Redemptoris Mater 26


26 Edificata da Cristo sugli apostoli, la chiesa è divenuta pienamente consapevole di queste grandi opere di Dio il giorno della pentecoste, quando i convenuti nel cenacolo "furono tutti pieni di Spirito santo e cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro il potere di esprimersi" (Ac 2,4). Sin da quel momento inizia anche quel cammino di fede, il pellegrinaggio della chiesa attraverso la storia degli uomini e dei popoli. Si sa che all'inizio di questo cammino è presente Maria, che vediamo in mezzo agli apostoli nel cenacolo, "implorante con le sue preghiere il dono dello Spirito".

Il suo cammino di fede è, in un certo senso, più lungo. Lo Spirito santo è già sceso su di lei, che è diventata la fedele sua sposa nell'annunciazione, accogliendo il Verbo di Dio vero, prestando "il pieno ossequio dell'intelletto e della volontà e acconsentendo volontariamente alla rivelazione data da lui", anzi abbandonandosi tutta a Dio mediante "l'obbedienza della fede", per cui rispose all'angelo: "Eccomi, sono la serva del Signore; avvenga di me quello che hai detto". Il cammino di fede di Maria, che vediamo orante nel cenacolo, è, dunque, più lungo di quello degli altri ivi riuniti: Maria li "precede", "va innanzi" a loro. Il momento della pentecoste a Gerusalemme è stato preparato, oltre che dalla croce, dal momento dell'annunciazione a Nazaret. Nel cenacolo l'itinerario di Maria s'incontra col cammino di fede della chiesa. In quale modo? Tra coloro che nel cenacolo erano assidui nella preghiera, preparandosi per andare "in tutto il mondo" dopo aver ricevuto lo Spirito, alcuni erano stati chiamati da Gesù gradualmente sin dall'inizio della sua missione in Israele.

Undici di loro erano stati costituiti apostoli, e ad essi Gesù aveva trasmesso la missione che egli stesso aveva ricevuto dal Padre: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi" (Jn 20,21), aveva detto agli apostoli dopo la risurrezione. E quaranta giorni dopo, prima di tornare al Padre, aveva aggiunto: quando "lo Spirito santo scenderà su di voi..., mi sarete testimoni fino agli estremi confini della terra" (cfr. Ac 1,8). Questa missione degli apostoli ha inizio sin dal momento della loro uscita dal cenacolo di Gerusalemme. La chiesa nasce e cresce allora mediante la testimonianza che Pietro e gli altri apostoli rendono a Cristo crocifisso e risorto (cfr. Ac 2,31-34 Ac 3,15-18 Ac 4,10-12 Ac 5,30-32).

Maria non ha ricevuto direttamente questa missione apostolica. Non era tra coloro che Gesù invio "in tutto il mondo per ammaestrare tutte le nazioni" (cfr. Mt 28,19), quando conferi loro questa missione. Era, invece, nel cenacolo, dove gli apostoli si preparavano ad assumere questa missione con la venuta dello Spirito di verità: era con loro. In mezzo a loro Maria era "assidua nella preghiera" come "madre di Gesù" (Ac 1,13-14), ossia del Cristo crocifisso e risorto. E quel primo nucleo di coloro che nella fede guardavano "a Gesù, autore della salvezza", era consapevole che Gesù era il figlio di Maria, e che ella era sua madre, e come tale era, sin dal momento del concepimento e della nascita, una singolare testimone del mistero di Gesù, di quel mistero che davanti ai loro occhi si era espresso e confermato con la croce e la risurrezione. La chiesa, dunque, sin dal primo momento, "guardo" Maria attraverso Gesù, come "guardo" Gesù attraverso Maria. Questa fu per la chiesa di allora e di sempre una singolare testimone degli anni dell'infanzia di Gesù e della sua vita nascosta a Nazaret, quando "serbava tutte queste cose, meditandole nel suo cuore" (Lc 2,19 cfr. Lc 2,51).

Ma nella chiesa di allora e di sempre Maria è stata ed è soprattutto colei che è "beata perché ha creduto": ha creduto per prima. Sin dal momento dell'annunciazione e del concepimento, sin dal momento della nascita nella grotta di Betlemme, Maria seguiva passo passo Gesù nel suo materno pellegrinaggio di fede. Lo seguiva lungo gli anni della sua vita nascosta a Nazaret, lo seguiva anche nel periodo del distacco esterno, quando egli inizio a "fare ed insegnare" (cfr. Ac 1,1) in mezzo a Israele, lo segui soprattutto nella tragica esperienza del Golgota. Ora, mentre Maria si trovava con gli apostoli nel cenacolo di Gerusalemme agli albori della chiesa, trovava conferma la sua fede, nata dalle parole dell'annunciazione. L'angelo le aveva detto allora: "Concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Egli sarà grande..., e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe, e il suo regno non avrà fine". I recenti eventi del Calvario avevano avvolto di tenebra quella promessa; eppure, anche sotto la croce non era venuta meno la fede di Maria. Ella era stata ancora colei che, come Abramo, "ebbe fede sperando contro ogni speranza" (Rm 4,18). Ed ecco, dopo la risurrezione la speranza aveva svelato il suo vero volto e la promessa aveva cominciato a trasformarsi in realtà. Infatti, Gesù prima di tornare al Padre, aveva detto agli apostoli: "Andate e ammaestrate tutte le nazioni... Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (cfr. Mt 28,19 Mt 28,20). così aveva detto colui che con la sua risurrezione si era rivelato come il trionfatore della morte, come il detentore del regno che "non avrà fine", secondo l'annuncio dell'angelo (cfr. Lc 1,33).


