GIOVANI:

EDUCAZIONE ALL’AMORE

E ALLA FAMIGLIA

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Schede di ricerca

Primo ambito:

L’educazione all’amore.

L’educazione all’amore è opera complessa e urgente. Tutte le società, anche le primitive, prevedevano interventi espliciti sulle giovani generazioni per aiutarle a entrare nel mondo adulto delle responsabilità procreative, relazionali, oblative con una consapevolezza alta del compito. Queste attività di iniziazione erano spesso legate alla pubertà, ma erano pure seguite da introduzione alla vita di famiglia, alla valutazione dei rapporti, all’apprendimento dei significati. Oggi l’educazione all’amore è ridotta a informazione, spesso è lasciata allo spontaneismo, sotto la falsa immagine della libertà. Non di rado famiglie ben impostate, che trasmettono ai figli un senso profondo della donazione reciproca nell’amore, vengono private praticamente del loro diritto dai mass-media o dai circoli viziosi che la società mette in atto in campo di prevenzione o di salute o di stretta preoccupazione economica. La comunità cristiana nei suoi percorsi educativi, non può non interessarsi dell’educazione all’amore, ma spesso lo fa in termini indiretti, o generici o sporadici. Alcune impostazioni risentono della mera preoccupazione di evitare l’immoralità, di censurare comportamenti scorretti, senza inserire nel clima necessario della vita di fede e di amore in Gesù. Talvolta manca un progetto o, quando si comincia, i ragazzi hanno già fatto le loro scelte imposte dalla mentalità comune. Occorre in un primo momento delineare i principi fondamentali che presiedono a ogni buona iniziativa sia della comunità parrocchiale, che giovanile che familiare.

 

1. Il matrimonio come vocazione: progettualità vocazionale nella pastorale giovanile.

finalità:

Offrire a tutti i giovani e a tutti gli educatori gli elementi fondamentali per formarsi e formare all’amore entro un orizzonte vocazionale, essenziale per divenire adulto nella Chiesa e nella società, di cui il matrimonio è una chiamata specifica, esplicita e personale.

Per avviare la ricerca:

L’educazione all’amore ha un orizzonte vocazionale che trova nel matrimonio la meta di un cammino non casuale. La pastorale giovanile che è attenta alla vocazione di ciascuno deve collocare la vocazione al matrimonio entro la ricchezza di tutte le vocazioni ecclesiali, e offrire ogni traccia che permetta ai giovani di individuare la chiamata e di Dio e gli strumenti per seguirla. Per questo in collaborazione con la famiglia, aiuta a leggere nella vita i segni della vocazione, offre occasioni e strumenti per la verifica, imposta il cammino di crescita per creare atteggiamenti che fanno scaturire disponibilità e decisione, mette a disposizione percorsi che qualificano la proposta del matrimonio come via concreta di santità, non generica, ma "firmata". Il modo di pensare comune purtroppo definisce il matrimonio ancora come fatto ineluttabile, una cieca legge di natura cui non ci si può sottrarre, la fine della creatività giovanile, la gabbia dell’amore, un destino in cui bisogna sperare di incontrare fortuna, un terno al lotto difficile da controllare, la conseguenza di un colpo di fulmine soggetto più alle leggi del mercato o della furbizia che a una scelta ponderata, un destino che si calcola a statistiche, una invenzione della natura per la sopravvivenza della specie e che non fa parte di nessuna progettualità divina personale, ma tutt’al più di una tendenza generale dell’umanità. Per il vangelo invece è una autentica chiamata di Dio alla santità, a dare carne concreta al suo amore per gli uomini. Anche nelle comunità cristiane dove la consapevolezza della vocazione al matrimonio è alta, non si offrono sempre gli strumenti adatti per coltivarla, farla crescere a maturazione, preparare le persone a viverla con fede. Non esiste certo l’attenzione che la Chiesa pone per tutte le altre vocazioni di speciale consacrazione e forse talvolta si assiste anche a una certa sottovalutazione.

 

2. Non solo amici, non ancora fidanzati: analisi, discernimento, proposta educativa

finalità:

Rendere evidente e caricare di progettualità educativa quella stagione della vita giovanile che si apre all’esperienza dell’amore, coinvolgendo affettività e sessualità, e che precede una più consistente esperienza di coppia.

Per avviare la ricerca:

C’è un tempo caratteristico della fase adolescenziale in cui i rapporti tra ragazzi e ragazze non si possono più dire di sola amicizia, ma non ancora di scelta di una coppia più o meno fissa o orientata da un progetto di crescita. È una fase delicata perché molto spontanea, libera, in continua trasformazione e scoperta di nuove capacità di relazione. L’adolescente oscilla tra la compagnia degli amici o delle amiche e momenti di isolamento con la sua ragazza/o; talvolta è amore fino all’infatuazione, talaltra è solo una prova di superiorità nei confronti degli amici e delle amiche. Si direbbe che si impara ad amare per tentativi e prove. È il periodo dei sogni, degli approcci impacciati o grossolani, che tradiscono ugualmente la difficoltà di relazione. È il tempo delle grandi narrazioni sui diari, delle lettere, dei bigliettini, delle spedizioni al cavalcavia per scrivere in caratteri cubitali l’amore eterno. È il periodo in cui la fine di una amicizia di questo tipo risuona come alto tradimento, delusione, sfiducia nella vita, crisi esistenziale "da prendere di corsa la finestra". Nessuno si sogna di chiamare vita di coppia o fidanzamento tutto questo, ma non si può nemmeno pensare che siano cose che passano, che non lasciano traccia, che non comincino a scrivere la meravigliosa storia di un dono o purtroppo di una vita autocentrata. Non si può vivere una deresponsabilizzazione nei confronti di sé, della Chiesa, della società quando si vive in una situazione intermedia a svantaggio sia dell’amicizia che della vita di coppia. Non può essere lasciata in balia del caso, della mentalità permissiva o edonista. Che cosa può fare la famiglia in queste situazioni? Si limita a controllare, a distrarre, a dire: "ti passerà"? Che cosa mette a disposizione la comunità cristiana nei suoi progetti educativi per questi giovani, perché non si trovino di fronte a scelte obbligate che non hanno mai voluto o in situazioni definitive della vita senza averle valutate e scelte? Come può veramente crescere l’amore vero entro questo cumulo di alti e bassi, di esperienze purissime e talvolta non troppo ortodosse? È possibile aiutare i giovani a vedere un progetto di vita, una vocazione che lentamente si dipana? offrire loro punti di appoggio, guide, percorsi formativi che li aiutino a vivere con gioia questa stagione, a valutare la castità come tirocinio di crescita nella capacità di dono?

 

3. La preparazione al matrimonio nell’età giovanile: urgenza, difficoltà, spazi, modalità, fasi

finalità:

Approfondire gli elementi essenziali di una preparazione al matrimonio anche come Sacramento, così da offrire al mondo giovanile cammini di fede, di ascesi e di vita ecclesiale che aiutino a una risposta matura alla chiamata al matrimonio.

Per avviare la ricerca:

C’è una età invece in cui la prospettiva di una vita a due nel matrimonio, anche se non è già inscritta in una vita di coppia, diventa più plausibile, si fa in certi casi problema. Mi sento portato alla vita coniugale, la sogno come completamento della mia capacità di dono, ma mi pare troppo alta, troppo impegnativa; talvolta mi fa paura, mi sembra che tolga tutta la spontaneità ai miei diciotto anni o alle mie esperienze pur pulite che compio. Si vive in gruppo con gli amici, ci si diverte, si fa notte o l’alba nei giri di discoteche, pub, night, si tentano approcci, ma quando si è soli nasce la domanda: a chi saprò offrire il mio amore? riuscirò ad andare oltre le esperienze fugaci, troppo generiche e non impegnative? si può sognare fedeltà e dono totale oppure si vive sempre di tentativi? Ancor più difficile la posizione del giovane quando gli anni crescono e non si fa chiara nessuna prospettiva concreta. Ti prende angoscia, con gli altri fingi di star bene, di non aver bisogno di nessuno, ma provi frustrazione, perché altri tuoi amici "sono già insieme". La famiglia che ha alle spalle spesso lo aiuta con discrezione, anche con la propria vita cristiana, la vede come una coppia felice che, pur tra tante difficoltà o piccole liti sa dimostrare tenuta sincera e dedizione vicendevole. In certi casi invece il dramma di vedersi davanti un futuro incerto nasce dall’esperimentare una famiglia divisa, si approfondisce con i ricatti affettivi o del padre o della madre con cui per un po’ si gioca, ma che alla fine ti tolgono la capacità di sperare. Un’esperienza difficile di qualche fratello o sorella tolgono le forze o continuano a far rimandare il problema. Alcune esperienze negative subite nella fanciullezza pesano come macigni da cui non ci si può liberare da soli. C’è stato qualche momento in cui l’attrazione verso la vita consacrata è stata più di un desiderio e ogni tanto riaffiora. Ti volti in giro e non trovi chi ti aiuta. I mass media non hanno interesse che a spremerti adesione incondizionata al ribasso. Come aiutare un giovane a fare il lungo e meraviglioso cammino dell’amore? a essere giovane e nello stesso tempo fidanzato/a, a essere formato in ambedue le dimensioni? Quali spazi, quali esperienze offre la comunità cristiana? È possibile iniziare a tessere nella coscienza credente una sorta di tragitto che porta dal battesimo, alla cresima al sacramento del matrimonio? Come far cogliere la novità e la bellezza del matrimonio come sacramento rispetto a qualsiasi altro tipo o forma di coniugalità? Individuata la vocazione occorre individuare il percorso per un progetto al matrimonio cristiano, avere strumenti per maturare una risposta generosa. Ci sono varie dimensioni della vita da approfondire: quella spirituale, umana, culturale. Non si può ridurre la preparazione al matrimonio alle ultime settimane prima della celebrazione. Quali sono le tappe che occorre offrire a ogni giovane perché si possa attrezzare per un cammino che può essere lungo, ma anche molto breve? Come preparare con lungimiranza, con serenità a questa risposta personale?

 

4. Giovani, famiglia e radicalità evangelica per la missione.

finalità:

Aiutare a prepararsi e a vivere la scelta del matrimonio-sacramento come esperienza di radicalità evangelica nella dimensione missionaria della vita cristiana, delineandone la forza dirompente nella società di oggi e l’orizzonte di apertura.

