Lezionario "I Padri vivi" 143

IV DOMENICA DI AVVENTO

143 Letture:
    
Mi 5,2-5
     He 10,5-10
     Lc 1,39-48a


1. La visita di Maria a Elisabetta

       I più buoni vanno dai meno buoni per procurare loro qualche vantaggio con la loro venuta. Così anche il Salvatore andò da Giovanni, per santificare il suo battesimo, e Maria, dopo aver udito il messaggio dell’angelo, cioè che stava per concepire il Salvatore e che la sua cugina Elisabetta era incinta, "si alzò e si recò in fretta alla montagna, ed entrò nella casa di Elisabetta" (Lc 1,39-40). Gesù, che era nel seno di lei, aveva fretta di santificare Giovanni che si trovava nel grembo della madre.

       Prima che venisse Maria per salutare Elisabetta, il fanciullo non «esultò nel seno»; ma non appena Maria ebbe pronunziata la parola che il Figlio di Dio, nel suo seno, le aveva suggerito, "esultò il fanciullo per la gioia", e da allora Gesù fece, del suo precursore, un profeta.

       Era necessario che Maria, che era quanto mai degna di essere madre del Figlio di Dio, salisse alla montagna dopo il colloquio con l’angelo, e dimorasse sulle vette. Per questo sta scritto: «In quei giorni Maria si alzò e si recò alla montagna».

       Doveva del pari, non essendo affatto pigra nel suo zelo, affrettarsi sollecitamente, e, ricolma di Spirito Santo, essere condotta sulle vette, essere protetta dalla potenza di Dio la cui ombra l’aveva già ricoperta.

       Venne dunque "in una città di Giuda, nella casa di Zaccaria e salutò Elisabetta. E accadde che quando Elisabetta udì il saluto di Maria, esultò il fanciullo nel suo seno ed ella fu ricolmata di Spirito Santo" (Lc 1,39-41).

       Non v’è perciò alcun dubbio che colei che fu allora ricolmata di Spirito Santo, lo fu a causa di suo figlio. Non fu infatti la madre a meritare per prima lo Spirito Santo; ma quando Giovanni, ancora chiuso nel seno materno, ebbe ricevuto lo Spirito Santo, Elisabetta, a sua volta, dopo la santificazione del figlio, «fu ricolmata di Spirito Santo». Potrai accettare questa verità quando saprai che qualcosa di simile è accaduto per il Salvatore. Si legge, come abbiamo trovato in molti esemplari, che la beata Maria ha profetato. Ma non ignoriamo che, secondo altri codici, fu Elisabetta a pronunziare anche queste parole profetiche. Maria fu dunque ricolmata di Spirito Santo dal momento in cui cominciò ad avere nel seno il Salvatore. Non appena ricevette lo Spirito Santo, creatore del corpo del Signore e il Figlio di Dio cominciò a vivere in lei, anche Maria fu ricolmata di Spirito Santo.

       Orbene, esultò il fanciullo nel seno di Elisabetta ed ella, ricolmata di Spirito Santo, "gridò a grande voce e disse: Tu sei benedetta tra le donne" (Lc 1,42). A questo punto, per evitare che gli spiriti semplici siano ingannati, dobbiamo confutare le abituali obiezioni degli eretici. Di fatto io non so chi si è abbandonato ad una tale follia da affermare che Maria fu rinnegata dal Salvatore, per essersi unita, dopo la nascita di lui, a Giuseppe; chi così ha parlato, risponda delle sue parole e delle sue intenzioni. Voi, se qualche volta gli eretici vi fanno una tale obiezione, dite loro per tutta risposta: proprio in quanto era stata ricolmata di Spirito Santo, Elisabetta disse: «Tu sei benedetta fra le donne». Se Maria è stata dunque dichiarata benedetta dallo Spirito Santo, in qual modo il Signore ha potuto rinnegarla? Quanto a coloro che hanno sostenuto che ella contrasse il matrimonio dopo il parto, non hanno prove per dimostrare la loro tesi; infatti i figli che erano attribuiti a Giuseppe, non erano nati da Maria, e non c’è alcun testo della Scrittura che lo affermi.

       "Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del ventre tuo. E donde a me la grazia che venga a me la madre del mio Signore?" (Lc 1,42-43). Dicendo: «Donde a me la grazia?», non mostra affatto di ignorare donde viene tale grazia, quasi che Elisabetta, ricolma di Spirito Santo, non sappia che la madre del Signore è venuta da lei obbedendo alla volontà di Dio, ma vuol dire: Che cosa ho fatto di buono? Quali grandi opere ho compiuto per cui la madre del Signore giunga fino a me? Per quale giustizia, per quali buone azioni, per quale fedeltà interiore ho meritato che la madre del mio Signore venga fino a me?

       "Ecco, appena il tuo saluto è giunto alle mie orecchie, il fanciullo ha trasalito di gioia nel mio seno" (Lc 1,44). L’anima del beato Giovanni era santa: ancora chiuso nel seno di sua madre e sul punto di venire al mondo, conosceva colui che Israele ignorava; per questo esultò, e non soltanto esultò, ma esultò nella gioia. Aveva compreso che il Signore era venuto per santificare il suo servitore, ancor prima che nascesse dal ventre materno.

