Redemptoris Missio 69

La fecondità missionaria della consacrazione

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69. Nell'inesauribile e multiforme ricchezza dello Spirito si collocano le vocazioni degli Istituti di vita consacrata, i cui membri, "dal momento che si dedicano al servizio della Chiesa in forza della loro stessa consacrazione, sono tenuti all'obbligo di prestare l'opera loro in modo speciale nell'azione missionaria, con lo stile proprio dell'Istituto" (
CIC 783). La storia attesta le grandi benemerenze delle Famiglie religiose nella propagazione della fede e nella formazione di nuove Chiese: dalle antiche Istituzioni monastiche agli Ordini medievali, fino alle moderne Congregazioni.

a) Seguendo il Concilio, invito gli Istituti di vita contemplativa a stabilire comunità presso le giovani Chiese, per rendere "tra i non cristiani una magnifica testimonianza della maestà e della carità di Dio, come anche dell'unione che si stabilisce nel Cristo" (AGD 40). Questa presenza è dappertutto benefica nel mondo non cristiano, specialmente in quelle regioni, dove le religioni hanno in grande stima la vita contemplativa per l'ascesi e la ricerca dell'Assoluto.

b) Agli Istituti di vita attiva addito gli immensi spazi della carità, dell'annunzio evangelico, dell'educazione cristiana, della cultura e della solidarietà verso i poveri, i discriminati, gli emarginati e oppressi. Tali Istituti, tendano o meno a un fine strettamente missionario, si devono interrogare circa la loro possibilità e disponibilità ad estendere la propria azione per espandere il regno di Dio. Questa richiesta è stata accolta nei tempi più recenti da non pochi Istituti, ma vorrei che fosse meglio considerata e attuata per un autentico servizio. La Chiesa deve far conoscere i grandi valori evangelici di cui è portatrice, e nessuno li testimonia più efficacemente di chi fa professione di vita consacrata nella castità, povertà e obbedienza, in totale donazione a Dio e in piena disponibilità a servire l'uomo e la società sull'esempio di Cristo.

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70. Una speciale parola di apprezzamento rivolgo alle religiose missionarie, nelle quali la verginità per il regno si traduce in molteplici frutti di maternità secondo lo spirito: proprio la missione "ad gentes" offre loro un campo vastissimo per "donarsi con amore in modo totale e indiviso" (
MD 20).

L'esempio e l'operosità della donna vergine, consacrata alla carità verso Dio e verso il prossimo, specie il più povero, sono indispensabili come segno evangelico presso quei popoli e culture in cui la donna deve ancora compiere un lungo cammino in ordine alla sua promozione umana e liberazione. Auguro che molte giovani donne cristiane sentano l'attrattiva di donarsi a Cristo con generosità, attingendo dalla loro consacrazione la forza e la gioia per testimoniarlo tra i popoli che lo ignorano.

Tutti i laici sono missionari in forza del battesimo

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71. I Pontefici dell'età più recente hanno molto insistito sull'importanza del ruolo dei laici nell'attività missionaria. Nell'esortazione "Christifideles Laici" (
CL 35) anch'io ho trattato esplicitamente della "missione permanente di portare il Vangelo a quanti - e sono milioni e milioni di uomini e di donne - ancora non conoscono Cristo redentore dell'uomo" e del corrispondente impegno dei fedeli laici. La missione è di tutto il popolo di Dio: anche se la fondazione di una nuova Chiesa richiede l'eucaristia e, quindi, il ministero sacerdotale, tutta via la missione, che si esplica in svariate forme, è compito di tutti i fedeli.

La partecipazione dei laici all'espansione della fede risulta chiara, fin dai primi tempi del cristianesimo, ad opera sia di singoli fedeli e famiglie, sia dell'intera comunità. Ciò ricordava già Pio XII, richiamando nella prima enciclica missionaria le vicende delle missioni laicali. Nei tempi moderni non è mancata la partecipazione attiva dei missionari laici e delle missionarie laiche.

Come non ricordare l'importante ruolo svolto da queste, il loro lavoro nelle famiglie, nelle scuole, nella vita politica, sociale e culturale e, in particolare, il loro insegnamento della dottrina cristiana? Bisogna anzi riconoscere - ed è un titolo di onore - che alcune Chiese hanno avuto inizio grazie all'attività dei laici e delle laiche missionarie.