Per avviare la ricerca:

Esistono alcuni modi di dire nella mentalità comune che vanno nella direzione opposta al nostro obiettivo di famiglia secondo il cuore di Dio. Si parla di tomba dell’amore, di gente che si accomoda e che "mette su" chili di troppo, di sistemazione, di fine della giovinezza, di briglie, ma soprattutto di perdita dell’incandescenza di una vita spesa con coraggio. Si pensa di entrare in una routine debilitante, per nulla esaltante, se non ci si scavano momenti di coppia fuori dal normale. L’arrivo dei figli completerebbe la chiusura nelle quattro soffici, calde mura. Niente che dica radicalità evangelica e apertura di orizzonti. Sono certo luoghi comuni che si possono smontare facilmente con le esperienze vive di tante coppie, di tanti cristiani, di molte famiglie che scrivono storie di vita cristiana quotidiana, ma profonda e convincente, che stanno alla base di una trasformazione della società, della chiesa e che fanno scuola nella stessa apertura alla mondialità. Spesso si pensa di dover scrivere la vita cristiana entro eroismi e esperienze eccezionali, senza avere la consapevolezza che una vera vita di famiglia fondata sulla Parola di Dio e sul vangelo che è Gesù è una tale provocazione al modo di impostare la vita media oggi, nelle nostre civiltà opulente e spesso secolarizzate, che da sola si presenta come scandalo’ o come luce. È importante allora aprire la vita di una famiglia ai criteri evangelici, incarnati nella società contemporanea. Nella famiglia dove c’è il dono dello Spirito che rende capaci di amarsi come Cristo ama la Chiesa c’è un amore di coppia che può aiutare molti a vincere egoismi più o meno latenti; c’è una apertura alla vita che può aiutare tanti ad apprezzarla in ogni sua espressione, anche la più problematica; c’è una apertura all’accoglienza che può aiutare a vincere gli egoismi di categoria, di censo, di razza, di religione, di appartenenza; c’è una fecondità che la può dire lunga sulla fatica di accogliere la fertilità come benedizione; c’è un desiderio di dono che non ha confini; c’è una esperienza di fede e di incontro con Dio che non può essere tenuta per sé. Si tratta di approfondire i grandi valori che la famiglia cristiana ha a disposizione per grande dono di Dio e farli "parlare" all’uomo di oggi. Si è evangelizzatori se si mantiene un livello di vita di famiglia capace di esprimersi in impegno ministeriale.

Educare all’amore avendo davanti l’orizzonte della proposta cristiana del matrimonio è far entrare nei cammini educativi un progetto molto aperto, all’inizio anche non definitivo, di famiglia, come spazio di realizzazione della dimensione cristiana più aperta possibile all’orizzonte del mondo. La missionarietà della famiglia nasce all’inizio, non è una scelta che scatta dopo che ci si è "sistemati". Missione è annuncio della salvezza esperimentata in Gesù a tutti, è servizio di nuova evangelizzazione nell’ambiente, è impegno pastorale nella comunità, è stile di chiesa domestica, di famiglia, quindi.

 

Secondo ambito:

Gli itinerari educativi

Ogni giovane ha bisogno di essere aiutato a crescere attraverso una serie di proposte, esperienze, impegni, approfondimenti, decisioni, testimonianze, tirocini severi. Tutto questo noi chiamiamo itinerari, percorsi, cammini: una sequenza educativa fatta di vita concreta e di riflessione su di essa, di ascolto e di risposta, che mettiamo a disposizione dei giovani. Gli itinerari sono il punto di arrivo di un insieme di riflessioni pedagogiche che si sono fatte in questi anni per servire concretamente un progetto educativo, per non lasciarlo nell’ordine delle pie intenzioni, per dare gambe o cingoli a intuizioni e mete educative. Serve anche per allargare sempre di più la convergenza educativa di tanti soggetti interessati al mondo giovanile. Niente meglio dell’educazione all’amore ha bisogno che ci siano interventi concordati tra le varie agenzie educative, perché l’amore investe corporeità, cultura, fede, rapporti sociali, equilibrio psicologico, concezione della vita, aspetti economici e lavorativi, esperienza religiosa e di fede, sentimenti ed emozioni, arte e espressività, tempo libero e hobby. Simultaneamente va fatta maturare la coscienza che questo amore di coppia è chiamato a ricevere il dono dello spirito nella celebrazione del Sacramento del matrimonio per "rappresentare il mistero dell’incarnazione di Cristo e il suo mistero di alleanza" (FC 13).

Ora, non si tratta solo di sedersi a tavolino per mettere in ordine esperienze fatte e farle diventare percorribili da tutti, ma anche di vedere le condizioni fondamentali che ci sembrano necessarie per percorsi di educazione all’amore. Sarà più facile in seguito offrire anche strumenti concreti o sussidi. La domanda che ci si deve fare all’inizio non è il classico "come?", quasi che si tratti solo di strumenti, di modalità, di trovare la formula magica o la struttura pastorale più efficiente, ma ancor prima ci si deve fare la domanda del "che cosa?, perché? chi?". Occorre cioè approfondire principi, mettersi in contemplazione del dono di Dio che è l’amore, del matrimonio che ne è sacramento permanente e della sua Parola scritta per metà nella vita dei giovani e delle famiglie e per l’altra metà nelle Sacre Scritture e nell’esperienza della Chiesa.

 

5. Gli itinerari di educazione all’amore: incontro di due prospettive pastorali

finalità:

Aiutare gli operatori di pastorale giovanile e di pastorale familiare a costruire assieme itinerari di educazione all’amore che facciano tesoro dell’esperienza, dei linguaggi, dei metodi, dei modi di operare, dei punti di vista, delle preoccupazioni formative, degli obiettivi di ciascuno.

Per avviare la ricerca:

Perché gli itinerari di educazione all’amore siano capaci di far crescere i giovani verso un progetto di famiglia occorre che siano attenti alla vita del giovane e siano capaci di orientare a un progetto di vita familiare. Ora, queste due attenzioni sono ciascuna lo specifico della pastorale giovanile e della pastorale familiare. I due ambiti pastorali hanno da tempo impostato loro attività proprie, si sono pure dati un linguaggio, si sono fatti una esperienza, hanno preparato animatori. Si tratta di far convergere due punti di vista differenti, entrambi necessari su un cammino di crescita unico che pone al centro questo giovane per questa famiglia, questa situazione di fatto con queste indicazioni del vangelo. Siamo consapevoli che la giovinezza è una stagione della vita ricca di doni per tutta l’umanità, è un insieme di risorse, comunica attraverso ambienti e stili caratteristici, forse talvolta tende all’isolamento, usa metodi spesso induttivi, parte dalle esperienze della vita, dai sogni che la colorano, ha linguaggi legati alla moda del momento, si esprime con la musica, il canto, il ballo, lo sport. Anche la pastorale giovanile nei suoi metodi fa un’opera di interpretazione di tutta la vita del giovane, della gioia di vivere per aiutarlo a un incontro col Signore della vita. La famiglia nello stesso tempo ha una sua vita piena di gioie e di dolori, di problemi e di risorse, di sfide e di proposte, è inserita in un mondo di relazioni sociali, parentali, politiche, economiche, amicali, comunitarie che la fanno un mondo in miniatura, veramente una chiesa domestica. La pastorale familiare in questi anni ha aiutato molto la famiglia a riscoprire il suo fondamento nel sacramento del matrimonio, a esporsi maggiormente alla luce del vangelo, al vangelo dell’amore e della vita; ha curato operatori capaci di condurre percorsi di fede, di sensibilizzare la vita della comunità cristiana alla famiglia come soggetto di pastorale. Ora si tratta di unire le due prospettive su un obiettivo concreto: gli itinerari di educazione all’amore. Il lavoro è definito da linguaggi comuni, figure educative con obiettivi uguali e modi di presenza diversificati...

 

6. Le figure educative per gli itinerari di educazione all’amore

finalità:

Delineare le nuove figure educative che aiutano il mondo giovanile nell’educazione all’amore nello stile degli itinerari che esigono animatori di gruppo, ma anche educatori degli ambienti di vita dei giovani, responsabili di istituzioni, coppie di genitori, guide spirituali, responsabili della vita pubblica...

Per avviare la ricerca:

Gli animatori della pastorale giovanile hanno una loro struttura, un loro metodo, una loro configurazione, una preparazione adatta soprattutto a condurre gruppi giovanili, a creare aggregazione, a formulare itinerari di catechesi. Gli operatori di pastorale familiare hanno pure un loro metodo, una preparazione adatta a interagire con la vita di coppia, di famiglia, una concezione pedagogica e didattica, distribuita su un più ampio raggio di età e problemi. Chi aiuterà il giovane a seguire questi itinerari, già formulati in collaborazione ? sarà possibile lasciare tutto all’animatore di gruppo, magari anche troppo giovane? oppure si opta per la presenza di una coppia di genitori sensibili ai problemi giovanili oltre le interazioni familiari? Che ruolo hanno le giovani coppie in questi percorsi? Probabilmente occorreranno tutti, ma si può anche ipotizzare non solo qualche figura nuova, ma anche alcune collaborazioni più vaste. Infatti per il mondo giovanile costruire un itinerario significa sicuramente sviluppare i contenuti della vita cristiana in una sequenza fatta di tappe, di atteggiamenti, di approfondimenti, ma soprattutto distribuire il percorso formativo su tutto l’arco dell’esperienza e degli ambienti di vita del giovane, con un necessario intervento di altre figure educative come genitori, responsabili della vita pubblica, insegnanti, operatori del tempo libero, del lavoro, della vita sportiva... Di conseguenza occorrerà mettere mano anche al sistema formativo degli educatori, ai cosiddetti corsi di preparazione degli animatori e dei loro formatori. Alcune esperienze associative possono offrire il frutto della loro tradizione educativa. Non si parte da zero, anche se la convergenza è tutta da inventare. Un altro problema può essere quello di coinvolgere la famiglia in quanto tale nello sviluppo di alcuni momenti dell’itinerario, anche solo come ambiente naturale in cui si sviluppa l’educazione all’amore.

 

7. Sessualità e conoscenza della fertilità negli itinerari per una educazione all’amore

finalità:

Offrire principi e suggerimenti per una educazione all’amore che affronta esplicitamente le tematiche della sessualità e della corporeità per una conoscenza meno superficiale dei problemi del dono della vita e del dialogo di coppia.

Per avviare la ricerca:

Persiste ancora nei modelli educativi sviluppati nelle comunità cristiane una certa difficoltà a intervenire su tematiche esplicitamente orientate alla sessualità e alla corporeità, con il risultato di aumentare la solitudine del giovane o la dipendenza dai modelli edonistici o il procedere per tentativi e prove. Si dice spesso che tocca alla famiglia e la si lascia sola; si opta per qualche intervento informativo che sicuramente non basta; si stabiliscono più volentieri colloqui a due, confondendo direzione spirituale con educazione sessuale. Tutt’al più si entra maggiormente nel tema della fertilità o dei metodi naturali con chi ormai è prossimo al matrimonio e comincia a porsi i problemi del dopo. Invece siamo convinti che la conoscenza precisa della propria corporeità entro un clima educativo, non solo informativo non è questione di strumenti, ma di un modo di pensare, accettare e offrire il proprio corpo, l’amore, l’affettività. Si tratta di approfondire concretamente l’identità maschile e femminile, la reciprocità, la ricchezza accolta e donata di ciascuno. È necessario allora svolgere questa formazione contestualmente a tutte le motivazioni ideali e le ricerche più generali sull’amore. Questo lavoro progettato in cammini educativi permette anche di far capire meglio il significato della castità e della verginità, della paternità e maternità responsabile, della stessa vocazione di speciale consacrazione e la prevenzione dall’AIDS. Non si può continuare a porre ogni questione di rapporto affettivo in termini di preservativo, azzerando ogni ricerca di maturità personale, di crescita e di progettualità. Un altro campo che ne viene illuminato è quello dei rapporti prematrimoniali che non rientrano in una corretta concezione cristiana della sessualità e della corporeità, delle motivazioni globali della persona e della vita cristiana.