       Voglia il cielo che capiti anche a me, che ho fede in tali misteri, di essere trattato da pazzo dagli increduli. I fatti stessi e la verità hanno dimostrato chiaramente che io ho creduto non ad una pazzia ma alla sapienza, perché ciò che è consideralo follia da costoro è per me motivo di salvezza.

       Se la nascita del Signore non fosse stata tutta celeste e beata, se essa non avesse avuto niente di divino e di superiore alla natura umana, la sua dottrina non si sarebbe affatto diffusa per tutta la terra. Se fosse stato soltanto un uomo colui che era nel seno di Maria, e non il Figlio di Dio, come poteva avvenire che in quel tempo ed anche ora venissero guarite non solo le più diverse malattie dei corpi, ma anche quelle delle anime? Chi di noi non è stato insensato, di noi che ora, per misericordia divina, abbiamo l’intelligenza e la conoscenza di Dio? Chi di noi non ha mancato di fede nella giustizia, di noi che ora, per mezzo di Cristo, possediamo e seguiamo la giustizia? Chi di noi non è stato nell’errore e nello sconforto, di noi che oggi, per l’avvento del Signore, non conosciamo più né esitazioni né turbamenti, ma siamo sulla via, cioè siamo in Gesù che ha detto: "Io sono la via" (Jn 14,6)?

       Origene, In Luc., 7, 1-6


2. L’anima magnifica il Signore

       "In quei giorni Maria si alzò e partì in fretta per la montagna verso una città della Giudea ed entrò nella casa di Zaccaria e salutò Elisabetta" (Lc 1,39-40). È di regola che tutti coloro che vogliono essere creduti, forniscano le prove. Così l’angelo che annunziava i misteri, per indurre a credere Maria con un esempio, aveva annunziato a lei, che era vergine, la maternità di una donna anziana e sterile, mostrando così che Dio può tutto ciò che vuole. Appena Maria ebbe appreso questa notizia, non certo per mancanza di fede nella profezia, né per incertezza sulla veridicità dell’annunzio, e neppure perché avesse dei dubbi su quel precedente che l’angelo le aveva riferito, ma lieta e sollecita per il compimento di un dovere, partì, frettolosa, alla volta della montagna. Ormai ricolma di Dio, dove poteva andare in fretta se non in alto? La grazia dello Spirito Santo non conosce lunghi indugi...

       Immediatamente si manifestano i benefici della venuta di Maria e della presenza del Signore: infatti, "appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, esultò il bambino nel seno di lei ed ella fu ricolma di Spirito Santo" (Lc 1,41).

       Nota la scelta e il significato anche delle singole parole. Elisabetta udì per prima la voce, ma Giovanni per primo sentì la grazia: la donna ha udito secondo l’ordine della natura, Giovanni invece ha trasalito nell’ambito del mistero; lei ha percepito l’arrivo di Maria, lui l’arrivo del Signore, la donna l’arrivo della donna, il bambino l’arrivo del bambino. Esse parlano delle grazie ricevute; essi, nel seno delle madri, realizzano la grazia e il mistero della misericordia a profitto delle madri stesse, le quali, per effetto di un duplice miracolo, profetizzano sotto l’ispirazione dei figli che recano nel seno. Il figlio ha esultato di gioia, la madre è stata riempita di Spirito Santo. Non la madre è stata ricolmata di Spirito prima del figlio, ma è stato il figlio che, una volta ricevuto lo Spirito Santo, ne ha riempito la madre.

       Giovanni ha esultato e ugualmente ha esultato lo spirito di Maria. Alla esultanza di Giovanni, Elisabetta è ricolma di Spirito Santo; quanto a Maria, apprendiamo che essa non è stata colmata ora dello Spirito Santo, ma che ora il suo spirito ha esultato - colui che è incomprensibile, opera in modo incomprensibile nella madre. Elisabetta è ricolma dello Spirito Santo dopo la concezione, mentre Maria ne è stata colmata prima della concezione...

       Tu vedi che Maria non ha dubitato, ma ha creduto, e ha ottenuto perciò la ricompensa della sua fede. «Beata» - dice Elisabetta - «tu che hai creduto».

       Ma anche voi siete beati, perché avete udito e avete creduto: ogni anima che crede, concepisce e genera la Parola di Dio e riconosce le sue opere. Che in ciascuno sia l’anima di Maria, per glorificare il Signore; che in ciascuno sia lo spirito di Maria per esultare in Dio. Se corporalmente c’è una sola madre di Cristo, secondo la fede Cristo è generato da tutti; ogni anima infatti riceve il Verbo di Dio in sé, purché, immacolata e immune da colpe, sappia custodire la castità con coraggio.

