S. LEONE MAGNO

QUINTO DISCORSO TENUTO NELLA SOLENNITÀ DELL'EPIFANIA

I - Il significato della stella

Dilettissimi, voi ben sapete che la manifestazione del Signore e Salvatore nostro rende particolarmente importante l'odierna festività. Questo è il giorno che portò i Magi, preceduti dalla stella, a conoscere e adorare il Figlio di Dio. Giustamente è gradito di celebrare con culto annuale la memoria di questo fatto, affinché, mentre il racconto evangelico è ripresentato incessantemente, il mistero della salvezza, mediato da un insigne miracolo, sia sempre meditato da quelli che lo comprendono.

Si erano già avute molte testimonianze a provare con chiari argomenti la nascita del Signore: come quando la beata vergine Maria ascoltò e credette che sarebbe stata fecondata per opera dello Spirito santo e che avrebbe partorito il Figlio di Dio; come quando al saluto di lei, Giovanni, non ancor nato, esultò nell'utero di Elisabetta con profetico balzo quasi che, anche racchiuso nelle viscere della madre, già esclamasse: "Ecco l'Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo"; oppure, come quando all'annuncio dell'angelo, che proclamava la nascita del Signore, i pastori furono avvolti dal bagliore dell'esercito celeste, affinché non dubitassero della maestà del fanciullo che avrebbero visto nel presepio e non credessero che fosse nato nella sola natura di uomo colui al quale lo stuolo della celeste milizia prestava il suo servizio.

Ma sembra che questi fatti e altri simili siano stati conosciuti da poche persone, appartenenti alla parentela di Maria vergine e alla famiglia di Giuseppe. Invece questo segno che muove efficacemente i Magi da lontani paesi e li attira irresistibilmente a Gesù, Signore, senza dubbio è il segno sacro di quella grazia e l'inizio di quella vocazione per cui non solo nella Giudea, ma in tutto il mondo si sarebbe predicato il Vangelo. In tal modo per quella stella che risplendette agli occhi dei Magi e invece non rifulse alla vista degli israeliti, fu significata l'illuminazione delle genti e la cecità dei giudei.

II - L'attuale Epifania di Cristo nella Chiesa

E' chiaro, dilettissimi, che il significato di questi mistici fatti persiste ancora: ciò che era iniziato nella immagine, si compie ora nella realtà. Infatti, irraggia dal cielo, come grazia, la stella, e i tre Magi, chiamati dal fulgore della luce evangelica, ogni giorno in tutte le nazioni accorrono ad adorare la potenza del sommo Re.

Erode freme nel diavolo e si lamenta, perché gli vien tolto il regno della iniquità su quelli che passano a Cristo. Per questo, uccidendo i pargoli, gli sembra di uccidere Gesù. Anzi vi si prova a farlo senza interruzione, giacché tenta di privare dello Spirito santo quelli che sono di recente rigenerati e di estinguere quella che può chiamarsi l'infanzia della tenera fede. Invece i giudei, che hanno voluto essere fuori del regno di Cristo, sono tuttora in certo modo sotto il principato di frode. Infatti, sono dominati dal nemico del Salvatore e servono a un potere straniero, quasi non sappiano che per bocca di Giacobbe fu profetato: "Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi, finché venga colui al quale appartiene e a cui i popoli dovranno obbedire". Ma essi non ancora comprendono quel che possono negare e non ancora entra nella loro mente quello che hanno conosciuto dalla narrazione delle sacre Scritture, poiché per i maestri insensati la verità è uno scandalo e per i ciechi dottori diventa caligine ciò che è luce. Ecco che interrogati, rispondono: "Cristo deve nascere a Betlemme". Però non seguono la scienza con la quale ammaestrano gli altri. In questo modo hanno perduto la dinastia dei re, la propiziazione dei sacrifici, il luogo delle suppliche, l'ordine dei sacerdoti. Mentre avvertono che tutto per essi è chiuso, che ogni cosa per essi è finita, non si accorgono che quelle cose sono state trasferite in Cristo. Onde attraverso la fede che giustifica gli empi, tutto il mondo ottiene nelle sue nozioni ciò che quei tre uomini, facendo le veci di tutte le genti, nell'adorazione del Signore acquistarono. Così gli adottivi ricevono l'eredità del Signore, preparata prima dei secoli, mentre la perdono quelli che sembrano essere figli legittimi.

Una buona volta volgiti al pentimento, o Giudeo, ravvediti; e, deponendo l'infedeltà, convertiti a colui che è anche tuo Redentore. Non ti abbattere per l'enormità del tuo delitto: Cristo non chiama i giusti, ma i peccatori; certamente non ti respinge per la tua empietà colui che, crocifisso, pregò per te. Annulla la dura sentenza dei tuoi crudeli padri e non lasciarti stringere dalla maledizione di quelli che gridano "il sangue suo cada su noi e sui nostri figli", essi riversano su di te la malizia del loro delitto. Tornate al misericordioso; approfittate della clemenza di chi è pronto a perdonare. Infatti la vostra iniqua crudeltà si è cambiata in motivo di salvezza. Vive chi voleste che perisse. Confessate, dunque, il rinnegato; adorate il venduto, perché vi giovi la bontà di colui al quale non poté nuocere la vostra malvagità.

