Pastores gregis IT 30

Il ministero episcopale per l'inculturazione del Vangelo


30 L'evangelizzazione della cultura e l'inculturazione del Vangelo sono parte integrante della nuova evangelizzazione e sono, perciò, un compito proprio dell'ufficio episcopale. Riprendendo, al riguardo, alcune mie precedenti espressioni, il Sinodo ha ripetuto: « Una fede che non diventa cultura, non è una fede pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta ».122

Si tratta, in realtà, di un compito antico e sempre nuovo, che ha la sua origine nel mistero stesso dell'Incarnazione e la sua ragione nella capacità intrinseca del Vangelo di radicarsi in ogni cultura, di informarla e di promuoverla, purificandola e aprendola alla pienezza di verità e di vita che si è realizzata in Cristo Gesù. A questo tema molta attenzione è stata rivolta durante i Sinodi continentali, da cui sono venute preziose indicazioni. Su di esso mi sono soffermato io stesso in più circostanze.

Pertanto ogni Vescovo, considerando i valori culturali presenti nel territorio in cui vive la sua Chiesa particolare, metterà ogni impegno perché il Vangelo sia annunciato nella sua integrità, sì da plasmare il cuore degli uomini e i costumi dei popoli. In quest'impresa evangelizzatrice potrà essergli di prezioso aiuto il contributo dei teologi, come pure quello degli esperti nella valorizzazione del patrimonio culturale, artistico e storico della Diocesi: esso riguarda sia l'antica sia la nuova evangelizzazione e costituisce un efficace strumento pastorale.123

Ugualmente di grande importanza per l'annuncio del Vangelo nei « nuovi areopaghi » e per la trasmissione della fede sono i mezzi della comunicazione sociale, ai quali si è pure rivolta l'attenzione dei Padri sinodali, i quali hanno incoraggiato i Vescovi ad una maggiore collaborazione tra le Conferenze episcopali, in ambito sia nazionale sia internazionale, perché più qualificata ne risulti l'azione in questo delicato e prezioso ambito della vita sociale.124

In realtà, quando si tratta dell'annuncio del Vangelo, oltre che della sua ortodossia, è pure importante preoccuparsi di una sua proposta incisiva che ne promuova l'ascolto e l'accoglimento. Questo, evidentemente, comporta l'impegno di riservare, specialmente nei Seminari, uno spazio adeguato per la formazione dei candidati al sacerdozio circa l'uso dei mezzi della comunicazione sociale, in modo che gli evangelizzatori siano buoni proclamatori e buoni comunicatori.

Predicare con la parola e con l'esempio


31 Il ministero del Vescovo quale annunciatore del Vangelo e custode della fede nel Popolo di Dio non sarebbe compiutamente esposto, se mancasse l'accenno al dovere della coerenza personale: il suo insegnamento continua con la testimonianza e con l'esempio di un'autentica vita di fede. Se il Vescovo, che insegna con un'autorità esercitata nel nome di Gesù Cristo 125 la Parola ascoltata nella comunità, non vivesse ciò che ha insegnato, darebbe alla comunità stessa un messaggio contraddittorio.

Appare così chiaro che tutte le attività del Vescovo devono essere finalizzate alla proclamazione del Vangelo, « potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede » (
Rm 1,16). Il suo compito essenziale è di aiutare il Popolo di Dio a rendere alla parola della Rivelazione l'obbedienza della fede (cfr Rm Rm 1,5) e ad abbracciare integralmente l'insegnamento di Cristo. Si potrebbe dire che, nel Vescovo, missione e vita si uniscono in maniera tale che non si può più pensare ad esse come a due cose distinte: noi Vescovi siamo la nostra missione. Se non la compissimo, non saremmo più noi. È nella testimonianza della nostra fede che la nostra vita diventa segno visibile della presenza di Cristo nelle nostre comunità.

