Quale preghiera

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Il cammino teologale

della preghiera

 

DA CHE PARTE INCOMINCIARE: DA DIO CON NOI

Il Catechismo della Chiesa Cattolica descrive la preghiera così: "Nella Nuova Alleanza la preghiera è la relazione vivente dei figli di Dio con il loro Padre infinitamente buono, con il Figlio suo Gesù Cristo e con lo Spirito Santo" (2565).

Sembra una definizione troppo semplice, da guardare con un po’ di sufficienza da parte di chi ricerca guizzi di originalità o espressioni emotivamente colorite.

Diciamo piuttosto che è un tesoro di semplicità, perché da queste poche parole siamo condotti nella linea scelta dal Catechismo che vuole farci toccare con mano "la preghiera come comunione" di Dio con noi.

Con altre profonde e toccanti espressioni infatti, il Catechismo afferma che "Dio instancabilmente chiama ogni persona all’incontro misterioso con lui. La preghiera accompagna tutta la storia dellasalvezza come un appello reciproco tra Dio e l’uomo" (2591).

"Dio per primo chiama l’uomo...Questo passo d’amore del Dio fedele viene sempre per primo nella preghiera; il passo dell’uomo è sempre una risposta" (2567).

La novità della preghiera cristiana è proprio questa: non è la creatura umana a rivolgersi da sola a Dio, ma è lo Spirito di Dio ad attirarci nell’adorazione del Padre.

LA PREGHIERA FILIALE DEL CRISTIANO

Il battesimo è la fonte del nostro rapporto con Dio, lì siamo diventati figli nel Figlio, lì con la grazia abbiamo ricevuto il triplice dono di fede speranza e carità, con il quale il nostro rapporto con Dio può svilupparsi "sullo stampo", per così dire, del rapporto di Gesù con il Padre perché "l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato" (Rm 5,5). "Per Cristo, con Cristo e in Cristo", i cristiani adorano il Padre con cuore di figli. Nel corpo di Cristo, che è la Chiesa, i cristiani uniscono la loro adorazione alla sola adorazione nella quale Dio si compiace, ripetono cioè il grido del Figlio diletto: "Abbà, Padre".

Quando il Catechismo ci dice che "la vita di preghiera consiste nell’essere abitualmente alla presenza del Dio tre volte santo e in comunione con lui" (2565), ci orienta anche a credere che "tale comunione è sempre possibile, perché, mediante il battesimo, siamo diventati un medesimo essere con Cristo" (ivi) e che "il cammino teologale della nostra preghiera è la preghiera (di Cristo) al Padre" (2607). Bisogna metterci in questa prospettiva per avere il senso cristiano della preghiera, per coltivarla, per amarla. Il Vangelo ci guida ad accostarci al mistero di come Gesù stava con il Padre e ci immerge nell’itinerario della "preghiera filiale, che il Padre aspettava dai suoi figli, (e che) viene finalmente vissuta dallo stesso Figlio unigenito nella sua Umanità, con e per gli uomini" (2599).

COME GESÙ E CON GESÙ

Gesù esprime in tutta la sua vita una intesa piena e perfetta con il Padre, ringraziandolo, lodandolo, benedicendolo in ogni circostanza (cf Mt 11,25-26). Ha piena fiducia nel Padre ed è incrollabile nel compiere la sua volontà (cf Mc 14,32-34). Gesù ha sperato solamente nel Padre, ha fondato il senso e l’efficacia della sua missione solo sul disegno del Padre e di fronte alla morte si affida fiduciosamente al Padre, anche nel buio più fitto (cf Gv 19,30). La vita di Gesù fu un unico atto di amore al Padre perché fu un unico atto di obbedienza filiale alla sua volontà. "Bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato" (Gv 14,31).

