Vita consecrata IT 48

La vita consacrata e la Chiesa particolare


48 Un ruolo significativo spetta alle persone consacrate anche all'interno delle Chiese particolari. E questo un aspetto che, partendo dalla dottrina conciliare sulla Chiesa come comunione e mistero e sulle Chiese particolari come porzione del Popolo di Dio nelle quali «è veramente presente e agisce la Chiesa di Cristo una, santa, cattolica e apostolica», è stato approfondito e codificato in vari documenti successivi. Alla luce di questi testi appare in tutta evidenza il fondamentale rilievo che la collaborazione delle persone consacrate con i Vescovi riveste per l'armonioso sviluppo della pastorale diocesana. Molto possono contribuire i carismi della vita consacrata all'edificazione della carità nella Chiesa particolare. Le varie forme in cui vengono vissuti i consigli evangelici, infatti, sono espressione e frutto di doni spirituali ricevuti da fondatori e fondatrici e, come tali, costituiscono una «esperienza dello Spirito, trasmessa ai propri discepoli per essere da questi vissuta, custodita, approfondita e costantemente sviluppata in sintonia con il Corpo di Cristo in perenne crescita». L'indole propria di ciascun Istituto comporta uno stile particolare di santificazione e di apostolato, che tende a consolidarsi in una determinata tradizione, caratterizzata da elementi oggettivi. Per questo la Chiesa ha cura che gli Istituti crescano e si sviluppino secondo lo spirito dei fondatori e delle fondatrici e le loro sane tradizioni. Di conseguenza, è riconosciuta ai singoli Istituti una giusta autonomia , grazie alla quale essi possono valersi di una propria disciplina e conservare integro il loro patrimonio spirituale ed apostolico. E compito degli Ordinari dei luoghi conservare e tutelare tale autonomia. Pertanto ai Vescovi è chiesto di accogliere e stimare i carismi della vita consacrata, dando loro spazio nei progetti della pastorale diocesana. Una particolare premura devono avere per gli Istituti di diritto diocesano, che sono affidati alla cura speciale del Vescovo del luogo. Una diocesi che restasse senza vita consacrata, oltre a perdere tanti doni spirituali, appropriati luoghi di ricerca di Dio, specifiche attività apostoliche e metodologie pastorali, rischierebbe di trovarsi grandemente indebolita in quello spirito missionario che è proprio della maggioranza degli Istituti. E pertanto doveroso corrispondere al dono della vita consacrata, che lo Spirito suscita nella Chiesa particolare, accogliendolo generosamente con rendimento di grazie.

Una feconda e ordinata comunione ecclesiale


49 Il Vescovo è padre e pastore dell'intera Chiesa particolare. A lui compete di riconoscere e rispettare i singoli carismi, di promuoverli e coordinarli. Nella sua carità pastorale accoglierà pertanto il carisma della vita consacrata come grazia che non riguarda soltanto un Istituto, ma rifluisce a vantaggio di tutta la Chiesa. Cercherà così di sostenere ed aiutare le persone consacrate, affinché, in comunione con la Chiesa, si aprano a prospettive spirituali e pastorali corrispondenti alle esigenze del nostro tempo, in fedeltà all'ispirazione fondazionale. Da parte loro, le persone di vita consacrata non mancheranno di offrire generosamente la loro collaborazione alla Chiesa particolare secondo le proprie forze e nel rispetto del proprio carisma, operando in piena comunione col Vescovonell'ambito della evangelizzazione, della catechesi, della vita delle parrocchie. Giova ricordare che, nel coordinare il servizio alla Chiesa universale con quello alla Chiesa particolare, gli Istituti non possono invocare la legittima autonomia e la stessa esenzione, di cui molti di loro godono, per giustificare scelte che di fatto contrastano con le esigenze di organica comunione poste da una sana vita ecclesiale. Occorre invece che le iniziative pastorali delle persone consacrate siano decise ed attuate sulla base di un dialogo cordiale e aperto tra Vescovi e Superiori dei vari Istituti. La speciale attenzione da parte dei Vescovi alla vocazione e missione degli Istituti e il rispetto, da parte di questi, del ministero dei Vescovi, con la pronta accoglienza delle loro concrete indicazioni pastorali per la vita diocesana, rappresentano due forme intimamente connesse di quell'unica carità ecclesiale che impegna tutti al servizio della comunione organica — carismatica e insieme gerarchicamente strutturata — dell'intero Popolo di Dio.

