Lezionario "I Padri vivi" 218

SOLENNITÀ DELLA B.V. MARIA DI CZESTOCHOWA


(26 agosto)

       La festa di oggi è legata al santuario mariano di Czestochowa, in cui fin dalla fine del XIV secolo è oggetto di grande venerazione l’immagine della Madre di Dio. L’origine dell’immagine, d’altro canto leggendaria, rimane fino ad oggi inspiegata, ma c’è una convinzione comune che si abbia a che fare con un dipinto orientale. È un tipo di icona chiamata «Panagia Hodegetria» [Santissima Guida] e ricorda fra l’altro un’icona bizantina della fine del X secolo che si trova nella basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. L’immagine rappresenta Maria col Bambino in braccio. Nel dipinto domina il volto di Maria, che esprime una dolce tristezza, concentrata nei «penetranti» occhi, con due tagli sul lato destro. Il volto di Maria e quello del bambino hanno una carnagione scura e per questo la Madonna di Czestochowa viene chiamata la «Madonna Nera».

       Il monastero di Czestochowa, col dipinto della Madonna, ha svolto un grande ruolo nella storia del popolo polacco ed ha esercitato un grande influsso nel suo progresso spirituale. Presso la Madre di Dio di Czestochowa ci si rifugiava nei momenti difficili e nei pericoli.

       Nel secolo XVII, quando tutto il paese fu invaso dai protestanti svedesi, soltanto il monastero di Czestochowa rimase illeso. Non meraviglia allora che la vittoria riportata sui nemici venisse attribuita a Maria, che da quel momento in poi si cominciò a chiamare «Regina della Polonia». Nel 1717, l’immagine fu coronata con le corone papali. Nel periodo in cui la Polonia perse la propria indipendenza, essendo spartita da tre diversi Stati, il santuario di Czestochowa diventò la capitale spirituale per i divisi Polacchi. Al santuario, che diventa conosciuto in tutto il mondo cattolico arrivano le moltitudini dei pellegrini. Ogni giorno, alle ore 21 i fedeli in Polonia cantano l’antifona «Maria, Regina della Polonia, sono vicino a Te, Ti ricordo, e veglio», e così si uniscono spiritualmente al cospetto della loro Madre.

       La festa di oggi fu costituita per il santuario dal papa Pio X nell’anno 1904; Pio XI, nel 1931, l’estese a tutta la diocesi, e dal 1956 essa viene celebrata da tutta la Chiesa in Polonia.

       Maria viene venerata nella Chiesa in modo particolare, a lei si rivolgono i fedeli in tutte le avversità e i bisogni, cercano la sua mediazione. La pietà del popolo non esalta però troppo Maria a prezzo della stessa Persona di Cristo, unico Mediatore? La Chiesa consapevole di questa obiezione ricorda nell’ultimo Concilio: «Questo culto, quale sempre fu nella Chiesa, sebbene del tutto singolare, differisce essenzialmente dal culto di adorazione, prestato al Verbo incarnato, così come al Padre e allo Spirito Santo». La Chiesa ricorda anche, che quando «è onorata la Madre, il Figlio è debitamente conosciuto, amato, glorificato e sono osservati i suoi comandamenti» (Lumen Gentium LG 66).

       La vera devozione a Maria porta ad un legame più forte con Cristo: Maria porta a Cristo ed indica Cristo. Si ripete in certo modo l’avvenimento di Cana di Galilea: Maria, per prima, vede la tribolazione dell’uomo e in suo nome si rivolge al Figlio e pronuncia le parole «fate quello che vi dirà» (Jn 2,5). Alle folle dei pellegrini che arrivano a Czestochowa, la Chiesa legge proprio questo brano del Vangelo.

       Venire al Chiaro Monte e cantare le lodi a Maria vuol dire avvicinarsi a Cristo per lei e con lei. Dire tutto davanti a Maria, credendo che lei intercederà per me presso il Figlio suo. Acquietarsi in preghiera per udire le sue parole: «fa’ quello, che ti dirà mio Figlio».

       La presenza di Maria in questo luogo sacro insegna ad ascoltare Gesù e a rispondere «avvenga di me secondo la tua parola». La stessa immagine della Madonna di Czestochowa c’insegna cosa significa venerare Maria. Maria, sul dipinto, con la mano destra appoggiata sul seno indica Gesù. Il Bambino solleva la mano destra nel gesto di benedizione indicando Maria.

       Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio,

       santa Madre di Dio:

       non disprezzare le suppliche

       di noi che siamo nella prova,

       e liberaci da ogni pericolo,

       o Vergine gloriosa e benedetta.

       Liturgia Horarum, III: Ad Completorium, Antiph. fin. de B.M.V.


1. Ninnananna di Maria

       Ho guardato stupito Maria che allatta colui che nutre tutti i popoli, ma s’è fatto bimbo. Dimorò nel seno d’una fanciulla, colui che di sé riempie il mondo.

       Una figlia di poveri è diventata madre del Ricchissimo, che si fece portare dall’amore. C’è un fuoco nel seno della vergine, ma la vergine non vien bruciata da quella fiamma.

       Un carbone acceso ha abbracciato Maria; essa lo porta in braccio e non ne è lesa. La fiamma riveste il corpo ed è portata sulle mani da Maria.

       Un gran sole si è raccolto e nascosto in una nube splendida. Una fanciulla è diventata madre di colui che ha creato l’uomo e il mondo.

       Essa portava un bambino, lo carezzava, lo abbracciava, lo vezzeggiava con le più belle parole e lo adorava dicendogli: «Dimmi, maestro mio, di abbracciarti».

       Poiché sei mio figlio, ti cullerò con le mie cantilene; sono tua madre, ma ti onorerò. Figlio mio, ti ho generato, ma sei più antico di me; mio Signore, ti ho portato in seno, ma tu mi reggi in piedi.

       La mia mente è sconvolta da timore, dammi la forza di lodarti. Non so dire come tu stia zitto, quando so che in te rintronano i tuoni.

       Sei nato da me come un bimbo, ma sei forte come un gigante; sei l’Ammirabile come ti chiamò Isaia, quando profetizzò di te.

       Ecco sei tutto con me, eppure stai tutto nascosto nel Padre tuo. Tutte le altezze del cielo son piene della tua maestà, eppure il mio seno non è stato troppo piccolo per te.

       La tua casa è in me e nei cieli. Ti loderò coi cieli. I celesti mi guardano con ammirazione e mi chiamano benedetta.

       Mi sostenga il cielo col suo abbraccio, perché più di esso io sono stata onorata. Il cielo, infatti, non ti è stato madre; ma tu lo facesti tuo trono.

