Vita consecrata IT 62

Nuove forme di vita evangelica


62 Lo Spirito, che in tempi diversi ha suscitato numerose forme di vita consacrata, non cessa di assistere la Chiesa, sia alimentando negli Istituti già esistenti l'impegno del rinnovamento nella fedeltà al carisma originario, sia distribuendo nuovi carismi a uomini e donne del nostro tempo, perché diano vita a istituzioni rispondenti alle sfide di oggi. Segno di questo intervento divino sono le cosiddettenuove Fondazioni, con caratteri in qualche modo originali rispetto a quelle tradizionali. L'originalità delle nuove comunità consiste spesso nel fatto che si tratta di gruppi composti da uomini e donne, da chierici e laici, da coniugati e celibi, che seguono un particolare stile di vita, talvolta ispirato all'una o all'altra forma tradizionale o adattato alle esigenze della società di oggi. Anche il loro impegno di vita evangelica si esprime in forme diverse, mentre si manifesta, come orientamento generale, un'intensa aspirazione alla vita comunitaria, alla povertà e alla preghiera. Al governo partecipano chierici e laici, in base alle loro competenze, e il fine apostolico si apre alle istanze della nuova evangelizzazione. Se, da una parte, c'è da rallegrarsi di fronte all'azione dello Spirito, dall'altra è necessario procedere aldiscernimento dei carismi. Principio fondamentale, perché si possa parlare di vita consacrata, è che i tratti specifici delle nuove comunità e forme di vita risultino fondati sopra gli elementi essenziali, teologici e canonici, che sono propri della vita consacrata. Questo discernimento si rende necessario a livello sia locale che universale, allo scopo di prestare una comune obbedienza all'unico Spirito. Nelle diocesi, il Vescovo esamini la testimonianza di vita e l'ortodossia di fondatori e fondatrici di tali comunità, la loro spiritualità, la sensibilità ecclesiale nell'adempimento della loro missione, i metodi di formazione e i modi di incorporazione alla comunità; valuti con saggezza eventuali debolezze, attendendo con pazienza il riscontro dei frutti (cfr Mt 7,16), per poter riconoscere l'autenticità del carisma. In special modo a lui è chiesto di stabilire, alla luce di chiari criteri, l'idoneità di quanti in queste comunità domandano di accedere agli Ordini sacri. In forza dello stesso principio di discernimento, non possono essere comprese nella specifica categoria della vita consacrata quelle pur lodevoli forme di impegno che alcuni coniugi cristiani assumono in associazioni o movimenti ecclesiali, quando, nell'intento di portare alla perfezione della carità il loro amore, già «come consacrato» nel sacramento del matrimonio,confermano con un voto il dovere della castità propria della vita coniugale e, senza trascurare i loro doveri verso i figli, professano la povertà e l'obbedienza. La precisazione doverosa circa la natura di tale esperienza non intende sottovalutare questo particolare cammino di santificazione, a cui non è certo estranea l'azione dello Spirito Santo, infinitamente ricco nei suoi doni e nelle sue ispirazioni. Di fronte a tanta ricchezza di doni e di impulsi innovativi, sembra opportunocreare una Commissione per le questioni riguardanti le nuove forme di vita consacrata, allo scopo di stabilire criteri di autenticità, che siano di aiuto nel discernimento e nelle decisioni. Tra gli altri compiti, tale Commissione dovrà valutare, alla luce dell'esperienza di questi ultimi decenni, quali nuove forme di consacrazione l'autorità ecclesiastica possa, con prudenza pastorale e a comune vantaggio, riconoscere ufficialmente e proporre ai fedeli desiderosi di una vita cristiana più perfetta. Queste nuove associazioni di vita evangelica non sono alternative alle precedenti istituzioni, le quali continuano ad occupare il posto insigne che la tradizione ha loro assegnato. Le nuove forme sono anch'esse un dono dello Spirito, perché la Chiesa segua il suo Signore in perenne slancio di generosità, attenta agli appelli di Dio che si rivelano mediante i segni dei tempi. Così essa si presenta al mondo variegata nelle forme di santità e di servizi, quale «segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano». Gli antichi Istituti, tra cui molti passati attraverso il vaglio di prove durissime, sostenute con fortezza lungo i secoli, possono arricchirsi entrando in dialogo e scambiando i doni con le fondazioni che vengono alla luce in questo nostro tempo. In tal modo il vigore delle varie istituzioni di vita consacrata, dalle più antiche alle più recenti, come pure la vivacità delle nuove comunità, alimenteranno la fedeltà allo Spirito Santo, che è principio di comunione e di perenne novità di vita.