Il Vaticano II ha confermato questa tradizione, illustrando il carattere missionario di tutto il popolo di Dio, in particolare l'apostolato dei laici, e sottolineando il contributo specifico che essi son chiamati a dare nell'attività missionaria. La necessità che tutti i fedeli condividano tale responsabilità non è solo questione di efficacia apostolica, ma è un dovere-diritto fondato sulla dignità battesimale, per cui "i fedeli partecipano, per la loro parte, al triplice ufficio - sacerdotale, profetico e regale - di Gesù Cristo". Essi, perciò, "sono tenuti all'obbligo generale e hanno diritto di impegnarsi, sia come singoli, sia riuniti in associazioni, perché l'annunzio della salvezza sia conosciuto e accolto da ogni uomo in ogni luogo; tale obbligo li vincola ancora di più in quelle situazioni in cui gli uomini non possono ascoltare il Vangelo e conoscere Cristo se non per mezzo loro" (CIC 225 § 1). Inoltre, per l'indole secolare, che è loro propria, hanno la particolare vocazione a "cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e orientandole secondo Dio" (LG 31).

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72. I settori di presenza e di azione missionaria dei laici sono molto ampi. "Il primo campo... è il mondo vasto e complicato della politica, della realtà sociale, dell'economia..." (EN 70) sul piano locale, nazionale e internazionale. All'interno della Chiesa si presentano vari tipi di servizi, funzioni, ministeri e forme di animazione della vita cristiana. Ricordo, quale novità emersa in non poche Chiese nei tempi recenti, il grande sviluppo dei "Movimenti ecclesiali", dotati di dinamismo missionario. Quando si inseriscono con umiltà nella vita delle Chiese locali e sono accolti cordialmente da vescovi e sacerdoti nelle strutture diocesane e parrocchiali, i Movimenti rappresentano un vero dono di Dio per la nuova evangelizzazione e per l'attività missionaria propriamente detta. Raccomando, quindi, di diffonderli e di avvalersene per ridare vigore, soprattutto tra i giovani, alla vita cristiana e all'evangelizzazione, in una visione pluralistica dei modi di associarsi e di esprimersi.

Nell'attività missionaria sono da valorizzare le varie espressioni del laicato, rispettando la loro indole e finalità: associazioni del laicato missionario, organismi cristiani di volontariato internazionale, movimenti ecclesiali, gruppi e sodalizi di vario genere siano impegnati nella missione "ad gentes" e nella collaborazione con le Chiese locali. In questo modo sarà favorita la crescita di un laicato maturo e responsabile, la cui "formazione... si pone nelle giovani Chiese come elemento essenziale e irrinunciabile della "plantatio Ecclesiae"" (
CL 35).

L'opera dei catechisti e la varietà dei ministeri

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73. Tra i laici che diventano evangelizzatori si trovano in prima fila i catechisti. Il decreto missionario li definisce "quella schiera degna di lode, tanto benemerita dell'opera missionaria tra le genti... Essi, animati da spirito apostolico e facendo grandi sacrifici, danno un contributo singolare e insostituibile alla propagazione della fede e della Chiesa" (
AGD 17). Non è senza ragione che le Chiese di antica data, impegnandosi nella nuova evangelizzazione, abbiano moltiplicato i catechisti e intensificato la catechesi.

"Sono i catechisti in terra di missione coloro che meritano, in modo tutto speciale, questo titolo di "catechisti"... Chiese ora fiorenti non sarebbero state edificate senza di loro" (CTR 66).

Anche col moltiplicarsi dei servizi ecclesiali ed extraecclesiali il ministero dei catechisti rimane sempre necessario e ha peculiari caratteristiche: i catechisti sono operatori specializzati, testimoni diretti, evangelizzatori insostituibili, che rappresentano la forza basilare delle comunità cristiane, specie nelle giovani Chiese, come ho più volte affermato e constatato nei miei viaggi missionari. Il nuovo Codice di diritto canonico ne riconosce i compiti, le qualità, i requisiti.

