Lezionario "I Padri vivi" 16

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SOLENNITÀ DI MARIA SS. MADRE DI DIO


(1° gennaio)

       L’inizio dell’anno civile fu a Roma legato a festeggiamenti pagani di tipo carnevalesco. I cristiani si opposero decisamente a queste celebrazioni e attraverso il digiuno e la penitenza cercano di ripagare Dio per i peccati dei pagani commessi in questo giorno. Nei vecchi sacramentari romani troviamo formulari di Messa perquesto giorno che racchiudono la supplica per la difesa contro il ritorno all’idolatria.

       Insieme con il tramonto del paganesimo scompare il carattere remunerativo di questo giorno. La Chiesa celebra adesso, il primo gennaio, l’ottava del Natale, e le preghiere liturgiche assumono un aspetto mariano. Il capodanno diventa la prima festa mariana nella liturgia romana.

       Alcuni collegano l’introduzione della festa con la consacrazione della basilica di Santa Maria Antiqua al Foro Romano, altri vi vedono l’impatto con la liturgia bizantina. Il capodanno ha conservato il carattere mariano ancora nel Medioevo, e solamente sotto l’influsso della liturgia gallica l’ottava del Natale coglie le caratteristiche della festa della Circoncisione del Signore.

       Il nuovo messale romano torna alla vecchia tradizione: il capodanno diventa di nuovo la solennità della Santissima Vergine Maria, Madre di Dio.

       Il Concilio in Efeso (431) ha proclamato che Maria è la Madre di Dio - Theotokos - e la fede della Chiesa trova la sua espressione nelle preghiere del giorno di oggi. Maria ha concepito l’Unigenito Figlio di Dio per opera dello Spirito Santo e «sempre intatta nella sua gloria verginale ha irradiato sul mondo la luce eterna, Gesù Cristo nostro Signore», Datore della Vita. Maria è pervenuta ad una grande elezione, è stata dotata di privilegi particolari, ma tutti i doni li ha ottenuti in vista del suo ruolo nella storia della salvezza: ella porta al mondo il Salvatore. Maria, essendo Madre di Gesù quanto al corpo, è anche Madre del suo corpo mistico, è Madre della Chiesa: questo nuovo titolo è stato conferito a Maria durante il Concilio Vaticano II. I testi liturgici non si riferiscono all’inizio del nuovo anno, ma a Maria che medita nel suo cuore il mistero di Cristo e manifesta Cristo al mondo; essa indica ai credenti come devono vivere il dono del tempo.

       O Vergine Immacolata Madre di Dio, piena di grazia;
       il santo tuo seno portò l’Emmanuele;
       dalle tue mammelle stillò il latte
       alimento di tutti.

       Tu però superi ogni lode,
       tu sei al di sopra di ogni gloria.

       Salve, o Genitrice di Dio,
       gaudio degli angeli,
       che superi ogni pienezza di grazia
       predetta dai profeti.

       Il Signore è con te,
       che generasti la Salvezza del mondo.

       Liturgia Copta, Troparium copticum, EE n. 3032


1. Maria è Madre di Dio in senso proprio

       Noi proclamiamo, in senso assoluto, che la santa Vergine è propriamente e veramente Madre di Dio (Greg. Naz., Epist. 1 ad Cledon).

       Come, infatti, è Dio colui che è nato da lei, così, per conseguenza, è Madre di Dio, colei che generò il vero Dio che prese carne da lei. Noi diciamo che Dio, senza dubbio, è nato da lei, non già perché la divinità del Verbo trasse da lei il principio dell’esistenza; ma perché lo stesso Verbo, che è stato generato prima dei secoli, al di là di alcun tempo, ed esiste insieme col Padre e lo Spirito Santo senza inizio e da sempre, negli ultimi tempi si racchiuse nel seno di lei per la nostra salvezza, e col prendere la nostra natura umana da lei fu generato senza che mutasse la propria natura (divina).

       La santa Vergine, infatti, non generò un semplice uomo, ma il Dio vero; non puro spirito, ma rivestito di carne umana; né (questo avvenne) in modo tale che, portato il corpo dal cielo, venne a noi per mezzo di Maria, come attraverso un canale; ma prese da lei corpo umano della nostra medesima natura, che in lui sussistesse.

       Infatti, se il corpo è disceso dal cielo, e non è stato ricevuto dalla nostra natura, che gran bisogno c’era di farsi uomo?

       Il Verbo di Dio si rivestì, pertanto, della natura umana, affinché con la stessa natura che aveva peccato, ed era decaduta, corrompendosi, vincesse il tiranno che si era ingannato e così fosse ristabilito dalla corruzione, come l’apostolo del Signore dice: Poiché la morte entrò per mezzo dell’uomo, parimenti per l’uomo la risurrezione dei morti (1Co 15,21).

       Se resta vera la prima verità, certamente anche la seconda.

