Il Presbitero Pastore 15

d) La fedeltà del sacerdote alla disciplina ecclesiastica

15 La «  coscienza di essere ministro  » comporta anche la coscienza dell'agire organico del Corpo di Cristo. Infatti, la vita e la missione della Chiesa, per potersi sviluppare, esigono un ordinamento, delle regole, delle leggi di condotta, ovvero un ordine disciplinare. Occorre superare qualsiasi pregiudizio nei confronti della disciplina ecclesiastica, a cominciare dall'espressione stessa, e superare altresì qualsiasi timore e complesso nel citarla e nel richiederne opportunamente il compimento. Quando vige l'osservanza delle norme e dei criteri che costituiscono la disciplina ecclesiastica, sono evitate quelle tensioni che, diversamente, comprometterebbero lo sforzo pastorale unitario di cui la Chiesa ha bisogno per adempiere efficacemente la sua missione evangelizzatrice. La matura assunzione del proprio impegno ministeriale comprende la certezza che la Chiesa «  ha bisogno di norme affinché la sua struttura gerarchica ed organica sia visibile e per l'esercizio delle funzioni divinamente affidatele, soprattutto quella della sacra potestà e dell'amministrazione dei Sacramenti  ».52

Inoltre, la coscienza di essere ministro di Cristo e del suo Corpo mistico, implica l'impegno del fedele compimento della volontà della Chiesa, che si esprime concretamente nelle norme.53 La legislazione della Chiesa ha come fine una maggiore perfezione della vita cristiana, per un migliore compimento della missione salvifica e va dunque vissuta con animo sincero e buona volontà.

Tra tutti gli aspetti merita particolare rilievo quello della docilità alle leggi e alle disposizioni liturgiche della Chiesa, vale a dire, l'amore fedele ad una normativa che ha lo scopo di ordinare il culto in accordo con la volontà del Sommo ed Eterno Sacerdote e del suo mistico Corpo. La sacra Liturgia è considerata come l'esercizio del sacerdozio di Gesù Cristo,54 azione sacra per eccellenza, «  culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù  ».55 Di conseguenza, è questo l'ambito in cui maggiore deve essere la coscienza di essere ministro e di agire in conformità agli impegni liberamente e solennemente assunti di fronte a Dio e alla comunità. «  Regolare la sacra Liturgia compete unicamente all'autorità della Chiesa, la quale risiede nella Sede Apostolica e, a norma del diritto, nel Vescovo. (...) Nessun altro, assolutamente, anche se sacerdote, osi, di sua iniziativa, aggiungere, togliere o mutare alcunché in materia liturgica  ».56 Arbitrarietà, espressioni soggettivistiche, improvvisazioni, disobbedienza nella celebrazione eucaristica costituiscono altrettante patenti contraddizioni con l'essenza stessa della Santissima Eucarestia, che è il sacrificio di Cristo. Lo stesso vale per la celebrazione degli altri sacramenti, soprattutto per il sacramento della Penitenza mediante il quale – essendo contriti ed avendo il proposito di emendarsi – vengono perdonati i peccati e si viene riconciliati con la Chiesa.57

Analoga attenzione i presbiteri prestino alla partecipazione autentica e cosciente dei fedeli alla sacra Liturgia, che la Chiesa non manca di promuovere.58 Nella sacra Liturgia esistono funzioni che possono essere esercitate da quei fedeli che non hanno ricevuto il sacramento dell'Ordine; altre invece sono proprie ed assolutamente esclusive dei ministri ordinati.59 Il rispetto per le diverse identità dello stato di vita, la loro complementarietà per la missione, esigono di evitare qualsiasi confusione in questa materia.

52 Giovanni Paolo II, Costituzione apostolica Sacrae disciplinae leges (25 gennaio 1983): AAS 75, II (1983), p. XIII.
53 Cf. ibid.
54 Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Sacrosanctum Concilium, n.
SC 7.
55 Ibid., n. SC 10.
56 Ibid., n. SC 22.
57 Cf. C.I.C., can. CIC 959.
58 Ibid., n. SC 23.
59 Cf. Congregazione per il Clero, Pontificio Consiglio per i Laici, Congregazione per la Dottrina della Fede, Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Congregazione per i Vescovi, Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Pontificio Consiglio per l'Interpretazione dei Testi Legislativi, Istruzione su alcune questioni circa la collaborazione dei fedeli laici al ministero dei sacerdoti Ecclesiae de mysterio (15 agosto 1997), ; : l.c., pp. 859, 869, 870-872; Pontificio Consiglio per l'Interpretazione dei Testi legislativi, Risposta (11 luglio 1992): AAS 86 (1994), pp. 541-542.



e) Il sacerdote nella comunione ecclesiale

16 Per servire la Chiesa – comunità organicamente strutturata di fedeli dotati della stessa dignità battesimale ma di diversi carismi e funzioni – occorre conoscerla ed amarla, non come la vorrebbero le transeunti mode di pensiero o le diverse ideologie, ma come è stata voluta da Gesù Cristo, che l'ha fondata. La funzione ministeriale di servizio alla comunione, a partire dalla configurazione a Cristo Capo, richiede di conoscere e rispettare la specificità del ruolo del fedele laico, promuovendo in tutti i modi possibili l'assunzione da parte di ciascuno delle proprie responsabilità. Il sacerdote è al servizio della comunità, ma è anche sostenuto dalla sua comunità. Egli ha bisogno dell'apporto del laicato, non solo per l'organizzazione e l'amministrazione della sua comunità, ma anche per la fede e la carità: c'è una specie di osmosi tra la fede del presbitero e la fede degli altri fedeli. Le famiglie cristiane e le comunità fervorose hanno spesso aiutato i sacerdoti nei momenti di crisi. È altresì importante, per lo stesso motivo, che i presbiteri conoscano, stimino e rispettino le caratteristiche della sequela di Cristo propria della vita consacrata, tesoro preziosissimo della Chiesa e testimonianza della feconda operosità dello Spirito Santo in essa.

