio dalla "lettera" allo "spirito" si opera nell'atto della conversione: comprende la Scrittura nella sua intenzione divina colui che opera il "ritorno" cui Dio lo invita attraverso la sua Parola (cf. H. de Lubac, Storia, 424s.).

Commento a Matteo, Libro X, 15 123

rete introducono l'esistenza di nature: l'empio che dopo desiste da tutte le iniquità che commise, custodisce tutti i comandamenti del Signore, e compie giustizia e misericordia, a quale natura apparteneva quando era empio? Certo, non alla natura meritevole di lode. Ma se quella era da biasimare, a quale natura si potrebbe ragionevolmente dire allora che appartenga, dal momento che desiste da tutte le empietà che commise?

Se infatti a causa del suo stato precedente aveva una natura cattiva, com'è che è cambiato in meglio? Ma se a motivo della situazione successiva egli aveva una natura buona, come poteva essere di indole buona quando era empio? Una perplessità simile proverai anche a riguardo del giusto che devia dalla sua giustizia e commette ingiustizia secondo tutte le empietà .

Prima infatti di allontanarsi dalla giustizia, trovandosi in opere giuste, non era di natura cattiva: una natura cattiva non potrebbe essere nella giustizia, giacché un albero cattivo - il male - non puo produrre frutti buoni , i

15 Cf. 2 Cor 13, 1. 16 Cf. Mt 13, 52a. 17 Cf. Mt 13, 52b.

(12) Gv 1, 2. Vangelo è "tutto cio che stabilisce la venuta

(epidemia ) di Cristo, ne prepara la presenza (parousia ) e la attua nelle anime di quelli che vogliono accogliere il Logos di Dio che sta alla porta e picchia e vuole entrare nelle anime" (Cm Gv I, IV, 124): "Assenza e presenza si caratterizzano come eventi interiori relativi alla condizione di accoglienza del Logos divino da parte degli uomini... (Mosè, i patriarchi, i profeti) hanno contemplato anzitempo la gloria di Cristo (e per loro) era già arrivata la "pienezza dei tempi" spirituale. Viceversa, anche dopo che è stata proclamata la sua venuta storica, ci sono di quelli ai quali ancora non è venuto il Logos divino, perché aspetta che ricevano la formazione necessaria... per essere capaci di ricevere la sua divinità" (R. Scognamiglio, "Anthropos apodemôn" [Mt 25, 14]: problema e stimoli per la cristologia di Origene , in Origeniana quarta,

195).

124

frutti della virtù. Ma viceversa, se fosse di natura buona e immutabile, non si distoglierebbe dal bene, dopo essersi comportato da giusto, non si allontanerebbe dalla sua giustizia per commettere ingiustizia, secondo tutte le empietà che commise (7).

1012
12. LS

(13) 2 Cor 3, 16-17. "La Chiesa - convertita ormai al Cristo Signore

- conosca la verità della parola di Dio ricoperta del velo della lettera... (E) lo Spirito Santo stesso che dobbiamo pregare, affinché si degni di togliere ogni nebbia e ogni caligine che... oscura la vista del nostro cuore" (Om Lv I, 1, 34).

(14) 1 Cor 1, 5. Cf. nota (4) a questo paragrafo.

(15) Mt 6, 20. "Colui che è ancora sulla terra, ma la cui cittadinanza è nei cieli e che accumula tesori per il cielo, avendo il cuore nel cielo e portando in sé l'immagine del Celeste, a cagione non del sito, ma delle disposizioni d'animo non è più della terra e del mondo inferiore, bensi invece è del cielo, del mondo celeste, che è migliore di questo" (Pregh XXVI, 5, 118).

(16) Cf. Prv 25, 20 LXX. "Infatti o uno è senza fede e iniquo e per la durezza e impenitenza del cuore ripone le sue azioni nel tesoro dell'ira, oppure è terreno e apprezza le cose della terra e di esse parla e qualora il campo gli rechi frutti abbondanti egli abbatte i suoi granai e ne edifica di più grandi, e accumula tesori in terra... O infine uno è sapiente e ricco per Dio e, pur camminando sulla terra, ha la sua cittadinanza nei cieli e tutte le cose che fa sono degne del regno dei cieli: questa è la persona che accumula nei cieli i tesori delle sue ricchezze" (Cm Rm II, IV, cit., I, 57).