       Sebbene poi si usino queste parole: «Il primo Adamo, il terreno, (ha origine) dalla terra, il secondo Adamo, il Signore, dal cielo» (Greg di Naz. ), non indica che il suo corpo discendesse dal cielo, ma rivela che egli non è un semplice uomo. Infatti, come vedi, lo chiamò sia Adamo, che Signore, indicando insieme l’una e l’altra cosa.

       Adamo, in verità, vuol dire di origine terrena. Conviene, invero, che l’origine dell’uomo sia terrena, perché è plasmato dalla terra. Ma il nome del Signore, significa natura divina.

       E di nuovo così parla l’Apostolo: Dio mandò il suo Figlio unigenito nato da una donna (1Co 15,47). Non disse, per mezzo di una donna, ma da una donna.

       Perciò egli volle indicare che egli stesso era l’Unigenito Figlio di Dio e Dio stesso, che si è fatto uomo dalla Vergine, e parimenti che era stato generato dalla Vergine, colui che è Figlio di Dio e Dio stesso.

       Generato, invero, in quanto al corpo, vale a dire, per la ragione per la quale si è fatto uomo, così certamente, per non abitare prima in un uomo creato, come in un profeta, ma egli stesso si è fatto uomo veramente e sostanzialmente; cioè, nella sua unione personale fece sussistere la carne animata da uno spirito razionale ed intelligente, offrendo se stesso come «ipostasi» di lui.

       Questo è il significato che ha l’espressione nato da una donna.

       Infatti, a quale condizione lo stesso Verbo di Dio sarebbe divenuto sotto la legge, se l’uomo non fosse stato della medesima nostra sostanza?

      
       Giustamente dunque e veramente chiamiamo Maria la santa Madre di Dio.

       Questo nome, infatti, racchiude tutto il mistero della incarnazione.

       Poiché, se la Madre di Dio è colei che generò, certamente è Dio colui che è stato generato da lei stessa: e, senza dubbio, anche uomo.

       Infatti, chi avrebbe potuto far avvenire che Dio, che esisteva prima dei secoli, nascesse da una donna, se non si fosse fatto uomo?

       Colui, in effetti, che è Figlio dell’uomo, è necessario sia anche uomo.

       Poiché se chi è nato da una donna, è Dio, senza dubbio è l’unico e identico che è stato generato da Dio Padre, per il fatto che si addice alla divina sostanza non avere inizio, e che quella sostanza che ebbe inizio negli ultimi tempi ed è sottomessa al tempo, cioè alla sostanza umana, è nata dalla Vergine.

       E ciò vuol dire, invero, una sola Persona del nostro Signore Gesù Cristo, e due nature e due discendenze... e quel deleterio Nestorio dichiarò con lingua rabbiosa Deiforo (portatore di Dio) colui che nacque dalla Vergine.

       Ma sia lontana da noi questa affermazione, a tal punto che noi diciamo o pensiamo che è uscito da Dio, il Deiforo; anzi, è piuttosto lo stesso Dio incarnato (Ciril., lib. I cont. Nest.).

       Lo stesso Figlio di Dio, infatti, si è fatto uomo, fu concepito veramente dalla Vergine, ma Dio divenne quella natura umana che aveva deificata non appena essa fu assunta.

       Per la qual cosa tre cose divennero parimenti una sola, senza dubbio perché fu assunta, perché pre-esisteva e perché fu deificata dal Verbo.

       Di qui consegue che la Vergine santa, come Madre di Dio, sia capita e chiamata, non solo a causa della natura del Verbo, ma anche a motivo dell’umanità data alla divinità, poiché la concezione e l’esistenza furono compiute con un eccezionale prodigio, con la concezione, è vero, del Verbo, ma con la esistenza della carne nello stesso Verbo.

       E infatti, la stessa Madre di Dio al di sopra delle leggi della natura era sottomessa al formatore di tutte le cose, donde anche egli stesso fosse creato (formato), e al Dio creatore dell’universo, affinché con la divinità donando l’umanità assunta, egli si facesse uomo, mentre l’unione, nel frattempo, conservasse le nature (cose) unite tali quali erano state, cioè, non solo la divinità, ma anche la umanità del Cristo; e né soltanto quello che è al di sopra di noi, ma anche ciò che è nostro.

