Basilio di Cesarea: 0017

Lista delle opere:
Adversus eos qui irascuntur
Constitutiones asceticae
De Baptismo (I ?)
De Baptismo II
De Nativitate ...?
De Nativitate
De arca diluvii
De ecclesia Mariae V.
De fide
De ieiunio I
De iudicio Dei
De misericordia et iudicio
De templo Salomonis
Epistulae
In Gabrielem
In Gen. 6
In Mercurium
In Michaelem 1
In Michaelem 2
In Rom. 1,28
In illud Attende tibi ipsi
In illud Destruam horrea mea
Proemium in Regulas fusius tractatas
Quod Deus non est auctor malorum
Sermo in Lazica 1
Sermo in Lazica 2

 

 

Notizie generali

Basilio di Cesarea (330 ca. - 379) è ben noto presso i copti, sia sotto l'aspetto della vita che dell'attività letteraria. Egli è naturalmente venerato come santo, ed in particolare ricordato nel Sinassario: alcune volte in modo accidentale [Synaxarium Alexandrinum, ed. J. FORGET (Corpus Script. Christ. Orient., voll. 47, 48, 49, 67, 78, 90) Louvain (etc.) 1905-I926. Citeremo dai volumi della traduzione (= n. 78 e 90) Cf. indice dei nomi, vol. II p. 316] e tre volte più espressamente. La sua festa principale cade il 6 Tobe: in questa occasione il sinassario, dopo aver ricordato in poche righe la sua vita, passa più ampiamente in rassegna sette miracoli da lui compiuti [Synaxarium, vol. I p. 218-320. I miracoli sono quelli della tradizione dello ps. Amfilochio, Vita Basilii (cfr. BHG, nell'ordine: 257, 256, 255, 259, 253, 254, 258)], e conclude con un catalogo delle opere molto generico, in cui sono menzionati: poesie, trattati, omelie, opere ascetiche, commentari biblici, cànoni, senz'altra specificazione. Si ha l'impressione che il testo principale in possesso del compilatore del Sinassario [il sinassario copto-arabo fu compilato da Michele, vescovo di Atrib e Malig, intorno al 1250; cf. G. GRAF, GeschichZe der christlichen arabischen Literatur, Città del Vaticano 1944-1953, vol II. pp. 414-427 (spec. pp. 416-420)] sia stata la raccolta dei miracoli (che allora esisteva probabilmente in lingua copta), a cui sono state aggiunte le poche notizie storico-letterarie di cui egli era al corrente. Queste ultime saranno alla base delle altre tre notizie che troviamo nel Sinassario su Basilio: al 15 Mshir [Synaxarium, vol. I p. 499] è ricordata una sua omelia per la consacrazione di una Chiesa in onore dei 40 martiri di Sebaste, che dunque presupporremo esistente a suo tempo in copto, anche se oggi perduta; al 21 Paone è ricordata la consacrazione da parte sua di una Chiesa in onore della Vergine, col riassunto di un'omelia (spuria) che ancora possediamo [Synaxarium, vol. II pp. 179-181; cf. l'omelia sulla Vergine]; al 13 Thout si commemora un miracolo da lui compiuto nei riguardi di una giovane innamorata di uno schiavo [Synaxarium, vol. I pp. 23-25]. Noi sappiamo invece che la letteratura in lingua copta conosceva sulla vita di Basilio almeno l'Encomio scritto in suo onore da Gregorio di Nazianzio, di cui abbiamo purtroppo un solo frammento [da un codice papiraceo; collezione dei mss. copti dell'Università di Lovanio, n. 44. Il frammento è andato distrutto nel 1940, ma cf. l'edizione in L. Th. LEFORT, Les manuscrits coptes de l'Université de Louvain, Louvain 1940, n. 44. Per il testo greco dell'omelia, v. PG 36, 493 605].
Anche la Vita, coi relativi miracoli, attribuita ad Amfilochio, da cui derivano le notizie del sinassario, esisteva probabilmente in copto, ma non ci è conservata. Non ci consta esistesse alcun altro testo, originale o meno, concernente espressamente la vita di Basilio. Tuttavia la Storia della Chiesa [ed. T. ORLANDI, Milano 1968-70 (2 voll.)], un testo che si può far risalire alla fine del V od al VI secolo, lo ricorda nel suo IX e X capitolo, per la parte che la leggenda gli attribuisce nella miracolosa morte di Giuliano l'apostata [ed. cit., vol. I p. 38-39 e 48-50 (trad. pp. 64-65 e 67-68)]. Il racconto così inserito dipende in ultima analisi dalla medesima fonte da cui dipende anche la Vita dello ps. Amfilochio nell'analogo racconto. Senza ripercorrerne il tortuoso cammino [cf. T. ORLANDI, La leggenda di s. Mercurio e l'uccisione di Giuliano l'apostata, in Studi copti, Milano 1968, p. 89-145 (e le osservazioni di J. GRIBOMONT, Riv. di Storia e Lett. Religiosa 7, 1971, 486-490)], basterà qui dire che tale fonte utilizzava la tradizione presto sorta circa i rapporti fra Basilio e Giuliano ed un conseguente scambio epistolare spurio; ed inoltre una tradizione circa la visione che annunciava a Basilio la morte di Giuliano, per mano del fantasma di s. Mercurio, il grande martire di Cesarea di Cappadocia. Una particolare fortuna godette poi presso i copti questo miracolo riguardante la morte di Giuliano, anche perché grande fortuna conobbe s. Mercurio. Per tale motivo esso è estesamente riportato (insieme con la menzione della parte che ne ebbe Basilio):
(a) in appendice alla Passio Mercurii [nel codice del British Museum, Or. 6801, ed. E.A.W. BUDGE, Miscellaneoass Cogitic Texts, London 1915, p. 243-248 (si tratta precisamente di un excerfitum dalla Storia della Chiesa, come dichiara lo stesso redattore copto)],