III - Spirito missionario e cooperazione alla grazia

Dilettissimi, è nostro dovere desiderare e propiziare quanto rientra nella vera carità, della quale siamo debitori anche ai nostri nemici, come insegna la preghiera del Signore, affinché anche questo popolo che è decaduto dalla spirituale nobiltà dei padri, sia reinnestato ai rami della vera sua pianta. Questa carità molto ci rende accetti a Dio: egli trasformò il loro delitto in motivo di misericordia per noi, appunto perché la nostra fede li provocasse a emulazione nel ricevere la salvezza. Per altro, è un dovere che la vita delle persone pie sia utile non solo a se stesse, ma anche agli altri. In tal modo quel che non si può avere da loro con le parole, si ottenga con gli esempi.

Dunque, dilettissimi, consideriamo l'ineffabile abbondanza dei doni divini a noi elargiti e siamo cooperatori della grazia di Dio che in noi agisce. Il regno dei cieli non è dato ai dormienti, né la beata eternità è messa a disposizione di chi intorpidisce nell'ozio e nella pigrizia. Ma poiché, come dice l'Apostolo, "se patiamo con lui, insieme a lui saremo glorificati", dobbiamo percorrere quella via che egli stesso, il Signore, ha detto di essere. Egli, infatti, ha provveduto a noi con il sacramento e con l'esempio, mentre noi non avevamo alcun merito di opere per nostro sostegno, affinché con il sacramento innalzasse a salvezza i chiamati alla figliolanza adottiva e con l'esempio li spronasse alla laboriosità. In realtà, dilettissimi, questo lavoro non è aspro, né gravoso per i figli e per i buoni servi ma è soave e leggero, come dice il Signore: "Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete su di voi il mio giogo, e imparate da me, perché sono mite e umile di cuore; e troverete pace per le anime vostre: perché il mio giogo è soave e il mio carico leggero".

Dunque, dilettissimi, nulla è arduo per gli umili, nulla è duro per i miti; facilmente tutti i precetti passano alla pratica quando la grazia porge aiuto e l'obbedienza rende dolce il comando. Ogni giorno le parole di Dio risuonano alle nostre orecchie e ogni uomo è reso consapevole e convinto di ciò che piace alla divina giustizia.

Ma perché il giudizio, in cui ognuno riceverà la ricompensa di quel che avrà fatto, sia in bene che in male, per la bontà e la pazienza del giudice, è rimandato, le anime infedeli si ripromettono l'impunità e credono che la qualità degli atti umani non abbia alcuna relazione con il giudizio sui meriti dati dalla divina provvidenza. Ma forse le azioni cattive non sono per lo più punite con evidentissime pene anche ora e il terrore delle celesti minacce non rende spesso prudente la fede e non rimprovera l'infedeltà?

IV - Compunzione e desiderio delle cose celesti

Però, tra queste pene e sopra di esse eccelle la benignità di Dio che a nessuno nega la sua misericordia, perché senza distinzione a tutti distribuisce molti beni; anzi preferisce richiamare con i benefici quelli che giustamente potrebbe punire e, così, con la dilazione della vendetta concedere il tempo di far penitenza.

Tuttavia, non si può dire che non vi sia nessun castigo per quelli che non si convertono, perché il cuore indurito e ingrato è un supplizio per se stesso e già si soffre nella coscienza quello che per bontà di Dio viene differito. Pertanto i peccatori non si dilettino dei peccati tanto che la fine della vita abbia a coglierli con colpe sulla coscienza, poiché nell'inferno non vi è correzione; né è concesso il rimedio dell'espiazione quando non è più possibile il ravvedimento della volontà , come dice David: "Tra i morti non v'è chi ti ricordi, chi dirà nell'inferno le tue lodi?". Si fuggano, perciò, i piaceri nocivi, i gaudi insidiosi e i desideri che sono già per perire. Quale è il frutto, quale l'utilità dell'incessante desiderio di quelle cose che, se non ci abbandonano, certamente dobbiamo abbandonare? L'amore delle cose caduche si trasferisca a ciò che è incorruttibile e l'animo chiamato alle realtà sublimi, si diletti delle cose celesti. Stringete amicizia con i santi angeli; entrate nella città di Dio in cui ci è promessa l'abitazione e unitevi ai patriarchi, ai profeti, agli apostoli e ai martiri. Godete di quello onde essi godono. Bramate le loro ricchezze, e con buona emulazione ambite la loro intercessione. Infatti, se siamo uniti a loro per devozione sincera, saremo uniti anche alla loro gloria: certamente prenderemo parte alla dignità di quelli alla cui devozione avremo partecipato.

Ora che vi è concesso di praticare i comandamenti di Dio "glorificate Dio nel vostro corpo"; e, dilettissimi, "risplendete come fari di luce nel mondo". Le lucerne delle vostre menti siano sempre ardenti: niente di tenebroso risieda nei vostri cuori, poiché, come dice l'Apostolo: "Eravate un tempo tenebre, ma ora siete luce nel Signore: vivete dunque da figli della luce". Si compia in voi quel che precedette in immagine nei tre Magi, e "così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli". Infatti, come sarebbe grande peccato qualora il nome del Signore fosse bestemmiato tra le genti per colpa dei cattivi cristiani, così è grande merito di devozione quando si benedice Dio per la vita santa dei suoi servi: a lui onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.