Verbum Domini IT 13


13 Giunti, per così dire, al cuore della «Cristologia della Parola», è importante sottolineare l’unità del disegno divino nel Verbo incarnato: per questo il Nuovo Testamento ci presenta il Mistero Pasquale in accordo con le sacre Scritture, come loro intimo compimento. San Paolo, nella Prima Lettera ai Corinzi, afferma che Gesù Cristo morì per i nostri peccati «secondo le Scritture» (15,3) e che è risorto il terzo giorno «secondo le Scritture» (15,4). Con ciò l’Apostolo pone l’evento della morte e risurrezione del Signore in relazione alla storia dell’Antica Alleanza di Dio con il suo popolo. Anzi, ci fa capire che tale storia riceve da esso la sua logica ed il suo vero significato. Nel Mistero Pasquale si compiono «le parole della Scrittura, cioè, questa morte realizzata “secondo le Scritture” è un avvenimento che porta in sé un logos, una logica: la morte di Cristo testimonia che la Parola di Dio si è fatta sino in fondo “carne”, “storia” umana».[39] Anche la risurrezione di Gesù avviene «il terzo giorno secondo le Scritture»: poiché secondo l’interpretazione giudaica la corruzione cominciava dopo il terzo giorno, la parola della Scrittura si adempie in Gesù che risorge prima che cominci la corruzione. In tal modo san Paolo, tramandando fedelmente l’insegnamento degli Apostoli (cfr 1Co 15,3), sottolinea che la vittoria di Cristo sulla morte avviene attraverso la potenza creatrice della Parola di Dio. Questa potenza divina reca speranza e gioia: è questo in definitiva il contenuto liberatore della rivelazione pasquale. Nella Pasqua, Dio rivela se stesso e la potenza dell’Amore trinitario che annienta le forze distruttrici del male e della morte.

Richiamando questi elementi essenziali della nostra fede, possiamo così contemplare la profonda unità tra creazione e nuova creazione e di tutta la storia della salvezza in Cristo. Esprimendoci con un’immagine, possiamo paragonare il cosmo ad un «libro» – così diceva anche Galileo Galilei –, considerandolo come «l’opera di un Autore che si esprime mediante la “sinfonia” del creato. All’interno di questa sinfonia si trova, a un certo punto, quello che si direbbe in linguaggio musicale un “assolo”, un tema affidato ad un singolo strumento o ad una voce; ed è così importante che da esso dipende il significato dell’intera opera. Questo “assolo” è Gesù… Il Figlio dell’uomo riassume in sé la terra e il cielo, il creato e il Creatore, la carne e lo Spirito. È il centro del cosmo e della storia, perché in Lui si uniscono senza confondersi l’Autore e la sua opera».[40]

[39] Benedetto XVI, Udienza Generale (15 aprile 2009): L’Osservatore Romano, 16 aprile 2009, p. 1.
[40] Id., Omelia nella solennità dell’Epifania (6 gennaio 2009): L’Osservatore Romano, 7-8 gennaio 2009, p. 8.


Dimensione escatologica della Parola di Dio

14 Con tutto ciò la Chiesa esprime la consapevolezza di trovarsi con Gesù Cristo di fronte alla Parola definitiva di Dio; egli è «il Primo e l’Ultimo» (Ap 1,17). Egli ha dato alla creazione e alla storia il suo senso definitivo; per questo siamo chiamati a vivere il tempo, ad abitare la creazione di Dio dentro questo ritmo escatologico della Parola; «l’economia cristiana dunque, in quanto è l’Alleanza nuova e definitiva, non passerà mai, e non è da aspettarsi alcun’altra rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa del Signore nostro Gesù Cristo (cfr Tt 2,13)».[41] Infatti, come hanno ricordato i Padri durante il Sinodo, la «specificità del cristianesimo si manifesta nell’evento Gesù Cristo, culmine della Rivelazione, compimento delle promesse di Dio e mediatore dell’incontro tra l’uomo e Dio. Egli “che ci ha rivelato Dio” (Jn 1,18) è la Parola unica e definitiva consegnata all’umanità».[42] San Giovanni della Croce ha espresso questa verità in modo mirabile: «Dal momento in cui ci ha donato il Figlio suo, che è la sua unica e definitiva Parola, ci ha detto tutto in una sola volta in questa sola Parola e non ha più nulla da dire ... Infatti quello che un giorno diceva parzialmente ai profeti, l’ha detto tutto nel suo Figlio, donandoci questo tutto che è il suo Figlio. Perciò chi volesse ancora interrogare il Signore e chiedergli visioni o rivelazioni, non solo commetterebbe una stoltezza, ma offenderebbe Dio, perché non fissa il suo sguardo unicamente in Cristo e va cercando cose diverse e novità».[43]