       La madre del re quant’è più venerabile del suo trono! Ti benedirò, Signore, perché hai voluto che fossi tua madre, ti celebrerò con belle cantilene.

       O gigante che sorreggi la terra e volesti ch’essa ti sorreggesse, sii benedetto. Gloria a te, o ricco, che ti sei fatto figlio d’una poverella.

       Il mio magnificat per te, che sei più antico di tutti, eppure, fatto bambino, scendesti in me. Siedi sulle mie ginocchia; eppure su di te sta sospeso il mondo, le più alte vette e gli abissi più profondi.

       Stringi il mio seno e sorreggi la terra, i mari e tutto ciò ch’è in essi. Ecco il tuo cocchio è nei cieli, ed io ti porto sulle mie braccia.

       Tu stai con me, e tutti i cori degli angeli ti adorano. Mentre te ne stai stretto tra le mie braccia, sei portato dai Cherubini.

       I cieli son pieni della tua gloria, eppure il seno d’una figlia della terra ti tiene tutto. Tra i celesti abiti nel fuoco, e non bruci i terrestri.

       I Serafini ti proclamano tre volte santo: cosa potrei, Signore, dirti di più? I Cherubini ti benedicono tremando e puoi essere onorato dai miei canti?

       Mi senta adesso e venga da me l’antica Eva, l’antica nostra madre; si sollevi il suo capo, il capo che fu abbassato sotto la vergogna dell’orto.

       Scopra il suo viso e si rallegri con te, perché hai portato via la sua vergogna; senta la parola di pace piena, perché una sua figlia ha pagato il suo debito.

       Il serpente, che la sedusse, è stato stritolato da te, germoglio che sei nato dal mio seno. Il Cherubino e la sua spada per te sono stati rimossi, perché Adamo possa tornare nel paradiso, dal quale era stato espulso.

       Eva e Adamo ricorrano a te e prendano da me il frutto della vita; per te si farà dolce quella loro bocca, che il frutto vietato aveva fatto amara.

       I servi espulsi tornino per te, perché possano ottenere quei beni dei quali erano stati spogliati. Sarai tu per loro una veste di gloria, per ricoprire la loro nudità».

      

       Efrem, Hymn. 18, 1-23


2. Del culto delle immagini

       Ci si fa colpa da alcuni che veneriamo le immagini del Salvatore, della Madonna e di altri santi servi di Cristo, ma vorrei che costoro riflettessero che Dio creò pure l’uomo a sua immagine (Gn 1,26). Qual è dunque il motivo per cui possiamo venerarci l’un l’altro, se non questo che siam fatti a immagine di Dio? Come dice infatti Basilio, dottissimo interprete delle cose divine:

«L’onore fatto all’immagine ridonda sull’originale» (Basil., De Spir. Sancto cap. 18). L’originale è il prototipo di cui si fa l’immagine, è colui dal quale deriva la figura. Così il popolo mosaico si prostrava innanzi al tabernacolo, che rappresentava le cose celesti, che rappresentava, anzi, ogni creatura. Dice infatti Dio a Mosè: Vedi di far tutto secondo il modello, che t’è stato mostrato sul monte (Ex 25,40). E quei Cherubini che coprivano il propiziatorio non erano opera delle mani dell’uomo? E il veneratissimo tempio di Gerusalemme non era stato costruito con arte e da mani umane?

       La Scrittura mette sotto accusa coloro che adorano idoli e offrono sacrifici ai demoni. Non solo i gentili, ma anche i Giudei offrivano sacrifici; ma i gentili li offrivano ai demoni, i Giudei a Dio. Perciò mentre la vittima dei gentili era rigettata e condannata, quella degli Ebrei era accetta a Dio. Noè offrì un sacrificio e Dio ne sentì il soave odore (Gn 8,21), perché Dio voleva dimostrare come gradiva la retta intenzione di Noè e quanto ne accettasse l’amore e il culto. Gli idoli dei gentili, invece, perché erano immagini di demoni, furono disapprovati e proibiti.

       Chi può fare l’immagine di un Dio, invisibile, incorporeo non circoscritto, senza una figura? Sarebbe stato perciò un atto di gran pazzia ed empietà il dare una forma a Dio. E questo è il motivo per cui nel Vecchio Testamento non si diffuse l’uso delle immagini. Ma dopo che Dio, nella sua misericordia, per la nostra salvezza, si fece veramente uomo e non si mostrò soltanto, come ad Abramo e ai profeti, sotto qualche segno, ma dopo che, fatto veramente sostanza umana, visse in mezzo agli uomini, fece miracoli, subì la passione e la croce, risuscitò e ascese al cielo; e tutte queste cose furono fatte e viste dagli uomini e tramandate ai posteri in scritto, per istruirne coloro che non erano stati presenti, perché noi, che non avevamo visto, al sentirle e credendole, fossimo degni d’essere dichiarati beati dal Signore.

       Poiché però non tutti sanno leggere, i padri credettero opportuno che queste cose, come si ricordano con monumenti le gesta eroiche, trovassero nelle immagini una più concisa illustrazione. Ci capita spesso infatti che, in un momento in cui non pensiamo affatto alla passione del Signore, se vediamo un’immagine della crocifissione di Cristo, subito ci ricordiamo di quella benedetta passione e adoriamo, non l’immagine materiale, ma colui che in essa è ricordato. La stessa cosa va detta della Madre di Dio. Infatti l’onore che tributiamo a lei, ridonda in colui che in essa prese carne. E così ancora per mezzo delle opere egregie dei santi siamo stimolati alla fortezza, all’emulazione delle loro virtù e alla lode di Dio. L’onore che tributiamo ai migliori dei nostri simili è segno del nostro culto per il nostro Signore e Padre comune; poiché l’onore fatto all’immagine è onore che si fa all’originale.

       Giovanni Damasceno, De fide orthodoxa, 4, 16


3. Raccomandazione a Maria

       O Vergine illibatissima, dovendo porre fine alla temerarietà delle parole dette in tuo onore - verrebbe meno il tempo, infatti, se qualcuno volesse esaurir le tue lodi - porrò fine al mio canto con queste parole. Ricordati dei cristiani, tuoi servi. Raccomanda le preghiere di tutti, di tutti consolida la speranza, conferma la fede, stringi le Chiese in unità, allarga il regno di Dio con nuovi trionfi, sorreggi chi combatte, raccogli il mondo in pace, libera tutti da pericoli e tentazioni, libera tutti dalla sentenza di condanna e impetra per ciascun di noi il giorno del premio. Da chi, infatti, possiamo andare? Tu hai parole di vita eterna (Jn 6,69), siano questi i tuoi voti per raccomandarci a Dio. Sei tu che hai sempre fatto e farai sempre per noi cose grandi. Ed è santo il tuo nome, che dagli angeli e dagli uomini è benedetto per tutte le generazioni, ora e nei secoli dei secoli. Amen.