       Ogni anima, dunque, che sa esser così, magnifica il Signore, come l’anima di Maria l’ha magnificato e il suo spirito ha esultato in Dio salvatore. Il Signore è infatti magnificato, come tu hai letto altrove: "Magnificate il Signore con me" (Ps 33,4). E non nel senso che la parola umana possa aggiungere qualcosa alla grandezza del Signore, ma nel senso che egli viene magnificato in noi: infatti l’immagine "di Dio è Cristo" (2Co 4,4 Col 1,15), e quindi l’anima che compie opere giuste e pie magnifica questa immagine di Dio, a somiglianza della quale è stata creata. E magnificandola si sublima, e sembra riprodurre in sé quella immagine con lo splendore delle buone opere e l’emulazione della virtù. Cosi l’anima di Maria magnifica il Signore e il suo spirito esulta in Dio: fedele al Padre e al Figlio, venera di religioso amore il Dio unico da cui derivano tutte le cose, e l’unico Signore per mezzo del quale tutte le cose sono state fatte (1Co 8,6).

       Ambrogio, In Luc., 2, 19.22 s.26 s.


3. Maria visita Elisabetta

       Dopo aver ascoltato queste cose, la Vergine si recò alla casetta di Zaccaria, e trovata Elisabetta incinta, la salutò, e il bambino all’interno rispose. Per le orecchie della madre il saluto pervenne a quelle del feto, e poiché per i limiti di natura Giovanni non poteva usare la lingua, parlò in modo che la propria madre attraverso i suoi salti rispondesse con proprie parole alla madre del Salvatore.

       Infatti Elisabetta non potendo più trattenere il sussultare del figlio, ripiena di Spirito Santo, esclamò dicendo: "Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del ventre tuo"! (Lc 1,42). Tu, disse, benedetta che dissolvi la maledizione. Tu benedetta, che rechi il dono della sapienza. Tu benedetta, che porti nell’utero colui che ha passeggiato nel paradiso. Tu benedetta, il cui ventre è divenuto tempio santo. "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del ventre tuo!", dal quale sarà vinto il nemico, dal tempo in cui Adamo mangiò. Frutto benedetto, che è divenuto alimento e vestito del mondo.

       Antipatro di Bostra, De S. Ioanne, 12


4. Maria ha reso benedette in sé tutte le donne

       [Maria] allora si affrettò con premura verso la cognata Elisabetta. "Ed entrata in casa di Zaccaria, salutò Elisabetta", a imitazione dell’angelo. "E appena Elisabetta udì il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo ed Elisabetta fu ripiena di Spirito Santo" (Lc 1,40 Lc 1,41). Dunque la voce di Maria fu efficace, riempì Elisabetta di Spirito Santo: a mo’ di perenne fonte, per mezzo della lingua, emise un fiume di carismi profetici alla cognata: e, pur stando i piedini del feto stretti nell’utero, procurò il salto e l’esultanza. E ciò in verità era simbolo e segno del miracoloso tripudio. Infatti, quando venne la Piena di grazia, tutte le cose furono ripiene di gioia. Ed Elisabetta esclamò a gran voce, e disse: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del ventre tuo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?" (Lc 1,42 Lc 1,43). "Benedetta tu fra le donne". Tu senza dubbio fosti per le stesse principio di riparazione. Tu ci desti la fiducia di entrare in paradiso e fugasti l’antico dolore e lutto. Infatti, le donne dopo di te non vengono più disprezzate; giammai le figlie di Eva temeranno l’antica maledizione, né paventeranno le doglie del parto, poiché dal tuo santo utero uscì Cristo, Redentore del genere umano, Salvatore dell’intera creazione, Adamo spirituale, Medico della ferita dell’uomo terreno. "Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del ventre tuo!" Infatti, il tuo frutto divenne seme di tutte le cose buone. Invero, parole illustri sembrano anche queste della sterile Elisabetta; ma, a sua volta, ancor più illustri ne pronunciò la Santissima Vergine, la quale rese a Dio un cantico di grazie, di soave odore, pieno di teologia, annunciando cose nuove insieme con cose antiche, predicendo insieme con quelle dell’inizio del secolo quelle che accadranno alla consumazione dei secoli, esponendo sinteticamente in un breve discorso i misteri del Cristo.

       Pseudo Gregorio Taumaturgo, Hom., 2


5. Per una donna la morte, per una Donna la salvezza

       Elisabetta concepì un uomo, Maria un uomo: Elisabetta madre di Giovanni, Maria madre di Cristo: ma Elisabetta soltanto un uomo, Maria Dio e l’uomo. È meraviglioso come mai una creatura abbia potuto concepire il Creatore. Cosa richiede maggiore intelligenza, fratelli miei, che egli abbia assunto la carne dalla sola madre, o l’aver creato il primo uomo senza padre e senza madre? Quel primo uomo determinò la nostra caduta quando la donna, ad opera della quale siamo morti, accolse nel cuore i veleni del serpente. Infatti il serpente la convinse di peccato, e persuadendola fu ammesso il male. Se così quindi avvenne la nostra prima caduta, allorché la donna accolse nel cuore i veleni del serpente, non desti meraviglia che la nostra salvezza si sia operata allorché la Donna ha concepito nel suo grembo la carne dell’Onnipotente. Entrambi i sessi erano caduti, entrambi dovevano essere ricostituiti. Per la donna eravamo entrati nella morte, per la Donna ci è stata resa la salvezza.