(b) come primo della serie dei Miracula Mercurii copti [nei codici inediti della P. Morgan Library di New York, ed. fotogr. (Roma 1932) vol. XXIX e XXX (sotto l'inscriptio tardiva di ``Encomio di Mercurio, di Acacio di Cesarea'')].
Migliore è la situazione per quanto riguarda le opere stesse di Basilio, alcune delle quali si trovano in traduzione copta, talora anche attribuite ad altri autori (a causa di un meccanismo non infrequente in questa tradizione); altre poi sono a lui attribuite, ma con tutta probabilità non sono autentiche. Vi è poi un gruppo di omelie spurie, che presentano caratteristiche unitarie che le collegano una all'altra.
Ciò che collega tutte queste omelie, a parte il fatto di essere attribuite falsamente a Basilio di Cesarea, è la circostanza di essere state pronunciate (o meglio di fingersi pronunziate) in un periodo nel quale dei barbari, chiamati Sarmati, hanno assalito un luogo chiamato Lazica (luogo in cui queste omelie si fingono pronunziate) e dopo aver vinto ed invaso il paese, pur rispettando il santuario di Michele arcangelo, ne sono poi stati ricacciati dalle truppe romane [cf. II in Lazica, pp. 20-21 del manoscritto; Miracula Mercuri, pp. 56-75 del manoscritto; il framm. di quella In Gabrielem tratta appunto di questo argomento]. Per la verità il testo della prima omelia in onore di Michele non contiene allusioni precise a questo, ma: (a) esse sono contenute nella inscriptio; (b) I'omelia è strettamente unita alla seconda per ragioni di stile (serie ininterrotta di brevi esempi, seguiti dalla spiegazione); (c) vi è un argomento comune alle due omelie, espresso all'incirca nei medesimi termini [sulla penitenza e la remissione dei peccati].
Storicamente la narrazione di quegli avvenimenti ha un valore molto relativo, perché essi, così come sono esposti, sono difficilmente collocabili in un determinato periodo, rendendo impossibile accertare che vi sia una realtà storica da cui sono scaturiti i testi. Si potrebbe pensare alle guerre di Valente con i Sarmati (in un periodo appunto in cui viveva Basilio), ovvero con migliori possibilità al periodo in cui Giustiniano dette grande importanza al confine pontico e la Lazica fu contesa con alterne vicende fra Romani e Persiani [cf. Cambridge Medieval History, II ediz. vol. IV, 1, p. 600 (Toumanoff)]. Bisogna comunque convenire che geograficamente la narrazione è coerente, in quanto il territorio della Lazica è confinante con quello dei Sarmati: una tale coerenza geografica non è facilmente riscontrabile negli altri testi copti pseudepigrafi, nei riguardi di regioni lontane dall'Egitto.
Noi crediamo ad ogni modo che questo gruppo di omelie sia da affiancare agli altri gruppi analoghi, attribuiti a Teofilo alessandrino, Cirillo di Gerusalemme, Demetrio di Antiochia ed Atanasio alessandrino, i quali sembra siano stati creati al momento in cui si cercò di dare sistemazione a scopo prevalentemente liturgico alla letteratura copta di carattere omiletico [cf. T. ORLANDI, Patristica copta e patristica greca, ``Vetera Christianorum'' 10 (1973) 328-41; P. 337].
In questo caso particolare, il problema è complicato dal fatto che si trova in greco un'omelia basiliana che reca nel titolo: pronunciata ``en tois lakizois'' [PG 31. 1437-58]. L'omelia fa parte di quelle considerate spurie dall'editore maurino, e relegate al di fuori del corpus principale delle omelie di Basilio. Ma è noto che il problema dell'autenticità di tutte queste è da riconsiderare; ed in particolare la nostra è presente in quasi tutte le famiglie in cui il Rudberg divide la tradizione manoscritta delle omelie basiliane. Il titolo è appunto semplicemente quello riportato sopra, senza altre specificazioni, salvo in qualche manoscritto in cui si accenna al contenuto. Esso è (purtroppo per noi) puramente morale: si tratta soprattutto dei peccati di ``pleonexia'' e di ``invidia'', con una grande tirata finale sul diavolo; questo non permette un confronto concreto con le allusioni ``storiche'' che troviamo nei testi copti. Tuttavia la frase iniziale dell'omelia, in cui si lodano gli intervenuti per essersi radunati in Chiesa nonostante le ``tribolazioni esterne'' potrebbe alludere ad una situazione simile a quella delle omelie copte (vera o supposta da un eventuale interprete).
Un grosso problema è posto certamente dalla differente lezione: copto ``Lazika'' greco ``Lakiza'', che peraltro come nome di località ci risulta non attestato in alcun altro testo. Sulla lezione, d'altra parte, per quanto abbiamo potuto verificare, non si possono avere dubbi. Basterà dunque il nome di Basilio ed il tenue filo che potrebbe collegare, attraverso varianti od interpretazioni della tradizione manoscritta, i nomi di ``Lazika'' e ``Lakiza'', a stabilire un rapporto fra l'omelia greca e la serie delle omelie copte? A noi sembra certo che la tradizione greca, in qualsiasi periodo, non potè conoscere (come basiliane) le omelie copte; ma che non si possa escludere che proprio quell'omelia greca, recepita con una certa interpretazione, col suo titolo misterioso, nella tradizione copta abbia dato origine alla serie di omelie sopra elencate, redatte dalla cerchia letteraria copta cui sopra si è fatta allusione. E questo ci darebbe qualche altra indicazione sul modo di lavorare di quella cerchia.

