B. Paolo VI Omelie 8128

Domenica, 8 dicembre 1968: SANTA MESSA NEL I CENTENARIO DELL'AZIONE CATTOLICA ITALIANA

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Solennità dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria




ENERGIE SPIRITUALI PER NUOVO ARDUO CAMMINO

Figli carissimi.

Sono tre i pensieri che occupano il Nostro spirito in questo momento: la celebrazione della festa di Maria Immacolata, la commemorazione del centenario dell’Azione Cattolica in Italia, e la ricorrenza del terzo anno dalla chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano II; e ciascuno di questi temi offre quadri immensi di meditazione; immensi e diversi, ma non così eterogenei da impedire che la nostra attenzione li contempli insieme, come se l’uno fosse sovrapposto all’altro in differente distanza ed in unica prospettiva. La breve memoria, che ora ne facciamo, serva alla nostra presente liturgia della parola, per risvegliare in ciascuno di noi quelle disposizioni di animi le quali diano espressione lirica e vivissima alla nostra preghiera, offrano apertura di cuori all’impressione mistica che il rito eucaristico del sacrificio della Messa deve oggi più che mai solcare nella nostra intima profondità, e risveglino le energie spirituali, che un’ora come questa, quasi fosse ora di partenza per un nuovo e arduo cammino, intende in noi suscitare.



ESEMPLARITÀ E PROTEZIONE DELLA «TOTA PULCHRA»

La Madonna, la Madonna Immacolata, domina dall’alto la scena. Che cosa diremo che sia meno indegno d’una tale visione? Fermeremo il discorso ad una sola considerazione, quando cento idee, come scintille da un unico fuoco, vorrebbero doverosa memoria e felice menzione. La considerazione che ora scegliamo è quella dell’esemplarità di Maria. Un’esemplarità che si riflette su tutta la Chiesa e ne costituisce il modello perfetto. Sì, la bellezza della Chiesa quale Cristo l’ha concepita e l’Apostolo la descrive, come quella di splendida Sposa, gloriosa, intatta, santa e immacolata (
Ep 5,27), ha in Maria la sua espressione sublime; in Maria, che il Concilio, facendo propria la parola di Sant’Ambrogio, chiama «Ecclesiae typus», disegno tipico della Chiesa, e ciò principalmente nell’ordine delle virtù teologali, di quelle misteriose disposizioni soprannaturali dell’anima, che la abilitano alla comunione con Dio (cfr. Lumen gentium, LG 63); così che noi, i quali oggi abbiamo tanto vivo e stimolante «il senso della Chiesa», e sempre riferiamo alla Chiesa i nostri pensieri di rinnovamento cristiano, siamo più che mai invitati a guardare a Maria, la quale, come dice Sant’Agostino, «rispecchia in sé la fiducia della Santa Chiesa» (De Symbolo ad catech. 1; P.L. 40, 661): Maria squisitamente perfetta, la Chiesa in faticosa via di perfezione.


MARIA CI INSEGNA AD ESSERE CRISTIANI VERI E SANTI

Non è senza importanza pratica il fatto, voluto ben più dal piano divino del Vangelo che dalla nostra fantasiosa devozione, d’aver davanti a noi un’immagine, insieme reale e ideale, d’umanità di tanta perfezione, di tanta bellezza, di tanta innocenza, di tanta armonia interiore, e di tanta, grande e umile, maestà esteriore. Non indarno la liturgia mette sulle nostre labbra accenti di entusiasmo lirico e di incomparabile poesia: Tota pulchra es, Maria; è il grido di questa festività. Esso corregge e sorregge il nostro pessimismo, in noi inoculato da troppe esperienze della vita moderna, sulla possibilità d’una vera purezza umana, d’una vera innocenza di cuore e di membra, della quale innocenza il bambino ci dà un incantevole profilo naturale, ma che egli stesso, diventando uomo, non lascia più trasparire; Maria ci offre la dolce luce d’una integrità vittoriosa, «sempre vergine». Tota pulchra: Maria ci fa vedere come la bellezza e la bontà, l’avvenenza e la virtù, tanto spesso disgiunte nelle persone presentate all’ammirazione pubblica, sono invece in lei riunite con armonia unica, in lei mai punto turbata. Tota pulchra: in lei i termini più sacri e anche più contaminati della nostra vita umana: l’amore, la donna, la vergine, la madre, il gaudio, il dolore, il silenzio della interiorità, la voce del pio e libero canto . . . riprendono il loro autentico e primigenio significato; tutto è nuovo, tutto è santo in questa creatura, la cui perfezione sembra allontanarla senza confronto da noi, e la cui missione invece avvicina a noi come sorella, come madre, come speranza a tutti accessibile.

