Optatam Totius

Decreto sulla formazione sacerdotale

 

 

L'auspicato rinnovamento di tutta la Chiesa, in gran parte, dipende dal ministero sacerdotale. E' questo il convincimento del Concilio nel por mano alla discussione sul tema della formazione seminaristica.

La formazione dei candidati al sacerdozio, infatti, interessò grandemente i Padri conciliari. Ne sono testimonianza le molte proposte formulate fin nella fase preparatoria sell'Assise ecumenica. Negli Atti preparatori se ne trovano ben 557, che si raggruppavano attorno a tre temi:

- de deligendis et instituendis alumnis sacrorum

- de regimini seminariorum

- de studiis

La Commissione preparatoria, presieduta dal Cardinale Pizzardo, aveva elaborato uno schema di decreto De vocationibus ecclesiastici fovendis, uno schema di costituzione De sacrorum alumnis formandis e lo schema di un decreto De lingua latina in studiis ecclesiasticis rite excolenda.

Tenendo conto delle diverse osservazioni e degli emendamenti, nel mese di aprile 1963, si pervenne a uno schema di costituzione De sacrorum alumnis formandis.

Durante il secondo periodo del Concilio, tre sottocommissioni esaminarono le numerose osservazioni pervenute e lo schema emendato venne sottoposto alla Commissione plenaria e da essa approvato. Il titolo era De alumnis ad sacerdotio instituendis. Comprendeva 6 capitoli distribuiti in 28 paragrafi.

L'iter redazionale, tuttavia, ha conosciuto ancora un notevole rimaneggiamento. Si registrarono osservazioni ed emendamenti, proposte di riduzione del testo, dibattito in aula, trasposizioni e aggiunte. Finché il 28 ottobre 1965 nella VII sessione pubblica i Padri approvarono il Decreto De Institutione sacerdotali.

Il Decreto Optatam Totius traccia le linee direttive della formazione del futuro sacerdote, dal nascere della vocazione attraverso il lungo itinerario spirituale, intellettuale e pastorale fino ai primi anni del ministero pastorale dopo l'ordinazione.

Le caratteristiche del Decreto conciliare possono essere così riassunte:

Esso è permeato da grande senso di equilibrio. Il decreto evita ogni estremismo anche al fine di conciliare le posizioni di alcuni, fedeli alle tradizioni del passato, e quelle di chi domandava riforme radicali nell'ordinamento dei seminari, nel convincimento della necessità di formare sacerdoti per il mondo moderno in così rapida trasformazione.

Il decreto conserva quanto di veramente buono ha contribuito a formare tanti santi sacerdoti e, insieme, è aperto a una ordinata evoluzione nella formazione del clero.

La seconda caratteristica di Optatam Totius è la sua flessibilità per un prudente e sapiente adattamento alle varie necessità delle Chiese particolari. Al riguardo il decreto - proprio nel primo paragrafo - affida alle singole Conferenze Episcopali il compito di predisporre un Regolamento di formazione sacerdotale da rivedersi periodicamente e da approvarsi dalla Sede Apostolica. Spetta, infatti alla Santa Sede assicurare l'ordinata evoluzione nella formazione dei futuri presbiteri, tenendo in debito conto le valide e proficue esperienze del passato, che non possono in alcun modo essere disattese. Purtroppo, la storia anche recente insegna che una mancata tesaurizzazione delle pregresse esperienze e la labile provvisorietà delle ipotesi nuove non incide adeguatamente sulla formazione dei candidati al sacerdozio. Il giusto dosaggio delle cose antiche e nuove è la via maestra da non abbandonare.

Un'altra peculiare caratteristica del decreto è la partecipazione più attiva degli alunni nell'opera della loro formazione sia spirituale, che intellettuale e pastorale, in vista di una equilibrata maturità psico-affettiva per una integrazione armoniosa di tutta la formazione. Oltre all'opera dei superiori - e ancora l'azione dello Spirito Santo - è il seminarista che responsabilmente deve agire nell'intento di attuare gradualmente in sé l'ideale sacerdotale che ha scelto per convinzione personale e in piena libertà.

Tale impegno e dedizione personale e consapevole il candidato al sacerdozio saprà esprimerlo altresì in ordine alla formazione intellettuale e alla formazione pastorale. Al riguardo, il V e VI paragrafo di Optatam Totius - pur in una esposizione assai sintetica e nell'orizzonte di quasi linee-guida - orientano i candidati al sacerdozio a un lavoro intellettuale serio e paziente, umile e generoso, al fine di acquisire e sviluppare un adeguato bagaglio culturale per essere all'altezza del mondo contemporaneo e alla formazione pastorale. La pratica dell'apostolato è necessaria negli anni del seminario, naturalmente in maniera limitata e sapientemente orientata. Tale orientamento è indispensabile, negli anni di formazione, proprio al fine di aiutare il futuro sacerdote a conoscere il campo di Dio che gli sarà affidato, con il senso del grande realismo, della necessaria prudenza, dell'umile pazienza.