Adversus eos qui irascuntur. = clavis 0069 (CG2854)

-- Periodo: traduzioni classiche.
-- Manoscritti: MONB.GS.
-- Problemi:
-- Contenuto:

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Constitutiones asceticae. = clavis 0070 (CG2895)

-- Periodo: monastici. traduzioni classiche.
-- Manoscritti: MONB.FN.
-- Problemi: L'ordine del testo è assai diverso da quello presentato dai mss. greci. All'inizio è posto come prologo un brano che in greco risulta extravagante (PG 31, 1509D). Seguono nell'ordine (salvo le lacune fra un frammento e l'altro) i capp. 24, 4, 8, 29, 30, 33, 34, 19, 2, 17. Non siamo in grado di dire se quest'ordine corrisponde a quello di qualche famiglia minore della tradizione greca. La traduzione appare fedele, e condotta su un testo greco quale ci è offerto dall'edizione benedettina.
-- Contenuto: PG 31, 1326-1428

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De Baptismo (I ?). = clavis 0071 (CG2896)

-- Periodo: traduzioni classiche.
-- Manoscritti:
-- Problemi:
-- Contenuto:

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De Baptismo II. = clavis 0072 (CG2896)

-- Periodo: traduzioni classiche.
-- Manoscritti: MONB.FN. MONB.GS.
-- Problemi: È pervenuto solo l'inizio, posto senza titolo dopo le Constitutiones asceticae. È quindi probabile che nell'esemplare da cui proviene la redazione copta fosse tramandato in modo diverso da come lo conosciamo dai nostri mss. greci. Si tratta in realtà di un'opera ascetica in forma di domande e risposte. Il testo era quindi diretto ai monaci.
-- Contenuto: PG 31, 1580-1628. Trattato su problemi monastici in forma di domande e risposte.

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De Nativitate. = clavis 0163

-- Periodo: traduzioni classiche.
-- Manoscritti: CC.9272. MU.0158.24. NM.C06. PN.131.1.32. PN.131.1.38.
-- Problemi: Un foglio da un codice papiraceo [W. E. CKUM, Theological Texts, Oxford 1913, n. VI. L'altro frammento compreso sotto lo stesso numero non proviene dalla medesima omelia] ci conserva il titolo e l'inizio di un'omelia di Basilio di Cesarea, Sul Natale. In realtà, come ben vide G. Mercati [G. MERCaTt Journ. of Theol St. 8 (1917) 355-7 (= Studi e Testi, 79, pp. 458)], si tratta di un'omelia tramandata in greco sotto il nome di Giovanni Crisostomo (PG 61, 763-768) ma certo non autentica [A. DE ALDAMA, Repertorium Pseudo-Chrisostomicum, Paris 1969, n. 319], né l'attribuzione copta può trovare di per sé maggior credito, salvo un eventuale approfondimento del problema. L'omelia è di quelle per cui si è dubitato dell'autenticità (De Aldama 319). In effetti il ms M.C6 la attribuisce a Basilio di Cesarea (il nome è in lacuna, ma è da accettare l'osservazione di Crum Texts, ad loc.), l'altro al Crisostomo. Certo essa era molto diffusa, ma altrettanto incerta di attribuzione, come attestano le citazioni che si trovano in Teodoreto (PG 83, 209-212), che la attribuisce a Severiano, ed in Severo di Antiochia (Contra imp. gramm. 3, cap. 36) che l'attribuisce al Crisostomo.
-- Contenuto: PG 61, 763-768