Fratelli e Figli ! Non è senza importanza, ripetiamo, che la figura della Madonna Immacolata sovrasti il sentiero di cercatori, quali noi siamo, del regno di Dio: ella lo illumina, ella sostiene i nostri passi, ella ci insegna, con la realtà del suo esempio, che anche noi, mediante l’aiuto del Signore, abbiamo la capacità d’essere cristiani veri e santi; ella ci conforta a osare, a sperare; non solo ne abbiamo il dovere, ne abbiamo la possibilità. Il nostro idealismo cristiano acquista una forza realizzatrice nella misura che il fascino del culto mariano ci attira all’imitazione e alla grazia di Cristo.


IL PRESENTE E L'AVVENIRE DELL'AZIONE CATTOLICA

Questo è il primo pensiero, che ci introduce nel secondo, la commemorazione centenaria dell’Azione Cattolica in Italia. Noi non guarderemo, in questo momento, al passato. Altri egregiamente hanno rievocato questa visione retrospettiva. Noi guardiamo al presente e all’avvenire.

Dal passato trarremo soltanto il conforto della sostanziale e rettilinea coerenza, la quale lo fa rivivere nella definizione terminale che l’Azione Cattolica si è guadagnata e che il Concilio ha in un certo senso canonizzata e inserita ormai nel disegno costituzionale e nel programma operativo della Chiesa. L’Azione Cattolica è un’attività, è un organismo di Laici. Salute a voi, Laici cattolici, che nella Chiesa di Dio assumete un posto di particolare evidenza, e una funzione di particolare efficienza! Dotati e coscienti della personalità soprannaturale propria dei fedeli componenti il Popolo di Dio, a voi non è bastato essere insigniti dell’incomparabile e comune dignità cristiana e della inestimabile fortuna d’appartenere alla Chiesa cattolica; voi avete voluto essere membra vive ed operanti. In mezzo alla folla di fratelli indifferenti, apatici, distratti, pieni di occupazioni temporali, forse timorosi di apparire bigotti o fanatici, o attestati su posizioni critiche e polemiche, assenti insomma dal campo organizzato della spirituale milizia cattolica, voi avete sentito l’obbligo di affermare innanzi tutto il vostro carattere di credenti, avete cercato di rendervi conto dei bisogni interni della comunità ecclesiale, avete avvertito le penose condizioni religiose, morali e sociali della società circostante, e vi siete chiesto a voi stessi se spettava anche a voi fare qualche cosa per la causa di Cristo e per l’edificazione non mai terminata della Chiesa; e allora con una risposta, che nasceva dentro come un imperioso dovere, come una rivelatrice vocazione, avete detto: sì; un cattolico non può essere inerte, insensibile, passivo e codardo; e avete fatto dell’azione, dell’azione cattolica una vostra divisa. Laici eravate, e laici siete rimasti.


LIBERTÀ DI OFFERTA FERMEZZA D’IMPEGNO

Chi vi ha chiamato? Nessuno. Esortazioni ne sono poi venute molte, e quanto autorevoli! Ma il movimento fu spontaneo all’inizio e tale rimase. Il che vuol dire che è movimento composto di uomini liberi. Se un ordine gli dà disciplina e consistenza, ciò non cambia il carattere libero e volontario dei suoi membri. L’Azione Cattolica è un’attività facoltativa. Questo, se è uno dei suoi limiti, uno dei suoi segni e uno dei suoi pregi, è soprattutto uno dei suoi meriti, quello della gratuità, cioè dell’amore alla radice delle sue prestazioni.

Libertà di offerta, ma serietà d’impegno. Non è stata e non è l’Azione Cattolica un effimero entusiasmo, un’impresa di dilettanti: è stata ed è tuttora un dono vero, un sacrificio serio, un servizio permanente. Di qui è emerso un altro carattere, quello dell’organizzazione. Carattere maturato appunto dalla relativa stabilità dell’impegno, dal moltiplicarsi degli aderenti, dalla necessità d’un programma ordinato ed efficiente, da una metodologia sociologica, non certo fine a se stessa, né irrigidita in quadri e forme immutabili, ma indispensabile per i compiti formativi, come per quelli apostolici, che il movimento si propone: azione ed unione è il binomio che definisce questo movimento di Laici a questo punto, che non è l’ultimo.