       Agostino, Sermo 289, 2


6. Il natale di san Giovanni Battista

       Onde disse: "A che debbo cbe la madre del mio Signore venga a me?" (Lc 1,43). Umiltà grande, fratelli miei! La madre del Salvatore si recò dalla madre del Precursore. Giovanni salutava Cristo, ed entrambi non apparivano nella carne. Infatti Cristo era ospite del grembo di Maria, Giovanni era portato dal seno di Elisabetta. Alla fine, la stessa voce profetica, dalla persona di Cristo vaticinò, dicendo: "Prima di formarti nel grembo, ti conoscevo, prima che uscissi dal ventre, ti avevo santificato; ti ho stabilito profeta delle nazioni" (Jr 1,5). Beate sono siffatte madri che son divenute genitrici di santi! E sempre beate saranno quelle madri che meritarono di esser dette tali!

       Riconosciamo pertanto le nascite di entrambi e distinguiamo le mirabili generazioni dei due: uno da sterile, l’altro da vergine: la sterilità fu tramutata in fecondità, la verginità rimase dopo la fecondità: la sterile generò il Precursore, la Vergine generò il Giudice. Elisabetta generò Giovanni il battezzatore, Maria partorì Cristo Salvatore.

       Pseudo Agostino, Sermo Mai 45, 2 s.




DOMENICA DOPO NATALE: SANTA FAMIGLIA

145 Letture:
    
Si 3,3-7 Si 3,14-17a
     Col 3,12-21
     Lc 2,41-52


1. Gesù fra i dottori del tempio

       Compiuti i dodici anni, si ferma a Gerusalemme; i genitori, non sapendo dove fosse, lo cercano con inquietudine, e non lo trovano. "Lo cercano tra i parenti prossimi", lo cercano tra i compagni di viaggio, lo cercano tra i conoscenti, ma non lo trovano presso tutte queste persone. Gesù è dunque cercato dai genitori, dal padre putativo che lo aveva accompagnato e custodito quando era disceso in Egitto; e tuttavia, pur cercato, non è subito trovato. Non si trova infatti Gesù tra i parenti e gli amici secondo la carne, non sta tra coloro che sono uniti a lui corporalmente. Il mio Gesù non può essere trovato nella folla.

       Impara dove lo trovano coloro che lo cercano, in modo che anche tu, cercandolo insieme con Giuseppe e con Maria, lo possa trovare. Nel cercarlo - dice l’evangelista - "lo trovarono nel tempio". Non lo trovarono in un luogo qualunque, ma «nel tempio», e neppure semplicemente «nel tempio», ma "in mezzo ai dottori che egli ascoltava e interrogava". Cerca dunque anche tu Gesù «nel tempio» di Dio, cercalo in chiesa, cercalo presso i maestri che stanno nel tempio e non ne escono; se così lo avrai cercato, lo troverai. E inoltre, se qualcuno dice di essere un maestro e non possiede Gesù, egli ha soltanto il nome di maestro, ed è per questo che non si può trovare in lui Gesù, Verbo di Dio e sapienza di Dio.

       Lo trovano - dice - «in mezzo ai dottori». Come in un altro passo sta scritto a proposito dai profeti, nello stesso senso devi intendere ora le parole «in mezzo ai dottori». Dice l’Apostolo: "Se un altro che è seduto riceve una rivelazione da fare, il primo taccia" (1Co 14,30). Lo trovano «seduto in mezzo ai dottori», anzi mentre se ne sta non soltanto seduto, ma mentre «li ascolta e li interroga». Anche ora Gesù è presente, ci interroga e ci ascolta parlare.

       Il testo continua: "E tutti erano ammirati". Che cosa ammiravano? Non le domande che egli faceva, anche se esse erano straordinarie, ma le "risposte". Una cosa è infatti interrogare, un’altra rispondere.

       Gesù interrogava i maestri; ma siccome essi talvolta non erano capaci di rispondere, era lui a rispondere alle domande che egli stesso aveva poste. E poiché rispondere non significa soltanto parlare dopo chi ha parlato per primo, ma significa, secondo le sante Scritture, dare un insegnamento, ti auguro che sia la legge divina ad insegnartelo. "Mosè parlava, e Dio poi gli rispondeva con una voce" (Ex 19,19); con queste risposte il Signore istruiva Mosè sulle cose ch’egli ignorava. Di tanto in tanto Gesù interroga, di tanto in tanto risponde, e, come abbiamo detto prima, sebbene siano straordinarie le sue domande, tuttavia molto più straordinario è ciò che egli risponde. Se vogliamo dunque anche noi ascoltarlo, se vogliamo che egli proponga anche a noi delle domande che egli stesso risolverà, supplichiamolo, e cerchiamolo con tutta la fatica e il dolore: così potremo trovare colui che cerchiamo. Non a caso sta scritto infatti: "io e tuo padre addolorati ti cercavamo".

       È necessario che colui che cerca Gesù, lo cerchi non in modo negligente e trascurato e con impegno saltuario, come lo cercano alcuni che perciò non riescono a trovarlo. Per parte nostra invece diciamo: «ti cerchiamo addolorati».

