Lezionario "I Padri vivi" 109

IV DOMENICA

109 Letture:
    
Dt 18,15-20
     1Co 7,32-35
     Mc 1,21-28

1. Dottrina e autorità di Cristo

       "E subito, giunto il sabato, entrato nella sinagoga, si mise a insegnare loro" (Mc 1,21).

       Il fatto che egli offra con larghezza i doni della sua medicina e della sua dottrina soprattutto di sabato, mostra che il Signore non è soggetto alla legge, ma sta sopra la legge, egli che è venuto per portare a compimento la legge e non per abrogarla (Mt 5,17). Per insegnare egli sceglie non il sabato giudaico - nel quale era vietato accendere il fuoco o adoperare le mani e i piedi - ma il vero sabato, e mostra che il riposo preferito dal Signore consiste nell’aver cura delle anime astenendosi dalle opere servili, cioè da tutte le opere illecite.

       "E si stupivano della sua dottrina. Insegnava loro difatti come uno che ha autorità e non come gli scribi" (Mc 1,22).

       «Gli scribi insegnavano al popolo le cose che leggiamo in Mosè e nei profeti; Gesù invece, quasi fosse Dio e Signore di Mosè stesso, seguendo la sua libera volontà, dava maggiore importanza a precetti che sembravano secondari nella legge, oppure, modificando i comandamenti, si rivolgeva al popolo come leggiamo in Matteo: -fu detto agli antichi... ma io vi dico -» (Girolamo).

       "Or, ecco, c’era nella loro sinagoga un uomo posseduto da uno spirito immondo, che gridava dicendo: - che c’è tra noi e te, Gesù Nazareno? Sei venuto per rovinarci? Conosco chi sei, il Santo di Dio! " (Mc 1,23-24).

       «Questa non è una spontanea confessione di fede cui faccia seguito il premio, ma una confessione necessariamente estorta che costringe chi non vuole. Come accade agli schiavi fuggiaschi che, incontrando dopo molto tempo il loro padrone, gridano implorazioni soltanto per evitare le bastonate, così i demoni, avendo visto d’improvviso apparire il Signore in terra, credevano che fosse venuto per giudicarli. La presenza del Salvatore è infatti tormento per i demoni» (Girolamo).

       "Ma Gesù lo rimproverò dicendo: - Taci, ed esci dall’uomo" (Mc 1,25).

       "Siccome la morte è entrata nel mondo per l’invidia del diavolo" (Sg 2,24), la medicina della salvezza ha dovuto dapprima operare contro lo stesso autore della morte per tacitare innanzi tutto la lingua del serpente, affinché non spargesse più oltre il suo veleno; poi per curare la donna, che fu per prima sedotta dalla febbre della concupiscenza carnale; in terzo luogo per purificare dalla lebbra del suo errore l’uomo che aveva ascoltato le parole della sposa che lo spingeva al male, affinché il piano di redenzione si compisse nel Signore come nei progenitori si era compiuta la caduta.

       "E dopo che l’ebbe agitato convulsamente, lo spirito immondo uscì da lui, emettendo un gran grido" (Mc 1,26).

       «Luca dice che lo spirito immondo uscì dall’uomo senza fargli male. Può sembrare una contraddizione, in quanto secondo Marco "dopo che l’ebbe agitato convulsamente, uscì da lui", oppure, come recano altri codici, "dopo che l’ebbe tormentato", mentre secondo Luca non gli fece alcun male. In realtà, però, anche Luca dice che il demonio uscì da lui dopo averlo gettato in terra, anche se non gli fece del male (Lc 4,35). Si comprende, da ciò, perché Marco abbia detto che lo tormentò e lo agitò convulsamente intendendo ciò che ha detto Luca, scrivendo che lo gettò a terra. E quanto Luca aggiunge, cioè che non gli fece del male, significa che pur gettandolo in terra e agitandolo convulsamente, non lo mutilò, come sono soliti fare i demoni quando escono da qualcuno amputandogli o strappandogli le membra».

       "E si stupirono tutti, tanto che si domandavano l’un l’altro: - Cos’è questo? Che nuova dottrina è questa dato che egli comanda con autorità anche agli spiriti immondi ed essi gli obbediscono?" (Mc 1,27).

       Di fronte alla grandezza del miracolo, ammirano la novità della dottrina del Signore, e sono spinti dalle cose che hanno viste a far domande su quello che hanno udito. Non v’è dubbio infatti che a questo miravano i prodigi che il Signore stesso operava servendosi della natura umana che aveva assunta, o che dava facoltà ai discepoli di compiere. Per mezzo di questi miracoli gli uomini credevano con maggior certezza al vangelo del regno di Dio che veniva loro annunciato: infatti coloro che promettevano agli uomini terreni la felicità futura mostravano di poter compiere in terra opere celesti e divine. In verità, mentre i discepoli operavano ogni cosa per grazia del Signore, come semplici uomini, il Signore operava miracoli e guarigioni da solo, per virtù della sua potenza, e diceva al mondo le cose che udiva dal Padre. Dapprima infatti il Vangelo attesta che «egli insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi»; e ora la folla testimonia che egli «con autorità comanda agli spiriti immondi ed essi gli obbediscono».