Ma non si può dimenticare che il lavoro dei catechisti si va facendo sempre più difficile e impegnativo per i cambiamenti ecclesiali e culturali in corso. Vale ancor oggi quanto già suggeriva il Concilio: una più accurata preparazione dottrinale e pedagogica, il costante rinnovamento spirituale e apostolico, la necessità di "garantire un decoroso tenore di vita e di sicurezza sociale" ai catechisti. E' importante, altresi, favorire la creazione e il potenziamento delle scuole per catechisti, che, approvate dalle Conferenze episcopali, rilascino titoli ufficialmente riconosciuti da queste ultime.

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74. Accanto ai catechisti bisogna ricordare le altre forme di servizio alla vita della Chiesa e alla missione, e gli altri operatori: animatori della preghiera, del canto e della liturgia; capi di comunità ecclesiali di base e di gruppi biblici; incaricati delle opere caritative; amministratori dei beni della Chiesa; dirigenti dei vari sodalizi apostolici; insegnanti di religione nelle scuole.

Tutti i fedeli laici debbono dedicare alla Chiesa parte del loro tempo, vivendo con coerenza la propria fede.


La Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli e le altre strutture per l'attività missionaria

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75. I responsabili e gli operatori della pastorale missionaria devono sentirsi uniti nella comunione che caratterizza il corpo mistico. Per questo Cristo ha pregato nell'ultima cena: "Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (
Jn 17,21). E' in questa comunione il fondamento della fecondità della missione.

Ma la Chiesa è anche una comunione visibile e organica, e perciò la missione richiede pure una unione esterna e ordinata tra le diverse responsabilità e funzioni, in modo che tutte le membra "indirizzino in piena unanimità le loro forze all'edificazione della Chiesa" (AGD 28).

Spetta al Dicastero missionario "dirigere e coordinare in tutto il mondo l'opera stessa dell'evangelizzazione dei popoli e la cooperazione missionaria, salva la competenza della Congregazione per le Chiese Orientali". Per questo "è suo compito suscitare e distribuire, secondo i bisogni più urgenti delle regioni, i missionari..., elaborare un piano organico di azione, emanare norme direttive e principi adeguati in ordine all'evangelizzazione, dare l'impulso iniziale" (AGD 29). Non posso che confermare queste sagge disposizioni: per rilanciare la missione "ad gentes" occorre un centro di propulsione, di direzione e di coordinamento che è la Congregazione per l'evangelizzazione. Invito le Conferenze episcopali e i loro organismi, i superiori maggiori degli Ordini, Congregazioni e Istituti, gli organismi laicali impegnati nell'attività missionaria a collaborare fedelmente con detta Congregazione, che ha l'autorità necessaria per programmare e dirigere l'attività e la cooperazione missionaria a livello universale.

La medesima Congregazione, avendo alle spalle una lunga e gloriosa esperienza, è chiamata a svolgere un ruolo di primaria importanza sul piano della riflessione e dei programmi operativi, di cui la Chiesa ha bisogno per orientarsi più decisamente verso la missione nelle sue varie forme. A questo fine, la Congregazione deve mantenere strette relazioni con gli altri Dicasteri della Santa Sede, con le Chiese particolari e con le forze missionarie. In un'ecclesiologia di comunione, in cui la Chiesa è tutta missionaria, ma al tempo stesso si confermano sempre indispensabili vocazioni e istituzioni specifiche per il lavoro "ad gentes", rimane molto importante il ruolo di guida e di coordinamento del Dicastero missionario per affrontare insieme le grandi questioni di comune interesse, salve le competenze proprie di ciascuna autorità e struttura.

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76. Per l'indirizzo e il coordinamento dell'attività missionaria a livello nazionale e regionale rivestono grande importanza le Conferenze episcopali e i loro diversi raggruppamenti. A loro il Concilio chiede di "trattare in pieno accordo le questioni più gravi e i problemi più urgenti, senza trascurare pero le differenze tra luogo e luogo" (
AGD 31), nonché il problema della inculturazione. Di fatto, c'è già un'ampia e regolare azione in questo campo e i frutti sono visibili. E' un'azione che deve essere intensificata e meglio raccordata con quella di altri organismi delle stesse Conferenze, affinché la sollecitudine missionaria non sia demandata alla cura di un dato settore od organismo, ma sia condivisa da tutti.

