Lezionario "I Padri vivi" 104

DOMENICA DOPO PENTECOSTE: SANTISSIMA TRINITÀ

104 Letture:
    
Dt 4,32-34 Dt 4,39-40
     Rm 8,14-17
     Mt 28,16-20

1. La fede trinitaria

       Crediamo in un solo Dio, unico principio, privo di principio; increato, ingenito, indistruttibile e immortale, eterno, immenso, non circoscritto, illimitato, d’infinita potenza, semplice, non composito, incorporeo, immutabile, impassibile, immobile ed inalterabile; invisibile, fonte d’ogni bontà e giustizia, luce intellettuale e inaccessibile, potenza incommensurabile, misurata dalla sua volontà (può, infatti, "tutto ciò che vuole" [ Ps 134,6 ]), fondatrice di tutte le cose sia di quelle visibili che delle invisibili conservatrice di tutto, provvidente per tutto, contenente e reggente tutto, avente su tutto un regno perpetuo ed immortale.

       (Crediamo in un solo Dio) al quale nulla si oppone, che riempie tutte le cose senza essere da nessuna circoscritto; anzi, egli stesso tutto circoscrive, tutto contiene e a tutto provvede, che penetra tutte le sostanze lasciandole intatte al di là di tutte le cose, trascendente ogni sostanza, soprasostanziale e superiore a ogni cosa; superiore per divinità, bontà, pienezza; un Dio che stabilisce tutti i poteri e tutti gli ordinamenti, mentr’egli si pone al di sopra d’ogni ordinamento e d’ogni potere; più alto per essenza, vita, parola, intelligenza; un Dio che è la luce stessa, la bontà stessa, la vita stessa, l’essere stesso: egli non riceve, infatti, da nessun altro né l’essere proprio né quello di alcuna delle cose che esistono, ma, anzi, è lui stesso la fonte dell’essere, per tutto ciò che è; della vita, per tutto ciò che vive; della ragione, per tutte le creature che ne fanno uso.

       (Crediamo in un solo Dio) che è causa d’ogni bene per tutte quante le cose, che prevede tutto prima che avvenga; unica sostanza, unica divinità, unica potenza, unica volontà, unica attività, unico principio, unica potestà unica signoria, unico regno.

       (Crediamo in quest’unico Dio conosciuto nelle tre perfette persone e venerato con un unico atto di culto, oggetto di fede e di adorazione da parte di ogni creatura razionale; e queste persone sono unite senza mescolanza o confusione e separate (ciò che trascende ogni intelletto) senza alcuna distanza: nel Padre e nel Figlio e nello Spirito Santo, nel nome dei quali siamo anche stati battezzati. Infatti, così il Signore comandò agli apostoli di battezzare, quando disse: "Battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo" (Mt 28,19).

       Crediamo nell’unico Padre, principio e causa di tutto, non generato da nessuno, unico salvatore non causato e ingenito; creatore di tutte le cose, Padre, per natura, del suo unico Figlio unigenito, e Dio, il nostro Gesù Cristo, e produttore del Santissimo Spirito.

       Crediamo, altresì, nel Figlio di Dio unigenito, Signor nostro, generato dal Padre prima di tutti i secoli; luce da luce, Dio vero da Dio vero; generato, non creato; consustanziale con il Padre; per il quale tutte le cose sono state fatte...

       ...Allo stesso modo, crediamo anche nello Spirito Santo, Signore, vivificante, che procede dal Padre e risiede nel Figlio; che, insieme con il Padre ed il Figlio, è adorato e conglorificato, essendo consustanziale ed eterno come loro; Spirito di Dio, giusto, sovrano; fonte di sapienza, di vita e di santità; che è ed è chiamato Dio con il Padre ed il Figlio; increato, perfetto, creatore, che governa tutte le cose, creatore di tutto, onnipotente, potenza infinita che comanda a tutto il creato, senza essere sottoposto all’autorità di nessuno; che divinizza, senza essere divinizzato; che riempie, senza essere riempito; che è partecipato, ma non partecipa; che santifica, ma non è santificato; Paraclito, poiché accoglie le invocazioni di tutti; simile in tutto al Padre ed al Figlio; procedente dal Padre, viene concesso attraverso il Figlio ed è ricevuto da ogni creatura.