       Germano di Costantinopoli, In dormit. SS. Deip. III, n. 1828


4. Maria è il conforto che viene da Dio

       O Signora, tu sola sei il mio conforto che viene da Dio: divina rugiada del mio calore; gocce divine del mio cuore inaridito, lampada purissima dell’anima mia ottenebrata, tracciato del mio cammino, forza della mia debolezza, copertura della mia nudità, ricchezza della mia povertà, medicina delle mie piaghe inguaribili, rimedio delle mie lagrime, fine dei miei sospiri, allontanamento delle avversità, sollievo dei dolori, scioglimento delle catene, speranza della mia salvezza, ascolta le mie preghiere; abbi pietà dei miei gemiti, accogli le mie suppliche. Abbi pietà di me; mossa dalle mie lagrime e dalla tua misericordia verso di me, tu, madre di un Dio buono e clemente, ascoltami. Guardami e accogli la mia supplica; riempi il desiderio della mia anima assetata, uniscimi alla mia parente e conserva nella terra dei buoni, nella casa dei giusti nella regione dei santi: e tu difesa, gaudio e delizia di tutti, ti prego, fa’ che io possa godere con lei, in quella gioia veramente ineffabile del figlio tuo Dio e Re - nato vergineamente -, in quella beatitudine perpetua, che diletta senza mai saziare; e in quel regno senza fine, che non conosce tramonto. Si, mia Signora; sì, mio rifugio: mia vita e mio aiuto, armatura e gloria, mia speranza, mia forza. Concedimi di godere insieme con lei dei doni indicibili e infiniti di tuo Figlio nella patria celeste. Hai, infatti, lo so, come madre dell’Altissimo un potere pari al tuo desiderio; perciò oso tanto e ho fiducia. Non deludere la mia speranza, o purissima Signora, ma fa’ ch’io possa raggiungere, o Sposa di Dio, Colui che tu, per un titolo più grande d’ogni titolo, hai generato, il Signor nostro Gesù Cristo, vero Dio e Signore: al quale è dovuta ogni gloria, onore, adorazione insieme col Padre e con lo Spirito vivificatore, ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen.

       Germano di Costantinopoli, Oratio in praesent. SS. Deip., n. 1815




NATIVITÀ DELLA BEATA VERGINE MARIA


(8 settembre)

       Gli inizi della festa della Natività di Maria occorre cercarli nella Chiesa di Gerusalemme. Gli apocrifi presentavano diversi particolari dall’infanzia di Maria, collocando il luogo della sua nascita presso il tempio di Gerusalemme. Già dal V secolo, i pellegrini che giungevano alla Città Santa visitavano la chiesa della Beatissima Vergine «nel luogo della sua natività». Sembra che agli inizi di questa festa stia la solennità della dedicazione di quella basilica. È l’attuale basilica di sant’Anna, dove fino ad oggi è venerata la figurina di Maria come piccola bambina. Da Gerusalemme, la festa passa a Costantinopoli. In Occidente, la incontriamo per la prima volta nel calendario di Sonnanzio, vescovo di Reims (614-631). Durante il pontificato di papa Sergio (687-701), la festa assume a Roma una grande importanza e viene annoverata tra le quattro Solennità mariane, che furono dotate di processioni. Nel Medioevo, la festa avrà la sua ottava e la sua vigilia.

       La Chiesa celebra oggi la Natività di Maria, alla quale elargisce molti e grandi titoli. Lei è la Santa Madre di Dio, Madre della divina grazia, Madre ammirabile, Sede della Sapienza, Tempio dello Spirito Santo, Arca dell’alleanza e Porta del Cielo, Regina degli angeli e Regina di tutti i santi. Maria è Madre di Cristo e Madre della Chiesa. Ecco perché la Chiesa, che celebra la nascita dei santi al cielo, cioè il giorno della loro morte, per Maria fa eccezione. La sua venuta al mondo divenne la speranza e l’aurora della salvezza per tutto il genere umano. Da lei, il Figlio di Dio prenderà la natura umana; da lei sorgerà il Sole di Giustizia Cristo nostro Dio. La nascita di Maria ha avvicinato la salvezza del mondo. La vita della Chiesa è concentrata nel mistero di Cristo; Cristo per la Chiesa è tutto; ed è per questo che la Chiesa non si accontenta di celebrare la nascita del Sole; essa veglia già quando appare l’aurora.

       La tua nascita, o Genitrice di Dio,

       annunziò la gioia al mondo intero;

       da te infatti è sorto il Sole di Giustizia,

       Cristo Dio nostro.

       Dissolvendo la maledizione, apportò la benedizione,

       e distrutta la morte, ci donò la vita eterna.

       Liturgia Bizantina, EE, n. 3003


1. Il natale di Maria: festa di letizia

       Orsù, popoli tutti, uomini di ogni stirpe, di ogni lingua, di ogni età e di ogni condizione, festeggiamo con letizia la natività della letizia universale! Se i figli dei Greci, infatti, celebravano con ogni onore, offrendo doni ciascuno secondo le possibilità, i natalizi degli dèi, che ingannavano lo spirito con la falsità dei miti e nascondevano la verità, e quelli dei re, anche se affliggevano tutta l’esistenza, quanto più occorreva che noi onorassimo la nascita della Madre di Dio, per la quale tutto il genere umano è cambiato e la pena della progenitrice Eva è stata mutata in gioia? L’una, infatti, come sentenza divina, ha ascoltato: Partorirai figli nel dolore (Gn 3,16); l’altra: Salve, piena di grazia (Lc 1,28). Quella: Ti sentirai attratta verso tuo marito (Gn 3,16); questa: Il Signore è con te (Lc 1,28).

       Cosa dunque offriremo alla Madre della Parola, se non una parola? Tutta la creazione esulti e canti il parto santissimo della santa. Ha generato, infatti, al mondo un tesoro inalienabile di beni. Per lei il Creatore ha trasformato in meglio tutta la natura, con il concorso dell’umanità. Se infatti l’uomo che si trova in mezzo fra spirito e materia, è vincolo dell’intera creazione sia visibile che invisibile, la Parola creatrice di Dio, unendosi alla natura umana, si è unita con essa a tutta quanta la creazione. Festeggiammo allora la fine dell’umana sterilità, poiché è cessata per noi la privazione dei beni.

