Verbum Domini IT 105

Annuncio della Parola di Dio e i migranti

105 La Parola di Dio ci rende attenti alla storia e a quanto di nuovo in essa germoglia. Per questo il Sinodo, in relazione alla missione evangelizzatrice della Chiesa, ha voluto volgere l’attenzione anche al fenomeno complesso dei movimenti migratori, che ha assunto in questi anni inedite proporzioni. Qui sorgono questioni assai delicate riguardanti la sicurezza delle nazioni e l’accoglienza da offrire a quanti cercano rifugio, condizioni migliori di vita, salute e lavoro. Un grande numero di persone, che non conoscono Cristo o che ne hanno un’immagine inadeguata, si insediano in Paesi di tradizione cristiana. Contemporaneamente persone appartenenti a popoli segnati in modo profondo dalla fede cristiana emigrano verso Paesi in cui c’è bisogno di portare l’annuncio di Cristo e di una nuova evangelizzazione. Queste situazioni offrono rinnovate possibilità per la diffusione della Parola di Dio. A tale proposito i Padri sinodali hanno affermato che i migranti hanno il diritto di ascoltare ilkerygma, che viene loro proposto, non imposto. Se sono cristiani, necessitano di assistenza pastorale adeguata per rafforzare la fede ed essere essi stessi portatori dell’annuncio evangelico. Consapevoli della complessità del fenomeno, è necessario che le diocesi interessate si mobilitino affinché i movimenti migratori siano colti anche come occasione per scoprire nuove modalità di presenza e di annuncio e si provveda, a seconda delle proprie possibilità, ad un’adeguata accoglienza ed animazione di questi nostri fratelli perché, toccati dalla Buona Novella, si facciano essi stessi annunciatori della Parola di Dio e testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo.[345]

[345] Cfr Propositio 38.

Annuncio della Parola di Dio e i sofferenti

106 Durante i lavori sinodali l’attenzione dei Padri è stata posta anche sulla necessità di annunciare la Parola di Dio a tutti coloro che si trovano nella condizione di sofferenza, fisica, psichica o spirituale. Infatti è nel momento del dolore che sorgono più acute nel cuore dell’uomo, le domande ultime sul senso della propria vita. Se la parola dell’uomo sembra ammutolire davanti al mistero del male e del dolore e la nostra società sembra dare valore all’esistenza solo se corrisponde a certi livelli di efficienza e di benessere, la Parola di Dio ci svela che anche queste circostanze sono misteriosamente «abbracciate» dalla tenerezza di Dio. La fede che nasce dall’incontro con la divina Parola ci aiuta a ritenere la vita umana degna di essere vissuta in pienezza anche quando è fiaccata dal male. Dio ha creato l’uomo per la felicità e per la vita, mentre la malattia e la morte sono entrate nel mondo come conseguenza del peccato (cfr Sg 2,23-24). Ma il Padre della vita è il medico per eccellenza dell’uomo e non cessa di chinarsi amorevolmente sull’umanità sofferente. Il culmine della vicinanza di Dio alla sofferenza dell’uomo lo contempliamo in Gesù stesso che è «Parola incarnata. Ha sofferto con noi, è morto. Con la sua passione e morte Egli ha assunto e trasformato fino in fondo la nostra debolezza».[346]

La vicinanza di Gesù ai sofferenti non si è interrotta: essa si prolunga nel tempo grazie all’azione dello Spirito Santo nella missione della Chiesa, nella Parola e nei Sacramenti, negli uomini di buona volontà, nelle attività di assistenza che le comunità promuovono con carità fraterna, mostrando così il vero volto di Dio ed il suo amore. Il Sinodo rende grazie a Dio per la testimonianza luminosa, spesso nascosta, di tanti cristiani – sacerdoti, religiosi e laici – che hanno prestato e continuano a prestare le loro mani, i loro occhi e i loro cuori a Cristo, vero medico dei corpi e delle anime! Esorta, poi, a continuare ad avere cura delle persone inferme portando loro la presenza vivificante del Signore Gesù, nella Parola e nell’Eucaristia. Siano aiutate a leggere la Scrittura e a scoprire che proprio nella loro condizione possono partecipare in modo particolare alla sofferenza redentrice di Cristo per la salvezza del mondo (cfr 2Co 4,8-11 2Co 4,14).[347]

[346] Benedetto XVI, Omelia in occasione della XVII Giornata Mondiale del Malato (11 febbraio 2009): Insegnamenti V, 1 (2009), 232.
[347] Cfr Propositio 35.