 

Terzo ambito

Il fidanzamento

La parola fidanzamento spesso i giovani non la vogliono sentire. È più facile definirsi coppia, parlare del mio ragazzo o della mia ragazza, che è già un passo in avanti rispetto all’avventura o al vivere di occasioni, piuttosto che cogliere una sorta di definitività in un rapporto carico ancora di insicurezze. Fidanzamento è una parola che si pronuncia volentieri solo molto tardi in prossimità della celebrazione del matrimonio o troppo presto quando uno è immerso ancora nel mondo dei sogni. Si comincia sempre per tentativi, poi lentamente si costituisce una vita di coppia, poi ci si decide di sposare e spesso senza aver fatto i conti con la realtà nuova che si va iniziando. Dichiararsi fidanzati è molto impegnativo, ma non dichiararsi, se non alla fine, è perdere la ricchezza che tale tempo mette a disposizione della crescita del giovane e della famiglia. Interessati al discorso sono non solo i giovani, ma anche i genitori o le strutture che presiedono al futuro dei giovani, alla loro possibilità di affrontare un progetto di vita con gli elementi minimali che lo consentono. Trattare i giovani da fidanzati, quando essi lo decidono, farebbe fare anche alla società e alla Chiesa un salto di responsabilizzazione; metterebbe la comunità cristiana e civile di fronte al futuro dei giovani con più progettualità. Aiuterebbe la stessa pastorale giovanile a essere meno generica e la pastorale familiare a offrire ai giovani l’esperienza di vita familiare che la caratterizza con una particolare attenzione al renderla significativa, praticabile, radicale e nuova. Si va sempre più chiarendo nella vita ecclesiale che siamo di fronte a un tempo di grazia, a una condizione preparatoria al Sacramento, che ha già in sé un suo significato e una forza precisa da mettere a servizio di tutti.

 

8. Gli "sponsali": verso il riconoscimento di uno "status" ecclesiale del fidanzamento.

finalità:

Valorizzare il tempo del fidanzamento come status sociale ed ecclesiale, anche esplicitandone l’inizio attraverso riti e simboli celebrati nella comunità cristiana, per proseguire poi in uno specifico itinerario formativo.

Per avviare la ricerca:

In alcune tradizioni familiari esiste ancora una certa forma di ritualità, che nel dichiarare pubblicamente il fidanzamento, rende impegnativo il rapporto di coppia, lo colloca in un clima di fine della stagione dell’indefinito e di più chiara progettualità per la futura famiglia. Nella generalità dei casi invece si dichiara il fidanzamento per mettere pace tra il parentado o non lo si dichiara affatto in un massimo della privatizzazione delle scelte di vita dei giovani. Le Chiese Orientali da sempre hanno previsto un rito che celebra solennemente l’inizio del percorso del fidanzamento e che porta il nome di "sponsali", variamente formulati. Per i giovani, è importante che maturino la coscienza che il percorso di coppia non è solo personale, non è privato, non deve rinchiudersi nel rapporto a due, ma diventa dono per la Chiesa e la società. Di conseguenza va aiutato a essere vissuto con impegno. È possibile ripensare e rivivere una qualche forma di promessa e iniziazione che aiuti i giovani e le famiglie a convergere su un sostegno, un aiuto, una decisione che stabilisce uno status riconosciuto, che impegna e si apre a un futuro sereno, anche se non definitivo? Il percorso di due persone che si orientano al matrimonio è un dono per la Chiesa come lo è quello di chi si avvicina al presbiterato o alla scelta della consacrazione nella vita religiosa. È una sorta di noviziato, di catecumenato che introduce in una nuova identità della vita cristiana. Gli sponsali che apporto positivo darebbero alla stessa preparazione al matrimonio sia per il mondo giovanile, sia per la realtà civile che per la comunità cristiana? Si possono studiare alcune forme realizzabili? Come una Chiesa diocesana può fare i primi passi in questa direzione? Il nuovo Ordo celebrandi matrimonium, editio typica altera prevede in appendice II° forme di promesse solenni. Quali esperienze proporre per valorizzarle?

 

9. Fidanzamento: identità e crescita verso una nuova presenza nella Chiesa.

finalità:

Favorire una presa di coscienza dei fidanzati del dono dello Spirito che viene loro fatto nello specifico tempo del fidanzamento, individuando le modalità con cui da fidanzati si crede, si celebra, si serve nella Chiesa.

Per avviare la ricerca:

Tra i tanti aspetti del fidanzamento che vanno affrontati non è secondario pensare in forma nuova alla vita di coppia e di famiglia come unità di vita cristiana, di attività e di servizio pastorale. Spesso purtroppo il fidanzamento e ancora di più il matrimonio inizia una fase di latitanza dei cristiani dalla vita pastorale. Invece il periodo del fidanzamento è il passaggio da una spiritualità e impegno battesimale vissuto individualmente pur nella dimensione ecclesiale, a un battesimo vissuto nella dimensione di coppia. Essere in due che prega, che ascolta la Parola, che dialoga e incontra Cristo, che vive la vita di carità, che si mette al servizio della vita ecclesiale, modifica la modalità con cui si vive la dimensione battesimale che si concretizzerà in una ministerialità specifica nel matrimonio. La vita di coppia è obbligata a ridefinirsi: la stessa struttura di personalità che cambia psicologicamente, affettivamente, nei progetti e nei comportamenti deve costruirsi in modo nuovo nella sua imitazione di Cristo-sposo, nell’accoglienza dello Spirito. Non è possibile rivolgersi a Dio nel linguaggio intimo della preghiera senza coinvolgere l’altro con cui si vive l’amore di Dio che si invoca. Non ci si può presentare col volto dell’accoglienza verso gli altri se in questa non vi è trascinata per arricchirla tutta la coppia da cui si sviluppa questa attenzione agli altri. Anche la vita della comunità cristiana, parrocchiale o diocesana, deve accogliere e assumere più precisamente la caratterizzazione sponsale e familiare, nell’evangelizzazione, nella celebrazione, nella carità. Si potrebbero mettere in parallelo i cambiamenti che opera una persona nella vita di coppia con quelli necessari che deve assumere la comunità cristiana se vuol essere comunità in cui le coppie cristiane hanno uno status sacramentale.

 

10. Fidanzamento tempo di maturazione in coppia per un impegno nella società.

finalità:

Aiutare i giovani e gli operatori pastorali a far crescere la consapevolezza che il fidanzamento è un tempo forte per operare da coppia a favore del bene comune e per apprendere in una esperienza concreta il ruolo della coppia e della famiglia nella Chiesa e nella società.

Per avviare la ricerca:

Se la comunità cristiana spesso con il matrimonio viene privata di due cristiani impegnati per la vita della comunità, la stessa cosa capita per la vita della comunità civile, per il volontariato, per la stessa vita pubblica e l’impegno politico, per il servizio sindacale o le esperienze di solidarietà. Come deve essere impostato un rapporto di coppia con progetto di famiglia perché non viva un periodo di estraneazione dalla vita sociale, perché non si collochi la vita a due nelle classiche visioni oleografiche dei due cuori e una capanna, possibilmente sotto due palme in riva al mare, con una interminabile luna di miele che magari finisce con l’inedia e la separazione? Col fidanzamento ha inizio un servizio alla comunione e alla vita che diventerà con il sacramento una specifica ministerialità. È in questa stagione che si pongono le basi della vita di servizio. È un lento tirocinio a misurarsi sugli interessi e gli impegni per gli altri, sulle qualità di vita di relazione e di concezione del bene comune. Non potrà la famiglia diventare cellula della società se l’obiettivo è di chiudersi a usufruire soltanto di quello che lo stato offre. Di fatto oggi non c’è politica delle famiglie anche perché le famiglie si sono ritirate nel privato, hanno soffocato all’interno di un appartamento la spinta nativa del matrimonio a essere tipo di una vita sociale. È dimostrato che la famiglia ha risorse impensate che possono ribaltare situazioni impossibili della convivenza sociale: ospitalità, educazione, accoglienza, rispetto della vita, laboriosità, dedizione, cultura sono solo alcune ricchezze che possono essere valorizzate e fatte esplodere. Il fidanzamento è già la coscientizzazione della loro forza e il luogo della progettualità. Nello stesso tempo la coppia diventa per il Sacramento dono a servizio della vita e della comunione nella Chiesa. Lo esprimiamo con le parole della Familiaris Consortio: "La famiglia cristiana è chiamata a prendere parte viva e responsabile alla missione della Chiesa in modo proprio e originale, ponendo cioè al servizio della Chiesa e della società se stessa nel suo essere e agire, in quanto intima comunità di vita e di amore." (n. 50).

 

Sintesi dei gruppi di ricerca per ambito

Primo ambito: L’educazione all’amore

1. Problemi e risorse

1.1 Problemi

A. L’idea di Famiglia

I giovani respirano il modello di famiglia e, prima, di relazione a due, dalla famiglia con cui sono a contatto e dai modelli culturali correnti:

- individualismo (coppia come fatto privato), mancanza di progettualità, matrimonio come sistemazione, tradizione, gabbia, riparazione...

- difficoltà a percepire sé e la vita familiare come dono; chiusura all’etica del sacrificio; paura della definitività;

- martellamento dei media e giornaletti (per i più giovani).

B. La vita affettiva come "festa degli ormoni" più che cammino verso un amore più grande:

- Promiscuità accentuata; il "fare coppia" da giovanissimi, poca distinzione tra amicizia e affetto anche nei gesti;

C. La comunità cristiana troppo poco sensibile e viva di fronte ai giovani (un partecipante ha detto: "i giovani hanno paura, perché noi adulti abbiamo distrutto la speranza"):

- poca educazione all’affettività nei gruppi ecclesiali; difficoltà a incontrare "tutti" i giovani; mancanza di modelli di coppie giovani e/o adulte che mostrino il Vangelo (= la bella notizia) sul matrimonio; chiusura o giudizio sui giovani;

- paura o non conoscenza della radicalità evangelica con difficoltà a vederlo come qualcosa di liberante;

- mancanza di dialogo tra le varie vocazioni;

- cammini paralleli o diversi tra i vari movimenti o gli uffici di pastorale giovanile e pastorale familiare;

- ripetitività o astrazione dei cammini formativi; brutti ricordi della catechesi sacramentale;

- genitori e animatori poco preparati.