       Ma per quale motivo la Vergine Madre è nata da una sterile? Perché occorreva che alla sola cosa nuova sotto il sole (Qo 1,9), al culmine delle meraviglie, la via fosse preparata con le meraviglie, e a poco a poco da realtà più umili se ne innalzassero di più grandi.

       C’è anche un’altra ragione, più sublime e più divina. La natura, infatti, è stata sconfitta dalla grazia e si è arrestata tremante, non sopportando di essere la prima. Quando perciò la Vergine Madre di Dio stava per nascere da Anna, la natura non osò anticipare il germoglio della grazia; ma rimase sterile, finché la grazia fece sbocciare il frutto. Doveva infatti nascere primogenita, colei che avrebbe generato il Primogenito di tutta la creazione, nel quale tutto sussiste (Col 1,15 Col 1,17).

       Coppia beata, Gioacchino ed Anna! Tutta la creazione vi è debitrice. Per mezzo vostro, infatti, ha offerto al Creatore un dono superiore a tutti i doni, una madre santa, unica degna di colui che l’ha creata. Beati i lombi di Gioacchino, da cui fu deposto un seme assolutamente puro! Mirabile ventre di Anna, nel quale si sviluppò a poco a poco, si formò e nacque una bimba santissima! Grembo, che in te stesso hai concepito un cielo vivente, più vasto dell’ampiezza dei cieli! Aia dove fu ammassato il grano che dà la vita, come Cristo stesso dichiarò: Se il chicco di grano caduto in terra non muore, resta solo (Jn 12,24)! Seno, che hai allattato la nutrice di colui che nutre il mondo! Meraviglia delle meraviglie, paradosso dei paradossi! Occorreva, infatti, che l’incarnazione ineffabile e soccorritrice di Dio fosse preceduta da tali meraviglie.

       Ma come procederò oltre? Il pensiero è fuori di sé, timore e amore lo hanno diviso. Il cuore palpita e la lingua ha preso a fremere; non riesco a sopportare la gioia, sono sopraffatto dalle meraviglie, in preda alla commozione divina. Vinca l’amore, si arrenda il timore e canti la cetra dello Spirito: Si rallegrino i cieli ed esulti la terra (Ps 96,11)!

       Oggi si aprono le porte sterili, e una divina porta verginale viene avanti: da essa e per essa il Dio che è al di là di tutto ciò che esiste, sta per venire nel mondo (He 1,6), corporalmente (Col 2,9), secondo Paolo, l’uditore dei misteri (2Co 12,4). Oggi dalla radice di Iesse è spuntato un ramoscello, dal quale s’innalzerà per il mondo un fiore intimamente unito a Dio (Is 11,1).

       Oggi dalla natura terrestre un cielo ha formato sulla terra colui che un tempo l’ha consolidata [fuori] dalle acque ed ha sollevato in alto il firmamento. E questo [cielo], in realtà, è ben più divino e straordinario di quello. Infatti colui che in quel [cielo] creò il sole, si è alzato da esso come un sole di giustizia. Due nature, anche se gli Acefali delirano; un’unica persona, anche se i Nestoriani s’infuriano. La luce eterna, infatti, generata prima del tempo da eterna luce, l’immateriale e incorporeo da costei prende corpo e viene avanti come una sposa da una camera nuziale, essendo Dio, e divenuto poi partecipe della natura terrena. Da gigante sarà lieto di percorrere la via (Ps 19,6) della nostra natura, di avviarsi in mezzo alle sofferenze verso la morte, di legare il forte e impadronirsi dei suoi beni (Mt 12,29), cioè della nostra natura, riconducendo alla terra celeste la pecorella sperduta (Mt 18,12).

       Oggi il figlio del falegname (Mt 13,55), il Logos, demiurgo universale di colui che per mezzo suo ha formato ogni cosa, braccio possente del Dio altissimo, dopo aver affilato, con lo Spirito come col proprio dito, la scure smussata della natura, si è costruito una scala vivente, la cui base poggia sulla terra e la cima si alza fino al cielo; su questa Dio riposa; è quella di cui Giacobbe contemplò l’immagine (Gn 28,12) e per la quale Dio, scendendo senza spostarsi, o piuttosto chinandosi con benevolenza, è apparso sulla terra ed ha vissuto in mezzo agli uomini (Ba 3,38).

       Queste cose, infatti, raffigurano la venuta quaggiù, l’umiltà misericordiosa, la cittadinanza terrena, la compiuta conoscenza di lui concessa a quelli che sono sulla terra (Col 1,10). La scala spirituale, la Vergine, poggia sulla terra perché dalla terra trae origine; il capo, però, è rivolto al cielo. Di ogni donna, infatti, il capo è l’uomo; ma poiché lei non conobbe uomo (Lc 1,34), Dio Padre ne ha assunto il titolo di capo, dopo aver concluso un patto con lo Spirito Santo e inviato, come divina semenza spirituale, il proprio Figlio e Logos, la forza onnipotente. Per compiacenza del Padre, infatti, non da un’unione naturale, ma dallo Spirito Santo e da Maria Vergine, in modo soprannaturale il Logos si è fatto prontamente carne ed ha abitato fra noi: l’unione di Dio con gli uomini si compie per opera dello Spirito Santo.

       Comprenda chi può (Mt 19,12). Chi ha orecchie per intendere, intenda (Lc 8,8). Siamo lungi dalle cose materiali. Impassibile è la divinità, o uomini! Colui che senza alterazioni ha generato la prima volta secondo la natura, senza alterazioni genera lo stesso Figlio anche la seconda volta secondo l’economia [della salvezza]. Ne è testimone David, l’antenato divino, quando dice: Il signore mi ha detto: Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato (Ps 2,7). Ma quell’oggi non ha luogo nella generazione eterna, perché questa è al di fuori del tempo.

       Oggi è stata edificata la porta orientale, per la quale Cristo entrerà e uscirà (Ez 44,3), e chiusa rimarrà questa porta (Ez 44,2), nella quale è Cristo, «porta delle greggi»; il suo nome è Oriente (Za 6,12): per esso abbiamo ottenuto accesso al Padre, principe di luce.

       Oggi hanno soffiato le brezze, annunciatrici di gioia universale. Si rallegri in alto il cielo e gioisca quaggiù la terra (Ps 96,11), frema il mare del mondo! Vi è nata infatti una conchiglia che, per opera della luce celeste della divinità, concepirà nel seno e partorirà una perla preziosissima: il Cristo. Da essa il re della gloria (Ps 24,7-9 Ps 24,10), rivestito della porpora della carne, che, dopo essersi trattenuto fra i prigionieri (Is 61,1 Lc 4,18), ne proclamerà la liberazione ().