27 Ora agli albori della chiesa, all'inizio del lungo cammino mediante la fede che cominciava con la pentecoste a Gerusalemme, Maria era con tutti coloro che costituivano il germe del "nuovo Israele". Era presente in mezzo a loro come una testimone eccezionale del mistero di Cristo. E la chiesa era assidua nella preghiera insieme a lei e, nello stesso tempo, "la contemplava alla luce del Verbo fatto uomo". così sarebbe stato sempre. Infatti, quando la chiesa "penetra più profondamente nell'altissimo mistero dell'incarnazione", pensa alla Madre di Cristo con profonda venerazione e pietà. Maria appartiene indissolubilmente al mistero di Cristo, ed appartiene anche al mistero della chiesa sin dall'inizio, sin dal giorno della sua nascita. Alla base di ciò che la chiesa è sin dall'inizio, di ciò che deve continuamente diventare, di generazione in generazione, in mezzo a tutte le nazioni della terra, si trova colei "che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore" (Lc 1,45). Proprio questa fede di Maria, che segna l'inizio della nuova ed eterna alleanza di Dio con l'umanità in Gesù Cristo, questa eroica sua fede "precede" la testimonianza apostolica della chiesa, e permane nel cuore della chiesa, nascosta come uno speciale retaggio della rivelazione di Dio. Tutti coloro che, di generazione in generazione, accettando la testimonianza apostolica della chiesa partecipano a quella misteriosa eredità, in un certo senso, partecipano alla fede di Maria.

Le parole di Elisabetta, "Beata colei che ha creduto", continuano ad accompagnare la Vergine anche nella pentecoste; la seguono di età in età, dovunque si estenda, mediante la testimonianza apostolica e il servizio della chiesa, la conoscenza del mistero salvifico di Cristo. così si adempie la profezia del Magnificat: "Tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente, e santo è il suo nome" (Lc 1,48-49). Infatti, alla conoscenza del mistero di Cristo consegue la benedizione della madre sua, nella forma di speciale venerazione per la Theotokos. Ma in questa venerazione è sempre inclusa la benedizione della sua fede, perché la Vergine di Nazaret è diventata beata soprattutto mediante questa fede, secondo le parole di Elisabetta. Coloro che in ogni generazione, fra i diversi popoli e nazioni della terra, accolgono con fede il mistero di Cristo, Verbo incarnato e redentore del mondo, non solo si volgono con venerazione e ricorrono con fiducia a Maria come a sua madre, ma cercano nella fede di lei il sostegno per la propria fede. E appunto questa viva partecipazione alla fede di Maria decide della sua speciale presenza nel pellegrinaggio della chiesa, quale nuovo popolo di Dio su tutta la terra.


28 Come dice il concilio, "Maria... per la sua intima partecipazione alla storia della salvezza..., mentre viene predicata e onorata, chiama i credenti al Figlio suo, al suo sacrificio e all'amore del Padre". perciò, in qualche modo la fede di Maria, sulla base della testimonianza apostolica della chiesa, diventa incessantemente la fede del popolo di Dio in cammino: delle persone e delle comunità, degli ambienti e delle assemblee, e infine dei vari gruppi esistenti nella chiesa. E' una fede che si trasmette ad un tempo mediante la conoscenza e il cuore; si acquista o riacquista continuamente mediante la preghiera. perciò, "anche nella sua opera apostolica la chiesa giustamente guarda a colei che genero Cristo, concepito appunto dallo Spirito santo e nato dalla Vergine per nascere e crescere anche nel cuore dei fedeli per mezzo della chiesa".