       Giovanni Damasceno, De fide orthod., 1, 8


2. Preghiera alla Trinità

       Signore nostro Dio, crediamo in te, Padre e Figlio e Spirito Santo. Perché la Verità non avrebbe detto: "Andate, battezzate tutte le genti nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo" (Mt 28,19), se Tu non fossi Trinità. Né avresti ordinato, Signore Dio, che fossimo battezzati nel nome di chi non fosse Signore Dio. E una voce divina non avrebbe detto: "Ascolta Israele: Il Signore Dio tuo è un Dio unico" (Dt 6,4), se Tu non fossi Trinità in tal modo da essere un solo Signore e Dio. E se Tu fossi Dio Padre e fossi pure il Figlio tuo Verbo, Gesù Cristo, e il vostro Dono lo Spirito Santo, non leggeremo nelle Sacre Scritture: "Dio ha mandato il Figlio suo (Ga 4,4 Jn 3,17), né Tu, o Unigenito, diresti dello Spirito Santo: "Colui che il Padre manderà in mio nome" (Jn 14,26) e: "Colui che io manderò da presso il Padre" (Jn 15,26). Dirigendo la mia attenzione verso questa regola di fede, per quanto ho potuto, per quanto tu mi hai concesso di potere, ti ho cercato ed ho desiderato di vedere con l’intelligenza ciò che ho creduto, ed ho molto disputato e molto faticato. Signore mio Dio, mia unica speranza, esaudiscimi e fa’ sì che non cessi di cercarti per stanchezza, ma cerchi sempre la tua faccia con ardore. Dammi Tu la forza di cercare, Tu che hai fatto sì di essere trovato e mi hai dato la speranza di trovarti con una conoscenza sempre più perfetta. Davanti a Te sta la mia forza e la mia debolezza: conserva quella, guarisci questa. Davanti a Te sta la mia scienza e la mia ignoranza; dove mi hai aperto ricevimi quando entro; dove mi hai chiuso, aprimi quando busso. Fa’ che mi ricordi di te, che comprenda te, che ami te. Aumenta in me questi doni, fino a quando Tu mi abbia riformato interamente. So che sta scritto: "Quando si parla molto non manca il peccato" (Pr 10,19), ma potessi parlare soltanto per predicare la tua parola e dire le tue lodi! Non soltanto eviterei allora il peccato, ma acquisterei meriti preziosi, pur parlando molto. Perché quell’uomo di cui Tu fosti la felicità non avrebbe comandato di peccare al suo vero figlio nella fede, quando gli scrisse: "Predica la parola insisti a tempo e fuori tempo (2Tm 4,2). Non si dovrà dire che ha molto parlato colui che non taceva la tua parola, Signore, non solo a tempo, ma anche fuori tempo? Ma non c’erano molte parole, perch‚ c’era solo il necessario. Liberami, o mio Dio, dalla moltitudine di parole di cui soffro nell’interno della mia anima misera alla tua presenza e che si rifugia nella tua misericordia. Infatti non tace il pensiero, anche quando tace la mia bocca. Se almeno non pensassi se non ciò che ti è grato, certamente non ti pregherei di liberarmi dalla moltitudine di parole. Ma molti sono i miei pensieri, tali quali Tu sai che sono "i pensieri degli uomini" cioè "vani" (Ps 93,11). Concedimi di non consentirvi e, anche quando vi trovo qualche diletto, di condannarli almeno e di non abbandonarmi ad essi come in una specie di sonno. Né essi prendano su di me tanta forza da influire in qualche modo sulla mia attività, ma almeno siano al sicuro dal loro influsso i miei giudizi, sia al sicuro la mia coscienza, con la tua protezione. Parlando di Te un sapiente nel suo libro, che si chiama Ecclesiastico, ha detto: "Molto potremmo dire senza giungere alla meta, la somma di tutte le parole è: Lui è tutto" (Si 43,29). Quando dunque arriveremo alla tua presenza, cesseranno queste "molte parole che diciamo senza giungere a Te"; Tu resterai, solo, "tutto in tutti" (1Co 15,28), e senza fine diremo una sola parola, lodandoti in un solo slancio e divenuti anche noi una sola cosa in Te. Signore, unico Dio, Dio-Trinità, sappiano essere riconoscenti anche i tuoi per tutto ciò che è tuo di quanto ho scritto in questi libri. Se in essi c’è del mio, siimi indulgente Tu e lo siano i tuoi. Amen.

       Agostino, De Trinit. 15, 28


3. Gradualità della Rivelazione

       Ci sono stati due momenti decisivi nella storia, che son chiamati i due Testamenti e, per la celebrità della cosa, anche terremoti: uno segna il passaggio dal culto degli idoli alla legge ebraica e l’altro il passaggio dalla legge ebraica al vangelo. Un terzo terremoto ci annunzia anche la Scrittura, cioè, il passaggio da questa vita all’altra vita, che non conosce né moto né disastri.

       I due Testamenti hanno qualche cosa in comune. Ambedue non sono stati mutamenti repentini e totali. Perché? Perché non fossimo forzati da una violenza, ma condotti dalla persuasione. Perché ciò che è contro la volontà non dura a lungo, come i fiumi, come le piante che sono trattenuti da una qualche forza. Ma uno è il modo della bontà di Dio e altro è il modo di un tiranno. Dio non volle mai forzare i suoi doni su chi non li accettava. Come un pedagogo o come un medico, un po’ sopprime, un po’ lascia correre gli antichi costumi, un po’ s’adatta ai gusti del popolo, come il medico che tempera la medicina amara con qualche cosa dolce. Non è facile, infatti, da ciò che fu per lungo tempo tenuto in onore, passare ad altri usi. Perciò la legge, pur avendo soppressi gli idoli, lasciò i sacrifici; il vangelo soppresse i sacrifici, ma tollerò la circoncisione, poi gli Ebrei lasciarono i sacrifici e i cristiani la circoncisione; così i pagani divennero Giudei e i Giudei, attraverso mutazioni quasi furtive, divennero cristiani. Di questo ci dà testimonianza Paolo, il quale dall’osservanza della circoncisione e delle purificazioni si portò tanto innanzi da dire: «Se io, fratelli, ancora predico la circoncisione, perché sono ancora perseguitato? Quello era un atto di accondiscendenza, questo è proprio della perfezione».