La testimonianza della vita diventa per un Vescovo come un nuovo titolo d'autorità, che si accosta al titolo oggettivo ricevuto nella consacrazione. All'autorità si affianca così l'autorevolezza. Ambedue sono necessarie. Dall'una, infatti, sorge l'esigenza oggettiva dell'adesione dei fedeli all'insegnamento autentico del Vescovo; dalla seconda, la facilitazione a riporre la fiducia nel messaggio. Mi piace riprendere, a tale proposito, quello che scriveva un grande Vescovo della Chiesa antica, sant'Ilario di Poitiers: « Il beato apostolo Paolo, volendo definire il tipo di Vescovo ideale e formare con i suoi insegnamenti un uomo di Chiesa completamente nuovo, spiegò qual era, per così dire, il massimo della perfezione in lui. Affermò che doveva professare una dottrina sicura, consona all'insegnamento, onde essere in grado di esortare alla sana dottrina e di confutare quelli che contraddicono [...] Da una parte, un ministro dalla vita irreprensibile, se non è colto, riuscirà solo a giovare a se stesso; dall'altra, un ministro colto perderà l'autorità che proviene dalla cultura, se la sua vita non risulta irreprensibile ».126

È sempre l'apostolo Paolo a fissare in queste parole la condotta da seguire: offri « te stesso come esempio in tutto di buona condotta, con purezza di dottrina, dignità, linguaggio sano e irreprensibile, perché il nostro avversario resti confuso, non avendo nulla di male da dire sul conto nostro » (Tt 2,7-8).

CAPITOLO QUARTO


MINISTRO DELLA GRAZIA


DEL SUPREMO SACERDOZIO


« Santificati in Gesù Cristo, chiamati ad essere santi » (1Co 1,2)


32 Nell'accingermi a trattare di una delle prime e fondamentali funzioni del Vescovo, il ministero della santificazione, il mio pensiero va alle parole che l'apostolo Paolo rivolgeva ai fedeli di Corinto, quasi mettendo sotto i loro occhi il mistero della loro vocazione: « santificati in Cristo Gesù, chiamati ad essere santi insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo » (1Co 1,2). La santificazione del cristiano si realizza nel lavacro battesimale, è corroborata dai sacramenti della Confermazione e della Riconciliazione ed è alimentata dall'Eucaristia, il bene più prezioso della Chiesa, il sacramento dal quale la Chiesa è costantemente edificata come Popolo di Dio, corpo di Cristo e tempio dello Spirito Santo.127

Di questa santificazione, che si diffonde nella vita della Chiesa, il Vescovo è ministro soprattutto mediante la Santa Liturgia. Della Liturgia, e in modo speciale della Celebrazione eucaristica, si afferma che è culmine e fonte della vita della Chiesa.128 In qualche modo l'affermazione trova riscontro nello stesso ministero liturgico del Vescovo, che si presenta come il momento centrale nella sua attività mirante alla santificazione del Popolo di Dio.

Appare da ciò chiaramente l'importanza della vita liturgica nella Chiesa particolare, dove il Vescovo esercita il suo ministero di santificazione, proclamando e predicando la parola di Dio, guidando la preghiera per il suo popolo e con il suo popolo, presiedendo la celebrazione dei Sacramenti. Per questa ragione, la Costituzione dogmatica Lumen gentium attribuisce al Vescovo un bel titolo, preso dalla preghiera di consacrazione episcopale nel rito bizantino, quello, cioè, di « distributore della grazia del supremo sacerdozio, specialmente nell'Eucaristia, che offre egli stesso o fa offrire, e della quale la Chiesa continuamente vive e cresce ».129

Tra il ministero della santificazione e gli altri due, della parola e del governo, vige una profonda e intima corrispondenza. La predicazione, infatti, è ordinata alla partecipazione della vita divina, attinta alla duplice mensa della Parola e dell'Eucaristia. Essa si sviluppa e si manifesta nella vita quotidiana dei fedeli, giacché tutti sono chiamati a esprimere nel comportamento quanto hanno ricevuto nella fede.130 Il ministero di governo, poi, come quello di Gesù Buon Pastore, si esprime in funzioni ed opere miranti a fare emergere nella comunità dei fedeli la pienezza di vita nella carità, a gloria della Santa Trinità e a testimonianza della sua amorevole presenza nel mondo.