1.2 Risorse

I giovani stessi sono la fondamentale risorsa, con il desiderio di anticonformismo, di scoprire vere comunità, di camminare come coppia!

- Le famiglie che testimoniano con la vita feriale la gioia di una scelta di amore secondo il Vangelo;

- i genitori (da sostenere);

- i tanti animatori (da formare e qualificare);

- la scuola con gli IRC e i tanti insegnanti di ispirazione cristiana;

- le guide spirituali;

- i gruppi di famiglie che devono diventare "missionari" verso i più giovani;

- gli "esperti": medici, psicologi, sessuologi che sono già nelle nostre comunità;

- le esperienze di tante aggregazioni ecclesiali che hanno ricchezze di esperienze e metodologie sul campo;

- i consultori familiari di ispirazione cristiana;

- le altre realtà che operano sul territorio: i comuni con le loro politiche giovanili, operatori sportivi e del tempo libero; ...

- tanti strumenti: documenti del magistero, sussidi, video;

2. Le idee-forza

2.1 Contenuti

A. Riscoprire /scoprire il maschile /femminile (cogliersi e accogliersi nel proprio corpo come apertura e dono);

- la categoria del dono come chiave per interpretare l’amicizia, la vita di coppia, la vita e Dio, cui si legano sacrificio e servizio;

- la categoria del progetto per capire sé, la vita e il matrimonio;

- la categoria, collegata, della alleanza-vocazione come sguardo di amore di Cristo sulla coppia come sequela radicale e come possibilità di diventare protagonisti della propria storia in una storia più grande;

- favorire il passaggio dall’emotività alla eticità; dal frammentario al progetto, dallo "stare insieme" al volersi bene;

- aiutare a procrastinare le scelte affettive per prepararsi ad un amore più vero.

Per l’iter formativo occorrono cinque pilastri: pazienza, prudenza, purezza, preghiera, prossimo.

2.2. Idee forza della pastorale

- Agire come Chiesa: lavorare insieme tra la varie pastorali; puntare all’animazione, al coinvolgimento attivo di tutte le famiglie della comunità cristiana;

- educazione globale della persona di cui l’affettività è solo una componente, anche se fondamentale;

- puntare alla verità - radicalità della proposta cristiana senza abdicare né dalle esigenze della fede, né dal proprio ruolo di adulti che però devono guadagnarsi l’autorevolezza con la propria testimonianza;

- formare gli animatori delle diverse età e ambienti di vita all’ascolto, alla pazienza, alla disponibilità, all’accoglienza;

- missionarietà: famiglie aperte che stanno con i giovani (camminano insieme - specie le giovani coppie che devono mettere il loro carisma con radicalità al servizio del mondo giovanile); pastorale giovanile e pastorale familiare ormai non possono ignorarsi nella ferialità.

3. Proposte pastorali:

- 3.1 Comuni ai gruppi di ricerca

- Creare una "rete" educativa tra tutti i soggetti del territorio: scuola (IRC, progetti del Ministero, ...), Comune, Consultori, gruppo delle famiglie, animatori dei gruppi ... per tentare itinerari diversificati per età e condizione;

- avere come referenti privilegiati sempre i genitori (scuole per genitori...);

- necessità di fare esperienze di servizio, volontariato, per vivere il dono di sé;

- necessità di elaborare un progetto educativo che parta dalla preadolescenza.

3.2 Proposte specifiche, proprie dei singoli gruppi di ricerca:

- "coniugare" cioè far dialogare e mettere in risalto il ministero sacerdotale e ministero coniugale;

- dalla Parola di Dio far emergere il senso per ogni giovane della sua apertura all’amore (dall’innamoramento in poi).

- ripensare i percorsi catechistici pre-adolescenti dell’iniziazione: quanto educano all’affettività?

- valorizzare le esperienze esistenti (ACR, AGESCI, ...)

- Gli adolescenti:

per quelli che "frequentano": - creare luoghi di comunicazione profonda e di confronto; - necessità di affiancare l’animatore con una presenza significativa ad hoc’ (coppia di sposi,...);

per quelli che sono al di fuori della comunità: - raccordo "a rete" con interventi nell’ambiente, come la scuola.

- La preparazione al matrimonio: non più "corsi di preparazione" ma cammini di fede con specifico accompagnamento delle coppie di fidanzati.

- Offrire la direzione spirituale;

- aiutare, con l’ascolto della parola, con forte preghiera e apertura al servizio, il giovane e leggere la propria esperienza di amore come Parola di Dio per lui/lei.

Secondo ambito: Gli itinerari educativi

1. I dati di fatto

Una riflessione sugli itinerari di educazione all’amore, deve oggi fare i conti con alcuni dati di fatto che vogliamo subito qui evidenziare:

1. Per quanto riguarda le due prospettive pastorali, la pastorale familiare e la pastorale giovanile, si devono notare situazioni differenziate a seconda delle Diocesi: in alcune non c’è collaborazione, in altre si è solo all’inizio, in poche c’è una collaborazione attiva ed efficace. Da tutti però è avvertita la necessità di crescere nella collaborazione.

2. Per quanto riguarda le figure educative e gli itinerari di educazione all’amore si nota una scarsa presenza di proposte e di itinerari. Inoltre si avverte anche una carenza sia nel linguaggio sia nella comunicazione tra i vari ambiti pastorali tanto a livello diocesano che parrocchiale.

3. Per quanto riguarda il valore della sessualità e la conoscenza della fertilità occorre tenere presente alcuni dati incontestabili:

a) la sessualità viene oggi normalmente consumata prima del matrimonio ed anche fuori di esso (amore a staffetta: il passaggio del partner da una mano all’altra; amore arcipelago: un’isola principale e tanti isolotti a cui attraccare, vagabondaggio sessuale);

b) i metodi RNF vengono utilizzati da una netta minoranza di coppie.

Semplificando non poco le cose, ma cercando di evidenziare il nocciolo della questione, sottesi a questi due dati ci sono una concezione consumistica e riduttivamente ludica della sessualità ed un determinato modo di concepire il dominio razionale dell’uomo sulle leggi biologiche che presiedono l’origine della vita (alcuni sostengono che l’uomo ha il potere e la responsabilità di poterle dominare: vedi contraccezione e procreazione artificiale - il figlio quando lo dico io -);

c) inoltre: per quanto riguarda la sessualità e l’amore, il momento della proposta etica è prevalente su quello dell’annuncio; nel pensiero laico persiste ancora una visione deformata e non aggiornata sulla concezione cristiana dell’amore, della sessualità, della fecondità;

d) le giovani coppie mancano sempre di più di un contenitore esterno’ (principi religiosi e sociali): i giovano si mettono in coppia sempre più per motivi affettivi e sentimentali e spesso hanno paura di una progettualità a lungo termine.

2. Itinerari di educazione all’amore

Perché vogliamo o dobbiamo progettare e realizzare precisi itinerari di educazione all’amore?

La risposta di carattere generale è: perché ci troviamo oggi di fronte a un nuovo contesto sociale e a un nuovo quadro di valori di riferimento che costringe la comunità cristiana a rinnovare la proposta evangelica.

Tenendo presente che l’ambito in questione ha riflettuto sia sul rapporto tra i due settori pastorali giovanile e familiare sia sulle figure educative sia infine sul valore della sessualità e della fecondità, i gruppi hanno evidenziato per ciascun settore alcune fondamentali idee forza che qui ora vengono esposte:

1. Incontro delle due prospettive pastorali

- la pastorale familiare e quella giovanile devono reciprocamente valorizzarsi;

- gli adolescenti e i giovani vanno sostenuti nella società secolarizzata;

- gli educatori e formatori devono essere soprattutto testimoni di speranza mostrando che l’amore pieno e fedele è possibile;

- deve essere sempre tenuto presente il Vangelo nella sua radicalità;

- occorre tener presente la coppia, ma anche formare individualmente (maschio e femmina);

- il concetto di amore a cui educare non deve essere inteso solo come rapporto uomo - donna, ma anche nel suo significato oblativo;

- l’itinerario educativo all’amore deve tener presente non soltanto la trasmissione dei contenuti, ma anche la valorizzazione di esperienze significative di gruppo.

2. Figure educative

- determinanti per la trasmissione dei valori sono le figure educative: infatti il processo educativo passa da persona a persona, da libertà a libertà, da identità a identità, da mistero a mistero;

- una buona relazione coniugale è il primo agente educativo: fa fatica una relazione educativa quando fa fatica una relazione coniugale;

- nella comunità deve essere valorizzata la coppia educatrice come esercizio del proprio carisma (ministero) coniugale;

- nel processo educativo mirato a far comprendere il significato dell’amore, è importante la compresenza sia della figura maschile che di quella femminile;

- vanno valorizzati e sostenuti gli animatori giovani perché sono i compagni quotidiani degli adolescenti;

- tutte le agenzie educative vanno valorizzate nel loro specifico ruolo: famiglia, parrocchia, scuola, associazioni sportive, istituzioni sociali e territoriali, gruppi vari, consultori;

- per quanto riguarda i formatori occorre sottolineare l’importanza di "costruire i costruttori" (Paolo VI), che il bene va fatto bene e con competenza, che la formazione personale deve essere permanente.

3. Il valore della sessualità e della fertilità

- è ancora presente, anche in alcuni strati della comunità cristiana una concezione della sessualità come una cosa da cui guardarsi e non come un valore: occorre passare dalla diffidenza alla affidabilità;

- i valori della sessualità e della fecondità devono trovare il loro adeguato riferimento di trasmissione all’interno della antropologia cristiana ancora troppo trascurata dagli educatori;

- i valori della castità, della verginità, della fedeltà devono essere fatti passare come presupposti per una corretta comprensione della sessualità e della fecondità;

- il corpo va valorizzato come strumento di comunicazione dei valori dello spirito, sul presupposto antropologico dell’unità di corpo e spirito nella persona umana;

- la conoscenza dei metodi naturali viene dopo, prima c’è da insegnare a vivere in maniera serena la sessualità;

- la vita come dono e il dialogo di coppia sono due fondamentali valori per comprendere il concetto di procreazione responsabile;

- la trasmissione delle conoscenze medico-scientifiche della procreazione responsabile e dei metodi naturali deve sempre essere accompagnata dalle ragioni di carattere antropologico, psicologico ed etico che stanno alla base;

- il concetto di "naturale" deve essere precisato nel suo significato etimologico (da nascor): rispetto dei valori che l’uomo si porta dentro fin dalla nascita; identità sessuale e fecondità biologica sono in questo senso valori naturali da rispettare;

- un importante messaggio da dare è che l’uomo è un essere dotato di intelligenza e libertà. Ma in nome della libertà è errato pensare di poter fare istintivamente tutto ciò che si vuole: libertà ed intelligenza devono coniugarsi insieme;

- sia dal punto di vista umano, sia dal punto di vista cristiano l’esperienza dell’amore non può non comportare anche l’esperienza del sacrificio come prezzo dell’amore;

- l’orizzonte adeguato perché i valori della sessualità e della fecondità vengano percepiti nel loro significato umano e cristiano è l’etica del dono;

- di importanza fondamentale è la vita spirituale nella relazione di coppia che deve iniziare fin dal tempo del fidanzamento.