III. GUARDANDO VERSO IL FUTURO

Difficoltà e prospettive


63 I mutamenti in corso nella società e la diminuzione del numero delle vocazioni stanno pesando sulla vita consacrata in alcune regioni del mondo. Le opere apostoliche di molti Istituti e la loro stessa presenza in certe Chiese locali sono poste a repentaglio. Come è già accaduto altre volte nella storia, vi sono persino Istituti che corrono il rischio di scomparire. La Chiesa universale è sommamente grata per il grande contributo da essi offerto alla sua edificazione con la testimonianza ed il servizio.L'affanno di oggi non annulla i loro meriti e i frutti maturati grazie alle loro fatiche. Per altri Istituti si pone piuttosto il problema della riorganizzazione delle opere. Tale compito, non facile e non raramente doloroso, esige studio e discernimento, alla luce di alcuni criteri. Occorre, ad esempio, salvaguardare il senso del proprio carisma, promuovere la vita fraterna, essere attenti alle necessità della Chiesa sia universale che particolare, occuparsi di ciò che il mondo trascura, rispondere generosamente e con audacia, anche se con interventi forzatamente esigui, alle nuove povertà, soprattutto nei luoghi più abbandonati. Le varie difficoltà, derivanti dalla contrazione di personale e di iniziative, non devono in alcun modo far perdere la fiducia nella forza evangelica della vita consacrata, che sarà sempre attuale ed operante nella Chiesa. Se i singoli Istituti non hanno la prerogativa della perennità, la vita consacrata continuerà ad alimentare tra i fedeli la risposta di amore verso Dio e verso i fratelli. Per questo è necessario distinguere la vicenda storica di un determinato Istituto o di una forma di vita consacrata dalla missione ecclesiale della vita consacrata come tale. La prima può mutare col mutare delle situazioni, la seconda è destinata a non venir meno. Ciò è vero sia per la vita consacrata di tipo contemplativo, che per quella dedita alle opere di apostolato. Nel suo complesso, sotto l'azione sempre nuova dello Spirito, essa è destinata a continuare quale testimonianza luminosa dell'unità indissolubile dell'amore di Dio e dell'amore del prossimo, come memoria vivente della fecondità, anche umana e sociale, dell'amore di Dio. Le nuove situazioni di scarsità vanno perciò affrontate con la serenità di chi sa che a ciascuno è richiesto non tanto il successo, quanto l'impegno della fedeltà.Ciò che si deve assolutamente evitare è la vera sconfitta della vita consacrata, che non sta nel declino numerico, ma nel venir meno dell'adesione spirituale al Signore e alla propria vocazione e missione. Perseverando fedelmente in essa, si confessa invece, con grande efficacia anche di fronte al mondo, la propria ferma fiducia nel Signore della storia, nelle cui mani sono i tempi e i destini delle persone, delle istituzioni, dei popoli, e dunque anche le attuazioni storiche dei suoi doni. Le dolorose situazioni di crisi sollecitano le persone consacrate a proclamare con fortezza la fede nella morte e risurrezione di Cristo, per divenire segno visibile del passaggio dalla morte alla vita.

