Inter Mirifica

Decreto sui Mezzi di Comunicazione Sociale

 

 

Che il Concilio abbia trattato dei mezzi di comunicazione sociale, o mass media - insieme con i grandi temi che riguardano la vita interna della Chiesa e i suoi rapporti con il mondo - riconferma la sollecitudine del Successore di Pietro e dei Vescovi per uno dei problemi del nostro tempo tra i più gravi e urgenti se si consideri l'incidenza che la stampa, il cinema, la radio e la televisione hanno sull'orientamento ideologico e sull'atteggiamento pratico dei singoli uomini e dell'intera società.

L'interessamento della Chiesa per questa realtà della vita moderna è senza dubbio anteriore al Concilio. Molti Documenti dei Sommi Pontefici e dell'Episcopato testimoniano l'attenzione e l'interesse della Chiesa per *queste mirabili invenzioni che l'ingegno umano è riuscito a trarre dalle forze della natura, creata da Dio+.

Ma il Decreto Conciliare supera, per importanza, sia per la sede in cui è stato emanato, sia per la forma solenne delta sua promulgazione, sia infine per la novità dell'impostazione, tutti i precedenti documenti.

L'impostazione del decreto

Il primo schema, preparato dal Segretariato Preparatorio, era molto più ampio dell'attuale. Esso venne discusso in Aula Conciliare durante la prima Sessione e riscosse il consenso quasi unanime dei Padri. Fu allora (27 novembre 1962) approvata una * dichiarazione +, in cui si invitava la competente Commissione Conciliare ad abbreviare il testo pur conservandone i principi dottrinali e le grandi direttive pastorali, rimandando a una apposita * Istruzione + le norme più dettagliate.

Il Decreto, solennemente promulgato al termine della seconda Sessione, risulta pertanto una sintesi del primitivo progetto, di cui conserva le caratteristiche essenziali, prima fra le quali l'impostazione positiva del problema, che viene presentato nella sua dimensione umana e cristiana, con un esplicito riconoscimento dei valori spirituali che, mediante questi mirabili strumenti, l'uomo può comunicare a moltitudini di altri uomini e all'intera società.

L'insegnamento della Chiesa, anche in questo settore, è valido non solo per i cattolici, ma per tutti gli uomini di buona volontà, perché è un'applicazione degli stessi principi naturali, illuminati ed evidenziati dal messaggio cristiano.

Aspetto dottrinale

Pur non affrontando una sistematica trattazione dottrinale dei complessi problemi sollevati dagli strumenti della comunicazione sociale, ed evitando di proposito questioni ancora controverse, il Decreto espone nel primo capitolo, in forma concisa ed essenziale, i principi sui quali si innesteranno le norme di carattere pastorale.

Precisato il diritto della Chiesa a usare questi strumenti per la diffusione del messaggio evangelico e a giudicare sul loro retto uso, il Decreto affronta alcuni temi di particolare interesse.

Uno dei diritti rivendicati oggi, e giustamente, è il diritto all'informazione. Il Decreto su questo punto è molto esplicito: esso dichiara che la situazione odierna della società rende l'informazione non solo utilissima, ma in molti casi necessaria e che ognuno ha il diritto -secondo le proprie legittime esigenze - di sapere quanto è di comune interesse. Certo, l'informazione deve essere trasmessa obiettivamente, in modo conveniente e con il rispetto dovuto ai diritti e alla dignità dell'uomo.

Quanto ai rapporti fra arte e morale il testo conciliare non risolve speculativamente il problema, ma riconoscendo i diritti dell'arte riafferma il primato dell'ordine morale oggettivo che supera, non contraddicendoli, ma armonizzandoli, tutti gli altri ordini.

Accenniamo appena ad alcuni degli altri temi affrontati: l'influenza di questi strumenti per favorire rette opinioni pubbliche, le responsabilità di chi trasmette e di chi riceve (lettori, spettatori, ecc.), degli educatori, dell'Autorità civile, ecc.

Bastano questi brevi accenni a far rilevare l'ampiezza e la complessità dei temi dottrinali affrontati dal Decreto.

Aspetti pastorali

Nel secondo capitolo il Decreto assume un carattere più spiccatamente pastorale. Esso si rivolge direttamente ai figli della Chiesa con disposizioni che riguardano anzitutto i compiti dei Vescovi, per i quali questa nuova forma di attività apostolica è da considerarsi parte integrante del loro magistero e del ministero pastorale.