       Origene, In Luc., 18, 2-5


2. «Noi ti cercavamo addolorati»

       Dice il Vangelo che «cresceva». Si era infatti "umiliato assumendo la natura del servo" (Ph 2,7), e con la stessa potenza con la quale «si era umiliato» cresce. Era apparso debole, perché aveva assunto un corpo debole, ed è proprio per questo che nuovamente si fortifica. Il Figlio di Dio si era umiliato e per questo è poi ricolmato di sapienza. «E la grazia di Dio era su di lui». Egli aveva la grazia di Dio non quando raggiunse l’adolescenza, non quando insegnava apertamente, ma anche quando era ancora fanciullo; e come ogni cosa in lui era ammirabile, così lo fu anche la sua fanciullezza, fino al punto da possedere la pienezza della sapienza di Dio.

       "Andavano dunque i suoi genitori, secondo la consuetudine, a Gerusalemme per celebrare il giorno della Pasqua. Gesù aveva dodici anni" (Lc 2,41-42). Osserva con attenzione che, prima di aver compiuto i dodici anni, era ricolmato della sapienza di Dio e degli altri doni di cui si parla nel Vangelo. Quando ebbe dunque compiuto - come abbiamo detto - i dodici anni, e furono celebrati, secondo il costume, i giorni della solennità, e quando i parenti erano sulla via del ritorno, "il fanciullo rimase a Gerusalemme senza che i suoi genitori se ne accorgessero" (Lc 2,43). Comprendi che qui c’è qualcosa di sublime che varca i limiti della natura umana. Infatti non «rimase» semplicemente mentre i suoi genitori non sapevano dove fosse; ma, allo stesso modo in cui nel Vangelo di Giovanni (cf. Jn 8,59 Jn 10,39) è detto che allorquando i Giudei lo insidiavano egli sfuggì di mezzo a loro senza farsi vedere, così credo che ora il fanciullo sia rimasto a Gerusalemme, mentre i suoi genitori non sapevano dove fosse rimasto. E non dobbiamo stupirci di sentir chiamare genitori coloro che avevano meritato il titolo di madre e padre, l’una per averlo partorito, e l’altro per la devozione paterna.

       Continua: «Noi ti cercavamo addolorati». Non credo che essi si siano addolorati perché credevano che il fanciullo si fosse perduto o fosse morto. Non poteva accadere che Maria, la quale sapeva di averlo concepito dallo Spirito Santo, che era stata testimone delle parole dell’angelo, della premura dei pastori e della profezia di Simeone, nutrisse il timore di aver perduto il fanciullo che si era smarrito. Si deve assolutamente scartare un simile timore dalla mente di Giuseppe al quale l’angelo aveva ordinato di prendere il fanciullo e di andare in Egitto, di Giuseppe che aveva sentito le parole: "Non temere di prendere Maria in sposa, perché colui che è nato da lei è frutto dello Spirito Santo" (Mt 1,20): non poteva temere di aver perduto il fanciullo, che sapeva essere Dio. Il dolore e la sofferenza dei genitori ci suggeriscono un senso diverso da quello che può intendere il lettore comune.

       Così come tu, se qualche volta leggi la Scrittura, ne cerchi il significato con dolore e tormento, non perché pensi che la Scrittura abbia sbagliato, oppure che essa contenga qualcosa di falso, ma perché essa ha in sé una verità spirituale e tu non sei capace di scoprire questa verità; ebbene è proprio in questo modo che essi cercavano Gesù, temendo che egli si fosse allontanato da loro, che li avesse abbandonati e fosse andato altrove, e che -questa soprattutto è la mia opinione - fosse tornato in cielo per discenderne di nuovo un’altra volta quando gli fosse piaciuto.

       «Addolorati», dunque, cercavano il Figlio di Dio. E cercandolo, non lo trovarono «tra i parenti». La famiglia umana non poteva infatti contenere il Figlio di Dio. Non lo trovarono tra i conoscenti, perché la potenza divina sorpassa qualsiasi conoscenza e scienza umana. Dove lo trovano dunque? «Nel tempio»; lì si trova infatti il Figlio di Dio. Quando anche tu cercherai il Figlio di Dio, cercalo dapprima nel tempio, affrettati ad andare nel tempio, ed ivi troverai il Cristo, Verbo e Sapienza, cioè Figlio di Dio.

       Siccome era ancora piccolo, è trovato «in mezzo ai dottori» mentre li santificava e li ammaestrava. Siccome, ripeto, era piccolo, egli sta «in mezzo» a loro, non insegnando, ma interrogando, e fa così perché noi, considerando la sua età, apprendiamo che ai fanciulli conviene - anche se sono sapienti ed eruditi - ascoltare i maestri piuttosto che voler insegnare loro, evitando cioè di mettersi in mostra con vana ostentazione. Interrogava i maestri - io dico - non per imparare qualche cosa, ma per istruirli interrogandoli. Dalla stessa sorgente della dottrina derivano infatti sia l’interrogare che il rispondere sapientemente; è caratteristica della stessa scienza sapere che cosa chiedere e che cosa rispondere. Era necessario che dapprima il Salvatore c’insegnasse come porre sagge domande, e poi come rispondere alle questioni secondo la sapienza e la Parola di Dio.

       Origene, In Luc, 19, 2-7


3. Crescere in età, sapienza e grazia

       Apprendiamo, figli, ad essere sottomessi ai nostri genitori. Qui il più grande si sottomette al più piccolo. Infatti, vedendo che Giuseppe è più anziano di lui, Gesù lo onora del rispetto che si deve a un padre, dando a tutti i figli un esempio di sottomissione al genitore, oppure, se sono orfani, a coloro che detengono l’autorità paterna.