Nuovo slancio della pastorale vocazionale


64 La missione della vita consacrata e la vitalità degli Istituti dipendono, certo, dall'impegno di fedeltà con cui i consacrati rispondono alla loro vocazione, ma hanno un futuro nella misura in cui altri uomini e donne accolgono generosamente la chiamata del Signore. Il problema delle vocazioni è una vera sfida, che interpella direttamente gli Istituti, ma coinvolge tutta la Chiesa. Si spendono nel campo della pastorale vocazionale grandi energie spirituali e materiali, ma i risultati non sempre corrispondono alle attese e agli sforzi. Capita così che, mentre le vocazioni alla vita consacrata fioriscono nelle giovani Chiese e in quelle che hanno subito persecuzione da parte di regimi totalitari, scarseggiano nei paesi tradizionalmente ricchi di vocazioni anche missionarie. Questa situazione di difficoltà mette alla prova le persone consacrate che talvolta si chiedono: abbiamo forse perduto la capacità di attirare nuove vocazioni? E' necessario avere fiducia nel Signore Gesù, che continua a chiamare alla sua sequela, ed affidarsi allo Spirito Santo, autore e ispiratore dei carismi della vita consacrata. Mentre dunque ci rallegriamo dell'azione dello Spirito, che ringiovanisce la Sposa di Cristo facendo fiorire la vita consacrata in molte nazioni, dobbiamo rivolgere insistente preghiera al Padrone della messe, perché invii operai alla sua Chiesa, per far fronte alle urgenze della nuova evangelizzazione (cfr Mt 9,37-38). Oltre a promuovere la preghiera per le vocazioni, è urgente impegnarsi, con un annunzio esplicito ed una catechesi adeguata, per favorire nei chiamati alla vita consacrata quella risposta libera, pronta e generosa, che rende operante la grazia della vocazione. L'invito di Gesù: «Venite e vedrete» (Jn 1,39) rimane ancora oggi la regola d'oro della pastorale vocazionale. Essa mira a presentare, sull'esempio dei fondatori e delle fondatrici, il fascino della persona del Signore Gesù e la bellezza del totale dono di sé alla causa del Vangelo. Compito primario di tutti i consacrati e le consacrate è dunque quello di proporre coraggiosamente, con la parola e con l'esempio, l'ideale della sequela di Cristo, sostenendo poi la risposta agli impulsi dello Spirito nel cuore dei chiamati. All'entusiasmo del primo incontro con Cristo dovrà ovviamente seguire lo sforzo paziente della quotidiana corrispondenza, che fa della vocazione una storia di amicizia con il Signore. A questo scopo la pastorale vocazionale si avvalga di appropriati sussidi, come la direzione spirituale, per alimentare quella risposta di amore personale al Signore che è condizione essenziale per diventare discepoli e apostoli del suo Regno. Intanto, se la fioritura vocazionale che si manifesta in varie parti del mondo giustifica ottimismo e speranza, la scarsità in altre regioni non deve indurre né allo scoraggiamento, né alla tentazione di facili e improvvidi reclutamenti. Occorre che il compito di promuovere le vocazioni sia svolto in modo da apparire sempre più un impegno corale di tutta la Chiesa. Esso esige, pertanto, l'attiva collaborazione di pastori, religiosi, famiglie ed educatori, quale si conviene a un servizio che è parte integrante della pastorale d'insieme di ogni Chiesa particolare. Ci sia dunque in ogni diocesi questo servizio comune che coordini e moltiplichi le forze, senza tuttavia pregiudicare, ed anzi favorendo, l'attività vocazionale di ciascun Istituto. Tale operosa collaborazione di tutto il Popolo di Dio, sostenuta dalla Provvidenza, non potrà che sollecitare l'abbondanza dei doni divini. La solidarietà cristiana venga largamente incontro alle necessità della formazione vocazionale nei Paesi economicamente più poveri. La promozione delle vocazioni in queste nazioni sia fatta dai vari Istituti in piena armonia con le Chiese del luogo, sulla base di un attivo e prolungato inserimento nella loro pastorale. Il modo più autentico per assecondare l'azione dello Spirito sarà quello di investire generosamente le migliori energie nell'attività vocazionale, specialmente con una adeguata dedizione alla pastorale giovanile.