Un invito pressante viene rivolto a quanti hanno in mano le leve di comando di questi potenti mezzi a vivificarli di spirito cristiano. E' un invito che riguarda soprattutto i laici già impegnati in questo settore, mentre viene auspicato il moltiplicarsi di uomini preparati e competenti che, oltre a una solida formazione professionale, conseguano, in apposite scuole e facoltà, una sicura e adeguata conoscenza della dottrina cristiana.

Una più approfondita conoscenza dei problemi di questo settore viene auspicata dai Padri, i quali hanno stabilito che in tutte le scuole cattoliche, nei seminari e nelle associazioni si incrementino opportune iniziative di istruzione teorica e pratica sugli strumenti della comunicazione sociale. La Chiesa dispone che l'insegnamento sul loro retto uso diventi argomento integrante della formazione cristiana dei giovani e dello stesso clero.

Al fine poi di coordinare le attività dei cattolici in questo campo, il Decreto stabilisce che vengano costituiti dai Vescovi appositi Uffici nazionali per la stampa e per le tecniche audiovisive sull'esempio di quanto ha fatto la Santa Sede istituendo la Pontificia Commissione per le Comunicazioni Sociali.

Il Decreto Conciliare è una conferma che la Chiesa non si estranea dal mondo in cui la Provvidenza l'ha chiamata a operare. Essa è presente, madre sollecita, non solo tra i suoi figli, ma fra tutti gli uomini per valorizzare e indirizzare al bene comune *nova et vetera+. E le disposizioni conciliari in questo settore, mentre suonano cordiale invito a tutti gli uomini di buona volontà, diventano un impegno per tutto il popolo di Dio.

Il Decreto Inter Mirifica fu approvato da 2131 Padri il 4 dicembre 1963 con 1960 voti favorevoli, 164 voti contrari e 7 voti nulli.

 

 

Inter Mirifica

A colloquio con il don Mariano Fazio

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La Chiesa si è sempre occupata del fenomeno comunicativo. A ragione si può affermare che la Chiesa stessa nasce da un fenomeno comunicativo

Infatti: la Rivelazione di Dio al mondo. Il Vangelo è la buona notizia, e quindi anche comunicazione.

Evangelizzare è comunicare. La Chiesa lo ha fatto sempre lungo i secoli. E, lungo la storia, si è servita dei mezzi che la cultura dei diversi tempi offriva per poter trasmettere efficacemente la Parola che salva.

Il XX secolo è segnato da un incredibile sviluppo dei mezzi di comunicazione. L'influsso dei mass media è sempre crescente, e quindi il Magistero della Chiesa ha rivolto la sua attenzione verso questo fenomeno.

Prima del Concilio Vaticano II, il Papa Pio XII, nella sua lettera enciclica Vigilanti cura (1936), ha analizzato l'influsso di alcuni media sui popoli. L'atteggiamento del Papa è stato piuttosto difensivo, nel senso che si sottolineavano le conseguenze negative che la comunicazione di massa poteva portare con sé. Ma l'atteggiamento di Pio XII non era di chiusura di fronte allo sviluppo di questo settore della società. Lo stesso Papa parlerà direttamente tramite la radio, utilizzandola quindi al servizio del suo magistero. Nel secondo documento del suo pontificato sui fenomeni comunicativi C Miranda prorsus (1957) C l'apprezzamento del Sommo Pontefice fu indubbiamente più positivo. Non solo Papa Pacelli considerava i media come doni di Dio e come partecipazione dell'uomo all'opera creatrice, ma anche come preziosi strumenti di diffusione del Vangelo. Pio XII non fece altro che continuare una ininterrotta tradizione ecclesiale, che tentò di approfittare di quanto di buono c'è in ogni cultura al fine di diffondere il messaggio di salvezza.

Anche Giovanni XXIII si occupò, nel suo magistero, dei fenomeni comunicativi.

Tramite la lettera apostolica Boni pastoris (1959), Papa Roncalli costituì la Pontificia Commissione per la cinematografia, la radio e la televisione. E' stata una manifestazione della consapevolezza della Chiesa riguardante l'importanza della comunicazione sociale.

Ma come in ogni campo ecclesiale, anche in quello della comunicazione sociale, l'evento che segnò una svolta, sempre in concordanza con la tradizione, fu il Concilio Vaticano II.