       Giovanni Damasceno, De fide orthod., 3, 12


2. Madre per opera dello Spirito Santo

       Che è nato per opera dello Spirito Santo da Maria Vergine.Questa fra gli uomini è nascita dovuta all’economia della salvezza, mentre quella è della sostanza divina: questa è di condiscendenza, quella di natura. Nasce per opera dello Spirito Santo da Maria Vergine: e certo a questo punto si richiedono più puri le orecchie le l’intelletto. Infatti a questi, che poco fa hai appreso nato indicibilmente dal Padre, ora apprendi che dallo Spirito Santo è stato preparato un tempio nel segreto del ventre verginale; e come nella santificazione dello Spirito Santo non si deve intendere nessuna fragilità, così anche nel parto della Vergine non si deve intendere alcuna corruzione. Ora infatti al mondo è stato dato un nuovo parto e non senza ragione. Chi infatti in cielo è unico Figlio, conseguentemente anche in terra è unico e nasce in modo unico. Su questo argomento sono a tutti note e riecheggiate nei Vangeli le parole dei profeti, i quali affermano che una vergine concepirà e partorirà un figlio (Is 7,14). E anche il meraviglioso modo del parto il profeta Ezechiele aveva anticipatamente indicato, definendo simbolicamente Maria porta del Signore, cioè attraverso la quale il Signore è entrato nel mondo. Dice pertanto così: La porta che guarda ad oriente sarà chiusa e non verrà aperta e nessuno vi passerà attraverso, perché proprio il Signore Dio d’Israele passerà attraverso questa porta e sarà chiusa (Ez 44,2). Che cosa di altrettanto evidente si sarebbe potuto dire della consacrazione della Vergine? Rimase in lei chiusa la porta della verginità, attraverso di essa il Signore Dio d’Israele è entrato in questo mondo, e attraverso di essa è venuto dal ventre della Vergine, e in eterno la porta della Vergine è rimasta chiusa poiché la verginità è stata preservata. Per tal motivo lo Spirito Santo è detto creatore della carne del Signore e del suo tempio.

       Comincia già da qui a comprendere anche la maestà dello Spirito Santo. Infatti riguardo a questo anche la parola del Vangelo afferma che, quando l’angelo parlò alla Vergine e le disse: Partorirai un figlio e gli darai nome Gesù: infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati, ed ella rispose: In che modo avverrà questo, dal momento che non conosco uomo, allora l’angelo di Dio le disse: Lo Spirito Santo verrà su di te e la potenza dell’Altissimo ti adombrerà: perciò ciò che da te nascerà santo sarà chiamato Figlio di Dio (Lc 1,31 Lc 1,34 Lc 1,35 Mt 1,21). Osserva dunque la Trinità che coopera scambievolmente. È detto rito Santo viene sulla Vergine e la potenza dell’Altissimo adombra. Ma qual è la potenza dell’Altissimo, se non proprio Cristo, che è potenza di Dio e sapienza di Dio? (1Co 1,24). Ma questa potenza di chi è? Dell’Altissimo, è detto. Perciò è presente l’Altissimo, è presente anche la potenza dell’Altissimo, è presente anche lo Spirito Santo. Questa è la Trinità, che dovunque è nascosta e dovunque appare, distinta nei nomi e nelle Persone, sostanza inseparabile della divinità. E benché soltanto il Figlio nasca dalla Vergine, tuttavia è presente anche l’Altissimo è presente anche lo Spirito Santo, perché venga santificato il concepimento della Vergine e il suo parto.

       Rufino di Aquileia, Expositio symboli, 8-9


3. Inno a Maria

       Salve, Madre di Dio, Maria, tesoro venerabile di tutto il mondo, lampada inestinguibile, corona della verginità, scettro della sana dottrina, tempio indissolubile, casa di colui che non può essere contenuto in nessuna casa, madre e vergine; per la quale è chiamato benedetto nei Vangeli colui che viene nel nome del Signore (Mt 21,9): salve, tu accogliesti nel tuo seno santo e verginale l’immenso e incontenibile, per te la santa Trinità è glorificata e adorata; per te la preziosa croce è celebrata e adorata in tutto il mondo; per te il cielo esulta, per te gli angeli e gli arcangeli si allietano, per te i demoni son messi in fuga, per te il diavolo tentatore cade dal cielo, per te la creatura decaduta vien portata al cielo; per te ogni creatura, irretita dal veleno degli idoli, giunge alla conoscenza della verità; per te il santo battesimo è stato dato ai credenti, per te l’olio della consacrazione, per te sono state fondate le Chiese in tutto il mondo, per te i popoli son guidati alla penitenza. E che dirò ancora? Per te l’unigenito figlio di Dio rifulse come luce a coloro ch’eran nelle tenebre; per te i profeti parlarono, per te i morti risorgono, per te gli apostoli annunziarono la salvezza, per te i re regnano in nome della santa Trinità. E chi mai potrà celebrare adeguatamente quella Maria degnissima d’ogni lode? Essa è madre e vergine; o cosa meravigliosa! Questo miracolo colma di stupore.

       Cirillo di Alessandria, Hom. 4, n. 1183


4. Cercare in Dio la felicità

       Quale vantaggio ricavate dal vostro lungo e continuo camminare per vie aspre (Sg 5,7) e penose? Non vi è quiete dove voi la cercate. Cercate ciò che cercate, ma non è là, dove voi cercate. Voi cercate una vita felice in un paese di morte (Is 9,2): non e lì. Come potrebbe essere una vita felice ove manca la vita?

