S. LEONE MAGNO

QUARTO DISCORSO DI S. LEONE NEL SUO GIORNO NATALIZIO, TENUTO NELL'ANNIVERSARIO DELLA SUA CONSACRAZIONE

 

 

I - La comune dignità dei cristiani

Dilettissimi, mi rallegro per il religioso affetto della vostra devozione, e ringrazio Dio perché vedo in voi l'amore per l'unità cristiana. Come lo attesta lo stesso vostro accorrere qui, voi siete convinti che questo giorno è motivo di gioia per tutti e che l'annua festa del pastore deve essere celebrata con la venerazione di tutto il gregge. Infatti la Chiesa di Dio, secondo distinti gradi gerarchici, è ordinata in modo che attraverso i differenti membri sussista l'integro suo corpo. Quindi, come dice l'Apostolo, "tutti siete un solo uomo in Cristo Gesù"; né alcuno, benché sia un umilissimo membro, è diviso dalla funzione di un altro così da non appartenere per connessione al capo. Perciò nella unità della fede e del battesimo noi formiamo una indistinta società, dilettissimi, e abbiamo una generale dignità, secondo l'insegnamento di san Pietro apostolo, che dice: "E voi pure, come pietre vive, costruitevi in modo da formare una casa spirituale, un santo sacerdozio, per offrire dei sacrifici spirituali, graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo"; e un poco più avanti: "Voi però siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione sacra, popolo tratto in salvo".

Infatti, tutti i rigenerati in Cristo sono trasformati in re dal segno della croce e consacrati sacerdoti dall'unzione dello Spirito santo. Perciò, salvo il servizio del nostro speciale ministero, tutti i cristiani, divenuti spirituali e sapienti, si riconoscono di stirpe regale e partecipi di un ufficio sacerdotale.

Che cosa è più regale di un animo sottomesso a Dio, dominatore del proprio corpo? Che cosa è tanto sacerdotale, quanto sacrificare al Signore una coscienza pura e offrire vittime immacolate sull'altare del cuore? Questo per grazia di Dio è diventato a tutti comune. Tuttavia è per voi cosa pia e ottima godere per il giorno della nostra esaltazione quasi come fosse a vostro onore, perché si celebri in tutto il corpo della Chiesa l'unico sacramento dell'episcopato che, con l'effusione dell'unguento consacrato, è scorso, bensì, più abbondantemente nelle parti più alte, ma è anche disceso non scarsamente nelle parti inferiori.

II - Il primato di Pietro

Pertanto, dilettissimi, avendo noi grande motivo di rallegrarci per questa nostra comune dignità, sarà per noi più vera ed eccellente causa di letizia se non vi fermerete a considerare la nostra umile persona. E', infatti, molto più utile e più conveniente innalzare lo sguardo della mente a contemplare la gloria del beatissimo Pietro e soprattutto celebrare questo giorno in ossequio a lui che è stato inondato dal fonte stesso di tutti i carismi con grazie abbondantissime, tanto che, avendo Pietro molto ricevuto da solo, nulla passa agli altri che non sia partecipazione a quanto è stato dato a lui.

Il Verbo, fatto carne, già abitava tra noi. Cristo già si dedicava totalmente alla redenzione del genere umano. Tutto era ben disposto dalla sua sapienza; nulla era arduo per la sua potestà. Gli elementi del mondo si piegavano soggetti, gli spiriti obbedivano, gli angeli servivano: in nessun modo poteva riuscire senza risultato il mistero della redenzione che era operato allo stesso tempo da Dio uno e trino.

Eppure di tutti gli uomini soltanto Pietro è scelto perché sia preposto all'economia divina, che chiama tutte le genti alla salvezza, e sia il capo di tutti gli Apostoli e di tutti i Padri della Chiesa.

E' vero, nel popolo di Dio molti sono i sacerdoti e molti i pastori, tuttavia Pietro a titolo proprio governa tutti quelli che in modo principale sono guidati da Cristo.

Dilettissimi, la divina bontà ha favorito questo uomo di una grande e mirabile partecipazione alla potenza divina. E se volle che gli altri principi della Chiesa avessero qualcosa in comune con lui, mai donò, senza far passare per Pietro, quello che ha elargito agli altri.

Il Signore interroga tutti gli apostoli che cosa pensino di lui gli uomini. E più suona simile la loro risposta e più appare evidente l'ambiguità della ignoranza umana. Ma quando si chiede quale sia il parere degli apostoli, nel confessare il Signore è primo colui che è il primo nella dignità apostolica. E appena disse: "Tu sei Cristo, Figlio di Dio vivente", Gesù gli rispose: "Beato te, o Simone, figlio di Giona, perché non la carne né il sangue ti ha rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli". E voleva dire: precisamente per questo sei beato, cioè perché il Padre mio ti ha ammaestrato; non ti sei lasciato ingannare da congetture terrene, ma è stata l'ispirazione celeste a istruirti; non un uomo mi ha svelato a te, ma colui del quale io sono l'unigenito.