Un costante dialogo animato dalla carità


50 Per promuovere la reciproca conoscenza, presupposto necessario di una fattiva cooperazione soprattutto in ambito pastorale, è quanto mai opportuno un costante dialogo di Superiori e Superiore degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica con i Vescovi. Grazie a questi abituali contatti, Superiori e Superiore potranno informare i Vescovi circa le iniziative apostoliche che intendono avviare nelle loro diocesi, per giungere con essi ai necessari accordi operativi. Allo stesso modo, conviene che persone delegate dalle Conferenze dei Superiori e delle Superiore maggiori siano invitate ad assistere alle assemblee delle Conferenze dei Vescovi e che, viceversa, delegati delle Conferenze episcopali vengano invitati alle Conferenze dei Superiori e delle Superiore maggiori, secondo modalità da determinare. In questa prospettiva sarà di grande giovamento che, ove ancora non ci fossero, siano costituite e rese operanti, a livello nazionale,commissioni miste di Vescovi e Superiori e Superiore maggiori che esaminino insieme i problemi di comune interesse. Alla miglior conoscenza reciproca contribuirà pure l'inserimento della teologia e della spiritualità della vita consacrata nel piano di studi teologici dei presbiteri diocesani, come pure la previsione, nella formazione delle persone consacrate, di una adeguata trattazione della teologia della Chiesa particolare e della spiritualità del clero diocesano. infine consolante ricordare che, al Sinodo, non solo sono stati numerosi gli interventi circa la dottrina della comunione, ma grande è stata anche la soddisfazione per l'esperienza di dialogo vissuta, in un clima di reciproca fiducia ed apertura, tra i Vescovi e i religiosi e le religiose presenti. Ciò ha suscitato il desiderio che «tale esperienza spirituale di comunione e collaborazione si estenda a tutta la Chiesa» anche dopo il Sinodo. E' auspicio che faccio mio per la crescita in tutti della mentalità e della spiritualità di comunione.

La fraternità in un mondo diviso e ingiusto


51 La Chiesa affida alle comunità di vita consacrata il particolare compito di far crescere la spiritualità della comunione prima di tutto al proprio interno e poi nella stessa comunità ecclesiale ed oltre i suoi confini, aprendo o riaprendo costantemente il dialogo della carità, soprattutto dove il mondo di oggi è lacerato dall'odio etnico o da follie omicide. Collocate nelle diverse società del nostro pianeta — società percorse spesso da passioni e da interessi contrastanti, desiderose di unità ma incerte sulle vie da prendere — le comunità di vita consacrata, nelle quali si incontrano come fratelli e sorelle persone di differenti età, lingue e culture, si pongono come segno di un dialogo sempre possibile e di una comunione capace di armonizzare le diversità. Le comunità di vita consacrata sono mandate ad annunziare, con la testimonianza della loro vita, il valore della fraternità cristiana e la forza trasformante della Buona Novella,che fa riconoscere tutti come figli di Dio e spinge all'amore oblativo verso tutti, specialmente verso gli ultimi. Queste comunità sono luoghi di speranza e di scoperta delle Beatitudini, luoghi nei quali l'amore, attingendo alla preghiera, sorgente della comunione, è chiamato a diventare logica di vita e fonte di gioia. Soprattutto gli Istituti internazionali, in quest'epoca caratterizzata dalla mondializzazione dei problemi e insieme dal ritorno degli idoli del nazionalismo, hanno il compito di tener vivo e di testimoniare il senso della comunione tra i popoli, le razze, le culture. In un clima di fraternità, l'apertura alla dimensione mondiale dei problemi non soffocherà le ricchezze particolari, né l'affermazione di una particolarità creerà contrasto con le altre né con l'unità. Gli Istituti internazionali possono fare questo con efficacia, dovendo essi stessi affrontare creativamente la sfida dell'inculturazione e conservare nello stesso tempo la loro identità.

