Antologia di testi

dei Padri della Chiesa

La Croce: immagine, simbolo, realtà

 

 

1. La croce, nostra gloria e nostra forza

Nessuno, dunque, si vergogni dei segni sacri e venerabili della nostra salvezza, della croce che è la somma e il vertice dei nostri beni, per la quale noi viviamo e siamo ciò che siamo. Portiamo ovunque la croce di Cristo, come una corona. Tutto ciò che ci riguarda si compie e si consuma attraverso di essa. Quando noi dobbiamo essere rigenerati dal battesimo, la croce è presente; se ci alimentiamo di quel mistico cibo che è il corpo di Cristo, se ci vengono imposte le mani per essere consacrati ministri del Signore, e qualsiasi altra cosa facciamo, sempre e ovunque ci sta accanto e ci assiste questo simbolo di vittoria. Di qui il fervore con cui noi lo conserviamo nelle nostre case, lo dipingiamo sulle nostre pareti, lo incidiamo sulle porte, lo imprimiamo sulla nostra fronte e nella nostra mente, lo portiamo sempre nel cuore. La croce è infatti il segno della nostra salvezza e della comune libertà del genere umano, è il segno della misericordia del Signore che per amor nostro si è lasciato condurre come pecora al macello (Is. 53,7; cf. Atti, 8, 32). Quando, dunque, ti fai questo segno, ricorda tutto il mistero della croce e spegni in te l'ira e tutte le altre passioni. E ancora, quando ti segni in fronte, riempiti di grande ardimento e rida' alla tua anima la sua libertà. Conosci bene infatti quali sono i mezzi che ci procurano la libertà. Anche Paolo per elevarci alla libertà che ci conviene ricorda la croce e il sangue del Signore: A caro prezzo siete stati comprati. Non fatevi schiavi degli uomini (1 Cor. 7, 23). Considerate, egli sembra dire, quale prezzo è stato pagato per il vostro riscatto e non sarete più schiavi di nessun uomo; e chiama la croce "prezzo" del riscatto.

Non devi quindi tracciare semplicemente il segno della croce con la punta delle dita, ma prima devi inciderlo nel tuo cuore con fede ardente. Se lo imprimerai in questo modo sulla tua fronte, nessuno dei demoni impuri potrà restare accanto a te, in quanto vedrà l'arma con cui è stato ferito, la spada da cui ha ricevuto il colpo mortale. Se la sola vista del luogo dove avviene l'esecuzione dei criminali fa fremere; d'orrore, immagina che cosa proveranno il diavolo e i suoi demoni vedendo l'arma con cui Cristo sgominò completamente il loro potere e tagliò la testa del dragone (cf. Ap. 12, 1 ss.; 20, 1 ss.).

Non vergognarti, dunque, di così grande bene se non vuoi che anche Cristo si vergogni di te quando verrà nella sua gloria e il segno della croce apparirà più luminoso dei raggi stessi del sole. La croce avanzerà allora e il suo apparire sarà come una voce che difenderà la causa del Signore di fronte a tutti gli uomini e dimostrerà che nulla egli tralasciò di fare - di quanto era necessario da parte sua - per assicurare la nostra salvezza. Questo segno, sia ai tempi dei nostri padri come oggi, apre le porte che erano chiuse, neutralizza l'effetto mortale dei veleni, annulla il potere letale della cicuta, cura i morsi dei serpenti velenosi. Infatti, se questa croce ha dischiuso le porte dell'oltretomba, ha disteso nuovamente le volte del cielo, ha rinnovato l'ingresso del paradiso, ha distrutto il dominio del diavolo, c'è da stupirsi se essa ha anche vinto la forza dei veleni, delle belve e di altri simili mortali pericoli?

Imprimi, dunque, questo segno nel tuo cuore e abbraccia questa croce, cui dobbiamo la salvezza delle nostre anime. t la croce infatti che ha salvato e convertito tutto il mondo, ha bandito l'errore, ha ristabilito la verità, ha fatto della terra cielo, e degli uomini angeli. Grazie a lei i demoni hanno cessato di essere temibili e sono divenuti disprezzabili; la morte non è più morte, ma sonno.

Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di san Matteo, 54,4-5

2. Efficacia e potenza della croce

Parlerò ora del mistero della croce, che nessuno dica: "Se fu necessario che Cristo subisse la morte, essa non doveva essere così infame e turpe, ma conservare un po' di dignità". So che molti, aborrendo dal nome stesso della croce, si allontanano dalla verità; eppure vi è in essa un significato profondo e una grande potenza. Egli fu mandato per spalancare la via della salvezza agli uomini più umili; perciò si fece umile per liberarli. Accettò il genere di morte riservato

di solito ai più umili, perché, a tutti fosse dato di imitarlo; inoltre, dovendo poi egli risorgere, non sarebbe stato conveniente spezzargli le ossa o amputargli parte del corpo, come succede per chi viene decapitato; fu più opportuna la croce, che preservò il suo corpo con tutte le ossa intatte, per la risurrezione.

A ciò si aggiunga che, accettando la passione e la morte, doveva essere innalzato. E la croce lo innalzò realmente e simbolicamente, perché con la sua passione a tutti si rivelasse chiara la sua potenza e la sua maestà. Estendendo sul patibolo le mani, dilatò anche le ali verso Oriente e verso Occidente, affinché sotto di esse si raccogliessero tutte le genti da ogni parte del mondo a trovar pace. Quale virtù e quale potere abbia questo segno, appare chiaro quando per esso ogni schiera di demoni vien cacciata e fugata. Come lui prima della passione atterriva i demoni con la sua parola e la sua maestà, così ora nel suo nome e col segno della passione gli stessi spiriti immondi, che già irruppero nel corpo degli uomini, vengono cacciati e così, tormentati e torturati, confessano di essere demoni e cedono a Dio che li fustiga.