       Beda il Venerabile, In Ev. Marc. 1, 1, 21-27


2. Entrare in Cafarnao, «campo della consolazione»

       "Ed entrarono a Cafarnao" (Mc 1,21). Significativo e felice è questo cambiamento: abbandonano il mare, abbandonano la barca, abbandonano i lacci delle reti ed entrano a Cafarnao. Il primo cambiamento consiste nel lasciare il mare, la barca, il vecchio padre, nel lasciare i vecchi vizi. Infatti nelle reti, e nei lacci delle reti, sono lasciati i vizi. Osservate il cambiamento. Hanno abbandonato tutto questo: e perché lo hanno fatto, per trovare che cosa? «Entrarono - dice Marco - a Cafarnao»: cioè entrarono nel campo della consolazione. "Cafar" significa campo "Naum" significa consolazione. Oppure (dato che le parole ebraiche hanno vari significati, e, a seconda della pronunzia, hanno un senso diverso), "Naum" vuol dire non solo consolazione, ma anche bellezza. Cafarnao, quindi, può essere tradotto come campo della consolazione o campo bellissimo...

       "Entrarono in Cafarnao, e subito, entrato di sabato nella sinagoga, insegnava loro" (Mc 1,21), insegnava affinché abbandonassero gli ozi del sabato e cominciassero le opere del Vangelo. "Egli li ammaestrava come uno che ha autorità, non come gli scribi" (Mc 1,22). Egli non diceva, cioè «questo dice il Signore», oppure «chi mi ha mandato così parla»: ma era egli stesso che parlava, come già prima aveva parlato per bocca dei profeti. Altro è dire «sta scritto», altro dire «questo dice il Signore», e altro dire «in verità vi dico». Guardate altrove. «Sta scritto -egli dice - nella legge: Non uccidere, non ripudiare la sposa». Sta scritto: da chi è stato scritto? Da Mosè, su comandamento di Dio. Se è scritto col dito di Dio, in qual modo tu osi dire «in verità vi dico», se non perché tu sei lo stesso che un tempo ci dette la legge? Nessuno osa mutare la legge, se non lo stesso re. Ma la legge l’ha data il Padre o il Figlio? Rispondi, eretico. Qualunque cosa tu risponda, l’accetterò volentieri: per me, infatti, l’hanno data ambedue. Se è il Padre che l’ha data, è lui che la cambia: dunque il Figlio è uguale al Padre, poiché la muta insieme a colui che l’ha data. Se l’uno l’ha data e l’altro la muta è con uguale autorità che essa è stata data e che viene ora mutata: infatti nessuno che non sia il re può mutare la legge.

       "Si stupivano della sua dottrina ()". Perché, mi chiedo, insegnava qualcosa di nuovo, diceva cose mai udite? Egli diceva con la sua bocca le stesse cose che aveva già detto per bocca dei profeti. Ecco, per questo si stupivano, perché esponeva la sua dottrina con autorità, e non come gli scribi. Non parlava come un maestro ma come il Signore: non parlava per l’autorità di qualcuno più grande di lui, ma parlava con la sua propria autorità. Insomma egli parlava e diceva oggi quello che già aveva detto per mezzo dei profeti. "Io che parlavo, ecco, sono qui" (Is 52,6).

       Girolamo, Comment. in Marc., 2


3. Il peccato degli angeli

       Tra le angeliche virtù il primo angelo dell’ordine terrestre, cui era stata affidata la cura della terra, pur essendo buono per natura e causa di bene e creato senza nessuna impronta di malizia, non tollerando più lo splendore che aveva ricevuto per libera donazione del Creatore, da ciò che era in armonia con la sua natura, si rivolse a ciò che era contro la sua natura, e si oppose al suo Creatore; così per primo si allontanò dal bene e da buono divenne cattivo. Poiché il male non è altro se non la mancanza di un bene, come le tenebre non sono altro che la mancanza di luce. Il bene è una luce spirituale e il male è un buio spirituale. Lui ch’era stato fatto luce dal Creatore e buono - Dio "guardò tutte le cose che aveva fatto, ed erano molto buone" (Gn 1,31) - di sua spontanea volontà si fece tenebre. Con lui si ribellò tutta la moltitudine innumerevole di angeli ch’era sotto di lui. Pur essendo, dunque, della stessa natura di tutti gli altri angeli, per propria scelta, divennero cattivi e di loro spontanea volontà si piegarono al male.