       A questo modo si è affermata la dottrina della divinità, se non che la cosa procede in modo contrario. Là il cambiamento avveniva per via di abolizione, qui si va alla perfezione per via di accessione. Ecco come stanno le cose: il Vecchio Testamento parlava apertamente del Padre, più oscuramente del Figlio. Il Nuovo ci propone esplicitamente il Figlio e indica piuttosto oscuramente lo Spirito Santo. Ora invece lo Spirito Santo sta con noi e si manifesta ancora più apertamente. Non era, infatti, sufficientemente sicuro, parlare apertamente del Figlio, quando la divinità del Padre non era sufficientemente stabilita, e il discorso dello Spirito Santo sarebbe stato troppo grave peso quando la divinità del Figlio non era sufficientemente riconosciuta. Saremmo stati come quelli che sono oppressi da troppo cibo, o che si espongono alla luce diretta del sole; invece la luce della Trinità doveva arrivare per gradi, di ascensione in ascensione. Perciò, credo lo Spirito Santo si porge ai discepoli a tratti, concedendosi secondo le capacità di chi lo riceveva; a principio del Vangelo ne corrobora le forze, dopo la passione viene alitato su di loro, dopo l’ascensione appare in lingue di fuoco. Gesù stesso ne parla a poco a poco, come puoi osservare tu stesso, se ci fai un po’ più d’attenzione. "Pregherò il Padre" -dice - "ed egli vi manderà un altro Consolatore lo Spirito di Verità (Jn 14,16). Disse queste parole, perché non pensassero a un avversario di Dio o a una qualsiasi altra potestà. Poi farà un’aggiunta "lo manderà nel mio nome" (Jn 14,26), ometterà l’inciso "Pregherò il Padre" e il "manderà" diventerà "manderò" per chiarire la sua autorità e dirà "verrà lo Spirito", per indicarne la personale potestà.

       Vedi che le illuminazioni rifulgono piano piano e vedi l’ordine della teologia, che dovremmo tenere anche noi, senza proiettare, cioè, all’improvviso tutta la luce insieme e senza nascondere qualche cosa fino alla fine. Il primo sarebbe dissennato, questo empio; quello potrebbe far male ai forestieri, questo ci alienerebbe i nostri. Aggiungerò una cosa che forse anche altri hanno pensato, io credo che sia un pensiero della mia mente. Il Salvatore aveva qualche cosa che gli sembrava, allora, troppo difficile per gli Apostoli e la teneva celata. E diceva che, alla venuta dello Spirito Santo avrebbero appreso tutto. Questa cosa tenuta celata penso che fosse la divinità dello Spirito Santo, che sarebbe stata dichiarata più tardi, esattamente quando, stabilita completamente la personalità del Salvatore, attraverso la risurrezione e l’ascensione; perché allora non sarebbe più stato possibile che si compromettesse la fede in lui.

       Gregorio Nazianzeno, Oratio 31 25-27


4. Il Battesimo e la fede

       Il Battesimo non è necessario a coloro ai quali basta la fede: Abramo, infatti, piacque a Dio per la sua fede, pur non avendo ricevuto il Battesimo. Ma sempre ciò che vien dopo porta a compimento e ha il sopravvento su quanto precede. Prima della passione e della risurrezione del Signore c’era salvezza grazie alla pura fede: ma dal momento che la fede per i credenti è stata rafforzata con la nascita, la passione e la risurrezione di Cristo, su di essa, resa più forte, è stato apposto il suggello del Battesimo, quasi abito della fede, che prima era nuda, ma non poteva più restare senza una sua legge. La legge del Battesimo è stata data e dettata in questi termini: "Andate e ammaestrate tutte le nazioni battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo" (Mt 28,19). Inoltre sta scritto: "Se uno non nasce da acqua e da Spirito non può entrare nel regno dei cieli" (Jn 3,5); e ciò vuol dire che la fede deve essere necessariamente suggellata dal Battesimo. Perciò tutti i credenti vengono battezzati...

       Tertulliano, De baptismo 13 1-3


5. La ineffabilità di Dio, nostro Padre

       Ascolta, o uomo: il sembiante di Dio è ineffabile, indescrivibile; né può essere visto con occhi corporei. Invero, la nostra mente non può afferrare né la sua gloria, né la sua grandezza, né la sua altezza; e tampoco può essere comparata la sua potenza o rapportata la sua sapienza; egli è inimitabile nella sua benignità, inenarrabile nella sua beneficenza. Infatti, se lo chiamo "luce", predico la sua opera; se lo dico "verbo" dico il suo principio se lo chiamo "mente", affermo la sua saggezza; se lo definisco "spirito" cito il suo respiro in me (Gn 2,7); se lo chiamo "sapienza" nomino la sua progenie; se "forza" dico la sua potenza; se lo definisco "virtù" affermo la sua attività; se lo dico "provvidenza" predico solo la sua benignità; se lo dico "regno" dico la sua gloria; se lo dico "Signore" lo chiamo giudice; se lo dico "giudice" lo affermo giusto; se [però] lo chiamo "Padre" ho detto di Lui tutto.