Gli stessi organismi e istituzioni, che attendono all'attività missionaria, colleghino opportunamente sforzi e iniziative. Le Conferenze dei superiori maggiori, poi, abbiano questo stesso impegno nel loro ambito, in contatto con le Conferenze episcopali, secondo le indicazioni e norme stabilite, ricorrendo anche a commissioni miste. Sono, infine, auspicabili incontri e forme di collaborazione tra le varie istituzioni missionarie per quanto riguarda sia la formazione e lo studio, sia l'azione apostolica da svolgere.

Capitolo VII - La cooperazione all'attività missionaria

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77. Membri della Chiesa, in forza del battesimo tutti i cristiani sono corresponsabili dell'attività missionaria. La partecipazione delle comunità e dei singoli fedeli a questo diritto-dovere è chiamata "cooperazione missionaria". Tale cooperazione si radica e si vive innanzitutto nell'essere personalmente uniti a Cristo: solo se si è uniti a lui come il tralcio alla vite, si possono produrre buoni frutti. La santità di vita permette a ogni cristiano di essere fecondo nella missione della Chiesa: "Il sacro Concilio invita tutti a un profondo rinnovamento interiore, affinché, avendo una viva coscienza della propria responsabilità in ordine alla diffusione del Vangelo, prendano la loro parte nell'attività missionaria presso le genti" (
AGD 35).

La partecipazione alla missione universale, quindi, non si riduce ad alcune particolari attività, ma è il segno della maturità di fede e di una vita cristiana che porta frutti. così il credente allarga i confini della sua carità, manifestando la sollecitudine per coloro che sono lontani, come per quelli che sono vicini: prega per le missioni e per le vocazioni missionarie, aiuta i missionari, ne segue l'attività con interesse e, quando ritornano, li accoglie con quella gioia con cui le prime comunità cristiane ascoltavano dagli apostoli le meraviglie che Dio aveva operato mediante la loro predicazione.

Preghiera e sacrifici per i missionari

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78. Tra le forme di partecipazione il primo posto spetta alla cooperazione spirituale: preghiera, sacrificio, testimonianza di vita cristiana. La preghiera deve accompagnare il cammino dei missionari, perché l'annunzio della Parola sia reso efficace dalla grazia divina. San Paolo nelle sue Lettere chiede spesso ai fedeli di pregare per lui, perché gli sia concesso di annunziare il Vangelo con fiducia e franchezza.

Alla preghiera è necessario unire il sacrificio: il valore salvifico di ogni sofferenza, accettata e offerta a Dio con amore, scaturisce dal sacrificio di Cristo, che chiama le membra del suo mistico corpo ad associarsi ai suoi patimenti, a completarli nella propria carne (cfr.
Col 1,24). Il sacrificio del missionario deve essere condiviso e sostenuto da quello dei fedeli. perciò, a coloro che svolgono il loro ministero pastorale fra i malati raccomando di istruirli circa il valore della sofferenza, incoraggiandoli a offrirla a Dio per i missionari. Con tale offerta i malati diventano anch'essi missionari, come sottolineano alcuni movimenti sorti tra loro e per loro. Anche la solennità di Pentecoste - inizio della missione della Chiesa - è celebrata in alcune comunità come "giornata della sofferenza per le missioni".

"Eccomi, Signore, sono pronto! Manda me!"

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79. La cooperazione si esprime, altresi, nel promuovere le vocazioni missionarie.

A questo riguardo, va riconosciuta la validità delle diverse forme d'impegno missionario, ma bisogna al tempo stesso riaffermare la priorità della donazione totale e perpetua all'opera delle missioni, specialmente negli Istituti e Congregazioni missionari, maschili e femminili. La promozione di tali vocazioni è il cuore della cooperazione: l'annunzio del Vangelo richiede annunziatori, la messe ha bisogno di operai, la missione si fa soprattutto con uomini e donne consacrati a vita all'opera del Vangelo, disposti ad andare in tutto il mondo per portare la salvezza.