8 Mt 6, 21. 9 Sal 26 (27), 3. 10 Fil 3, 20. 11 Mt 13, 52.

(17) Gv 10, 8. Il pensiero viene completato nel periodo che segue; uno sviluppo analogo, sulla partecipazione al Logos "nel senso della completezza delle nozioni" e "nel senso del sommo grado, che si trova soltanto nei perfetti", in Cm Gv I, XXXVII (cit., 194).

(18) Ef 2, 6. Questa consapevolezza di essere, operata dal

Logos, è un dato di "escatologia realizzata", come dice altrove Origene:

Commento a Matteo, Libro X, 15 125

Cio detto, è da credere che il regno dei cieli venga paragonato a una rete che è gettata in mare e che raccoglie ogni genere di pesci , a indicare la varietà delle libere scelte degli uomini, scelte che tra di loro hanno una differenza tale, che l'espressione che raccoglie ogni genere (8) sta ad indicare uomini degni di lode o di biasimo, a seconda delle tendenze verso le specie delle virtù o dei vizi.

Alla tessitura varia di una rete è poi paragonato il regno dei cieli, siccome l'antica e nuova Scrittura è intrecciata di sensi di ogni tipo e varietà (9). E come tra i pesci che cadono sotto la rete, gli uni si trovano in tali, gli altri in tali altri

"Se per caso alcuni... mostrano zelo e desiderio di diventare celesti per la perfezione della vita e l'elevatezza dell'intelligenza, anch'essi diventano trono di Dio, fatti in anticipo celesti per il servizio e la vita... Anche quelli il cui "tesoro è nel cielo" possono essere detti celesti e trono di Dio... e Dio non solo riposa sopra di loro, ma anche abita in loro" (Om Gn I, 13, 53).

12 1 Tm 4, 13. 13 Sal 1, 2. 14 Cf. Eb 10, 1.

(19) Raccogliere nel cuore: vangeli, apostoli, le parole della loro rivelazione, la Legge: si tratta dunque di congregare, colligere, fare la collatio! Cf. Cm Mt X, 10 (nota [30]); XI, 3 (in fine); XII, 6; è espressione abituale in Origene: "A tale proposito ritengo utile raccogliere quei passi..." (Cm Gv II, I, 201; cf. Princ IV, 3, 1, 513, e i testi cui rinvia H. de Lubac, Storia, 336s.). Quanto a le parole della loro rivelazione: la nostra traduzione sottolinea che, più che del libro dell'Apocalisse, si tratta della rivelazione - contenuta nei libri neo-testamentari - riguardo alla prima venuta del Cristo, nella quale si è attuato il piano salvifico divino ed è confluita la testimonianza della Scrittura antica (cf. Introduzione di E. Corsini, Apocalisse prima e dopo, Torino 1993, 49.65).

(20) Cf. 2 Cor 3, 2. Leggiamo e conosciamo. Rispetto al testo di

2 Cor, che parla dei destinatari come di "lettera conosciuta e letta", Origene, con un gioco di parola, inverte: ""Leggere e comprendere" la Bibbia è (per Origene) fare il lavoro di stabilimento e illuminazione del testo, con le esigenze del buon filologo e, insieme, fondare la interpretazione su una teoria ermeneutica" (cf. Introduzione della Harl a Philocalie, cit., 45); questa lettura e meditazione della Scrittura, "che

126

punti della rete, e ciascuno in quel punto che l'ha trattenuto, cosi potresti scoprire anche a proposito di quelli che sono caduti nella rete delle Scritture: alcuni sono stati trattenuti dalla maglia profetica, ad esempio, da tale testo di Isaia, di Geremia o di Daniele; altri trattenuti da una maglia della Legge, altri del Vangelo, e altri dell'Apostolo. In un primo

si fa nella preghiera e che la grazia divina viene a illuminare, è cio che il monachesimo posteriore chiamerà lectio divina" (Crouzel, Origene,

147; Bendinelli, Il Commentario, 98s.).