       Teofilo di Antiochia, Ad Autol. 1 3




II DOMENICA

107 Letture:
    
1S 3,3-10 1S 3,19
     1Co 6,13-15a 1Co 6,17-20
     Jn 1,35-42

1. Il sangue della redenzione

       "Il giorno seguente Giovanni ancora stava là, e con lui due dei suoi discepoli; e mirando Gesù che passava, esclama: «Ecco l’agnello di Dio»" (Jn 1,35-36).

       Certamente è l’agnello per eccellenza, dato che anche i discepoli sono chiamati agnelli: "Ecco io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi" (Mt 10,16). Essi sono chiamati anche luce: "Voi siete la luce del mondo" (Mt 5,11), ma in un senso diverso da colui del quale è scritto: «Era la vera luce, che illumina ogni uomo che viene nel mondo». Così, in un altro senso, è l’agnello per eccellenza, il solo senza macchia, senza peccato; e non perché le sue macchie erano state cancellate ma perché mai ne aveva avute. Cosa significano queste parole di Giovanni riguardo al Signore: «Ecco l’agnello di Dio»? Giovanni non era forse un agnello anche lui? non era un uomo santo? non era amico dello sposo?

       E che Cristo è l’agnello per eccellenza: questo è l’agnello di Dio: perché unicamente per il solo sangue di questo agnello gli uomini poterono essere redenti.

       Quando il tempo della misericordia di Dio arrivò, l’agnello venne sulla terra. Che agnello è questo, che i lupi temono? Che agnello è questo che, ucciso, uccide il leone? Il diavolo è detto infatti leone ruggente che va attorno cercando chi divorare (1P 5,8); e dal sangue dell’agnello il leone fu vinto. Questi sono gli spettacoli dei cristiani. E ciò che è di più, noi vediamo la verità con gli occhi del cuore, gli altri la vanità con gli occhi della carne. Non crediate, fratelli, che il Signore Dio nostro ci abbia lasciato senza spettacoli: se non avessimo alcuno spettacolo, perché oggi voi sareste convenuti? Ecco, ciò che abbiamo detto voi lo avete visto, e avete acclamato: non acclamereste, infatti, se non aveste veduto. In realtà, è grandissimo spettacolo vedere il leone, in tutto l’universo, vinto dal sangue dell’agnello vedere le membra di Cristo strappate ai denti del leone e ricongiunte al corpo di Cristo.

       "E lo conduce a Gesù. Gesù, riguardatolo, gli disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; tu ti chiamerai Cefa» che significa Pietro " (Jn 1,42).

       Non c’è da stupirsi che Gesù abbia detto a Simone di chi egli era figlio. Che cosa c’è di difficile per il Signore? Egli sapeva il nome di tutti i suoi santi, che aveva predestinato prima della creazione del mondo: e vi stupireste perché disse a un uomo: - tu sei figlio del tale e ti chiamerai con il tal nome? C’è da stupirsi perché gli cambiò il nome, e di Simone fece Pietro? Pietro deriva da pietra, e la pietra è la Chiesa: nel nome di Pietro, dunque, è figurata la Chiesa. Chi è più sicuro di colui che edifica sopra la pietra? Il Signore stesso lo dice: «Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile ad un uomo prudente, che ha costruito la sua casa sopra la pietra ("cioè, non cede alle tentazioni"). Cadde la pioggia a dirotto, i fiumi strariparono, soffiarono i venti e s’abbatterono su quella casa, ed essa non crollò, perché fondata sulla pietra. Chiunque poi ascolta queste mie parole e non le mette in pratica ("e ciascuno di noi tema e stia attento"), sarà simile ad un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sopra la rena. Cadde la pioggia a dirotto, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e s’abbatterono su quella casa, ed essa crollò, e fu completa la sua rovina» (Mt 7,24-27). A che serve entrare nella Chiesa, per colui che vuole costruire sulla rena? Ascoltando e non mettendo in pratica, si costruisce certamente sulla rena. Chi nulla ascolta, infatti, nulla edifica: se invece ascolta, edifica. Ma su che cosa? ci chiediamo. Se ascolta e mette in pratica, edifica sulla pietra; se ascolta e non mette in pratica, sulla rena. Si può edificare, insomma, in due modi ben diversi: sulla pietra e sulla rena.