Lattanzio, Epitome delle Divine Istituzioni, 51

3. Il significato misterioso della croce

Che la croce nasconda un significato assai profondo, se ne sono accorti coloro che hanno conosciuto gli arcani misteri. La tradizione ci insegna questo: nel Vangelo ogni cosa è detta o fatta in funzione di una vita più elevata e divina, mentre in ogni occasione si manifesta chiaramente una mescolanza di umanità e divinità, giacché, la voce e l'azione pratica appartengono alla sfera umana, mentre il significato recondito inerisce alla dimensione divina; ora, stando così le cose, non sarebbe giusto soffermarsi unicamente su di un aspetto, trascurando l'altro, ma occorre, invece, considerare l'elemento mortale in quello immortale, esaminando accuratamente, peraltro,, anche la componente più propriamente divina presente nell'uomo. E proprio della sostanza divina, infatti, permeare di sé, ogni cosa, raggiungendo, in ogni direzione, tutto ciò che esiste... Del che siam resi edotti proprio in virtù della croce: questa, infatti, è divisa in quattro parti, in maniera che, a partire dal suo punto centrale, si contano quattro bracci ad esso congiunti; ora, colui che fu disteso sulla croce perché, ci facesse dono della sua morte, nell'attirare a sé e nel plasmare tutte le cose, le unifica, nonostante le loro diverse nature, nel segno di un accordo e di un'armonia universali. Ogni cosa, infatti, può esser considerata nella sua parte superiore come in quella inferiore come anche da un punto di vista trasversale. Se, dunque, ti soffermi a riflettere sulla struttura del cielo o su quella della terra ovvero su ciò che entrambe le trascende il tuo pensiero s'incontrerà ogni volta con la divinità, l'unica ad esser contemplata in tutto ciò che esiste ed a contenere, nella sua essenza, ogni cosa. Se, poi, questa divinità debba esser chiamata natura o ragione o virtù e potenza o sapienza o con qualcun'altra di queste sublimi definizioni che possa mostrare con maggior eloquenza le qualità di colui che è sommo ed eminentissimo, la nostra fede non suscita alcun problema a, questo riguardo, né per l'espressione né per il nome né per il significato dei termini. Giacché, allora, l'intera creazione guarda a lui, dispiegandoglisi intorno, e, in virtù del suo tramite, perviene alla propria intrinseca unità, mentre ciò che si trova al di sopra si salda con ciò che sta al di sotto e le cose che si trovano di traverso si congiungono, grazie a lui, le une con le altre; stando così le cose, dicevo, occorreva che noi non fossimo indotti soltanto per sentito dire alla considerazione della divinità, ma che la nostra stessa vista divenisse maestra di più sublimi pensieri. In seguito ad un'esperienza del genere, il grande Paolo si senti spinto ad istruire nei misteri la comunità di Efeso, conferendo ad essa, attraverso la propria dottrina, la capacità di conoscere che cosa siano la profondità, la larghezza, la lunghezza e l'altezza (cf. Ef. 3, 18). Ebbene, l'Apostolo, così facendo, chiama con il nome che lo compete ciascuno dei bracci della croce. L'altezza, infatti, è la parte che va al di sopra; la profondità, quella che si protende verso il basso, per larghezza e lunghezza, infine, son da intendersi i bracci trasversali. Altrove, rivolgendosi ai Filippesi, Paolo rende conto con maggior chiarezza, credo, di questo significato, allorché dice: Nel nome di Gesù Cristo ogni ginocchio si pieghi, nel cielo, sulla terra e negli inferi (Fil. 2, 10). Qui egli comprende sotto un'unica denominazione il braccio trasversale, dal momento che considera terrestre tutto ciò che si trova fra il cielo e gl'inferi.

Gregorio di Nissa, Grande Catechesi. 32, 2

4. La croce nell'anima

Quando parlo della croce, non penso al legno, ma al dolore. In effetti questa croce si trova nella Britannia, in India e su tutta la terra. Cosa dice il Vangelo? Se non portate la mia croce e non mi seguite ogni giorno... (Lc. 14, 27). Notate cosa dice! Se un animo non è affezionato alla croce, come io alla mia per amor vostro, non può essere mio discepolo. Felice colui che porta nel suo intimo la croce, la risurrezione. il luogo della nascita e dell'ascensione di Cristo! Felice chi ha Betlemme nel suo cuore, nel cui cuore, cioè, Cristo nasce ogni giorno! Che significa del resto "Betlemme"? Casa del pane. Siamo anche noi una casa del pane, di quel pane che è disceso dal cielo. Ogni giorno Cristo vien per noi affisso alla croce. Noi siamo crocifissi al mondo e Cristo è crocifisso in noi. Felice colui nel cui cuore Cristo risuscita ogni giorno, quando egli fa penitenza per i suoi peccati anche i più lievi. Felice chi ascende ogni giorno dal monte degli ulivi al regno dei cieli, ove crescono gli ulivi rigogliosi del Signore, ove si eleva la luce di Cristo, ove si trovano gli uliveti del Signore. Sono come un olivo fecondo nella casa di Dio (Sal. 51, 10). Accendiamo anche la nostra lampada con l'olio di quell'olivo e subito entreremo con Cristo nel regno dei cieli.

Girolamo, Commento al Salmo 95

5. E in virtù della croce che si riconoscono i credenti dagli increduli

Il linguaggio della croce è follia per quelli che si perdono; per noi che ci salvi amo, i . nvece, _ potenza di Dio (1 Cor. 1, 18). L'uomo spirituale, infatti,"giudica ogni cosa (1 Cor. 2, 15), mentre quello animale non accetta le cose dello Spirito (1 Cor. 2, 14). Follia è, infatti, quella di coloro che si rifiutano di credere e di riflettere sulla bontà e l'onnipotenza di Dio, indagando sulle realtà divine con le loro categorie umane e naturali, senza rendersi conto che tutto ciò che riguarda la divinità trascende la natura, la razionalità e la conoscenza. Se ci si domanda, infatti, il come ed il perché Iddio abbia creato dal nulla tutte le cose, e si cerca di scoprirlo con le sole facoltà razionali che la natura ci mette a disposizione, non si approda a nulla, giacché una scienza come questa è terrestre e diabolica. Tutto è semplice e lineare invece, ed il cammino è spedito per chi, condotto per mano, per cosi dire, dalla fede, va alla ricerca del Dio buono, onnipotente, vero, sapiente e giusto. Senza la fede, infatti, nessuno può salvarsi (cf. Ebr. 11, 6): è in virtù della fede che

tutte le cose, sia le umane che le trascendenti, acquistano significato e valore. Senza l'intervento della fede il contadino non ara il suo campo, il mercante non mette a repentaglio la sua vita, su di una piccola nave, fra le onde tempestose del mare; senza fede non si contraggono matrimoni né si porta a termine alcun'altra attività della vita. È la fede a farci comprendere come tutto sia stato creato dal nulla grazie alla potenza divina. Con la fede intendiamo correttamente ogni cosa, umana o divina che sia. La fede, insomma, è il consenso formulato senza riserve.