Tanto più i presbiteri sono segni vivi e servitori della comunione ecclesiale, quanto più essi si inseriscono nell'unità vivente della Chiesa nel tempo, che è la sacra Tradizione, di cui è custode e garante il Magistero. Il riferimento fecondo alla Tradizione dà al ministero del presbitero la solidità e l'oggettività della testimonianza della Verità, venuta in Cristo a rivelarsi nella storia. Ciò lo aiuta a fuggire quel prurito di novità, che danneggia la comunione e svuota di profondità e di credibilità l'esercizio del ministero sacerdotale.

Il parroco specialmente deve essere tessitore paziente della comunione della propria parrocchia con la sua Chiesa particolare e con la Chiesa universale. Egli dovrebbe essere altresì un vero modello di adesione al Magistero perenne della Chiesa e alla sua grande disciplina.

f) Senso dell'universale nel particolare

17 «  È necessario che il sacerdote abbia la coscienza che il suo “essere in una Chiesa particolare” costituisce, di sua natura, un elemento qualificante per vivere la spiritualità cristiana. In tal senso il presbitero trova proprio nella sua appartenenza e dedicazione alla Chiesa particolare una fonte di significati, di criteri di discernimento e di azione, che configurano sia la sua missione pastorale sia la sua vita spirituale  ».60 Si tratta di una materia importante, in cui si deve acquisire una visione ampia, che tenga conto di come «  l'appartenenza e la dedicazione alla Chiesa particolare non rinchiudono in essa l'attività e la vita del presbitero: queste non possono affatto esservi rinchiuse, per la natura stessa sia della Chiesa particolare sia del ministero sacerdotale  ».61

Il concetto d'incardinazione, modificato dal Concilio Vaticano II ed espresso conseguentemente nel Codice,62 permette di superare il pericolo di rinchiudere il ministero dei presbiteri entro stretti limiti, non tanto geografici quanto piuttosto psicologici o persino teologici. L'appartenenza ad una Chiesa particolare e il servizio pastorale alla comunione al suo interno – elementi di ordine ecclesiologico – inquadrano anche esistenzialmente la vita e l'attività dei presbiteri e donano loro una fisionomia costituita di orientamenti pastorali specifici, di mete, di donazione personale in compiti determinati, di incontri pastorali, di interessi condivisi. Per intendere ed amare effettivamente la Chiesa particolare e l'appartenenza e dedicazione ad essa, servendola e sacrificandosi per essa fino al dono della propria vita, è necessario che il sacro ministro sia sempre più consapevole che la Chiesa universale «  è una realtà ontologicamente e temporalmente previa ad ogni singola Chiesa particolare  ».63 Infatti, non è la somma delle Chiese particolari a costituire la Chiesa universale. Le Chiese particolari, nella e a partire dalla Chiesa universale, devono essere aperte ad una realtà di vera comunione di persone, di carismi, di tradizioni spirituali, senza frontiere geografiche, intellettuali o psicologiche.64 Al presbitero deve essere ben chiaro che una sola è la Chiesa! L'universalità, ovvero la cattolicità, deve riempire di sé la particolarità. Il profondo, vero e vitale legame comunionale con la Sede di Pietro costituisce la garanzia e la condizione necessaria di tutto ciò. La stessa motivata accoglienza, diffusione e fedele applicazione dei documenti papali e dei Dicasteri della Curia Romana ne è un'espressione.

Abbiamo considerato l'essere e l'azione di ogni sacerdote in quanto tale. Ora la nostra riflessione va più specificatamente al sacerdote costituito nell'ufficio di parroco.

60 Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992), n.
PDV 31: l.c., p. 708. «  La Chiesa di Cristo – si legge nella Lettera Communionis notio (28 maggio 1992), della Congregazione per la – (...) è la Chiesa universale, (...) che si fa presente ed operante nella particolarità e diversità di persone, gruppi, tempi e luoghi. Tra queste molteplici espressioni particolari della presenza salvifica dell'unica Chiesa di Cristo, fin dall'epoca apostolica si trovano quelle che in sé stesse sono Chiese, perché, pur essendo particolari, in esse si fa presente la Chiesa universale con tutti i suoi elementi essenziali. Sono perciò costituite a immagine della Chiesa universale, e ciascuna di esse è una porzione del Popolo di Dio affidata alle cure pastorali del Vescovo coadiuvato dal suo presbiterio  » (AAS 85 [1993], p. 842).
61 Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992), n. PDV 32: l.c., p. 709.
62 Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Christus Dominus n. CD 28 ; Decr. Presbyterorum Ordinis, n. PO 10; C.I.C., cann. CIC 265-272.
63 Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera Communionis notio ai Vescovi della Chiesa Cattolica su alcuni aspetti della Chiesa considerata come comunione : l.c., p. 843.
64 Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dog. Lumen gentium, n. LG 23.




PARTE II

LA PARROCCHIA

E IL PARROCO


3. La parrocchia e l'ufficio di parroco

18 I tratti ecclesiologici più significativi della nozione teologico- canonica di parrocchia sono stati pensati dal Concilio Vaticano II alla luce della Tradizione e della dottrina cattolica, dell'ecclesiologia di comunione, e tradotti poi in legge dal Codice di Diritto Canonico. Essi sono stati sviluppati da diversi punti di vista nel magistero pontificio postconciliare, sia in maniera esplicita che implicita, sempre all'interno dell'approfondimento sul sacerdozio ordinato. È quindi utile riassumere le principali caratteristiche della dottrina teologica e canonica sulla materia, in vista soprattutto di una migliore risposta alle sfide pastorali che si pongono in questo inizio del terzo millennio al ministero parrocchiale dei presbiteri.

Quanto si dice del parroco, per analogia, in larga misura, sotto il profilo dell'impegno pastorale di guida, interessa anche quei sacerdoti che prestano comunque il loro aiuto in parrocchia e quanti rivestono specifici incarichi pastorali, per esempio, nei luoghi di detenzione, nei luoghi di cura, nelle università e nelle scuole, nell'assistenza ai migranti e agli stranieri, ecc.