"E io dico a te": cioè, come il Padre mio ti ha manifestato la mia divinità, così io faccio nota a te la tua eccellenza.

"Perché tu sei Pietro": cioè come io sono pietra inviolabile, pietra di angolo che unisco i due in un solo popolo, così anche tu sei pietra, perché in forza della mia virtù acquisti stabilità e quelle prerogative che mi appartengono per potestà sono comuni tra me e te per comune partecipazione.

"E su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell'inferno mai prevarranno contro di lei": cioè, sopra questa pietra voglio costruire un tempio eterno e la grandezza della mia Chiesa, che deve essere trapiantata nel cielo, si eleverà con la fermezza di questa fede.

III - Poteri e grazie agli Apostoli attraverso san Pietro

Le porte dell'inferno non fermeranno questa confessione, né i lacci della morte la legheranno. Queste parole, infatti, sono parole di vita: come esaltano fino al regno celeste quelli che le ritengono, così fanno scendere nell'inferno quelli che le negano. Per questo è detto a san Pietro: "E a te darò le chiavi del regno dei cieli: e qualunque cosa avrai legato sulla terra, sarà legata anche nei cieli; e qualunque cosa avrai sciolto sulla terra, sarà sciolta anche nei cieli". Il diritto di questa potestà è stato trasmesso anche agli altri apostoli, però non senza ragione è attribuito a uno quel che si dice a tutti. Lo si afferma singolarmente di Pietro, perché l'esempio di Pietro è proposto a tutti i rettori della Chiesa. Resta, dunque, la prerogativa di Pietro, dovunque sia emessa sentenza in conformità alla giustizia di lui: non vi è troppa severità né troppa indulgenza dove nulla sarà sciolto e nulla legato se non ciò che avrà sciolto o legato san Pietro. Mentre era imminente la passione, che doveva scuotere la costanza degli apostoli, il Signore disse a Pietro: "Simone, Simone, ecco, Satana ha chiesto che gli foste consegnati, per vagliarvi come il grano. Ma io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno: e tu, quando sarai convertito, conferma i tuoi fratelli, perché non cadiate in tentazione".

Il pericolo della prova e della paura era comune a tutti gli apostoli e tutti avevano ugualmente bisogno dell'aiuto della divina protezione, perché il diavolo voleva molestare e piegare tutti; però il Signore si prende cura speciale di Pietro e prega propriamente per la fede di Pietro, quasi che la condizione degli altri sarebbe più sicura, qualora la mente del capo non fosse sconfitta. Dunque, in Pietro è difesa la fortezza di tutti e l'aiuto della divina grazia è ordinato in modo che, donato a Pietro per mezzo di Cristo, è distribuito agli apostoli attraverso Pietro.

IV - Il buon Pastore

Perciò, dilettissimi, vedendo l'aiuto divino che ci è stato donato, giustamente e con ragione ci rallegriamo dei meriti e della dignità della nostra guida. Rendiamo pure grazie a Gesù Cristo, Signore, eterno re e nostro redentore, perché ha investito di tanti poteri colui che ha fatto capo di tutta la Chiesa, sicché se nei nostri tempi noi operiamo bene e governiamo a dovere, bisogna attribuirlo all'opera e al governo di colui al quale è detto: "E tu, quando sarai convertito, conferma i tuoi fratelli", e al quale, dopo la sua risurrezione, il Signore, invitandolo con mistica allusione alla triplice professione di eterno amore, tre volte disse: "Pasci le mie pecore".

Certamente anche ora egli pascola e, qual pio pastore, esegue il comando del Signore dandoci forza con le sue esortazioni e non cessando di pregare per noi, affinché nessuna tentazione ci superi. Ma se estende, come è da credersi, questa cura amorosa dovunque e a tutto il popolo di Dio, quanto più si degnerà donare il suo aiuto a noi che siamo i suoi protetti e che abbiamo vicino a noi, nella sacra tomba, ove beato riposa, quello stesso corpo che qui presiedette?

Perciò, a sua gloria questo giorno natalizio del nostro servizio! A lui ascriviamo questa festa: infatti, solo per il suo patrocinio abbiamo meritato di essere suoi successori in questa sede.

Ci aiuti in tutto la grazia di Gesù Cristo, nostro Signore, il quale vive e regna con Dio Padre e lo Spirito santo nei secoli dei secoli. Amen.