La quarta caratteristica, che connota il decreto sulla formazione dei candidati al sacerdozio, è la finalità pastorale di tutta la formazione sacerdotale. Si tratta di preparare pastori d'anime a imitazione del sommo ed eterno sacerdote Gesù, il buon pastore, che ha dato se stesso per la vita del mondo. Tale finalità pastorale deve permeare tutti i tratti e le variabili della formazione, perché i neo-sacerdoti si abbiano a trovare armoniosamente e realisticamente inseriti nel ministero apostolico.

Un aspetto di indubbio valore il decreto lo riserva alla formazione sacerdotale che non può considerarsi conclusa con il termine del periodo di formazione seminaristica.

Nell'ultimo paragrafo di Optatam Totius si legge che le Conferenze Episcopali, nelle singole nazioni, debbono farsi carico di studiare i mezzi più adatti per proseguire e perfezionare la formazione sacerdotale. Il decreto offre alcune indicazioni concrete, premessa profetica a quella che oggi è chiamata formazione permanente dei presbiteri.

Il Decreto Optatam Totius fu approvato da 2321 Padri il 28 ottobre 1965 con 2318 voti favorevoli e con 3 voti contrari.

Optatam Totius

Colloquio con Sua Eccellenza Mons. José Saraiva Martins

 

 

Il decreto "Optatam Totius" (OT), nonostante la sua brevità, occupa un posto del tutto speciale tra i documenti del Concilio Vaticano II. Esso, avendo per scopo l'aggiornamento della formazione sacerdotale secondo un'immagine rinnovata del prete, è strettamente legato soprattutto con il decreto "Presbyterorum Ordinis" e con la Costituzione dogmatica "Lumen gentium" (n. 28), ma anche con tutti gli altri documenti che riguardano direttamente o indirettamente vari aspetti della formazione spirituale, umana, intellettuale e pastorale. Si può dire che esso ne raccoglie i frutti più maturi, per impregnarne i futuri sacerdoti e rinvigorire, per mezzo di essi, la vita dell'intera Chiesa?

E' esattamente questa la chiave interpretativa del decreto sulla formazione sacerdotale, come si può dedurre anche dalla sua prima fase introduttiva: "Il Concilio Ecumenico, ben consapevole che l'auspicato rinnovamento di tutta la Chiesa in gran parte dipende dal ministero sacerdotale animato dallo spirito di Cristo, afferma solennemente l'importanza somma della formazione sacerdotale" (Proemio).

I sacerdoti sono ministri di Cristo Capo, strumenti che Egli stesso si è scelto per esercitare, attraverso la Chiesa, la sua missione salvifica nel mondo. Per questa ragione il Concilio che si interrogava circa i "Segni dei tempi" e circa le condizioni dell'aggiornamento della Chiesa, non poteva non occuparsi intensamente del ministero presbiterale e delle esigenze di una congrua preparazione al suo esercizio.

Pertanto, la prima e fondamentale preoccupazione che si delinea nei sette capitoli dell'"Optatam Totius" è quella di individuare i principali obiettivi e strumenti formativi, per poter dare alla Chiesa dei nostri tempi "veri pastori d'anime", sull'esempio di Nostro Signore Gesù Cristo Maestro, Sacerdote e Pastore" (4). Lo si nota non soltanto nel VI e VII capitolo, concernenti rispettivamente le ''Norme per la formazione strettamente pastorale" e il "Perfezionamento della formazione dopo il periodo degli studi", ma anche nelle altre parti e nell'impostazione complessiva del documento.

 

Ciò che balza per primo agli occhi in questo testo, è la sua chiarezza, brevità ed essenzialità, la sua novità ed il suo radicamento nelle sane tradizioni ed esperienze del passato.

Il documento, ridotto da un ampio schema originario "De sacrorum alumnis formandis" alle 23 "Proposizioni" intitolate "De institutione sacerdotali", non poté dilungarsi in modo dettagliato su vari aspetti formativi, come avrebbe richiesto l'importanza dei singoli argomenti. Esso dovette limitarsi a delineare "alcuni principi fondamentali diretti a riaffermare le leggi già collaudate dall'esperienza dei secoli e ad inserire elementi nuovi rispondenti al tenore dei Decreti e delle Costituzioni conciliari e alle mutate condizioni dei tempi" (Proemio).

Questo fatto, se da una parte non poté sviluppare ampiamente i vari temi, dall'altra contribuì a mettere in maggiore evidenza gli orientamenti innovativi del documento che ne costituiscono la nota più qualificante ed il vero pregio.

Quali sono le novità, che hanno dato il nuovo volto ai seminari?