Tutte le opere ed i miracoli compiuti dal Cristo, dunque, appaiono manifestazioni grandiose, divine, straordinarie; la più strepitosa di tutte, però, è la sua venerabile croce. t grazie a questa, infatti, e non ad altro, che la morte fu sconfitta, il peccato del progenitore ricevette la sua espiazione, l'inferno venne spogliato, fu elargita la risurrezione; è stata la croce a guadagnarci la forza di disprezzare i beni del mondo e persino la morte, a prepararci il ritorno all'antica beatitudine, a spalancarci le porte del cielo; soltanto la croce del Signore nostro Gesù Cristo, infine, ha elevato l'umanità alla destra di Dio, promuovendoci alla dignità di suoi figli ed eredi. Tutto questo ci ha procurato la croce! Tutti noi, infatti, ricorda l'Apostolo, che siamo stati battezzati in Cristo, siamo stati battezzati nella sua morte (Rom. 6, 3). Tutti noi, battezzati in Cristo, ci siamo rivestiti di Cristo (Gal. 3,27). E Cristo, poi, è potenza e sapienza di Dio (1 Cor. 1, 24). Ecco, la morte di Cristo, cioè la croce, ci ha rivestito dell'autentica potenza e sapienza di Dio. La potenza di Dio, da parte sua, si manifesta nella croce, sia perché la forza divina, cioè la vittoria sulla morte, ci si è mostrata attraverso la croce; sia in quanto, allo stesso modo come i quattro bracci della croce si uniscono fra loro nel punto centrale, così pure, attraverso la potenza di Dio, si assimilano l'una con l'altra l'altezza e la profondità, la lunghezza e la larghezza: in altre parole, tutta la creazione, nella sua dimensione materiale come in quella invisibile.

La croce è stata impressa sulla nostra fronte come un segno, non diversamente dalla circoncisione per Israele. In virtù di questo segno, noi fedeli siamo riconosciuti e distinti dagli increduli. La croce è per noi lo scudo, la corazza ed il trofeo contro il demonio. È il sigillo grazie al quale l'angelo sterminatore ci risparmierà, come afferma la Scrittura (cf. Ebr. 11, 28). E lo strumento per risollevare coloro che giacciono, il puntello a cui si appoggia chi sta in piedi, il bastone degli infermi, la verga per condurre il gregge, la guida per quanti si volgono altrove, il progresso dei principianti, la salute dell'anima e del corpo, il rimedio di tutti i mali, la fonte d'ogni bene, la morte del peccato, la pianta della risurrezione, l'albero della vita eterna.

Questo legno davvero prezioso e degno di venerazione, perciò, sul quale Cristo si sacrificò per noi, deve giustamente divenire oggetto della nostra adorazione, giacché fu come santificato dal contatto con il santissimo corpo e sangue del Signore. Come pure si dovrà rivolgere la nostra devozione ai chiodi, alla lancia, agli indumenti ed ai santi luoghi nei quali il Signore si è trovato: la mangiatoia, la grotta, il Golgota che ci ha recato la salvezza, il sepolcro che ci ha donato la vita, Sion, roccaforte delle Chiese, e tutti gli altri... Se, infatti, ricordiamo con affetto, fra gli oggetti che son stati nominati, la casa ed il letto e la veste del Signore, quanto più dovranno esserci care, tra le cose di Dio e del Salvatore, quelle che ci hanno procurato anche la salvezza?

Adoriamo l'immagine stessa della preziosa e vivificante croce, di qualunque materia sia composta! Non intendiamo onorare, infatti. l'oggetto materiale (non sia mai!), bensì il significato ch'esso rappresenta, il simbolo, per così dire, di Cristo. Egli stesso, d'altronde, istruendo i suoi discepoli, ebbe a dire: Apparirà allora nel cielo il segno del Figlio dell'uomo (Mt. 24, 30), cioè la croce. Ed anche l'angelo che annunciò alle donne la risurrezione di Cristo disse: Voi cercate Gesù di Nazaret, il crocifisso (Mc. 16, 6). E l'Apostolo, da parte sua: Noi predichiamo, avverte, il Cristo crocifisso (1 Cor. 1, 23). Vi sono, infatti, molti Cristi e Gesù; uno solo, però, è il crocifisso. L'Apostolo, poi, non dice: "colui che è stato trafitto dalla lancia", bensì "il crocifisso". Dobbiamo, perciò, adorare il simbolo del Cristo: ovunque, infatti, si troverà quel segno, lì sarà presente il Signore stesso. La materia di cui è composta l'immagine della croce, invece, anche se fosse d'oro o di pietre preziose, non è più degna di alcuna venerazione, una volta scomparsa, per qualsiasi motivo, la figura originaria. Tutti gli oggetti consacrati a Dio, perciò, noi li veneriamo in modo tale, da riferire alla persona divina il culto che osserviamo per essi.

Giovanni Damasceno, Esposizione della fede ortodossa, 4, 11

6. Il sigillo del Signore in noi

Cerchiamo di avere, prima d'ogni altra cosa, il marchio ed il sigillo del Signore su di noi; nel giorno del giudizio, infatti, allorché il pastore, dopo aver radunato da tutta la terra ogni tribù della stirpe di Adamo, chiamerà il suo gregge, chiunque avrà il sigillo riconosce suo pastore, così come il pastore riconoscerà quanti siano insigniti di quel marchio, radunandoli da tutte le genti. Infatti, le sue pecorelle ascoltano la sua voce e lo seguono (cf. Gv. 10, 27). Il mondo, del resto, si divide in due parti: una di queste è costituita dal gregge tenebroso, che discenderà nel fuoco inestinguibile ed eterno; l'altra, invece, consiste in quello pieno di luce, cui sarà conferita l'eredità celeste (cf. Mt. 25,31 ss.). Ciò che adesso, perciò, possediamo nell'anima, un giorno risplenderà e si manifesterà, mentre i corpi si rivestiranno di gloria. Allo stesso modo come, quando giunge il mese d'aprile, le radici piantate nella terra producono i loro frutti, i fiori e tutte le loro bellezze, ed è possibile costatare, senza tema d'errore, quali siano le radici feconde e quali, invece, producano soltanto spine; in quel giorno, parimenti, ciascuno recherà scritto sul suo stesso corpo il modo come avrà vissuto: né il bene né il male resteranno più nascosti. Allora, infatti, si darà luogo al giudizio universale ed alla corrispondente retribuzione.