L'impegno della formazione iniziale


65 Particolare attenzione l'Assemblea sinodale ha riservato alla formazione di chi intende consacrarsi al Signore, riconoscendone la decisiva importanza. Obiettivo centrale del cammino formativo è la preparazione della persona alla totale consacrazione di sé a Dio nella sequela di Cristo, a servizio della missione. Dire «sì» alla chiamata del Signore assumendo in prima persona il dinamismo della crescita vocazionale è responsabilità inalienabile di ogni chiamato, il quale deve aprire lo spazio della propria vita all'azione dello Spirito Santo; è percorrere con generosità il cammino formativo, accogliendo con fede le mediazioni che il Signore e la Chiesa offrono. La formazione dovrà, pertanto, raggiungere in profondità la persona stessa, così che ogni suo atteggiamento o gesto, nei momenti importanti e nelle circostanze ordinarie della vita, abbia a rivelarne la piena e gioiosa appartenenza a Dio. Dal momento che il fine della vita consacrata consiste nella configurazione al Signore Gesù e alla sua totale oblazione, è soprattutto a questo che deve mirare la formazione. Si tratta di un itinerario di progressiva assimilazione dei sentimenti di Cristo verso il Padre. Se questo è lo scopo della vita consacrata, il metodo che ad essa prepara dovrà assumere ed esprimere la caratteristica della totalità . Dovrà essere formazione di tutta la persona, in ogni aspetto della sua individualità, nei comportamenti come nelle intenzioni. E' chiaro che, proprio per il suo tendere alla trasformazione di tutta la persona, l'impegno formativo non cessa mai. Occorre, infatti, che alle persone consacrate siano offerte sino alla fine opportunità di crescita nell'adesione al carisma e alla missione del proprio Istituto. La formazione, per essere totale, comprenderà tutti i campi della vita cristiana e della vita consacrata. Va prevista, pertanto, una preparazione umana, culturale, spirituale e pastorale, ponendo ogni attenzione perché sia favorita l'integrazione armonica dei vari aspetti. Alla formazione iniziale, intesa come processo evolutivo che passa per ogni grado della maturazione personale — da quello psicologico e spirituale a quello teologico e pastorale — si deve riservare uno spazio di tempo sufficientemente ampio. Nel caso delle vocazioni al presbiterato, esso viene a coincidere e ad armonizzarsi con uno specifico programma di studi, come parte di un più ampio percorso formativo.

L'opera di formatori e formatrici


66 Dio Padre, nel dono continuo di Cristo e dello Spirito, è il formatore per eccellenza di chi si consacra a Lui. Ma in quest'opera Egli si serve della mediazione umana, ponendo a fianco di colui che Egli chiama alcuni fratelli e sorelle maggiori. La formazione è dunque partecipazione all'azione del Padre che, mediante lo Spirito, plasma nel cuore dei giovani e delle giovani i sentimenti del Figlio. I formatori e le formatrici devono perciò essere persone esperte nel cammino della ricerca di Dio, per essere in grado di accompagnare anche altri in questo itinerario. Attente all'azione della grazia, esse sapranno indicare gli ostacoli anche meno evidenti, ma soprattutto mostreranno la bellezza della sequela del Signore ed il valore del carisma in cui essa si compie. Ai lumi della sapienza spirituale uniranno quelli offerti dagli strumenti umani, che possano essere d'aiuto sia nel discernimento vocazionale, sia nella formazione dell'uomo nuovo, perché divenga autenticamente libero. Strumento precipuo di formazione è il colloquio personale, da tenersi con regolarità e con una certa frequenza, come consuetudine di insostituibile e collaudata efficacia. Di fronte a compiti tanto delicati appare veramente importante la formazione di formatori idonei, che assicurino nel loro servizio una grande sintonia con il cammino di tutta la Chiesa. Sarà opportuno creare adeguate strutture per la formazione dei formatori, possibilmente in luoghi dove sia consentito il contatto con la cultura in cui sarà poi esercitato il proprio servizio pastorale. In quest'opera formativa, gli Istituti già meglio radicati diano un aiuto agli Istituti di più recente fondazione, grazie al contributo di alcuni dei loro membri migliori.