3. Prospettive future e proposte

Guardando ora alle prospettive future e alla elencazione di alcune proposte, i tre gruppi di lavoro ha fatto le seguenti considerazioni:

1. gruppo

- è necessario investire energie per itinerari distesi nel tempo con programmazioni a lunga scadenza;

- valorizzare tutte le presenze educative;

- investire più risorse sulla formazione dei formatori in un fruttuoso interscambio di energie e di competenze tra la pastorale familiare e quella giovanile;

- Valorizzazione la scuola come importante luogo educativo al valore dell’amore.

2. gruppo

- alcune indicazioni sul profilo dell’educatore:

l’educatore dovrebbe essere uno che:

* ha stima di sé e stima incondizionata dell’altro

* sa valorizzare

* è cordiale e si fa carico

* accompagna personalmente

* sa suscitare domande ed aiuta a trovare risposte

* è libero e liberante

* è competente e autorevole

* è come l’attore: sa entrare e uscire di scena nel momento opportuno

* non è seduttore: non porta a sé, ma indica la presenza di un Altro; è come il Battista che non si dichiara lo Sposo, ma l’amico dello Sposo.

3. gruppo

- l’educazione alla comprensione del significato della sessualità umana e del valore della fecondità comporta:

* l’individuazione dei destinatari nelle precise fasce di evoluzione e di crescita:

a) il periodo che va fino all’adolescenza

b) l’adolescenza

c) l’età giovanile

d) giovani in coppia

e) coniugi.

* la focalizzazione della figura di un preciso operatore di pastorale familiare attrezzato di competenza e coraggio perché non muoia di buon senso.

* l’utilizzazione soprattutto dei consultori di ispirazione cristiana

conclusione

A conclusione di queste considerazioni sembra utile sottolineare l’importanza di passare da una pastorale a singhiozzo e frammentata ad una programmata attenta al cammino evolutivo della persona e atta ad accompagnarla adeguatamente verso la pienezza della sua umanità.

Tale considerazione fa proprie due sottolineature che sono emerse dal dibattito di questi giorni:

a) non ci può essere una efficace pastorale senza una consapevole riflessione teologica;

b) la famiglia deve essere aiutata a diventare ciò che è, (o che dovrebbe essere), affinché anche la chiesa stessa possa diventare ciò che è.

Terzo ambito: Il fidanzamento

1. Problemi

Esiste una latitanza reciproca: dei fidanzati nei confronti della comunità ecclesiale e della società e viceversa. Questo per tre ordini di motivi:

1.1 motivi socio-culturali

a) il prolungamento dell’esperienza di coppia causato da un contesto culturale diffuso, sostenuto anche da condizioni socio-economiche, che rende difficile la decisione di sposarsi e ancor prima di percepirsi e definirsi "fidanzati".

b) la privatezza con cui è vissuta e in cui è lasciata l’esperienza affettiva e sentimentale.

c) la concezione ambigua di libertà e di autonomia morale, che si esprime nel modo di discernere i valori e il bene e nei comportamenti pratici.

d) la difficoltà a strutturarsi in modo positivo come coppia a fronte di modelli diversificati e contrastanti di coppia e di famiglia (pluralismo culturale ed etico) e a fronte del venir meno di testimonianze diffuse, significative e credibili di coppie e famiglie che possono costituire forti punti di riferimento

e) la poca considerazione e la totale indifferenza della società civile nei confronti del fidanzamento e dei fidanzati

1.2 motivi di ordine pastorale

a) la latitanza parte da lontano, parte per lo più dal periodo post-cresima (dove viene celebrata) o comunque dalla preadolescenza: ciò solleva la grossa questione nodale della iniziazione cristiana, della distanza esistente tra la proposta organica contenuta nel progetto catechistico della CEI e le prassi pastorali ancora troppo incentrate sulla sacramentalizzazione. Infatti, come ben sappiamo, nella maggior parte dei casi le coppie che si accostano al sacramento del matrimonio sono lontane dalla vita ecclesiale e hanno una fede incerta, a volte nella coppia ci sono sensibilità e vissuti di fede molto diversi per cui è necessario riprendere i fondamenti della fede. L’idea di catecumenato, se può essere valida ai fini di tracciare un itinerario di crescita nella fede per i fidanzati, non deve costituire un alibi per non ripensare complessivamente il problema dell’iniziazione cristiana.

Se il cammino precedente (soprattutto post-cresima) fosse curato in modo più adeguato, non ci troveremmo nella condizione di dover riesumare un termine (catecumenato) proprio della preparazione al battesimo. È necessario creare un legame sempre più stretto e continuativo tra l’azione pastorale dell’ambito giovani, vocazionale e familiare al fine di garantire un cammino organico che possa adattarsi alle diverse fasi della crescita.

b) la difficoltà della Chiesa ad accogliere la "coppia", per una eredità di impostazione pastorale e di proposta di spiritualità rivolta prevalentemente al singolo; inoltre la coppia di fidanzati in particolare, come anche la coppia di sposi, è segnata spesso da un atteggiamento pregiudiziale, favorito ed enfatizzato dai messaggi veicolati tendenziosamente dai mass-media, nei confronti di una chiesa che, per altro realmente, fatica ad assumere positivamente gli aspetti connessi con la sessualità e la morale sessuale.

c) esistono alcune significative iniziative pastorali per i fidanzati, realizzate anche da associazioni e movimenti, ma manca una tradizione consolidata che abbia come soggetto promotore la comunità cristiana locale (parrocchia e diocesi).

d) la mancanza di operatori pastorali, in particolare coppie di fidanzati e sposi, preparati per accompagnare a nome della comunità i fidanzati in un autentico cammino di fede.

1.3 i motivi di ordine pastorale evidenziano e rimandano a motivi di ordine teologico-ecclesiale

a) la carenza di una profonda riflessione teologica, e insieme antropologica e culturale, sul fidanzamento.

b) la fatica ad assumere il modello conciliare di una chiesa comunionale, ministeriale e missionaria che vive e agisce nella corresponsabilità

c) la lentezza nel riconoscimento della specifica identità e ministerialità ecclesiale dei coniugi cristiani (e anche identità sociale).

2. Risorse

Insieme ai problemi che riguardano il rapporto fidanzati-comunità esistono positivamente attese e potenzialità.

a) c’è un dato antropologico che la chiesa deve intercettare e su cui può lavorare: è insito nell’esperienza affettiva il germe vocazionale che in qualche modo orienta e sollecita i fidanzati a dare una risposta capace di caricare di senso e di rimotivare positivamente tutta la vita.

b) da qui deriva una grande domanda e disponibilità da parte di un buon numero di fidanzati a lasciarsi incontrare, accompagnare e sostenere dalla comunità.

c) esiste da diversi anni un insegnamento della Chiesa che risulta molto più ricco e avanzato rispetto alle prassi pastorali: attende di essere meglio conosciuto e assimilato da tutte le comunità perché diventi patrimonio comune e si traduca in scelte pastorali maggiormente condivise (si veda il Direttorio di Pastorale familiare per la Chiesa in Italia e il sussidio La preparazione dei fidanzati al matrimonio e alla famiglia. Sussidio di prospettive e orientamenti, 24 giugno 1989).

d) si assiste a un pullulare di tentativi e sperimentazioni, anche piccoli ma significativi, ed esiste una grande disponibilità degli operatori di pastorale familiare e giovanile (e di altri ambiti pastorali) a ricercare e a trovare risposte efficaci.

3. Idee forza

a) occorre comprendere e definire con chiarezza l’identità del fidanzamento.

Per il fidanzamento non si può parlare in senso stretto di uno "status" in quanto mancano gli elementi specifici e caratterizzanti. Vive in uno "stato" chi ha assunto una precisa configurazione e ha ricevuto un compito e una missione. I fidanzati sono in cammino verso lo "stato coniugale" per cui si può parlare solo in senso analogico di stato. Risultano difficilmente superabili i complessi problemi culturali che accompagnano la visione e l’interpretazione del tempo che precede il matrimonio.

Questo non toglie, anzi esige, che si consideri la condizione dei fidanzati negli stessi termini con cui viene affrontata la preparazione dei candidati al sacerdozio e alla vita consacrata. Essendo incamminati verso uno stato di grazia sacramentale (il matrimonio) si può e si deve, come fa il Direttorio, parlare di "tempo di grazia" che merita un adeguato riconoscimento e una specifica attenzione pastorale.

La valorizzazione del fidanzamento non passa per un riconoscimento formale (status), ma piuttosto attraverso una rinnovata capacità propositiva e progettuale da parte delle comunità parrocchiali; prima di ogni iniziativa, l’attenzione ai fidanzati deve entrare nella pastorale ordinaria.

b) È necessario che la comunità cristiana assuma pienamente le potenzialità del matrimonio come "sacramento di coppia", da cui scaturisce una proposta di spiritualità, di ministerialità e di missionarietà che i due fidanzati sono aiutati e stimolati a vivere non più singolarmente in forza del battesimo, ma orientandosi verso una forma coniugale che li rende interpreti dell’alleanza di Dio con il suo popolo, testimoni dell’amore di Cristo sposo per la Chiesa sua sposa.

Questo implica il ricercare "forme" nuove di vivere la fede e di partecipare alla vita della comunità come coppia: come vivere in coppia la preghiera, la lectio divina, la comunicazione spirituale? Come vivere insieme le celebrazioni sacramentali (la riconciliazione e l’eucarestia) e la direzione spirituale? Come aprirsi alla testimonianza di carità e di servizio secondo una modalità di coppia? Non esiste a questo riguardo una ricerca sufficiente che si traduca in prassi pastorale.

c) La pastorale del fidanzamento deve avere come soggetto promotore tutta la comunità cristiana (parrocchia - diocesi): poiché il rinnovamento della pastorale dei fidanzati esige proposte forti e, per certi aspetti, complesse è necessaria la mobilitazione di tutta la comunità ecclesiale che si fa carico dei fidanzati e, in particolare, sono necessari operatori o animatori qualificati che si sentano non pionieri, ma incaricati e rappresentanti della comunità.

d) Tutto il fidanzamento, a partire dalla decisione consolidata di sposarsi, deve trovare nella comunità un accompagnamento. Allo stato attuale esistono esperienze molto diversificate. Non è possibile uniformare dall’alto o per via normativa i cammini, ma tutti dovranno tendere a una graduale trasformazione dell’esistente per arrivare ad itinerari permanenti di fede che abbraccino tutto il periodo del fidanzamento.