Sono particolarmente le seguenti:

- il decentramento della normativa giuridica che demanda alle Conferenze Episcopali la facoltà di compilare peculiari Regolamenti formativi ("Rationes institutionis sacerdotalis") e di rivederli periodicamente, allo scopo di adattare la formazione sacerdotale alle esigenze dei diversi luoghi e tempi;

- una maggiore personalizzazione ed interiorizzazione dell'opera formativa mediante un'accurata preparazione specifica dei formatori;

- un opportuno rinnovamento dei metodi pedagogici e dei cambiamenti strutturali (suddivisione delle grandi comunità in piccoli gruppi interni; una maggiore collaborazione su piano interdiocesano, regionale e nazionale);

- una maggiore apertura alla realtà del mondo e alle esigenze dell'apostolato; una formazione pastorale non solo teorica ma anche pratica, con esperienze di vita pastorale;

- l'uso prudente delle scienze dell'uomo; garanzie per una scelta libera dello stato di vita;

- un maggiore uso dei metodi attivi nello studio e nell'insegnamento;

- spirito comunitario;

- solidarietà con altre chiese locali, spirito missionario;

- contatti con i laici e con altri operatori pastorali;

- una maggiore sensibilità per i problemi ecumenici, per le grandi religioni non cristiane, per i lontani e gli atei;

- il rinnovamento della pastorale vocazionale a livello parrocchiale, diocesano e nazionale;

- l'apertura alle nuove categorie di vocazioni che sorgono in numero sempre maggiore tra gli adulti.

Su piano intellettuale, quali impulsi sono stati dati da OT?

Una particolare attenzione, meritano alcuni nuovi impulsi dati alla formazione intellettuale, quale l'istituzione del Corso Introduttivo al mistero di Cristo e alla storia della Salvezza, indicazioni per il rinnovamento tematico e metodologico dell'insegnamento della filosofia e, soprattutto, il metodo didattico prescritto nel n. 16 per l'insegnamento della Sacra Scrittura e della teologia dogmatica e morale. Conformemente agli orientamenti delineati nella Costituzione dogmatica "Dei verbum", si raccomanda di istruire i futuri sacerdoti non solo nelle problematiche introduttive e nel metodo di esegesi, ma di metterli a contatto con tutta la pienezza dottrinale e spirituale delle fonti scritturistiche, in modo che possano nutrire la vita spirituale e diventare l'anima di tutta la teologia.

 

Cosa si intende per metodo genetico prescritto per la teologia dogmatica?

Esso dev'essere articolato nelle cinque tappe della Sacra Scrittura, della Tradizione patristica e della storia, della speculazione ("Sancto Thoma magistro"), della vita liturgica, della vita della Chiesa, con applicazione ai problemi d'oggi. In tal modo viene garantito un insegnamento ancorato ai dati rivelati, unificato nella storia della salvezza, sistematizzato e integrato in una visione completa della fede, vitale per il contatto con la liturgia e con la vita della Chiesa, aperto alle esigenze pastorali, grazie all'attenzione che si dà ai problemi dei nostri tempi.

E per la teologia morale?

Anche la teologia morale deve costituirsi scientificamente in modo analogo, partendo dalla Sacra Scrittura e dedicando l'attenzione "all'altezza della vocazione dei fedeli in Cristo e il loro obbligo di apportare frutto nella carità per la vita del mondo".

Nel medesimo paragrafo dell'Optatam Totius viene sottolineata l'importanza del mistero della Chiesa, illustrato nella Costituzione "Lumen gentium", per rendere più formativo l'insegnamento del diritto canonico e della storia ecclesiastica. Alla formazione liturgica viene invece indicato come base e punto di riferimento la Costituzione "Sacrosanctum Concilium". Secondo essa, la Liturgia, come la prima e necessaria sorgente del vero spirito cristiano e come il punto di convergenza e di incontro tra la teologia dogmatica, la Sacra Scrittura, la teologia spirituale e pastorale (cf. SC 16), (Ibid.).

Inoltre, in armonia con il generale orientamento pastorale del Concilio e, in particolare, con i decreti "Unitatis redintegratio", "Orientalium Ecclesiarum", "Ad gentes", "Nostra aetate", "Perfectae caritatis", "Christus Dominus", "Apostolicam actuositatem" e la Costituzione "Gadium et spes", sono state inserite nel programma formativo tematiche, come l'ecumenismo , la storia delle religioni, la missiologia e tante altre discipline di carattere pratico, volte ad affinare le attitudini pastorali dei futuri sacerdoti (direzione spirituale secondo gli stati di vita, sociologia religiosa, psicologia pastorale, corsi speciali in catechetica ed omiletica, arte di dirigere opere caritative e di apostolato e di suscitare l'operosità apostolica del laicato).

Le varie componenti formative sopra elencate nella loro ricca molteplicità, vengono, però, unificate per mezzo del loro radicamento profondo nel dogma della Trinità, il quale irradia una mirabile forza unificatrice sulla dimensione cristologica ed ecclesiologica del documento, intorno alle quali si raggruppano e coordinano tutti gli altri aspetti particolari con armonia e coerenza.