       Discese nel mondo la nostra vita, la vera (Jn 6,33 Jn 41 Jn 59 cf. Jn 6,33 Jn 6,41 Jn 6,59 Jn 11,25 Jn 14,6), si prese sulle sue spalle la nostra morte e l’uccise (1Tm 1,10) con la sovrabbondanza della sua vita, ci gridò tuonando di tornare dal mondo a lui, nel sacrario onde verme a noi dapprima entrando nel seno di una vergine, ove gli si unì come sposa la creatura umana, la nostra carne mortale, per non rimanere definitivamente mortale; poi di là, come sposo che esce dal talamo, uscì con balzo di gigante per correre la sua via (Ps 18,6), e senza mai attardarsi corse gridando a parole e a fatti, con la morte e la vita, con la discesa e l’ascesa (cf. Ep 4,9ss), gridando affinché tornassimo a lui; e si dipartì dagli occhi (Ac 1,9 Lc 24,51) affinché tornassimo al cuore, ove trovarlo. Partì infatti, ed eccolo, è qui (Mt 24,23 Mc 13,21).

       Agostino, Confess. 4, 12, 18-19


5. Scopo dell’Incarnazione: farci figli di Dio

       Il figlio di Dio, in effetti, si fece figlio dell’uomo perché i figli dell’uomo, cioè di Adamo, divenissero figli di Dio. Infatti il Verbo che lassù fu generato fuori del tempo dal Padre in modo ineffabile, inesplicabile, incomprensibile, viene quaggiù generato nel tempo da Maria Vergine e Madre, perché quelli che prima furono generati quaggiù siano poi generati lassù, cioè da Dio. Egli quindi ha in terra solo la madre, e noi abbiamo in cielo solo il padre. Per questo chiama se stesso figlio dell’uomo, perché gli uomini chiamino Dio padre celeste. Padre nostro, dice, che sei nei cieli (Mt 6,9). Dunque, come noi servi di Dio siamo di Dio, così il Signore dei servi è diventato figlio mortale del proprio servo, cioè di Adamo, affinché i figli di Adamo, che erano mortali, divenissero figli di Dio; infatti sta scritto: Ha dato loro il potere di diventare figli di Dio (Jn 1,12). Quindi il figlio di Dio prova la morte in quanto generato dalla carne, perché i figli dell’uomo siano fatti partecipi della vita di Dio in quanto loro padre secondo lo Spirito. Egli dunque è figlio di Dio secondo natura: noi invece per mezzo della grazia.

       Atanasio, De incarnat., 8


6. Una condizione per rimanere in Dio

       Se uno non crede che Maria, la santa, è madre di Dio, è fuori della divinità.

       Gregorio Nazianzeno, Epist., 101




SOLENNITÀ DELL’ EPIFANIA DEL SIGNORE

83 (II domenica dopo Natale)

       Già il norne della festa «Epifania» (gr. Epiphaneia, Teofania = venuta, manifestazione, apparizione) denota la sua origine orientale. Sembra sia stata introdotta in Oriente per gli stessi motivi e più o meno nello stesso tempo che il Natale in Occidente. Festeggiato in Egitto il 6 gennaio, il solstizio invernale, e collegate con esso le celebrazioni in onore del «Sole Invincibile», i cristiani l’hanno sostituito coll’Epifania, cioè la venuta, la rivelazione di Cristo, vera Luce del mondo. In questo giorno, la Chiesa di Gerusalemme celebrava il mistero della nascita di Cristo, commemorando pure l’adorazione dei pastori e dei magi la Chiesa d’Egitto ricorda inoltre il Battesimo di Cristo nel Giordano.

       Quando, nella seconda metà del secolo IV, Roma comincerà a festeggiare l’Epifania e l’Oriente accetterà il Natale, la sostanza della Solennità dell’Epifania del Signore verrà trasformata. Sia l’Oriente che l’Occidente celebrano il 25 dicembre la nascita di Gesù a Betlemme il 6 gennaio, l’Oriente si concentrerà sul Battesimo di Gesù nel Giordano, l’Occidente invece sull’adorazione dei magi. Poiché il Vangelo parla dell’offerta dei tre doni - oro, incenso e mirra -, si cominciò a pensare che fossero venuti tre magi. Sotto l’influsso dei testi liturgici, dal secolo VI in poi furono chiamati re, e dal secolo IX ottennero dei nomi: Gaspare, Melchiorre, Baldassarre. Il culto dei tre magi si è rafforzato a partire dal secolo XII quando l’imperatore Federico Barbarossa prese le loro reliquie da Milano e le trasportò a Colonia dove sono tutt’ora nella famosa cattedrale. Nel Medioevo, si veneravano i tre magi quali patroni dei viaggiatori. Secondo un antico costume dei primi secoli, durante la Messa, dopo il canto del Vangelo, veniva annunziata ai fedeli la data della Pasqua e delle altre feste mobili di tutto l’anno. Dalla fine del Medioevo, inizia l’usanza della benedizione delle case in cui si adoperava l’acqua e l’incenso benedetti nel giorno dell’Epifania e con il gesso si scrivevano sulle porte le lettere CMB. Secondo la convinzione comune, le lettere dovevano significare i nomi dei magi, ma alcuni ritengono che esse siano l’abbreviazione della frase: «Christus mansionem benedicat» [ = Cristo benedica l’abitazione]. Il costume di benedire l’incenso e il gesso è ancora in vigore localmente.