Di conseguenza, il Sinodo ha raccomandato di «aiutare i fedeli a distinguere bene la Parola di Dio dalle rivelazioni private»,[44] il cui ruolo «non è quello... di “completare” la Rivelazione definitiva di Cristo, ma di aiutare a viverla più pienamente in una determinata epoca storica».[45] Il valore delle rivelazioni private è essenzialmente diverso dall’unica rivelazione pubblica: questa esige la nostra fede; in essa infatti per mezzo di parole umane e della mediazione della comunità vivente della Chiesa, Dio stesso parla a noi. Il criterio per la verità di una rivelazione privata è il suo orientamento a Cristo stesso. Quando essa ci allontana da Lui, allora essa non viene certamente dallo Spirito Santo, che ci guida all’interno del Vangelo e non fuori di esso. La rivelazione privata è un aiuto per questa fede, e si manifesta come credibile proprio perché rimanda all’unica rivelazione pubblica. Per questo l’approvazione ecclesiastica di una rivelazione privata indica essenzialmente che il relativo messaggio non contiene nulla che contrasti la fede ed i buoni costumi; è lecito renderlo pubblico, ed i fedeli sono autorizzati a dare ad esso in forma prudente la loro adesione. Una rivelazione privata può introdurre nuovi accenti, fare emergere nuove forme di pietà o approfondirne di antiche. Essa può avere un certo carattere profetico (cfr 1Th 5,19-21) e può essere un valido aiuto per comprendere e vivere meglio il Vangelo nell’ora attuale; perciò non lo si deve trascurare. È un aiuto, che è offerto, ma del quale non è obbligatorio fare uso. In ogni caso, deve trattarsi di un nutrimento della fede, della speranza e della carità, che sono per tutti la via permanente della salvezza.[46]

[41] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla divina Rivelazione Dei Verbum, DV 4.
[42] Propositio 4.
[43] S. Giovanni della Croce, Salita al Monte Carmelo, .
[44] Propositio 47.
[45] Catechismo della Chiesa Cattolica, CEC 67.
[46] Cfr Congregazione per la dottrina della fede, Il messaggio di Fatima (26 giugno 2000): Ench. Vat. 19, n. 974-1021.


La Parola di Dio e lo Spirito Santo

15 Dopo esserci soffermati sulla Parola ultima e definitiva di Dio al mondo, è necessario richiamare ora la missione dello Spirito Santo in relazione alla divina Parola. Infatti, non v’è alcuna comprensione autentica della Rivelazione cristiana al di fuori dell’azione del Paraclito. Ciò dipende dal fatto che la comunicazione che Dio fa di se stesso implica sempre la relazione tra il Figlio e lo Spirito Santo, che Ireneo di Lione, infatti, chiama «le due mani del Padre».[47] Del resto, è la sacra Scrittura a indicarci la presenza dello Spirito Santo nella storia della salvezza ed in particolare nella vita di Gesù, il quale è concepito dalla Vergine Maria per opera dello Spirito Santo (cfr Mt 1,18 Lc 1,35); all’inizio della sua missione pubblica, sulle rive del Giordano, lo vede scendere su di sé in forma di colomba (cfr Mt 3,16); in questo stesso Spirito Gesù agisce, parla ed esulta (cfr Lc 10,21); ed è nello Spirito che egli offre se stesso (cfr He 9,14). Sul finire della sua missione, secondo il racconto dell’Evangelista Giovanni, è Gesù stesso a mettere in chiara relazione il dono della sua vita con l’invio dello Spirito ai suoi (cfr Jn 16,7). Gesù risorto, poi, portando nella sua carne i segni della passione, effonde lo Spirito (cfr Jn 20,22), rendendo i suoi partecipi della sua stessa missione (cfr Jn 20,21). Lo Spirito Santo insegnerà ai discepoli ogni cosa e ricorderà loro tutto ciò che Cristo ha detto (cfr Jn 14,26), poiché sarà Lui, lo Spirito di Verità (cfr Jn 15,26), a condurre i discepoli alla Verità tutta intera (cfr Jn 16,13). Infine, come si legge negli Atti degli Apostoli, lo Spirito discende sui Dodici radunati in preghiera con Maria nel giorno di Pentecoste (cfr Ac 2,1-4), e li anima alla missione di annunciare a tutti i popoli la Buona Novella.[48]