Ogni Vescovo, pertanto, mentre esercita il ministero della santificazione (munus sanctificandi), attua ciò a cui mira il ministero dell'insegnamento (munus docendi) e, insieme, attinge la grazia per il ministero del governo (munus regendi), modellando i suoi atteggiamenti ad immagine di Cristo Sommo Sacerdote, in modo che tutto sia ordinato all'edificazione della Chiesa e alla gloria della Trinità Santa.

Fonte e culmine della vita della Chiesa particolare


33 Il Vescovo esercita il ministero della santificazione mediante la celebrazione dell'Eucaristia e degli altri Sacramenti, la lode divina della Liturgia delle Ore, la presidenza degli altri riti sacri e anche mediante la promozione della vita liturgica e dell'autentica pietà popolare. Fra tutte le celebrazioni presiedute dal Vescovo, poi, hanno una speciale rilevanza quelle da cui emerge la peculiarità del ministero episcopale, come pienezza del sacerdozio. Si tratta, specialmente, del conferimento del sacramento della Confermazione, delle Sacre Ordinazioni, della solenne celebrazione dell'Eucaristia in cui il Vescovo è circondato dal suo presbiterio e dagli altri ministri – come nella liturgia della Messa Crismale –, della dedicazione delle chiese e degli altari, della consacrazione delle vergini e di altri riti importanti per la vita della Chiesa particolare. In queste celebrazioni il Vescovo si presenta in modo visibile come il padre e il pastore dei fedeli, il « sacerdote grande » del suo popolo (cfr Eb He 10,21), l'orante e il maestro della preghiera, che intercede per i suoi fratelli e con lo stesso popolo implora e ringrazia il Signore, mettendo in evidenza il primato di Dio e della sua gloria.

In questi vari momenti sgorga, come da fonte, la grazia divina, che permea tutta la vita dei figli di Dio nel corso del loro cammino terreno, orientandola verso il suo culmine e la sua pienezza nella patria beata. Il ministero della santificazione è, per questo, un momento fondamentale per la promozione della speranza cristiana. Il Vescovo non solo annuncia con la predicazione della parola le promesse di Dio e traccia i sentieri del futuro, ma incoraggia il Popolo di Dio nel suo pellegrinaggio terreno e attraverso la celebrazione dei Sacramenti, caparra della gloria futura, gli fa pregustare il suo destino finale, in comunione con la Vergine Maria ed i Santi, nell'incrollabile certezza della vittoria definitiva di Cristo sul peccato e sulla morte, e della sua venuta nella gloria.

L'importanza della chiesa cattedrale


34 Il Vescovo, pur esercitando il suo ministero di santificazione in tutta la Diocesi, ha come suo punto focale la chiesa cattedrale, che è come la chiesa madre e il centro di convergenza della Chiesa particolare.

La cattedrale, difatti, è il luogo dove il Vescovo ha la sua Cattedra, da cui educa e fa crescere il suo popolo mediante la predicazione e presiede le principali celebrazioni dell'anno liturgico e dei Sacramenti. Proprio quando è assiso sulla sua Cattedra, un Vescovo si mostra di fronte all'assemblea dei fedeli come colui che presiede in loco Dei Patris; ed è per questo, come ho già ricordato, che, secondo un'antichissima tradizione propria dell'Oriente e dell'Occidente, soltanto il Vescovo si può assidere sulla Cattedra episcopale. La presenza di questa Cattedra, appunto, fa della chiesa cattedrale il centro spaziale e spirituale di unità e di comunione per il presbiterio diocesano e per tutto il Popolo santo di Dio.

In proposito, non può essere dimenticato l'insegnamento del Concilio Vaticano II circa la massima importanza che tutti devono riconoscere « alla vita liturgica della Diocesi che si svolge intorno al Vescovo, principalmente nella chiesa cattedrale: convinti che la principale manifestazione della Chiesa si ha nella partecipazione piena e attiva di tutto il Popolo santo di Dio alle medesime celebrazioni liturgiche, soprattutto alla medesima Eucaristia, alla medesima preghiera, al medesimo altare, cui presiede il Vescovo circondato dal suo presbiterio e dai ministri ».131 Nella cattedrale, dunque, dove si realizza il momento più alto della vita della Chiesa, si compie pure l'atto più eccelso e sacro del munus sanctificandi del Vescovo, che comporta insieme, come la liturgia stessa che egli presiede, la santificazione delle persone, il culto e la gloria di Dio.