       Oggi, per mezzo della stella, Dio rivela il Figlio Unigenito quale Salvatore di tutti gli uomini. Nella persona dei magi venuti dall’Oriente, i popoli del mondo rispondono alla chiamata di Dio, individuano e riconoscono il Bambino di Betlemme come loro Salvatore. Si adempie la profezia di Isaia: il buio copre la terra, le tenebre avvolgono le nazioni, ma sopra Gerusalemme risplende la luce. Verso questa luce sono diretti i popoli della terra e in questa luce cammineranno d’ora in poi. Siamo di fronte ad un mistero, che non era conosciuto dalle generazioni precedenti e quale fu rivelato a san Paolo dallo Spirito Santo: i pagani sono già coeredi e membri dello stesso Corpo, e compartecipi della promessa in Cristo Gesù per mezzo del Vangelo. Gesù inizia l’opera dell’unificazione dei popoli e la fondazione della comunità della famiglia umana. La Chiesa, segno dell’unità di tutto il genere umano, continua a svolgere questa missione oggi, finché non ritorni il Signore.

       Abbiamo già conosciuto Cristo per mezzo della fede, abbiamo ottenuto il rinnovamento della nostra natura umana, apparteniamo alla Chiesa, popolo della Nuova Alleanza. Abbiamo bisogno, come una volta i magi, della luce di Dio per capire quanto grandi siano i misteri ai quali partecipiamo, per poter annunziare a tutti gli uomini le grandi opere di Dio.

       Dio onnipotente ed eterno

       che hai voluto rivelare l’incarnazione del tuo Verbo

       per mezzo della testimonianza luminosa della stella,

       vedendo la quale i magi adorarono la tua maestà

       con l’offerta di doni,

       concedi che appaia sempre alle nostre menti

       la tua stella di giustizia,

       e sia nostro tesoro la confessione

       del tuo Nome, per mezzo della vita.

       Sacramentarium Bergomense, ed. A. Paredi, Bergamo 1962, n. 186


1. Seconda omelia per la solennità dell’Epifania

       Rallegratevi nel Signore, o carissimi, ve lo ripeto, rallegratevi (
Ph 3,4); infatti, poco dopo la festa della nascita di Cristo, ecco che la solennità della sua manifestazione ci ha inondati di luce; e il mondo conosce in questo giorno colui che la Vergine partorì in quello. Il Verbo fatto carne, in effetti, regolò così bene gli inizi della sua vita nella nostra natura che la nascita di Gesù fu nel contempo svelata ai credenti e nascosta ai persecutori. Allora, i cieli narrarono la gloria di Dio e su tutta la terra si diffuse il suono della verità (Ps 18,25), quando l’esercito degli angeli apparve ai pastori per annunciare loro la nascita di un Salvatore, ed una stella guidò i Magi precedendoli perché venissero ad adorarlo. Così, dall’aurora al tramonto (Ps 49,2) la nascita del vero re brillò in tutto il suo fulgore, poiché, nel contempo, i regni d’Oriente ne appresero il fedele racconto attraverso i Magi, mentre i fatti non rimasero nascosti all’Impero romano. Infatti, persino la crudeltà di Erode, che volle sopprimere fin dai primi istanti colui che sospettava essere re, favoriva senza saperlo quel disegno divino; in effetti, mentre tutto dedito al suo atroce progetto, perseguitava un bambino sconosciuto massacrando indiscriminatamente tutti i neonati, una singolare fama diffondeva dappertutto la notizia, annunciata dal cielo, della nascita del sovrano; fama che rendeva ad un tempo più sicura nei suoi effetti e più rapida tanto la novità del prodigio celeste che l’empietà del persecutore assetato di sangue. Ma è allora che il Salvatore viene portato in Egitto, affinché quel popolo, dedito ad antichi errori, venisse chiamato da una grazia nascosta alla salvezza ormai prossima e, senza che avesse ancora ripudiato la superstizione dal suo cuore, nondimeno offrisse ospitalità alla verità.

       È dunque con ragione, amatissimi, che, consacrato dalla manifestazione del Signore, questo giorno è insignito di speciale dignità in tutto il mondo: esso deve di conseguenza brillare con degno splendore nei nostri cuori, affinché possiamo non solo venerare il seguito di tali avvenimenti prestandovi fede, ma altresì comprendendoli...