(21) Cf. 1 Cor 2, 13. Confrontiamo cose spirituali con realtà spirituali: "Mettiamo dunque a confronto la Sacra Scrittura con se stessa" (Om Gs XV, 3, 209). Origene riprende l'espressione paolina con abbondanti sfumature nella sua opera (cf. H. de Lubac, Storia ,

340ss.; Harl, Introduzione a Philocalie, cit., 141-145; Girod, cit., 204s.; F. Cocchini, Il Paolo di Origene, cit., 117-123; Id., Paolo in Origene nel periodo alessandrino, in Origeniana quinta , 167s.). La utilizzazione origeniana del testo paolino assume la metodologia esegetica ebraica del Targum, trascendendo il metodo: "Esaminando una parola con l'altra, e mettendo insieme quel che è simile, viene svelato il pensiero della Scrittura. E cosi che comprendo quel che concerne Dio e

127

momento uno che è, o sembra, preso dalla Parola, è catturato da una parte di tutta la rete.

Ma non è fuori luogo ipotizzare (10) che alcuni pesci catturati vengano avvolti proprio da tutta la trama della rete delle Scritture, e siano tenuti insieme e trattenuti da tutti i lati: non possono sfuggire ma, diciamo cosi, sono soggiogati da ogni parte (11), e non sono più liberi di evadere dalla rete.

Questa rete è stata gettata poi in mare, nella vita degli uomini di ogni parte del mondo in preda alle onde, ...e nuotano nelle amare realtà della vita. Questa rete, prima della venuta del Nostro Signore Gesù Cristo, non era completamente riempita: alla trama della Legge e dei Profeti mancava colui che ha detto: Non pensate che io sia venuto ad abolire la legge o i profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento (12). E la trama della rete trova compimento nei Vangeli e nelle parole di Gesù trasmesse mediante gli apostoli. Per questo, dunque, il regno dei cieli è simile a una rete gettata in mare, e che raccoglie ogni genere di pesci .

Ma, a parte l'interpretazione già data, le parole che raccoglie ogni genere di pesci possono anche indicare la vocazione delle nazioni di ogni razza (13). Coloro poi che

[1908/1965], 239s.; cf. H. Crouzel, Le contexte spirituel de l'exégèse dite spirituelle, in Origeniana sexta, 338; Id., Origene, 105).

(22) Cf. Mt 13, 52b. Il testo prima citato di 1 Cor 2, 13 è esplicitato in chiave anti-marcionita: la Scrittura è un libro unitario, che l'esegesi gnostica separa arbitrariamente, "dividendo la divinità" (cf. Simonetti, Origene e lo scriba , cit., 194-196). A nulla vale la tecnica esegetica se non è vissuta nella unità di fede nel Dio dell'Antico e del Nuovo Testamento: "Le vesti sono le divine Scritture e il significato contenuto

128

sono al servizio della rete gettata in mare sono il Signore della rete, Gesù Cristo, e gli angeli che si avvicinano a lui per servirlo , i quali non traggono fuori dal mare la rete e non la portano sulla riva del mare, cioè verso le realtà estranee a questa vita, se non si è completamente riempita, vale a dire se non è entrata in essa la pienezza delle genti (14).

Quando questa sarà entrata (15), allora la tirano fuori dalle realtà di quaggiù e la portano verso quella che in senso metaforico è chiamata la riva: qui l'opera di coloro che l'hanno tratta fuori consisterà nel sedersi lungo la riva e di stabilirsi li, per riporre ciascuno dei buoni presi nella rete, nel suo proprio ordine, in quelli che qui sono detti i loro canestri, e buttino fuori coloro che hanno qualità contrarie, e sono chiamati pesci cattivi. "Fuori", poi, è la fornace del fuoco, come l'interpreto il Salvatore, dicendo: Cosi sarà alla fine del mondo. Verranno fuori gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente (16). A parte cio, è da osservare che già per mezzo della parabola della zizzania e della presente similitudine ci viene insegnato che agli angeli sarà affidato

14).