Comunione fra i diversi Istituti


52 Il fraterno rapporto spirituale e la mutua collaborazione fra i diversi Istituti di vita consacrata e Società di vita apostolica sono sostenuti e alimentati dal senso ecclesiale di comunione. Persone che sono fra loro unite dal comune impegno della sequela di Cristo ed animate dal medesimo Spirito non possono non manifestare visibilmente, come tralci dell'unica Vite, la pienezza del Vangelo dell'amore. Memori dell'amicizia spirituale, che spesso ha legato sulla terra i diversi fondatori e fondatrici, esse, restando fedeli all'indole del proprio Istituto, sono chiamate ad esprimere un'esemplare fraternità, che sia di stimolo alle altre componenti ecclesiali nel quotidiano impegno di testimonianza al Vangelo.Sono sempre attuali le parole di san Bernardo, a proposito dei diversi Ordini religiosi: «Io li ammiro tutti. Appartengo ad uno di essi con l'osservanza, ma a tutti nella carità. Abbiamo bisogno tutti gli uni degli altri: il bene spirituale che io non ho e non possiedo, lo ricevo dagli altri [...]. In questo esilio, la Chiesa è ancora in cammino e, se posso dire così, plurale: è una pluralità unica e una unità plurale. E tutte le nostre diversità, che manifestano la ricchezza dei doni di Dio, sussisteranno nell'unica casa del Padre, che comporta tante dimore. Adesso c'è divisione di grazie: allora ci sarà distinzione di glorie. L'unità, sia qui che là, consiste in una medesima carità».

Organismi di coordinamento


53 Un notevole contributo alla comunione può essere dato dalle Conferenze dei Superiori e delle Superiore maggiori e dalle Conferenze degli Istituti secolari. Incoraggiati e regolamentati dal Concilio Vaticano II e da documenti successivi,questi organismi hanno per scopo principale la promozione della vita consacrata inserita nella compagine della missione ecclesiale. Per loro tramite, gli Istituti esprimono la comunione tra loro e cercano i mezzi per rafforzarla, nel rispetto e nella valorizzazione delle specificità dei vari carismi, nei quali si rispecchiano il mistero della Chiesa e la multiforme sapienza di Dio. Incoraggio gli Istituti di vita consacrata a collaborare tra di loro, specie in quei Paesi dove, per particolari difficoltà, può essere forte la tentazione di ripiegarsi su di sé, a danno della stessa vita consacrata e della Chiesa. Occorre invece che si aiutino a vicenda nel cercare di capire il disegno di Dio nell'attuale travaglio della storia, per meglio rispondervi con iniziative apostoliche adeguate. In questo orizzonte di comunione aperto alle sfide del nostro tempo, i Superiori e le Superiore, «operando in sintonia con l'episcopato», cerchino di «usufruire dell'opera dei migliori collaboratori di ciascun Istituto e offrire servizi che non solo aiutino a superare eventuali limiti, ma creino uno stile valido di formazione alla vita consacrata». Esorto le Conferenze dei Superiori e delle Superiore maggiori e le Conferenze degli Istituti Secolari a curare anche frequenti e regolari contatti con la Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, come manifestazione della loro comunione con la Santa Sede. Un rapporto attivo e fiducioso dovrà pure essere intrattenuto con le Conferenze episcopali dei singoli Paesi. Nello spirito del documentoMutuae relationes, sarà conveniente che tale rapporto assuma una forma stabile, così da rendere possibile il costante e tempestivo coordinamento delle iniziative via via emergenti. Se tutto questo sarà attuato con perseveranza e spirito di fedele adesione alle direttive del Magistero, gli organismi di collegamento e di comunione si riveleranno particolarmente utili per trovare soluzioni che evitino incomprensioni e tensioni sul piano sia teorico che pratico;in questo modo saranno di sostegno non solo alla crescita della comunione tra gli Istituti di vita consacrata e i Vescovi, ma anche allo svolgimento della stessa missione delle Chiese particolari.