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De Nativitate ...?. = clavis 0456

-- Periodo: traduzioni classiche.
-- Manoscritti: BE.WEST.BL133.A.
-- Problemi:
-- Contenuto:

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De arca diluvii. In Gen. 6. = clavis 0077 (CG2964)

-- Periodo: omelie tardive.
-- Manoscritti: BE.WEST.P22137.1-2.
-- Problemi: Spuria senza alcun dubbio è l'omelia ``sull'arca di Noè'', come ben vide anche l'editore del manoscritto boairico, che la tramanda completa [cod. Vaticano copto 68,4 del secolo x; cf. il catalogo p. 502-3 Ed. H. de VIS, Homélies coptes de la Vaticane, Copenhagen 1922, vol. II pp. 205-241]. La diffusione presso i copti è testimoniata anche da un frammento papiraceo in saidico, conservato ora a Berlino [Berlino, Staatl. Museum, P22137 a. b.; ed. H. SATZINGER, Koptische Urkunden III, 2, Berlin 1968, n. 383. I due frammenti ivi pubblicati vanno uniti ed integrati come indicato nell'appendice, pp. 227-8]. La redazione, nei due dialetti, appare la stessa, per quanto è possibile giudicare dalla scarsità dei frammenti saidici. Nessun'altra lingua della cristianità appare, per il momento, aver tramandato l'omelia.
-- Contenuto: L'omelia è diretta espressamente ai monaci, e probabilmente sarà nata in tale ambiente: essi sono lodati all'inizio per essersi dati alla vita ascetica (da cui l'attribuzione a Basilio). Si parla quindi della creazione del mondo; della creazione dell'uomo (con alcune questioni pseudo-filosofiche); della creazione della donna; del peccato originale Ä tutto seguendo il racconto del Genesi. Si giunge quindi a Noè, e ci si sofferma a lungo sull'arca e sulla sua interpretazione allegorica; quindi il diluvio: qui le considerazioni sono piuttosto di carattere morale. In conclusione vi sono delle esortazioni ai monaci.

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De ecclesia Mariae V.. = clavis 0073 (CG2970)

-- Periodo: ciclo di costruzione di santuari. ciclo di omelie con apocrifi. omelie tardive.
-- Manoscritti: LU.1086.50. LU.1087.21. MACA.DI.
-- Problemi: L'omelia che si finge pronunciata in occasione della consacrazione di una Chiesa della Vergine [cod. Vaticano copto 67, 3, del secolo X; cf. il catalogo cit. alla nota 16, pp. 493-495. Ed. R. CHAINE, Catéchèse attribuée à Saint Basile de Césarée, une lettre apocryphe de Saint Luc, . Rev. Or. Chr. / IIIser. 3 (1922-3) 150-9 e 271-302. Frammenti da un altro codice boairico: Leipzig, Tichendorf XXIV, 50 e XXV, 21] è frutto di una delle costruzioni letterarie tanto care ai copti, composte per presentare sotto forma di omelia sfruttabile liturgicamente un testo apocrifo che probabilmente circolava in greco semplicemente come tale. Si aggiunge l'espediente altrettanto caro della finzione di un ritrovamento di una antico testo nella ``biblioteca di Gerusalemme'' da parte di un personaggio famoso [cf. W. SPEYER, Die literarische Falschung, Munchen 1971, pp. 69-70]. Ed. Chaine #0224. Cf. anche Sinassario ed. Forget II 179-80. È da notare che l'affermazione che la chiesa di Cesarea sarebbe stata la prima chiesa in senso assoluto contrasta con quanto si dice nell'omelia araba di Teofilo di Alessandria Sulla chiesa del monte Kos (ed. Guidi e Conti Rossini, cf. CC0416), secondo cui quella di Kos sarebbe stata la prima.
-- Contenuto: Prologo. Lodi della Vergine e della sua chiesa, costruita recentemente a Cesarea. Narrazione di un viaggio a Gerusalemme fatto da Basilio quando era ancora presbyteros. Visita alla casa di Maria, madre dell'evangelista Marco, e scoperta della lettera di Luca che narra la costruzione della prima chiesa in senso assoluto, a Filippi (in onore della Vergine). Gesù stesso, apparso alla Vergine, aveva ordinato di costruirla. Costruzione della chiesa della Vergine a Cesarea. Miracolo relativo alla costruzione della chiesa a Cesarea. Visione della Vergine a Basilio. Il ritratto della Vergine. Un altro miracolo. La costruzione della chiesa. Epilogo.
Dopo un normale proemio di circostanza (riguardante la dedicazione della Chiesa) Basilio, il supposto autore, racconta di un viaggio da lui fatto a Gerusalemme prima di essere eletto vescovo, durante il quale si reca alla casa che era stata di Maria, madre di Giovanni-Marco l'evangelista, ed in particolare alla cella-biblioteca, dove trova le opere di Giuseppe lo storico [questo personaggio, evidentemente ricordo di Giuseppe Flavio, è nominato anche in due omelie attribuite a Cirillo di Gerusalemme: In s. Crucem, e In Mariam Virginem (cf. T. ORLANDI, Cirillo di Gerus., pp. 99-100)], di Gamaliele dottore, di Luca lo scriba (diverso dall'evangelista) e di Nicodemo il levita [nel ms. è scritto ``Nikomedos'', per errore]. Quindi trova anche una lettera di Luca l'evangelista e discepolo di Paolo, scritta ai fratelli di Giudea da Antiochia, in occasione dell'eccidio di Giacomo e dei cristiani-gentili. La lettera è riportata per esteso, e narra la causa della costruzione della prima Chiesa in onore della Vergine e le circostanze della costruzione. L'omelia si conclude con una serie di miracoli postumi della Vergine; si noti che l'unione in una medesima omelia di una parte principale in onore di un determinato personaggio con i miracula (che in origine fanno un testo a sé) sembra indicare che la redazione dell'omelia è recente, anche rispetto alle normali ``falsificazioni'' copte (grosso modo dopo il VII secolo).