Una formazione comunitaria ed apostolica


67 Poiché la formazione deve essere anche comunitaria, il suo luogo privilegiato, per gli Istituti di vita religiosa e le Società di vita apostolica, è la comunità. In essa avviene l'iniziazione alla fatica e alla gioia del vivere insieme. Nella fraternità ciascuno impara a vivere con colui che Dio gli ha posto accanto, accettandone le caratteristiche positive ed insieme le diversità e i limiti. In particolare, egli impara a condividere i doni ricevuti per l'edificazione di tutti, poiché «a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune» (1Co 12,7). Al tempo stesso, la vita comunitaria deve, sin dalla prima formazione, mostrare l'intrinseca dimensione missionaria della consacrazione. Per questo, durante il periodo della formazione iniziale, negli Istituti di vita consacrata sarà utile procedere ad esperienze concrete e prudentemente accompagnate dal formatore o dalla formatrice, per esercitare, in dialogo con la cultura circostante, le attitudini apostoliche, le capacità di adattamento, lo spirito di iniziativa. Se, da un lato, è importante che la persona consacrata si formi progressivamente una coscienza evangelicamente critica verso i valori e i disvalori della propria cultura e di quella che incontrerà nel futuro campo di lavoro, dall'altro deve esercitarsi nella difficile arte dell'unità di vita, della mutua compenetrazione della carità verso Dio e verso i fratelli e le sorelle, sperimentando che la preghiera è l'anima dell'apostolato, ma anche che l'apostolato vivifica e stimola la preghiera.

Necessità di una ratio completa ed aggiornata


68 Un periodo esplicitamente formativo, che si estenda fino alla professione perpetua, viene raccomandato anche agli Istituti femminili, nonché a quelli maschili relativamente ai religiosi fratelli. Questo vale sostanzialmente pure per le comunità claustrali, che avranno cura di elaborare un programma adeguato, in vista di un'autentica formazione alla vita contemplativa e alla sua missione peculiare nella Chiesa. I Padri sinodali hanno caldamente sollecitato tutti gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica ad elaborare quanto prima una ratio institutionis, cioè un progetto formativo ispirato al carisma istituzionale, nel quale sia presentato in forma chiara e dinamica il cammino da seguire per assimilare appieno la spiritualità del proprio Istituto. La ratio risponde oggi a una vera urgenza: da un lato essa indica il modo di trasmettere lo spirito dell'Istituto, perché sia vissuto nella sua genuinità dalle nuove generazioni, nella diversità delle culture e delle situazioni geografiche; dall'altro, illustra alle persone consacrate i mezzi per vivere il medesimo spirito nelle varie fasi dell'esistenza progredendo verso la piena maturità della fede in Cristo Gesù. Se dunque è vero che il rinnovamento della vita consacrata dipende principalmente dalla formazione, è altrettanto vero che questa è, a sua volta, legata alla capacità di proporre un metodo ricco di sapienza spirituale e pedagogica che conduca progressivamente chi aspira a consacrarsi ad assumere i sentimenti di Cristo Signore. La formazione è un processo vitale attraverso il quale la persona si converte al Verbo di Dio fin nelle profondità del suo essere e, nello stesso tempo, impara l'arte di cercare i segni di Dio nelle realtà del mondo. In un'epoca di crescente emarginazione dei valori religiosi dalla cultura, questo cammino formativo è doppiamente importante: grazie ad esso la persona consacrata non solo può continuare a «vedere» Dio, con gli occhi della fede, in un mondo che ne ignora la presenza, ma riesce anche a renderne in qualche modo «sensibile» la presenza mediante la testimonianza del proprio carisma.

La formazione permanente


69 La formazione permanente, sia per gli Istituti di vita apostolica come per quelli di vita contemplativa, è un'esigenza intrinseca alla consacrazione religiosa. Il processo formativo, come s'è detto, non si riduce alla sua fase iniziale, giacché, per i limiti umani, la persona consacrata non potrà mai ritenere di aver completato la gestazione di quell'uomo nuovo che sperimenta dentro di sé, in ogni circostanza della vita, gli stessi sentimenti di Cristo. La formazione iniziale deve, pertanto, saldarsi con quella permanente, creando nel soggetto la disponibilità a lasciarsi formare in ogni giorno della vita. Sarà molto importante, di conseguenza, che ogni Istituto preveda, come parte della ratio institutionis , la definizione, per quanto possibile precisa e sistematica, di un progetto di formazione permanente, il cui scopo primario sia quello di accompagnare ogni persona consacrata con un programma esteso all'intera esistenza. Nessuno può esimersi dall'applicarsi alla propria crescita umana e religiosa; così come nessuno può presumere di sé e gestire la propria vita con autosufficienza. Nessuna fase della vita può considerarsi tanto sicura e fervorosa da escludere l'opportunità di specifiche attenzioni per garantire la perseveranza nella fedeltà, così come non esiste età che possa vedere esaurita la maturazione della persona.