       Esulti la natura: viene infatti al mondo l’agnello, con cui il pastore rivestirà il gregge e strapperà le tuniche dell’antica mortalità. Danzi in coro la verginità, perché è nata una Vergine che, secondo Isaia, concepirà e darà alla luce un figlio, che sarà chiamato Emanuele, vale a dire Dio con noi (Is 7,17 Mt 1,23). Imparate, Nestoriani, e arrendetevi, perché Dio è con noi. Non un uomo, non un messaggero, ma il Signore in persona verrà e ci salverà (Is 63,9).

       Benedetto colui che viene nel nome del Signore (Ps 118,26); il Signore è Dio, e ci ha illuminato (Ps 118,27). Facciamo festa () per la nascita della Madre di Dio. Rallegrati, Anna, sterile, che non hai partorito; prorompi in grida di gioia e di esultanza, tu che non hai sofferto le doglie del parto (Is 54,1). Gioisci, Gioacchino, perché dalla [tua] figlia ci è nato un bambino, un figlio ci è stato donato, che sarà chiamato Angelo del gran consiglio, cioè della salvezza universale, Dio potente (Is 9,5).

       Si vergogni Nestorio, e taccia. Il figlio è Dio; e come non sarebbe Madre di Dio colei che l’ha generato? Se qualcuno non riconosce Madre di Dio la santa Vergine, è fuori dalla divinità (Gregorio di Nazianzo). Non è mia l’affermazione, anche se mio è il pensiero: l’ho infatti ricevuta, come eredità sacrosanta, dal padre Gregorio il Teologo.

       Coppia beata, Gioacchino ed Anna, e del tutto immacolata! Dal frutto del vostro seno siete stati riconosciuti, come dice in qualche modo il Signore: Dai loro frutti li riconoscerete (Mt 7,16). Avete vissuto in modo gradito a Dio e degno di colei che da voi nacque. Dopo aver vissuto in castità e purezza, avete prodotto il gioiello della verginità, colei che [rimase] vergine prima del parto, vergine durante il parto, vergine dopo il parto; la sola sempre vergine di spirito e d’anima e di corpo.

       Conveniva, infatti, che la verginità germogliata dalla castità, producesse l’unica e unigenita luce, corporalmente, per la benevolenza di colui che l’ha generata senza corpo: l’essere che non genera, ma è sempre generato, la cui sola peculiarità sostanziale è di essere generato.

       Da quali meraviglie, e da quali concordanze è nata questa figlioletta! Una procreazione dalla sterilità, una verginità che partorisce, un’unione di divinità e di umanità, di sofferenza e d’impassibilità, di vita e di morte, perché in tutte le cose vinca la forza migliore. E tutto questo per la mia salvezza, o Signore! Mi hai talmente amato, infatti, da non realizzare questa né per mezzo degli angeli né di alcuna creatura, ma da compiere tu stesso, come la prima creazione, anche la rigenerazione. Allora io esulto e mi glorio e gioisco; di nuovo ritorno alla fonte delle meraviglie e, trasportato dal torrente della letizia, vibro ancora la cetra dello Spirito e canto un inno divino in onore della Natività.

       Gioacchino ed Anna, coppia castissima di tortore (Lv 5,7 Lv 12,8 Lc 2,24) spirituali! Per aver rispettato la legge della natura, la castità, vi siete dimostrati degni di ciò che è al di sopra della natura: avete messo al mondo, infatti, una Madre di Dio senza marito. Dopo aver vissuto in pietà e purezza nella natura umana, avete generato una figlia che è al di sopra degli angeli e che regna adesso sugli angeli.

       O figlioletta graziosissima e dolcissima; giglio fra le spine (Ct 2,1 Ct 2,2), nato dalla nobilissima e regalissima stirpe di David! Per te la regalità si è arricchita del sacerdozio. Per te si è compiuto un mutamento della legge (He 7,12), e si è rivelato lo spirito nascosto sotto la lettera, poiché la dignità sacerdotale è passata dalla tribù di Levi a quella di David. Rosa sbocciata dalle spine dei Giudei, che d’un profumo divino hai riempito l’universo! Figlia di Adamo e Madre di Dio! Beati i fianchi e il ventre da cui sei nata! Beate le braccia che [ti] hanno sorretto e le labbra che hanno gustato i tuoi casti baci; solo quelle dei genitori, perché in tutto e sempre tu rimanessi vergine.

       Oggi è l’inizio della salvezza per il mondo. Terra tutta, acclamate al Signore, gridate, esultate e cantate di gioia (Ps 98,4). Fate udire la vostra voce, alzatela, senza timore (Is 40,9), perché ci è nata nella santa Probatica la Madre di Dio, dalla quale si è degnato di nascere l’Agnello di Dio che prende su di sé il peccato del mondo.

       Saltate di gioia, montagne (Ps 114,4), nature dotate di ragione e protese verso il vertice della contemplazione spirituale. Infatti è sorto, splendente, il monte del Signore, che oltrepassa e supera ogni collina e ogni montagna, l’altezza degli angeli e degli uomini; da esso, senza mano umana, si è degnata di staccarsi la pietra angolare, Cristo, l’unica Persona, che unisce ciò che è diviso, divinità e umanità, angeli e uomini, i pagani e l’Israele secondo la carne in un solo Israele spirituale (1Co 10,18).

       Monte di Dio, monte rigoglioso! Monte opulento, monte rigoglioso, il monte sul quale Dio si è degnato di risiedere! (Ps 68,17). I carri di Dio sono miriadi (Ps 68,18), [pieni] di coloro che abbondano della grazia divina, cioè Cherubini e Serafini. Cima più sacra del Sinai, coperta non da foschia- né dall’oscurità né dalla tempesta né dal fuoco spaventoso, ma dal raggio luminoso del santissimo Spirito. Ivi, infatti, il Logos di Dio con lo Spirito, come con un dito, scrisse la legge su tavole di pietra; qui, per opera dello Spirito Santo e del sangue di lei (Lc 1,35), il Logos in persona si è incarnato e si è offerto alla nostra natura come rimedio più efficace di salvezza. Lì la manna; [qui] colui che dona la dolcezza della manna (Sg 16,21).