Oggi che in questo pellegrinaggio di fede ci avviciniamo al termine del secondo millennio cristiano, la chiesa, mediante il magistero del concilio Vaticano II, richiama l'attenzione su ciò che essa vede in se stessa, come "un solo popolo di Dio..., radicato in tutte le nazioni della terra", e sulla verità secondo la quale tutti i fedeli, anche se" sparsi per il mondo, comunicano con gli altri nello Spirito santo", sicché si può dire che in questa unione si realizza di continuo il mistero della pentecoste. Nello stesso tempo, gli apostoli e i discepoli del Signore in tutte le nazioni della terra sono "assidui nella preghiera insieme con Maria, la madre di Gesù" (
Ac 1,14). Costituendo di generazione in generazione il "segno del Regno", che non è di questo mondo, essi sono anche consapevoli che in mezzo a questo mondo devono raccogliersi con quel Re, al quale sono state date in eredità le genti (Ps 2,8), al quale il Padre ha dato "il trono di Davide, suo padre", sicché egli "regna per sempre sulla casa di Giacobbe, e il suo regno non avrà fine".

In questo tempo di vigilia Maria, mediante la stessa fede che la rese beata specialmente dal momento dell'annunciazione, è presente nella missione della chiesa, presente nell'opera della chiesa che introduce nel mondo il regno del suo Figlio. Questa presenza di Maria trova molteplici mezzi di espressione al giorno d'oggi come in tutta la storia della chiesa. Possiede anche un multiforme raggio d'azione: mediante la fede e la pietà dei singoli fedeli, mediante le tradizioni delle famiglie cristiane, o "chiese domestiche", delle comunità parrocchiali e missionarie, degli istituti religiosi, delle diocesi, mediante la forza attrattiva e irradiante dei grandi santuari, nei quali non solo individui o gruppi locali, ma a volte intere nazioni e continenti cercano l'incontro con la Madre del Signore, con colei che è beata perché ha creduto, è la prima tra i credenti e perciò è diventata Madre dell'Emanuele. Questo è il richiamo della terra di Palestina, patria spirituale di tutti i cristiani, perché patria del Salvatore del mondo e di sua madre. Questo è il richiamo dei tanti templi che a Roma e nel mondo la fede cristiana ha innalzato lungo i secoli. Questo è il richiamo di centri come Guadalupe, Lourdes, Fatima e degli altri sparsi nei diversi paesi, tra i quali come non potrei non ricordare quello della mia terra natale, Jasna Gora? Si potrebbe forse parlare di una specifica "geografia" della fede e della pietà mariana, che comprende tutti questi luoghi di particolare pellegrinaggio del popolo di Dio, il quale cerca l'incontro con la Madre di Dio per trovare, nel raggio della materna presenza di "colei che ha creduto", il consolidamento della propria fede. Infatti, nella fede di Maria, già all'annunciazione e compiutamente ai piedi della croce, si è riaperto da parte dell'uomo quello spazio interiore, nel quale l'eterno Padre può colmarci "di ogni benedizione spirituale": lo spazio della "nuova ed eterna alleanza". Questo spazio sussiste nella chiesa, che è in Cristo "un sacramento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano".

Nella fede, che Maria professo all'annunciazione come "serva del Signore" e nella quale costantemente "precede" il popolo di Dio in cammino su tutta la terra, la chiesa "senza soste tende a ricapitolare tutta l'umanità... in Cristo capo, nell'unità dello Spirito di lui".


2 - Il cammino della chiesa e l'unita' di tutti i cristiani

29 "Lo Spirito suscita in tutti i discepoli di Cristo desiderio e attività, affinché tutti, nel modo da Cristo stabilito, pacificamente si uniscano in un solo gregge sotto un solo pastore". Il cammino della chiesa, specialmente nella nostra epoca, è marcato dal segno dell'ecumenismo: i cristiani cercano le vie per ricostituire quell'unità, che Cristo invocava dal Padre per i suoi discepoli il giorno prima della passione: "Perché tutti siano una sola cosa. Come tu, o Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Jn 17,21). L'unità dei discepoli di Cristo, dunque, è un grande segno dato per suscitare la fede del mondo, mentre la loro divisione costituisce uno scandalo.

Il movimento ecumenico, sulla base di una più lucida e diffusa consapevolezza dell'urgenza di pervenire all'unità di tutti i cristiani, ha trovato da parte della chiesa cattolica la sua espressione culminante nell'opera del concilio Vaticano II: occorre che essi approfondiscano in se stessi e in ciascuna delle loro comunità quell'"obbedienza della fede", di cui Maria è il primo e più luminoso esempio. E poiché ella "brilla ora innanzi al pellegrinante popolo di Dio, quale segno di sicura speranza e di consolazione", "per il santo concilio è di grande gioia e consolazione che anche tra i fratelli disuniti ci siano di quelli che tributano il debito onore alla Madre del Signore e Salvatore, specialmente presso gli orientali".