       Giovanni Damasceno, De fide orthod., 2, 4


4. Convertirsi con tutto il cuore

       Dice: «Ora ascoltami sulla fede. Con l’uomo sono due angeli, uno della giustizia e l’altro della iniquità». «Come, o signore, conoscerò le loro azioni, poiché entrambi gli angeli abitano con me?». «Ascolta, mi risponde, e rifletti. L’angelo della giustizia è delicato, verecondo, calmo e sereno. Se penetra nel tuo cuore, subito ti parla di giustizia, di castità, di modestia, di frugalità, di ogni azione giusta e di ogni insigne virtù. Quando tutte queste cose entrano nel tuo cuore, ritieni per certo che l’angelo della giustizia è con te. Sono, del resto, le opere dell’angelo della giustizia. Credi a lui e alle sue opere. Guarda ora le azioni dell’angelo della malvagità. Prima di tutto è irascibile, aspro e stolto e le sue opere cattive travolgono i servi di Dio. Se si insinua nel tuo cuore, riconoscilo dalle sue opere». «In che modo, signore, gli obietto, lo riconoscerò, non lo so». «Ascoltami, dice. Quando ti prende un impeto d’ira o un’asprezza, sappi che egli è in te. Poi, il desiderio delle molte cose, il lusso dei molti cibi e bevande, di molte crapule e di lussi vari e superflui, le passioni di donne, la grande ricchezza, la molta superbia, la baldanza e tutto quanto vi si avvicina ed è simile. Se tutte queste cose si insinuano nel tuo cuore, sappi che è in te l’angelo dell’iniquità. Avendo conosciuto le sue opere, allontanati da lui e non credergli in nulla, perché le sue opere sono malvagie e dannose ai servi di Dio. Hai, dunque, le azioni di ambedue gli angeli, rifletti e credi all’angelo della giustizia. Lungi dall’angelo della iniquità, perché il suo insegnamento è cattivo per ogni opera...».

       Gli dico: «Signore, ascoltami per poche parole». «Di’ pure quello che vuoi». «L’uomo è desideroso di osservare i precetti di Dio, e nessuno non prega il Signore che lo rafforzi nei suoi precetti e lo sottoponga ad essi. Ma il diavolo è duro e domina». «Non può, replica, dominare i servi di Dio che sperano con tutto il cuore in Lui. Il diavolo può combattere, ma non può trionfare. Se lo contrastate, vinto e scornato fuggirà da voi. Quelli che sono vani temono il diavolo come se avesse forza. Quando l’uomo riempie di buon vino i recipienti più adatti e tra questi pochi semivuoti, se torna ai recipienti non osserva i pieni, perché li sa pieni, ma osserva i semivuoti temendo che siano inaciditi. Presto, infatti, i recipienti semivuoti inacidiscono e svanisce il sapore del vino. Così pure il diavolo va da tutti i servi di Dio, per provarli (1P 5,8). Quelli che sono pieni di fede gli resistono energicamente, e lui si allontana da loro non avendo per dove entrare. Allora egli va dai vani e, trovando lo spazio, entra da loro ed agisce con questi come vuole e gli diventano soggetti».

       «Io, l’angelo della penitenza, vi dico: "Non temete il diavolo". Fui inviato per stare con voi che fate penitenza con tutto il vostro cuore e per rafforzarvi nella fede. Credete in Dio voi che per i vostri peccati avete disperato della vostra vita, accresciuto le colpe e appesantito la vostra esistenza. Se vi convertite al Signore con tutto il vostro cuore e operate la giustizia per i rimanenti giorni della vostra vita e lo servite rettamente secondo la sua volontà, vi darà il perdono per tutti i precedenti peccati e avrete la forza di dominare le opere del diavolo. Non temete assolutamente le minacce del diavolo. Egli è inerte come i nervi di un morto. Ascoltatemi, dunque, e temete chi può tutto salvare e perdere. Osservate questi precetti e vivrete in Dio». Gli chiedo: «Signore, ora mi sento rafforzato in tutti i comandamenti di Dio perché tu sei con me. So che abbatterai tutta la forza del diavolo e noi lo domineremo e vinceremo tutte le sue opere. E spero che il Signore dandomi la forza mi farà osservare questi precetti che hai ordinato». «Li osserverai, mi dice, se il tuo cuore diviene puro presso il Signore. Li osserveranno tutti quelli che purificheranno il loro cuore dalle vane passioni di questo mondo e vivranno in Dio».