In un dinamismo di fedeltà


70 C'è una giovinezza dello spirito che permane nel tempo: essa si collega col fatto che l'individuo cerca e trova ad ogni ciclo vitale un compito diverso da svolgere, un modo specifico d'essere, di servire e d'amare. Nella vita consacrata i primi anni del pieno inserimento nell'attività apostolicarappresentano una fase di per se stessa critica, segnata dal passaggio da una vita guidata ad una situazione di piena responsabilità operativa. Sarà importante che le giovani persone consacrate siano sorrette e accompagnate da un fratello o da una sorella, che le aiuti a vivere in pieno la giovinezza del loro amore e del loro entusiasmo per Cristo. La fase successiva può presentare il rischio dell'abitudine e la conseguente tentazione della delusione per la scarsità dei risultati. E'necessario allora aiutare le persone consacrate di mezza età a rivedere, alla luce del Vangelo e dell'ispirazione carismatica, la propria opzione originaria, non confondendo la totalità della dedizione con la totalità del risultato. Ciò consentirà di dare nuovo slancio e nuove motivazioni alla propria scelta. E' la stagione della ricerca dell'essenziale. La fase dell'età matura, insieme alla crescita personale, può comportare il pericolo d'un certo individualismo, accompagnato sia dal timore di non essere adeguati ai tempi che da fenomeni di irrigidimento, di chiusura, di rilassamento. La formazione permanente ha qui lo scopo d'aiutare non solo a recuperare un tono più alto di vita spirituale e apostolica, ma a scoprire pure la peculiarità di tale fase esistenziale. In essa, infatti, purificati alcuni aspetti della personalità, l'offerta di sé sale a Dio con maggior purezza e generosità, e ricade su fratelli e sorelle più pacata e discreta ed insieme più trasparente e ricca di grazia. E' il dono e l'esperienza della paternità e maternità spirituale. L'età avanzata pone problemi nuovi, che vanno preventivamente affrontati con un oculato programma di sostegno spirituale. Il ritiro progressivo dall'azione, in taluni casi la malattia e la forzata inattività, costituiscono un'esperienza che può divenire altamente formativa. Momento spesso doloroso, esso offre tuttavia alla persona consacrata anziana l'opportunità di lasciarsi plasmare dall'esperienza pasquale,configurandosi a Cristo crocifisso che compie in tutto la volontà del Padre e s'abbandona nelle sue mani fino a rendergli lo spirito. Tale configurazione è un modo nuovo di vivere la consacrazione, che non è legata all'efficienza di un compito di governo o di un lavoro apostolico. Quando poi giunge il momento di unirsi all'ora suprema della passione del Signore, la persona consacrata sa che il Padre sta portando ormai a compimento in essa quel misterioso processo di formazione iniziato da tempo. La morte sarà allora attesa e preparata come l'atto supremo d'amore e di consegna di sé. E' necessario aggiungere che, indipendentemente dalle varie fasi della vita, ogni età può conoscere situazioni critiche per l'intervento di fattori esterni — cambio di posto o di ufficio, difficoltà nel lavoro o insuccesso apostolico, incomprensione o emarginazione, ecc. — o di fattori più strettamente personali — malattia fisica o psichica, aridità spirituale, lutti, problemi di rapporti interpersonali, forti tentazioni, crisi di fede o di identità, sensazione di insignificanza, e simili. Quando la fedeltà si fa più difficile, bisogna offrire alla persona il sostegno di una maggior fiducia e di un più intenso amore, sia a livello personale che comunitario. E' necessaria allora, innanzitutto, la vicinanza affettuosa del Superiore; grande conforto verrà pure dall'aiuto qualificato di un fratello o di una sorella, la cui presenza premurosa e disponibile potrà condurre a riscoprire il senso dell'alleanza che Dio per primo ha stabilito e non intende smentire. La persona provata giungerà così ad accogliere purificazione e spogliamento come atti essenziali della sequela di Cristo crocifisso. La prova stessa apparirà come strumento provvidenziale di formazione nelle mani del Padre, come lotta non solo psicologica, condotta dall'io in rapporto a se stesso e alle sue debolezze, ma religiosa, segnata ogni giorno dalla presenza di Dio e dalla potenza della Croce!