       Riconosciamo perciò, carissimi, nei magi adoratori del Cristo, le primizie della nostra vocazione e della nostra fede, e con animo straripante di gioia, celebriamo gli esordi della nostra beata speranza. E allora, infatti, che noi abbiamo cominciato ad entrare in possesso della nostra eterna eredità; è allora che si sono aperti per noi i segreti delle Scritture che parlano del Cristo, e che la verità, rifiutata dai Giudei resi ciechi, è diffusa dalla sua luce su tutti i popoli. Veneriamo dunque il giorno santissimo in cui si è manifestato l’autore della nostra salvezza e adoriamo nei cieli l’Onnipotente che i Magi adorarono neonato in una culla. E come essi offrirono al Signore dei doni tratti dai loro scrigni, simboli mistici, così anche noi estraiamo dai nostri cuori doni degni di Dio. Senza dubbio è lui il datore di ogni bene; tuttavia egli cerca il frutto del nostro lavoro: non è infatti a chi dorme che è dato il regno dei cieli, bensì a coloro che soffrono e vigilano nei comandamenti di Dio; se perciò non rendiamo vani i doni da lui stesso ricevuti, meriteremo tramite i beni che egli ha elargito, di ricevere quelli che egli ha promesso.

       Dimodoché esortiamo la nostra carità ad astenersi da ogni opera malvagia ed a legarvi a tutto ciò che è casto e santo. I figli della luce devono, in effetti, ricusare le opere delle tenebre (Rm 13,12). Per questo, fuggite gli odi, rigettate le menzogne, distruggete l’orgoglio con l’umiltà, bandite l’avarizia, amate la liberalità, poiché è conveniente che le membra si conformino al loro capo; così meriteremo di essere ammessi a condividere l’eredità promessa. Per il nostro Signore Gesù Cristo che, con il Padre e lo Spirito Santo, vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.

       Leone Magno, Sermo 32, 1 s. 4


2. La stella dei Magi

       La stella apparve perché i profeti erano scomparsi. La stella accorse per spiegare chi fosse colui verso il quale erano rivolte con precisione le parole dei profeti. Come per Ezechia il sole si rivolse dall’Occidente verso l’Oriente (cf. 2R 20,8-11 Is 38,7-8), così a causa del bambino del presepio, la stella corse dall’Oriente verso l’Occidente.

       Il segno del sole fu un biasimo per Israele, e i Magi confusero il popolo con i doni che essi arrecavano. Essi vennero con i loro segni, a somiglianza dei profeti, ed essi resero testimonianza alla nascita del Cristo, affinché, quando Egli sarebbe venuto, non fosse considerato come uno straniero, ma che tutte le creature riconoscessero la sua nascita. Zaccaria divenne muto ed Elisabetta concepì, affinché tutte le regioni comprendessero e conoscessero la sua venuta.

       Ma questa stella era maestra del proprio percorso; essa saliva, discendeva, come se alcun legame la trattenesse, perché aveva potere sugli spazi celesti, e non era fissa nel firmamento. Se essa si nascose (per un momento agli occhi dei Magi), fu affinché essi non venissero a Betlemme attraverso un cammino chiaro e diritto.

       Dio la nascose loro per mettere alla prova Israele, affinché i Magi raggiungessero Gerusalemme, gli Scribi parlassero loro della nascita del Signore (Mt 2,4-6) e ricevessero una testimonianza sincera dalla bocca stessa dei profeti e dei sacerdoti. Ma ciò avvenne anche affinché i Magi non credessero che vi fosse un potere al di fuori di quello che risiede a Gerusalemme. Allo stesso modo gli antichi avevano ricevuto dallo spirito che era sopra Mosè, affinché non si pensasse che ci fosse un altro spirito (Nb 11,17).

       I popoli orientali sono stati illuminati dalla stella, perché gli Israeliti, al sorgere del sole, che è Cristo, erano diventati ciechi.

       È, dunque, l’Oriente che per primo ha adorato il Cristo, come Zaccaria aveva predetto: L’Oriente darà la luce dall’alto (Lc 1,78). Quando la stella ebbe accompagnato i Magi fino al sole, si fermò, perché arrivata alla meta, in seguito, essa smise il suo percorso.

       Jn era la voce, che annunciava il Verbo. Ma quando il Verbo, per farsi ascoltare, s’incarnò ed apparve, la voce che preparava la strada, esclamò: Bisogna che egli cresca e che io diminuisca (Jn 3,30).

       I Magi, che adoravano gli astri, non avrebbero deciso di andare verso la luce se la stella non li avesse attratti col suo splendore. La stessa attrasse il loro amore, legato ad una luce di poca durata, verso la luce che non tramonta...

       Ed essi aprirono i loro tesori e gli offrirono in dono, l’oro alla sua natura umana, la mirra, come figura della sua morte, l’incenso, alla sua divinità (Mt 2,11). Cioè: l’oro, come ad un re, l’incenso, come a Dio, la mirra, come a colui che dev’essere imbalsamato. O, meglio ancora: l’oro, perché lo si adorasse, in quanto questa adorazione è dovuta al proprio maestro; la mirra e l’incenso, per indicare il medico che doveva guarire la ferita di Adamo.

       Efrem, Diatessaron, II, 5, 18-25


3. La festività dell’Epifania: il motivo profondo della sua solennità

       L’Epifania, il cui nome deriva dalla lingua greca, in latino può essere chiamata manifestazione.