30 I cristiani sanno che la loro unità sarà veramente ritrovata solo se sarà fondata sull'unità della loro fede. Essi debbono risolvere non lievi discordanze di dottrina intorno al mistero e al ministero della chiesa e talora anche alla funzione di Maria nell'opera della salvezza. I dialoghi, avviati dalla chiesa cattolica con le chiese e le comunità ecclesiali di occidente, vanno sempre più concentrandosi su questi due aspetti inseparabili dello stesso mistero della salvezza. Se il mistero del Verbo incarnato ci fa intravedere il mistero della maternità divina e se, a sua volta, la contemplazione della madre di Dio ci introduce in una più profonda comprensione del mistero dell'incarnazione, lo stesso si deve dire del mistero della chiesa e della funzione di Maria nell'opera della salvezza. Approfondendo l'uno e l'altro, rischiarando l'uno per mezzo dell'altro, i cristiani desiderosi di fare - come raccomanda ad essi la loro Madre - ciò che Gesù dirà loro (cfr. Jn 2,5), potranno progredire insieme in quella "peregrinazione della fede", di cui Maria è ancora l'esempio e che deve condurli all'unità voluta dal loro unico Signore e tanto desiderata da coloro che attentamente sono all'ascolto di ciò che oggi "lo Spirito dice alle chiese" (Ap 2,7 Ap 2,11 Ap 2,17). E' intanto di lieto auspicio che queste chiese e comunità ecclesiali convengano con la chiesa cattolica in punti fondamentali della fede cristiana anche per quanto concerne la vergine Maria. Esse, infatti, la riconoscono come Madre del Signore e ritengono che ciò faccia parte della nostra fede in Cristo, vero Dio e vero uomo. Esse guardano a lei che ai piedi della croce accoglie come suo figlio l'amato discepolo, il quale a sua volta l'accoglie come madre.

Perché, dunque, non guardare a lei tutti insieme come alla nostra madre comune, che prega per l'unità della famiglia di Dio e che tutti "precede" alla testa del lungo corteo dei testimoni della fede nell'unico Signore, il Figlio di Dio, concepito nel suo seno verginale per opera dello Spirito santo?


31 Desidero, d'altra parte, sottolineare quanto la chiesa cattolica, la chiesa ortodossa e le antiche chiese orientali si sentano profondamente unite dall'amore e dalla lode per la Theotokos. Non solo "i dogmi fondamentali della fede circa la Trinità e il Verbo di Dio, incarnato da Maria vergine, sono stati definiti in concili ecumenici celebrati in oriente", ma anche nel loro culto liturgico "gli orientali magnificano con splendidi inni Maria sempre vergine..., santissima Madre di Dio".

I fratelli di queste chiese hanno conosciuto vicende complesse, ma sempre la loro storia è percorsa da un vivo desiderio di impegno cristiano e di irradiazione apostolica, pur se spesso segnata da persecuzioni anche cruente. E' una storia di fedeltà al Signore, un'autentica "peregrinazione della fede" attraverso i luoghi e i tempi, durante i quali i cristiani orientali hanno sempre guardato con illimitata fiducia alla Madre del Signore, l'hanno celebrata con lodi e l'hanno invocata con incessanti preghiere. Nei momenti difficili della loro travagliata esistenza cristiana "essi si sono rifugiati sotto il suo presidio", consapevoli di avere in lei un aiuto potente. Le chiese che professano la dottrina di Efeso, proclamano la Vergine "vera Madre di Dio", poiché "il Signore nostro Gesù Cristo, nato dal Padre prima dei secoli secondo la divinità, negli ultimi giorni egli stesso, per noi e per la nostra salvezza, fu generato da Maria vergine madre di Dio secondo l'umanità".

I padri greci e la tradizione bizantina, contemplando la Vergine alla luce del Verbo fatto uomo, hanno cercato di penetrare la profondità di quel legame che unisce Maria, in quanto Madre di Dio, a Cristo e alla chiesa: la Vergine è una presenza permanente in tutta l'estensione del mistero salvifico.

Le tradizioni copte ed etiopiche sono state introdotte in tale contemplazione del mistero di Maria da san Cirillo d'Alessandria e, a loro volta, l'hanno celebrato con un'abbondante fioritura poetica. Il genio poetico di sant'Efrem Siro, definito "la cetra dello Spirito santo", ha cantato instancabilmente Maria, lasciando un'impronta tuttora viva in tutta la tradizione della chiesa siriaca. Nel suo panegirico della Theotokos, san Gregorio di Narek, una delle più fulgide glorie dell'Armenia, con potente estro poetico approfondisce i diversi aspetti del mistero dell'incarnazione, e ciascuno di essi è per lui un'occasione per cantare ed esaltare la dignità straordinaria e la magnifica bellezza della vergine Maria, madre del Verbo incarnato.

Non stupisce, pertanto, che Maria occupi un posto privilegiato nel culto delle antiche chiese orientali con un'incomparabile abbondanza di feste e di inni.