Annuncio della Parola di Dio e i poveri

107 La sacra Scrittura manifesta la predilezione di Dio per i poveri e i bisognosi (cfr Mt 25,31-46). Frequentemente i Padri sinodali hanno richiamato la necessità che l’annuncio evangelico, l’impegno dei Pastori e delle comunità siano rivolti a questi nostri fratelli. In effetti, «i primi ad avere diritto all’annuncio del Vangelo sono proprio i poveri, bisognosi non solo di pane, ma anche di parole di vita».[348] La diaconia della carità, che non deve mai mancare nelle nostre Chiese, deve essere sempre legata all’annuncio della Parola e alla celebrazione dei santi misteri.[349] Nello stesso tempo, occorre riconoscere e valorizzare il fatto che gli stessi poveri sono anche agenti di evangelizzazione. Nella Bibbia il vero povero è colui che si affida totalmente a Dio e Gesù stesso nel Vangelo li chiamabeati, «poiché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,3 cfr Lc 6,20). Il Signore esalta la semplicità di cuore di chi riconosce in Dio la vera ricchezza, ripone in Lui la propria speranza, e non nei beni di questo mondo. La Chiesa non può deludere i poveri: «I pastori sono chiamati ad ascoltarli, ad imparare da essi, a guidarli nella loro fede e a motivarli ad essere artefici della propria storia».[350]

La Chiesa è anche consapevole che esiste una povertà come virtù, da coltivare e da scegliere liberamente, come hanno fatto tanti Santi, ed esiste una miseria, esito spesso di ingiustizia e provocata dall’egoismo, che segna indigenza e fame e che alimenta i conflitti. Quando la Chiesa annuncia la Parola di Dio sa che occorre favorire un «circolo virtuoso» tra la povertà «da scegliere» e la povertà «da combattere», riscoprendo «la sobrietà e la solidarietà, quali valori evangelici e al tempo stesso universali… Ciò comporta scelte di giustizia e di sobrietà».[351]

[348] Propositio 11.
[349] Cfr Benedetto XVI, Lett. enc. Deus caritas est (25 dicembre 2005), : AAS 98 (2006), 236-237.
[350] Propositio 11.
[351] Benedetto XVI, Omelia (1° gennaio 2009): Insegnamenti V, 1 (2009), 5.

Parola di Dio e custodia del creato

108 L’impegno nel mondo richiesto dalla divina Parola ci spinge a guardare con occhi nuovi l’intero cosmo creato da Dio e che porta già in sé le tracce del Verbo, per mezzo del quale tutto è stato fatto (cfr Jn 1,2). In effetti c’è una responsabilità che abbiamo come credenti e annunciatori del Vangelo anche nei confronti della creazione. La Rivelazione, mentre ci rende noto il disegno di Dio sul cosmo, ci porta anche a denunciare gli atteggiamenti sbagliati dell’uomo, quando non riconosce tutte le cose come riflesso del Creatore, ma mera materia da manipolare senza scrupoli. Così l’uomo manca di quella essenziale umiltà che gli permette di riconoscere la creazione come dono di Dio da accogliere e usare secondo il suo disegno. Al contrario, l’arroganza dell’uomo che vive come se Dio non ci fosse, porta a sfruttare e deturpare la natura, non riconoscendo in essa un’opera della Parola creatrice. In questo quadro teologico, desidero richiamare le affermazioni dei Padri sinodali, i quali hanno ricordato che «accogliere la Parola di Dio attestata nella sacra Scrittura e nella Tradizione viva della Chiesa genera un nuovo modo di vedere le cose, promuovendo una ecologia autentica, che ha la sua radice più profonda nella obbedienza della fede …(e) sviluppando una rinnovata sensibilità teologica sulla bontà di tutte le cose, create in Cristo».[352] L’uomo ha bisogno di essere nuovamente educato allo stupore e a riconoscere la bellezza autentica che si manifesta nelle cose create.[353]

[352] Propositio 54.
[353] Cfr Benedetto XVI, Esort. ap. postsinodale Sacramentum caritatis (22 febbraio 2007), 92: AAS 99 (2007), 176-177.