18 2 Cor 3, 7. 19 Cf. Ef 4, 22; Col 3, 9; Ez 11, 19.

(23) Cf. 2 Cor 4, 16; Col 3, 10. L'uomo nuovo - nello Spirito - riceve l'insegnamento del Cristo in rinnovamento interiore: "Cio è proprio quanto il Salvatore e Signore indicava nel Vangelo quando diceva che il vino nuovo non poteva esser messo in vecchi otri e comandava di diventare otri nuovi, cioè che gli uomini vivessero una vita nuova, per ricevere il vino nuovo, cioè la novità della grazia dello Spirito Santo" (Princ I, 3, 7, 176). Si noterà, a partire da Rm 7, 15ss., 2

Cor 4, 16ss., Ef 3, 14ss., "il significato fondamentale, preso dalla

Commento a Matteo, Libro X, 16 129

il compito di distinguere e separare i cattivi dai buoni. In precedenza infatti è stato detto che il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente; li sarà il pianto e lo stridore di denti (17). Qui invece è detto: verranno fuori gli angeli e separeranno i cattivi da mezzo i buoni e li getteranno nella

filosofia greca volgarizzata, di uomo interiore in san Paolo e a un tempo il suo slittamento verso il concetto propriamente semitico (ed evangelico, e tipicamente paolino) di uomo nuovo... L'uomo interiore

(puo) rinnovarsi di giorno in giorno se è potentemente rafforzato dallo Spirito di Dio. Allora l'uomo interiore puo essere elevato a uomo nuovo, veramente essere in Cristo nuova creazione" (Dossetti, "Sentinella...", cit., 28s.34).

(24) Mt 10, 25. "Imitando (Cristo) per quanto è possibile, diventiamo partecipi della natura divina, secondo quanto è scritto: "Chi dice di credere in Cristo si deve comportare come lui si è comportato"

(1 Gv 2, 6)" (Princ IV, 4, 4, 551): "Di primo acchito si resta un po' stupiti di incontrare simili formule nell'antico maestro alessandrino: non siamo stati abituati a credere che l'imitazione del Cristo è stata la grande devozione del Medioevo, e che i Padri l'avevano quasi del tutto ignorata? In realtà i Padri non hanno mai cessato di proporci l'esempio del Signore, se vogliamo diventare perfetti, ed è per noi una gioia il vedere a qual punto l'umanità del Maestro è rimasta presente al loro spirito" (cosi Bardy cit. da I. Hausherr, L'imitation de Jésus-Christ dans la spiritualité byzantine , in ?tudes de spiritualité orientale, Roma 1969,

221; AA.VV., Imitation du Christ , DS VII, 2, 1536ss.; L. Bouyer - L. Dattrino, La spiritualità dei Padri 3/A, cit., 49ss.).

(25) 1 Cor 11, 1. Il rapporto Paolo-Origene investe la totalità dell'essere, di cui è parte anche il magistero esegetico (cf. H. de Lubac, Storia, 82ss.; Cocchini, Il Paolo..., 29ss. Nel tratto presente, la considerazione è sulla grazia mediatrice dei santi nel rapporto con Dio:

"I santi dunque sono immagine dell'immagine, essendo immagine il Figlio... Divengono conformi a colui che è nel corpo della gloria, essendo trasformati dalla rinnovazione dello spirito" (Pregh XXII, 4,

100); la comunione si completerà nella morte e l'imitazione realizzerà l'unità: "Lasciatemi essere imitatore della passione del mio Dio"

(Ignazio di A., Rom. VI, 3, cit., 114). Le fonti monastiche applicheranno alla paternità nello Spirito Santo l'esortazione paolina all'imitazione cristica (cf. ad es. Vita copta di san Pacomio, Appendice A [J.

130

fornace ardente .

1013
13. L-C

Con cio non s'accorda quello che pensano taluni: che gli uomini salvati in Cristo siano al di sopra anche dei santi angeli. Com'è possibile, infatti, mettere a confronto quelli che vengono gettati dagli angeli in canestri, con gli angeli che ve li gettano, al cui potere sono soggetti?