A questo scopo - non dimenticando per altro che, prima di ogni iniziativa specifica, l’attenzione ai fidanzati deve attraversare tutta la pastorale ordinaria - è urgente che la comunità cristiana - valorizzando le diverse risorse e competenze ecclesiali, cercando di coordinare i diversi ambiti o le diverse dimensioni pastorali (giovanile, vocazionale, scolastica, familiare) e stabilendo, dove è possibile e opportuno, forme di collaborazione con le istituzioni territoriali - si sforzi di programmare e promuovere itinerari di fede differenziati, che comprendano le dimensioni dell’annuncio, della celebrazione, della testimonianza della carità, senza tralasciare gli aspetti umani, psicologici e sociali.

L’obiettivo fondamentale nel promuovere questi itinerari è quello di rendere la comunità cristiana capace di accompagnare l’esperienza affettiva e del fidanzamento in tutte le fasi del suo sviluppo.

La differenziazione degli itinerari è richiesta dalla variegata tipologia di fidanzati; ci sembra di individuare tre tipologie che si configurano come a cerchi concentrici:

* i fidanzati che provengono da un cammino di fede ed ecclesiale continuato (vedi per alcune diocesi la positiva esperienza della pastorale giovanile e degli oratori): per questi è possibile promuovere un forte itinerario di fede, che può presentarsi come "specifico" per i fidanzati dove non esistono proposte di pastorale giovanile o come "integrazione" degli itinerari formativi per i giovani là dove esistono; questi fidanzati possono diventare protagonisti anche nei confronti degli altri.

* i fidanzati che sono lontani da una fedele e forte esperienza di chiesa, ma che presentano una buona disponibilità ad accogliere proposte diluite nel tempo che promuovano una riflessione e una condivisione dell’esperienza di amore che stanno vivendo e che, dall’incontro con una comunità accogliente, possono essere condotti ad aprirsi ad un rinnovato cammino di fede nella chiesa.

* i fidanzati che vengono incontrati in occasione della domanda di celebrazione del sacramento del matrimonio: è comunque un momento e una possibilità preziosa di evangelizzazione; si tratta di impostare i cammini di preparazione al matrimonio come veri itinerari di fede, di far incontrare e sperimentare ai fidanzati una comunità accogliente e che manifesta ammirazione e simpatia per la loro storia di amore, di aprirli gradualmente al mistero dell’amore di Dio e di Gesù Cristo a partire dalla loro esperienza di amore e che sta per farsi "alleanza coniugale": molto spesso i fidanzati sono contenti di questa esperienza e alcuni riprendono un cammino di fede o comunque cominciano a guardare in modo nuovo la chiesa e Gesù Cristo.

e) La comunità ecclesiale deve trovare i modi anche per incidere sull’ethos pubblico e per sollecitare l’attenzione e le responsabilità della società civile e dello Stato nei confronti dei cittadini che vivono l’esperienza dell’amore e che si preparano a sposarsi.

Questo, tra l’altro, comporta che nel cammino di fede dei fidanzati venga fatto emergere con forza il valore civile e sociale del loro essere coppia in prospettiva del matrimonio, il quale costituisce la famiglia come cellula fondamentale della società e li orienta ad essere cittadini impegnati a promuovere il bene comune, in particolare le condizioni sociali e le scelte politiche a favore della famiglia.

4. Proposte operative

a) Il primo contributo per un effettivo riconoscimento del fidanzamento come tempo dio grazia e di verifica vocazionale è quello di attuare un serio approfondimento antropologico, teologico e culturale di questa fase della vita. Si auspica la costituzione, a livello nazionale, di un gruppo di studio sul significato e sul valore del fidanzamento.

b) la necessità di diversificare gli itinerari di fede per i fidanzati e di rivedere le esperienze in corso esigono che si operi in modo deciso sulla formazione degli operatori. Non mancano documenti del magistero e sussidi ben fatti, ma si registra, al di là di iniziative più che lodevoli, una generale scarsità di operatori accompagnata da impreparazione, sia da parte dei laici che dei sacerdoti.

c) Nello strutturarsi dell’esperienza affettiva è importante recuperare, nel rispetto dei ruoli, la responsabilità dei genitori per dare continuità al cammino formativo e per sottolineare che essi sono i primi educatori alla fede dei figli anche nella preparazione al matrimonio.

d) Tutti i fidanzati, ma in particolare quelli più sensibili e impegnati, sono chiamati a vivere il fidanzamento nell’ottica della missionarietà e del servizio; è perciò importante coinvolgere nella programmazione e nella attuazione degli itinerari di fede le coppie più formate, perché possono offrire una preziosa testimonianza alle altre coppie e coinvolgerle in cammini ed esperienze sempre più impegnative.

e) sarebbe importante creare, a livello nazionale e/o regionale e diocesano se possibile, un tavolo comune fra responsabili dei diversi ambiti pastorali per studiare itinerari appropriati, a partire anche da esperienze pastorali già attuate e usufruendo di strumenti già pubblicati: tali itinerari potrebbero diventare una traccia o un modello a cui ispirarsi nelle diverse comunità locali, sia pure con le dovute mediazioni a seconda delle diversificate situazioni.

f) Al fine di dare risalto al cammino di preparazione al matrimonio, come vero e proprio itinerario vocazionale, si ritiene significativo e indispensabile, dopo una prima fase di accoglienza e di annuncio, celebrare in forma più o meno solenne, ma sempre ufficiale e in forma comunitaria, la scelta di verificare la chiamata alla sequela di Cristo nella via al matrimonio cristiano.

La benedizione dei fidanzati ("sponsali"), come viene proposta dal nuovo Ordo e alla luce della tradizione orientale, deve entrare nella prassi ordinaria del cammino che i fidanzati fanno in vista del matrimonio. Deve essere un segno visibile per i fidanzati e per tutta la comunità così come avviene per i cresimandi, per i candidati al sacerdozio, ecc.

g) Negli itinerari per fidanzati, oltre agli aspetti tipici dell’itinerario di fede, è importante curare alcuni aspetti particolari: la cura dell’accoglienza e la simpatia da parte degli operatori pastorali; la creazione di un clima di fraternità, di condivisione amicale e di mutuo aiuto (psicologico, spirituale, ma anche economico nei confronti dei fidanzati più bisognosi); l’attenzione a condurre i fidanzati ad aprirsi gradualmente ad esperienze di servizio e di impegno sociale, anche attraverso le associazioni familiari.

h) Suggerire alle comunità cristiane forme e modi per sollecitare la comunità civile e le istituzioni pubbliche a riconoscere l’importanza del periodo del "farsi coppia" dei cittadini e ad assumere le responsabilità che loro competono in ordine alla preparazione dei fidanzati a formare nuove famiglie e, in ultima analisi, al bene comune di tutta la "città".

5. Alcuni punti emersi dalla discussione in assemblea

- La pastorale del fidanzamento si colloca all’interno di un programma organico e continuativo: per essere efficace presuppone un cammino precedente ed esige di essere integrata da una celebrazione del sacramento del matrimonio veramente evangelizzante e dalla cura pastorale dei giovani sposi.

- Precisare molto che il fidanzamento non è un periodo definitivo, non implica ancora una decisione definitiva di matrimonio: è tempo di verifica e di discernimento; è giusto rifiutare il sacramento a chi non ha fatto questa verifica?

- Non confondere e non identificare (anche come terminologia) itinerario di fede (iniziazione sacramentale specifica al sacramento del matrimonio) con itinerario catecumenale (rifare totalmente il cammino cristiano a partire dal fidanzamento): implicitamente sarebbe anche una accusa grave alla pastorale giovanile che non sarebbe capace di curare la formazione degli adolescenti e dei giovani.

- Tre categorie di persone a cui prestare particolare attenzione: i fidanzati appartenenti a confessioni religiose diverse, i fidanzati già conviventi, i "fidanzati" già sposati civilmente che chiedono il matrimonio religioso.

- Ogni "gruppo sposi" della comunità adotti due o tre fidanzati, aprendo loro la casa... e li accompagni al matrimonio.

- Eliminare il termine "corsi" sostituendolo con "itinerari"; diluire questi incontri formativi durante tutto l’anno.

- Creare gruppi di fidanzati che provengono dai gruppi giovanili, che possano poi diventare gruppi di famiglie (formazione e servizio alla comunità).

 

 

Giovani e famiglia

nel cammino della Chiesa Italiana

S.E. Mons. Giuseppe Anfossi, Vescovo di Aosta, presidente della Commissione Episcopale per la Famiglia

 

Inizio questo intervento dedicato alle conclusioni ringraziando tutti per l’apporto dato alla elaborazione del tema "Giovani: educazione all’amore e alla famiglia"; il mio grazie è rivolto specificatamente a chi ha contribuito a "pensare il fare", attingendo allo studio e all’esperienza della vita.

Il rapporto famiglia e giovani.

La mia prima riflessione ha carattere molto generale e riguarda il rapporto famiglia e giovani; se si vuole che si incontrino non si può non constatare il disagio delle nostre comunità adulte e quindi anche delle famiglie nei confronti dei giovani. Le famiglie, infatti, non sanno come parlare ai loro figli, né che cosa dire, perché il mondo dei giovani è in parte sconosciuto agli adulti e quindi alle famiglie. Dall’altra parte c’è anche il disagio dei giovani che nasce dal fatto che la società nello suo stato attuale di economia avanzata, ritarda sempre di più il loro inserimento professionale e sociale, e perciò gli adulti si comportano come chi mostra di non aver proprio bisogno di loro e così i giovani non diventano co-protagonisti della vita sociale; di conseguenza anche noi, come Chiesa, dobbiamo evitare di commettere lo stesso errore, quello di negare il mondo giovanile. L’incontro di questi due mondi, adulti e giovani, deve essere costruito nella consapevolezza che è difficile. Il dato culturale e sociologico ci informa, inoltre, del fatto che il continente giovani, quello degli adulti, e quello degli anziani, che prima erano uno solo, si stanno allontanando uno dall’altro; in altre parole, il colloquio tra le generazioni è difficile anche all’interno della famiglia, salvo naturalmente eccezioni.

Su questo sfondo devono essere costruite le pastorali che in qualche modo mettono in dialogo giovani e adulti; tra queste c’è certamente la pastorale dei ragazzi, dei giovani e quella più specifica che li riguarda come la preparazione al matrimonio e alla famiglia. Questa stessa espressione "preparazione" indica una meta adulta, e perciò non è del tutto accettabile come espressione, perché una educazione ha valore innanzitutto per i risultati che ottiene nel presente e non solo per quelli che si prefigge nel futuro.

Questo convegno ha provato a rispondere ai problemi appena accennati e lo ha fatto avendo come riferimento e guida il Direttorio di pastorale familiare per la Chiesa in Italia, documento che contiene delle buone indicazioni come risposta alla complessa situazione dei ragazzi, dei giovani e dei fidanzati oggi presenti nella nostre chiese; le stesse preoccupazioni hanno ispirato i lavori tenuti nel seminario ristretto di Loreto che lo ha preparato.