       Oggi, si è rivelato il Redentore di tutte le genti e a tutte le genti chiede solennità.

       E, per questo, abbiamo celebrato la sua nascita, pochissimi giorni fa, e oggi celebriamo la sua stessa manifestazione.

       Il Signore nostro Gesù Cristo, nato da tredici giorni, si dice sia stato adorato oggi dai Magi.

       Poiché avvenne che la verità del Vangelo parla: ma in quale giorno sia avvenuto dovunque l’importanza di questa solennità così gloriosa, lo dichiara.

       Sembrò giusto, infatti, e veramente è giusto, che poiché, primi fra i Gentili, i Magi conobbero il Signore Gesù, e, non ancora impressionati dalla sua parola, seguirono la stella apparsa loro che parlò loro visibilmente in luogo del Verbo incarnato, come lingua del Cielo (Mt 11,1-12), affinché i Gentili conoscessero, per grazia, il giorno della salvezza delle sue primizie, e lo dedicassero al Cristo Signore con solenne ossequio ed azione di grazie.

       Le primizie, certo, dei Giudei per la fede e la rivelazione del Cristo, esistettero in quei pastori, qui nello stesso giorno in cui egli nacque, lo videro col venire da molto vicino.

       Gli angeli annunziarono a quelli, la stessa a questi.

       A quelli fu detto: Gloria a Dio dal sommo dei Cieli (Lc 2,14): in questi si compì: I cieli cantano la gloria di Dio (Ps 18,2).

       Gli uni e gli altri, senza dubbio, come gli inizi delle due pareti che provenivano da condizione diversa: dalla circoncisione e dal prepuzio accorsero alla pietra principale: per la loro pace, che l’una e l’altra cosa rendeva una sola (Ep 2,11-12).

       Nei Giudei fu prima la grazia, nei Gentili più abbondante l’umiltà.

       Veramente quelli lodarono Dio, perché avevano visto il Cristo: ma questi adorarono anche il Cristo che avevano visto.

       In quelli fu prima la grazia, in questi, più abbondante l’umiltà.

       Forse quelli pastori di poca importanza, esultavano più fervidamente per la loro salvezza: ma questi Magi ricoperti di molti peccati chiedevano più umilmente il perdono.

       Questa è quella umiltà, che la Divina Scrittura esalta più in quelli che provenivano dai Gentili che nei Giudei.

       Dai Gentili, infatti, proveniva quel centurione che, avendo ricevuto il Signore con tutto il cuore, tuttavia si ritenne indegno, che egli esitasse nella sua casa, né volle che il suo ammalato fosse visto da lui, ma (volle) che si comandasse al salvo (Mt 7,5-10).

       Così più intimamente lo considerava presente nel cuore, la cui presenza egli, nobilmente, teneva lontano dalla sua casa.

       Finalmente il Signore disse: «Non ho trovato in Israele una fede così grande».

       Anche quella donna Cananea viveva tra i Gentili e, quando si sentì chiamare dal Signore cane, e giudicata indegna che il pane dei figli fosse dato a lei, come un cane si accontentò delle briciole: e perciò non meritò di esserlo, poiché non rifiutò quello che non era stata.

       Infatti, in persona ascoltò queste parole dal Signore: O donna grande è la tua fede (Mt 15,21-28).

       L’umiltà in lei aveva reso grande la fede; perché essa stessa si era fatta piccola.

       I pastori dunque vengono da vicino a vedere, e i Magi vengono da lontano ad adorare.

       Questa è l’umiltà con la quale meritò di essere innestata sull’olivo selvaticamente, e di portare l’olivo contro natura (Rm 11,17)...

       Celebriamo, dunque, con molta devozione questo giorno, e adoriamo presente nel Cielo, il Signore Gesù che quelle nostre primizie adorarono giacente nella mangiatoia.

       In lui, certo, essi veneravano ciò che accadrebbe, che noi veneriamo già adempiuto.

       Le primizie dei Gentili, lo adorarono raccolto sul seno materno: i Gentili lo adorarono seduto alla destra di Dio Padre.

       Agostino, Sermo 203, 1


4. I Gentili aderiscono al Cristo per mezzo dell’amore ai Giudei

       Ora, dunque, o carissimi, figli ed eredi della grazia, osservate la vostra vocazione, ed apritevi ai Giudei ed ai Gentili, aderendo a Cristo, come pietra principale dell’edificio, con un amore molto perseverante.

       Si manifestò, infatti, nella stessa culla della sua infanzia a questi, che erano vicini, e a quelli che erano lontano; ai Giudei, con la vicinanza dei pastori, ai Gentili, con la lontananza dei Magi.

       Si crede che quelli venissero a lui nel giorno stesso in cui nacque, questi oggi.

       Si manifestò, dunque, né a quelli, perché erano dotti, né a questi, perché giusti.

       Traspare, infatti, nella rustichezza dei pastori, l’inesperienza, ma l’empietà nel carattere profano dei Magi.