       Erma, Pastor, Precetti, VI, 2; XII, 5-6




V DOMENICA

110 Letture:
    
Jb 7,1-4 Jb 7,6-7
     1Co 9,16-19 1Co 9,22-23
     Mc 1,29-39

1. «Il regno di Dio è dentro di voi» (Lc 17,21)

       "Ora la suocera di Simone stava a letto con la febbre" (Mc 1,30). Dio voglia ch’egli venga ed entri nella nostra casa, e guarisca con un suo ordine la febbre dei nostri peccati. Ciascuno di noi è febbricitante. Quando sono colto dall’ira, ho la febbre ogni vizio è una febbre. Preghiamo dunque gli apostoli affinché supplichino Gesù, ed egli venga a noi e tocchi la nostra mano: se la sua mano ci tocca, subito la febbre è scacciata. E il Signore un grande medico, un vero archiatra. Un medico era Mosè, un medico era Isaia, medici sono tutti i santi: ma questo è il maestro di tutti i medici. Egli sa toccare con cura le vene, sa scrutare nei segreti del male. Non tocca le orecchie, non tocca la fronte, né tocca alcuna altra parte del corpo: tocca soltanto la mano. Quella donna, infatti, aveva la febbre, perché non aveva opere di bene. Prima viene dunque sanata nelle opere e poi viene liberata dalla febbre. Non può liberarsi della febbre se non è guarita nelle opere. Quando la nostra mano opera il male, è come se fossimo costretti a stare a letto; non possiamo alzarci, non possiamo camminare: è come se fossimo ammalati in ogni parte del corpo.

       E "avvicinatosi" (Mc 1,31) a lei che era ammalata... Essa non poteva alzarsi, giaceva nel letto; quindi, non poteva venire incontro al Signore che entrava: ma questo misericordioso medico, che la teneva sulle sue spalle come fosse una morbida pecorella, va lui al letto. «E avvicinatosi...». Si avvicina spontaneamente, per guarirla di sua propria volontà. «E avvicinatosi...». Stai attento a che cosa dice. È come se dicesse: Avresti dovuto correre incontro a me, venire alla porta per accogliermi, affinché la tua guarigione non fosse soltanto opera della mia misericordia, ma anche della tua volontà: ma, poiché sei in preda ad una violenta febbre e non ti puoi alzare, vengo io.

       E "avvicinatosi la fece alzare". Ella non poteva alzarsi, ed è alzata dal Signore. "E la fece alzare prendendola per mano" (Mc 1,31). Giustamente la prende per mano. Quando anche Pietro era in pericolo in mare e stava per essere sommerso, è toccato dalla sua mano e subito si alza. «E la fece alzare prendendola per la mano»: con la sua mano prese la mano di lei. O beata amicizia, o dolcissimo bacio! La fece alzare dopo averla presa per mano: la mano di lui guarì la mano di lei. La prese per mano come medico, sentì le sue vene, costatò la violenza della febbre, egli che è medico e medicina. Gesù tocca, e la febbre fugge. Tocchi anche le nostre mani, per rendere pure le nostre opere. Che entri nella nostra casa: alziamoci dal letto non restiamo sdraiati. Gesù sta dinanzi al nostro letto e noi non ci alziamo? Leviamoci, stiamo in piedi: è ignominioso per noi giacere dinanzi a Gesù. Ma qualcuno dirà: - Dov’è Gesù? Gesù è qui. "Sta in mezzo a voi uno che voi non conoscete" (Jn 1,26). "Il regno di Dio è dentro di voi" (Lc 17,21). Crediamo, e vedremo Gesù qui oggi. E se non possiamo toccare la sua mano, corriamo ai suoi piedi. Se non possiamo giungere alla sua testa, almeno laviamo con le nostre lacrime i suoi piedi. Il nostro pentimento è profumo per il Salvatore. Osserva quanto è grande la misericordia del Signore. I nostri peccati mandano un cattivo odore, sono putredine: tuttavia, se ci pentiamo dei nostri peccati, se piangiamo, i nostri puzzolenti peccati diventano il profumo del Signore. Preghiamo dunque il Signore affinché ci prenda per la mano...

       Che dice ancora David? "Mi laverai e io sarò più bianco della neve" (Ps 50,9). Poiché mi hai lavato con le mie lacrime le mie lacrime e la mia penitenza hanno agito per me come ii battesimo. Potete costatare da qui quanto sia efficace la penitenza. Egli si pentì e pianse: perciò fu purificato. Che cosa dice subito dopo? "Insegnerò agli iniqui la tua via, e gli empi si convertiranno a te" (Ps 50,15). Il penitente è diventato maestro.

       Perché ho detto tutto questo? Perché qui sta scritto: "E subito la febbre la lasciò ed ella si mise a servirli" (Mc 1,31). Non si accontenta di essere stata liberata dalla febbre, ma subito si mette al servizio di Cristo. «E si mise a servirli». Li serviva con i piedi, li serviva con le mani, correva di qua e di là, e venerava colui dal quale era stata guarita. Serviamo anche noi Gesù. Egli accoglie volentieri il nostro servizio, anche se abbiamo le mani sporche: infatti egli si degna di guardare ciò che si è degnato di guarire. Sia a lui gloria nei secoli dei secoli. Amen.