       Ma perché parlo dei genitori e dei figli? Se Gesù, il Figlio di Dio, è sottomesso a Giuseppe e a Maria, io non dovrei essere sottomesso al vescovo che Dio mi ha dato per padre? Non dovrei essere sottomesso al sacerdote preposto dalla scelta del Signore?

       Penso che Giuseppe comprendeva che Gesù era a lui superiore, pur essendogli sottomesso; e, sapendo che il sottoposto era maggiore di lui, gli dava ordini con timore e moderazione. Rifletta ciascuno su tutto questo: spesso un uomo di poco valore è posto al di sopra di persone migliori di lui, e talvolta accade che l’inferiore vale di più di colui che sembra comandarlo. Se chi detiene elevate dignità comprenderà tutto questo, non si gonfierà d’orgoglio a causa del suo rango più alto, ma saprà che il suo inferiore può essere migliore di lui, nello stesso modo in cui Gesù era sottomesso a Giuseppe.

       Continua poi: "Maria conservava tutte queste parole nel suo cuore" (Lc 2,51). Ella sospettava che ci fosse qualche cosa che andava al di là dell’uomo. Per questo «conservava nel suo cuore tutte le parole di lui», non come le parole di un fanciullo di dodici anni, ma come le parole di colui che era stato concepito di Spirito Santo, di colui che ella vedeva "progredire in sapienza e in grazia agli occhi di Dio e degli uomini" (Lc 2,52).

       Gesù «progrediva in sapienza» e di anno in anno appariva sempre più sapiente. Forse che non era sapiente, così che doveva progredire nella sapienza? o piuttosto, "poiché si era annientato, prendendo la forma del servo" (Ph 2,7), riprendeva ciò che aveva perduto e si arricchiva della pienezza della virtù che sembrava aver abbandonato prima assumendo un corpo umano?

       «Progrediva» non soltanto «in sapienza», ma anche in età. C’è infatti anche un progresso nell’età. La Scrittura ci parla di due generi di età: l’età fisica che non è in nostro potere, ma dipende dalla legge della natura; e l’età spirituale che è veramente in nostro potere e nella quale, se lo vogliamo, possiamo crescere ogni giorno.

       Crescere e pervenire fino alla perfezione di essa: "Tanto da non essere più dei piccoli fanciulli fluttuanti in balia di ogni vento di dottrina" (Ep 4,14); ma, cessando di essere fanciulli, cominciare a divenire uomini e poter dire: "Divenuto uomo, ho fatto scomparire le cose che appartenevano all’infanzia" (1Co 13,11). Il progresso di questa età, che si risolve in una crescita spirituale, dipende da noi. Ma se non basta questa prima testimonianza, prendiamo da Paolo un altro esempio: "Fino a quando tutti noi perveniamo allo stato di uomo perfetto, alla misura dell’età e della pienezza del corpo di Cristo" (Ep 4,13). È dunque in nostro potere «pervenire alla misura dell’età del corpo di Cristo», e, se ciò è in nostro potere, lavoriamo con tutte le nostre forze a spogliare e a distruggere quel che in noi appartiene all’infanzia, per raggiungere le successive età e potere anche noi ascoltar queste parole: "Tu andrai in pace dai tuoi padri, avendo vissuto una buona vecchiaia" (Gn 15,15), -vecchiaia certamente spirituale, che è veramente la buona vecchiaia, vecchiaia canuta (Sg 4,8-9) e che raggiunge il suo fine in Gesù Cristo.

       Origene, In Luc., 20, 5-7




DOMENICA DOPO L’EPIFANIA: BATTESIMO DEL SIGNORE

149 Letture:
    
Is 42,1-4 Is 42,6-7
     Ac 10,34-38
     Lc 3,15-16 Lc 3,21-22


1. Il Battesimo di Gesù Cristo

       Per qual motivo diciamo che al Battesimo di Gesù Cristo è avvenuta la sua rivelazione? Perché non fu manifestato a tutti, quando nacque, ma quando fu battezzato; infatti, fino a questo momento egli era ignoto alla folla. E che la maggior parte della gente non sapesse chi egli fosse, lo si vede dalle parole del Battista: "Sta in mezzo a voi uno che non conoscete" (Jn 1,26). E che c’è di strano che non lo conoscessero gli altri quando lo stesso Battista, fino a quel giorno, non lo conosceva? Infatti dice: "Io non lo conoscevo; ma colui che mi ha mandato a battezzare con l’acqua mi ha detto: Quello su cui vedrai scendere e termarsi lo Spirito, è colui che battezza con lo Spirito Santo" (Jn 1,33). È chiaro, allora, che le apparizioni furono due; ma ora bisogna che diciamo perché Cristo abbia voluto il Battesimo e quale Battesimo abbia voluto. Dovete sapere, infatti, che c’era un battesimo ebraico, che lavava lo sporco dei corpi, ma non lavava i peccati, che sono nell’anima... La nostra espiazione non si limita a questo, è molto di più ed è piena di grazia: libera dal peccato, purifica l’anima e diffonde la grazia dello Spirito. Il battesimo di Giovanni, dunque, era di gran lunga superiore al battesimo ebraico, ma più povero del nostro. Fece quasi da ponte tra l’uno e l’altro, portò quasi per mano da quello a questo. Non era diretto a promuovere un’osservanza di purgazione fisica, ma esortava ad abbandonare il vizio per seguire la virtù e a riporre la speranza della salvezza non nei diversi battesimi e nelle abluzioni di acqua, ma nelle opere buone. Il Battista, infatti, non diceva: Lava le tue vesti, lava il tuo corpo e sarai puro, ma: "Fate frutti degni di penitenza" (Mt 3,8). E se tieni conto di questo, vedi che il battesimo di Giovanni era superiore al battesimo ebraico, ma inferiore al nostro, perché non dava lo Spirito Santo né la grazia santificante: comandava di far penitenza, ma non rimetteva i peccati. Perciò Giovanni diceva: "Io vi battezzo con l’acqua, ma lui vi battezzerà con lo Spirito Santo e col fuoco" (Jn 1,11). Allora Giovanni non battezza con lo Spirito.