Pseudo-Macario, Omelie spirituali, 12,13-14

7. La croce, nostra somma gloria

0gni atto compiuto dal Cristo è una gloria della Chiesa cattolica: gloria delle glorie è, però, la croce. Questo, appunto, intendeva Paolo, nell'affermare: A me non avvenga mai di menar vanto, se non nella croce di Cristo (Gal. 6,14). Suscita la nostra ammirazione, certo, anche il miracolo in seguito al quale il cieco dalla nascita riacquistò, a Siloe, la vista (cf. Gv. 9, 7 ss.): ma cosa è un cieco di fronte ai ciechi di tutto il mondo? Straordinaria, e soprannaturale, la risurrezione di Lazzaro, morto già da quattro giorni (cf. Cv. 11, 39). Una grazia del genere, tuttavia, è toccata ad uno soltanto: che beneficio ne avrebbero tratto quanti, nel mondo intero, erano morti per i loro peccati? (cf. Ef. 2, 1). Strepitoso il fatto che cinque pani riuscirono a sfamare cinquemila persone (cf. Mt. 14,21): ma a che cosa sarebbe servito, se pensiamo a coloro che, su tutta la terra, erano tormentati dalla fame dell'ignoranza? (cf. Am. 8, 11). Stupefacente, ancora, la liberazione della donna, in preda a Satana da diciotto anni (cf. Lc. 13, 11 ss.): che importanza avrebbe avuto, però, per tutti noi, imprigionati dalle catene dei nostri peccati? (cf. Prov, 5 22).

La gloria della croce, invece, ha illuminato chi era accecato dall'ignoranza, liberando tutti coloro che erano prigionieri del peccato e portando la redenzione all'intera umanità.

Non devi meravigliarti, poi, del fatto che l'universo sia stato redento nella sua totalità: non era invero un uomo come tutti gli altri colui che morì per esso, ma si trattò del Figlio unigenito di Dio (benché fosse bastato il peccato di un solo uomo, Adamo, ad introdurre la morte nel mondo). Ebbene, dal momento che la morte ha preso a regnare sul mondo in seguito alla colpa d'uno solo (cf. Rom. 5,17), perché, a più forte ragione, non dovrebbe regnare la vita, in virtù della giustizia d'un'unica persona? E se allora, a causa del legno del quale si cibarono, vennero scacciati dal paradiso (cf. Gen. 3, 22-23), tanto più adesso, grazie al legno di Gesù, non vi faranno forse il loro ingresso i credenti? Se il primo uomo, che era fatto di terra, fu la causa della morte universale, colui che lo plasmò dalla terra (cf. Gen. 2, 7), essendo egli stesso la vita (cf . Gv. 14, 6), non potrà forse esser fonte di vita eterna? Se Finees, sospinto dal proprio zelo, placò l'ira divina uccidendo l'autore dell'atto oltraggioso (cf. Num. 25, 8-11); Gesù, senza uccidere nessun altro, ma offrendo se stesso come riscatto (cf. 1 Tim. 2, 6), non farà forse sparire la collera verso gli uomini?

Non vergogniamoci, dunque, della croce del Salvatore, ma, anzi, vantiamocene! Il linguaggio della croce, infatti, è scandalo per i giudei e follia per i gentili (1 Cor. 1, 18.23): per noi, invece, significa salvezza. E stoltezza per coloro che si perdono, per noi, al contrario, che ci salviamo, è potenza di Dio (1 Cor. 1, 18). Infatti, come abbiamo già detto, non toccava ad un uomo come gli altri di morire per noi, bensì al Figlio di Dio, Dio egli stesso fattosi uomo. Un tempo l'agnello ucciso per ordine di Mosè tenne lontano lo sterminatore (cf. Es. 12, 23); l'Agnello di Dio, che cancella i peccati del mondo (cf. Cv. 1, 29), non ha recato adesso, a più forte ragione, la liberazione dal peccato? Se, poi, il sangue di un agnello privo d'intelletto ha prodotto la salvezza, quanto più la procurerà il sangue dell'Unigenito?

Cirillo di Gerusalemme, Catechesi battesimali, 13,1-3

8. L'esempio del Signore crocifisso

Non ci si deve mostrare sciocchi tra le vanità, né timorosi tra le avversità. Ivi ci allettano le lusinghe, qui ci aggravano le fatiche Ma poiché la terra è piena della misericordia del Signore (Sal. 32, 5), ovunque ci sostiene la vittoria di Cristo, affinché si adempia la sua parola: Non temete, perché io ho vinto il mondo (Gv. 16, 33). Quando dunque combattiamo, sia contro l'ambizione del mondo, sia contro le brame della carne, sia contro gli strali degli eretici, siamo armati sempre della croce del Signore. E mai ci allontaneremo da questa festa pasquale, se - nella verità sincera - ci asterremo dal fermento dell'antica malizia. Tra tutti i trambusti di questa vita, oppressa da molte passioni, dobbiamo ricordare sempre l'esortazione dell'Apostolo che ci istruisce dicendoci: Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù. Egli, sussistendo nella natura di Dio, non stimò rapina lo stare alla pari con Dio, ma annientò se stesso prendendo la natura di servo, divenendo simile agli uomini e fu da tutti ritenuto come uomo. Umiliò se stesso facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce. E perciò Dio lo ha esaltato e gli ha donato il nome che sovrasta ogni nome, tanto che nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi in cielo, in terra e sotterra, e ogni lingua proclami che Signore è Gesù Cristo nella gloria di Dio Padre (Fil. 2, 5ss.). Se comprendete dunque questo grande mistero di carità e soppesate ciò che l'unigenito Figlio di Dio compì per la salvezza del genere, umano abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù e la sua umiltà non sia disprezzata da nessun ricco, non sia vergognosa a nessun nobile: nessuna prosperità umana, infatti, può giungere a tale vetta, da ritenere ignominioso che Dio, sussistendo nella natura di Dio, non ha ritenuto indegno assumere la natura di servo. Imitate ciò che ha fatto amate ciò che ha effettuato e, trovando in voi tanto amore gratuito di Dio, riamate in lui la vostra natura. Come egli non perse la ricchezza per la povertà, non diminuì nella gloria per l'umiltà, non smarrì l'eternità per la morte, così voi, sui suoi passi, sulle sue orme, disprezzate i beni terreni per raggiungere quelli celesti. Abbracciare la croce è uccidere le cupidigie, annientare i vizi, allontanarsi dalla vanità è rinunciare ad ogni errore. Nessun inpudico infatti, nessun lussurioso, nessun superbo né avaro celebra la Pasqua del Signore.

Leone Magno, Sermoni, 74,4-5

9. Il significato ultratemporale e ultramondano della croce

Alla fine di questo secolo Gesù Cristo si sarebbe manifestato al mondo intero come uomo, egli che è il Verbo di Dio che in sé ricapitola tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra. Egli unì dunque l'uomo con Dio operò l'unione di Dio con l'uomo; noi uomini non avremmo potuto in alcun modo partecipare all'incorruttibilità se egli non fosse venuto tra noi. Infatti, se l'incorruttibilità fosse rimasta invisibile ed occulta, non ci sarebbe stata di utilità alcuna. Perciò egli si fece visibile, affinché ricevessimo la partecipazione, in ogni senso, a questa incorruttibilità. E perché nella prima creatura, Adamo, noi tutti eravamo stati incatenati alla morte per la disobbedienza, fu necessario che i lacci di morte venissero rotti dall'obbedienza di colui che per noi si era fatto uomo. La morte aveva regnato sulla carne; per mezzo della carne bisognava che essa venisse perciò abolita, e l'uomo venisse liberato dalla sua schiavitù. Per questo, il Verbo si fece carne, affinché il peccato fosse abolito per mezzo della carne - grazie alla quale aveva ottenuto potere, diritto di possesso e dominio - e più non dimorasse in noi. Per questo, il Signore assunse una "corporeità"identica a quella della prima creatura, per combattere in maniera ravvicinata in favore dei padri, e vincere in Adamo colui che in Adamo ci aveva colpiti.