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De fide. = clavis 0455

-- Periodo: traduzioni classiche.
-- Manoscritti: MONB.GS.
-- Problemi:
-- Contenuto:

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De ieiunio I. = clavis 0074 (CG2845)

-- Periodo: traduzioni classiche.
-- Manoscritti: MACA.AO. MONB.GZ. PN.131.2.119. PN.131.2.120.
-- Problemi: Ambedue le versioni (dei 2 mss) sono inedite (cf. però Lefort #1017 e Lucchesi #1596). Abbiamo il testo quasi completo della prima omelia De ieiunio (PG 31, 160-184) in un codice boairico della Vaticana, Copt. 58, 12 (foll. I78-194) del IX-X secolo [A. Hebbelynck - A. van Lantschoot, Codices coptici Vaticani, Città del Vaticano 1937 (Bibliothecae Apost. Vaticanae codices manu scripti recensiti) p. 398-9]. Il copto tralascia la parte iniziale, e comincia in corrispondenza della col. 164 del greco, seguendolo fedelmente o quasi fino alla col. 173, lin. 6; quindi se ne allontana parzialmente, conservando per lo più gli stessi concetti, ma spesso in ordine diverso. Ci troviamo dunque in presenza di una diversa ``redazione'' dell'omelia, esistente già forse in greco. Che in copto questa redazione risalga abbastanza indietro nel tempo è provato da tre frammenti saidici provenienti dal Monastero Bianco [Paris, Bibl. Nat., Copte I31 (2) II7 e 119; British Museum, Cat. CRUM n 174. Cf. L. Th LEFORT, Homélie inédite du Pape Libère sur le jeune, <( Le Muséon)) 12 (1911) I-22, p. 3] che concordano con il relativo testo boairico anche dove questo discorda dal greco (per es. f. 192-194); essi sono pure del X secolo circa, ma di solito i codici saidici testimoniano uno stato di fatto risalente a due o tre secoli indietro. È interessante notare, sulla scorta del Crum [W. E. CRUM, The Monastery of Epiphanius at Thebes, New York 1926, vol. II p. 162 n. 21], che un brano di questa redazione (f. 191), riguardante l'ubriachezza, si trova uguale in un'omelia copta attribuita ad Atanasio di Alessandria [Ora edita da L. Th. LEFORT, (< Le Muséon >) 71 (1958) 45-50; cf. pp. 42-43]. Ipotesi su questa coincidenza se ne potrebbero fare molte, ma per il momento non esistono agli elementi concreti su cui basare le argomentazioni; soltanto avremo occasione anche in séguito di segnalare altre intersezioni fra la tradizione di Atanasio e quella di Basilio, in copto. Un brano riguardante l'ubriachezza (Bo, f. 191), si trova uguale in un'omelia in copto (cc0050).
-- Contenuto: PG 31, 160-184

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De iudicio Dei. = clavis 0075