       Si pieghi, di fronte alla dimora vivente e spirituale di Dio, la dimora insigne edificata da Mosè nel deserto con materiale prezioso e di ogni specie, e prima di questa quella del padre Abramo. Essa non ospitò la potenza di Dio, ma realmente la Persona del Figlio, e anche Dio. L’arca tutta d’oro e l’urna d’oro in cui era custodita la manna e il candelabro e la tavola e tutti gli oggetti [di culto] antichi, riconoscano di non essere paragonabili ad essa. Furono onorati come una prefigurazione di questa, come ombre del vero prototipo.

       Oggi il Creatore dell’universo, il Logos divino, ha composto un libro nuovo, che il Padre ha effuso dal cuore, perché fosse scritto con la lingua di Dio, lo Spirito, come con una canna (Ps 45,2); esso fu consegnato ad un uomo che conosceva la scrittura, ma non lo lesse. Giuseppe non riconobbe Maria né la potenza del mistero stesso. O figlioletta santissima di Gioacchino e di Anna, sottratta ai Principati e alle Potenze, e alle frecce infuocate del Maligno (Ep 4,16); vissuta nella stanza nuziale dello Spirito e rimasta immacolata, per [diventare] sposa di Dio e Madre di Dio per natura! Figlioletta santissima, che appari fra le braccia materne e fai spavento alle potenze ribelli! Figlia santissima, allattata dal seno e circondata di angeli! Figlia cara a Dio, gloria di coloro che ti hanno generato; generazioni di generazioni ti chiamano beata, come veracemente hai affermato! Figlia degna di Dio, bellezza della natura umana, correzione della progenitrice Eva! (2Tm 3,16). Grazie alla tua nascita, colei che è caduta si è risollevata, o figlia santissima, onore delle donne! Se la prima Eva, trasgredì e per lei entrò la morte (Rm 5,12), per aver servito il serpente contro il progenitore; Maria invece, fattasi serva della volontà divina, ha smentito il serpente mentitore e ha introdotto nel mondo l’immortalità.

       O figlia sempre vergine, che non hai avuto bisogno di un uomo per concepire! Ha un Padre eterno colui che da te è stato concepito. Figlia uscita dalla terra, che hai tenuto il Creatore nelle braccia divinamente materne! I secoli erano in contesa, su quale sarebbe stato onorato dalla tua nascita; ma la volontà prestabilita di Dio, che ha creato i secoli (He 1,2), pose termine alla loro contesa, e gli ultimi divennero i primi, per l’onore della tua nascita.

       Sei divenuta, in realtà, più preziosa di ogni creatura. Da te sola il Creatore ha ricevuto in eredità le primizie della nostra materia. La sua carne dalla tua carne, il sangue dal tuo sangue; Dio ha succhiato il latte delle tue mammelle, e le tue labbra hanno toccato le labbra di Dio.

       Meraviglie inafferrabili e inesprimibili! Il Dio dell’universo dopo averti riconosciuto degna fin da principio, ti ha amato e, dopo averti amato, ti ha predestinato: nella pienezza dei tempi (1P 1,20) ti ha chiamato all’esistenza, proclamandoti Madre perché generassi Dio e nutrissi il suo proprio Figlio e Logos (Rm 8,29-30).

       I contrari dunque, dicono, sono rimedi per i contrari; non dai contrari, però [derivano] i contrari. Anche se la natura di ciascun essere è intessuta di contrari, prevale ciò da cui è nata. Come il peccato, procurandomi la morte mediante il bene, è peccaminoso all’eccesso, così l’autore dei beni, per mezzo dei contrari, opera per noi quel che è naturale. Dove si è moltiplicato il peccato, infatti, ha sovrabbondato la grazia (Rm 5,20). Se avessimo conservato l’originaria comunione con Dio, non ne avremmo meritato una più grande e più strepitosa. Ora, per effetto del peccato siamo stati stimati indegni della primitiva unione, non avendo conservato quel che avevamo ottenuto. Ma per misericordia di Dio siamo stati perdonati e protetti, perché sicura diventasse la comunione. Chi ci ha protetti è in grado di assicurare l’unione perpetua.

       Quando tutta la terra, infatti, per aver fornicato si prostituì (Os 1,2), anche il popolo del Signore, per lo spirito di fornicazione (Os 4,12), si allontanò dal Signore suo Dio, da colui che l’aveva riconquistato con mano potente e braccio elevato (Ex 13,14) e con segni e portenti l’aveva tratto fuori dalla dimora di schiavitù (Ps 136,12 Dt 4,34) del Faraone, facendolo passare attraverso il Mar Rosso e guidandolo di giorno con una nube e per tutta la notte con un bagliore di fuoco (Ps 78,14). E il loro cuore rimpianse l’Egitto; e il popolo del Signore diventò il non popolo del Signore (Os 2,23 Rm 9,25): dopo esser stato perdonato, divenne il non perdonato e, dopo essere stato amato, il non amato.

       Per questo è data adesso alla luce una Vergine, nemica della fornicazione avita; è promessa in matrimonio a Dio stesso e genera la misericordia di Dio. Ed è confermato popolo di Dio quello che prima non era il suo popolo; quello che era stato privato del perdono, viene perdonato e, mentre non era amato, è amato. Da lei nasce il Figlio di Dio, il diletto, nel quale si è compiaciuto (Mt 3,17 Mt 12,18).

       Vite ricca di tralci (Os 10,1 Ps 128,3) è sbocciata da Anna ed è germogliato un grappolo di dolcezza, sorgente di nettare che zampilla nella vita eterna per i nati dalla terra. Gioacchino ed Anna seminarono per loro stessi secondo giustizia e raccolsero un frutto di vita (Os 10,12). Si illuminarono della luce della conoscenza, cercarono il Signore e nacque loro un frutto di giustizia ().

       Prenda coraggio la terra: figli di Sion, rallegratevi nel Signore Dio vostro, perché è fiorito un deserto (Jl 2,21-23); una sterile ha generato il suo frutto. Gioacchino ed Anna, come montagne spirituali, hanno stillato dolcezza (Jl 4,18 Am 9,13). Rallegrati, Anna beata, di aver partorito una femmina! Questa femmina, Madre di Dio, porta di luce, fonte di vita, cancella anche la colpa delle donne.

       Il volto di questa donna cercheranno i ricchi del popolo (Ps 45,13). Questa donna venereranno re di popoli, offrendo doni. Questa donna condurrai a Dio, il re universale, rivestita dell’ornamento delle virtù come di frange d’oro e adorna della grazia dello Spirito, con la sua gloria interiore (Ps 45,14). Mentre la gloria di ogni donna è il marito che le è accanto esternamente, la gloria della Madre di Dio, invece, è all’interno, il frutto del seno.