Ora da dove procede la sostanza della prima creatura? Dalla volontà, dalla sapienza di Dio e da una terra vergine, perché Dio non aveva ancora fatto piovere, dice la Scrittura, prima che l'uomo fosse stato fatto, e non vi era nessuno che lavorasse la terra (Gen. 2, 5). Dunque, da questa terra, mentre era ancora vergine, Dio prese del fango e ne plasmò l'uomo, capostipite della nostra umanità. Ricapitolando in sé quest'uomo, il Signore assunse la stessa economia della sua "corporeità", nascendo da una Vergine per volontà e sapienza di Dio. Mostrò così l'identità della sua "corporeità" con quella di Adamo e divenne quello ch'era stato descritto all'inizio, cioè l'uomo fatto ad immagine e somiglianza di Dio (Gen. 1, 26).

Come per l'opera di una vergine che aveva disobbedito l'uomo fu ferito, cadde e morì, così per l'opera di una vergine che ha obbedito alla parola di Dio l'uomo è stato rianimato, e dalla Vita ha ricevuto la vita. Il Signore è venuto a cercare la pecorella smarrita, ed era l'uomo che s'era perduto; e se egli non ha assunto una qualunque altra carne umana diversamente plasmata, ma per mezzo di questa stessa Vergine che era della razza di Adamo, ha voluto mantenere la somiglianza con questa nostra carne plasmata, tutto ciò è avvenuto per uno scopo ben preciso: perché Adamo venisse ricapitolato nel Cristo - e così ciò che era mortale venisse assorbito e inghiottito dall'immortalità -ed Eva venisse ricapitolata in Maria e così una Vergine, divenendo l'avvocata di un'altra vergine, distruggesse e cancellasse la disobbedienza di quella vergine con la sua obbedienza verginale. Il peccato ch'era stato commesso per mezzo di un legno, fu distrutto per mezzo dell'obbedienza patita sul legno conformemente alla quale il Figlio dell'uomo, in obbedienza a Dio ` fu inchiodato sul legno: distrusse in tal modo la scienza del male e rivelò e comunicò la scienza del bene. Il male è appunto disobbedire a Dio mentre il bene è obbedirgli.

Per questo il Verbo disse per bocca di Isaia profeta, che preannunciava il futuro - erano profeti appunto perché annunciavano il futuro — il Verbo, ripeto, così disse: Io non mi rifiuto, né contesto; ho presentato le mie spalle alle percosse e le mie guance agli schiaffi; non ho sottratto il mio volto all'ignominia degli sputi (Is. 50, 6). Dunque, per quell'obbedienza cui si è sottomesso inchiodato fino alla morte sul legno, egli ha distrutto l'antica disobbedienza commessa per il legno.

E poiché è il Verbo di Dio, anche lui onnipotente, che per la sua natura invisibile è presente tra noi in questo universo che egli abbraccia in tutta la sua lunghezza e larghezza, altezza e profondità -infatti, è per opera del Verbo di Dio che tutte le cose quaggiù sono state disposte e strutturate - per questo la crocifissione del Figlio di Dio si è compiuta anche lungo tutt'e quattro queste dimensioni, quando egli ha tracciato sull'universo il segno della sua croce. Infatti, col suo farsi visibile, ha dovuto rendere visibile la partecipazione di questo nostro universo alla sua crocifissione, per mostrare, con la sua forma visibile, l'azione che egli esercita sull'universo visibile: che egli cioè illumina l'altezza cioè tutto ciò che è nel cielo, che contiene la profondità, cioè quanto esiste nelle viscere della terra, che estende la sua lunghezza da oriente a occidente, che governa come nocchiero la regione di Arturo e la larghezza del Mezzogiorno, chiamando d'ogni parte coloro che sono dispersi, alla conoscenza del Padre.

Ireneo di Lione, Dimostrazione della predicazione apostolica, 31-34

10. La rivelazione della salvezza del mondo attraverso la croce

I pagani ci calunniano e ci scherniscono, ridendo sguaiatamente di noi, senza aver nient'altro da rimproverarci che la croce del Cristo.

Ed è soprattutto questa loro incoscienza che suscita pietà: essi calunniano la croce, senza rendersi conto che la sua potenza ha riempito la terra intera e che, grazie ad essa, si son resi manifesti a chiunque i frutti della conoscenza di Dio. Se anche i pagani, infatti, si sforzassero di rivolgere sinceramente il loro spirito alla sua divinità, non si prenderebbero gioco d'un evento così importante, ma, piuttosto, riconoscerebbero essi stessi il salvatore dell'universo e si accorgerebbero che la sua croce non ha rappresentato la rovina, bensì la guarigione di tutto il creato.

Giacché se è vero che la croce, una volta innalzata, ha fatto sparire ogni forma d'idolatria e che, in virtù di questo simbolo, sono state fugate tutte le apparizioni dei demoni ed il Cristo solo, che ci fa conoscere il Padre, vien fatto oggetto d'adorazione; se è vero che i suoi oppositori son coperti di confusione e che ogni giorno egli converte a sé misteriosamente le loro anime, come può accadere - si potrebbe, a buon diritto, loro obiettare - come può accadere che costoro continuino a ritenerlo un fatto puramente umano e non confessino, invece, che colui che è salito sulla croce è il Verbo di Dio e il Salvatore del mondo? L'atteggiamento di questa gente presenta aspetti simili a quello di colui che parlasse male del sole quando vien nascosto dalle nuvole, ma ne ammirasse la luce nel costatare come essa rischiara tutto il creato.

La luce è bella; più bello ancora, tuttavia, è il sole, autore ed origine della luce. Non diversamente, se costituisce un evento divino che la terra intera sia riempita della conoscenza di Dio, è allora necessario che l'autore e l'ordinatore di un tale capolavoro siano Dio e il Verbo di Dio.