La Parola di Dio, dunque, si esprime in parole umane grazie all’opera dello Spirito Santo. La missione del Figlio e quella dello Spirito Santo sono inseparabili e costituiscono un’unica economia della salvezza. Lo stesso Spirito che agisce nell’incarnazione del Verbo nel seno della Vergine Maria, è il medesimo che guida Gesù lungo tutta la sua missione e che viene promesso ai discepoli. Lo stesso Spirito, che ha parlato per mezzo dei profeti, sostiene e ispira la Chiesa nel compito di annunciare la Parola di Dio e nella predicazione degli Apostoli; è questo Spirito, infine, che ispira gli autori delle sacre Scritture.

[47] Adversus haereses, IV, 7, 4: PG 7, 992-993; V, 1, 3: PG 7, 1123; V, 6, 1: PG 7, 1137; V, 28, 4: PG 7, 1200.
[48] Cfr Benedetto XVI, Esort. ap. postsinodale Sacramentum caritatis (22 febbraio 2007), 12:AAS 99 (2007), 113-114.


16 Consapevoli di quest’orizzonte pneumatologico, i Padri sinodali hanno voluto richiamare l’importanza dell’azione dello Spirito Santo nella vita della Chiesa e nel cuore dei credenti in relazione alla sacra Scrittura:[49] senza l’azione efficace dello «Spirito della Verità» (Jn 14,16) non è dato di comprendere le parole del Signore. Come ricorda ancora sant’Ireneo: «Quelli che non partecipano dello Spirito non attingono nel petto della loro madre (la Chiesa) il nutrimento della vita, essi non ricevono nulla dalla sorgente più pura che sgorga dal corpo di Cristo».[50] Come la Parola di Dio viene a noi nel corpo di Cristo, nel corpo eucaristico e nel corpo delle Scritture mediante l’azione dello Spirito Santo, così essa può essere accolta e compresa veramente solo grazie al medesimo Spirito.

I grandi scrittori della tradizione cristiana sono unanimi nel considerare il ruolo dello Spirito Santo nel rapporto che i credenti devono avere con le Scritture. San Giovanni Crisostomo afferma che la Scrittura «ha bisogno della rivelazione dello Spirito, affinché scoprendo il vero senso delle cose che vi si trovano racchiuse, ne ricaviamo un abbondante profitto».[51] Anche san Girolamo è fermamente convinto che «non possiamo arrivare a comprendere la Scrittura senza l’aiuto dello Spirito Santo che l’ha ispirata».[52] San Gregorio Magno, poi, sottolinea suggestivamente l’opera del medesimo Spirito nella formazione e nell’interpretazione della Bibbia: «Egli stesso ha creato le parole dei santi testamenti, egli stesso le dischiuse».[53] Riccardo di san Vittore ricorda che occorrono «occhi di colomba», illuminati ed istruiti dallo Spirito, per comprendere il testo sacro.[54]

Vorrei sottolineare ancora quanto sia significativa la testimonianza che troviamo riguardo alla relazione tra lo Spirito Santo e la Scrittura nei testi liturgici, dove la Parola di Dio viene proclamata, ascoltata e spiegata ai fedeli. È il caso di antiche preghiere che in forma di epiclesi invocano lo Spirito prima della proclamazione delle letture: «Manda il tuo Santo Spirito Paraclito nelle nostre anime e facci comprendere le Scritture da lui ispirate; e concedi a me di interpretarle in maniera degna, perché i fedeli qui radunati ne traggano profitto». Allo stesso modo, troviamo preghiere che, al termine dell’omelia, di nuovo invocano Dio per il dono dello Spirito sui fedeli: «Dio salvatore… t’imploriamo per questo popolo: manda su di esso lo Spirito Santo; il Signore Gesù venga a visitarlo, parli alle menti di tutti e disponga i cuori alla fede e conduca a te le nostre anime, Dio delle Misericordie».[55]Da tutto ciò possiamo ben capire perché non si possa arrivare a comprendere il senso della Parola se non si accoglie l’azione del Paraclito nella Chiesa e nei cuori dei credenti.