Desidero, pertanto, richiamare e raccomandare questa sollecitudine per le vocazioni missionarie. Coscienti della responsabilità universale dei cristiani nel contribuire all'opera missionaria e allo sviluppo dei popoli poveri, dobbiamo tutti domandarci perché in varie Nazioni, mentre crescono le offerte, minacciano di scomparire le vocazioni missionarie, che danno la vera misura della donazione ai fratelli. Le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata sono un segno sicuro della vitalità di una Chiesa.

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80. Pensando a questo grave problema, rivolgo il mio appello con particolare fiducia e affetto alle famiglie e ai giovani. Le famiglie e, soprattutto, i genitori siano consapevoli di dover portare "un particolare contributo alla causa missionaria della Chiesa, coltivando le vocazioni missionarie fra i loro figli e figlie" (
FC 54).

Una vita di intensa preghiera, un senso reale del servizio del prossimo e una generosa partecipazione alle attività ecclesiali offrono alle famiglie le condizioni favorevoli per la vocazione dei giovani. Quando i genitori sono pronti a consentire che uno dei figli parta per la missione, quando essi hanno chiesto al Signore tale grazia, egli li ricompenserà, nella gioia, il giorno in cui un loro figlio o figlia ascolterà la sua chiamata.

Ai giovani stessi io chiedo di ascoltare la parola di Cristo che dice loro, come già a Simon Pietro e ad Andrea sulla riva del lago: "Venite dietro a me, e vi faro diventare pescatori di uomini" (Mt 4,19). Abbiano essi il coraggio di rispondere, come Isaia (6,8): "Eccomi, Signore, sono pronto, manda me". Essi avranno dinanzi a sé una vita affascinante e conosceranno la vera soddisfazione di annunciare la "buona novella" ai fratelli e sorelle che condurranno sulla via della salvezza.

"C'è più gioia nel dare che nel ricevere"

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81. Sono molte le necessità materiali ed economiche delle missioni: non solo per fondare la Chiesa con strutture minime (cappelle, scuole per catechisti e seminaristi, case di abitazione), ma anche per sostenere le opere di carità, di educazione e di promozione umana, campo vastissimo di azione specialmente nei Paesi poveri. La Chiesa missionaria dà quello che riceve, distribuisce ai poveri quello che i suoi figli più dotati di beni materiali le mettono generosamente a disposizione. Desidero a questo punto ringraziare tutti coloro che donano con sacrificio per l'opera missionaria: le loro rinunzie e la loro partecipazione sono indispensabili per costruire la Chiesa e testimoniare la carità.

Circa gli aiuti materiali è importante riguardare allo spirito col quale si dona. Per questo occorre rivedere il proprio stile di vita: le missioni non chiedono solo un aiuto, ma una condivisione con l'annunzio e la carità verso i poveri. Tutto quello che abbiamo ricevuto da Dio - la vita come i beni materiali - non è nostro, ma ci è dato in uso. La generosità nel dare va sempre illuminata e ispirata dalla fede: allora, davvero c'è più gioia nel dare che nel ricevere (
Ac 20,35).

La Giornata missionaria mondiale, diretta alla sensibilizzazione sul problema missionario, ma anche alla raccolta di aiuti, è un appuntamento importante nella vita della Chiesa, perché insegna come donare: nella celebrazione eucaristica, cioè come offerta a Dio, e per tutte le missioni del mondo.

Nuove forme di cooperazione missionaria

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82. La cooperazione si allarga oggi a forme nuove, includendo non solo l'aiuto economico, ma anche la partecipazione diretta. Situazioni nuove, connesse al fenomeno della mobilità, richiedono ai cristiani un autentico spirito missionario.

Il turismo a carattere internazionale è ormai un fatto di massa e positivo, se si pratica con atteggiamento rispettoso per un mutuo arricchimento culturale, evitando ostentazione e sperperi e cercando il contatto umano. Ma ai cristiani è richiesta soprattutto la coscienza di dover essere sempre testimoni della fede e della carità di Cristo. Anche la conoscenza diretta della vita missionaria e delle nuove comunità cristiane può arricchire e rinvigorire la fede.

Sono lodevoli le visite alle missioni, soprattutto da parte dei giovani che vanno per servire e fare un'esperienza forte di vita cristiana.