Comunione e collaborazione con i laici


54 Uno dei frutti della dottrina della Chiesa come comunione, in questi anni, è stata la presa di coscienza che le sue varie componenti possono e devono unire le loro forze, in atteggiamento di collaborazione e di scambio di doni, per partecipare più efficacemente alla missione ecclesiale. Ciò contribuisce a dare un'immagine più articolata e completa della Chiesa stessa, oltre che a rendere più efficace la risposta alle grandi sfide del nostro tempo, grazie all'apporto corale dei diversi doni. I rapporti con i laici, nel caso di Istituti monastici e contemplativi, si configurano come una relazione prevalentemente spirituale, mentre per gli Istituti impegnati sul versante dell'apostolato si traducono anche in forme di collaborazione pastorale. I membri poi degli Istituti secolari, laici o chierici, entrano in rapporto con gli altri fedeli nelle forme ordinarie della vita quotidiana. Oggi non pochi Istituti, spesso in forza delle nuove situazioni, sono pervenuti alla convinzione che il loro carisma può essere condiviso con i laici. Questi vengono perciò invitati a partecipare in modo più intenso alla spiritualità e alla missione dell'Istituto medesimo. Si può dire che, sulla scia di esperienze storiche come quella dei diversi Ordini secolari o Terz'Ordini, è iniziato un nuovo capitolo, ricco di speranze, nella storia delle relazioni tra le persone consacrate e il laicato.

Per un rinnovato dinamismo spirituale ed apostolico


55 Questi nuovi percorsi di comunione e di collaborazione meritano di essere incoraggiati per diversi motivi. Potrà infatti derivarne, innanzitutto, un'irradiazione di operosa spiritualità al di là delle frontiere dell'Istituto, che conterà così su nuove energie, anche per assicurare alla Chiesa la continuità di certe sue forme tipiche di servizio. Un'altra conseguenza positiva potrà poi essere l'agevolazione di una più intensa sinergia tra persone consacrate e laici in ordine alla missione: mossi dagli esempi di santità delle persone consacrate, i laici saranno introdotti all'esperienza diretta dello spirito dei consigli evangelici, e saranno così incoraggiati a vivere e a testimoniare lo spirito delle Beatitudini, in vista della trasformazione del mondo secondo il cuore di Dio. La partecipazione dei laici non raramente porta inattesi e fecondi approfondimenti di alcuni aspetti del carisma, ridestandone un'interpretazione più spirituale e spingendo a trarne indicazioni per nuovi dinamismi apostolici. In qualunque attività o ministero siano impegnate, le persone consacrate ricorderanno, pertanto, di dover essere innanzitutto guide esperte di vita spirituale, e coltiveranno in questa prospettiva «il talento più prezioso: lo spirito».A loro volta i laici offrano alle famiglie religiose il prezioso contributo della loro secolarità e del loro specifico servizio.