Atanasio, Contro i pagani, 1

11. Tutto il genere umano si radunerà

Badate a me "vi dice la Chiesa "badate a me anche se non volete vedere!". Quelli che credettero allora, in Giudea, conobbero la nascita prodigiosa dalla Vergine, la passione, la risurrezione e l'ascensione di Cristo al cielo, tutte le sue parole divine e tutte le sue divine azioni come realtà presenti. Voi non avete visto tutto ciò, per questo esitate a credere. Vi appare, vi stimola, vi fa riflettere come esperienza personale ciò che non vi viene narrato come qualcosa di passato, o annunciato come qualcosa di futuro, ma vi viene dimostrato come una realtà presente. Forse vi sembra poco, o una nullità; forse non ritenete miracolo o tutt'al più considerate piccolo prodigio divino questo: che tutta la stirpe umana si radunerà nel nome dell'Unico Crocifisso?

Agostino, La fede in ciò che non si vede, 4, 7

12. Ci uniamo al Crocifisso crocifiggendo i piaceri carnali

Evangelizzare il Cristo comporta non solo esporre ciò che si deve credere di Cristo, ma anche ciò che deve osservare colui che si unisce al corpo di Cristo; anzi, significa esporre tutto quello che devesi credere di Cristo: non solo di chi sia figlio, da chi generato secondo la divinità e da chi secondo la carne, quello che abbia sofferto e perché, in che consista la forza della sua risurrezione e il dono dello Spirito che ha promesso e dato ai fedeli, ma anche quali membra, di cui è capo, egli ricerchi, si formi, ami, liberi e conduca all'eterna vita e all'eterno onore. Quando si espone tutto ciò, talvolta con brevità e concisione, talaltra ampiamente ed abbondantemente, si evangelizza il Cristo; quando cioè non si omette nulla di ciò che riguarda la fede, e neppure di ciò che riguarda il costume dei fedeli.

In questo senso si può intendere anche la frase dell'apostolo Paolo, da essi (gli eretici) ricordata: Non ritenni di sapere nulla tra di voi, se non Cristo Gesù e crocifisso (1 Cor. 2, 2)... Sappiano che il concetto "Cristo crocifisso"ha molto da dire agli uomini, e soprattutto che il nostro uomo vecchio fu con lui crocifisso, affinché il corpo fosse sottratto al peccato e noi non fossimo più schiavi del peccato. Per questo l'Apostolo dice anche di se stesso: Lungi da me gloriarmi in qualcosa di altro se non nella croce del nostro Signore Gesù Cristo, per il quale il mondo è crocifisso a me, e l'o al mondo! (Gal. 6, 14). Pongano dunque attenzione a come Cristo crocifisso viene presentato e compreso: comprenderanno allora questa caratteristica della sua croce: anche noi, nel suo corpo, siamo crocifissi al mondo. E con ciò si intende il dominio dei piaceri perversi. Anche l'apostolo Pietro, a proposito di questo mistero della croce, cioè dei dolori di Cristo, ricorda che coloro i quali a lui si consacrano devono cessar di peccare. Dice infatti: Poiché dunque Cristo patì nella carne, anche voi armatevi del medesimo pensiero, che chi ha patito nella carne l'ha finita col peccato, per vivere, nel tempo che gli rimane di vita corporale, non ai piaceri umani, ma alla volontà di Dio... (1 Pt. 4, 1 s.). Con ciò mostra, rettamente, che a Cristo crocifisso, il quale ha patito nella carne, appartiene solo chi ha crocifisso nel suo corpo i piaceri carnali e vive santamente per il vangelo.

Agostino, La fede e le opere, 9, 14-10, 15

13. Soffrire con Cristo

Tutti i giusti hanno percorso una strada angusta ed aspra, sopportando persecuzioni, angustiati e maltrattati, ... costretti a rifugiarsi . nelle spelonche e nelle caverne scavate nella terra (Ebr. 11, 37-38). Anche gli apostoli, non diversamente, dicono: Sino a questo momento noi soffriamo la fame, la sete, la nudità; siamo schiaffeggiati e non abbiamo ove poterci stabilire (1 Cor. 4, 11). Alcuni di loro furono decapitati, altri crocifissi, altri ancora sottoposti alle più diverse torture. E il Signore stesso dei profeti e degli apostoli, dimentico, per così dire della sua divina gloria, che testimonianza ci ha lasciato? Mostrando a noi il modello da, imitare, sopportò l'onta gravissima di recare sul capo la corona di spine, subendo gli sputi, le percosse e la croce.

Se Dio, su questa terra, si è comportato a quel modo, a noi toccherà di imitarlo; se gli apostoli e i profeti, poi, non sono stati da meno, anche noi, se abbiamo in animo di costruire sulle fondamenta che il Signore e gli apostoli ci hanno lasciato, dobbiamo seguirli lungo la stessa strada. Raccomanda, infatti, l'Apostolo, dietro suggerimento dello Spirito Santo: Siate miei imitatori, come io stesso lo sono di Cristo (1 Cor. 11,1).

Se, al contrario, aspiri alla gloria umana e desideri ricevere onori ed essere rispettato e vai cercando una vita comoda, significa che hai già smarrito la strada che dovevi seguire. Occorre, infatti, che tu sia crocifisso assieme a colui che è stato crocifisso e soffra con chi ha sofferto, per esser glorificato in unione a colui che è stato glorificato (cf.1 Rom. 8,17)... Non è concesso, insomma, se non a prezzo di sofferenze e procedendo lungo un sentiero aspro, angusto ed impervio, di entrare nella città dei santi, per riposare e regnare insieme con il re, nel: l'infinità dei secoli.

Pseudo-Macario, Omelie spirituali,- 12, 4-5

14. Due modi di portare la croce

In due modi portiamo la croce del Signore: quando con la rinuncia domiamo la carne e quando, per vera compassione del prossimo, ~ sentiamo i suoi bisogni come fossero nostri. Chi soffre personalmente t quando il prossimo è ammalato, porta la croce del Signore. Ma si sappia bene: vi sono alcuni uomini che domano con gran rigore la loro carne non per la volontà di Dio, ma solo per futile vanagloria. E ve ne sono altri, e molti, che hanno compassione del prossimo non in modo spirituale, ma solo carnale; e questa compassione non è in loro virtù, ma piuttosto vizio, per la loro esagerata tenerezza. Tutti costoro sembra che portino la croce del Signore, ma essi non seguono il Signore. Per questo la Verità dice rettamente: "Chi non porta la mia croce e mi segue, non può essere mio discepolo". Infatti, portare la croce e seguire il Signore significa rinunciare completamente ai piaceri carnali e aver compassione del prossimo per vero zelo della beatitudine. Chi fa ciò solo con fine umano, porta la croce, ma non segue il Signore.

Gregorio Magno, Predica per la festa di un santo martire

15. La croce come contrassegno dei credenti

I1 legno della vita è stato piantato nella terra perché questa, dapprima esecrata, ottenesse la benedizione ed i morti venissero liberati.