La parrocchia è una concreta communitas christifidelium, costituita stabilmente nell'ambito d'una Chiesa particolare, e la cui cura pastorale è affidata ad un presbitero parroco, come a suo proprio pastore, sotto l'autorità del Vescovo diocesano.65 Tutta la vita della parrocchia, così come il significato dei suoi compiti apostolici nei confronti della società, devono essere intesi e vissuti con senso di comunione organica tra sacerdozio comune e sacerdozio ministeriale, di collaborazione fraterna e dinamica tra pastori e fedeli nel più assoluto rispetto dei diritti, dei doveri e delle funzioni altrui, dove ognuno ha le proprie competenze e le proprie responsabilità.

Il parroco «  in stretta comunione col Vescovo e con tutti i fedeli, eviterà di introdurre nel suo ministero pastorale, sia forme di autoritarismo estemporaneo che modalità di gestione democraticista estranee alla realtà più profonda del ministero  ».66 Al riguardo mantiene ovunque il suo pieno vigore l'Istruzione interdicasteriale Ecclesiae de Mysterio, approvata in forma specifica dal Sommo Pontefice, la cui integrale applicazione assicura la corretta prassi ecclesiale in questo campo fondamentale per la vita stessa della Chiesa.

Il legame intrinseco con la comunità diocesana e con il suo Vescovo, in comunione gerarchica con il Successore di Pietro, assicura alla comunità parrocchiale l'appartenenza alla Chiesa universale. Si tratta dunque di una pars dioecesis 67 animata da uno stesso spirito di comunione, da ordinata corresponsabilità battesimale, da una stessa vita liturgica, centrata nella celebrazione dell'Eucaristia,68 e da uno stesso spirito di missione, che connota l'intera comunità parrocchiale. Ogni parrocchia, infatti, «  è fondata su di una realtà teologica, perché essa è una comunità eucaristica. Ciò significa che essa è una comunità idonea a celebrare l'Eucaristia, nella quale stanno la radice viva del suo edificarsi e il vincolo sacramentale del suo essere in piena comunione con tutta la Chiesa. Tale idoneità si radica nel fatto che la parrocchia è una comunità di fede e una comunità strutturata organicamente, ossia costituita dai ministri ordinati e dagli altri cristiani, nella quale il parroco – che rappresenta il Vescovo diocesano – è il vincolo gerarchico con tutta la Chiesa particolare  ».69

In questo senso, la parrocchia, che è come una cellula della diocesi, deve offrire «  un luminoso esempio di apostolato comunitario, fondendo insieme tutte le diversità umane che vi si trovano e inserendole nell'universalità della Chiesa  ».70 La communitas christifidelium, nella nozione di parrocchia, costituisce l'elemento personale essenziale di base e, con tale espressione, si vuole sottolineare la dinamica relazione tra persone che, in maniera determinata, sotto l'indispensabile guida effettiva di un pastore proprio, la compongono. Di regola generale, si tratta di tutti i fedeli di un determinato territorio; oppure, soltanto di alcuni fedeli, nel caso delle parrocchie personali, costituite sulla base del rito, della lingua, della nazionalità o di altre precise motivazioni.71

65 Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Christus Dominus, n.
CD 30 ; C.I.C., can. CIC 515 § 1.
66 Congregazione per il Clero, Il presbitero, maestro della parola, ministro dei sacramenti e guida della comunità in vista del terzo millennio cristiano ; cf. Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei Presbiteri Tota Ecclesia .
67 Cf. C.I.C., can. CIC 374 § 1.
68 Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Sacrosanctum Concilium, n. SC 42; Catechismo della Chiesa Cattolica n. CEC 2179; Giovanni Paolo II, Lett. apostolica Dies Domini (31 maggio 1998), nn. 34-36: AAS 90 (1998), pp. 733-736; Lett. apostolica Novo Millennio ineunte (6 gennaio 2001), n. NM 35: l.c., p. 290.
69 Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Christifideles laici (30 dicembre 1988), CL 26: l.c., p. 438; cf. Congregazione per il Clero, Pontificio Consiglio per i Laici, Congregazione per la Dottrina della Fede, Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Congregazione per i Vescovi, Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Pontificio Consiglio per l'Interpretazione dei Testi Legislativi, Istruzione su alcune questioni circa la collaborazione dei fedeli laici al ministero dei sacerdoti Ecclesiae de mysterio : l.c., p. 866.
70 Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Apostolicam actuositatem, n. AA 10.
71 Cf. C.I.C., can. CIC 518.


19 Altro elemento basilare della nozione di parrocchia è la cura pastorale o cura delle anime, propria dell'ufficio di parroco, che si manifesta, principalmente, nella predicazione della Parola di Dio, nell'amministrazione dei sacramenti e nella guida pastorale della comunità.72 Nella parrocchia, ambito della cura pastorale ordinaria, «  il parroco è il pastore proprio della parrocchia affidatagli, esercitando la cura pastorale di quella comunità sotto l'autorità del Vescovo diocesano, con il quale è chiamato a partecipare al ministero di Cristo, per compiere, al servizio della comunità, le funzioni di insegnare, santificare e governare, anche con la collaborazione di altri presbiteri o diaconi e con l'apporto dei fedeli laici, a norma di diritto  ».73 Questa nozione di parroco manifesta una grande ricchezza ecclesiologica e non impedisce al Vescovo di determinare altre forme della cura animarum, a norma del diritto.