-- Periodo: traduzioni classiche.
-- Manoscritti:
-- Problemi: Gribomont #1388: Le Prologue De iudicio Dei (P. G. 31, 653-676).
En 1902, W. E. Crum a publié Coptic Ostraca from the Collections of the Egypt Exploration Fund, the Cairo Museum and Others (London). Page 6, il décrit le numéro 14, dont ils donne l'édition aux pp. 4-5 de la partie Texts. Il n'a pas réussi à identifier le fragment, ``Homily or Epistle''. Plutot que d'un ostracon, il s'agit d'une pierre, dont on ne précise malheureusement ni la forme et les dimensions, ni l'origine. L'écriture pourrait &ecaret;tre du VIIe siècle. La pierre est identifiée comme Musée Copte 8114. J'imagine qu'elle provient d'un monastère.
On y reconnait un passage du prologue De iudicio Dei, P.G. 31! 653C8 s oSu-656AI 5 XUpL09. Cette pièce fut écrite par Basile pour introduire les Règles Morales. Il est difficile de croire que seul le fragment ici attesté ait été traduit en copte; on pense plutot à un extrait d'une traduction antérieure et complète du prologue. En revanche, je n'ose- rais suggérer que les Règles Morales tout entières aient été traduites à la meme occasion; elles représentent un genre littéraire assez différent, et le prologue a pu intéresser pour sa valeur d'exhortation ascétique.
La traduction est fort étroite, à la différence de celle du Prologue à l'Ascéticon (Manchester, John Rylands Library 62, 25), dont j'ai parlé dans mon Histoire du texte des Xscétiques de s. Basile, Louvain 1953, p. 36. Il est douteux que les deux fragments proviennent d'un meme ensemble.
P.G. 31, 653, n. 45 b, le copte lit ~G, avec ``des manuscrits''. En 655, n. 47, il lit 0!p0c et spos , avec le Regius X (Paris. gr. 964) contre le Regius I (Paris. gr. 505), ce qui pourrait etre un indice de dépendance par rapport à la recension . Vulgate /, contre le texte .Studite )>, meilleur ici. Mais il serait imprudent de juger sur le seul apparat des Mauristes, en s'appuyant sur des variantes aussi peu caractéristiques.
-- Contenuto:

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De misericordia et iudicio. In Rom. 1,28. = clavis 0079 (CG2180 (CG2929))

-- Periodo: traduzioni classiche.
-- Manoscritti: BL.OR05001.
-- Problemi: L'omelia greca chiamata generalmente De misericordia et iudicio (PG 31, 1705-1714) e che in realtà contiene il commento ad un passo dell'Epistula ad Romanos (I, 28 sgg.), è di autenticità incerta, sebbene in effetti essa sia compresa in un buon numero di manoscritti [soprattutto della famiglia ``M'' di S. Y. RUDBERG, Étude sur la tradition manuscrite de s. Basile, Uppsala 1953. Sull'omelia, cf. p. 117] l'attribuzione a Basilio è per lo meno molto antica. Un codice saidico del VII secolo ne comprende la traduzione integrale, ma sotto il nome di Atanasio [cod. British Muscum Or. 5001; cf. W. E. CRUM, Catalogue of the Coptic Manuscripts in the B. M., London 1905, n. 171 pp. 60-64. Ed. E. A. W. BUDGE, Coptic Homilies, London 1910, pp. 58 65]; anche sotto il nome di Atanasio essa è menzionata (come crediamo) nel catalogo di opere compreso nella già menzionata Storia della Chiesa [ed. cit. alla nota 4 di p. 50, pp. 52-53]: ``scripsit etiam de misericordia et iudicio''. Il codice saidico è interessante, oltre che per l'antichità, per il fatto di non essere uno dei comuni sinassari, ma una raccolta di omelie di grandi Padri della Chiesa (Atanasio, Teofilo, Basilio, Proclo etc.) riunite con criterio non liturgico ma soprattutto teologico. Lo scriba è piuttosto scorretto sia per ciò che riguarda l'ortografia copta, sia per gli errori meccanici di trascrizione (omissioni, sviste, lectiones faciliores etc.), facilmente riscontrabili quando esista, come nel nostro caso, l'esemplare greco. Ma l'archetipo copto ricostruibile, cioè la raccolta al suo stato originale, doveva provenire da un centro culturale di prim'ordine. La traduzione della nostra omelia, al di là degli errori della trasmissione manoscritta, denota la volontà di volgere con precisione i concetti e le sfumature linguistiche greche in un copto ancora non perfettamente adattato a queste esigenze. Essa è dunque secondo noi antica, ed è da lamentare che l'unica edizione esistente del testo greco non permetta di farne una verifica tramite l'esame delle varianti testuali ricostruibili.
-- Contenuto: PG 31, 1705-1714

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De templo Salomonis. = clavis 0076 (CG2965)