«PREGHIERA - AZIONE - SACRIFICIO»

Un nuovo punto succede, ed è quello che maggiormente qualifica l’Azione Cattolica: il suo rapporto con la comunità ecclesiale; rapporto che si è gradualmente espresso nella collaborazione con la Gerarchia della Chiesa, cioè con l’autorità pastorale, a cui è affidata la promozione, la guida, la santificazione della comunità stessa. L’Azione Cattolica ha fatto di questo rapporto di collaborazione qualificata con i Pastori della Chiesa la sua nota distintiva, la sua ragion d’essere. Non vanto, non prestigio, non vantaggio; ma servizio. Non servitù, ma corresponsabilità. Non clericalismo, ma apostolato. Non invadenza, ma obbedienza. Non burocrazia, ma carità; carità vissuta nella forma ecclesiale più alta, più autentica, più disinteressata, più efficace, e ancora: più meritoria.

Fra le tante forme encomiabili in cui può svolgersi il gemo associativo, formativo e operativo dei cattolici in seno alla Chiesa e intorno ad essa, questa dell’Azione Cattolica ha aspirato a quella più vincolata e più disponibile alla Gerarchia, non per avere il primo posto, ma si potrebbe dire per non averne alcuno proprio, ma per accettare con filiale prontezza quello che, da un lato, la Gerarchia stessa, nel quadro dell’utilità generale del ministero pastorale, giudica più conveniente, e, d’altro lato, quello che la necessità dei tempi e degli ambienti dimostra essere scoperto, attraente o ingrato che sia.

Oh! com’è bella, Figli carissimi, quest’analisi della realtà che voi siete, e che Ci porta a rilevare un’ultima nota della vostra grande associazione, la nota d’un’intenzionale e completa solidarietà con la Chiesa, la nota del fine generale a cui intendete offrire l’opera vostra, la nota del fine totale, il fine globale, come ora si dice. Voi accettate a vostro carico le necessità della Chiesa, senza scelta, quali sono; le sue responsabilità, senza distinguere da esse la vostra; la sua impopolarità e le sue avversità (se necessario), senza mettervi al riparo di pur giuste ragioni di disimpegno. Voi siete cos? il tessuto connettivo più resistente della comunità ecclesiale, voi realizzate il grado più pieno e più intenso di comunione, al quale sia dato a Laici fedeli di accedere; voi siete i più vicini alla sua preghiera, i più impegnati nell’azione apostolica, i più associati al sacrificio, che l’avvento del regno di Dio sempre comporta.



LA PROMOZIONE DEL LAICATO CATTOLICO, SECONDO IL CONCILIO

Sono venute alle Nostre labbra le tre celebri parole - preghiera, azione, sacrificio -, in cui si è sintetizzato lungo il secolo scorso lo spirito e il programma ascetico dell’Azione Cattolica giovanile, donde poi gli altri rami sono germogliati; e la loro venerata anzianità solleva nel Nostro animo, come certo nel vostro, una domanda: non sono forse parole vecchie, forme sorpassate, formule spente, quelle di cui andiamo discorrendo? Non v’è forse bisogno oggi d’un rinnovamento radicale, che sciolga le file della secolare organizzazione, lasciando che forme nuove di vita comunitaria sorgano da sé? La domanda è grave, e richiederebbe lunga risposta, estranea alla celebrazione che stiamo compiendo; e non vogliamo ora pregiudicare con affrettati giudizi fenomeni nuovi e vari di vita cattolica, a cui pure guardiamo con rispettoso e paterno interesse.

Ci basta invece ricordare, nella ricorrenza annuale della fine del Concilio, ciò ch’esso suggerisce alla nostra presente riflessione; ed è questo il terzo pensiero, che vi presentiamo, e che più degli altri riguarda il futuro dell’Azione Cattolica.


UN MANDATO ECCLESIALE DI PRIMARIA IMPORTANZA

Vivrà, sopravvivrà l’Azione Cattolica? Ha essa un avvenire davanti? È chiuso il ciclo della sua funzione?