       Che dire, allora, di coloro che non ascoltano? sono sicuri? Ma forse il Signore li dice sicuri, quelli che non edificano? Sono nudi sotto la pioggia, nudi ai venti, in faccia ai fiumi: quando verranno, la pioggia, i venti, i fiumi, li porteranno via, prima ancora di demolire le case. Dunque, la sicurezza sta in una cosa sola, edificare, ed edificare sulla pietra. Se vuoi ascoltare e non mettere in pratica, edifichi rovine: quando verrà la prova, porterà via la casa, e te con le rovine tue. Se poi non ascolti neppure, resti senza riparo, e la prova porterà via te direttamente. Ascolta, quindi, e metti in pratica, è l’unico rimedio. Quanti certamente sono coloro, oggi, che, ascoltando e non mettendo in pratica, son trascinati via dal fiume di questa festa? Ascoltano e non mettono in pratica: ecco, sopraggiunge il fiume di questa festa annuale, straripa come un torrente in piena, poi passerà e le acque si prosciugheranno: ma guai a coloro che avrà trascinato via!

       Siate ben convinti di una cosa: se uno non ascolta e non mette in pratica, non edifica sulla pietra, e non ha alcun rapporto con quel grande nome cui il Signore attribuì tanta importanza. Ha suscitato, questo nome, la tua attenzione. Infatti, se ancor prima si fosse chiamato Pietro, tu non avresti inteso il mistero della pietra, e avresti immaginato che per un caso egli si chiamava così, non per provvidenza di Dio. Per questo il Signore volle che egli prima si chiamasse diversamente, affinché, proprio per il cambiamento del nome, risaltasse la forza del mistero.

       Agostino, Comment. in Ioan., 7, 5-6.14


2. L’agnello di Dio e lo sguardo di Gesù

       Quando dice: "Ecco l’agnello di Dio", non solo vuole indicare il Cristo, ma vuole anche esprimere ammirazione per la sua potenza - "Il suo nome sarà Ammirabile" (Is 9,6) -. Ed è veramente un agnello di meravigliosa potenza questo che, ucciso, uccise il leone; il leone, dico, del quale parla Pietro - "Il vostro avversario, il diavolo, come un leone ruggente, cerca chi può divorare" (1P 5,8). Perciò lo stesso agnello venne chiamato leone vincitore e glorioso - "Ecco ha vinto il leone della tribù di Giuda" (Ap 5,5) -. "Ecco l’agnello di Dio" è una testimonianza molto breve; ma è breve perché i discepoli, ai quali Giovanni parla, da ciò ch’egli aveva già detto di Cristo, erano bene informati su di lui; e anche perché ciò che soprattutto interessava a Giovanni era di indirizzare i suoi discepoli a Cristo. E non dice «Andate da lui», perché i discepoli non credano di fargli un favore, se lo seguono; ma ne esalta il prestigio, perché capiscano che fanno bene a sé stessi, se lo seguono. Perciò dice: "Ecco l’agnello di Dio", cioè, ecco dov’è la grazia e la forza epuratrice del peccato; l’agnello, infatti, veniva offerto in espiazione dei peccati.

       "Gesù poi voltatosi": queste parole stanno a dire che Gesù compie ciò ch’era stato iniziato da Giovanni, perché "la legge non portò nessuno alla perfezione" (He 7,19). Quindi Cristo esamina e istruisce i discepoli, poiché "dice loro: Venite e vedete". Cristo li esamina ed essi rispondono - "Ed essi dissero: Maestro, dove abiti?" E l’evangelista dice: "Gesù voltatosi e visto che lo seguivano, disse loro". Il senso letterale dice che Cristo andava avanti e i due discepoli, che lo seguivano, non ne vedevano la faccia, perciò Cristo, per incoraggiarli, si voltò verso di loro. E questo ci fa capire che Cristo dà speranza di misericordia a tutti coloro che si mettono a seguirlo con cuore puro. "Previene quelli che lo cercano" (Sg 6,14). Gesù si volta verso di noi, perché lo possiamo vedere. Questo avverrà in quella beata visione quando ci mostrerà il suo volto, come si dice nel salmo (Ps 79,4). "Mostraci il tuo volto e saremo salvi". Finché siamo in questo mondo però lo vediamo di spalla, perché arriviamo a lui per via di effetti, per cui nell’Esodo (Ex 33,23) è detto: "Vedrai le mie spalle". Si volge anche Gesù per offrirci l’aiuto della sua misericordia. Questo chiedeva il Ps 89,13: "Signore, volgiti un pochino". Finché, infatti, Cristo non offre l’aiuto della sua misericordia, ci sembra ostile. Si voltò, dunque, Gesù ai discepoli di Giovanni, che s’eran messi a seguirlo, per mostrar loro il suo volto e infondere la sua grazia in essi. Li esamina poi quanto all’intenzione. Quelli che seguono Cristo non hanno tutti la stessa intenzione: alcuni lo seguono con la prospettiva di beni temporali, altri con la prospettiva di beni spirituali, perciò il Signore gli chiede: "Che cosa cercate?", non certo per venire a sapere, ma perché, dando loro occasione di manifestare la loro intenzione, li vuole stringere più vicino a sé, giudicandoli degni del suo interessamento .

       Tommaso d’Aquino, Ev. sec. Ioan., 1, 15, 1 s.