-- Periodo: scuola asiatica.
-- Manoscritti: BL.OR05001.
-- Problemi: È attribuita, nell'unico codice che la tramanda, a Basilio di Cesarea, e consiste in un'esegesi del brano biblico relativo alla costruzione del Tempio di Salomone, interpretato come un'allusione alla creazione del mondo, prima, e poi dell'uomo. Il testo comincia con un interessante brano che si rifà alla cosiddetta teologia ``del silenzio'', il silenzio nel quale il mondo fu creato, in contrasto col rumore che accompagnerà la sua distruzione. Quindi il tempio è preso come simbolo dell'uomo, creato direttamente da Dio; quindi si parla del peccato, cha ha causato (o causerà) la distruzione sia del mondo, sia dell'uomo, ed in particolare la rovina dei Giudei. Finalmente si accenna alla redenzione di Cristo, attraverso la quale il corpo dell'uomo è di nuovo purificato.
L'omelia è tutta risolta nella modulazione dei temi polari silenzioÄfrastuono, creazioneÄfine del mondo, graziaÄpeccato, costruzioneÄdistruzione del tempio, CristoÄpassione, creazioneÄdistruzione del corpo umano. È soprattutto la teologia del silenzio, che sembra non avere paralleli, dopo i brani di Ignazio di Antiochia, Eph. 6.1, 15.1-2, e 19.1; e Mag. 8.2, che lega questa omelia alla linea ``asiatica'' che va da Ignazio a Marcello di Ancira, il quale fu addirittura un forte oppositore della linea alessandrina (cf. Camelot in Dict. Spir. 7.2, col. 1255 e 1264). Questa teoria serpeggia in testi come Apcl. 8.1 (la mezz'ora di silenzio all'apertura del settimo sigillo, come ritorno escatologico al silenzio primordiale), 4 Esdr. 6.39, 7.30, 2 Bar. 3.7, tutti di carattere ``asiatico'' (cf. Prigent, Commentaire du N.T., XIV, Apocal. de S. Jean, Genève, 1988, p. 130). Sono anche da confrontare: Origene In Lc. (GCS IX) p 29-31. Tertull. Adv. Praxeam 5. Lightfoot II II 1 p. 126-8. Paulsen p. 100 sgg.
-- Contenuto: Quando il mondo fu fatto ci fu silenzio. Quando il mondo sarà distrutto ci sarà gran rumore. Il tempio è costruito in silenzio ad imitazione della creazione del mondo. Il Tempio è allegoria anche per la creazione dell'uomo. Perché Dio distruggerà la propria creatura? A causa del peccato. Anafora sul peccato. Episodi biblici generati dal peccato. Ancora sulla creazione miracolosa del Tempio. Patto di Dio con Salomone. Gli israeliti peccarono, perciò Dio distrusse il tempio. Dio poi ha scelto di abitare direttamente con gli uomini mandando Cristo. Il punto di partenza del discorso è dato dal confronto fra il silenzio che ha accompagnato la creazione del mondo, simboleggiato anche dal silenzio che ha accompagnato la costruzione del tempio di Salomone, ed il frastuono che accompagnerà la distruzione del mondo. Quindi è introdotta la considerazione che il vero tempio è l'anima del saggio, e ci si sofferma quindi sulla creazione dell'uomo, con un nutrito elenco di citazioni bibliche al riguardo. Si passa alla distruzione del mondo, causata dal peccato, così come la distruzione del tempio di Salomone è stata causata dalle colpe dei Giudei.

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Epistulae. = clavis 0457 (CG2900)

-- Periodo: traduzioni classiche.
-- Manoscritti: CF.AAU.
-- Problemi:
-- Contenuto:

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In Gabrielem. = clavis 0366

-- Periodo: ciclo di Basilio di Ces. in Lazica.
-- Manoscritti: BL.OR05636.
-- Problemi: Un frammento, conservato al British Museum, Or. 5636; CRUM Catal. n. 995. Il titolo non è conservato; ma il contenuto del frammento prova sufficientemente che l'omelia apparteneva al ciclo di Basilio di Cesarea in Lazica.
-- Contenuto:

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In Mercurium. = clavis 0078 (CG2969)

-- Periodo: ciclo di Basilio di Ces. in Lazica. ciclo di miracula.
-- Manoscritti: MICH.BD.
-- Problemi: Il testo è apparentato a quelli pseudo-basiliani che parlano dell'invasione dei Sarmati nella Lazica (cc0082; cc0083).
-- Contenuto: Travestimento sotto forma di encomio di una serie di miracoli.

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In illud Attende tibi ipsi. = clavis 0458 (CG2847)

-- Periodo: traduzioni classiche.
-- Manoscritti: MONB.GS.
-- Problemi:
-- Contenuto:

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In illud Destruam horrea mea. = clavis 0459 (CG2850)

-- Periodo: traduzioni classiche.
-- Manoscritti: MONB.GS.
-- Problemi:
-- Contenuto:

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Proemium in Regulas fusius tractatas. = clavis 0080 (CG2885)(BG.APP0080)

-- Periodo: monastici. traduzioni classiche.
-- Manoscritti: MONB.CP INF.
-- Problemi: Del grosso corpus degli Ascetica i copti conoscevano il cosiddetto Prooemium in regulas fusius tractatas (PG 31, 890), conservato in saidico in un palinsesto proveniente dal Monastero Bianco [J. RyIand's Library, Manchester; cf. cataI. CRUM, n. 62, fol. 3a]. Il testo ivi offerto è abbreviato, rispetto al greco. Inoltre le cosiddette Constitutiones asceticae (PG 3X, 1326-1428), il cui codice saidico, per quel che ne rimane, è stato ricostituito dal Lefort [L. Th. LEFORT, Les Constitutions ascétiques de [s. Basile], Le Muséon 69 (1956) 5-10]. L'ordine del testo è assai diverso da quello presentato dai manoscritti greci: all'inizio è posto come prologo un brano che in greco risulta extravagante (PG 31. 1509 D); seguono nell'ordine (salvo le lacune fra un frammento e l'altro) i capp. 24, 4, 8, 29, 30, 33, 34, 19, 2, 17. Non siamo in grado di dire se quest'ordine corrisponde a quello di qualche famiglia minore della tradizione greca; la traduzione appare fedele, e condotta su un testo greco quale ci è offerto dal l'edizione benedettina. Lo stesso codice, anch'esso proveniente dal Monastero Bianco, conteneva subito dopo le Constitgtiones il secondo libro del cosiddetto De baptismo (PG 31, 1580-1628), opera in realtà che tratta anch'essa di problemi monastici, in forma di domande e risposte. L'autenticità è dubbia, ma per parere concorde di Bardenhewer e Gribomont non del tutto improbabile [O. BARDENHEWER, Geschichte der altchristlichen Literatur, Freiburg 1913-32, vol. III p. 144; J. GRIBOMONT, Histoire du Texte des Ascétiques de s. Basile, Louvain 1953, pp. 306-308].
-- Contenuto:

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Quod Deus non est auctor malorum. = clavis 0081 (CG2853)

-- Periodo: traduzioni classiche.
-- Manoscritti: MACA.AC. MONB.GS.
-- Problemi: Dell'omelia Quod Deus non sit auctor malorum (attribuita in greco a Basilio di Cesarea, PG 31, 32-353) esiste la traduzione quasi completa in un codice della Vaticana, Copt. 57, 11 (foll. 74-89) del secolo IX [cf. il catalogo cit. alla nota 16, p. 372]. Come in altri casi, è tralasciata la parte iniziale, e la corrispondenza col greco va dalla col. 332 lin. 20 alla fine. L'omelia è attribuita, secondo l'inscriptio, a Giovanni Crisostomo; ma questo si spiega facilmente con il fatto che il codice che la tramanda è per il resto dedicato completamente ad una antologia di omelie di Crisostomo, nella quale sarà stata inserita a suo tempo questa di Basilio, destinata perciò in breve a diventare pseudepigrafa. Del resto anche nella tradizione greca il nome di Crisostomo ha spesso sostituito altri meno conosciuti ma autentici autori di omelie. Più interessante è che a questa omelia si fa forse allusione in un catalogo di opere di Atanasio, incluso nella Storia dei Patriarchi di Alessandria (in arabo: X secolo) di Severo di Ashmunein [ed. B. EVETTS, Patrologia Orientalw, I, 4 (Paris 1907) p. 422. Cf. T. ORLANDI, Studi cogiti, Milano 1968, p. 68]: Trattato sul male, in cui prova che esso viene dal diavolo, e non c'è male in Dio. Questo significherebbe che in quel periodo, e certo anche un po' prima, il testo circolava (anche) sotto il nome di Atanasio, e testimonierebbe una intersezione nella tradizione letteraria dei due autori. È interessante notare una corrispondenza con Shenute Contra Origenistas [= Logoi A.1 + 7.5], nell'esempio del medico che quando incide le piaghe etc. non solo è pagato ma anche lodato.
-- Contenuto: (Dalla vers. greca:) Vari tipi di insegnamento da trarre dai Salmi: esempi di patimenti, per la pazienza; aiuto divino immediato; preghiera contro il peccato. Nel salmo 12 insegna a non incattivirsi nelle tribolazioni. Infatti Dio le invia agli uomini come mezzo per convertirsi e salvarsi. Dio non è responsabile dei nostri veri mali; egli è provvidenza sempre per il bene. Esempio del medico. Lo stesso vale per le città; guerra, pace, distruzioni etc. Lo stesso vale per le calamità naturali. Il male è privazione del bene; non è innato. Natura e comportamento dell'anima. Natura del diavolo.

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Sermo in Lazica 1. In Michaelem 1. = clavis 0082 (CG2967)

-- Periodo: ciclo di Basilio di Ces. in Lazica. opere agiografiche tardive.
-- Manoscritti: MICH.AV.
-- Problemi: Cod. di New York, P. Morgan Library, ed. fotogr., Roma 1922, vol. XXII.
-- Contenuto: Saluto alla folla accorsa al santuario. Esempio del banchetto nuziale. Spiegazione del Salmo ``Io parlo per mezzo della profezia''. Problema della penitenza e dell'intercessione. Esempio dell'usuraio. Conclusione: funzioni di Michele. Egli non è Dio, ma un suo ministro.

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Sermo in Lazica 2. In Michaelem 2. = clavis 0083 (CG2968)

-- Periodo: ciclo di Basilio di Ces. in Lazica.
-- Manoscritti: GIOV.AM. MICH.AV.
-- Problemi: Nel medesimo cod. della P. Morgan Library di cc0082, ed in un cod. di Torino ed. F. Rossi Papiri copti del Museo Egizio di Torino, Torino 1887-92 vol. II, 4, p. 39-42.
-- Contenuto: Prologo: vittoria sui barbari. Problema della penitenza. Spiegazione di Giuda 9. Disputa fra diavolo e arcangelo su Mosé. Esortazioni morali: Esempio delle pecore. Farsi ammaestrare. Raccomandazioni. Insegnamenti da trarre dall'invasione dei barbari. Conclusione: la carità.

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