Dicevamo: voi avete, in cento anni di vita, maturato la vostra essenziale definizione; voi siete ora muniti d’un mandato ecclesiale, che sarebbe viltà rassegnare; voi siete ricchi di esempi, di tradizioni, di esperienze, che non sono già un carico da portare, ma un motore che vi porta; voi avete una presentazione anche nel mondo nazionale circostante, che dovrebbe aprirvi sempre le vie della stima e della simpatia; citiamo una frase del Nostro venerato Predecessore Pio XII, desunta dalla promulgazione dei vostri Statuti: «Noi vorremmo . . . - Egli scriveva - che il popolo intero avesse a ravvisare nell’Azione Cattolica, non già una chiusa cerchia di persone iniziate ad esclusivi ideali, ovvero uno strumento di sterile lotta, o di ambiziosa conquista, ma piuttosto un’amica schiera di cittadini, che hanno fatto propria la materna intenzione della Chiesa di tutti redimere e di garantire alla società l’insostituibile fermento della vera civiltà». E infine, e per di più, voi avete i testi conciliari, che vi conferiscono un riconoscimento non più occasionale e marginale nell’apostolato della Chiesa, ma in esso direttamente inserito e organicamente funzionale. Come potrebbe un Laicato cattolico, cosciente della promozione attribuitagli dal recente Concilio, considerarsi esonerato dal suo qualificato impegno di apostolato, quando una più esplicita pienezza dei suoi titoli ecclesiali è per lui codificata nei documenti del Concilio medesimo? Potrà la Chiesa in Italia rimanere priva d’un Laicato organizzato a complemento ed a servizio della sua missione apostolica? Chi meglio di voi potrà aiutare ogni altra buona iniziativa intesa a diffondere e a difendere i principii cristiani? È ormai la nostra società così penetrata da questi principii da non aver più bisogno del vostro intelligente attivismo, ovvero così refrattaria alla loro esplicita e coerente affermazione da imporre l’abbandono della vostra franca e metodica testimonianza?



SERVIZIO COSTANTE PER IL PROSSIMO E DIFESA DELLA VERITÀ

La vostra presenza, Figli carissimi, già risponde che voi siete convinti della necessità del vostro apostolato compaginato nella comunità ecclesiale e che siete pronti a riprendere il cammino verso il nuovo servizio che la Chiesa vi affida e che le condizioni del nostro tempo, lungi dal dimostrarlo superato e superfluo, sembrano ancora più urgentemente invocare. Occorrerà certamente, anche nelle vostre strutture organizzative, un qualche opportuno «aggiornamento»; rimarrà certo in esse l’impronta fondamentale della fedeltà e del servizio, sarà loro accordata una maggiore autonomia nell’esercizio delle responsabilità che la fiducia può consentire ad un Laicato oggi maturo, e potrà essere al tempo stesso meglio qualificata la collaborazione con la Gerarchia nelle funzioni proprie del Laico. L’Azione Cattolica ritornerà giovane, e tale si conserverà superando con l’evolversi dei tempi quelle forme cristallizzate della sua organizzazione e della sua attività, le quali mancassero della genialità e dell’efficacia che il carattere sperimentale, proprio dell’apostolato, reclama.

Ma ricordate sempre l’autenticità religiosa e spirituale del vostro movimento. Non allontanatevi mai dalla sorgente dell’Azione Cattolica, da una vita cioè profondamente imbevuta della parola e della grazia di Cristo; ritornate continuamente ai principii interiori che vi assicurano una lucida e forte coscienza della vostra personalità cattolica, e rettificate continuamente la vostra direzione di marcia, che ha da essere costante e diritta sui sentieri della Chiesa a servizio del prossimo, che dentro e fuori di essa ha bisogno della verità cristiana e del pane benedetto per ogni legittima fame dell’uomo fratello. Così vi pensa, così vi vuole, così vi benedice, sulla tomba di Pietro, l’umile suo Successore, nel nome di Cristo, e oggi, nella candida luce di Maria Immacolata.