Laici volontari e associati


56 Una espressione significativa di partecipazione laicale alle ricchezze della vita consacrata è l'adesione di fedeli laici ai vari Istituti nella nuova forma dei cosiddetti membri associati o, secondo le esigenze presenti in alcuni contesti culturali, di persone che condividono, per un certo periodo di tempo, la vita comunitaria e la particolare dedizione contemplativa o apostolica dell'Istituto, sempre che ovviamente l'identità della sua vita interna non ne patisca danno. giusto circondare di grande stima il volontariato che attinge alle ricchezze della vita consacrata; occorre però curarne la formazione, affinché i volontari, oltre alla competenza, abbiano sempre profonde motivazioni soprannaturali nei loro propositi e vivo senso comunitario ed ecclesiale nei loro progetti. E da tener presente poi che iniziative nelle quali siano coinvolti laici anche a livello decisionale, per essere considerate opera di un determinato Istituto, devono perseguirne i fini ed essere attuate sotto la sua responsabilità. Perciò, se dei laici ne assumono la direzione, essi risponderanno di tale conduzione ai Superiori e Superiore competenti. E' opportuno che tutto questo sia vagliato e regolato da apposite direttive dei singoli Istituti, approvate dall'Autorità Superiore, in cui siano previste le rispettive competenze dell'Istituto stesso, delle comunità, dei membri associati o dei volontari. Le persone consacrate, inviate dai loro Superiori e Superiore e restando alle loro dipendenze, possono essere presenti con specifiche forme di collaborazione in iniziative laicali, particolarmente in organizzazioni ed istituzioni che si interessano dell'emarginazione e hanno lo scopo di alleviare la sofferenza umana. Tale collaborazione, se è animata e sostenuta da una chiara e forte identità cristiana ed è rispettosa dell'indole propria della vita consacrata, può far brillare la forza illuminante del Vangelo nelle situazioni più oscure dell'esistenza umana. In questi anni, non poche persone consacrate sono entrate in qualcuno deimovimenti ecclesiali sviluppatisi nel nostro tempo. Da tali esperienze gli interessati traggono in genere beneficio, specialmente sul piano del rinnovamento spirituale. Tuttavia non si può negare che, in alcuni casi, ciò generi disagi e disorientamento a livello personale e comunitario, specialmente quando queste esperienze entrano in conflitto con le esigenze della vita comune e della spiritualità dell'Istituto. Occorrerà pertanto curare che l'adesione ai movimenti ecclesiali avvenga nel rispetto del carisma e della disciplina del proprio Istituto,col consenso dei Superiori e delle Superiore e nella piena disponibilità ad accoglierne le decisioni.

La dignità e il ruolo della donna consacrata


57 La Chiesa rivela pienamente la sua multiforme ricchezza spirituale quando, superate le discriminazioni, accoglie come una vera benedizione i doni da Dio riversati sia negli uomini che nelle donne, tutti valorizzando nella loro pari dignità. Le donne consacrate sono chiamate in modo tutto speciale ad essere, attraverso la loro dedizione vissuta in pienezza e con gioia, un segno della tenerezza di Dio verso il genere umano ed una testimonianza particolare del mistero della Chiesa che è vergine, sposa e madre. Tale loro missione non ha mancato di manifestarsi al Sinodo, al quale hanno partecipato numerose, potendo far sentire la loro voce, che è stata ascoltata ed apprezzata da tutti. Grazie anche ai loro contributi sono emerse utili indicazioni per la vita della Chiesa e per la sua missione evangelizzatrice. Certo, non si può non riconoscere la fondatezza di molte rivendicazioni concernenti la posizione della donna in diversi ambiti sociali ed ecclesiali. Ugualmente è doveroso rilevare che la nuova coscienza femminile aiuta anche gli uomini a rivedere i loro schemi mentali, il loro modo di autocomprendersi, di collocarsi nella storia e di interpretarla, di organizzare la vita sociale, politica, economica, religiosa, ecclesiale. La Chiesa, che ha ricevuto da Cristo un messaggio di liberazione, ha la missione di diffonderlo profeticamente, promuovendo mentalità e condotta conformi alle intenzioni del Signore. In questo contesto la donna consacrata, a partire dalla sua esperienza di Chiesa e di donna nella Chiesa, può contribuire ad eliminare certe visioni unilaterali, che non manifestano il pieno riconoscimento della sua dignità, del suo apporto specifico alla vita e all'azione pastorale e missionaria della Chiesa. Per questo è legittimo che la donna consacrata aspiri a veder riconosciuta più chiaramente la sua identità, la sua capacità, la sua missione, la sua responsabilità sia nella coscienza ecclesiale che nella vita quotidiana. Anche il futuro della nuova evangelizzazione, come del resto di tutte le altre forme di azione missionaria, è impensabile senza un rinnovato contributo delle donne, specialmente delle donne consacrate.