Parola di Dio e culture

Il valore della cultura per la vita dell’uomo


109 L’annuncio giovanneo riguardante l’incarnazione del Verbo rivela il legame indissolubile che esiste tra la Parola divina e le parole umane, mediante le quali si comunica a noi. È nell’ambito di questa considerazione che il Sinodo dei Vescovi si è soffermato sul rapporto tra Parola di Dio e cultura. Infatti, Dio non si rivela all’uomo in astratto, ma assumendo linguaggi, immagini ed espressioni legati alle diverse culture. Si tratta di un rapporto fecondo, testimoniato ampiamente nella storia della Chiesa. Oggi tale rapporto entra anche in una nuova fase dovuta all’estendersi e al radicarsi dell’evangelizzazione all’interno delle diverse culture e ai più recenti sviluppi della cultura occidentale. Esso innanzitutto implica riconoscere l’importanza della cultura come tale per la vita di ogni uomo. Il fenomeno della cultura, infatti, nei suoi molteplici aspetti si presenta come un dato costitutivo dell’esperienza umana: «L’uomo vive sempre secondo una cultura che gli è propria, e che, a sua volta, crea fra gli uomini un legame che pure è loro proprio, determinando il carattere inter-umano e sociale dell’esistenza umana».[354]

La Parola di Dio ha ispirato lungo i secoli le diverse culture, generando valori morali fondamentali, espressioni artistiche eccellenti e stili di vita esemplari.[355] Pertanto, nella prospettiva di un rinnovato incontro tra Bibbia e culture, vorrei ribadire a tutti gli operatori culturali che non hanno nulla da temere dall’aprirsi alla Parola di Dio; essa non distrugge mai la vera cultura, ma costituisce un costante stimolo per la ricerca di espressioni umane sempre più appropriate e significative. Ogni autentica cultura per essere veramente per l’uomo deve essere aperta alla trascendenza, ultimamente a Dio.

[354] Giovanni Paolo II, Discorso all’UNESCO (2 giugno 1980), 6: AAS 72 (1980), 738.
[355] Cfr Propositio 41.

La Bibbia come grande codice per le culture


110 I Padri sinodali hanno sottolineato l’importanza di favorire tra gli operatori culturali una conoscenza adeguata della Bibbia, anche negli ambienti secolarizzati e tra i non credenti;[356] nella sacra Scrittura sono contenuti valori antropologici e filosofici che hanno influito positivamente su tutta l’umanità.[357] Va pienamente ricuperato il senso della Bibbia come grande codice per le culture.

[356] Cfr Ibidem.
[357] Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Fides et ratio (14 settembre 1998),
FR 80: AAS 91 (1999), 67-68.

La conoscenza della Bibbia nelle scuole e università

111 Un ambito particolare dell’incontro tra Parola di Dio e culture è quello della scuola e dell’università. I Pastori abbiano speciale cura per questi ambienti, promuovendo una conoscenza profonda della Bibbia così da poterne cogliere le feconde implicazioni culturali anche per l’oggi. I centri di studio promossi dalle realtà cattoliche offrono un contributo originale – che deve essere riconosciuto – alla promozione della cultura e dell’istruzione. Non si deve trascurare, poi, l’insegnamento della religione, formando accuratamente i docenti. In molti casi esso rappresenta per gli studenti un’occasione unica di contatto con il messaggio della fede. È bene che in questo insegnamento sia promossa la conoscenza della sacra Scrittura, vincendo antichi e nuovi pregiudizi, e cercando di far conoscere la sua verità.[358]

[358] Cfr Lineamenta 23.