Le esigenze di lavoro portano oggi numerosi cristiani di giovani comunità in aree dove il cristianesimo è sconosciuto e, talvolta, bandito o perseguitato. Ciò avviene anche per i fedeli dei Paesi di antica tradizione cristiana, che lavorano temporaneamente in Paesi non cristiani. Queste circostanze sono certo un'opportunità per vivere e testimoniare la fede. Nei primi secoli il cristianesimo si diffuse soprattutto perché i cristiani, viaggiando o stabilendosi in regioni in cui Cristo non era stato annunziato, testimoniavano con coraggio la loro fede e vi fondavano le prime comunità.

Più numerosi sono i cittadini dei Paesi di missione e gli appartenenti a religioni non cristiane, che vanno a stabilirsi in altre Nazioni per motivi di studio e di lavoro, o costretti dalle condizioni politiche o economiche dei luoghi di origine. La presenza di questi fratelli nei Paesi di antica cristianità è una sfida per le comunità ecclesiali, stimolandole all'accoglienza, al dialogo, al servizio, alla condivisione, alla testimonianza e all'annunzio diretto. In pratica, anche in Paesi cristiani si formano gruppi umani e culturali che richiamano la missione "ad gentes", e le Chiese locali, anche con l'aiuto di persone provenienti dai Paesi degli immigrati e di missionari reduci, devono occuparsi generosamente di queste situazioni.

La cooperazione può anche impegnare i responsabili della politica, dell'economia, della cultura, del giornalismo, oltre che gli esperti dei vari Organismi internazionali. Nel mondo moderno è sempre più difficile tracciare linee di demarcazione geografica o culturale: c'è una crescente interdipendenza fra i popoli, il che stimola alla testimonianza cristiana e all'evangelizzazione.

Animazione e formazione missionaria del popolo di Dio

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83. La formazione missionaria è opera della Chiesa locale con l'aiuto dei missionari e dei loro Istituti, nonché del personale delle giovani Chiese. Questo lavoro deve essere inteso non come marginale, ma come centrale nella vita cristiana. Per la stessa nuova evangelizzazione dei popoli cristiani il tema missionario può essere di grande aiuto: la testimonianza dei missionari, infatti, conserva il suo fascino anche presso i lontani e i non credenti e trasmette valori cristiani. Le Chiese locali, quindi, inseriscano l'animazione missionaria come elemento-cardine della loro pastorale ordinaria nelle parrocchie, nelle associazioni e nei gruppi, specie giovanili.

A questo fine vale, anzitutto, l'informazione mediante la stampa missionaria e i vari sussidi audiovisivi. Il loro ruolo è di grande importanza, in quanto fanno conoscere la vita della Chiesa universale, le voci e le esperienze dei missionari e delle Chiese locali, presso cui essi lavorano. Occorre che nelle Chiese più giovani, che non sono ancora in grado di dotarsi di una stampa e altri sussidi, gli Istituti missionari dedichino personale e mezzi a queste iniziative.

A tale formazione sono chiamati i sacerdoti e i loro collaboratori, gli educatori e insegnanti, i teologi, specie i docenti dei seminari e dei centri per i laici. L'insegnamento teologico non può né deve prescindere dalla missione universale della Chiesa, dall'ecumenismo, dallo studio delle grandi religioni e della missiologia. Raccomando che soprattutto nei seminari e nelle case di formazione per religiosi e religiose si faccia un tale studio, curando anche che alcuni sacerdoti, o alunni e alunne, si specializzino nei diversi campi delle scienze missiologiche.

Le attività di animazione vanno sempre orientate ai loro specifici fini: informare e formare il popolo di Dio alla missione universale della Chiesa, far nascere vocazioni "ad gentes", suscitare cooperazione all'evangelizzazione. Non si può, infatti, dare un'immagine riduttiva dell'attività missionaria, come se fosse principalmente aiuto ai poveri, contributo alla liberazione degli oppressi, promozione dello sviluppo, difesa dei diritti umani. La Chiesa missionaria è impegnata anche su questi fronti, ma il suo compito primario è un altro: i poveri hanno fame di Dio, e non solo di pane e di libertà, e l'attività missionaria prima di tutto deve testimoniare e annunziare la salvezza in Cristo, fondando le Chiese locali che sono poi strumenti di liberazione in tutti i sensi.