Notte Santa, 24-25 dicembre 1968: SANTA MESSA DI MEZZANOTTE NEL CENTRO SIDERURGICO DI TARANTO

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PER CIASCUNO E PER TUTTI PADRE PASTORE FRATELLO AMICO

Figli! Fratelli! Amici! Uomini sconosciuti e già da Noi amati come reciprocamente legati - voi a Noi, Noi a voi - da una parentela superiore a quella del sangue, del territorio, della cultura; una parentela, ch’è una solidarietà di destini, una comunione di fede, esistente o da suscitare, una unità misteriosa, quella che ci fa cristiani, una sola cosa in Cristo!

Tutte le distanze sono superate, le differenze cadono, le diffidenze e le riserve si sciolgono; siamo insieme, come se non fossimo forestieri gli uni e gli altri; e questo specialmente con Noi, proprio perché siamo vostri, come lo è il Papa per tutti, per i cattolici, quali voi siete, specialmente: Padre, Pastore, Maestro, Fratello, Amico! Per ciascuno, per tutti.

Così adesso pensateci! Così ascoltateci!

Siamo qua venuti per voi, Lavoratori! Per voi Lavoratori di questo nuovo e colossale centro siderurgico; ed anche per gli altri delle officine e dei cantieri di questa Città e di questa Regione; e diciamo pure per tutti i Lavoratori dell’immenso e formidabile settore dell’Industria moderna (e non dimentichiamo neppure i Lavoratori dei campi, i Pescatori, gli Addetti ai cantieri navali, i Marinai, e quelli d’ogni altro campo dell’attività umana: voi ora tutti li rappresentate al Nostro sguardo).

Per voi, Lavoratori!

Ma prima che Noi vi parliamo, lasciateci essere cortesi e riconoscenti con tutti coloro che qui Ci hanno accolto e permesso di entrare. Noi Ci sentiamo obbligati a ringraziare le Autorità civili e militari, i Promotori e i Dirigenti di questa gigantesca impresa; così l’Arcivescovo e quanti spiritualmente e socialmente vi assistono; le vostre Rappresentanze; ed anche le vostre Famiglie, i vostri Figli, tutta la Popolazione di questa Città e di questa Regione. A tutti il Nostro saluto, il Nostro augurio ed anche la Nostra Benedizione. Il Natale riempie il cuore di voti buoni e felici per tutti.



AGLI OPERAI IL MESSAGGIO DI RINNOVAZIONE E DI SPERANZA DEL REDENTORE DEL MONDO

Ma ora a voi, Lavoratori, che cosa diremo nel breve momento concesso a questo nostro rapido incontro?

Vi parliamo col cuore. Vi diremo una cosa semplicissima, ma piena di significato. Ed è questa: Noi facciamo fatica a parlarvi. Noi avvertiamo la difficoltà a farci capire da voi. O Noi forse non vi comprendiamo abbastanza? Sta il fatto che il discorso è per Noi abbastanza difficile. Ci sembra che tra voi e Noi non ci sia un linguaggio comune. Voi siete immersi in un mondo, che è estraneo al mondo in cui noi, uomini di Chiesa, invece viviamo. Voi pensate e lavorate in una maniera tanto diversa da quella in cui pensa ed opera la Chiesa! Vi dicevamo, salutandovi, che siamo fratelli ed amici: ma è poi vero in realtà? Perché noi tutti avvertiamo questo fatto evidente: il lavoro e la religione, nel nostro mondo moderno, sono due cose separate, staccate, tante volte anche opposte. Una volta non era così. (Anni fa Noi parlammo di questo fenomeno a Torino). Ma questa separazione, questa reciproca incomprensione non ha ragione di essere. Non è questo il momento di spiegarvi perché. Ma per ora vi basti il fatto che Noi, proprio come Papa della Chiesa cattolica, come misero, ma autentico rappresentante di quel Cristo, della cui Natività noi questa notte celebriamo la memoria, anzi Ia spirituale rinnovazione, siamo venuti qua fra voi per dirvi che questa separazione fra il vostro mondo del lavoro e quello religioso, quello cristiano, non esiste, o meglio non deve esistere. Ripeteremo ancora una volta da questo centro siderurgico, che consideriamo ora espressione tipica del lavoro moderno, portato alle sue più alte manifestazioni industriali, d’ingegno, di scienza, di tecnica, di dimensioni economiche, di finalità sociali, che il messaggio cristiano non gli è estraneo, non gli è rifiutato; anzi diremo che quanto più l’opera umana qui si afferma nelle sue dimensioni di progresso scientifico, di potenza, di forza, di organizzazione, di utilità, di meraviglia - di modernità insomma - tanto più merita e reclama che Gesù, l’operaio profeta, il maestro e l’amico dell’umanità, il Salvatore del mondo, il Verbo di Dio, che si incarna nella nostra umana natura, l’Uomo del dolore e dell’amore, il Messia misterioso e arbitro della storia, annunci qui, e di qui al mondo, il suo messaggio di rinnovazione e di speranza.