32 Nella liturgia bizantina, in tutte le ore dell'Ufficio divino, la lode della Madre è unita alla lode del Figlio e alla lode che, per mezzo del Figlio, si eleva verso il Padre nello Spirito santo. Nell'anafora, o preghiera eucaristica, di san Giovanni Crisostomo, subito dopo l'epiclesi, la comunità adunata canta così la Madre di Dio: "E' veramente giusto proclamare beata te, o Deipara, che sei beatissima, tutta pura e Madre del nostro Dio. Noi magnifichiamo te, che sei più onorabile dei cherubini e incomparabilmente più gloriosa dei serafini. Tu che, senza perdere la tua verginità, hai messo al mondo il Verbo di Dio. Tu che veramente sei la Madre di Dio".

Queste lodi, che in ogni celebrazione della liturgia eucaristica si elevano a Maria, hanno forgiato la fede, la pietà e la preghiera dei fedeli. Nel corso dei secoli esse hanno permeato tutto il loro atteggiamento spirituale, suscitando in loro una devozione profonda per la "tutta santa Madre di Dio".

33
33. Ricorre quest'anno il XII centenario del concilio ecumenico Niceno II (787), nel quale, a conclusione della nota controversia sul culto delle sacre immagini, fu definito che, secondo il magistero dei santi padri e la tradizione universale della chiesa, si potevano proporre alla venerazione dei fedeli, unitamente alla croce, anche le immagini della Madre di Dio, degli angeli e dei santi sia nelle chiese che nelle case e lungo le strade. Quest'uso si è conservato in tutto l'oriente e anche in occidente: le immagini della Vergine hanno un posto d'onore nelle chiese e nelle case. Maria vi è raffigurata o come trono di Dio, che porta il Signore e lo dona agli uomini (Theotokos), o come via che conduce a Cristo e lo mostra (Odigitria), o come orante in atteggiamento di intercessione e segno di divina presenza sul cammino dei fedeli fino al giorno del Signore (Deisis), o come protettrice che stende il suo manto sui popoli (Pokrov), o come misericordiosa Vergine della tenerezza (Eleousa). Ella è di solito rappresentata con suo Figlio, il bambino Gesù che porta in braccio: è la relazione col Figlio che glorifica la Madre. A volte ella lo abbraccia con tenerezza (Glykofilousa); altre volte ieratica, ella sembra assorta nella contemplazione di colui che è il Signore della storia.

Conviene anche ricordare l'icona della Madonna di Vladimir, che ha costantemente accompagnato la peregrinazione nella fede dei popoli dell'antica Rus'. Si avvicina il primo millennio della conversione al cristianesimo di quelle nobili terre: terre di umili, di pensatori e di santi. Le icone sono venerate tuttora in Ucraina, nella Bielorussia, in Russia con diversi titoli: sono immagini che attestano la fede e lo spirito di preghiera del buon popolo, il quale avverte la presenza e la protezione della Madre di Dio. In esse la Vergine splende come immagine della divina bellezza, dimora dell'eterna sapienza, figura dell'orante, prototipo della contemplazione, icona della gloria: colei che fin dalla sua vita terrena, possedendo la scienza spirituale inaccessibile ai ragionamenti umani, con la fede ha raggiunto la conoscenza più sublime. Ricordo, ancora, l'icona della Vergine del cenacolo, in preghiera con gli apostoli nell'attesa dello Spirito: non potrebbe essa diventare come il segno di speranza per tutti quelli che, nel dialogo fraterno, vogliono approfondire la loro obbedienza della fede? 34. Tanta ricchezza di lodi, accumulata dalle diverse forme della grande tradizione della chiesa, potrebbe aiutarci a far si che questa torni a respirare pienamente con i suoi "due polmoni": l'oriente e l'occidente. Come ho più volte affermato, ciò è oggi più che mai necessario. Sarebbe un valido ausilio per far progredire il dialogo in atto tra la chiesa cattolica e le chiese e comunità ecclesiali di occidente. Sarebbe anche la via per la chiesa in cammino di cantare e vivere in modo più perfetto il suo "Magnificat".


3 - Il "Magnificat" della chiesa in cammino

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35. Nella presente fase del suo cammino, dunque, la chiesa cerca di ritrovare l'unione di quanti professano la loro fede in Cristo, per manifestare l'obbedienza al suo Signore, che per questa unità ha pregato prima della passione. Essa "prosegue il suo pellegrinaggio ..., annunciando la passione e la morte del Signore fino a che egli venga". "Procedendo tra le tentazioni e le tribolazioni, la chiesa è sostenuta dalla forza della grazia di Dio, promessa dal Signore, affinché per l'umana debolezza non venga meno alla perfetta fedeltà, ma permanga degna sposa del suo Signore e non cessi, con l'aiuto dello Spirito santo, di rinnovare se stessa, finché attraverso la croce giunga alla luce che non conosce tramonto".

La Vergine madre è costantemente presente in questo cammino di fede del popolo di Dio verso la luce. Lo dimostra in modo speciale il cantico del "Magnificat", che, sgorgato dal profondo della fede di Maria nella visitazione, non cessa nei secoli di vibrare nel cuore della chiesa. Lo prova la sua recitazione quotidiana nella liturgia dei vespri e in tanti altri momenti di devozione sia personale sia comunitaria.