[49] Cfr Propositio 5.
[50] Adversus haereses, III, 24, 1: PG 7, 966.
[51] Homiliae in Genesim, XXII, 1: PG 53, 175.
[52] Epistula 120, 10: CSEL 55, pp. 500-506.
[53] Homiliae in Ezechielem, I, VII, 17: CC 142, p. 94.
[54] «Oculi ergo devotae animae sunt columbarum quia sensus eius per Spiritum sanctum sunt illuminati et edocti, spiritualia sapientes… Nunc quidem aperitur animae talis sensus, ut intellegat Scripturas»: Riccardo di San Vittore, Explicatio in Cantica canticorum, 15: PL 196, 450 B. D.
[55] Sacramentarium Serapionis II (XX): Didascalia et Constitutiones apostolorum, ed. F.X. Funk, II, Paderborn 1906, p. 161.


Tradizione e Scrittura

17 Riaffermando il profondo legame tra lo Spirito Santo e la Parola di Dio, abbiamo anche posto le basi per comprendere il senso ed il valore decisivo della viva Tradizione e delle sacre Scritture nella Chiesa. Infatti, poiché Dio «ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito» (Jn 3,16), la Parola divina, pronunciata nel tempo, si è donata e «consegnata» alla Chiesa in modo definitivo, cosicché l’annuncio della salvezza possa essere comunicato efficacemente in tutti i tempi e in tutti i luoghi. Come ci ricorda la Costituzione dogmatica Dei Verbum, Gesù Cristo stesso «ordinò agli Apostoli che l’Evangelo, prima promesso per mezzo dei profeti e da Lui adempiuto e promulgato di persona venisse da loro predicato a tutti come la fonte di ogni verità salutare e di ogni regola morale, comunicando ad essi i doni divini. Ciò venne fedelmente eseguito, tanto dagli Apostoli, i quali nella predicazione orale, con gli esempi e le istituzioni trasmisero sia ciò che avevano ricevuto dalla bocca del Cristo vivendo con Lui e guardandoLo agire, sia ciò che avevano imparato dai suggerimenti dello Spirito Santo, quanto da quegli Apostoli e da uomini della loro cerchia, i quali, per ispirazione dello Spirito Santo, misero per scritto il messaggio della salvezza».[56]

Il Concilio Vaticano II ricorda, inoltre, come questa Tradizione di origine apostolica sia realtà viva e dinamica: essa «progredisce nella Chiesa con l’assistenza dello Spirito Santo»; non nel senso che essa muti nella sua verità, che è perenne. Piuttosto «cresce … la comprensione, tanto delle cose quanto delle parole trasmesse», con la contemplazione e lo studio, con l’intelligenza data da una più profonda esperienza spirituale, e per mezzo della «predicazione di coloro i quali con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma sicuro di verità».[57]

La viva Tradizione è essenziale affinché la Chiesa possa crescere nel tempo nella comprensione della verità rivelata nelle Scritture; infatti, «è questa Tradizione che fa conoscere alla Chiesa l’intero canone dei libri sacri e nella Chiesa fa più profondamente comprendere e rende ininterrottamente operanti le stesse sacre Scritture».[58] In definitiva, è la viva Tradizione della Chiesa a farci comprendere in modo adeguato la sacra Scrittura come Parola di Dio. Sebbene il Verbo di Dio preceda ed ecceda la sacra Scrittura, tuttavia, in quanto ispirata da Dio, essa contiene la Parola divina (cfr 2Tm 3,16) «in modo del tutto singolare».[59]

[56] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla divina Rivelazione Dei Verbum, DV 7.
[57] Ibidem, DV 8.
[58] Ibidem. DV 8
[59] Cfr Propositio 3.


18 Da questo si evince come sia importante che il Popolo di Dio sia educato e formato in modo chiaro ad accostarsi alle sacre Scritture in relazione alla viva Tradizione della Chiesa, riconoscendo in esse la Parola stessa di Dio. Far crescere questo atteggiamento nei fedeli è molto importante dal punto di vista della vita spirituale. Può aiutare a questo proposito ricordare un’analogia sviluppata dai Padri della Chiesa tra il Verbo di Dio che si fa «carne» e la Parola che si fa «libro».[60] La Costituzione dogmatica Dei Verbum, raccogliendo quest’antica tradizione secondo la quale «il corpo del Figlio è la Scrittura a noi trasmessa» – come afferma sant’Ambrogio[61] –, dichiara: «Le parole di Dio, espresse con lingue umane, si sono fatte simili al linguaggio degli uomini, come già il Verbo dell’eterno Padre, avendo assunto le debolezze della natura umana, si fece simile agli uomini».[62]Così compresa, la sacra Scrittura si presenta a noi, pur nella molteplicità delle sue forme e dei suoi contenuti, come realtà unitaria. Infatti, «Dio, attraverso tutte le parole della sacra Scrittura, non dice che una sola Parola, il suo unico Verbo, nel quale dice se stesso interamente (cfr He 1,1-3)»,[63]come già sant’Agostino affermava con chiarezza: «Ricordatevi che uno solo è il discorso di Dio che si sviluppa in tutta la sacra Scrittura ed uno solo è il Verbo che risuona sulla bocca di tutti gli scrittori santi».[64]