Speciali circostanze per questa manifestazione del mistero della Chiesa sono alcune particolari celebrazioni. Ricordo, fra queste, la liturgia annuale della Messa crismale, che dev'essere considerata « una delle principali manifestazioni della pienezza del sacerdozio del Vescovo e un segno della stretta unione dei presbiteri con lui ».132 Durante questa celebrazione, insieme con l'Olio degli infermi e l'Olio dei catecumeni, è benedetto il santo Crisma, segno sacramentale di salvezza e di vita perfetta per tutti i rinati dall'acqua e dallo Spirito Santo. Tra le liturgie più solenni sono certamente da annoverare pure quelle per il conferimento degli Ordini sacri: riti, questi, che hanno nella chiesa cattedrale il loro luogo proprio e normale.133 A ciò si aggiungano altre circostanze, come la celebrazione dell'anniversario della sua dedicazione e le feste dei santi Patroni della Diocesi.

Queste ed altre occasioni, secondo il calendario liturgico di ogni Diocesi, sono circostanze preziose per rinsaldare i vincoli di comunione con i presbiteri, le persone consacrate, i fedeli laici, e per stimolare gli impulsi della missione fra tutti i membri della Chiesa particolare. Per questo ilCaeremoniale Episcoporum mette in luce l'importanza della chiesa cattedrale e delle celebrazioni che in essa si svolgono, per il bene e l'esempio di tutta la Chiesa particolare.134

Il Vescovo, moderatore della Liturgia come pedagogia della fede


35 I Padri sinodali hanno voluto, nelle attuali circostanze, richiamare l'attenzione sull'importanza del ministero della santificazione che si esercita nella Liturgia, la quale deve svolgersi in modo da esercitare la sua efficacia didattica ed educativa.135 Ciò richiede che le celebrazioni liturgiche siano davvero epifania del mistero. Dovranno perciò esprimere con chiarezza la natura del culto divino, riflettendo il senso genuino della Chiesa che prega e che celebra i misteri divini. Se le celebrazioni saranno convenientemente partecipate da tutti secondo i vari ministeri, non mancheranno di risplendere per dignità e bellezza.

Io stesso, nell'esercizio del mio ministero, ho voluto dare una priorità alle celebrazioni liturgiche, sia in Roma sia anche durante i miei viaggi apostolici nei diversi continenti e nazioni. Facendo brillare la bellezza e la dignità della liturgia cristiana in tutte le sue espressioni, ho inteso promuovere il genuino senso della santificazione del nome di Dio, al fine di educare il sentimento religioso dei fedeli e di aprirlo alla trascendenza.

Esorto, quindi, i miei fratelli Vescovi, quali maestri della fede e partecipi del supremo sacerdozio di Cristo, ad adoperarsi con tutte le forze per l'autentica promozione della liturgia. Essa esige che nel modo di celebrare si annunci con chiarezza la verità rivelata, si trasmetta fedelmente la vita divina, si esprima senza ambiguità la genuina natura della Chiesa. Siano tutti consapevoli dell'importanza delle sacre celebrazioni dei misteri della fede cattolica. La verità della fede e della vita cristiana non si trasmette solo con le parole, ma anche con i segni sacramentali e l'insieme dei riti liturgici. È ben noto, in proposito, l'antico assioma che vincola strettamente la lex credendi alla lex orandi.136

Ogni Vescovo, pertanto, sia esemplare nell'arte del presiedere, consapevole di tractare mysteria.Abbia pure una profonda vita teologale, che ne ispiri il comportamento in ogni contatto con il Popolo santo di Dio. Sia capace di trasmettere il senso soprannaturale delle parole, delle preghiere e dei riti, in modo da coinvolgere tutti nella partecipazione ai santi misteri. Il Vescovo, inoltre, mediante una concreta ed appropriata promozione della pastorale liturgica nella Diocesi, deve fare sì che i ministri e il popolo acquisiscano un'autentica comprensione ed esperienza della liturgia, in modo da far giungere i fedeli a quella piena, consapevole, attiva e fruttuosa partecipazione ai santi misteri, auspicata dal Concilio Vaticano II.137

In tal modo le celebrazioni liturgiche, specialmente quelle presiedute dal Vescovo nella sua Cattedrale, saranno limpide proclamazioni della fede della Chiesa, momenti privilegiati in cui il Pastore presenta il mistero di Cristo ai fedeli e li aiuta ad entrarvi progressivamente per farne una gioiosa esperienza, da testimoniare poi nelle opere di carità (cfr Gal
Ga 5,6).