Di fatto, il primo documento approvato dall'assise conciliare è stato il decreto sugli strumenti della comunicazione sociale, Inter mirifica (4 dicembre 1963). L'influsso sempre più largo ed incisivo dei media obbligò ai padri conciliari a prestare attenzione al mondo della comunicazione.

Il decreto Inter mirifica prende atto dei mutamenti socio-culturali effettuati dai media, giudica alla luce del Vangelo questi cambiamenti, e sostiene che è un diritto e un dovere della Chiesa l'utilizzo degli strumenti di comunicazione sociale per portare avanti il suo impegno evangelizzatore.

Il documento si apre con una sorta di chiarificazione terminologica: *Tra le meravigliose invenzioni tecniche che, soprattutto nel nostro tempo, I'ingenio umano è riuscito, con l'aiuto di Dio, a trarre dal creato, la Chiesa accoglie e segue con particolare sollecitudine quelle che più direttamente riguardano le facoltà spirituali dell'uomo, e che hanno offerto nuove possibilità di comunicare, con massima facilità, ogni sorta di notizie, idee, insegnamenti. Tra queste invenzioni occupano un posto di rilievo quegli strumenti che, per le loro natura, sono in grado di raggiungere e influenzare non solo i singoli, ma le stesse masse e l'intera umanità. Rientrano in tale categoria la stampa, il cinema, la radio, la televisione e simili. A ragione quindi essi possono essere chiamati: strumenti di comunicazione sociale" (IM 1).

 

Possiamo entrare nel merito del testo conciliare al fine di coglierne i contenuti di maggiore pregnanza?

L'Inter mirifica consta di due capitoli. Il primo è dedicato al retto utilizzo degli strumenti di comunicazione sociale. I padri conciliari volevano mettere in rilievo la necessaria unione fra la legge morale e il mondo della comunicazione. L'informazione è necessaria per la società moderna: anzi, si può parlare di un diritto all'informazione. Ma questo diritto implica il rispetto della verità, della giustizia e della carità. Partendo da questo rapporto fra ordine morale oggettivo e mondo della comunicazione, il Concilio ricorda i doveri degli utenti, dei genitori e dello Stato di fronte agli strumenti di comunicazione sociale.

Il secondo capitolo analizza gli strumenti di comunicazione sociale come mezzi di apostolato. Si fa un accurato appello ai laici affinché promuovano iniziative in questo ambito decisivo della cultura. Inoltre, si incoraggiano gli educatori a formare, in maniera appropriata, i cristiani nell'utilizzo dei media, e si propone che questo tipo di formazione venga inclusa nella catechesi.

L'Inter mirifica tiene presente l'importanza degli strumenti di comunicazione sociale per la missione della Chiesa, e ritiene che essi sono strumenti adatti per la predicazione e la diffusione del messaggio salvifico.

Perciò, dal decreto scaturiscono alcune proposte concrete, che con il passare degli anni si sono rivelate provvidenziali. In concreto, negli ultimi punti (18-23), il decreto provvede la celebrazione in ogni diocesi di una giornata dedicata alla comunicazione sociale, affinché si preghi e si aiuti economicamente l'apostolato della Chiesa in questo campo; si dispone anche la costituzione fattiva e operativa di un organismo specializzato nell'ambito della Santa Sede, che possa aiutare efficacemente il Papa nella cura pastorale di questo settore del mondo dell'umano; si prospetta l'erezione di uffici specializzati in comunicazione sociale nelle diocesi delle diverse nazioni; e si annunzia la pubblicazione, nel futuro, di una istruzione pastorale che metta in pratica le indicazioni dell'Inter mirifica.

Il fatto di essere il primo documento conciliare porta con sé un privilegio, ma, forse anche qualche limitazione.

L'Inter mirifica indica una strada da seguire: la consapevolezza ecclesiale sull'importanza della comunicazione sociale appare chiara sin dall'inizio del documento; la possibilità di approfittare di questi strumenti per fare apostolato è anche sottolineata senza ambiguità. Però forse manca un accento ancora più forte nelle libere iniziative dei laici nel promuovere istituzioni, programmi e piani per umanizzare e cristianizzare questo mondo comunicativo, agendo da cristiani in comunione con altre persone di buona volontà. Nel decreto si sviluppa egregiamente il diritto della Chiesa a possedere strumenti cattolici di comunicazione sociale, ma non si sviluppa con la stessa forza l'interesse per le libere iniziative dei cristiani nel promuovere i valori del vangelo all'interno delle strutture non necessariamente confessionali.