In definitiva, mediante l’opera dello Spirito Santo e sotto la guida del Magistero, la Chiesa trasmette a tutte le generazioni quanto è stato rivelato in Cristo. La Chiesa vive nella certezza che il suo Signore, il Quale ha parlato nel passato, non cessa di comunicare oggi la sua Parola nella Tradizione viva della Chiesa e nella sacra Scrittura. Infatti, la Parola di Dio si dona a noi nella sacra Scrittura, quale testimonianza ispirata della Rivelazione, che con la viva Tradizione della Chiesa costituisce la regola suprema della fede.[65]

[60] Cfr Messaggio finale, II, 5.
[61] Expositio Evangelii secundum Lucam 6, 33: PL 15, 1677.
[62] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla divina Rivelazione Dei Verbum, DV 13.
[63] Catechismo della Chiesa Cattolica, CEC 102. Cfr anche Ruperto di Deutz, De operibus Spiritus Sancti, I, 6: SC 131, pp. 72-74.
[64] Enarrationes in Psalmos, 103, IV, 1: PL 37, 1378. Analoghe affermazioni in Origene, In Iohannem V, 5-6: SC 120, pp. 380-384.
[65] Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla divina Rivelazione Dei Verbum, DV 21.


Sacra Scrittura, ispirazione e verità

19 Un concetto chiave per cogliere il testo sacro come Parola di Dio in parole umane è certamente quello dell’ispirazione. Anche qui ci è possibile suggerire un’analogia: come il Verbo di Dio si è fatto carne per opera dello Spirito Santo nel grembo della Vergine Maria, così la sacra Scrittura nasce dal grembo della Chiesa per opera del medesimo Spirito. La sacra Scrittura è «Parola di Dio in quanto scritta per ispirazione dello Spirito di Dio».[66] In tal modo si riconosce tutta l’importanza dell’autore umano che ha scritto i testi ispirati e, al medesimo tempo, Dio stesso come vero autore.

Come hanno affermato i Padri sinodali, appare in tutta evidenza quanto il tema dell’ispirazione sia decisivo per l’adeguato accostamento alle Scritture e per la loro corretta ermeneutica,[67] la quale a sua volta deve essere fatta nello stesso Spirito in cui è stata scritta.[68] Quando si affievolisce in noi la consapevolezza dell’ispirazione, si rischia di leggere la Scrittura come oggetto di curiosità storica e non come opera dello Spirito Santo, nella quale possiamo sentire la stessa voce del Signore e conoscere la sua presenza nella storia.

Inoltre, i Padri sinodali hanno messo in evidenza come al tema dell’ispirazione sia connesso anche il tema della verità delle Scritture.[69] Per questo, un approfondimento della dinamica dell’ispirazione porterà indubbiamente anche ad una maggior comprensione della verità contenuta nei libri sacri. Come afferma la dottrina conciliare sul tema, i libri ispirati insegnano la verità: «Poiché dunque tutto ciò che gli autori ispirati o agiografi asseriscono è da ritenersi asserito dallo Spirito Santo, si deve dichiarare, per conseguenza, che i libri della Scrittura insegnano fermamente, fedelmente e senza errore la verità, che Dio per la nostra salvezza volle fosse consegnata nelle sacre Lettere. Infatti, “tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona” (
2Tm 3,16-17gr.)».[70]

Certamente la riflessione teologica ha sempre considerato ispirazione e verità come due concetti chiave per un’ermeneutica ecclesiale delle sacre Scritture. Tuttavia, si deve riconoscere l’odierna necessità di un approfondimento adeguato di queste realtà, così da poter rispondere meglio alle esigenze riguardanti l’interpretazione dei testi sacri secondo la loro natura. In tale prospettiva formulo il vivo auspicio che la ricerca in questo campo possa progredire e porti frutto per la scienza biblica e per la vita spirituale dei fedeli.

[66] Ibidem, DV 9.
[67] Cfr Propositiones 5.12.
[68] Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla divina Rivelazione Dei Verbum, DV 12.
[69] Cfr Propositio 12.
[70] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla divina Rivelazione Dei Verbum, DV 11


Dio Padre, fonte e origine della Parola

20 L’economia della Rivelazione ha il suo inizio e la sua origine in Dio Padre. Dalla sua parola «furono fatti i cieli, dal soffio della sua bocca ogni loro schiera» (Ps 33,6). È Lui che fa «risplendere la conoscenza della gloria di Dio sul volto di Cristo» (2Co 4,6 cfr Mt 16,17 Lc 9,29).