La necessità di adattare l'assistenza pastorale nelle parrocchie alle circostanze del tempo presente, caratterizzato in taluni luoghi dalla scarsità di sacerdoti ma anche dall'esistenza di parrocchie urbane sovrapopolate e parrocchie rurali disperse, o da scarso numero di parrocchiani, ha consigliato di introdurre alcune innovazioni, non certo di principio, nel diritto universale della Chiesa al riguardo del titolare della cura pastorale della parrocchia. Una di queste consiste nella possibilità di affidare in solidum a più sacerdoti la cura pastorale di una o più parrocchie, con la condizione perentoria che sia soltanto uno di loro il moderatore, che diriga l'attività comune e di essa risponda personalmente al Vescovo.74 Viene affidato dunque l'unico ufficio parrocchiale, l'unica cura pastorale della parrocchia ad un titolare molteplice costituito da diversi sacerdoti, che ricevono una identica partecipazione all'ufficio affidato, sotto la direzione personale di un confratello moderatore. Affidare la cura pastorale in solidum si manifesta utile per risolvere talune situazioni in quelle diocesi dove pochi sacerdoti devono organizzare il loro tempo nell'assistenza di attività ministeriali diverse, ma diventa anche un mezzo opportuno per promuovere la corresponsabilità pastorale dei presbiteri e, in maniera speciale, per facilitare la consuetudine della vita comune dei sacerdoti, che va sempre incoraggiata.75

Non si possono prudentemente ignorare, tuttavia, talune difficoltà che la cura pastorale in solidum – sempre e comunque composta da soli sacerdoti – può comportare, poiché è connaturale ai fedeli l'identificazione con il proprio pastore, e può essere disorientante e non compresa la presenza variante di più presbiteri, anche se coordinati fra di loro. È evidente la ricchezza della paternità spirituale del parroco, come un “pater familias” sacramentale della parrocchia, con i conseguenti vincoli che generano fecondità pastorale.

Nei casi in cui lo richiedano le necessità pastorali, il Vescovo diocesano può opportunamente procedere all'affidamento temporaneo di più parrocchie alla cura pastorale di un solo parroco.76

Quando le circostanze lo suggeriscono, l'affidamento di una parrocchia ad un amministratore 77 può costituire una soluzione provvisoria.78 È opportuno ricordare, tuttavia, che l'ufficio del parroco, essendo essenzialmente pastorale, richiede pienezza e stabilità.79 Il parroco dovrebbe essere una icona della presenza del Cristo storico. È l'esigenza della configurazione a Cristo, che sottolinea questo impegno prioritario.

72 Cf. Conc. Ecum. Trid., Sessione XXIV (11 novembre 1563), can. 18; Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Christus Dominus, n.
CD 30: «  I principali collaboratori del Vescovo sono i parroci, ai quali, come a pastori propri, è commessa la cura delle anime in una determinata parte della diocesi, sotto l'autorità dello stesso Vescovo  ».
73 C.I.C., can. CIC 519.
74 Cf. C.I.C., can. CIC 517 § 1.
75 Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Christus Dominus, n. CD 30; Decr. Presbyterorum Ordinis PO 8 ; C.I.C., cann. CIC 280 CIC 550 § 2; Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei Presbiteri Tota Ecclesia .
76 Cf. Conc. ecum. Trident. Sessione XXI (16 luglio 1562), can. 5; Pontificio Consiglio per l'interpretazione dei Testi Legislativi, Nota esplicativa, pubblicata d'intesa con la Congregazione per il Clero, sui casi nei quali la cura pastorale di più di una parrocchia viene affidata ad un solo sacerdote (13 novembre 1997): Communicationes 30 (1998), pp. 28-32.
77 Cf. C.I.C., can. CIC 539.
78 Cf. ibid., can. CIC 526 § 1.
79 Cf. ibid., cann. CIC 151 CIC 539-540.


20 Per svolgere la missione di pastore in una parrocchia, che comporta la cura piena delle anime, si richiede assolutamente l'esercizio dell'ordine sacerdotale.80 Pertanto, oltre alla comunione ecclesiale,81 il requisito esplicitamente richiesto dal diritto canonico perché qualcuno sia nominato validamente parroco è che sia stato costituito nel sacro Ordine del presbiterato.82

Per quanto si riferisce alla responsabilità del parroco nell'annuncio della parola di Dio e nella predicazione dell'autentica dottrina cattolica, il can.
CIC 528 menziona espressamente l'omelia e l'istruzione catechetica; la promozione di iniziative che diffondano lo spirito evangelico in ogni ambito della vita umana; la formazione cattolica dei fanciulli e dei giovani e l'impegno affinché, con la ordinata collaborazione dei fedeli laici, il messaggio del Vangelo possa raggiungere quelli che hanno abbandonato la pratica religiosa o non professano la vera fede,83 sicché possano, con la grazia di Dio, pervenire alla conversione. Com'è logico, il parroco non è obbligato a realizzare personalmente tutte queste mansioni, bensì a procurare che si realizzino in maniera opportuna, conformemente alla retta dottrina e alla disciplina ecclesiale, nel seno della parrocchia, a seconda delle circostanze e sempre sotto la propria responsabilità. Alcune di queste funzioni, per esempio, l'omelia durante la celebrazione eucaristica,84 dovranno essere realizzate sempre ed esclusivamente da un ministro ordinato. «  Quand'anche egli fosse superato nella facondia da altri fedeli non ordinati, ciò non cancellerebbe il suo essere ripresentazione sacramentale di Cristo Capo e Pastore, ed è da questo soprattutto che deriva l'efficacia della sua predicazione  ».85 Alcune altre funzioni, invece, per esempio, la catechesi, potranno essere anche abitualmente svolte da fedeli laici, che abbiano ricevuto la dovuta preparazione, secondo la retta dottrina e conducano una coerente vita cristiana, sempre salvo l'obbligo del contatto personale. Il beato Giovanni XXIII scriveva che «  è di somma importanza che il clero ovunque ed in ogni tempo sia fedele al suo dovere di insegnare. “Qui giova – diceva a tal proposito San Pio X – a questo solo tendere e su questo solo insistere, che cioè ogni sacerdote non è tenuto da nessun altro ufficio più grave, né è obbligato da nessun altro vincolo più stretto”  ».86

Sul parroco, come è ovvio, per effettiva carità pastorale, grava il dovere di esercitare attenta e premurosa sorveglianza, oltreché incoraggiamento, su tutti e singoli i collaboratori. In taluni paesi nei quali si annoverano fedeli appartenenti a diversi gruppi linguistici, se non sarà stata eretta una parrocchia personale87 o non sarà stata intrapresa un'altra soluzione adeguata, sarà il parroco territoriale, come pastore proprio,88 ad aver cura di rispettare le peculiari necessità dei suoi fedeli, anche per quanto attiene alle loro specifiche sensibilità culturali.