E questo lo diciamo, pur non ignorando che alcuni angeli, alle cui mani non è stato affidato tale compito (ma questi non sono tutti), sono inferiori agli uomini che si

Gribomont - F. Moscatelli], Padova 1981, 305).

(26) "Ora esaminando cose vecchie, ora anche cose nuove, diventiamo simili a quello scriba del Vangelo..." (Om Gn XIII, 3, 203);

"Si trova in potenza il Vangelo nella Legge e si comprende che i Vangeli poggiano sul fondamento della Legge; e non chiamo la Legge Testamento Antico, se la comprendo spiritualmente" (Om Nm IX, 4,

112). "In qualche modo (la Scrittura) è una sola Parola e questa Parola riguarda Gesù" (H. de Lubac, Storia, 191; Id., Cattolicesimo, 147-152).

(27) Lv 26, 9-10. In Om Lv XVI, 7, Origene commenta: "Come

"cose vecchie" abbiamo la Legge e i Profeti, come "vecchissime" le cose che furono prima della Legge dal principio, quando fu creato il mondo. Vennero i Vangeli nuovi... Noi rigettiamo la Legge secondo la carne per stabilire la Legge secondo lo spirito" (cit., 318); in Cm Mt la lettura appare più avanzata e completa.

(28) Benedizione , Eulogia eucaristica, Eucaristia. Cf. Cm Mt X,

25; XI, 14. Il passo sembra essere dei più rilevanti per la lettura dell'evento del Logos-Cristo, e delle sue comunicazioni agli uomini, come eulogia di Dio (cf. Introduzione, nota 49).

20 2 Cor 6, 16; Lv 26, 12.

(29) Cf. Rm 7, 6. Il testo puo essere letto a livello del passaggio dalla lettera allo spirito, per cui il Vangelo "rende effettivo quel vangelo che si ritiene presente anche nell'Antica Alleanza" (Cm Gv I, VI, 127; cf. H. de Lubac, Storia, 146; Sgherri, Chiesa, 369.375), ma anche nel senso eucaristico che sembra preparare la citazione immediatamente

Commento a Matteo, Libro X, 16-17 131

salveranno in Cristo; abbiamo letto, infatti, il testo: cose nelle quali gli angeli desiderano fissare lo sguardo (18), ma qui non è detto tutti gli angeli. Sappiamo anche l'espressione: giudicheremo gli angeli (19), ove pero non è detto tutti gli angeli.

Dopo aver annotato queste cose in merito alla rete e a quelli catturati in essa, chiunque pretendesse dire che, prima della fine del mondo o prima che vengano gli angeli a separare i buoni dai cattivi , non ci saranno più cattivi nella rete che raccoglie ogni specie (20), darebbe l'impressione di non aver capito la Scrittura e di desiderare cose impossibili. Per cui non ci stupisca di vedere le nostre assemblee piene anche di gente cattiva, prima della separazione dei buoni dai cattivi da parte degli angeli mandati a questo scopo. Voglia il cielo, invece, che costoro, destinati ad essere gettati nella fornace ardente (21), non siano più numerosi di quelli buoni!

Ma, poiché agli inizi dicevamo che le parabole e le similitudini non vanno prese in riferimento a tutti i punti delle realtà cui sono paragonate o assimilate, ma solo per

(30) Cf. Gv 1, 14; cf. Mt 26, 26-27. Dalla liturgia della Parola alla liturgia eucaristica, dalla Scrittura alla Eucaristia, dalla transustanziazione della lettera nello Spirito alla transustanziazione del pane e del vino nel Corpo e Sangue di Cristo: Legge, Profeti, Vangelo, Presenza sacramentale del Cristo. Il Logos, che dalle Scritture si manifesta come ricordo attivo e benedicente di Dio per l'uomo, si fa insieme benedizione degli uomini rivolta a Dio (cf. il citato studio di Lies, Eucharistische, 168-184).