Questa breve panoramica dei principali temi ed orientamenti del decreto "Optatam Totius" ci permette di poter affermare che in esso è stata riservata l'attenzione a tutte le genuine e più significative istanze del Concilio, offrendo ai futuri pastori d'anime ampie possibilità di entrare più facilmente nel suo spirito e di renderselo familiare.

Una tale densità di contenuti e di spunti pedagogici, condensati in così poche pagine, è stata per molti esperti in materia una vera sorpresa e motivo di giudizi estremamente positivi. Secondo il noto perito conciliare Mons. Philippe Delhaye, "si tratta di uno dei grandi testi del Vaticano II. Esso è da mettere sul medesimo piano che la Costituzione liturgica, perché conferisce una consacrazione ufficiale a un nuovo slancio - fatto di saggezza e di fervore - e a tanti desideri e sforzi recenti [cf. "L'Ami du Clergé" 43 (1965), 634].

Da questa valutazione complessiva del decreto, alla quale si potrebbe aggiungerne tante altre, si vede che le speranze che si riponevano nel Concilio Vaticano II circa il rinnovamento dei seminari, non sono state deluse.

Il Concilio ha saputo bene analizzare la situazione a livello mondiale, dando la priorità ai problemi che, già da decenni, si presentavano molto vivi ed aspettavano risposte positive ed incoraggianti. Si è trattato di prendere in esame un cumulo di problematiche molto varie; di dare ascolto alle voci che insistevano su una revisione più profonda della pedagogia seminaristica, iniziata già da Pio XII con la "Menti Nostrae'' (1950), ma rimasta ferma a metà strada ed incompiuta; di aprire le porte dei seminari alle giuste istanze del movimento liturgico, biblico ed ecumenico, per metterli in sintonia con le correnti spirituali del tempo e dare così un fondamento più solido alla vita interiore e all'apostolato, [cf. Encicliche di Pio XII "Mystici Corporis" (1943), "Divino afflante Spiritu" (1943), "Mediator Dei" (1947)] o, come si era espresso a tale proposito un noto autore con più incisività, occorreva "liberare il Vangelo dalle forme sociologiche, pastorali, liturgiche, più o meno antiquate, per restituirgli tutto il suo dinamismo in un mondo che richiedeva nuove forme, nuove espressioni' (Y.M.J. Congar: "Vraie et fausse réforme dans l'Eglise", p. 12). Le attese più vive però si sentivano nell'insegnamento teologico dove, dopo l'Enciclica "Humani generis" (1950), si notava un certo scoraggiamento e ristagno. Si desiderava un avvicinamento al mondo moderno, un superamento non del genuino tomismo, ma dello scolasticismo troppo arido ed avulso dalla vita, un ritorno alle fonti scritturistiche, patristiche e liturgiche, una maggiore attenzione alle problematiche culturali e sociali, all'evangelizzazione del mondo ateo e secolarizzato.

Come si è visto, tutte queste aspirazioni e tendenze, equilibrate e liberate, all'occorrenza, da varie prevenzioni ed incomprensioni, confluirono largamente nei documenti conciliari e, in modo particolare

nel decreto "Optatam Totius".

I suoi critici anche i più severi, non mancarono di apprezzarne la grande apertura e sensibilità verso le istanze sopra menzionate. Anche da parte dei protestanti si ebbero molti consensi soprattutto a motivo del "ressourcement" biblico dell'intera formazione. A giudizio del prof. Oscar Cullmann, "un testo al quale coloro che stanno al di fuori non rendono pienamente giustizia, merita una menzione speciale: quello che concerne la formazione al sacerdozio". A suo parere, "esso figura indubbiamente tra i migliori e più importanti. Lo studio della Scrittura vi si trova nel primo piano...Se la futura formazione dei preti proseguirà secondo i suoi principi, i progressi della Chiesa cattolica in direzione del pensiero biblico e della storia della salvezza sono assicurati. In tale caso, l'intera opera dell'aggiornamento continuerà nel senso di una riflessione approfondita sull'essenziale. Qui, possiamo affermare senz'altro, che le nostre speranze sono superate" (cit. da René Laurentin, in "Bilan du Concil", 1966, p. 259).

Poste quindi tali solide coordinate per la preparazione umana, spirituale, intellettuale e pastorale dei futuri sacerdoti, ci si poteva aspettare a buon diritto una nuova fioritura delle vocazioni e dei seminari.

Tali speranze però si sono avverate soltanto in parte, e in molti casi purtroppo sono rimaste insoddisfatte. Contro ogni previsione, il periodo postconciliare si è rivelato arduo, poco sereno e talvolta anche burrascoso nel campo disciplinare, dottrinale e pastorale, con gravi ripercussioni sulla concezione del sacerdozio e del ministero presbiterale. Contestata in vari casi l'immagine conciliare del sacerdozio e la validità delle istituzioni formative, è stato messo in discussione il celibato e tutto ciò che costituisce le inderogabili prerogative della spiritualità e della vita sacerdotale. In tali circostanze, un funzionamento regolare e la stessa esistenza dei seminari si profilavano sempre più difficili ed anzi, sotto certi aspetti, impossibili. I seminaristi e gli educatori, trovavano, infatti, grandi difficoltà nell'impegnarsi a proseguire in una strada, che veniva spesso criticata, considerata frustrante e quasi senza avvenire.