Non vergogniamoci, allora, di confessare il Crocifisso. In qualsiasi occasione, con fede, tracciamo con le dita un segno di croce: quando mangiamo il pane o beviamo, quando entriamo od usciamo, prima di addormentarci, quando siamo coricati e quando ci alziamo, sia che siamo in movimento o rimaniamo al nostro posto. t un aiuto efficace: gratuito, per i poveri e, per chi è debole, non richiede alcuno sforzo. Si tratta, infatti, d'una grazia di Dio: contrassegno dei fedeli e terrore dei demoni. Con questo segno, infatti, il Signore ha trionfato su di essi, esponendoli alla pubblica derisione (cf. Col. 2,15). Allorché, dunque, vedranno la croce, essi si ricorderanno del Crocifisso ed avranno timore di colui che ha abbattuto le teste del dragone. Non disprezzare, perciò, quel segno, soltanto perché è un dono; al contrario, onora per questo ancor di più il tuo benefattore.

Cirillo di Gerusalemme, Catechesi battesimali, 13,35-36

16. Nell'imitare Cristo consiste il sacrificio perfetto

0ffrire un figlio, una figlia, degli animali, delle ricchezze fondiarie: tutto ciò è del tutto esterno a noi. Offrire sé stessi a Dio e piacere a lui non per merito di un altro essere, ma per il proprio: questo sorpassa in perfezione ed in sublimità ogni altro voto. Chi fa questo, è un imitatore del Cristo. t Dio, infatti, ad aver donato all'uomo, perché gli fossero d'utilità, la terra, il mare e tutto ciò ch'essi contengono. E Dio che ha messo a disposizione dell'uomo il cielo, il sole stesso, la luna, insieme con le stelle. t lui ad aver elargito agli uomini le piogge, i venti e tutto quanto l'universo contiene. E, come se ciò non bastasse, alla fine egli ha donato se stesso. Dio, infatti, ha talmente amato il mondo, da donare il suo unico Figlio (Gv. 3, 16) per la vita di questo mondo. Qual mai gran merito avrà dunque l'uomo ad offrire qualsiasi cosa a: Dio che, per primo, "si è sacrificato" per lui? Se perciò tu prendi la tua croce e segui il Cristo (cf. Mt. 10, 38); se sei in grado di dire: Non sono pi . ù io che vivo, ma è Cristo che vive in me (Gal. 2, 20); se l'anima nostra nutre il desiderio, la sete di raggiungere e di rimanere con il Cristo (Fil. 1,23), soltanto allora si potrà dire che essa offre se stessa in sacrificio a Dio.

Origene, Omelie sui Numeri, 24,2

17. Fondazione dell'uso del segno della croce

Non vergogniamoci della croce del Cristo, ma, anche se un altro lo fa di nascosto, tu segnati in fronte davanti a tutti, di maniera che i demoni, vedendo quel regal simbolo, fuggano via tremando. Fa' il segno della croce quando mangi e bevi, quando stai seduto o coricato, quando ti alzi, quando parli, quando cammini: in qualsiasi circostanza, insomma. Colui il quale, infatti, è stato quaggiù crocifisso, si trova adesso nell'alto dei cieli. Se, certo, dopo esser stato crocifisso e sepolto, egli fosse rimasto nel sepolcro, allora sì che avremmo ragione di arrossire! Chi è stato crocifisso su questo Golgota, invece, dal Monte degli Ulivi4111 situato ad oriente (cf. Zac. 14, 4), ascese al cielo (cf. Lc 24, 50). Egli fatti, dopo esser disceso dalla terra negli inferi e, di laggiù, tornato nuovamente presso di noi, risalì ancora una volta dal nostro mondo al cielo, mentre il Padre, acclamandolo, si rivolgeva a lui dicendo: Siedi alla mia destra, finché avrò posto i tuoi nemici a scanno dei tuoi piedi (Sal. 109, 1).

Cirillo di Gerusalemme, Catechesi battesimali, 4,14

18. Il segno della croce nelle usanze pagane

Quando ritenete oggetto della nostra religione un delinquente e la sua croce, errate ben lungi dalla verità, se pensate che noi diamo Dio uno che meritò la pena e che ebbe poteri solo terreni. Ed è davvero miserabile colui la cui speranza si appoggia tutta in un uomo mortale: ogni suo aiuto, con la morte dell'uomo, vien meno... Non veneriamo le croci né le desideriamo. Voi piuttosto, che venerate idoli di legno, adorate forse le croci di legno, perché parti dei vostri dei. Che altro sono le insegne, gli stendardi e i vessilli militari, se non croci dorate ed ornate? I vostri trofei di vittoria imitano l'aspetto non solo della croce nuda, ma anche dell'uomo su di essa affisso. Il segno della croce ci si presenta, spontaneamente, nella nave, quando viaggia a gonfie vele e quando procede a remi alzati; quando si innalza il giogo, è un segno di croce, e così pure se l'uomo prega Dio spiritualmente con le mani elevate. Perciò il segno di croce, o si basa su dati naturali, o viene espresso dai vostri usi.

Minucio Felice, Ottavio, 29, 2-3. 6-8

19. La croce, speranza dei popoli

Il suo volto rifulse sul monte, la sua fama, su tutta la terra; non fu spezzato né infranto, perché non in se stesso, non nella sua Chiesa desistette, cedendo ai persecutori. E così non avvenne, né avverrà mai, ciò che i suoi nemici dissero o dicono: Quando morirà e il suo nome sparirà? (Sal. 40, 6).

Fino a quando porrà sulla terra il giudizio (Is. 42, 4). Ecco rivelato il segreto che indagavamo. Si tratta infatti dell'ultimo giudizio che egli realizzerà sulla terra quando verrà dal cielo. Ora, noi vediamo già compiuto ciò che il profeta aggiunge: I popoli spereranno nel suo nome. Questo non lo si può certamente negare: perciò si deve credere anche quello, che pur con impudenza si nega. Chi avrebbe mai sperato questo, che anche coloro, i quali non vogliono ancora credere in Cristo, ve~ dono come noi, e non potendolo negare fremono, battono i denti e si rodono? Chi, ripeto, avrebbe mai sperato che tutte le genti avrebbero Posto la loro speranza in Cristo? E precisamente quando Cristo veniva arrestato legato, percosso, oltraggiato e crocifisso; quando gli stessi suoi discepoli avevano perso la speranza già riposta in lui. A stento allora un ladrone solamente sperò nella croce, ed ora vi sperano i popoli diffusi sulla terra; e per non morire in eterno, si segnano con la croce, su cui egli morì.