La sacra Scrittura nelle diverse espressioni artistiche

112 La relazione tra Parola di Dio e cultura ha trovato espressione in opere di diversi ambiti, in particolare nel mondo dell’arte. Per questo la grande tradizione dell’Oriente e dell’Occidente ha sempre stimato le manifestazioni artistiche ispirate alla sacra Scrittura, quali ad esempio le arti figurative e l’architettura, la letteratura e la musica. Penso anche all’antico linguaggio espresso dalleicone che dalla tradizione orientale si sta diffondendo in tutto il mondo. Con i Padri sinodali, la Chiesa tutta esprime apprezzamento, stima e ammirazione per gli artisti «innamorati della bellezza», che si sono lasciati ispirare dai testi sacri; essi hanno contribuito alla decorazione delle nostre chiese, alla celebrazione della nostra fede, all’arricchimento della nostra liturgia e, allo stesso tempo, molti di loro hanno aiutato a rendere in qualche modo percepibile nel tempo e nello spazio le realtà invisibili ed eterne.[359] Esorto gli organismi competenti affinché si promuova nella Chiesa una solida formazione degli artisti riguardo alla sacra Scrittura alla luce della Tradizione viva della Chiesa e del Magistero.

[359] Cfr Propositio 40.

Parola di Dio e mezzi di comunicazione sociale

113 Al rapporto tra Parola di Dio e culture si connette anche l’importanza dell’utilizzo attento ed intelligente dei mezzi, vecchi e nuovi, di comunicazione sociale. I Padri sinodali hanno raccomandato una conoscenza appropriata di questi strumenti, ponendo attenzione al loro veloce sviluppo e ai diversi livelli di interazione e investendo maggiori energie per acquisire competenza nei vari settori, in particolare nei cosiddetti new media, come ad esempio internet. Esiste già una significativa presenza da parte della Chiesa nel mondo della comunicazione di massa e anche il Magistero ecclesiale si è espresso più volte su questo tema a partire dal Concilio Vaticano II.[360] L’acquisizione di nuovi metodi per trasmettere il Messaggio evangelico fa parte della costante tensione evangelizzatrice dei credenti e oggi la comunicazione stende una rete che avvolge tutto il globo e acquista un nuovo significato l’appello di Cristo: «Quello che io vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze» (Mt 10,27). La Parola divina, oltre che nella forma stampata, deve risuonare anche attraverso le altre forme di comunicazione.[361] Per questo, insieme ai Padri sinodali, desidero ringraziare i cattolici che si stanno impegnando con competenza per una presenza significativa nel mondo dei media, sollecitando un impegno ancora più ampio e qualificato.[362]

Tra le nuove forme di comunicazione di massa, un ruolo crescente va riconosciuto oggi a internet, che costituisce un nuovo forum in cui far risuonare il Vangelo, nella consapevolezza, però, che il mondo virtuale non potrà mai sostituire il mondo reale e che l’evangelizzazione potrà usufruire dellavirtualità offerta dai new media per instaurare rapporti significativi solo se si arriverà al contattopersonale, che resta insostituibile. Nel mondo di internet, che permette a miliardi di immagini di apparire su milioni di schermi in tutto il mondo, dovrà emergere il volto di Cristo e udirsi la Sua voce, perché «se non c’è spazio per Cristo, non c’è spazio per l’uomo».[363]

[360] Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sugli strumenti di comunicazione sociale Inter mirifica; Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Istr. past. Communio et progressio sugli strumenti della comunicazione sociale pubblicata per disposizione del Concilio Ecumenico Vaticano II (23 maggio 1971): AAS 63 (1971), 593-656; Giovanni Paolo II, Lett. ap. Il rapido sviluppo (24 gennaio 2005): AAS 97 (2005), 265-274; Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Istr. past. sulle comunicazioni sociali nel 20° Anniversario della «Communio et progressio» Aetatis novae (22 febbraio 1992): AAS 84 (1992), 447-468; Id., La Chiesa e internet (22 febbraio 2002): Ench. Vat. 21, n. 66-95; Id., Etica in internet (22 febbraio 2002): Ench. Vat. 21, n. 96-127.
[361] Cfr Messaggio finale, IV,11; Benedetto XVI, Messaggio per la XLIII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali (24 gennaio 2009): Insegnamenti V, 1 (2009), 123-127.
[362] Cfr Propositio 44.
[363] Giovanni Paolo II, Messaggio per la XXXVI Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali (24 gennaio 2002), 6: Insegnamenti, XXV, 1 (2002), 94-95.