Infatti fu necessaria la pubblicazione di altri documenti conciliari per mettere in rilievo in forma ancora più chiara l'importanza fondamentale dell'apostolato dei laici battezzati che, senza necessità di far parte di iniziative ufficiali, agiscano come il lievito nella massa. La costituzione pastorale Gaudium et spes fornirà una chiave di lettura imprescindibile per capire il rapporto della Chiesa con il mondo contemporaneo C la giusta autonomia del temporale C e, di conseguenza, anche per aprire nuove prospettive al mondo della comunicazione.

L'Inter mirifica è un documento importante non solo per quanto riguarda il suo contenuto teorico. Ancora più importante è la via che traccia e che percorreranno Paolo VI e Giovanni Paolo II, nonché le iniziative concrete che si realizzeranno nel corso di questi due pontificati, ispirati dall'Inter mirifica e per indicazione esplicita del primo decreto conciliare.

Paolo VI, il cui pontificato si identifica con lo spirito del Concilio, sarà il Papa destinato a mettere in pratica alcune di queste indicazioni. Con la lettera apostolica In fructibus multis (1964) Papa Montini istituì la Pontificia Commissione per le Comunicazioni Sociali. Paolo VI decise anche di iniziare la celebrazione della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. La prima ebbe luogo il 7 maggio 1967. Sin da quella data, i Romani Pontefici hanno la possibilità di rivolgere al mondo un messaggio direttamente riferito alla comunicazione sociale. Leggendo questi messaggi pontifici di Paolo VI, le tematiche più ricorrenti sono: il primato dell'ordine morale nel campo comunicativo, il ruolo delle comunicazioni sociali nell'opera di evangelizzazione, la responsabilità dei cristiani di fronte allo sviluppo dei mass media e il loro servizio alla comunione e al progresso del genere umano.

Un documento di questo Papa che presenta elementi importanti per la riflessione teologica sulla comunicazione è senza dubbio l'enciclica Ecclesiam suam (1964), dove si parla dell'atteggiamento di dialogo da parte della Chiesa: un dialogo che è comunicazione di verità per la cui irradiazione nella Chiesa e nel mondo è assai utile il ricorso anche agli strumenti di comunicazione sociale. Strumenti che nell'esortazione apostolica Evangelii nuntiandi (1975), vengono chiamati *le vie dell'evangelizzazione+ (45). Non sono, evidentemente, le uniche vie, ma come scrive il Papa, *la Chiesa si sentirebbe colpevole di fronte al suo Signore se non adoperasse questi potenti mezzi che l'intelligenza umana rende ogni giorno più perfezionati. Servendosi di essi, la Chiesa "predica sui tetti" il messaggio di cui è depositaria; in loro essa trova una versione moderna ed efficace del pulpito+ (ibid.).

Il Papa Giovanni Paolo II continuò il magistero di Paolo VI, in piena conformità con le indicazioni emanate dal Concilio Vaticano II.

L'attuale Pontefice si è riferito innumerevoli volte all'importanza che rivestono oggi giorno gli strumenti di comunicazione sociale, non solo in quanto mezzi di apostolato C i media sono indispensabili per portare avanti la nuova evangelizzazione alle soglie del terzo millennio C ma anche per capire questo mondo contemporaneo, che ben può essere definito come la *società della comunicazione+.

Innanzitutto il Papa considera che il mondo ha bisogno di un forte richiamo evangelico. Il mondo va ri-evangelizzato. In questo impegno urgente bisogna fare attenzione a un particolare settore del mondo: quello della comunicazione. Sono ormai famose le parole di Giovanni Paolo II nella sua enciclica Redemptoris missio: *Il primo areopago del tempo moderno è il mondo della comunicazione, che sta unificando l'umanità rendendolaCcome si suol direC "un villaggio globale"+ (37). Quindi questo mondo della comunicazione si trova in un posto privilegiato: è il primo areopago dove si deve annunziare la Parola del Signore.

Il richiamo all'evangelizzazione tramite i media non è nuovo. Però il Papa sottolinea un altro aspetto che considero originale nella formulazione e forte nella sottolineatura: non basta utilizzare i media, ma è necessario un impegno serio da parte della Chiesa per imparare le tecniche, il linguaggio, le diverse specificità di questo mondo comunicativo, affinché la sempre efficace parola divina possa penetrare più efficacemente nella cultura contemporanea.