       Girolamo, Comment. in Marc., 2


2. «Io sono il Signore che ti guarisco» (Is 60,16)

       "E venuto nella casa di Pietro, lo serviva" (Mt 8,14-15). Entrato nella casa di Pietro, il Signore e Salvatore nostro guarì col solo contatto della sua mano la suocera di lui ammalata gravemente, ed in questo prodigio mostrò di essere l’autore di ogni sanità, l’autore della medicina celeste, che nel passato aveva parlato a Mosè dicendo: "Io sono il Signore che ti guarisco" (Is 60,16). Ma in questo, poiché donò la guarigione col contatto della mano, fu segno non di impotenza ma di grazia. In realtà, anche se precedentemente aveva guarito il paralitico soltanto con una parola, senz’altro facilmente avrebbe potuto anche ora fare scomparire le febbri con una parola, ma attraverso il contatto della sua mano mostrò il dono della sua benevolenza e si manifestò come colui del quale era stato scritto: "Per il contatto della sua mano presto ridona la sanità", poiché capiamo che è stato adempiuto in questa stessa opera. Immediatamente, infine, per il contatto della mano del Signore, la febbre scomparve, la guarigione ritorna con la fede alla credente, egli che scruta i reni e il cuore [degli uomini] dona i benefici della sanità, e quelle cose di cui bisognava per il servizio altrui, e restituita alla salute precedente, cominciò in persona a servire il Signore. Per queste prodigiose azioni senza dubbio si approva chiaramente la divinità del Cristo.

       "Venuta, poi, la sera gli presentarono molti, e curò le loro infermità" (Mt 8,16-17).

       Il Signore delle virtù ed autore della salvezza degli uomini, elargiva a tutti, come pio e misericordioso. Dio, il rimedio della medicina celeste, liberava i posseduti dal demonio, scacciava gli spiriti immondi, faceva scomparire anche tutte le malattie ed infermità del corpo con la parola del suo divino potere, affinché mostrasse di essere venuto per la salvezza del genere umano, e dimostrasse fino all’evidenza di essere Dio attraverso un così gran numero di azioni prodigiose, perché questi così grandi segni miracolosi non li può effettuare se non Dio solo.

       "Affinché si adempisse, disse, ciò che è stato detto per il profeta Isaia: Poiché egli stesso si addossò le nostre infermità, e portò le nostre malattie" (Mt 8,17).

       Inoltre il Figlio di Dio si addossò le infermità del genere umano, affinché rendesse noi, una volta deboli, forti e ben radicati nella sua fede; per questo prese un corpo da una razza peccatrice, per cancellare i nostri peccati col mistero della sua carne. Di sera poi ciò che conferì secondo l’intelligenza dello spirito, fu mostrato come sacramento della passione del Signore, quando lo stesso Figlio di Dio, che è chiamato sole di giustizia per la nostra salvezza accettò la pena di morte.

       E dopo la sua passione tutti quelli che si sono offerti al Signore, o che si offrono, liberati dalle diverse malattie dei peccati, e dai vari legami del demonio, ottengono dal Signore e Salvatore nostro ed eterno medico, la salvezza eterna: a Lui la lode e la gloria nei secoli dei secoli. Amen.

       Cromazio di Aquileia, In Matth., Tract., 40, 1-4


3. Cristo, salute del corpo

       L’evangelista Marco aggiunge la parola «immediatamente» volendo sottolineare la rapidità con cui la guarigione si verifica (Mc 1,29). Matteo, invece, si limita a menzionare il miracolo senza dare indicazioni di tempo. Gli altri evangelisti riferiscono, inoltre, che l’inferma stessa chiede a Gesù di guarirla (Mc 1,30 Lc 4,38), mentre Matteo omette anche questo particolare. Ciò, naturalmente, non significa che vi sia contraddizione tra gli evangelisti, ma soltanto che l’uno mira alla concisione, gli altri a una più completa narrazione dei fatti.

       Ma per qual motivo il Signore entra nella casa di Pietro? Secondo me è per prender cibo; l’evangelista lo lascia capire dicendo che la donna «levatasi, si mise a servirlo». Cristo, infatti si trattiene spesso in casa dei suoi discepoli, come fa anche alla chiamata di Matteo, e in tal modo li onora e rende più ardente il loro fervore.

       Osservate anche in questa circostanza il profondo rispetto che Pietro nutre per il Maestro. Benché egli abbia in casa la suocera ammalata e con febbre alta, non lo trascina a casa sua. ma attende che abbia terminato il suo insegnamento sulla montagna e che tutti gli altri malati siano risanati. Solo quando il Signore entra nella sua casa, l’apostolo lo prega di guarire la suocera: così, fin dall’inizio, l’apostolo è stato educato ad anteporre gli interessi degli altri ai propri. Non è infatti Pietro che conduce il Signore a casa sua: è il Salvatore che vi entra spontaneamente, dopo che il centurione ha detto: «Non sono degno che tu entri sotto il mio tetto», dimostrando sino a qual punto favorisca il suo discepolo. Pensate, in realtà, quali abitazioni potevano avere quei pescatori; ma Gesù non disdegna di entrare nei loro miseri tuguri, insegnandoci in tutti i modi a disprezzare il fasto e le vanità del mondo.