"L'anima mia magnifica il Signore, e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva.

D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.

Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente, e santo è il suo nome: di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono.

Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote.

Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza per sempre" (
Lc 1,46-55).

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36. Quando Elisabetta saluto la giovane parente che giungeva da Nazaret, Maria rispose col Magnificat. Nel suo saluto Elisabetta prima aveva chiamato Maria "benedetta" a motivo del "frutto del suo grembo", e poi "beata" a motivo della sua fede (cfr.
Lc 1,42 Lc 1,45). Queste due benedizioni si riferivano direttamente al momento dell'annunciazione. Ora, nella visitazione, quando il saluto di Elisabetta rende testimonianza a quel momento culminante, la fede di Maria acquista una nuova consapevolezza e una nuova espressione. Quel che al momento dell'annunciazione rimaneva nascosto nella profondità dell'"obbedienza della fede" (cfr. Rm 1,5), si direbbe che ora si sprigioni come una chiara, vivificante fiamma dello spirito. Le parole usate da Maria sulla soglia della casa di Elisabetta costituiscono un'ispirata professione di questa sua fede, nella quale la risposta alla parola della rivelazione si esprime con l'elevazione religiosa e poetica di tutto il suo essere verso Dio. In queste sublimi parole, che sono a un tempo molto semplici e del tutto ispirate ai testi sacri del popolo di Israele, traspare la personale esperienza di Maria, l'estasi del suo cuore. Splende in esse un raggio del mistero di Dio, la gloria della sua ineffabile santità, l'eterno amore che, come un dono irrevocabile, entra nella storia dell'uomo.

Maria è la prima a partecipare a questa nuova rivelazione di Dio e, in essa, a questa nuova "autodonazione" di Dio. perciò proclama: "Grandi cose ha fatto in me ..., e santo è il suo nome". Le sue parole riflettono la gioia dello spirito, difficile da esprimere: "Il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore".

Perché "la profonda verità sia su Dio sia sulla salvezza degli uomini ... risplende a noi in Cristo, il quale è insieme il mediatore e la pienezza di tutta la rivelazione". Nel suo trasporto Maria confessa di essersi trovata nel cuore stesso di questa pienezza di Cristo. E' consapevole che in lei si compie la promessa fatta ai padri e, prima di tutto, "ad Abramo e alla sua discendenza per sempre" (Lc 1,55): che dunque in lei, come madre di Cristo, converge tutta l'economia salvifica, nella quale "di generazione in generazione" si manifesta colui che, come Dio dell'alleanza, "si ricorda della sua misericordia" (cfr. Lc 1,54).

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37. La chiesa, che sin dall'inizio conforma il suo cammino terreno su quello della Madre di Dio, ripete costantemente al seguito di lei le parole del Magnificat.

Dalla profondità della fede della Vergine nell'annunciazione e nella visitazione, essa attinge la verità sul Dio dell'alleanza: sul Dio che è onnipotente e fa "grandi cose" all'uomo: "santo è il suo nome". Nel Magnificat essa vede vinto alla radice il peccato posto all'inizio della storia terrena dell'uomo e della donna, il peccato dell'incredulità e della "poca fede" in Dio.

Contro il "sospetto" che il "padre della menzogna" ha fatto sorgere nel cuore di Eva, la prima donna, Maria, che la tradizione usa chiamare "nuova Eva" e vera "madre dei viventi", proclama con forza la non offuscata verità su Dio: il Dio santo e onnipotente, che dall'inizio è la fonte di ogni elargizione, colui che "ha fatto grandi cose". Creando, Dio dona l'esistenza a tutta la realtà. Creando l'uomo, gli dona la dignità dell'immagine e della somiglianza con lui in modo singolare rispetto a tutte le creature terrene. E non arrestandosi nella sua volontà di elargizione, nonostante il peccato dell'uomo, Dio si dona nel Figlio: "Ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (
Jn 3,16). Maria è la prima testimone di questa meravigliosa verità, che si attuerà pienamente mediante le opere e le parole (cfr. Ac 1,1) del suo Figlio e definitivamente mediante la sua croce e risurrezione.

La chiesa, che pur "tra le tentazioni e le tribolazioni" non cessa di ripetere con Maria le parole del Magnificat, "si sostiene" con la potenza della verità su Dio, proclamata allora con si straordinaria semplicità e, nello stesso tempo, con questa verità su Dio desidera illuminare le difficili e a volte intricate vie dell'esistenza terrena degli uomini. Il cammino della chiesa, dunque, al termine ormai del secondo millennio cristiano, implica un rinnovato impegno nella sua missione. Seguendo colui che disse di sè: "(Dio) mi ha mandato per annunciare ai poveri il lieto messaggio" (cfr. Lc 4,18), la chiesa ha cercato di generazione in generazione e cerca anche oggi di compiere la stessa missione.