Nel Figlio, «Logos fatto carne» (cfr Jn 1,14), venuto a compiere la volontà di Colui che l’ha mandato (cfr Jn 4,34), Dio fonte della Rivelazione si manifesta come Padre e porta a compimento l’educazione divina dell’uomo, già in precedenza animata dalle parole dei profeti e dalle meraviglie operate nella creazione e nella storia del suo popolo e di tutti gli uomini. Il culmine della Rivelazione di Dio Padre è offerto dal Figlio con il dono del Paraclito (cfr Jn 14,16), Spirito del Padre e del Figlio, che ci «guida a tutta la verità» (Jn 16,13).

È così che tutte le promesse di Dio diventano «sì» in Gesù Cristo (cfr 2Co 1,20). In tale modo si apre per l’uomo la possibilità di percorrere la via che lo conduce al Padre (cfr Jn 14,6), perché alla fine «Dio sia tutto in tutti» (1Co 15,28).


21 Come mostra la croce di Cristo, Dio parla anche per mezzo del suo silenzio. Il silenzio di Dio, l’esperienza della lontananza dell’Onnipotente e Padre è tappa decisiva nel cammino terreno del Figlio di Dio, Parola incarnata. Appeso al legno della croce, ha lamentato il dolore causatoGli da tale silenzio: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mc 15,34 Mt 27,46). Procedendo nell’obbedienza fino all’estremo alito di vita, nell’oscurità della morte, Gesù ha invocato il Padre. A Lui si è affidato nel momento del passaggio, attraverso la morte, alla vita eterna: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46).

Questa esperienza di Gesù è indicativa della situazione dell’uomo che, dopo aver ascoltato e riconosciuto la Parola di Dio, deve misurarsi anche con il suo silenzio. È un’esperienza vissuta da tanti santi e mistici, e che pure oggi entra nel cammino di molti credenti. Il silenzio di Dio prolunga le sue precedenti parole. In questi momenti oscuri Egli parla nel mistero del suo silenzio. Pertanto, nella dinamica della Rivelazione cristiana, il silenzio appare come un’espressione importante della Parola di Dio.


La risposta dell’uomo al Dio che parla

Chiamati ad entrare nell’Alleanza con Dio

22 Sottolineando la pluriformità della Parola, abbiamo potuto contemplare attraverso quante modalità Dio parli e venga incontro all’uomo, facendosi conoscere nel dialogo. Certo, come hanno affermato i Padri sinodali, «il dialogo quando è riferito alla Rivelazione comporta il primato della Parola di Dio rivolta all’uomo».[71] Il mistero dell’Alleanza esprime questa relazione tra Dio che chiama con la sua Parola e l’uomo che risponde, nella chiara consapevolezza che non si tratta di un incontro tra due contraenti alla pari; ciò che noi chiamiamo Antica e Nuova Alleanza non è un atto di intesa tra due parti uguali, ma puro dono di Dio. Mediante questo dono del suo amore Egli, superando ogni distanza, ci rende veramente suoi «partner», così da realizzare il mistero nuziale dell’amore tra Cristo e la Chiesa. In questa visione ogni uomo appare come il destinatario della Parola, interpellato e chiamato ad entrare in tale dialogo d’amore con una risposta libera. Ciascuno di noi è reso così da Dio capace di ascoltare e rispondere alla divina Parola. L’uomo è creato nella Parola e vive in essa; egli non può capire se stesso se non si apre a questo dialogo. La Parola di Dio rivela la natura filiale e relazionale della nostra vita. Siamo davvero chiamati per grazia a conformarci a Cristo, il Figlio del Padre, ed essere trasformati in Lui.

[71] Propositio 4.