       Notiamo inoltre che il Signore a volte guarisce i malati con le sole parole, a volte stende la mano; altre volte invece usa parole e gesti insieme per evidenziare meglio la guarigione. Egli difatti non vuole operare sempre miracoli in maniera straordinaria. Deve star nascosto ancora qualche tempo, soprattutto per i suoi discepoli, i quali nell’eccesso della loro gioia proclamerebbero pubblicamente tutto ciò che sanno. E ciò risulta evidente dal fatto che, dopo la sua trasfigurazione sul monte, deve ordinar loro di non riferire a nessuno ciò che hanno visto (Mt 17,9).

       In questa circostanza Gesù, toccando la mano della donna malata, non soltanto spegne l’ardore della febbre, ma le restituisce perfetta salute. Trattandosi di una malattia leggera, egli manifesta la sua potenza nel modo in cui la guarisce: il che nessun’arte medica avrebbe potuto fare. Voi ben sapete che anche dopo la caduta della febbre occorre molto tempo prima che i malati riacquistino completamente la salute. In questa occasione invece la guarigione e il completo recupero delle forze si ottengono nello stesso istante. E non solo qui, ma anche sul mare, si hanno contemporaneamente due effetti. Non soltanto allora Gesù calmò i venti e la tempesta, ma placò istantaneamente anche il movimento delle onde, operando un prodigio insolito. Come ben si sa, quando cessa la tempesta, le acque rimangono ancora per molto tempo agitate. La parola di Cristo opera diversamente: fa cessare tutto in un momento e la stessa cosa si verifica anche nel caso della suocera di Pietro. Volendo far intendere ciò, l’evangelista precisa: «levatasi, si mise a servirlo»: il che conferma da un lato la potenza di Cristo, e dall’altro la gratitudine che la donna prova per lui.

       Un altro punto che qui dovremmo considerare è il fatto che Cristo per la fede di alcuni concede la guarigione ad altri - qui, infatti, altri l’hanno pregato (Lc 4,38), come pure nel caso del servo del centurione. Tuttavia la concede a condizione che colui che sta per essere guarito non sia incredulo e solo a causa della sua malattia non possa presentarsi a lui e per ignoranza o per giovane età non riesca a comprendere la sua grandezza.

       "Fattosi sera, gli condussero molti indemoniati, ed egli con una parola scacciò gli spiriti e guarì i malati, affinché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta Isaia: Ha preso le nostre infermità e si è caricato delle nostre malattie" (Mt 8,16-17 Is 53,4). Notate come è cresciuta ormai la fede della moltitudine. Non si rassegnano infatti ad andarsene, nonostante l’incalzare del tempo, né ritengono inopportuno condurre a Cristo i loro malati di sera. Vi prego inoltre di considerare quale numero di persone risanate gli evangelisti qui sorvolano, senza menzionare e raccontare i dettagli di ogni guarigione. Con pochissime parole infatti essi passano sopra un mare infinito di miracoli

       Crisostomo Giovanni, Comment. in Matth., 27, 1


4. La suocera di Pietro (Mt 8,14-15)

Dalla febbre del vizio ero tormentato
Dell’impurità abominevole,
E in letti per mollezza ignobili
Son caduto, incapace di rialzarmi.

Come la suocera del beato Pietro,
Piacciati rialzarmi, Destra del Potente,
Affinché come lei anch’io ti serva,
Tu che ridai la vita alla mia anima.

       Nerses Snorhali, Jesus, 440-441


VI DOMENICA

111 Letture:
    
Lv 13,1-2 Lv 13,44-46
     1Co 10,31 1Co 11,1
     Mc 1,40-45

1. Gesù e il lebbroso

       "Ed ecco un lebbroso, fattosi avanti, gli si prostrava ai piedi e gli diceva: «Signore se tu vuoi, mi puoi mondare»" (Mt 8,2). Grande è la prudenza e la fede di quest’uomo che s’avvicina a Cristo. Egli non ha interrotto il suo discorso, né si è gettato tra la folla, ma ha atteso il momento favorevole: quando Gesù scende dal monte gli si accosta. E non lo supplica in un modo qualunque, ma con grande fervore, prostrandosi ai suoi piedi, come riferisce un altro evangelista (Mc 1,40), con vera fede e con quel rispetto che di lui si deve avere. Non gli dice: Se chiedi a Dio, oppure: Se tu preghi, ma: «Se tu vuoi, mi puoi mondare». Nemmeno gli chiede: Signore guariscimi, ma affida tutto nelle sue mani; lo riconosce padrone assoluto della sua guarigione, testimoniando che egli possiede tutta l’autorità e il potere.