Il suo amore di preferenza per i poveri è inscritto mirabilmente nel Magnificat di Maria. Il Dio dell'alleanza, cantato nell'esultanza del suo spirito dalla Vergine di Nazaret, è insieme colui che "rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili, ...ricolma di beni gli affamati, e rimanda i ricchi a mani vuote, ...disperde i superbi ...e conserva la sua misericordia per coloro che lo temono" (cfr. Lc 1,50-53). Maria è profondamente permeata dello spirito dei "poveri di Jahvè", che nella preghiera dei Salmi attendevano da Dio la loro salvezza, riponendo in lui ogni fiducia (cfr. Ps 25 Ps 31 Ps 35 Ps 55). Ella, invero, proclama l'avvento del mistero della salvezza, la venuta del "Messia dei poveri" (cfr. Is 11,4 Is 61,1). Attingendo dal cuore di Maria, dalla profondità della sua fede, espressa nelle parole del Magnificat, la chiesa rinnova sempre meglio in sè la consapevolezza che non si può separare la verità su Dio che salva, su Dio che è fonte di ogni elargizione, dalla manifestazione del suo amore di preferenza per i poveri e gli umili, il quale, cantato nel Magnificat, si trova poi espresso nelle parole e nelle opere di Gesù.

La chiesa, pertanto, è consapevole - e nella nostra epoca tale consapevolezza si rafforza in modo particolare - non solo che non si possono separare questi due elementi del messaggio contenuto nel Magnificat, ma che si deve, altresi, salvaguardare accuratamente l'importanza che "i poveri" e "l'opzione in favore dei poveri" hanno nella parola del Dio vivo. Si tratta di temi e problemi organicamente connessi col senso cristiano della libertà e della liberazione. "Totalmente dipendente da Dio e tutta orientata verso di lui per lo slancio della sua fede, Maria, accanto a suo Figlio, è l'icona più perfetta della libertà e della liberazione dell'umanità e del cosmo. E' a lei che la chiesa, di cui ella è madre e modello, deve guardare per comprendere il senso della propria missione nella sua pienezza".

III. MEDIAZIONE MATERNA

1 - Maria, serva del Signore

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38. La chiesa sa e insegna con san Paolo che uno solo è il nostro mediatore: "Non c'è che un solo Dio, uno solo anche è il mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Gesù Cristo, che per tutti ha dato se stesso quale riscatto" (
1Tm 2,5-6). "La funzione materna di Maria verso gli uomini in nessun modo oscura o diminuisce questa unica mediazione di Cristo, ma ne mostra l'efficacia": è mediazione in Cristo. La chiesa sa e insegna che "ogni salutare influsso della beata Vergine verso gli uomini... nasce dal beneplacito di Dio e sgorga dalla sovrabbondanza dei meriti di Cristo, si fonda sulla mediazione di lui, da essa assolutamente dipende e attinge tutta la sua efficacia; non impedisce minimamente l'immediato contatto dei credenti con Cristo, anzi lo facilita". Questo salutare influsso è sostenuto dallo Spirito santo, che, come adombro la vergine Maria dando in lei inizio alla maternità divina, così ne sostiene di continuo la sollecitudine verso i fratelli del suo Figlio. Effettivamente, la mediazione di Maria è strettamente legata alla sua maternità, possiede un carattere specificamente materno, che la distingue da quello delle altre creature che, in vario modo sempre subordinato, partecipano all'unica mediazione di Cristo, rimanendo anche la sua una mediazione partecipata.

Infatti, se "nessuna creatura può mai esser messa alla pari col Verbo incarnato e redentore", al tempo stesso "l'unica mediazione del Redentore non esclude, ma suscita nelle creature una varia cooperazione, partecipata da un'unica fonte"; e così "l'unica bontà di Dio si diffonde realmente in vari modi nelle creature".

L'insegnamento del concilio Vaticano II presenta la verità sulla mediazione di Maria come partecipazione a questa unica fonte che è la mediazione di Cristo stesso. Leggiamo infatti: "Questa funzione subordinata di Maria la chiesa non dubita di riconoscerla apertamente, continuamente la sperimenta e raccomanda all'amore dei fedeli, perché, sostenuti da questo materno aiuto, siano più intimamente congiunti col Mediatore e Salvatore". Tale funzione è, al tempo stesso, speciale e straordinaria. Essa scaturisce dalla sua maternità divina e può esser compresa e vissuta nella fede soltanto sulla base della piena verità di questa maternità. Essendo Maria, in virtù dell'elezione divina, la madre del Figlio consostanziale al Padre e "generosa compagna" nell'opera della redenzione, "fu per noi madre nell'ordine della grazia". Questa funzione costituisce una dimensione reale della sua presenza nel mistero salvifico di Cristo e della chiesa.