Dio ascolta l’uomo e risponde alle sue domande

23 In questo dialogo con Dio comprendiamo noi stessi e troviamo risposta alle domande più profonde che albergano nel nostro cuore. La Parola di Dio, infatti, non si contrappone all’uomo, non mortifica i suoi desideri autentici, anzi li illumina, purificandoli e portandoli a compimento. Come è importante per il nostro tempo scoprire che solo Dio risponde alla sete che sta nel cuore di ogni uomo! Nella nostra epoca purtroppo si è diffusa, soprattutto in Occidente, l’idea che Dio sia estraneo alla vita ed ai problemi dell’uomo e che, anzi, la sua presenza possa essere una minaccia alla sua autonomia. In realtà, tutta l’economia della salvezza ci mostra che Dio parla ed interviene nella storia a favore dell’uomo e della sua salvezza integrale. Quindi è decisivo, dal punto di vista pastorale, presentare la Parola di Dio nella sua capacità di dialogare con i problemi che l’uomo deve affrontare nella vita quotidiana. Proprio Gesù si presenta a noi come colui che è venuto perché possiamo avere la vita in abbondanza (cfr Jn 10,10). Per questo, dobbiamo impiegare ogni sforzo per mostrare la Parola di Dio come apertura ai propri problemi, come risposta alle proprie domande, un allargamento dei propri valori ed insieme come una soddisfazione alle proprie aspirazioni. La pastorale della Chiesa deve illustrare bene come Dio ascolti il bisogno dell’uomo ed il suo grido. San Bonaventura afferma nel Breviloquium: «Il frutto della sacra Scrittura non è uno qualsiasi, ma addirittura la pienezza della felicità eterna. Infatti la sacra Scrittura è appunto il libro nel quale sono scritte parole di vita eterna perché, non solo crediamo, ma anche possediamo la vita eterna, in cui vedremo, ameremo e saranno realizzati tutti i nostri desideri».[72]

[72] Prol.: Opera Omnia, V, Quaracchi 1891, pp. 201-202.


Dialogare con Dio mediante le sue parole

24 La divina Parola introduce ciascuno di noi al colloquio con il Signore: il Dio che parla ci insegna come noi possiamo parlare con Lui. Il pensiero va spontaneamente al Libro dei Salmi, nel quale Egli ci dà le parole con cui possiamo rivolgerci a Lui, portare la nostra vita nel colloquio davanti a Lui, trasformando così la vita stessa in un movimento verso Dio.[73] Nei Salmi infatti troviamo tutta la gamma articolata di sentimenti che l’uomo può provare nella propria esistenza e che vengono posti con sapienza davanti a Dio; gioia e dolore, angoscia e speranza, timore e trepidazione trovano qui espressione. Insieme ai Salmi pensiamo anche ai numerosi altri testi della sacra Scrittura che esprimono il rivolgersi dell’uomo a Dio nella forma della preghiera di intercessione (cfr Ex 33,12-16), del canto di giubilo per la vittoria (cfr Ex 15), o di lamento nello svolgimento della propria missione (cfr Jr 20,7-18). In tal modo la parola che l’uomo rivolge a Dio diventa anch’essa Parola di Dio, a conferma del carattere dialogico di tutta la Rivelazione cristiana,[74] e l’intera esistenza dell’uomo diviene un dialogo con Dio che parla ed ascolta, che chiama e mobilita la nostra vita. La Parola di Dio rivela qui che tutta l’esistenza dell’uomo è sotto la chiamata divina.[75]

[73] Cfr Benedetto XVI, Discorso agli uomini di cultura al «Collège des Bernardins» di Parigi (12 settembre 2008): AAS 100 (2008), 721-730.
[74] Cfr Propositio 4.
[75] Cfr Relatio post disceptationem, 12.


La Parola di Dio e la fede

25 «A Dio che si rivela è dovuta “l’obbedienza della fede” (Rm 16,26 cfr Rm 1,5 2Co 10,5-6), con la quale l’uomo gli si abbandona tutt’intero e liberamente prestando “il pieno ossequio dell’intelletto e della volontà a Dio che rivela” e assentendo volontariamente alla Rivelazione che egli fa».[76] Con queste parole la Costituzione dogmatica Dei Verbum ha espresso in modo preciso l’atteggiamento dell’uomo nei confronti di Dio. La risposta propria dell’uomo al Dio che parla è la fede. In ciò si evidenzia che «per accogliere la Rivelazione, l’uomo deve aprire la mente e il cuore all’azione dello Spirito Santo che gli fa capire la Parola di Dio presente nelle sacre Scritture».[77] In effetti è proprio la predicazione della divina Parola a far sorgere la fede, con la quale aderiamo di cuore alla verità rivelataci e affidiamo tutto noi stessi a Cristo: «la fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo» (Rm 10,17). È tutta la storia della salvezza che in modo progressivo ci mostra questo intimo legame tra la Parola di Dio e la fede che si compie nell’incontro con Cristo. Con Lui, infatti, la fede prende la forma dell’incontro con una Persona alla quale si affida la propria vita. Cristo Gesù rimane presente oggi nella storia, nel suo corpo che è la Chiesa, per questo l’atto della nostra fede è un atto nello stesso tempo personale ed ecclesiale.