       O donna amabilissima, tre volte beata! Tu sei benedetta fra le donne, e benedetto è il frutto del seno tuo (Lc 1,42). O donna, figlia del re David e Madre del re universale, Dio. O divina vivente immagine, nella quale Iddio creatore si è compiaciuto (Is 62,5 Is 65,19 Ps 104,31), che hai un’anima governata da Dio e fiduciosa in Dio solo, e rivolgi ogni desiderio verso l’unico essere desiderabile e degno di amore, mentre ti sdegni solo del peccato e di chi lo ha concepito. Avrai una vita che trascende la natura. Non per te stessa l’avrai, come non per te stessa sei nata. L’avrai dunque per mezzo di Dio, grazie al quale sei venuta alla vita, in virtù del quale servirai alla salvezza universale, perché si compia per opera tua l’antico piano di Dio (Is 25,1): l’incarnazione del Logos e la nostra divinizzazione.

       La tua vocazione è di nutrirti con le parole divine e di saziartene, come l’ulivo fertile nella casa di Dio (Ps 51,10), come un albero piantato presso i corsi delle acque (Ps 1,3) dello Spirito, come un albero di vita che ha prodotto il suo frutto nel tempo assegnatogli (Ap 22,2), Dio incarnato, la vita eterna di tutti gli esseri; tu che hai ogni pensiero ricco e utile per l’anima, e respingi, prima di assaggiarli, tutti quelli superflui e dannosi. Gli occhi sono rivolti continuamente verso il Signore (Ps 24,15), contemplando una luce eterna e inaccessibile (1Tm 6,16). Le orecchie ascoltano la parola divina e si ricreano con la cetra dello Spirito; attraverso di esse il Logos è entrato per farsi carne. Le narici s’inebriano del profumo dei balsami dello sposo, che è balsamo divino versato spontaneamente come unguento della sua umanità: un profumo versato fino in fondo è il nome tuo (Ct 1,2), dice la Scrittura. Le labbra lodano il Signore e si congiungono alle sue labbra. La lingua e le corde vocali distinguono le parole di Dio e si riempiono di divina dolcezza (Ps 119,103). Cuore puro e immacolato, che vede e brama Dio l’immacolato.

       Ventre in cui l’infinito ha preso dimora, seno di latte che hai nutrito Dio, il bambino Gesù! Porta di Dio sempre inviolata! (Ez 44,2). Mani che portate Dio, e ginocchia, trono più alto dei Cherubini: grazie ad esse si rinsaldarono le mani fragili e le ginocchia vacillanti (Is 35,3). Piedi, che siete guidati dalla legge di Dio come da una lucerna accesa (Ps 119,105) e correte dietro a lui senza voltarvi, fino ad essere attratti verso colei che ama l’amato (Ct 1,4 Ct 3,4).

       Sei tutta stanza nuziale dello Spirito; tutta città del Dio vivente, rallegrata dai ruscelli del fiume (Ps 46,5), le onde dei carismi del santo Spirito; tutta bella, tutta accanto (Ct 4,7) a Dio. È lei che, al di sopra dei Cherubini, più in alto dei Serafini, accanto a Dio, ha meritato questi titoli!

       O meraviglia sopra tutte le meraviglie: una donna si è trovata al di sopra dei Serafini, perché Dio è apparso abbassato un poco al di sotto degli angeli (Ps 8,6)! Taccia il sapientissimo Salomone, e non dica: Nulla di nuovo sotto il sole (Qo 1,9). O Vergine piena di grazia divina, tempio santo di Dio, che il Salomone spirituale, il principe della pace ha costruito e abitato, abbellito non dall’oro, non da pietre senza vita, ma, invece dell’oro, risplendente dello Spirito. Al posto di pietre preziose, hai la perla inestimabile, Cristo, il carbone della divinità (Is 6,6-7). Scongiuralo di toccarci le labbra affinché, una volta purificati, inneggiamo a lui insieme al Padre e allo Spirito, gridando: Santo, santo, santo il Signore degli eserciti (Is 6,3), unica natura divina in tre Persone.

       Santo è Dio, il Padre, che si è compiaciuto che in te e da te fosse adempiuto il mistero da lui stabilito prima dei secoli (1Co 2,7).

       Santo il possente, il Figlio di Dio e Dio l’unigenito, che oggi ti ha fatto nascere, primogenita di una madre sterile affinché, essendo unigenito del Padre e primogenito di tutta la creazione (Col 1,15), da te nascesse unigenito di una Vergine Madre, primogenito di molti fratelli (Rm 8,29), simile a noi, partecipe per opera tua della carne e del sangue (He 2,14). Però non ti ha fatto nascere da un solo padre o da una sola madre, perché a lui solo spettasse di essere unigenito in senso assoluto: è lui, infatti, il solo unigenito di un solo padre e l’unico di una sola madre.

       Santo l’immortale, il santissimo Spirito, che con la rugiada della sua divinità non ti ha fatto consumare dal fuoco divino. Ciò, infatti, prefigurava il roveto di Mosè (cf. Ex 3,1ss).

       Ti saluto, Probatica, recinto santissimo della Madre di Dio. Ti saluto, Probatica, dimora avita della regina. Ti saluto, Probatica, antico ovile per le pecore di Gioacchino, adesso chiesa - imitatrice del cielo - per il gregge spirituale del Cristo. Tu che un tempo accoglievi una volta all’anno l’angelo di Dio, che agitava le acque e guariva uno solo, liberandolo dalla malattia che lo affliggeva (Jn 5,4); ora hai, invece, moltitudini di potenze celesti che glorificano con noi la Madre di Dio, l’abisso delle meraviglie, la fonte della guarigione universale. Non un angelo servitore hai accolto, ma uno del gran consiglio, disceso senza strepito sul vello come una pioggia di bontà (Is 9,5 Ps 71,6), che ha ristabilito tutta la natura malata e protesa alla rovina in una salute incorruttibile e in una vita senza vecchiaia: per opera sua chi era paralitico in te è balzato su come un cervo (Is 35,6 Ac 3,7). Ti saluto, Probatica preziosa: che la tua grazia diventi più grande.

       Ti saluto, Maria, figliola dolcissima di Anna; verso di te mi attrae nuovamente l’amore. Come rappresenterò il tuo incedere maestoso, come la veste? Come la bellezza del tuo viso? Come il saggio pensiero in un corpo ancora giovane? L’abbigliamento era modesto, alieno da ogni sfarzo e mollezza. Un’andatura solenne e imperturbabile e priva di ogni indolenza. Un carattere austero, permeato di gaiezza, riservato verso gli uomini, come dimostra la paura di fronte all’inatteso annuncio dell’angelo (Lc 1,29).