LE CONQUISTE DELL’UMANITÀ SONO CONFERMA DELLA GRANDEZZA E DELL’INEFFABILE DISEGNO DI DIO

Lavoratori, che Ci ascoltate: Gesù, il Cristo, è per voi!

Ricordate e meditate: il Cristo del Vangelo, quello che la Chiesa cattolica vi presenta e vi offre, è per voi! Questa notte è con voi!

Non abbiate timore che questa presenza, questa alleanza, vissuta nella fede e nel costume, voglia mutare l’aspetto, la finalità, l’ordinamento d’un’impresa come questa, e d’altre simili; voglia cioè, come volgarmente si dice, clericalizzare il lavoro moderno dell’uomo, ovvero frenare la sua espansione, opporre la finalità religiosa della vita allo sviluppo dell’attività umana, il Vangelo al progresso scientifico, tecnico, economico e sociale.

Voi avete certamente sentito parlare del recente Concilio, nel quale la Chiesa ha espresso e precisato il suo pensiero a riguardo dei suoi rapporti col mondo contemporaneo. Ecco che cosa dice il Concilio: «I cristiani . . . non solo non pensano di contrapporre le conquiste dell’ingegno e dell’abilità dell’uomo alla potenza di Dio, quasi che la creatura razionale sia rivale del Creatore; ma, al contrario, essi - i cristiani - sono piuttosto persuasi che le conquiste dell’umanità sono segno della grandezza di Dio e frutto d’un suo ineffabile disegno. E quanto più cresce la potenza degli uomini, tanto più si estende e si allarga la loro responsabilità individuale e collettiva» (Gaudium et spes,
GS 34).

Questo vale per chi pone a confronto il cristianesimo con l’umanesimo del lavoro moderno; e vale specialmente per chi infonde in questo lavoro le risorse della scienza, della tecnica, dell’organizzazione industriale, e produce opere ciclopiche e perfette come quella in cui ci troviamo, ovvero domina in tal modo le leggi e le forze della natura da aprire agli ardimenti dell’uomo imprese impensabili e meravigliose, come quella che proprio durante questa notte porta tre uomini a girare nello spazio celeste intorno alla Luna. Onore ai pionieri dell’espansione dell’intelligenza e dell’attività dell’uomo! E gloria a Dio che sul volto dell’uomo irradia la sua luce e imprime alle facoltà umane la regale potestà di dominare le creature che lo circondano (cfr. Gen. 1, 20 ss.; cfr. S. IRENEO, Gloria Dei vivens homo).

È questo un pensiero, un principio, che dovrà sempre più diventare sorgente di meditazione per l’uomo moderno, e suscitare in lui non l’orgoglio e la tragedia di Prometeo, ma quel sentimento primordiale e dinamico di simpatia e di fiducia verso la natura, di cui siamo parte e in cui siamo esploratori (cfr. EINSTEIN, Cosmic Religion, New York, 1931, 52-53); sentimento che si chiama meraviglia - sentimento di gioventù e d’intelligenza -, e che passando dall’osservazione incantata delle cose alla ricerca suprema della loro origine diventa scoperta del mistero, diventa adorazione, diventa preghiera.