Considerata l'importanza della retta trasmissione della fede nella santa liturgia della Chiesa, il Vescovo non mancherà di vigilare con cura, per il bene dei fedeli, affinché siano osservate sempre, da tutti e dappertutto, le norme liturgiche in vigore. Ciò comporta anche una ferma e tempestiva correzione degli abusi e la eliminazione degli arbìtri in campo liturgico. Lo stesso Vescovo sia anche attento, per quanto da lui dipende, o in collaborazione con le Conferenze episcopali e le Commissioni liturgiche pertinenti, affinché la stessa dignità e verità delle azioni liturgiche sia osservata nelle trasmissioni radiofoniche e televisive.

La centralità del Giorno del Signore e dell'anno liturgico


36 La vita ed il ministero del Vescovo debbono essere come permeati dalla presenza del Signore nel suo mistero. La promozione nell'intera Diocesi della convinzione circa la centralità spirituale, catechistica e pastorale della liturgia, infatti, dipende in gran parte dall'esempio del Vescovo.

Al centro di questo suo ministero c'è la celebrazione del Mistero pasquale di Cristo nel Giorno del Signore, o Domenica. Come ho più volte ripetuto, anche di recente, per dare un segno forte dell'identità cristiana nel nostro tempo occorre restituire centralità alla celebrazione del Giorno del Signore e, in esso, alla celebrazione dell'Eucaristia. La Domenica è un giorno che deve essere sentito come « giorno speciale della fede, giorno del Signore risorto e del dono dello Spirito, vera Pasqua della settimana ».138

La presenza del Vescovo, che alla Domenica, Giorno anche della Chiesa, presiede l'Eucaristia nella sua cattedrale o nelle parrocchie della Diocesi, può essere un segno esemplare di fedeltà al mistero della Risurrezione e un motivo di speranza per il Popolo di Dio nel suo pellegrinare, di domenica in domenica, fino all'ottavo giorno senza tramonto della Pasqua eterna.139

Nel corso dell'anno liturgico la Chiesa rivive l'intero mistero di Cristo, dall'Incarnazione e dalla Natività del Signore sino all'Ascensione, al giorno di Pentecoste e all'attesa nella speranza del ritorno glorioso del Signore.140 Naturalmente il Vescovo riserverà una particolare attenzione alla preparazione e alla celebrazione del Triduo Pasquale, cuore dell'intero anno liturgico, con la solenne Veglia di Pasqua ed il suo prolungamento nella cinquantina pasquale.

L'anno liturgico, con la sua cadenza ciclica, può essere opportunamente valorizzato per una programmazione pastorale della vita della Diocesi attorno al mistero di Cristo, nell'attesa della sua venuta nella gloria. In questo itinerario di fede la Chiesa è sostenuta dalla « memoria della Vergine Maria, la quale, in cielo glorificata ormai nel corpo e nell'anima [...] sulla terra brilla come un segno di sicura speranza e di consolazione per il Popolo di Dio pellegrinante ».141 È una speranza che si alimenta anche alla memoria dei martiri e degli altri santi, « che, giunti alla perfezione con l'aiuto della multiforme grazia di Dio e già in possesso della salvezza eterna, in cielo cantano a Dio la lode perfetta e intercedono per noi ».142

Il Vescovo, ministro della Celebrazione eucaristica


37 Nel cuore del munus sanctificandi del Vescovo c'è l'Eucaristia, che egli stesso offre o fa offrire, e dove specialmente si manifesta il suo ufficio di « economo » o ministro della grazia del supremo sacerdozio.143