       Ora qualcuno potrebbe obiettare: se l’opinione del lebbroso fosse sbagliata? In quel caso il Signore dovrebbe confutarla, rimproverare e correggere il lebbroso. Ma Cristo, fa questo? No assolutamente; anzi fa tutto il contrario, confermando e rafforzando quanto dice quell’uomo. Ecco perché non si limita a dire «sii mondato», ma dichiara: "Lo voglio: sii mondato" (Mt 8,3), affinché la verità della sua onnipotenza non si fondi soltanto sull’opinione di quell’uomo, ma sulla conferma esplicita che egli stesso ne dà. Gli apostoli non parleranno così, quando compiranno miracoli. Come parleranno, allora? Quando tutto il popolo rimarrà sorpreso e colpito dai loro prodigi, essi diranno: «Perché ci guardate con ammirazione quasi che per nostra propria potenza e autorità abbiamo fatto camminare quest’uomo?» (Ac 3,12). Il Signore, invece, che pure di solito parla di sé con tanta umiltà e in modo inferiore alla sua gloria, che dice ora per confermare l’opinione di tutti coloro che lo guardano ammirati della sua potenza? «Lo voglio: sii mondato». In verità, benché il Signore abbia operato infiniti e straordinari miracoli, soltanto in questa circostanza pronunzia una tale affermazione.

       Qui, sicuramente per rafforzare il pensiero che il lebbroso e tutta la folla si sono fatti della sua autorità e della sua potenza, egli aggiunge: «Lo voglio». E non dice questo per poi non mandarlo ad effetto, ma l’opera segue immediatamente le parole. Se la sua dichiarazione non fosse vera, e si trattasse di una bestemmia, il fatto miracoloso non potrebbe realizzarsi. Ecco, invece, che la natura obbedisce all’ordine di Gesù con assoluta immediatezza, anzi ancora più rapidamente di quanto possa esprimere l’evangelista. L’espressione "sull’istante" (Mt 8,3) da lui usata, non esprime a sufficienza la rapidità con cui il miracolo si verifica.

       Cristo, inoltre, non si limita a dire: «Lo voglio: sii mondato», ma stende anche la sua mano e tocca il lebbroso (Mt 8,3). Questa circostanza merita di essere esaminata. Perché, dato che guarisce il malato con la sua volontà e con la sua parola, aggiunge anche il tocco della sua mano? Io ritengo che per nessun altro motivo lo faccia, se non per mostrare anche in quest’occasione che egli non è affatto soggetto alla legge, ma che è al di sopra di essa; e, infine, che non c’è niente di impuro per un uomo puro. In una occasione simile il profeta Eliseo non volle neppure vedere Naaman e, pur sapendo che costui era scandalizzato perché egli non si accostava né lo toccava, per rispettare rigorosamente la legge rimase in casa, limitandosi a mandarlo al Giordano perché si lavasse in quelle acque (cf. 2R 5). Il Signore, invece, vuol mostrare che egli guarisce non da servitore, ma da padrone, e perciò tocca il lebbroso. Non è la mano infatti che diventa impura al contatto con la lebbra: al contrario, il corpo lebbroso è purificato dal tocco di quella santa mano. Cristo non è venuto solo per guarire i corpi, ma per condurre le anime alla virtù. E come quando istituisce quell’ottima legge che permette di mangiare ogni genere di cibi, egli dice altresì che non è più proibito sedere a mensa senza lavarsi le mani, così qui per insegnare che si deve aver cura dell’anima e che, senza darsi pensiero per le esteriori purificazioni, bisogna mantenerla pura e temere soltanto la lebbra spirituale, che è il peccato, - la lebbra del corpo non è di ostacolo alla virtù -, Gesù per primo tocca il lebbroso; e nessuno lo rimprovera. Non era infatti quello della folla un tribunale corrotto, né gli spettatori erano testimoni dominati dall’invidia. Perciò non solo non lo accusano, ma ammirano stupefatti il miracolo e, ritirandosi, adorano la sua irresistibile potenza, manifestatasi nelle parole e nelle opere.

       Crisostomo Giovanni, Comment. in Matth., 25, 1 s.


2. «Signore, se vuoi, puoi guarirmi»

       Grande la fede di questo lebbroso e perfetta la sua professione! Per primo, infatti, adorò, quindi disse: «Signore, se vuoi, puoi guarirmi» (Mt 8,2-4). In ciò che egli adorò, mostrò di aver creduto a quel Dio che egli adorò, poiché la legge prescriveva che non si deve adorare se non un solo Dio.

       Quando, col dire: «Signore, se vuoi, puoi guarirmi» prega la sua onnipotenza e la natura della divina potestà sotto l’influsso della sua volontà affinché voglia soltanto il Signore, come rimedio, poiché sapeva che il potere della virtù divina, si sottometteva alla sua volontà. Per conseguenza poiché credette che al Figlio di Dio soltanto il volere significava (era) potere, e il potere, volere, per questo disse: «Signore, se vuoi, puoi guarirmi».

       Non senza ragione, il Signore conoscendo l’animo devoto e fedele del lebbroso che credeva in sé, per confermare la sua fede subito lo ricompensò del dono della sanità, dicendo: «Lo voglio, sii guarito» (Mt 8,2-4). Quindi, «stendendo la mano, lo toccò. E istantaneamente la lebbra scomparve» (Mt 8,3).