Le indicazioni del Convegno di Palermo

Una seconda riflessione mi è suggerita dai risultati dei lavori del Convegno ecclesiale di Palermo, ambito famiglia, soprattutto là dove si ricorda che la comunità cristiana tutta è guidata dal Signore Gesù e che noi, se credenti, dobbiamo fare riferimento a Lui in tutto e per tutto, e quindi per quello che pensiamo, annunciamo e facciamo; è un invito a rileggere le fonti della rivelazione, e quindi l’Antico Testamento, il Nuovo Testamento e la tradizione della Chiesa per comprendere che cosa significhi per noi credere e vivere da cristiani in questo nostro tempo; in particolare dovremmo leggere e rileggere la Scrittura, continuamente, con lo scopo preciso di fondare e rifondare ciò che insegnamo sul matrimonio e la famiglia; è un invito a elaborare in modo più esplicito e con linguaggio più moderno l’antropologia soprannaturale che le fa da base; da questo si trae una indicazione pratica, l’abitudine a ispirarsi alla Parola di Dio per costruire delle riflessioni-pensieri, veri punti d’incontro tra adulti e i giovani; nascono facendo delle operazioni di innesto e confronto tra le loro aspirazioni e i loro linguaggi e il messaggio di fede; sono un fatto di acculturazione rispetto la cultura giovanile senza però accomodazione e compromesso.

In questa luce penso sia più facile accettare la raccomandazione di Palermo citata, tesa a chiederci di essere più espliciti nell’annuncio dei contenuti della fede; in tutte le situazioni educative e in quelle di pastorale familiare, a cominciare dai colloqui più naturali che avvengono tra genitori e figli in famiglia, siamo spesso piuttosto silenziosi sui veri problemi dell’esistenza; dobbiamo invece diventare più disponibili a parlare perché più capaci a affrontarli; tra questi vi sono la morte, la malattia, la morale pubblica e privata, la sessualità e il matrimonio-sacramento, la famiglia. Secondo me, una delle ragioni per cui non si parla di queste cose in famiglia e tra amici è dovuta al fatto che noi stessi adulti, genitori, educatori e sacerdoti non possediamo una antropologia ispirata dalla fede in linguaggio contemporaneo, né una relativa lettura sapienziale, rispettosa delle diverse sensibilità dei giovani e dei nostri contemporanei; ci manca forse la capacità di leggere la vita e gli avvenimenti in profondità, in modo da far emergere i significati e i valori su cui poggiare l’annuncio e la visione di fede; c’è anche, detto però senza rimprovero, un’impreparazione a dare il messaggio religioso in una forma che vada oltre l’enunciato del principio.

Il mio invito è per una maggiore esplicitazione dei contenuti di fede e della morale accompagnata da una "lettura" della persona e della coppia nel suo livello antropologico; questo suppone la conoscenza delle scienze umane e solo così oggi si accede alla capacità di portare ragioni e argomentare.

L’educazione alla sessualità e all’amore, compito serio in una nuova collaborazione pastorale

Mantenendomi ancora all’interno del tema difficile, ma da noi voluto, dell’avvicinamento tra il mondo degli adulti, in particolare della famiglia, e quello dei giovani, offro un’altra riflessione ancora che mi accompagna da un po’ di tempo. Devo dire con piacere che è stata fatta poco fa da don Domenico Sigalini, spero che non vi pesi che io la riprenda: l’accoglienza della fede in Cristo da parte di un ragazzo che cresce, nel tratto che va dal momento in cui prende coscienza di sé, della sua evoluzione in generale e del suo corpo in particolare alla giovinezza, comporta un’attenzione non frettolosa, non episodica all’area affettiva sessuale; questa fase condiziona anche l’accoglienza di se stesso, un’accoglienza positiva o negativa, l’accoglienza riuscita o difficile dell’altro maschio e femmina, l’orientamento all’uso strumentale o virtuoso dell’altro, l’educazione alla gratuità contro il ripiegamento egoistico sui bisogni, sugli interessi o sugli istinti, la capacità di arrivare o no ad un livello accettabile di dominio di sé, inserire o no questa evoluzione in un progetto di vita che faccia i conti con le contraddizioni della cultura contemporanea, l’esito riuscito o fallito circa l’apertura e la disponibilità a cercare sinceramente che cosa il Signore vuole da lui, non ultima una vocazione a farsi prete, religioso e religiosa. Si tratta allora di creare condizioni favorevoli per affrontare la tentazione della possessività, del privatismo, del "da solo è meglio", "il privato è più bello". L’educazione alla responsabilità e a spendere tempo per le proprie scelte, compresa la scelta di mettersi in coppia, fa parte di questa stagione. La conclusione è però molto seria: la pastorale giovanile, se comprende questo, non può non ripensare i propri obiettivi e i propri programmi e non assumere detta educazione con più impegno. Anche la pastorale familiare deve disporsi a qualche ripensamento, deve cioè definire in che modo le compete occuparsi dei ragazzi, degli adolescenti e dei giovani in vista del matrimonio e della famiglia, e a quale titolo, (come collaborazione occasionale oppure stabile?) non può certo annettersi dei terreni nuovi.

 

Spazi educativi maggiormente personalizzati per ragazzi e ragazze.

E ora alcune altre annotazioni senza un ordine preciso. La prima è la segnalazione di un pericolo di cedimento alla cultura contemporanea che dobbiamo evitare: non possiamo dare per scontato che a 12, 13, 14 e 15 anni sia obbligatorio, e premiato da noi educatori, l’avere il ragazzo o la ragazza, quasi fosse necessario per sentirsi un ragazzo o una ragazza normale; credo che su questo si debba essere molto cauti, se da un lato non dobbiamo sottrarci al compito di aiutare i ragazzi già "impegnati" in coppia, dall’altra abbiamo l’obbligo di definire la situazione educativa che riteniamo preferibile e più consona a una corretta educazione all’amore. Aggiungo che la pedagogia moderna sta riscoprendo il principio secondo cui i ragazzi e le ragazze preadolescenti e adolescenti non stanno bene insieme a far gruppo sempre e hanno bisogno di tempi e azioni educative distinte se non separate. Basti osservare che le ragazze sui 12 anni sono in anticipo di quasi un anno sui maschi e ciò comporta delle quasi umiliazioni per i maschi, soprattutto oggi quando la mascolinità sembra essere messa in crisi dallo stesso eccesso di convivenza, e di esperienze fatte insieme dai maschi e dalle femmine; per questo ritengo che sia bene recuperare anche degli spazi educativi, soprattutto in materia di educazione all’affettività e all’amore, separati per i ragazzi e per le ragazze. Questo che ho detto può sembrare poco moderno ma è frutto di esperienza.

Qualificazione di nuovi educatori

Un altro aspetto del tema che sto affrontando sia pure rapidamente, riguarda la la difficoltà che incontriamo a occuparci di questa educazione; forse ciò è dovuto al fatto che come comunità cristiana abbiamo molta difficoltà a muoverci nella linea che ho tracciato, forse perché ci mancano le idee elaborate in sistema educativo e delle esperienze mature; ci auguriamo di trarre dai lavori di questi giorni un progetto di minima che permetta almeno di avviare cammini ben illuminati e la segnalazione di persone o gruppi che disponendo già di esperienza possano fare da riferimento. È un aspetto di un problema più profondo, l’episodicità di questa educazione è forse anche dovuta ad una specie di resistenza da parte delle comunità cristiane e non che hanno da sempre avuto qualche complesso nei confronti della corporeità e della sessualità. Ecco perché si deve accogliere l’invito di don Domenico a non essere precipitosi, a studiare la materia, fare progetti e soprattutto provvedere alla formazione di educatori preparati per questo compito. Studio e progettazione ci sono richiesti anche dalla sfida della cultura contemporanea che è enorme. Mi permetto però di osservare che la nostra risposta sarà adeguata se dicendo formazione comprendiamo che vogliamo dire cultura e perciò studio, non senza una messa in discussione di noi stessi e una revisione delle nostre esperienze, il che suppone anche l’apporto di persone specificatamente preparate nelle scienze dell’uomo alle quali però si chiede di avere un quadro di riferimento di fede e una antropologia psicologica rispettosa di quella di fede e aperta alla trascendenza.

Insistendo sulla preparazione richiesta per detta educazione posso correre il rischio di mancare di rispetto verso gli attuali animatori dei gruppi, quelli molto giovani; sono, infatti, loro spesso da soli oggi a portare tutto il peso dell’animazione dei ragazzi e degli adolescenti. Il mio pensiero è il seguente: se è vero come ho detto c’è bisogno di maggiore presenza di adulti, di giovani adulti e di coppie nella pastorale giovanile è anche vero è preziosissimo e indispensabile anche la presenza continua dell’educatore intermedio, quello che ha solo tre o quattro anni di più dei ragazzi, guai se la perdessimo; guai non dessimo il riconoscimento della loro generosità, e del simpatico linguaggio che gli è proprio così vicino a quello dei ragazzi..

Progettualità

Il secondo gruppo di annotazioni può essere ricondotto a una parola sola, progettualità; secondo me dobbiamo crescere nella disponibilità a progettare. Fare progetti in fondo è un esigenza della vita; non progettano soltanto le persone che devono scendere in economia e realizzare profitti, ma tutte le persone che educano nella forma più naturale come i genitori per la semplice regione che vogliono bene ai loro figli. Il bisogno di fare progetti si è accresciuto da quando più persone sono obbligate a lavorare insieme nel campo educativo e pastorale; solo così possono condividere gli obiettivi che si prefiggono. Progettare è anche richiesto dal desiderio di migliorare il rapporto della parrocchia con la parte adulta che la compone; il fatto che noi oggi abbiamo bisogno di contare su persone in qualche modo specializzate, persone per altro spesso già molto occupate professionalmente, ci richiede di prevedere molto per tempo le attività e di creare uno spazio che permetta loro di contribuire alla attività cui sono chiamate a collaborare. L’attività educativa di cui stiamo parlando, ad esempio, non potrà essere svolta se non migliora il rapporto dei sacerdoti parroci con i loro adulti competenti.

La mia insistenza sulla qualità che deve avere la nuova pastorale di educazione all’amore e al matrimonio e quindi sull’esigenza che sia programmata, non vi deve scoraggiare; progettualità è, infatti, innanzi tutto aver chiara la direzione del cammino. Non sarà difficile poi avviare una esperienza coerente con i principi affermati, basta cominciare bene.