       Ai genitori obbediente e sottomessa; un animo umile pur fra le più sublimi contemplazioni; una parola gioiosa che scaturiva da un’anima affabile: e che altro, in definitiva, se non una degna dimora di Dio? A giusto titolo tutte le generazioni ti chiamano beata, come eletta gloria dell’umanità (Lc 1,48). Tu onore dei sacerdoti, speranza dei cristiani, pianta feconda della verginità: è per merito tuo, infatti, che si è diffuso il valore della verginità. Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo seno (Lc 1,42). Coloro che ti confessano Madre di Dio sono stati benedetti, quelli che lo negano maledetti.

       O sacra coppia, Gioacchino ed Anna, accogli da parte mia questo discorso di anniversario. O figlia di Gioacchino ed Anna e regina, accogli la parola di un servo peccatore, ma che arde d’amore ed ha in te la sola speranza di gioia, la protettrice della vita e, presso tuo Figlio, una mediatrice e una caparra sicura di salvezza. Possa tu disperdere il fardello dei peccati e dissipare la nube che ottenebra il mio spirito e la sporcizia che si è accumulata; possa far cessare le tentazioni, guidare felicemente la vita e condurmi per mano verso la beatitudine celeste; possa concedere al mondo la pace e a tutti gli abitanti ortodossi di questa città una gioia perfetta e la salvezza eterna, per le preghiere dei tuoi genitori e di tutto il corpo della Chiesa.

       Così sia, così sia! Salve, piena di grazia, il Signore è con te; tu sei benedetta fra le donne e benedetto è il frutto del tuo seno (Lc 1,28 Lc 1,42), Gesù Cristo il Figlio di Dio. A lui la gloria con il Padre e lo Spirito Santo per gli infiniti secoli dei secoli. Amen.

       Giovanni Damasceno, In Nativit. B.V.M., 1-12


2. Catechesi dello stesso Neofito per l’augusta e santa Natività dell’Immacolata vergine Madre di Dio

       Oggi, come vedete, ci è nata una scala divina, che tocca il cielo e al cielo eleva l’umano: diamo perciò gloria a Dio e prepariamoci a salire. Ci è nato un ponte vivente gettato da Dio: spogliamoci dunque di ogni contaminazione di carne e di spirito e di ogni bruttura della vita, e prepariamoci ad una traversata senza ritorno. Ci è nata una porta celeste, per la quale passerà - Lui solo sa come - unicamente il Re del cielo, lasciandola chiusa; per la quale inoltre furono aperte le porte dei cieli: affrettiamoci dunque a deporre i bagagli dei nostri peccati ed ogni grossezza, perché stretta è la porta e inaccessibile a tali bagagli e grossezze, ed angusta è la via che conduce alla vita (Mt 7,14). Ci è nato uno splendore solare e una lucentissima luna, che ci chiama alla luce senza tramonto: deponiamo dunque le opere delle tenebre (Rm 13,12) - nulla è più tenebroso del peccato, che si fa nelle tenebre e procura, a quanti lo fanno, tenebre cupe - e indossiamo le armi della luce () per seguirla, da essa illuminati: io sono la luce del mondo - dice il Signore - e chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita (Jn 8,12). Ci è nata una Regina incoronata da Dio, che ci invita ai regni celesti: prepariamo doni al Re delle virtù. Ci è nata una sposa immacolata, che ci raduna per i talami del cielo: nessuno di noi sia dunque coperto dei cenci di opere illecite, nessuno senza veste nuziale osi entrare lassù, per non venire scoperto, cacciato con vergogna da quella stanza di nozze e privato dei beni nei quali persino gli angeli bramano fissare lo sguardo; e non soltanto essere privato di tali e tante cose belle, ma venir gettato fuori, legato mani e piedi, dalla sala nuziale; e non semplicemente gettato fuori, ma buttato in catene nel fuoco eterno: ivi - è detto sarà pianto e stridore di denti (Mt 22,13). Ciò volle significare il Signore, quando a quel cencioso, che non indossava la veste nuziale ed era entrato nella splendida sala di nozze, chiese: Amico, come sei entrato qui senza l’abito di nozze? (Mt 22,12-13). E il Re, che è anche Sposo, ordinò ai servi: Legatelo mani e piedi - appunto perché non indossava la veste di nozze - e gettatelo fuori nel buio: ivi sarà pianto e stridore di denti.O Cristo, Re e Sposo, fa’ che noi tutti siamo preservati da tale sventura, per l’intercessione e le preghiere di Colei che oggi è nata, Madrevergine e Sposa, ed entrando in quel banchetto di nozze, possiamo godere della tua gloria, o Sposo di splendente bellezza!

       Neofito il Recluso, Inediti, «Marianum», nn. II-IV, 1974, pp. 297-299


3. La gloria della Madre di Dio

       Nascesti immacolata, o Vergine intemerata; concepisti ineffabilmente, il tuo frutto è meraviglioso, o sposa illibata: era tutto Dio che rigenerava tutto me.

       Esultino oggi gli angeli; i figli di Adamo danzino e intreccino canti, perché è nata quella verga, sulla quale germoglierà il fiore Cristo, unico Redentore di Adamo.

       Il tuo ventre è una mensa sacra: è rimasta, o Vergine, la tua castità inviolata, come prima del parto. Cristo, sole brillante, è uscito da te, come sposo dal talamo (Ps 18,6).

       Cantiamo la tua sacra nascita; ma, sposa di Dio, sposa e vergine, onoriamo anche la tua maternità senza seme; danzano con noi gli angeli e i santi.    

       Sei un turibolo d’oro: nel tuo seno ha preso stanza, dallo Spirito Santo, il fuoco del Verbo; e da te, vergine Madre di Dio, venne a noi in forma umana.

       Gioacchino e Anna sono stati liberati dalla vergogna della sterilità e Adamo ed Eva dalla corruzione e dalla morte, per la tua nascita, o immacolata. E tutto il tuo popolo, liberato dalla condanna dei peccati, celebra la tua natività e grida: La sterile ha generato la Madre di Dio, nutrice della nostra vita.

       Tu sola, vergine dopo il parto, hai generato Dio. Tu col tuo parto, o Maria, hai rinnovato la natura; tu, vergine Madre di Dio, nel fior dei tuoi anni hai liberato Eva dalla maledizione.

       Andrea di Creta, Oratio XIV, in dormit. B.V.M., n. 1876





Lezionario "I Padri vivi" 218