Questo stato di cose diventò oggetto di un accurato esame nel Sinodo Episcopale straordinario del 1967.

Il Sinodo in parola ha creduto necessario di ricorrere ai seguenti rimedi: redigere una particolare "Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis", al fine di offrire alle Conferenze Episcopali un sussidio per la compilazione dei Regolamenti formativi nazionali; mettere a loro disposizione anche un elenco di temi da inserire in tali documenti; organizzare istituti o, almeno, periodici corsi specializzati per la formazione e per l'aggiornamento pedagogico dei formatori; costituire in ogni nazione "commissioni tecniche" di esperti per prestare ai Vescovi opportuni aiuti per la soluzione dei vari problemi.

In tal modo sono state create alcune indispensabili condizioni per l'applicazione del decreto "Optatam Totius", tenendo conto dei nuovi aspetti della cambiata situazione generale?

La preparazione della "Ratio fundamentalis" procedette in modo abbastanza spedito, grazie anche alla collaborazione delle Conferenze Episcopali, vivamente interessate al progetto. Il documento, promulgato il 6 gennaio 1970, fu accolto dalle Chiese locali generalmente con favore e con la speranza di un migliore avvenire. Con il suo, aiuto infatti, s'iniziò una graduale e progressiva inversione di rotta, accogliendo ed incanalando tutte le sane correnti rinnovatrici e tracciando, in pari tempo, limiti invalicabili e varie iniziative troppo singolari ed individualiste, e quindi contrarie ad un autentico progresso dell'onera formativa.

Vari passi sono stati intrapresi anche a favore di una migliore preparazione specifica dei formatori.

I PP. Sulpiziani di Parigi, incoraggiati dal Sinodo Episcopale straordinario e dalla Conferenza Episcopale francese, diedero vita nel 1968 all'Istituto di formazione per gli educatori del clero ("Institut de formation du Clergé" - I.F.E.C.) e, a partire dal 1969, cominciarono a funzionare, prima in America Latina sotto gli auspici del CELAM e della OSLAM (Organizzazione dei Seminari Latinoamericani), e poi anche altrove, corsi periodici di aggiornamento pedagogico a livello nazionale e regionale.

Per quanto riguarda l'istituzione delle "commissioni tecniche" di esperti, esse cominciarono a diffondersi gradualmente, prendendo forma e denominazione concreta a seconda delle circostanze e tradizioni locali. Esse, affiancando convenientemente le Commissioni Episcopali per i seminari, contribuirono ad una preparazione più spedita delle rispettive "Ratio" nazionali. Così dunque, nei primi anni settanta, in un clima ancora turbolento e confuso, si è cercato di realizzare gli ideali educativi della "Optatam Totius", con la piena consapevolezza che rimaneva ancora molto da fare sul piano sia pedagogico che dottrinale. Il terreno infatti, sul quale bisognava muoversi, si dimostrava incerto e mobile, presentando sempre nuove sfide e nuovi problemi.

Così, gli anni successivi, caratterizzati dal diffondersi del pluralismo teologico e dalle difficoltà nel campo pastorale, hanno richiesto dalla Congregazione per l'Educazione Cattolica una presenza costante ed attiva nel settore dei Seminari, per interpretare ed enucleare meglio le relative norme conciliari.

Tale opera di assistenza e di accompagnamento comportò e comporta vari interventi in forma di circolari, di orientamenti pedagogici, di direttive e di istruzioni, come si può desumere da una loro raccolta, dal titolo "Documenti", pubblicata nel 1990 in occasione del Sinodo dei Vescovi, dedicato alla formazione sacerdotale nelle circostanze attuali.

Detti documenti, elencati in ordine cronologico, riguardano:

- lo studio della filosofia nei seminari (1972),

- la formazione al celibato sacerdotale (1974),

- l'insegnamento del Diritto Canonico (1975),

- la formazione teologica dei futuri sacerdoti (1976),

- la formazione liturgica nei seminari (1979),

- alcuni aspetti più urgenti della formazione spirituale nei seminari (1980),

- gli sviluppi della cura pastorale delle vocazioni nelle Chiese particolari (1981),

- la pastorale della mobilita umana (1986),

- gli strumenti della comunicazione sociale (1986),

- gli studi sulle Chiese Orientali (1987),

- la mariologia (1988),

- lo studio e l'insegnamento della Dottrina sociale della Chiesa (1989), - lo studio dei Padri della Chiesa (1989),

- la formazione degli educatori nei seminari (1993),

- la formazione circa i problemi relativi al matrimonio e alla famiglia (1995).