Dimensioni della formazione permanente


71 Se soggetto della formazione è la persona in ogni fase della vita, termine della formazione è la totalità dell'essere umano, chiamato a cercare e amare Dio «con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze» (Dt 6,5) e il prossimo come se stesso (cfr Lv 19,18 Mt 22,37-39). L'amore a Dio e ai fratelli è dinamismo potente che può costantemente ispirare il cammino di crescita e di fedeltà. La vita nello Spirito ha un suo ovvio primato. In essa la persona consacrata ritrova la propria identità ed una serenità profonda, cresce nell'attenzione alle provocazioni quotidiane della Parola di Dio e si lascia guidare dall'ispirazione originaria del proprio Istituto. Sotto l'azione dello Spirito vengono difesi con tenacia i tempi di orazione, di silenzio, di solitudine e si implora dall'Alto con insistenza il dono della sapienza nella fatica di ogni giorno (cfr Sg 9,10). La dimensione umana e fraterna richiede la conoscenza di sé e dei propri limiti, per trarne opportuno stimolo e sostegno nel cammino verso la piena liberazione. Particolarmente importanti, nel contesto odierno, sono la libertà interiore della persona consacrata, la sua integrazione affettiva, la capacità di comunicare con tutti, specialmente nella propria comunità, la serenità dello spirito e la sensibilità verso chi soffre, l'amore per la verità, la coerenza lineare tra il dire e il fare. La dimensione apostolica apre la mente e il cuore della persona consacrata, e la dispone ad un continuo sforzo operativo, quale segno dell'amore del Cristo che la spinge (cfr 2Co 5,14). In pratica, ciò significherà l'aggiornamento di metodi e scopi delle attività apostoliche nella fedeltà allo spirito e alla finalità del fondatore o della fondatrice e alle tradizioni successivamente maturate, con costante attenzione alle mutate condizioni storiche e culturali, generali e locali, dell'ambiente ove si opera. La dimensione culturale e professionale, sulla base di una salda formazione teologica che renda capaci di discernimento, implica un aggiornamento continuo e una particolare attenzione ai diversi campi ai quali ciascun carisma indirizza. E dunque necessario mantenersi aperti mentalmente e il più possibile duttili, perché il servizio sia concepito e reso secondo le esigenze del proprio tempo avvalendosi degli strumenti forniti dal progresso culturale. Nella dimensione del carisma , infine, si trovano raccolte tutte le altre istanze, come in una sintesi che esige un continuo approfondimento della propria speciale consacrazione nelle sue varie componenti, non solo in quella apostolica, ma anche in quella ascetica e mistica. Ciò comporta per ciascun membro uno studio assiduo dello spirito dell'Istituto d'appartenenza, della sua storia e della sua missione, per migliorarne l'assimilazione personale e comunitaria.

CAPITOLO III


SERVITIUM CARITATIS

LA VITA CONSACRATA

EPIFANIA DELL'AMORE DI DIO NEL MONDO


Consacrati per la missione


72 Ad immagine di Gesù, Figlio diletto «che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo» (Jn 10,36), anche coloro che Dio chiama alla sua sequela sono consacrati ed inviati nel mondo per imitarne l'esempio e continuarne la missione. Fondamentalmente, questo vale per ogni discepolo. In modo speciale, tuttavia, vale per quanti, nella forma caratteristica della vita consacrata, sono chiamati a seguire Cristo «più da vicino», e a fare di Lui il «tutto» della loro esistenza. Nella loro chiamata è quindi compreso il compito di dedicarsi totalmente alla missione ; anzi, la stessa vita consacrata, sotto l'azione dello Spirito Santo che è all'origine di ogni vocazione e di ogni carisma, diventa missione, come lo è stata tutta la vita di Gesù. La professione dei consigli evangelici, che rende la persona totalmente libera per la causa del Vangelo, rivela anche da questo punto di vista la sua rilevanza. Si deve dunque affermare che la missione è essenziale per ogni Istituto, non solo in quelli di vita apostolica attiva, ma anche in quelli di vita contemplativa.