Bibbia e inculturazione

114 Il mistero dell’incarnazione ci rende noto che Dio, da una parte, si comunica sempre in una storia concreta, assumendo i codici culturali iscritti in essa, ma, dall’altra parte, la stessa Parola può e deve trasmettersi in culture differenti, trasfigurandole dall’interno, mediante ciò che il Papa Paolo VIchiamava l’evangelizzazione delle culture.[364] La Parola di Dio, come del resto la fede cristiana, manifesta così un carattere profondamente interculturale, capace di incontrare e di far incontrare culture diverse.[365]

In questo contesto si comprende anche il valore dell’inculturazione del Vangelo.[366] La Chiesa è fermamente persuasa dell’intrinseca capacità della Parola di Dio di raggiungere tutte le persone umane nel contesto culturale in cui vivono: «Questa convinzione deriva dalla Bibbia stessa, che, fin dal libro della Genesi, assume un orientamento universale (cfr
Gn 1,27-28), lo mantiene poi nella benedizione promessa a tutti i popoli grazie ad Abramo e alla sua discendenza (cfr Gn 12,3 Gn 18,18) e lo conferma definitivamente estendendo a “tutte le nazioni” l’evangelizzazione».[367] Per questo l’inculturazione non va scambiata con processi di adattamento superficiale e nemmeno con la confusione sincretista che diluisce l’originalità del Vangelo per renderlo più facilmente accettabile.[368] L’autentico paradigma dell’inculturazione è l’incarnazione stessa del Verbo: «L’“acculturazione” o “inculturazione” sarà realmente un riflesso dell’incarnazione del Verbo, quando una cultura, trasformata e rigenerata dal Vangelo, produce nella sua propria tradizione espressioni originali di vita, di celebrazione, di pensiero cristiano»,[369] fermentando dall’interno la cultura locale, valorizzando i semina Verbi e quanto di positivo in essa è presente, aprendola ai valori evangelici.[370]

[364] Cfr Esort. ap. Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975), EN 20: AAS 68 (1976), 18-19.
[365] Cfr Benedetto XVI, Esort. ap. postsinodale Sacramentum caritatis (22 febbraio 2007), 78:AAS 99 (2007), 165.
[366] Cfr Propositio 48.
[367] Pontificia Commissione Biblica, L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa (15 aprile 1993), IV, B: Ench. Vat. 13, n. 3112.
[368] Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull’attività missionaria della Chiesa Ad gentes, AGD 22; Pontificia Commissione Biblica, L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa, (15 aprile 1993), IV, B: Ench. Vat. 13, n. 3111-3117.
[369] Giovanni Paolo II, Discorso ai Vescovi del Kenia (7 maggio 1980), 6: AAS 72 (1980), 497.
[370] Cfr Instrumentum laboris 56.

Traduzioni e diffusione della Bibbia

115 Se l’inculturazione della Parola di Dio è parte imprescindibile della missione della Chiesa nel mondo, un momento decisivo di questo processo è la diffusione della Bibbia mediante il prezioso lavoro di traduzione nelle differenti lingue. A questo proposito si deve sempre tenere presente che l’opera di traduzione delle Scritture «ha avuto inizio fin dai tempi dell’Antico Testamento quando il testo ebraico della Bibbia fu tradotto oralmente in aramaico (Ne 8,8 Ne 8,12) e, più tardi, per iscritto in greco. Una traduzione infatti è sempre qualcosa di più di una semplice trascrizione del testo originale. Il passaggio da una lingua a un’altra comporta necessariamente un cambiamento di contesto culturale: i concetti non sono identici e la portata dei simboli è differente, perché mettono in rapporto con altre tradizioni di pensiero e altri modi di vivere».[371]

Durante i lavori sinodali si è dovuto constatare che varie Chiese locali non dispongono ancora di una traduzione integrale della Bibbia nelle proprie lingue. Quanti popoli hanno oggi fame e sete della Parola di Dio, ma purtroppo non possono ancora avere un «largo accesso alla sacra Scrittura»,[372]come era stato auspicato nel Concilio Vaticano II! Per questo il Sinodo ritiene importante, anzitutto, la formazione di specialisti che si dedichino a tradurre la Bibbia nelle varie lingue.[373] Incoraggio ad investire risorse in questo ambito. In particolare, vorrei raccomandare di sostenere l’impegno della Federazione Biblica Cattolica perché sia ulteriormente incrementato il numero delle traduzioni della sacra Scrittura e la loro capillare diffusione.[374] È bene che, per la natura stessa di un tale lavoro, esso sia fatto, per quanto possibile, in collaborazione con le diverse Società Bibliche.