       Vediamo ora quale sia stato il Battesimo ricevuto da Cristo e tutto sarà più chiaro. Quale fu il suo Battesimo? Non l’ebraico né il nostro, ma quello di Giovanni. Perché? Perché dalla stessa natura del Battesimo tu possa capire ch’egli non fu battezzato per motivo del peccato né perché gli mancasse la grazia dello Spirito, poiché l’una e l’altra cosa è assente in questo Battesimo. È chiaro perciò ch’egli si recò al Giordano né per ottenere la remissione dei peccati né per avere il dono dello Spirito. E perché nessuno dei presenti pensasse ch’egli fosse andato al Giordano per bisogno di penitenza, come tutti gli altri, senti la precisazione di Giovanni. Il quale, mentre diceva agli altri: "Fate frutti degni di penitenza" (Mt 3,8), a lui dice: "Sono io che devo essere battezzato da te, e tu vieni da me?" (Mt 3,14). Così dicendo dichiarò che il Cristo non era andato al battesimo per la stessa indigenza che spingeva gli altri, tanto più ch’egli era di gran lunga più puro dello stesso Battista. Perché, dunque, viene battezzato, se non si tratta né di penitenza né di remissione di peccati né di ricevere lo Spirito? Per due motivi: uno è indicato dal Battista, l’altro da Cristo. Qual è il motivo indicato dal Battista? Perché il popolo conoscesse e "credesse in colui che stava per venire dopo di lui" (Ac 19,4). Questo era il compito di quel Battesimo. Se, infatti, il Battista fosse andato di casa in casa e, tenendo Cristo per mano, lo avesse presentato dicendo: Questo è il Figlio di Dio, avrebbe reso una testimonianza faticosa e sospetta; se lo avesse presentato in una sinagoga, anche questa testimonianza sarebbe stata sospetta; invece il fatto che gente d’ogni parte fosse andata alle rive del Giordano e che Cristo vi fosse andato per essere battezzato e che sia stato raccomandato dalla voce del Padre e lo Spirito sia sceso su di lui, questo rende la testimonianza di Giovanni immune da ogni ombra di sospetto. Perciò egli dice: "Io non lo conoscevo" (Jn 1,31). Allora, la sua testimonianza è degna di fede. Poiché, anche se c’era tra Giovanni e Gesù una parentela - c’era infatti parentela tra le rispettive madri (Lc 1,36) -, perché questa non inficiasse la purità della testimonianza, lo Spirito dispose che Giovanni passasse la sua vita nel deserto, in modo che la sua testimonianza non fosse attribuita a interessi di parentela, amicizia o a qualsiasi altro umano motivo, ma a rivelazione del cielo. Perciò egli dice: "Io non lo conoscevo". E come lo hai conosciuto? "Colui che mi mandò a battezzare mi disse: Quello su cui vedrai scendere e fermarsi lo Spirito è lui che battezza con lo Spirito Santo" (Jn 1,33). Vedi, allora, che lo Spirito Santo è sceso, non come in un primo incontro, ma per additare con precisione a tutti colui che era annunziato. E anche per un altro motivo addotto da Giovanni stesso. Eccolo. A Giovanni che affermava d’aver lui bisogno d’essere battezzato da Cristo, egli disse: "Lascia stare; è bene che si osservi ogni giustizia" (Mt 3,14). Hai notato la modestia del servo? Hai notato la modestia del Padrone? E che cosa è "osservare ogni giustizia"? La giustizia è il compimento d’ogni legge, come quando è detto: "Erano ambedue giusti e camminavano nella via del Signore senza alcun lamento" (Lc 1,6). E nessuno ha mai osservato la Legge come Cristo. Ma qualcuno potrebbe dire: Che giustizia è mai essere battezzato? Invece, obbedire a un profeta è atto di giustizia: come fu circonciso e osservò i sabati e celebrò le feste giudaiche, così fece anche questo in obbedienza al profeta che battezzava. Se vuoi capire che il battesimo di Giovanni fosse volontà di Dio, senti Giovanni che dice: "Colui che mi ha mandato a battezzare con l’acqua" (Jn 1,33), e senti anche Cristo: "I pubblicani e il popolo, facendosi battezzare, diedero ragione a Dio; i Farisei e gli Scribi, rifiutando il battesimo, disprezzarono il suggerimento di Dio" (Lc 7,29).