3. Il mistero della Pasqua

       È stata appena letta la Scrittura sull’esodo ebraico e sono state spiegate le parole del mistero: come viene immolato l’agnello e come viene salvato il popolo. Sforzatevi di ben comprendere, carissimi! E in questo modo che è nuovo e antico, eterno e temporaneo, corruttibile e incorruttibile, mortale e immortale il mistero della Pasqua: antico secondo la Legge, ma nuovo secondo il Logos; temporaneo per il simbolo, eterno per la grazia, corruttibile per l’immolazione dell’agnello, incorruttibile per la vita del Signore; mortale per la sepoltura [nella terra], immortale per la risurrezione dai morti.

       Antica è la Legge, ma nuovo il Logos; temporaneo il simbolo, eterna la grazia; corruttibile l’agnello, incorruttibile il Signore; immolato come agnello, risuscitato come Dio.

       Infatti, come pecora fu condotto al macello per essere immolato (Is 53,7), e tuttavia egli non era una pecora; e a mo’ di agnello senza voce, e tuttavia egli non era un agnello. In effetti, il simbolo è passato e la verità è stata trovata [verificata].

       Invero, al posto dell’agnello è venuto Dio e al posto della pecora un uomo, e nell’uomo, Cristo che contiene tutto.

       Così dunque l’immolazione dell’agnello, il rito della Pasqua e la lettera della Legge sono terminati in Cristo Gesù, in vista del quale tutto accadde nella Legge antica e più ancora nell’Ordine ("greco": Logos) nuovo.

       Infatti, anche la Legge diventata Logos, e l’antico nuovo - entrambi usciti da Sion e da Gerusalemme -, e il comandamento grazia, e il simbolo verità, e l’agnello Figlio, e l’agnello uomo, e l’uomo Dio.

       In effetti, partorito come Figlio, e condotto come agnello, e immolato come capretto, e sepolto come uomo, egli risuscitò come Dio, essendo per natura Dio e uomo.

       Lui che è tutto: legge in quanto giudica, Logos in quanto insegna, grazia in quanto salva, Padre in quanto genera, Figlio in quanto è generato, agnello in quanto soffre, uomo in quanto è sepolto, Dio in quanto è risuscitato.

       Questo è Gesù, il Cristo; "a lui la gloria nei secoli. Amen" (2Tm 4,18 Ga 1,5 2P 3,18).

       E questo è il mistero della Pasqua, quale è descritto nella Legge, come abbiamo letto poc’anzi...

       O mistero strano e inesplicabile! L’immolazione dell’agnello risulta essere la salvezza d’Israele, e la morte dell’agnello diviene la vita del popolo, e il sangue intimidì l’angelo.

       Dimmi, o angelo, cosa ti ha intimidito: l’immolazione dell’agnello o la vita del Signore? Il sangue dell’agnello o lo Spirito del Signore?

       È evidente che tu sei rimasto intimidito perché hai visto il mistero del Signore compiersi nell’agnello, la vita del Signore nell’immolazione dell’agnello, la prefigurazione del Signore nella morte dell’agnello.

       Ecco perché tu non colpisci Israele, mentre privi l’Egitto dei suoi figli. Quale inatteso mistero!

       Melitone di Sardi, In Pascha, 1-11; 31-34




III DOMENICA

108 Letture:

    
Jon 3,1-5 Jon 3,10
     1Co 7,29-31
     Mc 1,14-20

1. Il tempo del pentimento

       "Ma dopo che Giovanni fu imprigionato, Gesù venne nella Galilea predicando il Vangelo del regno di Dio..." (Mc 1,13), con quel che segue.

       «Giustamente egli comincia a predicare dopo che Giovanni è stato imprigionato; tramontata la legge, di conseguenza sorge il Vangelo. E il Salvatore, predicando le stesse cose che Giovanni Battista aveva predicato in precedenza, mostra di essere il Figlio dello stesso Dio di cui Giovanni è il profeta». Ma non si pensi che Giovanni sia stato gettato in carcere subito dopo la fine della tentazione, durata quaranta giorni, e il digiuno del Signore; chiunque legge il Vangelo di Giovanni troverà che il Signore ha insegnato molte cose e compiuto molti miracoli prima della prigionia di Giovanni. Troviamo nello stesso Vangelo: "Gesù dette così inizio ai suoi miracoli a Cana di Galilea" (Jn 2,11), e aggiunge: "Giovanni non era stato ancora imprigionato" (Jn 3,24). Ma «alcuni sostengono che Giovanni, dopo aver letto i libri di Matteo, di Marco e di Luca, avrebbe approvato tutta quanta la trama storica dei fatti e avrebbe riconosciuto che essi avevano detto il vero, ma che avevano tracciato soltanto la storia dell’anno in cui il Signore subì la passione dopo la prigionia di Giovanni. Per questo, tralasciando i fatti di quell’anno che erano stati oggetto dell’esposizione dei tre evangelisti, ha raccontato le vicende accadute prima che Giovanni fosse stato imprigionato, come si può constatare chiaramente leggendo attentamente i quattro Vangeli. Questo fatto toglie di mezzo ogni discordanza che sembrava esistesse tra Giovanni e gli altri». Orbene Marco, dopo aver detto che «Gesù venne nella Galilea predicando il vangelo del regno di Dio», continua:

       "E diceva: Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; pentitevi e credete al vangelo " (Mc 1,15).