[371] Pontificia Commissione Biblica, L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa, (15 aprile 1993), IV, B: Ench. Vat. 13, n. 3113.
[372] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla divina Rivelazione Dei Verbum, DV 22.
[373] Cfr Propositio 42.
[374] Cfr Propositio 43.

La Parola di Dio supera i limiti delle culture

116 L’Assemblea sinodale, nel dibattito circa la relazione tra Parola di Dio e culture ha sentito l’esigenza di riaffermare quanto i primi cristiani hanno potuto sperimentare fin dal giorno di Pentecoste (cfr Ac 2,1-13). La Parola divina è capace di penetrare e di esprimersi in culture e lingue differenti, ma la stessa Parola trasfigura i limiti delle singole culture creando comunione tra popoli diversi. La Parola del Signore ci invita ad andare verso una comunione più vasta. «Usciamo dalla limitatezza delle nostre esperienze ed entriamo nella realtà, che è veramente universale. Entrando nella comunione con la Parola di Dio, entriamo nella comunione della Chiesa che vive la Parola di Dio. … È uscire dai limiti delle singole culture nella universalità che collega tutti, unisce tutti, ci fa tutti fratelli».[375] Pertanto, annunciare la Parola di Dio chiede sempre a noi stessi per primi un rinnovato esodo, nel lasciare le nostre misure e le nostre immaginazioni limitate per fare spazio in noi alla presenza di Cristo.

[375] Benedetto XVI, Omelia durante l’Ora Terza all’inizio della I Congregazione Generale dei Sinodo dei Vescovi (6 ottobre 2008): AAS 100 (2008), 760.

Parola di Dio e dialogo interreligioso

Il valore del dialogo interreligioso


117 La Chiesa riconosce come parte essenziale dell’annuncio della Parola l’incontro, il dialogo e la collaborazione con tutti gli uomini di buona volontà, in particolare con le persone appartenenti alle diverse tradizioni religiose dell’umanità, evitando forme di sincretismo e di relativismo e seguendo le linee indicate dalla Dichiarazione del Concilio Vaticano II Nostra aetate sviluppate dal Magistero successivo dei Sommi Pontefici.[376] Il veloce processo di globalizzazione, caratteristico della nostra epoca, mette in condizioni di vivere a più stretto contatto con persone di culture e religioni diverse. Si tratta di un’opportunità provvidenziale per manifestare come l’autentico senso religioso possa promuovere tra gli uomini relazioni di universale fraternità. È di grande importanza che le religioni possano favorire nelle nostre società, spesso secolarizzate, una mentalità che veda in Dio Onnipotente il fondamento di ogni bene, la sorgente inesauribile della vita morale, il sostegno di un senso profondo di fratellanza universale.

Ad esempio, nella tradizione ebraico-cristiana si trova la suggestiva attestazione dell’amore di Dio per tutti i popoli, che Egli, già nell’Alleanza stretta con Noè, riunisce in un unico grande abbraccio simboleggiato dall’«arco sulle nubi» (
Gn 9,13 Gn 9,14 Gn 9,16) e che, secondo le parole dei profeti, intende raccogliere in un’unica universale famiglia (cfr Is 2,2ss; Is 42,6 Is 66,18-21 Jr 4,2 Ps 47). Di fatto, testimonianze dell’intimo legame esistente tra il rapporto con Dio e l’etica dell’amore per ogni uomo si registrano in molte grandi tradizioni religiose.

[376] Fra i numerosi interventi di diverso genere si ricordi: Giovanni Paolo II, Lett. enc. Dominum et vivificantem (18 maggio 1986): AAS 78 (1986), 809-900; Id., Lett. enc. Redemptoris missio (7 dicembre 1990): AAS 83 (1991), 249-340; Id., Discorsi ed Omelie ad Assisi in occasione della Giornata di preghiera per la pace il 27 ottobre 1986: Insegnamenti IX, 2, (1986), 1249-1273; Giornata di Preghiera per la Pace nel Mondo (24 gennaio 2002): Insegnamenti XXV, 1 (2002), 97-108; Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione Dominus Iesus sull’unicità e l’universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa (6 agosto 2000): AAS 92 (2000), 742-765.