È soprattutto presiedendo l'assemblea eucaristica che il Vescovo contribuisce all'edificazione della Chiesa, mistero di comunione e di missione. L'Eucaristia, infatti, è il principio essenziale della vita non solo dei singoli fedeli, ma della stessa comunità in Cristo. I fedeli, radunati dalla predicazione del Vangelo, formano delle comunità in cui è veramente presente la Chiesa di Cristo, e ciò si rende manifesto con singolare evidenza nella stessa celebrazione del Sacrificio eucaristico.144 È noto, al riguardo, l'insegnamento del Concilio Vaticano II: « In ogni comunità che partecipa all'altare, sotto il ministero sacro del Vescovo, viene offerto il simbolo di quella carità e “unità del Corpo mistico, senza la quale non può esserci salvezza”. In queste comunità, sebbene spesso piccole e povere o che vivono nella dispersione, è presente Cristo, per virtù del quale si raccoglie la Chiesa Una, Santa, Cattolica e Apostolica. Infatti “la partecipazione al corpo e al sangue di Cristo altro non fa, se non che ci mutiamo in ciò che prendiamo” ».145

Dalla Celebrazione eucaristica, poi, che è « fonte e culmine di tutta l'evangelizzazione »,146 sgorga anche tutto l'impegno missionario della Chiesa, tesa a manifestare ad altri con la testimonianza della vita il mistero vissuto nella fede.

Tra tutte le incombenze del ministero pastorale del Vescovo, l'impegno per la celebrazione dell'Eucaristia è il più cogente e importante. A lui spetta pure, come uno dei suoi principali compiti, quello di provvedere affinché i fedeli abbiano la possibilità di accedere alla mensa del Signore, soprattutto alla Domenica, che, come ho appena ricordato, è il giorno in cui la Chiesa, comunità e famiglia dei figli di Dio, trova la sua peculiare identità cristiana attorno ai propri presbiteri.147

Accade, però, che in certe regioni, sia a motivo della scarsità dei sacerdoti, sia per altre gravi e persistenti ragioni, non si riesca a provvedere alla Celebrazione eucaristica con l'opportuna normalità. Ciò accresce il dovere del Vescovo, quale padre di famiglia e ministro della grazia, di essere sempre attento a discernere gli effettivi bisogni e la gravità delle situazioni. Occorrerà procedere ad una sapiente distribuzione dei membri del presbiterio così che, anche in simili emergenze, le comunità non rimangano troppo a lungo prive della Celebrazione eucaristica.

In mancanza della Santa Messa, il Vescovo farà in modo che la comunità, pur restando sempre in attesa della pienezza dell'incontro con Cristo nella celebrazione del Mistero pasquale, possa contare, almeno nelle domeniche e nelle feste, su di una speciale celebrazione. In questo caso i fedeli, presieduti da ministri responsabili, potranno usufruire del dono della Parola proclamata e della comunione all'Eucaristia, mediante previste e apposite celebrazioni delle assemblee domenicali in assenza di presbitero.148

Il Vescovo, responsabile dell'iniziazione cristiana


38 Nelle attuali circostanze della Chiesa e del mondo, sia nelle Chiese giovani sia nei Paesi in cui il cristianesimo è stabilito da secoli, risulta provvidenziale il recupero, soprattutto per gli adulti, della grande tradizione della disciplina dell'iniziazione cristiana. È stata questa una provvida disposizione del Concilio Vaticano II,149 che ha voluto in tal modo offrire un cammino d'incontro con Cristo e con la Chiesa a tanti uomini e donne, toccati dalla grazia dello Spirito e desiderosi di entrare in comunione con il mistero della salvezza in Cristo, morto e risorto per noi.