Vi è stato, per così dire, anche il concorso di altri Dicasteri della Curia Romana in una opera tanto delicata e imprescindibile?

Ad un maggiore chiarimento di vari problemi e compiti nel campo della formazione sacerdotale hanno fornito un notevole contributo anche altri Dicasteri della Santa Sede, come, per esempio, la Congregazione per la Dottrina della fede, con i suoi documenti di carattere dottrinale e disciplinare; la Congregazione per i Vescovi e la Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, con il documento sulle "Mutue relazioni tra i Vescovi ed i Religiosi nella Chiesa"; la Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei sacramenti, con le sue Istruzioni concernenti il rinnovamento liturgico.

La serie di tali contributi potrebbe ancora allungarsi, se si volessero enumerare i vari documenti della Pontificia Commissione Biblica e della Commissione Teologica Internazionale. Infatti, i molteplici aspetti della formazione sacerdotale, delineati nel decreto "Optatam Totius" nei loro tratti essenziali, sono aperti ad ulteriori approfondimenti, completamenti e sviluppi in corrispondenza al moltiplicarsi di nuove problematiche nel campo delle scienze sacre e della vita ecclesiale; il Pontificio Consiglio per la promozione dell'unita dei cristiani, con il "Direttorio ecumenico"; il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, con l'Istruzione "Communio et progressio" e con gli altri documenti che toccano i problemi formativi in questo settore.

Tra questi contributi bisogna però mettere in particolare rilievo i numerosi interventi magisteriali dei Sommi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, contenuti nelle loro encicliche, allocuzioni e soprattutto nelle Esortazioni Apostoliche postsinodali.

Infatti, come si è espresso a proposito di queste ultime, il Sinodo straordinario dei Vescovi del 1985, "per una giusta comprensione e attuazione della dottrina del Concilio è di grande utilità la lettura e l'attuazione pratica di ciò che si trova nelle varie Esortazioni Apostoliche che sono come il frutto dei Sinodi ordinari tenuti a partire dal 1969".

Per quanto concerne il decreto "Optatam Totius", una sua migliore attuazione può trarre molti vantaggi non soltanto da quanto è stato precisato espressamente circa l'opera formativa e la vita dei seminari, ma anche da tutto ciò che è stato fatto per chiarire ulteriormente la natura del sacerdozio ed i vari aspetti e compiti del ministero presbiterale. A tale riguardo Paolo VI si è reso benemerito con le encicliche "Mysterium fidei" (1965), "Sacerdotalis caelibatus" (1967), con i Motu Proprio "Ecclesiae Sanctae" (1966), "Ministeria quaedam" (1972), "Ad pascendum" (1972), con le conclusioni del Sinodo episcopale del 1971, con l'Esortazione Apostolica "Evangelii nuntiandi" e con tanti altri documenti e discorsi sulle tematiche formative e sacerdotali.

In considerazione di una così intensa attività, "si può dire che negli anni del post-Concilio non ci sia stato intervento magisteriale che in qualche misura non abbia ricordato, in modo esplicito o implicito, il senso della presenza dei sacerdoti nella comunità, il loro ruolo e la loro necessità per la Chiesa e per la vita del mondo" (Giovanni Paolo II, Esort. Apost. "Pastores dabo vobis", 3).

Per il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, un'attuazione esatta del decreto "Optatam Totius" costituisce uno dei migliori segni della fedeltà al Concilio.

Il Papa lo dichiarò all'inizio del suo pontificato nella lettera inviata a tutti i Vescovi nel 1979 in occasione della celebrazione del Giovedì Santo. Per lui, "la piena ricostituzione della vita dei seminari, dovunque nella Chiesa, [è] la migliore prova che è stato conseguito quel rinnovamento verso il quale il Concilio ha indirizzato la Chiesa". Da questo richiamo del Santo Padre si vede quanto, a Suo parere, a quell'epoca ancora mancava all'applicazione dell' "Optatam Totius" e delle successive disposizioni della Santa Sede, nonostante tanti sforzi compiuti negli anni passati da parte dei singoli Vescovi e delle Conferenze Episcopali.

Il primo passo compiuto da Lui a favore della formazione sacerdotale è stata la promulgazione della Costituzione Apostolica "Sapientia Christiana" (1979).

Con Sapientia Christiana furono, tra l'altro, enucleate e sancite le istanze rinnovatrici del decreto "Optatam totiust' nel campo degli studi accademici. Alla formazione integrale (spirituale, umana, intellettuale e pastorale) dei futuri sacerdoti sono state dedicate poi, in seguito, numerose Allocuzioni dirette alle facoltà teologiche, ai seminari ed ai collegi ecclesiastici in Roma e in varie parti del mondo, come anche le lettere rivolte ai sacerdoti tutti gli anni in occasione del Giovedì Santo. Si può dire che, in sostanza, tutto ciò che viene comunicato ai sacerdoti nel sacro ministero, riguarda anche direttamente o indirettamente la vita dei seminari.