La responsabilità primaria delle Pontificie Opere Missionarie


84. In questa opera di animazione il compito primario spetta alle Pontificie Opere Missionarie, come più volte ho affermato nei Messaggi per la Giornata missionaria mondiale. Le quattro Opere - Propagazione della Fede, San Pietro apostolo, Infanzia Missionaria e Unione Missionaria - hanno in comune lo scopo di promuovere lo spirito missionario universale in seno al popolo di Dio. L'Unione Missionaria ha come fine immediato e specifico la sensibilizzazione e formazione missionaria dei sacerdoti, religiosi e religiose, che devono, a loro volta, curarla nelle comunità cristiane; essa, inoltre, mira a promuovere le altre Opere, di cui è l'anima. "La parola d'ordine deve essere questa: Tutte le Chiese per la conversione di tutto il mondo" (P. Manna, "Le nostre Chiese e la propagazione del Vangelo").

Essendo del Papa e del Collegio episcopale, anche nell'ambito delle Chiese particolari queste Opere occupano "giustamente il primo posto, perché sono mezzi sia per infondere nei cattolici, fin dall'infanzia, uno spirito veramente universale e missionario, sia per favorire un'adeguata raccolta di sussidi a vantaggio di tutte le missioni, secondo le necessità di ciascuna" (AGD 38). Un altro scopo delle Opere Missionarie è quello di suscitare vocazioni "ad gentes" e a vita, sia nelle Chiese antiche come in quelle più giovani. Raccomando vivamente di orientare sempre più a questo fine il loro servizio di animazione.

Nell'esercizio della loro attività, queste Opere dipendono, a livello universale, dalla Congregazione per l'evangelizzazione e, a livello locale, dalle Conferenze episcopali e dai vescovi delle singole Chiese, collaborando con i centri di animazione esistenti: esse portano nel mondo cattolico quello spirito di universalità e di servizio alla missione, senza il quale non esiste autentica cooperazione.

Non solo dare alla missione, ma anche ricevere

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85. Cooperare alla missione vuol dire non solo dare, ma anche saper ricevere: tutte le Chiese particolari, giovani e antiche, sono chiamate a dare e a ricevere per la missione universale e nessuna deve chiudersi in se stessa. "In forza della... cattolicità - dice il Concilio - le singole parti portano i propri doni alle altre parti e a tutta la Chiesa, di modo che il tutto e le singole parti si accrescano da tutte le altre in reciproca comunione e aspiranti alla pienezza nell'unità... Ne derivano... tra le diverse parti della Chiesa vincoli di intima comunione circa i tesori spirituali, gli operai apostolici e i sussidi materiali" (
LG 13).

Esorto tutte le Chiese e i pastori, i sacerdoti, i religiosi, i fedeli, ad aprirsi all'universalità della Chiesa, evitando ogni forma di particolarismo, esclusivismo o sentimento di autosufficienza. Le Chiese locali, pur radicate nel loro popolo e nella loro cultura, debbono tuttavia mantenere in concreto questo senso universalistico della fede, dando cioè e ricevendo dalle altre Chiese doni spirituali, esperienze pastorali, di primo annunzio e di evangelizzazione, personale apostolico e mezzi materiali.

Infatti, la tendenza a chiudersi può essere forte: le Chiese antiche, impegnate per la nuova evangelizzazione, pensano che ormai la missione debbono svolgerla in casa e rischiano di frenare lo slancio verso il mondo non cristiano, concedendo a malincuore le vocazioni agli Istituti missionari, alle Congregazioni religiose, alle altre Chiese. Ma è dando generosamente del nostro che riceveremo, e già oggi le giovani Chiese, non poche delle quali conoscono una prodigiosa fioritura di vocazioni, sono in grado di inviare sacerdoti, religiosi e religiose a quelle antiche.

D'altra parte, esse sentono il problema della propria identità, dell'inculturazione, della libertà di crescere senza influssi esterni, con la possibile conseguenza di chiudere le porte ai missionari. A queste Chiese dico: Lungi dall'isolarvi, accogliete volentieri i missionari e i mezzi dalle altre Chiese, e mandatene voi stesse nel mondo! Proprio per i problemi che vi angustiano avete bisogno di mantenervi in continua relazione con i fratelli e sorelle nella fede. Con ogni mezzo legittimo fate valere le libertà, a cui avete diritto, ricordandovi che i discepoli di Cristo hanno il dovere di "obbedire a Dio piuttosto che agli uomini" (Ac 5,29).