Giovanni Paolo II, riferendosi ai media, scriveva nell'enciclica appena citata che non basta *usarli per diffondere il messaggio cristiano e il magistero della Chiesa, ma occorre integrare il messaggio stesso in questa "nuova cultura" creata dalla comunicazione+ (ibid). Parole che l'esperto polacco in comunicazione Wieslaw Lechowicz commenta così: *ciò vuol dire tener presente il modo di comunicare, il linguaggio, le nuove tecniche e gli atteggiamenti psicologici, perché la trasmissione del messaggio evangelico sia adatta alla nuova mentalità degli uomini. Lo sviluppo comunicativo è dunque una sfida per tutta la Chiesa, in modo particolare nel campo della missione+.

Il Papa attuale, riprendendo una tematica svolta dall'Inter mirifica, ha parlato ripetutamente sulla necessità di una adeguata formazione sia da parte dei professionisti della comunicazione, sia da parte degli utenti. Nelle esortazioni apostoliche Familiaris consortio e Christifideles laici sottolinea l'intrinseco rapporto che ci deve essere tra libertà è verità C forse questa binomio libertà-verità è una delle chiavi interpretative di questo Pontificato C in ogni fenomeno comunicativo, se veramente si desidera costruire una cultura autenticamente umana. Perciò, e dentro un positivo apprezzamento delle conseguenze culturali che hanno portato con sé il diffondersi delle comunicazioni nella società contemporanea, il Papa non manca di segnalare aspetti negativi che vanno cambiati e messi al servizio della persona umana.

Nella Centesimus annus e particolarmente nell'Evangelium vitae Giovanni Paolo II accusa alcuni comunicatori di propagare una cultura della morte C vale a dire, una anticultura C e di confondere spesso il bene con il male (CA 36; EV 17 e 24).

Anche Papa Wojtyla, allo stesso modo del suo predecessore, si è servito delle Giornate Mondiali della Comunicazioni Sociali per diffondere la luce del vangelo su questo primo areopago della cultura contemporanea.

Dalla lettura dei messaggi si può concludere che il magistero di Giovanni Paolo II si pone in continuità con quello del Vaticano II e di Paolo VI, ma vi si ravvisa la crescente consapevolezza circa la necessità di conoscere le leggi del mondo della comunicazione e l'influsso dei media sulla cultura contemporanea, in modo tale da poter non solo servirsi di essi per l'evangelizzazione, ma anche per contribuire a trasformare i media in strumenti posti al servizio di una cultura umana, dove la dignità della persona sia al centro. Le capacità comunicative del Romano Pontefice manifestano fino a che punto Giovanni Paolo II conosce le leggi della comunicazione e dello svolgimento del processo comunicativo.

Dobbiamo tornare all'Inter mirifica, e ricordare che tra le indicazioni concrete si trovava l'elaborazione e pubblicazione di una istruzione pastorale sulla comunicazione sociale.

Nel 1971 il Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali ha emato l'istruzione Communio et progressio, che sarà una continuazione, complemento e approfondimento del decreto conciliare. La lettura di questo documento fa avvertire subito che si tratta di una riflessione teologico-pastorale profonda, fatta a partire dalla realtà del mondo della comunicazione. Realtà che viene rispettata nella sua giusta autonomia, giacché, citando la Gaudium et spes, l'istruzione pastorale ricorda che *è in virtù della creazione stessa che tutte le cose ricevono la propria consistenza, verità, bontà, le loro leggi proprie e il loro ordine. L'uomo è tenuto a rispettare tutto ciò riconoscendo le esigenze di metodo proprie di ogni singola scienza o arte+ (GS 36; CP 14).

La consapevolezza della giusta autonomia del temporale, facilmente avvertibile nelle pagine di questo documento, evitano il pericolo di una impostazione troppo strumentalistica della comunicazione sociale. Si ribadisce il diritto della Chiesa a possedere mezzi di comunicazione e si insiste nell'opportunità di approfittare di questi doni di Dio per diffondere la verità del Vangelo. Però, allo stesso tempo, si tenta di fare un analisi del fenomeno della comunicazione, inserendolo in un discorso teologico e antropologico di ampio respiro, discorso che non appariva con uguale forza nell'Inter mirifica.