       Se è giustizia obbedire a Dio e Dio mandò Giovanni a battezzare, Cristo ha adempito questo precetto.

       Crisostomo Giovanni, In Epiphan., 2-4


2. La sacra unzione a conclusione del battesimo

       Battezzati in Cristo e rivestiti di Cristo, siete diventati conformi al Figlio di Dio. Dio, che ci ha predestinato all’adozione, ci ha resi simili al corpo glorioso del Cristo. Partecipi dunque del Cristo (Unto), giustamente venite detti cristi (unti), perché di voi Dio ha detto: "Non toccate i miei cristi (unti)" (Ps 104,15). E siete diventati cristi (unti) perché avete ricevuto il simbolo che è pegno dello Spirito Santo. Tutto si è svolto in voi simbolicamente, perché voi siete immagine di Cristo. Anche lui, lavatosi nel fiume Giordano e comunicata all’acqua la fragranza della divinità, ne uscì e si compì in lui la venuta sostanziale dello Spirito Santo: il simile si posò sul simile. In modo simile anche a voi, usciti dal bagno, dalle sacre sorgenti, è stato dato il crisma, simbolo e pegno dell’unzione di cui fu unto Cristo. Questa unzione è lo Spirito Santo, di cui il beato Isaia, parlando a nome del Signore nella profezia che lo riguarda, disse: "Lo Spirito del Signore è su di me e perciò mi ha unto: mi ha mandato ad annunciare la buona novella ai poveri" (Is 61,1). Cristo non fu unto da uomini con olio o crisma materiali ma il Padre, costituitolo Salvatore di tutto il mondo, lo unse di Spirito Santo, come dice Pietro: "Gesù di Nazaret, che Dio ha unto di Spirito Santo" (Ac 10,38); e come esclamava il profeta David: "Il tuo trono, o Dio, resta nei secoli dei secoli: è scettro di rettitudine lo scettro del tuo regno. Hai amato la giustizia e hai odiato l’iniquità, per questo ti ha unto Dio, il tuo Dio, con l’olio di esultanza, al di sopra dei tuoi compagni" (Ps 44,7s). Come Cristo fu veramente crocifisso, sepolto, risuscitato, e voi, nel Battesimo, siete stati fatti degni di essere con lui crocifissi, sepolti e risuscitati simbolicamente; così è avvenuto anche della crismazione. Egli fu unto con l’olio spirituale dell’esultanza, cioè con lo Spirito Santo, chiamato olio di esultanza in quanto è fonte della gioia spirituale. Voi invece siete stati unti col crisma, diventando così partecipi e compagni del Cristo...

       Come Cristo dopo il Battesimo e dopo la discesa in lui dello Spirito Santo, uscì (nel deserto) e sconfisse l’avversario, così anche voi dopo il santo Battesimo e dopo la mistica unzione, indossata tutta l’armatura dello Spirito Santo, scendete in lotta contro la potestà avversa e la debellate dicendo: "Tutto posso in Cristo che mi rende potente" (Ph 4,13). Essendo stati ritenuti degni di ricevere questo sacro crisma, vi chiamate cristiani e con la vostra rinascita confermate il vostro nome. Prima di essere degni di questa grazia, infatti, non eravate propriamente degni di questo nome ma eravate sulla strada, vi avviavate ad essere cristiani.

       Cirillo di Gerusalemme, Catech. Mistag., 3, 1 s.4 s.


3. Battesimo e Spirito Santo

       Quando il Signore ricevette il Battesimo, i cieli si aprirono, "lo Spirito Santo discese" su di lui e una voce venuta dal cielo echeggiò come un tuono dicendo: "Questi è il mio Figlio diletto, in cui mi sono compiaciuto" (Lc 3,22). Si deve dunque dire che grazie al Battesimo di Gesù il cielo si è aperto, ed è stata accordata la remissione dei peccati non a colui "che non aveva commesso peccato e nella cui bocca non fu trovato inganno" (1P 2,22 Is 53,9), ma al mondo intero; grazie a lui i cieli si sono aperti e lo Spirito Santo è disceso. Il Signore, dopo "essere salito sulle vette trascinando prigioniera la schiavitù" (Ps 68,19 Ep 4,8), comunicò a noi lo Spirito che era venuto a lui, quello Spirito che ci ha donato una volta risuscitato dicendo: "Ricevete lo Spirito Santo. Colui al quale voi rimetterete i peccati, gli saranno rimessi, e colui al quale li riterrete, gli saranno ritenuti" (Jn 20,22-23).

       "Lo Spirito Santo discese" sul Salvatore "sotto forma di una colomba", l’uccello della dolcezza, simbolo dell’innocenza e della semplicità. Ecco perché a noi è ordinato di imitare "l’innocenza delle colombe" (Mt 10,16). Tale è lo Spirito Santo, puro, alato, che si innalza nei cieli.

       Origene, In Luc., 27, 5





Lezionario "I Padri vivi" 143