Revisione e supervisione

L’importanza dell’adottare in pastorale, in particolare quando il soggetto è la parrocchia, una prassi di programmazione per associazione di idee mi induce a invitare i presenti a curare altre componenti del "pensare il fare" pedagogico e pastorale; sono l’accento sulla formazione degli operatori e il ricorso alla supervisione e alla consulenza come strumenti normali dell’operare. La formazione degli operatori è, di tutte le cose da fare, la prima a cui pensare e la centrale sotto il profilo strategico. Essa però non va concepita come un mandare a sentire "lezioni" o peggio "conferenze" o all’estremo opposto una promozione acritica di persone quasi esclusivamente collocate nel pratico-pratico. Per noi, poi, nel nostro caso la formazione deve accogliere due apporti: quello che viene dalla vita, compresa la vita di coppia, e quello che viene dallo studio vero e proprio, fatto di contenuti teorici e pratici, provenienti sia dalla teologia e sia dalle scienze umane.

La supervisione è uno strumento usato nel sociale laico, ma poco nella Pastorale; vi ricorrono le persone che hanno delle professioni sociali, psicologiche e educative per avere un confronto e anche un ritorno globale di informazione sul proprio operato e sui suoi esiti; aiuta a imparare dal proprio fare e anche dal proprio sbagliare, in una parola accresce la consapevolezza. Il fatto di non praticare la supervisione, e, spesso, sia detto per tangente, neppure la revisione a fine attività, comporta una strana immagine di sicurezza che noi spesso ostentiamo a proposito del nostro lavoro, proprio noi che facciamo spesso professioni di umiltà, almeno ogni volta che andiamo a Messa.

Consulenza

L’ultimo strumento che mi permetto di segnalare è l’uso della consulenza. Le diocesi nei loro diversi ambiti e livelli usano assai poco di questo strumento. È raro che prima di iniziare un’attività nuova si ascoltino separatamente o insieme delle persone che hanno competenze precise e molto circoscritte, in una parola persone esperte. Chi ricorre alla consulenza sa distinguere quando gli è utile la lezione o la conferenza e quando un sapere molto informato come risposta a una domanda circoscritta. Il debole ricorso alla consulenza spiega la genericità o imprecisione nel bersaglio di molte attività pastorali e purtroppo spiega anche perché soprattutto le parrocchie perdano quasi sistematicamente le energie migliori in termini di risorsa umana che pure sono presenti sul loro territorio.

Non sono in grado di intervenire sui numerosi e ricchi contributi dati dai relatori e prodotti dai gruppi di lavoro. Desidero però dire che il modello di educazione all’amore e alla famiglia che si è voluto disegnare qui, si pone come nuovo e critico rispetto ai numerosi corsi di educazione sessuale che si tengono abitualmente nelle parrocchie, nelle scuole e nella pastorale dei ragazzi. Uno dei risultati che vogliamo raggiungere è di definire le condizioni che rendono questa educazione vera educazione e non solo informazione, educazione sistematica e non solo occasionale o saltuaria, condotta con chiara appartenenza alla Chiesa e non laica.

Non penso che la riflessione affascinante sul fidanzamento, una stagione con un proprio status, possa già essere oggetto di conclusioni; il nostro riferimento privilegiato per ora sta nei documenti dei vescovi italiani e in particolare nel Direttorio di pastorale familiare. Il compito che i due uffici si sono dati è appunto trovare delle vie per aiutare le chiese particolari che sono in Italia a realizzare ciò che detto documento prescrive. In questa ottica e senza mettere in discussione nulla di ciò che è stato detto dal professor Moisés Martinez Peque o.f.m., devo dire che la Commissione Episcopale per la Famiglia nella fase di preparazione del Direttorio ha preso la decisione di non usare l’espressione "catecumenato" per la preparazione remota e prossima dei giovani e dei fidanzati al matrimonio.

 

Per concludere.

Ora mi congedo. Sono stato molto colpito dal clima sereno e di collaborazione tra tutti; ogni volta che si lavora insieme in occasioni come questa, gli organizzatori fanno di tutto per definire le modalità di rapporto e i pesi delle diverse componenti, pastorale della famiglia e dei giovani, laici, religiosi, religiose e presbiterale, associazioni-movimenti e parrocchie, uomini e donne sposati e non sposati, giovani e adulti..., nella maniera la più corretta possibile, ma qualche cosa viene sempre scritta fuori dalle righe. Accorgersi di questo può servire a fare meglio la prossima volta. Invito perciò a far venire al pettine qualche nodo eventuale. In altre parole invito ad una revisione.

Termino con una constatazione: i lavori di questa settimana di studio e di formazione iniziano una pastorale sotto molti aspetti nuova e perciò bisognosa di altro studio e ancor più di sperimentazione: è motivo di molta speranza per me constatare che la si veda possibile, è però motivo di molta gioia scoprire che è già contenuta anzi proposta dal Direttorio di pastorale familiare.

conclusi.doc

 

Relazione conclusiva

Quattro idee per cominciare a progettare

a cura di Don Renzo Bonetti e Don Domenico Sigalini

 

Educazione all’amore e fidanzamento come periodo definito e consistente in se stesso sono l’oggetto della nostra ricerca e dello scambio di esperienze ecclesiali. I punti da cui siamo partiti sono la collaudata convergenza degli interventi pastorali orientati alla famiglia e alla educazione alla fede dei giovani.

Patrimonio comune

Hanno fatto da punti di riferimento, di riflessione e divengono ora un patrimonio da cui non si può più prescindere:

1. L’educazione all’amore non è un intervento isolato, un tema da affrontare, o l’impegno di un particolare periodo della vita del giovane, ma un progetto che attraversa tutta la crescita umana e di fede fin dalla preadolescenza. È una educazione che si orienta esplicitamente alla corporeità, alla sessualità, all’amore. Questo fa scoprire alla pastorale giovanile l’assoluta necessità di estendere la sua attenzione pastorale esplicitamente ai preadolescenti, interessandosi così dei tre stadi dell’età giovanile: preadolescenza, adolescenza e giovinezza.

2. L’educazione affettiva non è un problema soprattutto di contenuti o di interventi legati solo al pensiero o alla razionalità, ma deve essere continuamente scavata e proposta con esperienze di vita, di relazione, di rapporto, di introspezione, di riformulazione nel concreto della identità di ogni giovane.

3. In questo senso non sono adeguate formule educative che si riducono all’informazione anche specialistica, sia di tipo religioso che di tipo scientifico. Occorre che i giovani siano conosciuti e aiutati a riconoscersi nella loro corporeità, nei loro vissuti, nella percezione di sé e del proprio cammino personale nella vita. Devono osare oltre l’informazione nell’etica e nella dimensione religiosa, tenendo conto che è la dimensione religiosa che fonda l’etica, soprattutto se si parte dall’analisi del vissuto, di cui ogni ragazzo/a deve appropriarsi.

4. La dimensione vocazionale è essenziale alla formazione all’affettività, corporeità e sessualità, essendo il corpo epifania che permette di realizzare la vocazione cui Dio chiama.

5. Il periodo del fidanzamento tende ad essere riconosciuto ecclesialmente come un periodo di vita specifico nella vita dei giovani perché:

* il matrimonio cui apre e orienta ha la dignità di vocazione cristiana e sacramentale col diritto ad avere una attenzione strutturata almeno come le altre vocazioni nella Chiesa.

* in esso si sperimenta di essere costruttori di un amore in elaborazione

* il matrimonio è al centro della comunità cristiana, è cellula fondamentale

* diventa uno spazio necessario di ricupero e approfondimento della iniziazione cristiana (cfr. RICA)

6. Ne deriva l’importanza di un momento riconosciuto, in forme da determinare, di inizio del fidanzamento, che va collocato quando la decisione di sposarsi passa dal mondo dei rapporti esclusivamente interpersonali o di coppia, al mondo dei rapporti della vita ecclesiale e sociale.

7. La comunità cristiana, non alcuni addetti ai lavori, ne diventa responsabile e promotrice. I "suoi" fidanzati sono il suo futuro, il suo vivaio ecclesiale indispensabile alla vita della stessa comunità. Mentre i fidanzati cambiano nei confronti della chiesa così la Chiesa cambia nei loro confronti.

Orientamenti pastorali

Educazione all’amore

- itinerari con la caratteristica della globalità e della trasversalità, non solo della sequenza logica

- educatori ad hoc e qualificazione specifica di tutti gli educatori. Necessità di un centro di educazione all’amore, espressione delle due attenzioni pastorali, che sostenga questa dimensione in tutti gli interventi educativi

- lavoro a rete col territorio

- attenzione e rispetto dei cammini di fede che la pastorale giovanile già propone. Non è sufficiente vedere che i fidanzati non sono cristianamente preparati per definire negativa la pastorale giovanile.

- l’educazione deve poter contare su tutta l’ampiezza e novità dei linguaggi dei giovani di oggi, compresa una più difficile capacità di pensare e sentire in termini liberanti la corporeità

Fidanzamento

* Necessità di un interesse e collaborazione progettuale e esecutiva, tra pastorale giovanile e familiare, di tutti gli interventi formativi della comunità cristiana.

* Coinvolgimento del mondo giovanile a progettarsi in proprio questo periodo. Forse siamo stati troppo tentati di fare discorsi sui fidanzati e non coi fidanzati.

* Esigenza diffusa di poter essere educati a partire dall’essere coppia, su questa vocazione specifica, ancor prima di attivare forme di fidanzamento

* La individuazione di un tempo pubblico, o per lo meno ecclesiale, in cui si definiscono interventi formativi per e con i fidanzati è allo stato delle nostre discussioni ancora difficile da individuare con precisione; esige approfondimenti di vario genere, non disgiunti da qualche coraggiosa sperimentazione.

* È una scatola che prepara la comunità cristiana in cui poi i giovani vengono inseriti, oppure è una maturazione di persone che vivono in coppia e che vengono aiutate a dichiararsi più esplicitamente in un cammino di approccio al progetto di famiglia?

* Il parallelismo con altre vocazioni rischia di clericalizzare il sacramento del matrimonio e non vederne la specificità, la preziosa laicalità e la novità assoluta rispetto all’esperienza antropologica .

Famiglia

L’accento è stato spostato molto sull’educazione all’amore e sul periodo del fidanzamento e poco sulla famiglia, sulla novità che la coppia sposata è a partire dal matrimonio e non automaticamente col matrimonio.

È una dimensione da affrontare con maggior precisione, andando oltre il concetto di preparazione e osando di più sul senso, sul vissuto della famiglia e vederne un progetto possibile.

Proposte concrete

Un gruppo di lavoro composto da giovani e da coppie che:

- riprende il materiale del seminario di Loreto e della Settimana di La Thuile e lo riordina secondo un minimo di organicità

- studia le esperienze in atto

- approfondisce da ogni punto di vista (sociologico, teologico, ecclesiale, liturgico, psicologico, pedagogico....) il fidanzamento come "status ecclesiale"

- promuove sperimentazioni

- riprende il tema degli itinerari e ne prepara esempi significativi

- studia e delinea la competenza e la spiritualità delle nuove figure educative

- approfondisce e stimola nelle diocesi la convergenza progettuale dei due uffici di pastorale familiare e giovanile