Communio et progressio mette la comunicazione umana in stretto rapporto con la comunicazione divina.

Se comunicazione è un termine analogico, l'analogato principale è la comunicazione intra-trinitaria, comunicazione che si identifica con la comunione del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo in una unica vita divina (Doc. cit. 8). La comunicazione umana, in quanto partecipazione della comunicazione divina, è finalizzata anche alla comunione di persone. La riflessione sulla comunicazione si pone così all'interno dell'antropologia del Vaticano II, e in particolare si collega con l'affermazione della Gaudium et Spes, (così sovente citata dall'attuale Pontefice), secondo la quale la piena realizzazione della persona umana si raggiunge mediante il dono sincero di sé: la piena comunicazione comporta la vera donazione di se stessi sotto la spinta dell'amore (11).

Da quanto si è detto più sopra, è facile condividere l'audace affermazione di questa istruzione pastorale: *Durante l'esistenza terrena Cristo si è rivelato perfetto comunicatore+ (GS 11). Il Verbo Incarnato è il culmine della comunicazione divina, cioè della Rivelazione, e inoltre, la comunicazione di Cristo compie perfettamente le due esigenze fondamentali di ogni comunicazione autentica: quella della verità e quella dell'amore.

Oltre al fatto, sottolineato ripetutamente, della profondità teologica e antropologica di questo Documento, nella Communio et Progressio si affronta per la prima volta la necessità di una comunicazione all'interno della Chiesa.

Gli strumenti di comunicazione devono aiutare a creare un dialogo costante tra i membri del corpo vivente di Cristo, sempre in rispetto del deposito della fede ed in comunione con le autorità.

Communio et progressio è un documento molto esteso C esso si compone di ben 187 numeri C, che si pone in perfetta continuità con l'Inter mirifica, e che, come si affermava prima, è un suo complemento e approfondimento. I documenti posteriori C Aetatis novae, del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali, e gli Orientamenti per la formazione dei futuri sacerdoti circa gli strumenti della comunicazione sociale, della Congregazione per l'Educazione Cattolica C si collocano in stretto rapporto con l'Inter mirifica e soprattutto con la Communio et progressio.

Analizzando tutto questo prezioso magistero ecclesiale che sgorga dalla fonte inesauribile del Vaticano II, e soprattutto da quello più recente, si possono elencare alcune linee di forza, che caratterizzano la posizione della Chiesa nella società della comunicazione?

Queste linee di forza possono essere così sintetizzate:

C Lo sviluppo tecnologico che portò alla società della comunicazione è una manifestazione della partecipazione dell'uomo al poter creativo di Dio, e che rende più facile, se l'uomo utilizza bene le possibilità degli strumenti di comunicazione, l'unione fraterna e la comunione dell'intero genere umano;

C Il mondo della comunicazione gode di una giusta autonomia, con delle leggi proprie e con metodi propri, che fanno sì che la comunicazione inter-personale aiuti alla piena realizzazione della persona nel donarsi agli altri. Perciò, la comunicazione è per la verità, per la libertà, per la carità;

C La comunicazione umana, inter-personale e sociale, ha come sorgente e come modello la comunione intra-trinitaria; quindi, anche la comunicazione umana è ordinata alla vera comunione;

C La Chiesa ha diritto di possedere mezzi di comunicazione, e considera necessario, nelle attuali circostanze socio-culturali, di trasmettere il suo messaggio salvifico anche tramite questi strumenti di comunicazione. Per farlo, è imprescindibile non solo la fedeltà al vangelo, ma anche la conoscenza delle tecniche e dei linguaggi del mondo della comunicazione. Perciò, la formazione professionale in questo ambito va inserita nei programmi e nei piani dell'educazione cattolica in generale e sacerdotale in particolare.

C Allo stesso tempo, la Chiesa, esperta in umanità, con materna vigilanza si sforza affinché il mondo della comunicazione si orienti verso la autentica comunione interpersonale, e quindi deplora le deviazioni che purtroppo si verificano sovente in questo stesso mondo: pornografia, mentalità edonistica, mancanza di veracità, distorsione della verità, sensazionalismo.

La Chiesa incoraggia non solo i cristiani, ma tutti gli uomini e le donne di buona volontà, a creare una civiltà dell'amore, in cui le comunicazioni sociali siano al servizio della comunione interpersonale.