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39. Da questo punto di vista bisogna ancora una volta considerare l'evento fondamentale nell'economia della salvezza, ossia l'incarnazione del Verbo al momento dell'annunciazione. E' significativo che Maria, riconoscendo nella parola del messaggero divino la volontà dell'Altissimo e sottomettendosi alla sua potenza, dica: "Eccomi, sono la serva del Signore; avvenga di me quello che hai detto" (
Lc 1,38). Il primo momento della sottomissione all'unica mediazione "fra Dio e gli uomini" - quella di Gesù Cristo - è l'accettazione della maternità da parte della Vergine di Nazaret. Maria consente alla scelta di Dio, per diventare per opera dello Spirito santo la Madre del Figlio di Dio. Si può dire che questo suo consenso alla maternità sia soprattutto frutto della totale donazione a Dio nella verginità. Maria ha accettato l'elezione a Madre del Figlio di Dio, guidata dall'amore sponsale, che "consacra" totalmente a Dio una persona umana. In virtù di questo amore, Maria desiderava di esser sempre e in tutto "donata a Dio", vivendo nella verginità. Le parole: "Eccomi, sono la serva del Signore" esprimono il fatto che sin dall'inizio ella ha accolto ed inteso la propria maternità come totale dono di sè, della sua persona a servizio dei disegni salvifici dell'Altissimo. E tutta la partecipazione materna alla vita di Gesù Cristo, suo Figlio, l'ha vissuta sino alla fine in modo corrispondente alla sua vocazione alla verginità.

La maternità di Maria, pervasa fino in fondo dall'atteggiamento sponsale di "serva del Signore", costituisce la prima e fondamentale dimensione di quella mediazione che la chiesa confessa e proclama nei suoi riguardi, e continuamente "raccomanda all'amore dei fedeli", poiché in essa molto confida. Infatti, bisogna riconoscere che prima di tutti Dio stesso, l'eterno Padre, si è affidato alla Vergine di Nazaret, donandole il proprio Figlio nel mistero dell'incarnazione.

Questa sua elezione al sommo ufficio e dignità di madre del Figlio di Dio, sul piano ontologico, si riferisce alla realtà stessa dell'unione delle due nature nella persona del Verbo (unione ipostatica). Questo fatto fondamentale di esser la madre del Figlio di Dio, è sin dall'inizio una totale apertura alla persona di Cristo, a tutta la sua opera, a tutta la sua missione. Le parole: "Eccomi, sono la serva del Signore" testimoniano questa apertura dello spirito di Maria, che unisce in sè in modo perfetto l'amore proprio della verginità e l'amore caratteristico della maternità, congiunti e quasi fusi insieme.

perciò Maria è diventata non soltanto la "madre-nutrice" del Figlio dell'uomo, ma anche la "compagna generosa in modo del tutto singolare" del Messia e Redentore. Ella - come ho già detto - avanzava nella peregrinazione della fede e in tale sua peregrinazione fino ai piedi della croce si è attuata, al tempo stesso, la sua materna cooperazione a tutta la missione del Salvatore con le sue azioni e le sue sofferenze. Lungo la via di questa collaborazione con l'opera del Figlio redentore, la maternità stessa di Maria conosceva una singolare trasformazione, colmandosi sempre più di "ardente carità" verso tutti coloro a cui era rivolta la missione di Cristo. Mediante tale "ardente carità", intesa a operare in unione con Cristo la restaurazione della "vita soprannaturale nelle anime", Maria entrava in modo del tutto personale nell'unica mediazione "fra Dio e gli uomini", che è la mediazione dell'uomo Cristo Gesù. Se ella stessa per prima ha sperimentato su di sè gli effetti soprannaturali di questa unica mediazione - già all'annunciazione era stata salutata come "piena di grazia", - allora bisogna dire che per tale pienezza di grazia e di vita soprannaturale era particolarmente predisposta alla cooperazione con Cristo, unico mediatore dell'umana salvezza. E tale cooperazione è appunto questa mediazione subordinata alla mediazione di Cristo.

Nel caso di Maria si tratta di una mediazione speciale ed eccezionale, fondata sulla sua "pienezza di grazia", che si traduceva nella piena disponibilità della "serva del Signore". In risposta a questa disponibilità interiore di sua madre, Gesù Cristo la preparava sempre più a diventare per gli uomini "madre nell'ordine della grazia". Ciò indicano, almeno in modo indiretto, certi particolari annotati dai Sinottici (cfr. Lc 11,28 Lc 8,20-21 Mc 3,32-35 Mt 12,47-50) e ancor più dal Vangelo di Giovanni (cfr. Jn 2,1-11 Jn 19,25-27), che ho già messo in luce. A questo riguardo le parole, pronunciate da Gesù sulla croce in riferimento a Maria e a Giovanni, sono particolarmente eloquenti.


Redemptoris Mater 26