Tra tante sollecitudini pastorali registratesi a tale riguardo, bisogna sottolineare in modo particolare le conclusioni dei Sinodi dei Vescovi del 1985 e 1990, contenute rispettivamente nella "Relazione finale" e nell'Esortazione Apostolica "Pastores dabo vobis" (1992).

Con un esplicito riferimento ai decreti "Optatam Totius" e Presbyterorum Ordinis", nella menzionata "Relazione finale'' viene raccomandato che "già nei seminari e nelle case religiose bisogna dare una formazione che educhi i candidati non solo intellettualmente ma anche spiritualmente; essi debbono essere seriamente introdotti ad una vita spirituale quotidiana preghiera, meditazione, lettura della Bibbia, i sacramenti della Penitenza e dell'Eucaristia". Secondo quanto espresso dal decreto "Presbyterorum Ordinis" vengano preparati al ministero sacerdotale in modo tale che nella stessa attività pastorale trovino l'alimento per la loro vita spirituale (cfr. PO 16). Così, nell'esercizio del ministero saranno anche in grado di poter offrire ai fedeli i giusti consigli per la loro vita spirituale". Per la formazione intellettuale viene inculcata la necessità della formazione filosofica "ed il modo di insegnare teologia proposto dal decreto "Optatam Totius" n. 16. Si raccomanda che i manuali oltre ad offrire una esposizione della sana teologia in modo scientifico e pedagogico, siano permeati del vero senso della Chiesa". Si auspica inoltre che i futuri sacerdoti "imparino la vita liturgica in modo pratico e conoscano bene la teologia liturgica".

L'Esortazione Apostolica "Pastores dabo vobis" costituisce invece non solo un bilancio molto accurato dei frutti scaturiti dall'applicazione dell'"Optatam Totius", ma anche un programma per l'ulteriore cammino.

In considerazione di "un'errata comprensione, talvolta persino volutamente tendenziosa della dottrina del magistero conciliare" (n. 11), essa approfondisce la dottrina sul sacerdozio contenuta nei documenti del Concilio, arricchendola di nuovi contributi dogmatici, scritturistici e spirituali, per porre rimedio alle incertezze dei tormentati decenni passati. Insistendo sulla conformazione ontologica del sacerdote al Cristo Capo Pastore e Sposo della Chiesa, la citata Esortazione postsinodale restituisce al sacerdozio tutto il suo spessore dottrinale con la sua dimensione cristologica ed ecclesiologica, indicando così il fondamento e la strada sicura per il sacro ministero e per la vita dei seminari.

Posto questo fondamento per la formazione spirituale, umana, intellettuale e pastorale dei futuri sacerdoti, la "Pastores dabo vobis" prende in esame anche gli aspetti organizzativi e strutturali delle istituzioni formative perché, come viene affermato, oggi in molti casi "l'attenzione si è spostata dal problema dell'identità del prete ai problemi connessi con l'itinerario formativo al sacerdozio e con la qualità di vita dei sacerdoti" (n. 3). Tutto ciò si è reso necessario per andare incontro alle nuove generazioni dei chiamati al sacerdozio ministeriale, i quali in realtà "presentano caratteristiche notevolmente diverse rispetto a quelle dei loro immediati predecessori e vivono in un modo per tanti aspetti nuovo e in continua e rapida evoluzione" (ib). Pertanto, anche se le prescrizioni conciliari circa il Seminario Maggiore e Minore conservano la loro sostanziale validità, tuttavia esse richiedono alcuni nuovi accenti e sviluppi per rispondere meglio alle odierne circostanze nel campo pastorale. Si tratta in modo concreto di alcune nuove necessità e situazioni, le quali all'epoca del Concilio si intravedevano appena o erano del tutto inesistenti.

Così, per esempio, la "Pastores dabo vobis" mentre insiste su una seria preparazione filosofica e teologica richiesta per il superamento della rottura tra il Vangelo e la cultura, attira in pari tempo l'attenzione sulla necessità di un rinnovato fervore apostolico di fronte ad un mondo secolarizzato e bisognoso di una nuova evangelizzazione.

Questa richiede, dal canto suo, "nuovo ardore, nuovi metodi e una nuova espressione" e quindi anche "dei sacerdoti radicalmente e integralmente immersi nel mistero di Cristo e capaci di realizzare un nuovo stile di vita pastorale, segnato dalla profonda comunione con il Papa, i Vescovi e tra di loro, e da una feconda collaborazione con i fedeli laici, nel rispetto e nella promozione dei diversi ruoli, carismi e ministeri all'interno della comunità ecclesiale" (n. 18). In questa prospettiva del sacro ministero, viene attribuito ai laici un ruolo molto importante che in qualche modo reclama anche una certa loro partecipazione all'opera formativa nei seminari. Da una tale cooperazione "opportunamente coordinata e integrata alle responsabilità educative primarie dei formatori dei futuri presbiteri", ci si attende "benefici frutti per una crescita equilibrata del senso della Chiesa e per una percezione più precisa della propria identità sacerdotale da parte dei candidati al presbiterato" (n. 66).