80 Cf. Conc. Ecum. Laterano III (a. 1179), can. 3; Conc. Ecum. di Lione II (a. 1274), cost. 13; C.I.C., can. CIC 150.
81 Cf. CIC, can. CIC 149 § 1.
82 Cf. ibid., can. CIC 521 § 1. Nel § 2 vengono segnalate, non esaustivamente, le principali qualità personali che integrano l'idoneità canonica per il candidato al ministero parrocchiale: sana dottrina e onestà di costumi, dotato di zelo per le anime e di ogni altra virtù, e abbia quelle qualità che sono richieste sia dal diritto universale (cioè, quelli obblighi stabiliti per i chierici in generale, cf. cann. CIC 273-279), sia dal diritto particolare (cioè quelle qualità che abbiano più incidenza nella propria Chiesa particolare).
83 Cf. ibid., can. CIC 528 § 1.
84 Cf. Congregazione per il Clero, Pontificio Consiglio per i Laici, Congregazione per la Dottrina della Fede, Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Congregazione per i Vescovi, Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Pontificio Consiglio per l'Interpretazione dei Testi Legislativi, Istruzione su alcune questioni circa la collaborazione dei fedeli laici al ministero dei sacerdoti Ecclesiae de mysterio (15 agosto 1997), : l.c., p. 864.
85 Giovanni Paolo II, Allocuzione ai partecipanti alla Plenaria della Congregazione per il Clero (23 novembre 2001): l.c., p. 216.
86 Giovanni XXIII, Lett. enc. Sacerdotii Nostri primordia, nel XI centenario del piissimo transito del Santo Curato d'Ars : AAS 51 (1959), p. 572.
87 Cf. C.I.C., can. CIC 518.
88 Cf. ibid., cann. CIC 519 CIC 529 § 1.


21 Quanto ai mezzi ordinari di santificazione, il can. CIC 528 stabilisce che il parroco si deve impegnare particolarmente perché la Santissima Eucaristia costituisca il centro della comunità parrocchiale e perché tutti i fedeli possano raggiungere la pienezza della vita cristiana mediante una consapevole ed attiva partecipazione alla sacra Liturgia, alla celebrazione dei sacramenti, alla vita di orazione e alle buone opere.

Merita considerazione il fatto che il Codice menzioni la ricezione frequente dell'Eucaristia e la pratica altrettanto frequente del sacramento della Penitenza. Il che suggerisce l'opportunità che il parroco, stabilendo gli orari delle SS. Messe e delle confessioni nella parrocchia, consideri quali siano i momenti più adeguati per la maggioranza dei fedeli, consentendo anche a coloro che hanno particolari difficoltà di orario di accostarsi agevolmente ai sacramenti. Una cura tutta particolare i parroci dovranno riservare alla confessione individuale nello spirito e nella forma stabilita dalla Chiesa.89 Si ricordino, inoltre, che essa doverosamente precede la prima comunione dei fanciulli.90 Si tenga inoltre presente che, per ovvi motivi pastorali, al fine di facilitare i fedeli, si possono ascoltare le confessioni individuali durante la celebrazione della Santa Messa.91

Ci si adoperi, inoltre, di «  rispettare la sensibilità del penitente per quanto concerne la scelta della modalità della confessione, cioè se faccia a faccia o attraverso la grata del confessionale  ».92 Anche il confessore può avere ragioni pastorali per preferire l'uso del confessionale con la grata.93

Si dovrà pure favorire al massimo la pratica della visita al Santissimo Sacramento, disponendo e stabilendo, in modo fisso, il più ampio spazio di tempo possibile perché la chiesa venga tenuta aperta. Non pochi parroci, lodevolmente, promuovono l'adorazione attraverso l'esposizione solenne del Santissimo Sacramento e la benedizione eucaristica, sperimentandone i frutti nella vitalità della parrocchia.

La Santissima Eucarestia viene custodita con amore nel tabernacolo «  come il cuore spirituale della comunità religiosa e parrocchiale  ».94 «  Senza il culto eucaristico, come proprio cuore pulsante, la parrocchia inaridisce  ».95 «  Se volete che i fedeli preghino volentieri e con pietà – diceva Pio XII al clero di Roma – precedeteli in chiesa con l'esempio, facendo orazione al loro cospetto. Un sacerdote genuflesso davanti al tabernacolo, in atteggiamento degno, in profondo raccoglimento, è un modello di edificazione, un'ammonimento e un invito all'emulazione orante per il popolo  ».96

89 Cf. le «  Propositiones  » circa le parti che compongono il segno sacramentale e le forme della celebrazione, raccolte da Giovanni Paolo II nell'Esort. ap. post-sinodale Reconciliatio e paenitentia (2 dicembre 1984), nn. RP 31, III; RP 32: AAS 77 (1985), pp. 260-264; 267.
90 Cf. C.I.C., can. CIC 914.
91 Cf. Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, in Notitiae 37 (2001), pp. 259-260.
92 Giovanni Paolo II, Discorso ai membri della Penitenzieria Apostolica (27 marzo 1993): AAS 86 (1994), p. 78.
93 Cf. C.I.C., can. CIC 964, § 3; Giovanni Paolo II, motu proprio Misericordia Dei (7 aprile 2002), 9b; Pontificio Consiglio per l'interpretazione dei Testi Legislativi, Risposta circa il can. CIC 964 § 2 (7 luglio 1998): AAS 90 (1998) p. 711.
94 Paolo VI, Lett. enc. Mysterium fidei (3 settembre 1965): AAS 57 (1965), p. MF 772.
95 Giovanni Paolo II, Allocuzione ai partecipanti alla Plenaria della Congregazione per il Clero (23 novembre 2001): l.c., p. 215.
96 Giovanni XXIII, Lett. enc. Sacerdotii Nostri primordia, nel XI centenario del piissimo transito del Santo Curato d'Ars (1º agosto 1959), IIª .