Dio prepara una nuova primavera del Vangelo

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86. Se si guarda in superficie il mondo odierno, si è colpiti da non pochi fatti negativi, che possono indurre al pessimismo. Ma è, questo, un sentimento ingiustificato: noi abbiamo fede in Dio Padre e Signore, nella sua bontà e misericordia. In prossimità del terzo millennio della redenzione, Dio sta preparando una grande primavera cristiana, di cui già si intravede l'inizio.

Difatti, sia nel mondo non cristiano come in quello di antica cristianità, c'è un progressivo avvicinamento dei popoli agli ideali e ai valori evangelici, che la Chiesa si sforza di favorire. Oggi, infatti, si manifesta una nuova convergenza da parte dei popoli per questi valori: il rifiuto della violenza e della guerra; il rispetto della persona umana e dei suoi diritti; il desiderio di libertà, di giustizia e di fraternità; la tendenza al superamento dei razzismi e dei nazionalismi; l'affermazione della dignità e la valorizzazione della donna.

La speranza cristiana ci sostiene nell'impegnarci a fondo per la nuova evangelizzazione e per la missione universale, facendoci pregare come Gesù ci ha insegnato: "Venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra".

Gli uomini che attendono Cristo sono ancora in numero immenso: gli spazi umani e culturali, non ancora raggiunti dall'annunzio evangelico o nei quali la Chiesa è scarsamente presente, sono tanto ampi, da richiedere l'unità di tutte le sue forze. Preparandosi a celebrare il giubileo del duemila, tutta la Chiesa è ancor più impegnata per un nuovo avvento missionario. Dobbiamo nutrire in noi l'ansia apostolica di trasmettere ad altri la luce e la gioia della fede, e a questo ideale dobbiamo educare tutto il popolo di Dio.

Non possiamo restarcene tranquilli, pensando ai milioni di nostri fratelli e sorelle, anch'essi redenti dal sangue di Cristo, che vivono ignari dell'amore di Dio. Per il singolo credente, come per l'intera Chiesa, la causa missionaria deve essere la prima, perché riguarda il destino eterno degli uomini e risponde al disegno misterioso e misericordioso di Dio.

Capitolo VIII - La spiritualità missionaria

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87. L'attività missionaria esige una specifica spiritualità che riguarda, in particolare, quanti Dio ha chiamato ad essere missionari.

Lasciarsi condurre dallo Spirito Tale spiritualità si esprime, innanzitutto, nel vivere in piena docilità allo Spirito: essa impegna a lasciarsi plasmare interiormente da lui, per divenire sempre più conformi a Cristo. Non si può testimoniare Cristo senza riflettere la sua immagine, la quale è resa viva in noi dalla grazia e dall'opera dello Spirito.

La docilità allo Spirito impegna poi ad accogliere i doni della fortezza e del discernimento, che sono tratti essenziali della stessa spiritualità.

Emblematico è il caso degli apostoli, che durante la vita pubblica del Maestro, nonostante il loro amore per lui e la generosità della risposta alla sua chiamata, si dimostrano incapaci di comprendere le sue parole e restii a seguirlo sulla via della sofferenza e dell'umiliazione. Lo Spirito li trasformerà in testimoni coraggiosi del Cristo e annunziatori illuminati della sua Parola: sarà lo Spirito a condurli per le vie ardue e nuove della missione.

Anche oggi la missione rimane difficile e complessa come in passato e richiede ugualmente il coraggio e la luce dello Spirito: viviamo spesso il dramma della prima comunità cristiana, che vedeva forze incredule e ostili "radunarsi insieme contro il Signore e contro il suo Cristo" (
Ac 4,26). Come allora, oggi occorre pregare, perché Dio ci doni la franchezza di proclamare il Vangelo; occorre scrutare le vie misteriose dello Spirito e lasciarsi da lui condurre in tutta la verità.


Redemptoris Missio 69