Un altro nuovo aspetto della situazione, ai tempi della redazione del decreto "Optatam Totius" ancora poco profilato, ma oggi molto attuale, è il moltiplicarsi di nuove associazioni sacerdotali e di vari movimenti ecclesiali, i quali suscitano in genere numerose vocazioni ecclesiastiche e si interessano alla preparazione dei futuri sacerdoti.

"Pastores dabo vobis" tiene conto di questo fenomeno, ponendo alcuni importanti segnali per una sua giusta valutazione ed integrazione nelle strutture ecclesiali (nn. 31, 68).

Nel Sinodo dei Vescovi del 1990 è stata avvertita molto di più che nel Concilio Vaticano II la forte discrepanza tra lo stile di vita e la preparazione di base dei candidati da una parte, e dall'altra lo stile di vita dei seminari. Tali deficienze, ben visibili oggi anche nei casi in cui funzionano ancora i seminari minori o istituti analoghi, si sentono particolarmente dove queste istituzioni sono venute a mancare e non sono state sostituite con altre scuole. In questo contesto è stato ritenuto utile "che ci sia un periodo di preparazione umana, cristiana, intellettuale e spirituale per i candidati al Seminario Maggiore". Si desidera che per questa preparazione previa, chiamata "periodo propedeutico", possano essere definiti in modo più opportuno diversi elementi essenziali come il tempo, il luogo, la forma ed i principali temi. A parere del summenzionato Sinodo, la situazione in questo settore formativo è tale da richiedere, dopo un periodo di sperimentazioni e ricerche, una conveniente istituzionalizzazione (cf. PDV 62).

La "Pastores dabo vobis" segnala inoltre anche la necessità di "contrastare con decisione la tendenza a ridurre la serietà e l'impegno degli studi, che si manifesta in alcuni contesti ecclesiali, come conseguenza di una preparazione di base insufficiente e lacunosa degli alunni che iniziano il curricolo filosofico e teologico" (n. 56). Si rende pertanto necessario ed anzi urgente che "venga applicato nei seminari e nelle case di formazione il piano fondamentale degli studi, sia universale che delle singole diocesi e Conferenze episcopali" (ib.).

L'attuazione concreta di tale compito, per essere efficace, comporta anche un conveniente adattamento culturale.

Infatti, "nelle attuali circostanze nelle quali, in varie regioni del mondo, la religione cristiana è considerata come qualcosa di estraneo alle culture sia antiche sia moderne, è di grande importanza che in tutta la formazione intellettuale e umana si ritenga come necessaria ed essenziale la dimensione dell'inculturazione" (n. 55).

Uno dei maggiori ostacoli ad un regolare e proficuo svolgimento dei programmi di studi, avvertito nel periodo postconciliare, è il loro eccessivo sovraccarico con numerose discipline.

Per questa e tante altre ragioni di carattere spirituale e pastorale, la "Pastores dabo vobis" attribuisce una grande importanza alla formazione permanente del clero, presentandola come "espressione ed esigenza della fedeltà del sacerdote al suo ministero, anzi al suo stesso essere', e come frutto della carità pastorale, la quale "spinge il sacerdote a conoscere sempre più le attese, i bisogni, i problemi, le sensibilità dei destinatari del suo ministero: destinatari colti nelle loro concrete istituzioni personali, familiari e sociali" (n. 70). La formazione dei futuri sacerdoti che rimane, per vari motivi, talvolta ristretta alle cose fondamentali e quindi incompleta, potrà raggiungere una maggiore completezza e maturità, soltanto se sarà continuata anche dopo l'ordinazione sacerdotale a contatto sia con il seminario che con la vita.

Ci vuole pertanto un accurato coordinamento tra la fase formativa iniziale del seminario e la formazione permanente, come viene inculcata dei decreti "Optatam Totius" e "Presbyterorum Ordinis" e adesso, con forza ancora maggiore, dalla "Pastores dabo vobis".

Come si vede in questo, ma anche in tanti altri casi, gli orientamenti formativi dei due decreti conciliari convergono e s'intrecciano, impegnando le due corrispondenti Congregazioni che ne curano l'applicazione, ad un opportuno coordinamento delle loro attività ed alla mutua collaborazione.

Il decreto "Optatam Totius", oggi a distanza di trent'anni dalla sua promulgazione, dimostra tuttora la sua piena validità e fecondità?

Con la formazione radicata nel mistero della SS. Trinità, del Cristo e della Chiesa, esso viene incontro a tutte le esigenze spirituali, dottrinali e pastorali che devono animare la vita dei pastori d'anime di oggi. Sotto questo aspetto, esso può essere paragonato ad un tronco rigoglioso, che continua a dimostrare la vitalità ed anche la capacità di arricchirsi di nuovi virgulti e di portare frutti veramente abbondanti.