22 Dal canto suo, il can. CIC 529 contempla le principali esigenze del compimento della funzione pastorale parrocchiale, configurando in un certo senso l'atteggiamento ministeriale del parroco. Quale pastore proprio, egli si impegna nel conoscere i fedeli affidati alle sue cure evitando di cadere nel pericolo del funzionalismo: non è un funzionario che compie un ruolo ed offre dei servizi a chi li chiede. Da uomo di Dio esercita in modo integrale il proprio ministero, cercando i fedeli, visitando le famiglie, partecipando alle loro necessità, alle loro gioie; corregge con prudenza, si prende cura degli anziani, dei deboli, degli abbandonati, degli ammalati e si prodiga per i moribondi; dedica particolare attenzione ai poveri e agli afflitti; si impegna per la conversione dei peccatori, di quanti sono nell'errore ed aiuta ciascuno a compiere il proprio dovere, fomentando la crescita della vita cristiana nelle famiglie.97

Educare all'esercizio delle opere di misericordia spirituale e corporale rimane una delle priorità pastorali e segno di vitalità di una comunità cristiana.

Risulta anche significativo il compito affidato al parroco nella promozione della funzione propria dei fedeli laici nella missione della Chiesa, cioè quella di animare e perfezionare l'ordine delle realtà temporali con lo spirito evangelico e, in tal modo, di rendere testimonianza a Cristo, particolarmente nell'esercizio dei compiti secolari.98

D'altra parte, il parroco deve collaborare con il Vescovo e con gli altri presbiteri della diocesi perché i fedeli, partecipando alla comunità parrocchiale, si sentano anche membri della diocesi e della Chiesa universale.99 La crescente mobilità della società attuale rende necessario che la parrocchia non si chiuda in se stessa e sappia accogliere i fedeli di altre parrocchie che la frequentano, come pure eviti di guardare con diffidenza che alcuni parrocchiani partecipino alla vita di altre parrocchie, rettorìe, o cappellanìe.

Ricade anche, specialmente sul parroco, il dovere di promuovere con zelo, sostenere e seguire con specialissima cura le vocazioni sacerdotali.100 L'esempio personale nel mostrare la propria identità, anche visibilmente,101 nel vivere conseguentemente ad essa, unitamente alla cura delle confessioni individuali e della direzione spirituale dei giovani, nonché della catechesi sul sacerdozio ordinato, renderanno realistica l'irrinunciabile pastorale vocazionale. «  È sempre stato compito particolare del ministero sacerdotale gettare i semi della vita totalmente consacrata a Dio e suscitare l'amore per la verginità  ».102

Le funzioni che nel Codice, in modo specifico, vengono affidate al parroco103 sono: amministrare il battesimo; amministrare il sacramento della confermazione a coloro che sono in pericolo di morte, a norma del can. CIC 883, 3; 104 amministrare il Viatico e l'Unzione degli infermi, fermo restando quanto disposto del can. CIC 1003, §§ 2 e 3,105 e impartire la benedizione apostolica; assistere ai matrimoni e benedire le nozze; celebrare i funerali; benedire il fonte battesimale nel tempo pasquale, guidare le processioni e impartire le benedizioni solenni fuori dalla chiesa; celebrare la Santissima Eucaristia più solenne nelle domeniche e nelle feste di precetto.

Più che funzioni esclusive del parroco, o addirittura diritti esclusivi suoi, gli sono affidate in modo speciale in ragione della sua particolare responsabilità; deve quindi realizzarle personalmente, per quanto possibile, o almeno seguire il loro svolgimento.

97 Cf. C.I.C., can. CIC 529 § 1.
98 Cf. ibid., can. CIC 225.
99 Cf. ibid., can. CIC 529 § 2.
100 Cf. C.I.C., can. CIC 233 § 1; Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992), n. PDV 41: l.c., p. 727.
101 Cf. Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei Presbiteri Tota Ecclesia .
102 Sant'Ambrogio, De virginatate 5,26: PL 16, p. 286.
103 C.I.C., can. CIC 530.
104 Ibid., can. CIC 883, 3º: «  Per il diritto stesso hanno facoltà di amministrare la confermazione: (...) 3º: in riferimento a coloro che si trovano in pericolo di morte, il parroco, anzi ogni presbitero  ».
105 Ibid., can. CIC 1003 § 2: «  Hanno il dovere e il diritto di amministrare l'unzione degli infermi tutti i sacerdoti ai quali è demandata la cura delle anime, ai fedeli affidati al loro ufficio pastorale; per una ragionevole causa, qualunque sacerdote può amministrare questo sacramento con il consenso almeno presunto del sacerdote di cui sopra  ». § 3: «  A qualunque sacerdote è lecito portare con sé l'olio benedetto, perché sia in grado di amministrare, in caso di necessità, il sacramento dell'unzione degli infermi  ».


23 Laddove si verifica scarsità di sacerdoti si può ipotizzare, come succede in taluni luoghi, che il Vescovo, avendo tutto considerato con prudenza, affidi nelle modalità canonicamente consentite, una collaborazione «  ad tempus  » nell'esercizio della cura pastorale della parrocchia ad una o diverse persone non insignite del carattere sacerdotale.106 Tuttavia, in questi casi, devono essere attentamente osservate e protette le proprietà originarie di diversità e complementarietà tra i doni e le funzioni dei ministri ordinati e dei fedeli laici, proprie della Chiesa, che Dio ha voluto organicamente strutturata. Ci sono situazioni oggettivamente straordinarie che giustificano tale collaborazione. Essa, tuttavia, non può legittimamente superare i confini della specificità ministeriale e laicale.

Nel desiderio di purificare una terminologia che potrebbe indurre alla confusione, la Chiesa ha riservato le espressioni che indicano «  capitalità  » – come quelle di «  pastore  », «  cappellano  », «  direttore  », «  coordinatore  » o equivalenti – esclusivamente ai sacerdoti.107

Il Codice, in effetti, nel titolo dedicato ai diritti e ai doveri dei fedeli laici, distingue i compiti o le funzioni che, come diritto e dovere proprio, appartengono a qualunque laico, da altri che si situano nella linea di collaborazione al ministero pastorale. Questi costituiscono una capacitas o habilitas il cui esercizio dipende dalla chiamata dei legittimi pastori ad assumerli.108 Non sono pertanto dei diritti.