Questo rapporto con il Padre, che l’intera vita terrena di Gesù ci ha trasmesso, Gesù ce lo ha anche insegnato con quella mirabile formula di preghiera che è il Padre nostro, chiamato da Tertulliano "sintesi di tutto il Vangelo". E’ stato detto che la prima "strofa" del Padre nostro, misterioso arcobaleno tra il cielo e la terra, potrebbe essere riassunta nella breve espressione "Prima Tu", Padre. E’ così: il Nome, il Regno, la Volontà di Dio sono l’unico grande desiderio di Gesù, sono "le cose del Padre suo" (Lc 2,49) per le quali, da adolescente, si era trattenuto nel tempio, facendo trepidare il cuore della Madre. Quello che Gesù ci fa domandare nel Padre nostro è una direttiva per la nostra preghiera: ci fa domandare anzitutto quello che sta a cuore al Padre, quello che il Padre vuole realizzare in noi. Ma come può succedere questa rivoluzione del nostro pregare, a noi che siamo così presi dalle "cose nostre"?

 

LA NOSTRA "DOTE" BATTESIMALE

Dal Catechismo della Chiesa Cattolica:

Le virtù teologali...sono infuse da Dio nell’anima dei fedeli per renderli capaci di agire quali suoi figli (1813).

Se non si accompagna alla speranza e all’amore, la fede non unisce pienamente il fedele a Cristo e non ne fa un membro vivo del suo Corpo (1815).

Dal recente Catechismo degli Adulti: La vita filiale si esprime attraverso il dinamismo delle ‘virtù teologali’: fede, speranza e carità; energie che rendono capaci di comunicare personalmente con Dio e di unire a lui (829).

Dio, per stabilire il suo rapporto con noi, non può contare, in partenza, sulle nostre possibilità umane, ma su quello che lui stesso ci dona, fin dal battesimo. Le virtù teologali sono questo dono. "Teologali": si chiamano così (stando al termine greco) proprio perché lo Spirito Santo ce le ha regalate come capacità di rapporto con Dio. Non sono prodotte anzitutto dallo sforzo umano proteso verso Dio, ma sgorgano dalla vita di famiglia della Trinità, vita divina comunicata a noi nel battesimo. Per questo la risposta personale di ogni cristiano al progetto di Dio si impernia su queste tre dimensioni fondamentali per la vita cristiana, la fede, la speranza e la carità, dono di Dio e compito nostro.

Se con il battesimo siamo chiamati a diventare "figli nel Figlio" e se confrontiamo il dono battesimale con gli atteggiamenti di Gesù verso il Padre, vediamo che

aver fede non vuol dire solo credere delle verità

credere è anzitutto aderire a Cristo che ci rivela il Padre, e fidarsi del Padre come Gesù e con Gesù

sperare non è solo tendere al paradiso

sperare deve essere anzitutto contare sul Padre, come ha fatto Gesù e stando uniti a lui

la carità non sta tutta nel fare del bene e nel perdonare

amare deve essere anzitutto, sempre e in tutte le cose, conformare la nostra volontà alla volontà del Padre come Gesù e con Gesù.

Nella nostra preghiera fede speranza e carità possono essere riassunte con un atto interiore semplicissimo e rapido, quasi senza parole, anche senza alcun gusto o commozione, con il quale dico a Dio: - Ti credo presente in me, spero nella tua parola, ti amo -. Ciò può talvolta erompere come di getto, senza sforzo, ma quasi sempre questo atto deve maturare come frutto di un buon esercizio interiore perché la nostra risposta a Dio sia unitaria, un unico "sì" fatto di fede speranza e carità.

Un pregare come quello che abbiamo brevemente richiamato è elementare perché è costituito dagli elementi che fondano l’adorazione filiale di Dio.

ADORARE DIO è proprio

amarlo con tutta la fede

credere in lui per amore

sperare in lui perché

gli crediamo amandolo.

Non è un gioco di parole. Vi proponiamo questo cammino verso la sintesi unitaria delle virtù teologali per giungere ad essere "felicementi sopraffatti da Dio perché amati da lui" (Ballestrero), per "guardarlo negli occhi e confidargli: ‘sono qui perché tu sei il tutto della mia vita e perché ci sei, e sei tu’" (Maggiolini). E’ un pregare che orienta e attua il mettere Dio al primo posto nella mia vita.

UNA POSTILLA

abbiamo citato più volte il Catechismo della Chiesa Cattolica. Bisogna averlo in casa, alla mano...non solo come soprammobile. Prendete o riprendete in mano la Parte IV: si può proprio leggerla in modo orante, come qualcuno ha detto.

 

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