1 Mt 13, 53-54.

(1) Cf. Mt 13, 53. Cf. Cm Mt X, 4, note (3).(4) e Cm Mt X, 11. Girod trova la spiegazione complessivamente "laboriosa e relativamente poco convincente" (cit., 212); si potrebbe anche dire che Origene dà prova nel caso di un eccesso di letteralismo, non dimenticando pero

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certi aspetti, c'è ancora da dimostrare questo, in quel che diremo: che trattandosi di pesci, in cio che attiene alla loro vita, è un male che accada loro di trovarsi in una rete: viene meno loro la vita naturale, e non soffrono niente di più grave che perdere la loro vita di pesci, sia che li mettano nei canestri sia che li gettino fuori. Ma stando all'interpretazione della parabola, non è un bene essere in mare e non entrare nella rete per essere riposti nei canestri insieme ai buoni (22). Cosi pure i pesci cattivi vengono messi fuori e gettati via, invece in base alla presente similitudine quelli cattivi vengono gettati nella fornace ardente, perché anche a loro accada quello che in Ezechiele è detto della fornace: Mi fu rivolta la parola del Signore: figlio dell'uomo, ecco la casa di Israele, si sono

che "senza avere una teoria del linguaggio vera e propria, egli sfiora qua e là le teorie di quelli che chiama gli specialisti della logica, questa parte dell'insegnamento filosofico che concerne tutti i problemi del linguaggio... e ne reclama una certa conoscenza" (Harl, Introduzione a Philocalie , cit., 128.135-140; Bendinelli, Il Commentario, 81s.173-176).

2 Lc 8, 10. 3 Mt 13, 53-54. 4 Mc 6, 1. 5 Mt 2, 23.

6 Mt 2, 1.

(2) Cf. Mc 4, 11. "La sua formazione di grammatico ha predisposto Origene a un esame oltremodo attento e sofisticato del testo biblico, analizzato minutamente in tutte le sue articolazioni, analogamente al trattamento che era riservato ai classici dalla filologia alessandrina" (Perrone, La Legge spirituale, cit., 356): leggiamo in questa chiave il tratto che stiamo esaminando, tenendo presente altresi la constatazione, abituale nell'Alessandrino, della ristrettezza del linguaggio umano, per cui viene adattato "al funzionamento del testo scritturistico, per il tramite della retorica, il tema filosofico della inadeguatezza delle parole e delle cose, tema che è legato, a partire dai Presocratici, al problema della precisione del linguaggio" (Le Boulluec, Les représentations , cit., 113).

7 1 Cor 1, 23.

Commento a Matteo, Libro X, 17 133

mescolati tutti con rame e ferro... (23) e cosi via, fino a: saprete che io, il Signore, ho riversato il mio sdegno contro di voi (24).

(4) Mt 13, 57; cf. Mc 6, 4; Lc 4, 24; Gv 4, 44. "Chiama patria di lui la Giudea, che egli anche per questo motivo aveva lasciato. Infatti spiegando il motivo della venuta (di Gesù) nella Galilea, l'evangelista scrive: "Un profeta non riceve onore nella sua patria". Questa testimonianza è riferita anche dagli altri vangeli. Dice infatti il Salvatore:

"Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra la sua parentela e in casa sua". E naturale quindi che tutti i (profeti) precedenti alla venuta (del Salvatore) siano stati disprezzati in Gerusalemme e nella Giudea, perché quivi era la loro terra e la loro patria, cosicché il Salvatore dice: "Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti...!""

(Cm Gv Fr. LX, 865).

(5) Cf. At 9, 5. "Che poi egli sia venuto anche prima della sua presenza nella carne, sentilo testimoniare proprio da lui...:

"Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che sono stati mandati a te, quante volte ho voluto radunare i tuoi figli!"

...Non dice: Ti ho veduto solo in questo avvento, ma dice: "quante volte ho voluto!". E venendo di nuovo attraverso i singoli profeti - ero io, il Cristo, che parlavo nei profeti - ha detto: Tu pure non temere; anche ora Gesù Cristo viene mandato. Non mentisce! "Io sono con voi - afferma - tutti i giorni, fino alla fine del mondo"" (Om Is I, 5, 72). Gesù, creduto o perseguitato nei padri del primo popolo che hanno patito per le promesse di Dio (cf. Eb 11), continua a esserlo nell'accoglienza o nel

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Origene su Matteo 1006