106 Cf. ibid., can.
CIC 517 § 2.
107 Giovanni Paolo II, Allocuzione ai partecipanti alla Plenaria della Congregazione per il Clero (23 novembre 2001): l.c., p. 214.
108 Cf. C.I.C., cann. CIC 228 CIC 229, §§ 1 e 3; CIC 230.


24 Tutto ciò è stato espresso da Giovanni Paolo II nell'Esortazione Apostolica post-sinodale Christifideles laici: «  La missione salvifica della Chiesa nel mondo è attuata non solo dai ministri in virtù del sacramento dell'Ordine ma anche da tutti i fedeli laici. Questi, infatti, in virtù della loro condizione battesimale e della loro specifica vocazione, nella misura a ciascuno propria, partecipano all'ufficio sacerdotale, profetico e regale. I pastori, pertanto, devono riconoscere e promuovere i ministeri, gli uffici e le funzioni dei fedeli laici, che hanno il loro fondamento sacramentale nel Battesimo e nella Confermazione, nonché, per molti di loro, nel Matrimonio. Quando poi la necessità o l'utilità della Chiesa lo esige, i pastori possono affidare “ad tempus” a fedeli laici, secondo le norme stabilite dal diritto universale, alcuni compiti che sono connessi con il loro proprio ministero di pastori ma che non esigono il carattere dell'Ordine  » (n. CL 23). Questo stesso documento ricorda inoltre il principio basilare che regge tale collaborazione e i suoi limiti invalicabili: «  L'esercizio però di questi compiti non fa del fedele laico un pastore: in realtà non è il compito a costituire il ministero, bensì l'ordinazione sacramentale. Solo il sacramento dell'Ordine attribuisce al ministero ordinato una peculiare partecipazione all'ufficio di Cristo Capo e Pastore e al suo sacerdozio eterno. Il compito esercitato in veste di supplente deriva la sua legittimazione immediatamente e formalmente dalla deputazione ufficiale data dai pastori e nella sua concreta attuazione è diretto dall'autorità ecclesiastica  » (n. CL 23).109

In quei casi di affidamento a fedeli non ordinati, deve essere necessariamente costituito come moderatore un sacerdote, con la potestà e i doveri di parroco, che diriga personalmente la cura pastorale.110 Com'è logico, la partecipazione all'ufficio parrocchiale è diversa nel caso del presbitero designato per dirigere l'attività pastorale – munito delle facoltà di parroco –, che svolge le funzioni esclusive del sacerdote, e nel caso delle altre persone che non hanno ricevuto l'ordine del presbiterato e partecipano sussidiariamente all'esercizio delle altre funzioni.111 Il religioso non sacerdote, la religiosa, il fedele laico, chiamati a partecipare nell'esercizio della cura pastorale, possono svolgere mansioni di tipo amministrativo, nonché di formazione e di animazione spirituale, mentre non possono logicamente svolgere funzione di cura piena delle anime, in quanto questa richiede il carattere sacerdotale. Possono comunque supplire l'assenza del ministro ordinato in quelle funzioni liturgiche adeguate alla loro condizione canonica, enumerate dal can. CIC 230 § 3: «  esercitare il ministero della parola, presiedere alle preghiere liturgiche, amministrare il battesimo e distribuire la sacra Comunione secondo le disposizioni del diritto  ».112 I diaconi, pur non potendo essere situati sullo stesso piano degli altri fedeli, non possono tuttavia esercitare una piena cura animarum.113

È conveniente che il Vescovo diocesano verifichi, con la massima prudenza e pastorale lungimiranza, anzitutto l'autentico stato di necessità e, quindi, stabilisca le condizioni di idoneità delle persone chiamate a questa collaborazione e definisca le funzioni che devono attribuirsi ad ognuna di loro secondo le circostanze delle rispettive comunità parrocchiali. In ogni caso, in assenza di una chiara distribuzione di funzioni, spetta al presbitero moderatore determinare ciò che si deve fare. L'eccezionalità e provvisorietà di queste formule richiede che, nel seno di quelle comunità parrocchiali, si promuova al massimo la consapevolezza dell'assoluta necessità delle vocazioni sacerdotali, se ne coltivino con amorosa cura i germi, si promuova la preghiera, sia comunitaria che personale, anche per la santificazione dei sacerdoti.

Affinché le vocazioni sacerdotali possano più facilmente fiorire in una comunità, giova molto che in essa sia vivo e diffuso il sentimento di autentico affetto, di profonda stima, di forte entusiasmo per la realtà della Chiesa, Sposa di Cristo, collaboratrice dello Spirito Santo nell'opera di salvezza.

Occorrerebbe tenere sempre desta negli animi dei credenti quella gioia e quella santa fierezza dell'appartenenza ecclesiale, che è così ovvia, per esempio, nella prima lettera di Pietro e nell'Apocalisse (cf. 1P 3,14 Ap 2,13 Ap 2,17 Ap 7,9 Ap 14,1ss.; Ap 19,6 Ap 22,14). Senza la gioia e la fierezza di questa appartenenza, diventerebbe arduo, sul piano psicologico, salvaguardare e sviluppare la stessa vita di fede. Non ci si può meravigliare che, almeno sul piano psicologico, in taluni contesti, le vocazioni sacerdotali fatichino a germinare e a pervenire a maturazione.