Nuove prospettive di presenza e di azione


58 E, pertanto, urgente compiere alcuni passi concreti, a partire dall'apertura alle donne di spazi di partecipazione in vari settori e a tutti i livelli, anche nei processi di elaborazione delle decisioni, soprattutto in ciò che le riguarda. E necessario anche che la formazione delle donne consacrate, non meno di quella degli uomini, sia adeguata alle nuove urgenze e preveda tempo sufficiente e valide opportunità istituzionali per un'educazione sistematica, estesa a tutti i campi, da quello teologico-pastorale a quello professionale. La formazione pastorale e catechetica, sempre importante, assume particolare rilievo in vista della nuova evangelizzazione, che richiede anche dalle donne nuove forme di partecipazione. Si può ritenere che l'approfondimento formativo, mentre aiuterà la donna consacrata a comprendere meglio i propri doni, non mancherà di stimolare la necessaria reciprocità all'interno della Chiesa. Anche nel campo della riflessione teologica, culturale e spirituale ci si attende molto dal genio della donna in ciò che riguarda non solo la specificità della vita consacrata femminile, ma anche l'intelligenza della fede in tutte le sue espressioni. A questo proposito, quanto deve la storia della spiritualità a sante come Teresa di Gesù e Caterina da Siena, le prime due donne insignite del titolo di Dottore della Chiesa, e a tante altre mistiche per quanto concerne l'esplorazione del mistero di Dio e l'analisi della sua azione nel credente! La Chiesa conta molto sulle donne consacrate per un contributo originale nella promozione della dottrina, dei costumi, della stessa vita familiare e sociale, specialmente in ciò che attiene alla dignità della donna e al rispetto della vita umana.Infatti, «le donnehanno uno spazio di pensiero e di azione singolare e forse determinante: tocca a loro di farsi promotrici di un “nuovo femminismo” che, senza cadere nella tentazione di rincorrere modelli “maschilisti', sappia riconoscere ed esprimere il vero genio femminile in tutte le manifestazioni della convivenza civile, operando per il superamento di ogni forma di discriminazione, di violenza e di sfruttamento».'è motivo di sperare che da un più profondo riconoscimento della missione della donna, la vita consacrata femminile tragga una sempre maggiore consapevolezza del proprio ruolo e un'accresciuta dedizione alla causa del Regno di Dio. Ciò potrà tradursi in molteplici opere, quali l'impegno per l'evangelizzazione, l'attività educativa, la partecipazione nella formazione dei futuri sacerdoti e delle persone consacrate, l'animazione della comunità cristiana, l'accompagnamento spirituale, la promozione dei fondamentali beni della vita e della pace. Alle donne consacrate e alla loro straordinaria capacità di dedizione esprimo ancora una volta l'ammirata riconoscenza della Chiesa intera, che le sostiene perché vivano in pienezza e con gioia la loro vocazione e si sentano interpellate dall'alto compito di aiutare a formare la donna di oggi.