Mediante il cammino dell'iniziazione cristiana, i catecumeni sono progressivamente introdotti nella conoscenza del mistero di Cristo e della Chiesa, in analogia con l'origine, lo sviluppo e l'accrescimento della vita naturale. I fedeli, infatti, rinati nel Battesimo e resi partecipi del sacerdozio regale, sono corroborati mediante la Confermazione, di cui il Vescovo è ministro originario, e ricevono così una speciale effusione di doni dello Spirito. Partecipando poi all'Eucaristia, essi sono nutriti con il cibo della vita eterna e sono pienamente inseriti nella Chiesa, mistico Corpo di Cristo. I fedeli, in tal modo, « per effetto di questi sacramenti dell'iniziazione cristiana, sono in grado di gustare sempre più e sempre meglio i tesori della vita divina e di progredire fino al raggiungimento della perfezione della carità ».150

I Vescovi, tenuto conto delle circostanze odierne, attueranno le prescrizioni del Rito della iniziazione cristiana degli adulti. Avranno pertanto a cuore che in ogni Diocesi vi siano le strutture e gli operatori pastorali necessari per assicurare nel modo più degno ed efficace l'attuazione degli ordinamenti e della disciplina liturgica, catechistica e pastorale dell'iniziazione cristiana, adattata alle necessità dei nostri tempi.

Per la sua stessa natura d'inserimento progressivo nel mistero di Cristo e della Chiesa, mistero che vive ed è operante in ciascuna Chiesa particolare, l'itinerario dell'iniziazione cristiana richiede la presenza ed il ministero del Vescovo diocesano, in modo speciale nella fase culminante del cammino, cioè nel conferimento dei sacramenti del Battesimo, della Confermazione e dell'Eucaristia, che regolarmente avviene nella Veglia pasquale.

Compito del Vescovo è pure di disciplinare, secondo le leggi della Chiesa, quanto si riferisce all'iniziazione cristiana dei bambini e dei ragazzi, disponendo circa la loro conveniente preparazione catechistica ed il loro graduale impegno nella vita della comunità. Dovrà anche vegliare perché eventuali percorsi di catecumenato, o di ripresa e rinvigorimento dei cammini dell'iniziazione cristiana, o d'accostamento a quei fedeli che si sono allontanati dalla normale e comunitaria vita di fede, si svolgano secondo le norme della Chiesa e in piena sintonia con la vita delle comunità parrocchiali nella Diocesi.

Quanto, infine, al sacramento della Confermazione, il Vescovo, che ne è ministro originario, curerà di essere normalmente lui a conferirlo. La sua presenza in mezzo alla comunità parrocchiale, che, a motivo del fonte battesimale e della Mensa eucaristica, è il luogo nativo e ordinario del cammino dell'iniziazione cristiana, richiama efficacemente il mistero della Pentecoste e si rivela sommamente utile per rinsaldare i vincoli della comunione ecclesiale tra pastore e fedeli.

La responsabilità del Vescovo nella disciplina penitenziale


39 I Padri sinodali nei loro interventi hanno riservato una particolare attenzione alla disciplina penitenziale, rilevandone l'importanza e richiamando la speciale cura che, quali successori degli Apostoli, i Vescovi devono riservare alla pastorale e alla disciplina del sacramento della Penitenza. Con gioia ho udito riaffermato da loro quanto è mia profonda convinzione, che cioè deve essere riservata la massima cura pastorale a questo Sacramento della Chiesa, fonte di riconciliazione, di pace e di gioia per noi tutti che abbiamo bisogno della misericordia del Signore e della guarigione delle ferite del peccato.

Al Vescovo, quale primo responsabile della disciplina penitenziale nella sua Chiesa particolare, spetta innanzitutto il compito dell'invito kerygmatico alla conversione e alla penitenza. È suo dovere proclamare con libertà evangelica la triste e rovinosa presenza del peccato nella vita degli uomini e nella storia delle comunità. Al tempo stesso, egli deve annunciare il mistero insondabile della misericordia che Dio ci ha elargito nella Croce e nella Risurrezione del suo Figlio, Gesù Cristo, e nell'effusione dello Spirito per la remissione dei peccati. Quest'annuncio, che è pure invito alla riconciliazione e richiamo alla speranza, sta nel cuore del Vangelo. È il primo annunzio degli Apostoli nel giorno della Pentecoste, un annuncio nel quale si rivela il senso stesso della grazia della salvezza, comunicata attraverso i Sacramenti.