       E così facendo pubblicamente si dichiarò il Signore del potere assoluto come già aveva creduto il lebbroso. Immediatamente e come volle, la virtù del suo manifesta la sua volontà. Così, infatti, disse: «Voglio, sii guarito. E subito la sua lebbra scomparve». E Gesù gli disse: «Guardati dal dirlo a qualcuno, ma va’, presentati al sacerdote, e poi fa’ l’offerta che Mosè prescrisse in testimonianza ad essi» (Mt 8,3-4). Il Signore comanda a colui al quale aveva guarito la lebbra e di presentarsi al sacerdote e di offrire sacrifici per sé prescritti nella legge. E in questo volle manifestare compiuti da sé i misteri (le adempienze) della legge, e accusare l’infedeltà dei sacerdoti, affinché constatando il lebbroso guarito che né la legge, né i sacerdoti avevano potuto mondare, o credessero che Egli era il Figlio di Dio e riconoscessero che Egli stesso era il padrone della legge; a causa della giustizia e della fede del lebbroso e della testimonianza della sua stessa opera, ricevessero la condanna della loro infedeltà.

       Chi, infatti, avrebbe potuto col potere della propria virtù guarire il lebbroso, che la legge non poté mondare, se non colui che è il padrone della legge, e che è il Signore di tutte le virtù, del quale leggiamo scritto: «Il Signore delle virtù è con noi chi ci accoglie è il Dio di Giacobbe» (Ps 45,8-12), anche prima che fosse mondato, credette con religiosa professione di fede che il Figlio di Dio era Dio; i sacerdoti, invece, neppure dopo il prodigio della divina virtù vollero credere.

       In verità se (riusciamo a capire) comprendiamo che per questo il Signore aveva comandato a colui che aveva liberato dalla lebbra, affinché offrisse sacrifici prescritti nella legge per sé, mostrasse con questo che egli era l’autore del precetto dato, e per gli stessi misteri adempiuti nella verità, che erano stati in antecedenza manifestati come figure.

       Cromazio di Aquileia, In Matth. Tract., 38, 10


3. La fede che salva

       «Signore, se tu vuoi, puoi mondarmi» (Mt 8,2). Chi supplica la volontà, non dubita del potere.

       E stendendo la mano Gesù lo toccò e disse: «"Lo voglio: sii mondato». E sull’istante fu mondato dalla sua lebbra" (Mt 8,3)

       Appena il Signore stende la mano, subito la lebbra scompare. Ma osserva anche quanto sia umile e immune da vanità la sua risposta. Il lebbroso aveva detto: «Se tu vuoi», e il Signore risponde: «Lo voglio». Il lebbroso aveva detto: «Puoi mondarmi» e il Signore replica dicendo: «Sii mondato». Non dobbiamo congiungere le due parti della risposta, come credono molti latini, che leggono: «Ti voglio mondare»; dobbiamo tenerle separate, sicché egli prima dice: «Lo voglio», e poi, dando un ordine: «Sii mondato».

       "E Gesù disse: «Guardati dal dirlo ad alcuno"» (Mt 8,4). E, in verità, che necessità aveva il lebbroso di fare tanti discorsi sulla sua guarigione, quando il suo corpo guarito parlava per lui?

       «Ma va’, mostrati ai sacerdoti e presenta l’offerta che Mosè ha prescritto, affinché serva a loro di testimonianza» (Mt 8,4). Per varie ragioni lo manda dai sacerdoti. In primo luogo, per un atto di umiltà, affinché cioè il lebbroso risanato rendesse onore ai sacerdoti: era infatti prescritto dalla legge che coloro che venivano mondati dalla lebbra presentassero un’offerta ai sacerdoti. Poi perché i sacerdoti, vedendo che il lebbroso era stato mondato, potessero credere al Salvatore, oppure si rifiutassero di farlo: se avessero creduto sarebbero stati salvi; se si fossero rifiutati di farlo, la loro colpa sarebbe stata senza attenuanti. E infine perché si rendessero conto che egli non infrangeva affatto la legge, cosa di cui tanto spesso lo accusavano.

       Girolamo, Comment. in Matth., 1, 8, 2-4


4. Il sacramento è dato dall’unione di materia e forma

       Volle anche toccare, per darci un’idea della virtù che è nei sacramenti, nei quali non basta toccare, ci vogliono anche le parole, perché quando si fondono forma e materia, allora nasce il sacramento.

       Tommaso d’Aquino, In Matth. Ev., 8, 1


5. Il lebbroso (Mt 8,1-4)

Anche a me, come al lebbroso, rivolgi la parola,
Come a lui che con fede s’accostava:
«Lo voglio sii mondato integralmente
E sii puro dalle brutture del Maligno».

       Nerses Snorhali, Jesus, 437



Lezionario "I Padri vivi" 109