       «Il tempo è compiuto», è un’espressione, questa, che concorda perfettamente con la frase dell’Apostolo: "Ma quando venne la pienezza dei tempi Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare quelli che erano sottoposti alla legge" (Ga 4,4-5). Il tempo dunque è compiuto, pentitevi. Da quanto tempo si ripete questa esortazione, e voglia il cielo che una buona volta venga ascoltata! Poiché il tempo è compiuto e «il regno di Dio è vicino, pentitevi e credete al vangelo»: cioè rinunziate alle opere morte e credete nel Dio vivente. A che giova credere senza le opere buone? Non è il merito delle opere buone che ci ha condotto alla fede; ma la fede comincia affinché le opere buone la seguano.

       Beda il Venerabile, In Evang. Marc., 1, 1, 14-15


2. Le esigenze della chiamata di Dio

       "E camminando lungo il mare di Galilea, vide Simone e suo fratello Andrea che gettavano le reti in mare: infatti essi erano pescatori " (Mc 1,16). Simone, che non ancora si chiamava Pietro, perché non ancora aveva seguita la Pietra (cf. Ex 17,5-6 1Co 10,4) tanto da meritarsi il nome di Pietro, Simone, dunque, e suo fratello Andrea, erano sulla riva e gettavano le reti in mare. La Scrittura non precisa se, dopo aver gettato le reti, presero dei pesci. Dice soltanto: «Vide Simone e suo fratello Andrea che gettavano le reti in mare: infatti essi erano pescatori». Il Vangelo riporta che essi gettavano le reti, ma non aggiunge che cosa presero con esse. Cioè, ripeto, prima della passione essi gettarono le reti, ma non sta scritto se catturarono dei pesci. Invece, dopo la passione, gettano le reti e prendono i pesci: tanti ne prendono che le reti si rompono (Lc 5,6 Jn 1,11). Qui, invece, si dice soltanto che gettavano le reti, perché erano pescatori.

       "E Gesù disse loro: «Seguitemi, e vi farò pescatori di uomini»" (Mc 1,17). Oh, felice trasformazione della loro pesca! Gesù li pesca, affinché essi a loro volta peschino altri pescatori. Dapprima essi son fatti pesci, per poter essere pescati da Cristo: poi essi pescheranno altri. E Gesù dice loro: «Seguitemi, e vi farò pescatori di uomini».

       "E quelli, subito, abbandonate le reti, lo seguirono" (Mc 1,18). «Subito», dice Marco. La vera fede non conosce esitazioni: subito ode, subito crede, subito segue e subito fa diventare pescatore. E subito, dice Marco, «abbandonate le reti». Credo che con le reti essi abbiano abbandonato le passioni del mondo. «E lo seguirono»: non avrebbero infatti potuto seguire Gesù se si fossero portati dietro le reti, cioè i vizi terreni.

       "E andato un poco avanti, vide Giacomo di Zebedeo e Giovanni suo fratello, anch’essi nella barca che riattavano le reti" (Mc 1,19). Dicendo che riattavano le reti, si fa capire che esse erano rotte. Essi gettavano le reti in mare: ma poiché le reti erano rotte, non potevano prendere pesci. Aggiustavano, stando in mare, le reti: sedevano sul mare, cioè sedevano nella barca insieme al padre Zebedeo e riattavano le reti della legge. Abbiamo spiegato tutto questo secondo il suo significato spirituale. Essi aggiustavano le reti, ed erano nella barca. Erano nella barca, non sulla riva, non sulla terra ferma: erano nella barca, che era scossa dai flutti del mare.

       "E subito li chiamò: e quelli, lasciato il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni, lo seguirono" (Mc 1,20). Qualcuno potrebbe dire: - Ma questa fede è troppo temeraria. Infatti, quali segni avevano visto, da quale maestà erano stati colpiti, da seguirlo subito dopo essere stati chiamati? Qui ci vien fatto capire che gli occhi di Gesù e il suo volto dovevano irradiare qualcosa di divino, tanto che con facilità si convertivano coloro che lo guardavano (Mc 11,5). Gesù non dice nient’altro che «seguitemi», e quelli lo seguono. È chiaro che se lo avessero seguito senza ragione, non si sarebbe trattato di fede ma di temerarietà. Infatti, se il primo che passa dice a me, che sto qui seduto, vieni, seguimi, e io lo seguo, agisco forse per fede? Perché dico tutto questo? Perché la stessa parola del Signore aveva l’efficacia di un atto: qualunque cosa egli dicesse, la realizzava. Se infatti "egli disse e tutto fu fatto, egli comandò e tutto fu creato" (Ps 148,5), sicuramente, nello stesso modo, egli chiamò e subito essi lo seguirono.