Agostino, La città di Dio, 20, 30

20. Ci si difende con la croce, non con gli amuleti e gli incantesimi

Che cosa ne pensi di coloro che ricorrono ad incantesimi ed amuleti oppure si legano alla testa od ai piedi monete di bronzo con l'effigie di Alessandro il Macedone? Ebbene, dimmi: siam proprio noi che, dopo la croce e la morte del Signore, dobbiamo riporre la nostra speranza di salvezza nell'immagine di un re pagano? Non sei a conoscenza delle opere straordinarie che la croce ha prodotto? Ha distrutto la morte ha sconfitto il peccato, ha svuotato l'inferno, ha debellato la potenza dei demonio. Non si deve dunque credere ch'essa possa restituire la salvezza ad un corpo? La croce ha fatto risorgere il mondo intero, e tu non le dai fiducia? Che cosa, dunque, non saresti degno di soffrire?...

Non ti vergogni e non arrossisci per il fatto di esserti lasciato sedurre da queste cose, dopo aver conosciuto una dottrina così sublime? Ciò che è ancor più grave, poi, è che, mentre noi cerchiamo di metterti in guardia e di dissuaderti da tutto questo, coloro che ritengono, in questo modo, di giustificarti, dicono: "Ma la donna che fa questi incantesimi è cristiana e non parla d'altro se non del nome di Dio". Ebbene. È proprio per questo che io nutro verso di lei tutto il mio odio e il mio disprezzo giacché, nel momento in cui afferma di esser cristiana, bestemmia il nome di Dio compiendo opere degne dei pagani. Anche i demoni, infatti, pronunciavano il nome di Dio, non per questo, però, cessavano di essere demoni. Nonostante si rivolgessero a Cristo, dicendo: Sappiamo chi sei: il santo di Dio (Mc. 1, 24); egli, tuttavia, li respinse con disprezzo e li scacciò.

È per questo che vi supplico di astenervi da una simile falsità, affidandovi a queste parole ("Io rinuncio a te, Satana") come ad un sicuro sostegno. E come nessuno di voi oserebbe scendere in piazza svestito o senza calzature, così pure non dovrai mai farlo senza prima aver pronunciato queste parole, nel momento in cui sei sul punto di, varcare la soglia di casa: Io rinuncio a te, Satana, alla tua vana ostentazione e al tuo culto, per aderire unicamente a te, o Cristo". Non uscire mai, senza prima aver enunciato questo proposito: esso sarà il tuo bastone, la tua corazza, la tua fortezza inespugnabile. Ed insieme a queste parole, imprimi anche il sigillo della croce sulla tua fronte. Così, infatti, non soltanto l'uomo che incontrerai, ma neppure il diavolo stesso potrà minimamente danneggiarti, vedendoti apparire con questa armatura.

Giovanni Crisostomo, Catechesi per i neofiti, 2, 5

21. Il valore del segno della croce

Ponete mente difatti a tutte le cose che sono al mondo e vedete se senza questa figura, si possano costruire e combinarsi.

Il mare, ad esempio, non si fende se questo trofeo, sotto il nome di vela, non stia intero sulla nave, la terra non si ara senza di esso, gli zappatori e i meccanici non compiono il lavoro se non mediante arnesi fatti a questa foggia. La forma umana poi per nessun'altra caratteristica si distingue da quella degli animali irragionevoli, che per essere eretta e possedere l'estensibilità delle mani e presentare sul volto il naso, per il quale si compie la respirazione vitale, così disposto sotto la fronte da formare appunto una croce. Per bocca del Profeta fu detto: Il respiro della nostra faccia è Cristo Signore (Lam. 4, 20). E ad attestare la potenza di queste figure stanno i vostri stessi emblemi, cioè i vessilli e i trofei, coi quali voi sempre marciate, ostentando, anche se ciò facciate senza porvi mente, in essi appunto il segno del dominio e del potere. E i simulacri, che innalzate, dei vostri Imperatori morti, con iscrizioni che li deificano, non hanno anch'essi questa foggia? Ed ora che abbiamo cercato per quanto era in noi, di convincervi, sia con ragionamenti, sia mostrandovi il valore di questo segno, ci sentiamo esonerati d'ogni responsabilità, se voi restate increduli.

Giustino, Prima apologia, 55

22. Il significato allegorico della croce

Abramo circoncise, tra i suoi familiari, trecentodiciotto uomini (Gen. 27, 23-27; 14,14). Ebbene, quale era il significato allegorico a lui rivelato? Lo potete comprendere se osservate che la Scrittura dice diciotto e poi, separatamente, aggiunge trecento. Il numero diciotto si scrive con un iota (dieci) e un eta (otto): ti risulta "Gesù". Inoltre la Scrittura aggiunge trecento perché la lettera tau raffigura la croce, da cui sarebbe venuta la grazia. In conclusione, con le due prime lettere simboleggia Gesù, con la terza, la croce. Lo sa bene colui che ha Posto profondo, nel nostro cuore, il dono della conoscenza interiore. A nessuno ho mai insegnato una dottrina più elevata: ma so che voi ne siete degni!

... La croce viene designata anche nello scritto di un altro profeta che dice: Quando si adempirà tutto ciò? Dice il Signore: quando il legno verrà steso a terra e poi sollevato, e quando dal legno stillerà sangue (4 Esdra, 5, 5). Ecco: si parla ancora della croce, e di colui che sarebbe stato crocifisso.

Anche Mosè ebbe la rivelazione della crocifissione quando il popolo di Israele, attaccato dai nemici, stava per subire una sconfitta, permessa da Dio perché imparasse che i suoi peccati lo travolgevano nella rovina. Lo spirito allora ispirò al cuore di Mosè di rappresentare una figura della croce e di colui che vi avrebbe sofferto sopra (significando anche che, se non si confida in lui, si verrà travolti da un'eterna sconfitta). Mosè dunque ammucchiò armi su armi in mezzo alla battaglia: si pose così al di sopra di tutti, e stese le braccia. Subito Israele comincio a vincere. Ma ogni volta che le abbassava, subito venivano sopraffatti. Perché tutto questo? Perché comprendessero che non,,, avrebbero potuto salvarsi senza confidare nel crocifisso (cf. Es. 17, 8- 16). E il Signore disse per bocca di un altro profeta: Tutto il giorno ho disteso le mani verso un popolo che non crede e oppugna il mio retto cammino (Qs.65,2).

Durante un'altra tribolazione, che colpì gli israeliti, Mosè propose ancora la figura di Gesù, mostrando chiaramente che egli avrebbe sofferto, ma poi avrebbe dato loro la vita, proprio quando lo avrebbero creduto morto.

Lettera di Barnaba, 10-12