II. CONTINUITÀ NELL'OPERA DELLO SPIRITO SANTO: FEDELTÀ NELLA NOVITÀ

Le monache di clausura


59 Particolare attenzione meritano la vita monastica femminile e la clausura delle monache, per l'altissima stima che la comunità cristiana nutre verso questo genere di vita, segno dell'unione esclusiva della Chiesa-Sposa con il suo Signore, sommamente amato. In effetti, la vita delle monache di clausura, impegnate in modo precipuo nella preghiera, nell'ascesi e nel fervido progresso della vita spirituale, «non è altro che un tendere alla Gerusalemme celeste, un'anticipazione della Chiesa escatologica, fissa nel possesso e nella contemplazione di Dio». Alla luce di questa vocazione e missione ecclesiale, la clausura risponde all'esigenza, avvertita come prioritaria, di stare con il Signore. Scegliendo uno spazio circoscritto come luogo di vita, le claustrali partecipano all'annientamento di Cristo, mediante una povertà radicale che si esprime nella rinuncia non solo alle cose, ma anche allo «spazio», ai contatti, a tanti beni del creato. Questo modo particolare di donare il «corpo» le immette più sensibilmente nel mistero eucaristico. Esse si offrono con Gesù per la salvezza del mondo. La loro offerta, oltre all'aspetto di sacrificio e di espiazione, acquista anche quello di rendimento di grazie al Padre, nella partecipazione all'azione di grazie del Figlio diletto. Radicata in questa tensione spirituale, la clausura non è solo un mezzo ascetico di immenso valore, ma un modo di vivere la Pasqua di Cristo. Da esperienza di «morte» essa diventa sovrabbondanza di «vita», ponendosi come gioioso annuncio e anticipazione profetica della possibilità offerta ad ogni persona e all'umanità intera di vivere unicamente per Dio, in Cristo Gesù (cfr Rm 6,11). La clausura evoca dunque quella cella del cuore in cui ciascuno è chiamato a vivere l'unione con il Signore. Accolta come dono e scelta come libera risposta di amore, essa è il luogo della comunione spirituale con Dio e con i fratelli e le sorelle, dove la limitazione degli spazi e dei contatti opera a vantaggio dell'interiorizzazione dei valori evangelici (cfr Jn 13,34 Mt 5,3 Mt 5,8). Le comunità claustrali, poste come città sul monte e lucerne sul lucerniere (cfr Mt 5,14-15), pur nella semplicità della loro vita,raffigurano visibilmente la meta verso cui cammina l'intera comunità ecclesiale che, «ardente nell'azione e dedita alla contemplazione»,avanza sulle strade del tempo con lo sguardo fisso alla futura ricapitolazione di tutto in Cristo, quando la Chiesa «col suo Sposo comparirà rivestita di gloria (cfr Col 3,1-4)», e Cristo «consegnerà il Regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza [...] perché Dio sia tutto in tutti» (1Co 15,24 1Co 15,28). A queste carissime Sorelle va, pertanto, la mia riconoscenza con l'incoraggiamento a rimanere fedeli alla vita claustrale secondo il proprio carisma. Grazie al loro esempio, questo genere di vita continua a registrare numerose vocazioni, attratte dalla radicalità di un'esistenza «sponsale», dedicata totalmente a Dio nella contemplazione. Come espressione di puro amore che vale più di ogni opera, la vita contemplativa sviluppa una straordinaria efficacia apostolica e missionaria. Padri sinodali hanno espresso grande apprezzamento per il valore della clausura, prendendo al tempo stesso in esame le richieste qua e là avanzate quanto alla sua concreta disciplina. Le indicazioni del Sinodo sull'argomento e, in particolare, il voto di una maggiore responsabilizzazione delle Superiore Maggiori in materia di deroghe alla clausura per giusta e grave causa saranno fatte oggetto di organica considerazione, in linea con il cammino di rinnovamento già attuato, a partire dal Concilio Vaticano II. In questo modo la clausura nelle sue varie forme e gradi — dalla clausura papale e costituzionale, alla clausura monastica — corrisponderà meglio alla varietà degli Istituti contemplativi e delle tradizioni dei monasteri. Come lo stesso Sinodo ha sottolineato, sono inoltre da favorire le Associazioni e Federazioni fra monasteri, già raccomandate da Pio XII e dal Concilio Ecumenico Vaticano II,specialmente dove non esistono altre forme efficaci di coordinamento e di aiuto, per custodire e promuovere i valori della vita contemplativa. Tali organismi, salva sempre la legittima autonomia dei monasteri, possono infatti offrire un valido sussidio per risolvere adeguatamente problemi comuni, quali il conveniente rinnovamento, la formazione sia iniziale che permanente, il vicendevole sostegno economico ed anche la riorganizzazione degli stessi monasteri.