Dialogo tra cristiani e musulmani

118 Tra le diverse religioni, la Chiesa vede con stima i musulmani, i quali riconoscono l’esistenza di un Dio unico;[377] fanno riferimento ad Abramo e rendono culto a Dio soprattutto con la preghiera, l’elemosina e il digiuno. Riconosciamo che nella tradizione dell’Islam vi sono molte figure, simboli e temi biblici. In continuità con l’importante opera del Venerabile Giovanni Paolo II, auspico che i rapporti di fiducia, instaurati da diversi anni, fra cristiani e musulmani, proseguano e si sviluppino in uno spirito di dialogo sincero e rispettoso.[378] In questo dialogo, il Sinodo ha espresso l’auspicio che possano essere approfonditi il rispetto della vita come valore fondamentale, i diritti inalienabili dell’uomo e della donna e la loro pari dignità. Tenuto conto della distinzione tra l’ordine socio-politico e l’ordine religioso, le religioni devono dare il loro contributo per il bene comune. Il Sinodo chiede alle Conferenze Episcopali, dove risulti opportuno e proficuo, di favorire incontri di reciproca conoscenza tra cristiani e musulmani per promuovere i valori di cui la società ha bisogno per una pacifica e positiva convivenza.[379]

[377] Cfr. Conc. Ecum. Vat. II, Dich. sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristianeNostra aetate,
NAE 3.
[378] Cfr Benedetto XVI, Discorso ad Ambasciatori dei Paesi a maggioranza musulmana accreditati presso la Santa Sede (25 settembre 2006): AAS 98 (2006), 704-706.
[379] Cfr Propositio 53.

Dialogo con le altre religioni

119 In questa circostanza, inoltre, desidero manifestare il rispetto della Chiesa per le antiche religioni e tradizioni spirituali dei vari Continenti; esse racchiudono valori che possono favorire grandemente la comprensione tra le persone e i popoli.[380] Frequentemente costatiamo sintonie con valori espressi anche nei loro libri religiosi, come, ad esempio, il rispetto per la vita, la contemplazione, il silenzio, la semplicità, nel Buddismo; il senso della sacralità, del sacrificio e del digiuno nell’Induismo; ed ancora i valori familiari e sociali nel Confucianesimo. Vediamo pure in altre esperienze religiose un’attenzione sincera per la trascendenza di Dio, riconosciuto quale Creatore, come anche per il rispetto della vita, del matrimonio e della famiglia ed un forte senso della solidarietà.

[380] Cfr Propositio 50.

Dialogo e libertà religiosa

120 Tuttavia, il dialogo non sarebbe fecondo se questo non includesse anche un autentico rispetto per ogni persona, perché possa aderire liberamente alla propria religione. Per questo il Sinodo, mentre promuove la collaborazione tra gli esponenti delle diverse religioni, ricorda ugualmente «la necessità che sia effettivamente assicurata a tutti i credenti la libertà di professare la propria religione in privato e in pubblico, nonché la libertà di coscienza»;[381] infatti, «il rispetto e il dialogo richiedono la reciprocità in tutti i campi, soprattutto per quanto concerne le libertà fondamentali e più particolarmente la libertà religiosa. Essi favoriscono la pace e l’intesa tra i popoli».[382]

[381] Ibidem.
[382] Giovanni Paolo II, Discorso nell’incontro con i giovani musulmani a Casablanca in Marocco (19 agosto 1985), 5: AAS 78 (1986), 99.


CONCLUSIONE

La parola definitiva di Dio


121 Al termine di queste riflessioni con le quali ho voluto raccogliere ed approfondire la ricchezza della XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa, desidero ancora una volta esortare tutto il Popolo di Dio, i Pastori, le persone consacrate e i laici ad impegnarsi per diventare sempre più familiari con le sacre Scritture. Non dobbiamo mai dimenticare che a fondamento di ogni autentica e viva spiritualità cristiana sta la Parola di Dio annunciata, accolta, celebrata e meditata nella Chiesa. Questo intensificarsi del rapporto con la divina Parola avverrà con maggiore slancio quanto più saremo consapevoli di trovarci di fronte, sia nella sacra Scrittura che nella Tradizione viva della Chiesa, alla Parola definitiva di Dio sul cosmo e sulla storia.