       La pietra angolare (il Cristo) attirò a sé gli uni e gli altri: senza dubbio, perché venne a scegliere le cose stolte dal mondo per confondere i sapienti (1Co 1,27); e non chiamare i giusti, ma i peccatori (Mt 9,13); affinché nessun uomo grande insuperbisse, e nessun piccolo disperasse.

       Per la qual cosa gli Scribi e i Farisei mentre sembrano troppo dotti e troppo giusti, indicarono la città del (Messia) nato, interpretando l’oracolo profetico, ma lo respinsero.

       Ma poiché (egli) divenne la pietra principale (Ps 117,22), ciò che, nascendo, mostrò, adempì, soffrendo; aderiamo a lui con altri, includendo il resto d’Israele, che per elezione della grazia divenne salvo (Rm 11,5).

       Quei pastori, infatti, li prefiguravano sulla loro imminente riunificazione, affinché anche noi, che siamo stati prefigurati dall’arrivo dei Magi, chiamati da lontano, rimaniamo, non più pellegrini ed estranei, ma familiari di Dio, edificati sul fondamento degli Apostoli e dei Profeti, in virtù della principale pietra angolare, che è il Cristo Gesù: che una sola cosa realizzò e dell’una e dell’altra (Ep 2,11-12), affinché amiamo l’unità essendo uniti ed abbiamo l’instancabile carità, per riunire i rami che innestati sul selvatico, son diventati eretici ostinati, a causa della loro superbia, poiché potente è Dio che li innesta di nuovo (Rm 11,17-24).

       Agostino, Sermo 200, 4


5. I doni dei Magi svelano il mistero di Cristo

       L’apparizione di una stella, compresa fin dall’inizio dai Magi, evoca l’idea che i pagani non debbono interporre indugi nel credere in Cristo, né gli uomini allontanati dalla conoscenza di Dio dalle loro convinzioni derivate dalla scienza, stentare a riconoscere la luce che immantinente è apparsa alla sua nascita. In effetti, l’offerta dei doni ha espresso l’essere di Cristo in tutto il suo significato, riconoscendo il re nell’oro, Dio nell’incenso, l’uomo nella mirra. E con la venerazione dei Magi si realizza pienamente la conoscenza dell’insieme del mistero: della morte nell’uomo, della risurrezione in Dio, del potere di giudicare nel re. Nel fatto poi che sono impediti di ritornare sui loro passi e di tornare in Giudea da Erode, vi è l’idea che noi non siamo liberi di attingere in Giudea la nostra scienza e la nostra conoscenza, ma che siamo invitati ad abbandonare la via della nostra vita anteriore collocando tutta la nostra salvezza e tutta la nostra speranza in Cristo.

       Ilario di Poitiers, In Matth., 1, 5


6. I magi attestano con i doni la fede nel mistero

       In effetti, per quanto egli avesse prescelto la nazione israelita, e in questa medesima nazione una data famiglia per assumervi la comune natura umana, non volle tuttavia che le primizie della sua venuta restassero nascoste nei ristretti limiti della casa materna; volle al contrario farsi subito conoscere da tutti, lui che si degnava nascere per tutti.

       Una stella di insolita lucentezza apparve allora a tre Magi d’Oriente, stella più brillante e più bella di tutti gli altri astri, che facilmente attrasse gli occhi e i cuori di coloro che la contemplavano; si poteva in tal modo comprendere che non fosse del tutto gratuito quanto di insolito era dato vedere. Colui che concedeva quel segno a quegli osservatori del cielo, ne concesse del pari l’intelligenza; ciò che fece capire, fece anche ricercare; e una volta cercato, si lasciò trovare.

       I tre uomini si lasciano condurre dalla luce proveniente dall’alto e si fissano, contemplandolo senza stancarsi, al chiarore dell’astro che li precede e fa loro da guida; così, sono condotti dallo splendore della grazia fino alla conoscenza della verità, essi che, secondo il buon senso, avevano ritenuto un dovere cercare in una città regale la nascita di un re che era stato loro rivelato da quel segno. Ma colui che aveva assunto la condizione di servo (Ph 2,7), e non veniva per giudicare (Jn 12,47), bensì per essere giudicato, scelse Betlemme per la nascita e Gerusalemme per la Passione (Lc 13,33)...

       Si compie quindi per i Magi il loro desiderio e, condotti dalla stella, arrivano fino al Bambino, il Signore Gesù Cristo. Nella carne, essi adorano il Verbo; nell’infanzia, la Sapienza; nella debolezza, il vigore; e nella verità dell’uomo, la maestà del Signore; e, per manifestare con segni esterni il mistero in cui credono e di cui hanno intelligenza, attestano con doni ciò che credono nel cuore. Offrono a Dio l’incenso, all’uomo la mirra, al re l’oro, consci di venerare nell’unità la divina e l’umana natura.

       Leone Magno, Sermo 31, l s.






Lezionario "I Padri vivi" 16