Cari Lavoratori! sono parole difficili? No; sono parole consolanti, e proprio per voi, che vivete in questo quadro, che sembra a prima vista un enigma formidabile, un intreccio di macchine e di energie incomprensibile, un regno della materia che dispiega certi suoi segreti, che voi trasformate con una lotta tremenda e abilissima in elemento utile ad altri lavori, perché sia poi utile al servizio e al bisogno dell’uomo. Voi avete davanti una visione estremamente realista, ma non materialista. Voi sapete come trattare la materia, che sembra ingrata e refrattaria ad ogni tentativo dell’arte umana; sapete trattarla e dominarla, perché, da un lato, siete diventati così intelligenti, voi e chi vi dirige, da scoprire le leggi nuove del mestiere umano, cioè dell’arte di dominare le cose, e, d’altro lato, avete scoperto, voi e i vostri maestri, le leggi nascoste nelle cose stesse: le leggi? Che cosa sono le leggi, se non pensieri? Pensieri nascosti nelle cose, pensieri imperativi che non solo le definiscono con i nostri nomi comuni, ferro, fuoco, o altro, ma che danno ad esse un loro essere particolare, un essere che da sé, è evidente, le cose non sanno darsi, un essere ricevuto, un essere che diciamo creato. Voi incontrate ad ogni fase del vostro immane lavoro questo essere creato, che VUOI dire pensato. Pensato da Chi? Voi, senza accorgervi, estraete dalle cose una risposta, una parola, una legge, un pensiero, ch’è dentro le cose; un pensiero che, a ben riflettere, ci porta a rintracciare la mano, la potenza, che diciamo?, la presenza, immanente e trascendente, cioè li dentro e li sopra, d’uno Spirito Pensante e Onnipotente, al quale siamo abituati a dare il nome, che ora Ci trema sulle labbra, il nome misterioso di Dio.



LAVORO E PREGHIERA HANNO UNA RADICE COMUNE ANCHE SE ESPRESSIONE DIVERSA

Cioè, cioè, cari Lavoratori! voi vedete come quando lavorate in questa officina è, in certo senso, come se foste in Chiesa; voi, senza pensarvi, voi qui venite a contatto con l’opera, col pensiero, con la presenza di Dio. Voi vedete come lavoro e preghiera hanno una radice comune, anche se espressione diversa. Voi, se siete intelligenti, se siete veri uomini, potete e dovete essere religiosi, qui, nei vostri immensi padiglioni del lavoro terrestre, senza altro fare che amare, pensare, ammirare il vostro faticoso lavoro.

Abbiamo detto faticoso; cioè abbiamo riconosciuto l’aspetto umano dell’opera vostra. Qui due mondi s’incontrano: la materia e l’uomo; la macchina, lo strumento, la struttura industriale da una parte, la mano, la fatica, la condizione di vita del lavoratore dall’altra. Il primo mondo, quello della materia, ha una sua segreta rivelazione spirituale e divina, Noi dicevamo, da fare a chi la sa cogliere; ma quest’altro mondo, che è l’uomo, impegnato nel lavoro, carico di fatica, e pieno lui stesso di sentimenti, di pensieri, di bisogni, di stanchezza, di dolore, quale sorte trova qui dentro? Qual è, in altri termini, la condizione del Lavoratore impegnato nell’organizzazione industriale? sarà macchina anche lui? puro strumento che vende la propria fatica per avere un pane, un pane da vivere; perché prima e dopo tutto, la vita è la cosa più importante d’ogni altra; l’uomo vale più della macchina e più della sua produzione. Sappiamo bene tutte queste cose, le quali hanno assunto, nel tempo passato e ancora assumono, nel tempo nostro, una importanza nuova, immensa, predominante; e hanno avuto la loro espressione in quel complesso di problemi e di lotte, che chiamiamo la questione sociale. Tutti sanno quali sono stati i fenomeni culturali, storici, sociali, economici, politici, nei quali la questione sociale si è posta e si pone. Non è in questo momento che se ne vuole parlare.

In questo momento a Noi, e certo a voi, preme di risolvere con qualche risposta, sia pure molto sommaria, l’obbiezione che Noi stessi abbiamo sollevato entrando qua dentro; e cioè: che cosa fa . il messaggero del Vangelo qua dentro? che cosa può dire il rappresentante di Cristo a questo vostro mondo del lavoro moderno? a voi, specialmente, lavoratori delle braccia, datori di quella fatica fisica, umile ed estenuante, che ancora nessuna macchina vale a sostituire?

Cari Lavoratori! sotto questo aspetto, quello umano, la Nostra parola diventa più facile, e quasi Ci erompe dal cuore perché Ci sembra di leggerla nel vostro cuore. Che cosa avete nel cuore? siete uomini: siete per questo felici? avete tutto quello che vi spetta come uomini e che voi profondamente desiderate? Questo certamente non può del tutto verificarsi; non lo è per alcuno; non lo è, forse tanto meno, per voi. Ciascuno porta in fondo al suo animo una sofferenza: siete miseri? siete veramente liberi? siete affamati di giustizia e di dignità? siete desiderosi di salute? bisognosi di amore? Avete nel cuore sentimenti di rancore e di odio? avete ansia di vendetta e di ribellione? Dov’è per voi la pace, la fratellanza, la solidarietà, l’amicizia, la lealtà, la bontà? dentro e fuori di voi?