[76] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla divina Rivelazione Dei Verbum, DV 5.
[77] Propositio 4.


Il peccato come non ascolto della Parola di Dio

26 La Parola di Dio rivela inevitabilmente anche la possibilità drammatica da parte della libertà dell’uomo di sottrarsi a questo dialogo di alleanza con Dio per il quale siamo stati creati. La divina Parola, infatti, svela anche il peccato che alberga nel cuore dell’uomo. Molto spesso troviamo sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento la descrizione del peccato come non ascolto della Parola, come rottura dell’Alleanza e dunque come chiusura nei confronti di Dio che chiama alla comunione con Lui.[78] In effetti, la sacra Scrittura ci mostra come il peccato dell’uomo sia essenzialmente disobbedienza e «non ascolto». Proprio l’obbedienza radicale di Gesù fino alla morte di Croce (cfr Ph 2,8) smaschera fino in fondo questo peccato. Nella sua obbedienza si compie la Nuova Alleanza tra Dio e l’uomo e viene donata a noi la possibilità della riconciliazione. Gesù, infatti, è stato mandato dal Padre come vittima di espiazione per i nostri peccati e per quelli di tutto il mondo (cfr 1Jn 2,2 1Jn 4,10 He 7,27). Così, ci viene offerta la possibilità misericordiosa della redenzione e l’inizio di una vita nuova in Cristo. Per questo è importante che i fedeli siano educati a riconoscere la radice del peccato nel non ascolto della Parola del Signore e ad accogliere in Gesù, Verbo di Dio, il perdono che ci apre alla salvezza.

[78] Ad esempio Dt 28,1-2 Dt 28,15 Dt 28,45 Dt 32,1; tra i profeti cfr Jr 7,22-28 Ez 2,8 Ez 3,10 Ez 6,3 Ez 13,2; fino agli ultimi: cfr Za 3,8. Per san Paolo cfr Rm 10,14-18 1Th 2,13.


Maria «Mater Verbi Dei» e «Mater fidei»

27 I Padri sinodali hanno dichiarato che scopo fondamentale della XII Assemblea è stato di «rinnovare la fede della Chiesa nella Parola di Dio»; per questo è necessario guardare là dove la reciprocità tra Parola di Dio e fede si è compiuta perfettamente, ossia a Maria Vergine, «che con il suo sì alla Parola d’Alleanza e alla sua missione, compie perfettamente la vocazione divina dell’umanità».[79] La realtà umana, creata per mezzo del Verbo, trova la sua figura compiuta proprio nella fede obbediente di Maria. Ella dall’Annunciazione alla Pentecoste si presenta a noi come donna totalmente disponibile alla volontà di Dio. È l’Immacolata Concezione, colei che è «colmata di grazia» da Dio (cfr Lc 1,28), docile in modo incondizionato alla Parola divina (cfr Lc 1,38). La sua fede obbediente plasma la sua esistenza in ogni istante di fronte all’iniziativa di Dio. Vergine in ascolto, ella vive in piena sintonia con la divina Parola; serba nel suo cuore gli eventi del suo Figlio, componendoli come in un unico mosaico (cfr Lc 2,19 Lc 2,51).[80]

È necessario nel nostro tempo che i fedeli vengano introdotti a scoprire meglio il legame tra Maria di Nazareth e l’ascolto credente della divina Parola. Esorto anche gli studiosi ad approfondire maggiormente il rapporto tra mariologia e teologia della Parola. Da ciò potrà venire grande beneficio sia per la vita spirituale che per gli studi teologici e biblici. Infatti, quanto l’intelligenza della fede ha tematizzato in relazione a Maria si colloca nel centro più intimo della verità cristiana. In realtà, l’incarnazione del Verbo non può essere pensata a prescindere dalla libertà di questa giovane donna che con il suo assenso coopera in modo decisivo all’ingresso dell’Eterno nel tempo. Ella è la figura della Chiesa in ascolto della Parola di Dio che in lei si fa carne. Maria è anche simbolo dell’apertura per Dio e per gli altri; ascolto attivo, che interiorizza, assimila, in cui la Parola diviene forma della vita.

[79] Propositio 55.
[80] Cfr Benedetto XVI, Esort. ap. postsinodale Sacramentum caritatis (22 febbraio 2007), 33:AAS 99 (2007), 132-133.



Verbum Domini IT 13