Il Vescovo sarà, nei modi opportuni, un ministro esemplare del sacramento della Penitenza, ed egli stesso vi farà un assiduo e fedele ricorso. Egli non cesserà di esortare i suoi sacerdoti ad avere in grande stima il ministero della riconciliazione, ricevuto nell'ordinazione sacerdotale, incoraggiandoli ad esercitarlo con generosità e senso soprannaturale, imitando il Padre, che accoglie coloro che ritornano alla casa paterna, e Cristo Buon Pastore, che porta sulle sue spalle la pecorella smarrita.151

La responsabilità del Vescovo si estende anche al dovere di vigilare perché il ricorso all'assoluzione generale non avvenga al di fuori delle norme del diritto. A tale riguardo, nel Motu proprioMisericordia Dei ho sottolineato che i Vescovi hanno il dovere di richiamare la disciplina vigente, secondo cui la confessione individuale e integra e l'assoluzione costituiscono l'unico modo ordinario con cui il fedele, consapevole di peccato grave, è riconciliato con Dio e con la Chiesa. Solamente un'impossibilità fisica o morale dispensa da tale via ordinaria, nel qual caso la riconciliazione si potrà ottenere in altri modi. Il Vescovo non mancherà di ricordare a tutti coloro a cui, in forza dell'ufficio, è demandata la cura delle anime, il dovere di offrire ai fedeli l'opportunità di accostarsi alla confessione individuale.152 Egli provvederà pure a verificare che di fatto siano date ai fedeli le massime facilitazioni per potersi confessare.

Considerato alla luce della Tradizione e del Magistero della Chiesa l'intimo legame esistente fra il sacramento della Riconciliazione e la partecipazione all'Eucaristia, si rende oggi sempre più necessario formare la coscienza dei fedeli a partecipare degnamente e fruttuosamente al Banchetto eucaristico, accostandovisi in stato di grazia.153

Giova, inoltre, ricordare che appartiene altresì al Vescovo il compito di regolare, in modo conveniente e con un'oculata scelta dei ministri adatti, la disciplina che presiede all'esercizio degli esorcismi ed alle celebrazioni di preghiera per ottenere le guarigioni, nel rispetto dei recenti documenti della Santa Sede.154

L'attenzione alla pietà popolare


40 I Padri sinodali hanno ribadito l'importanza che, nella trasmissione e nello sviluppo della fede, ha la pietà popolare. Essa, infatti, come ebbe a dire il mio predecessore di v. m. Paolo VI, è ricca di valori nei confronti sia di Dio che dei fratelli,155 così da costituire un vero e proprio tesoro di spiritualità nella vita della comunità cristiana.

Anche nel nostro tempo, nel quale si avverte una diffusa sete di spiritualità, che spesso porta molti ad aderire a sette religiose o ad altre forme di vago spiritualismo, i Vescovi sono chiamati a discernere e a favorire i valori e le forme della vera pietà popolare.

È sempre attuale ciò che è scritto nell'Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi: « La carità pastorale deve suggerire a tutti quelli, che il Signore ha posto come capi di comunità ecclesiali, le norme di comportamento nei confronti di questa realtà così ricca e insieme così vulnerabile. Prima di tutto, occorre esservi sensibili, sapere cogliere le sue dimensioni interiori e i suoi valori innegabili, essere disposti ad aiutarla a superare i suoi rischi di deviazione. Ben orientata, questa religiosità popolare può essere sempre più, per le nostre masse popolari, un vero incontro con Dio in Gesù Cristo ».156

Occorre, quindi, orientare questa religiosità, purificandone, all'occorrenza, le forme espressive secondo i principi della fede e della vita cristiana. I fedeli, mediante la pietà popolare, devono essere condotti all'incontro personale con Cristo, alla comunione con la Beata Vergine Maria e con i Santi, specialmente per mezzo dell'ascolto della parola di Dio, del ricorso alla preghiera, della partecipazione alla vita sacramentale, della testimonianza della carità e delle opere di misericordia.157

Per una più ampia riflessione su quest'argomento e per una preziosa serie di suggerimenti teologici, pastorali e spirituali, mi è grato rimandare ai documenti emanati da questa Sede Apostolica, dove è ricordato che tutte le manifestazioni della pietà popolare sono sotto la responsabilità del Vescovo, nella propria diocesi. A lui compete regolarle, incoraggiarle nella loro funzione d'aiuto ai fedeli per la vita cristiana, purificarle dove è necessario, ed evangelizzarle.158


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