LA CHIESA VI CONOSCE VI INTERPRETA VI DIFENDE IN PIENA GIUSTIZIA

Noi vi diremo una cosa, che dovrete ricordare: noi vi comprendiamo. Dicendo noi, diciamo la Chiesa. Sì, la Chiesa, come una madre, vi comprende. Non dite e non pensate mai che la Chiesa sia cieca ai vostri bisogni, sorda alle vostre voci. Ancora prima che voi abbiate coscienza di voi stessi, delle vostre condizioni reali, totali e profonde, la Chiesa vi conosce, vi studia, vi interpreta, vi difende. Anche più che voi talvolta non pensiate. Che direste se noi, la Chiesa, ci limitassimo a conoscere le passioni che hanno agitato in tanti modi le classi lavoratrici? Che cosa moveva queste passioni? Il desiderio, il bisogno di giustizia. La Chiesa non condivide le passioni classiste, quando queste esplodono in sentimenti di odio e in gesti di violenza; ma la Chiesa riconosce, sì, il bisogno di giustizia del popolo onesto, e lo difende, come può, e lo promuove. E badate bene: non di solo pane vive l’uomo, dice la Chiesa ripetendo le parole di Cristo; non di sola giustizia economica, di salario, di qualche benessere materiale, ha bisogno il Lavoratore, ma di giustizia civile e sociale. Ancora per questa rivendicazione la Chiesa vi comprende e vi aiuta. E di più: voi avete altri bisogni e altri diritti; a tutelare i quali la Chiesa molto spesso rimane l’unica vostra avvocata; i bisogni e i diritti dello spirito, quelli propri di figli di Dio, quelli di cittadini del regno delle anime, chiamate ai veri e superiori destini della pienezza della vera vita presente e di quella futura. Non siete voi elevati a questa eguaglianza, che supera ogni dislivello sociale? Anzi non siete fra tutti i preferiti del Vangelo, voi se piccoli, voi se poveri, voi se sofferenti, voi se oppressi, voi se assetati di giustizia, voi se capaci di gioia vera e di amore vero?

La Chiesa questo pensa e dice di voi e per voi. Ed è chiaro il perché. Perché la Chiesa è la continuazione di Cristo. La Chiesa è il tramite che porta attraverso i secoli e diffonde per tutta la terra la Parola del Signore, anzi la presenza, avvertita solo da chi crede, di Gesù, di quel Gesù, del quale questa notte commemoriamo e in noi, spiritualmente, rinnoviamo la nascita.


REALTÀ NECESSARIA E SUBLIME: CRISTO È PRESENTE FRA VOI

Dite una cosa: trovate strano, allora, trovate anacronista, trovate nemico il messaggio del Vangelo qui dentro? non vi sono uomini vivi, uomini sofferenti, uomini bisognosi di dignità, di pace, di amore qui dentro, che non comprendono il pericolo d’essere ridotti ad esseri di una «sola dimensione», quella di strumenti, e che non si accorgono proprio qui (vogliamo dire nel cuore del mondo industriale in grande stile), dove il pericolo di questa disumanizzazione è maggiore, proprio qui il soffio del Vangelo, come ossigeno di vita degna dell’uomo, è più che mai al suo posto, e la presenza umile e amorosa di Cristo è più che mai necessaria?

Ecco, figli carissimi, perché qua siamo venuti. Siamo venuti per voi. Siamo venuti, affinché la Nostra presenza vi dimostrasse la presenza consolatrice, salvatrice di Cristo in mezzo al mondo meraviglioso, ma vuoto di fede e di grazia, del lavoro moderno. Siamo venuti per lanciare di qui, come uno squillo di tromba risonante nel mondo, il beato annunzio del Natale all’umanità che sale, che studia, che lavora, che fatica, che soffre, che piange e che spera; e l’annuncio è quello degli Angeli di Bethleem: oggi è nato il Salvatore vostro, Cristo Signore.



OMELIE 1969





1° gennaio 1969: GIORNATA PER LA PACE

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