       «E subito li chiamò: e quelli subito, lasciato il loro padre Zebedeo...» ecc. "Ascolta, figlia, e guarda, e porgi il tuo orecchio, dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre: il re desidera la tua bellezza" (Ps 44,11ss). Essi dunque lasciarono il loro padre nella barca. Ascolta, monaco, imita gli apostoli: ascolta la voce del Salvatore, e trascura la voce carnale del padre. Segui il vero Padre dell’anima e dello spirito, e abbandona il padre del corpo. Gli apostoli abbandonano il padre, abbandonano la barca, in un momento abbandonano ogni loro ricchezza: essi, cioè, abbandonano il mondo e le infinite ricchezze del mondo. Ripeto, abbandonarono tutto quanto avevano: Dio non tiene conto della grandezza delle ricchezze abbandonate, ma dell’animo di colui che le abbandona. Coloro che hanno abbandonato poco perché poco avevano, sono considerati come se avessero abbandonato moltissimo.

       Lasciato il padre Zebedeo nella barca con i garzoni, gli apostoli dunque lo seguirono. È giunto ora il momento di spiegare ciò che prima abbiamo detto in modo oscuro, a proposito degli apostoli che aggiustavano le reti della legge. La rete era rotta, non poteva prendere i pesci, era stata corrosa dalla salsedine marina, ed essi non sarebbero mai stati in grado di ripararla se non fosse venuto il sangue di Gesù a rinnovarla completamente.

       Girolamo, Comment. in Marc., 1


3. L’ascolto della parola di Dio rende potenti interiormente

       Un esame oculato e giudizioso della condotta degli apostoli di Gesù mostra che essi insegnavano il cristianesimo e riuscivano a sottomettere gli uomini alla parola di Dio per divina potenza. Non possedevano né eloquenza naturale né struttura di messaggio secondo i procedimenti dialettici e retorici dei Greci, che trascinavano gli uditori. Mi sembra, però, che se Gesù avesse scelto dei sapenti al cospetto della pubblica opinione, capaci di captare e di esprimere idee care alle folle, per farne i ministri del suo insegnamento, avrebbe senza alcun dubbio offerto il destro al sospetto di aver predicato seguendo un metodo consimile a quello di taluni capiscuola della filosofia, e il carattere divino della sua dottrina non sarebbe più apparso in tutta la sua evidenza. La sua dottrina e la sua predicazione sarebbero consistite in discorsi persuasivi per sapienza, stile e composizione letteraria. La nostra fede, pari a quella che si accorda alle dottrine di filosofi di questo mondo, riposerebbe sulla «sapienza degli uomini» e non sulla «potenza di Dio». Vedere invece predicatori e pubblicani senza neppure i primi rudimenti letterari - secondo la presentazione che ne fanno i Vangeli, e Celso li crede veritieri quanto alla loro carenza di cultura -, tanto baldanzosi da predicare la fede di Gesù Cristo non solo ai Giudei, ma al resto del mondo e riuscirvi, come non chiedersi l’origine della loro potenza di persuasione? Essa, in effetti, non era quella che si aspettavano le folle, mentre rendeva ragione solo di questa parola: "Venite dietro di me, vi farò pescatori di uomini" (Mt 4,19), da Gesù realizzata con potenza divina nei suoi apostoli.

       Anche Paolo, come ho detto altrove, la propone in questi termini: "La mia parola e il mio messaggio non si basano su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito Santo e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio" (1Co 2,4-5). Infatti, secondo quanto è detto nelle profezie dei profeti che con la loro conoscenza anticipata annunciano la predicazione del Vangelo, "il Signore darà la sua parola ai messaggeri con una grande potenza, il re degli eserciti del beneamato" (Ps 67,12-13), affinché si adempia questa profezia: "Perché corra rapida la sua parola" (Ps 147,4).

       E noi constatiamo, in effetti, che «la voce» degli apostoli di Gesù è giunta a tutta la terra, e le loro parole ai confini del mondo (Ps 18,5 Rm 10,18).

       Ecco perché sono ripieni di potenza coloro che ascoltano la parola di Dio annunciata con potenza, e la manifestano con la loro disposizione d’anima, con la loro condotta e la loro lotta fino alla morte per la verità (Si 4,28).

       Origene, Contra Cels., 1, 62


4. La sola penitenza non basta per la salvezza, occorre la carità

       La salvezza eterna non è, in effetti, promessa solo in nome della semplice penitenza, della quale il beato apostolo Pietro dice: "Fate penitenza e convertitevi, affinché siano cancellati i vostri peccati" (Ac 3,19), o Giovanni Battista e successivamente lo stesso Signore: "Fate penitenza, perché il regno dei cieli è vicino" (Mt 3,2); ma è del pari per l’effetto della carità che viene ricoperta la mole dei peccati: "la carità", infatti, "copre la moltitudine dei peccati" (1P 4,8).

       Parallelamente, anche l’elemosina arreca rimedio alle nostre ferite, poiché, come l’acqua spegne il fuoco, così l’elemosina espia i peccati (Si 3,29).

       Cassiano Giovanni, Collationes, 20, 8


5. Il Signore è il nostro specchio

Appuntate gli sguardi!
Il Signore è il nostro specchio;
aprite gli occhi e specchiatevi,
imparate i tratti del vostro volto!
Levate inni al suo spirito,
nettatevi il fango dal vostro sembiante!
Amate la sua santità e indossatela,
starete con lui senza macchia nei secoli.
Alleluja!

       Oda Salomonis, 13, 1-4


Lezionario "I Padri vivi" 104