Come ci fa contemplare il Prologo del Vangelo di Giovanni, tutto l’essere sta sotto il segno della Parola. Il Verbo esce dal Padre e viene a dimorare tra i suoi e torna nel seno del Padre per portare con sé tutta la creazione che in Lui e per Lui è stata creata. Ora la Chiesa vive la sua missione nella trepidante attesa della manifestazione escatologica dello Sposo: «lo Spirito e la Sposa dicono: “Vieni!”» (
Ap 22,17). Questa attesa non è mai passiva, ma tensione missionaria di annuncio della Parola di Dio che risana e redime ogni uomo: ancora oggi Gesù risorto ci dice «Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura» (Mc 16,15).

Nuova evangelizzazione e nuovo ascolto


122 Per questo, il nostro dev’essere sempre più il tempo di un nuovo ascolto della Parola di Dio e di una nuova evangelizzazione. Riscoprire la centralità della divina Parola nella vita cristiana ci fa ritrovare così il senso più profondo di quanto il Papa Giovanni Paolo II ha richiamato con forza: continuare la missio ad gentes e intraprendere con tutte le forze la nuova evangelizzazione, soprattutto in quelle nazioni dove il Vangelo è stato dimenticato o soffre l’indifferenza dei più a causa di un diffuso secolarismo. Lo Spirito Santo desti negli uomini fame e susciti sete della Parola di Dio e zelanti annunciatori e testimoni del Vangelo.

Ad imitazione del grande Apostolo delle genti, che fu trasformato dopo aver udito la voce del Signore (cfr
Ac 9,1-30), anche noi ascoltiamo la divina Parola che ci interpella sempre personalmente qui ed ora. Lo Spirito Santo, ci raccontano gli Atti degli Apostoli, si riservò Paolo insieme a Barnaba per la predicazione e la diffusione della Buona Novella (cfr 13,2). Così anche oggi lo Spirito Santo non cessa di chiamare ascoltatori e annunciatori convinti e persuasivi della Parola del Signore.

La Parola e la gioia


123 Quanto più sapremo metterci a disposizione della divina Parola, tanto più potremo constatare che il mistero della Pentecoste è in atto anche oggi nella Chiesa di Dio. Lo Spirito del Signore continua ad effondere i suoi doni sulla Chiesa perché siamo condotti alla verità tutta intera, dischiudendo a noi il senso delle Scritture e rendendoci nel mondo annunciatori credibili della Parola di salvezza. Ritorniamo così alla Prima Lettera di san Giovanni. Nella Parola di Dio, anche noi abbiamo udito, veduto e toccato il Verbo della vita. Abbiamo accolto per grazia l’annuncio che la vita eterna si è manifestata, cosicché noi riconosciamo ora di essere in comunione gli uni con gli altri, con chi ci ha preceduto nel segno della fede e con tutti coloro che, sparsi nel mondo, ascoltano la Parola, celebrano l’Eucaristia, vivono la testimonianza della carità. La comunicazione di questo annuncio – ci ricorda l’apostolo Giovanni – è data perché «la nostra gioia sia piena» (1Jn 1,4).

L’Assemblea sinodale ci ha permesso di sperimentare quanto è contenuto nel messaggio giovanneo: l’annuncio della Parola crea comunione e realizza la gioia.Si tratta di una gioia profonda che scaturisce dal cuore stesso della vita trinitaria e che si comunica a noi nel Figlio. Si tratta della gioia come dono ineffabile che il mondo non può dare. Si possono organizzare feste, ma non la gioia. Secondo la Scrittura, la gioia è frutto dello Spirito Santo (cfr Ga 5,22), che ci permette di entrare nella Parola e di far sì che la divina Parola entri in noi portando frutti per la vita eterna. Annunciando la Parola di Dio nella forza dello Spirito Santo, desideriamo comunicare anche la fonte della vera gioia, non di una gioia superficiale ed effimera, ma di quella che scaturisce dalla consapevolezza che solo il Signore Gesù ha parole di vita eterna (cfr Jn 6,68).


Verbum Domini IT 105