I religiosi fratelli


60 Secondo la dottrina tradizionale della Chiesa, la vita consacrata per natura sua non è né laicale né clericale,e per questo la «consacrazione laicale», tanto maschile quanto femminile, costituisce uno stato in sé completo di professione dei consigli evangelici. Essa perciò ha, sia per la persona che per la Chiesa, un valore proprio, indipendentemente dal ministero sacro. In linea con l'insegnamento del Concilio Vaticano II, il Sinodo ha espresso grande stima per questo tipo di vita consacrata nella quale i religiosi fratelli svolgono, dentro e fuori della comunità, diversi e preziosi servizi, partecipando così alla missione di proclamare il Vangelo e di testimoniarlo con la carità nella vita di ogni giorno. In effetti, alcuni di tali servizi si possono considerare ministeri ecclesiali, affidati dalla legittima autorità. Ciò esige una formazione appropriata e integrale: umana, spirituale, teologica, pastorale e professionale. Secondo la vigente terminologia, gli Istituti che, per determinazione del fondatore o in forza di una legittima tradizione, hanno carattere e finalità che non comportino l'esercizio dell'Ordine sacro, sono chiamati «Istituti laicali». Tuttavia nel Sinodo è stato messo in luce che questa terminologia non esprime adeguatamente l'indole peculiare della vocazione dei membri di tali Istituti religiosi. Infatti essi, pur svolgendo molti servizi che sono comuni anche ai fedeli laici, lo fanno con la loro identità di consacrati ed esprimono così lo spirito di dono totale a Cristo e alla Chiesa, secondo il loro carisma specifico. Per questa ragione i Padri sinodali, al fine di evitare ogni ambiguità e confusione con l'indole secolare dei fedeli laici,hanno voluto proporre il titolo di Istituti religiosi di Fratelli . La proposta è significativa, soprattutto se si considera che il titolo di fratello richiama anche una ricca spiritualità. «Questi religiosi sono chiamati ad essere fratelli di Cristo, profondamente uniti a Lui “primogenito fra molti fratelli” (Rm 8,29); fratelli fra di loro, nell'amore reciproco e nella cooperazione allo stesso servizio di bene nella Chiesa; fratelli di ogni uomo nella testimonianza della carità di Cristo verso tutti, specialmente i più piccoli, i più bisognosi; fratelli per una più grande fratellanza nella Chiesa». Vivendo in modo speciale questo aspetto della vita cristiana e insieme consacrata, i «religiosi fratelli» ricordano efficacemente agli stessi religiosi sacerdoti la fondamentale dimensione della fraternità in Cristo, da vivere fra di loro e con ogni uomo e donna, e a tutti proclamano la parola del Signore: «E voi siete tutti fratelli» (Mt 23,8). In questi Istituti religiosi di Fratelli niente impedisce, quando il Capitolo generale abbia così disposto, che alcuni membri assumano gli Ordini sacri per il servizio sacerdotale della comunità religiosa. Tuttavia il Concilio Vaticano II non offre alcun esplicito incoraggiamento in tal senso, proprio perché desidera che gli Istituti di Fratelli permangano fedeli alla loro vocazione e missione. Ciò vale anche in tema di accesso alla carica di Superiore, considerando che essa riflette in modo speciale la natura dell'Istituto stesso. Diversa è la vocazione dei fratelli in quegli Istituti che sono detti «clericali» perché, secondo il progetto del fondatore oppure in forza di una legittima tradizione, prevedono l'esercizio dell'Ordine sacro, sono governati da chierici e come tali sono riconosciuti dall'autorità della Chiesa. In questi Istituti il ministero sacro è costitutivo del carisma stesso e ne determina l'indole, il fine, lo spirito. La presenza di fratelli costituisce una partecipazione differenziata alla missione dell'Istituto, con servizi svolti sia all'interno delle comunità che nelle opere apostoliche, in collaborazione con coloro che esercitano il ministero sacerdotale.

Istituti misti


61 Alcuni Istituti religiosi, che nel progetto originario del fondatore si configuravano come fraternità, nelle quali tutti i membri — sacerdoti e non sacerdoti — erano considerati uguali tra di loro, col passare del tempo hanno acquistato una diversa fisionomia. Occorre che questi Istituti, chiamati «misti», valutino, sulla base dell'approfondimento del proprio carisma fondazionale, se sia opportuno e possibile tornare all'ispirazione originaria. I Padri sinodali hanno espresso il voto che in tali Istituti sia riconosciuta a tutti i religiosi parità di diritti e di obblighi, eccettuati quelli che scaturiscono dall'Ordine sacro. Per esaminare e risolvere i problemi connessi con questa materia è stata istituita un'apposita commissione, le cui conclusioni conviene attendere, per fare poi le opportune scelte secondo quanto sarà autorevolmente disposto.


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