«  Sarebbe errore fatale rassegnarsi alle attuali difficoltà e comportarsi, di fatto, come se ci si dovesse preparare ad una Chiesa del domani, immaginata quasi priva di presbiteri. In questo modo, le misure adottate per rimediare a carenze attuali risulterebbero per la comunità ecclesiale, nonostante ogni buona volontà, di fatto, seriamente pregiudizievoli  ».114

109 Cf. anche Presbyterorum Ordinis, n. PO 2; Catechismo della Chiesa Cattolica, n. CEC 1563.
110 Cf. C.I.C., can. CIC 517 § 2; Catechismo della Chiesa Cattolica, n. CEC 911.
111 Cf. Congregazione per il Clero, Pontificio Consiglio per i Laici, Congregazione per la Dottrina della Fede, Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Congregazione per i Vescovi, Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Pontificio Consiglio per l'Interpretazione dei Testi Legislativi, Istruzione su alcune questioni circa la collaborazione dei fedeli laici al ministero dei sacerdoti Ecclesiae de mysterio (15 agosto 1997), «  Principi teologici  » e «  Disposizioni pratiche  »: l.c., ; C.I.C., can. CIC 517 § 2.
112 Cf. Congregazione per il Clero, Pontificio Consiglio per i Laici, Congregazione per la Dottrina della Fede, Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Congregazione per i Vescovi, Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Pontificio Consiglio per l'Interpretazione dei Testi Legislativi, Istruzione su alcune questioni circa la collaborazione dei fedeli laici al ministero dei sacerdoti Ecclesiae de mysterio (15 agosto 1997), ; 8: l.c., pp. 869; 870-872.
113 Cf. C.I.C., can. CIC 150; Catechismo della Chiesa Cattolica nn. CEC 1554 CEC 1570.
114 Giovanni Paolo II, Allocuzione ai partecipanti alla Plenaria della Congregazione per il Clero (23 novembre 2001): l.c., p. 216.


25 «  Quando si tratta di partecipare all'esercizio della cura pastorale di una parrocchia – nei casi in cui essa, per scarsità di presbiteri, non potesse avvalersi della cura immediata di un parroco – i diaconi permanenti hanno sempre la precedenza sui fedeli non ordinati  ».115 In virtù dell'Ordine sacro, «  il diacono, infatti, è maestro, in quanto proclama ed illustra la parola di Dio; è santificatore, in quanto amministra il sacramento del battesimo, dell'Eucarestia e i sacramentali, partecipa alla celebrazione della santa Messa, in veste di “ministro del Sangue”, conserva e distribuisce l'Eucarestia; è guida, in quanto è animatore di comunità o di settori della vita ecclesiale  ».116

Particolare accoglienza sarà riservata ai diaconi, candidati al sacerdozio, che prestano servizio pastorale in parrocchia. Per essi il parroco, d'intesa con i superiori del seminario, sarà guida e maestro, nella consapevolezza che anche dalla sua testimonianza di coerenza con la propria identità, di generosità missionaria nel servizio e di amore alla parrocchia, potrà dipendere la donazione sincera e totale a Cristo da parte del candidato al sacerdozio.

115 Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei diaconi permanenti Diaconatus originem : AAS 90 (1998), p. 901.
116 Ibid., : l.c., p. 889.


26 Ad immagine del consiglio pastorale della diocesi,117 è prevista dalla normativa canonica la possibilità di costituire – se considerato opportuno dal Vescovo diocesano, ascoltato il consiglio presbiterale 118 – anche un consiglio pastorale parrocchiale, la cui finalità basilare è quella di servire, in un alveo istituzionale, l'ordinata collaborazione dei fedeli nello sviluppo dell'attività pastorale 119 propria dei presbiteri. Si tratta di un organo consultivo costituito affinché i fedeli, esprimendo una responsabilità battesimale, possano aiutare il parroco che lo presiede,120 mediante la loro consulenza in materia pastorale.121 «  I fedeli laici devono essere sempre più convinti del particolare significato che assume l'impegno apostolico nella loro parrocchia  »; occorre incoraggiare per una «  valorizzazione più convinta e ampia dei Consigli pastorali parrocchiali  ».122 La ragione è chiara e convergente: «  Nelle circostanze attuali i fedeli laici possono e devono fare moltissimo per la crescita di un'autentica comunione ecclesiale all'interno delle loro parrocchie e per ridestare lo slancio missionario verso i non credenti e verso gli stessi credenti che hanno abbandonato o affievolito la pratica della vita cristiana  ».123

«  Tutti i fedeli hanno la facoltà, anzi talora anche il dovere, di fare conoscere il loro parere su cose concernenti il bene della Chiesa”, cosa che può avvenire anche grazie a istituzioni stabilite a tal fine: [...]. Il consiglio pastorale potrà prestare un aiuto utilissimo ... facendo proposte e dando suggerimenti riguardo alle iniziative missionarie, catechetiche e apostoliche [...] riguardo alla promozione della formazione dottrinale e della vita sacramentale dei fedeli; riguardo all'aiuto da dare all'azione pastorale dei sacerdoti nei diversi ambiti sociali o zone territoriali; circa il modo di sensibilizzare sempre meglio la pubblica opinione, ecc.  ».124 Il consiglio pastorale appartiene all'ambito delle relazioni di mutuo servizio tra il parroco e i suoi fedeli e, quindi, non avrebbe senso considerarlo come un organo che subentra al parroco nella direzione della parrocchia o che, con un criterio di maggioranza, praticamente condizioni la guida del parroco.

Nello stesso senso, i sistemi di delibera riguardo alle questioni economiche della parrocchia, salvo restando la norma di diritto per la retta ed onesta amministrazione, non possono condizionare il ruolo pastorale del parroco, il quale è rappresentante legale e amministratore dei beni della parrocchia.125

117 Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Christus Dominus, n.
CD 27; C.I.C., cann. CIC 511-514.
118 Cf. C.I.C., can. CIC 536 § 1.
119 Cf. ibid., can. CIC 536 § 1.
120 Cf. ibid., can. CIC 536 § 1.
121 Cf. Congregazione per il Clero, Pontificio Consiglio per i Laici, Congregazione per la Dottrina della Fede, Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Congregazione per i Vescovi, Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Pontificio Consiglio per l'Interpretazione dei Testi Legislativi, Istruzione su alcune questioni circa la collaborazione dei fedeli laici al ministero dei sacerdoti Ecclesiae de mysterio (15 agosto 1997), : l.c., pp. 867-868.
122 Cf. Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Christifideles laici (30 dicembre 1988), n. CL 27: l.c., p. 441.
123 Ibidem.
124 Sacra Congregazione per il Clero, Lett. circ. Omnes christifideles (25 gennaio 1973), nn. 4; 9.
125 Cf. C.I.C., cann. CIC 532 CIC 1279, § 1.



Il Presbitero Pastore 15