La missione, infatti, prima di caratterizzarsi per le opere esteriori, si esplica nel rendere presente al mondo Cristo stesso mediante la testimonianza personale. E questa la sfida, questo il compito primario della vita consacrata! Più ci si lascia conformare a Cristo, più lo si rende presente e operante nel mondo per la salvezza degli uomini. Si può allora dire che la persona consacrata è «in missione» in virtù della sua stessa consacrazione, testimoniata secondo il progetto del proprio Istituto. Quando il carisma fondazionale prevede attività pastorali, è ovvio che testimonianza di vita ed opere di apostolato e di promozione umana sono ugualmente necessarie: entrambe raffigurano Cristo, che è insieme il consacrato alla gloria del Padre e l'inviato al mondo per la salvezza dei fratelli e delle sorelle. La vita religiosa, inoltre, partecipa alla missione di Cristo con un altro elemento peculiare e proprio: la vita fraterna in comunità per la missione. La vita religiosa sarà perciò tanto più apostolica quanto più intima ne sarà la dedizione al Signore Gesù, più fraterna la forma comunitaria di esistenza, più ardente il coinvolgimento nella missione specifica dell'Istituto.

A servizio di Dio e dell'uomo


73 La vita consacrata ha il compito profetico di ricordare e servire il disegno di Dio sugli uomini, come è annunciato dalla Scrittura e come emerge anche dall'attenta lettura dei segni dell'azione provvidente di Dio nella storia. E' progetto di un'umanità salvata e riconciliata (cfr Col 2,20-22). Per compiere opportunamente questo servizio, le persone consacrate devono avere una profonda esperienza di Dio e prendere coscienza delle sfide del proprio tempo, cogliendone il senso teologico profondo mediante il discernimento operato con l'aiuto dello Spirito. In realtà, negli avvenimenti storici si cela spesso l'appello di Dio a operare secondo i suoi piani con un inserimento attivo e fecondo nelle vicende del nostro tempo. Il discernimento dei segni dei tempi, come afferma il Concilio, deve essere condotto alla luce del Vangelo, perché si «possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sul loro reciproco rapporto». E'necessario, pertanto, aprire l'animo agli interiori suggerimenti dello Spirito che invita a cogliere in profondità i disegni della Provvidenza. Egli chiama la vita consacrata ad elaborare nuove risposte per i nuovi problemi del mondo di oggi. Sono sollecitazioni divine, che solo anime abituate a cercare in tutto la volontà di Dio sanno raccogliere fedelmente e poi tradurre coraggiosamente in scelte coerenti sia col carisma originario che con le esigenze della situazione storica concreta. Di fronte ai numerosi problemi ed urgenze che sembrano talvolta compromettere e persino travolgere la vita consacrata, i chiamati non possono non avvertire l'impegno di portare nel cuore e nella preghiera le molte necessità del mondo intero, operando al tempo stesso alacremente nei campi attinenti al carisma di fondazione. La loro dedizione dovrà essere, ovviamente, guidata dal discernimento soprannaturale, che sa distinguere ciò che viene dallo Spirito da ciò che gli è contrario (cfr Ga 5,16-17 Ga 5,22 1Jn 4,6). Esso, mediante la fedeltà alla Regola e alle Costituzioni, conserva la piena comunione con la Chiesa. In questo modo la vita consacrata non si limiterà a leggere i segni dei tempi, ma contribuirà anche ad elaborare ed attuare nuovi progetti di evangelizzazione per le odierne situazioni. Tutto questo nella certezza di fede che lo Spirito sa dare anche alle domande più difficili le risposte appropriate. Sarà bene, a tal proposito, riscoprire quanto hanno sempre insegnato i grandi protagonisti dell'azione apostolica: occorre confidare in Dio come se tutto dipendesse da Lui e, al tempo stesso, impegnarsi generosamente come se tutto dipendesse da noi.


Vita consecrata IT 62