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Dottrina Sociale della Chiesa

e Storia della Teologia

Rodrigo Munoz

Facoltà di Teologia - Univ. di Navarra - Pamplona

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1. Introduzione

Senza dubbio lo studio di un tema come quello proposto da questo titolo, richiede — per quanto risulti ovvio — una risposta previa ad una prima domanda, che ci permetterà di avanzare ulteriormente: la Dottrina sociale della Chiesa (DSC) costituisce una realtà diversa dalla teologia, anche se in stretta relazione con essa, o si tratta, al contrario, di una parte o di una specializzazione della stessa teologia?

Non è questo il momento di entrare in profondità nella questione dello statuto o della natura della DSC, che per anni ha costituito, del resto, l'oggetto di un dibattito le cui linee principali di sviluppo risultano, per di più, conosciute. Qui può bastare, come punto di partenza della nostra questione, sottolineare due aspetti basici della evoluzione che segue questo dibattito. Per questo, sarà sufficiente descrivere a grandi linee la comprensione attuale della natura della DSC, in contrasto con quella che conseguiva — certamente in modo tuttavia spontaneo o non riflesso — nel momento in cui nasce:

1. Si sa che la DSC sembra - fin dal suo primo documento, che ottiene per così dire un carattere fondazionale - vincolata alla nozione di filosofia cristiana. Come è logico, allora non esisteva una riflessione critica su un adeguato statuto epistemologico, il quale potè venire solo dopo anni di esistenza, come risulta connaturale al momento originario di qualunque disciplina. Tale prospettiva si manterrà, essenzialmente, fino agli ultimi anni della seconda guerra mondiale, quando sorge propriamente un dibattito formale sull'identità della DSC.

2. Attualmente, il punto di partenza di questa questione - in un certo senso costituisce anche un termine o punto di arrivo - lo offre la chiarificazione che si trova al numero 41 della Sollicitudo rei socialis. Giovanni Paolo II dopo aver ricordato che la DSC non deve essere concepita come terza via, e nemmeno può caratterizzarsi come ideologia, afferma che "suo scopo principale è di interpretare tali realtà (della vita dell'uomo in società), esaminandone la conformità o difformità con le linee dell'insegnamento del Vangelo sull'uomo e sulla sua vocazione terrena ed insieme trascendente; per orientare, quindi, il comportamento cristiano. Essa appartiene, perciò, non al campo dell'ideologia, ma della teologia e specialmente della teologia morale".

La trascendenza di una tale dichiarazione è evidente e nel suo momento fu, senza alcun dubbio, una novità. Però, se si dovesse caratterizzarla precisando il suo significato, questa novità dovrebbe intendersi non tanto come una trasformazione della natura della DSC, ma come una chiarimento epistemologico procedente da una una percezione più chiara e dalla sua espressione successiva in termini più precisi. Si trattava, quindi, di un approfondimento, di una presa di coscienza di qualcosa che, nonostante affiorasse in quel momento, era sempre stato presente: la Chiesa, e per tanto il cristiano, sono chiamati ad informare con lo spirito evangelico le realtà della vita sociale, e — per dirlo con un testo oggi ben conosciuto — è Cristo che "svela pienamente l'uomo all'uomo".

Del resto, si deve riconoscere che la riflessione elaborata dall'ispirazione che apporta la rivelazione cristiana su ciò che attualmente conforma l'oggetto della DSC, è sempre stata presente.

Sono proprio queste osservazioni precedenti quelle che ci permettono di iniziare la considerazione della DSC nei diversi periodi della storia della teologia morale (si ometterà qui, perchè giudicato irrilevante per il nostro fine, la questione se la DSC si debba identificare con la morale sociale o se, al contrario, si inserisca al suo interno conservando una certa autonomia o identità propria). Naturalmente, il campo di studio a cui si accede è immenso. A continuazione si pretende solo di offrire una visione panoramica, che sottolinei i primi punti di riferimento della mappa in cui si rappresentano i tre momenti di massimo splendore della teologia lungo la storia: il periodo patristico, quello che corrisponde alla scolastica e l'epoca contemporanea.

 

2. L'epoca patristica

E' ovvio che gli scritti dell'antichità cristiana non offrono un corpo dottrinale sulla vita sociale ed economica del loro tempo, in quanto elaborazione intellettuale dotata di una certa struttura sistematica. Tuttavia, l'atteggiamento dei cristiani dei primi secoli di fronte alle questioni sociali, così come è riflessa in questi scritti, risulta essere un punto di partenza imprescindibile che arrichisce notevolmente la riflessione attuale, in quanto è il primo tentativo di avvertire la luce che proietta il Vangelo sulla vita sociale.

Già dal periodo apostolico, si possono registrare allusioni alla mutua comunanza dei beni che deve esistere tra i cristiani, come estensione della comunione dei beni spirituali (a questo riguardo risultano, per esempio, significativi alcuni passaggi della Didache); così come le condanne verso l’avarizia e le ricchezze ingiuste da parte di S. Policarpo di Smirne (Lettera ai Filippesi) o di Erme. Si tratta, naturalmente, di sviluppi iniziali sull’atteggiamento che devono mantenere i cristiani verso l’autorità politica, le ricchezze, la proprietà, il commercio, ecc.

I commenti alla Scrittura e la letteratura polemica posteriore, apportano una riflessione che dimostra una crescente maturità: basti pensare, a titolo di esempio, alla discriminazione che stabilisce il Crisostomo tra i diversi usi della ricchezza; e la conseguente allusione alla responsabilità del proprietario. Tali osservazioni con frequenza sono impregnate di una ispirazione di carattere gnostico o manicheo: è paradigmatica, in questo senso, la condanna radicale dello pseudo Crisostomo (Hom. in Mattheum) dell’esercizio del commercio, in un testo che raccoglie Graziano e che poi commenteranno i principali rappresentanti della Scolastica tra i quali Alessandro di Hales e Tommaso d’Aquino.

Si potrebbe ugualmente evocare — con la concisione che qui è possibile — la figura di un san Agostino: la teologia della storia che si manifesta nella sua contrapposizione delle due città; o la nota di distinzione tra un valore metafisico dei beni e quello derivato dal loro uso da parte dell’uomo, che sta al fondamento della sua idea economica; così come la sua dichiarazione della liceità dell’attività commerciale, e la simultanea condanna dei vizi dei commercianti; ecc.

Questa riflessione degli scrittori cristiani dei primli secoli, che si incorpora in buona misura nelle compilazioni del diritto della Chiesa nei secoli XII e XII, costituisce uno degli elementi che nutrono il pensiero sociale ed economico della teologia scolastica.

 

3. La scolastica medioevale ed altomoderna

I fattori di carattere generale che contribuiscono alla nascita della teologia delle scuole, sono molti e di indole diversa. Se fissiamo l’attenzione in quelli che esercitano una influenza specifica nella evoluzione della teoria morale, dalla fine del Medio Evo fino all’inizio dell’epoca Moderna, si possono ridurre — nonostante il rischio di semplificare qualcosa che è senza dubbio più complesso — nei due grandi gruppi seguenti:

1. Nel campo delle trasformazioni politiche e sociali, quelle realtà che reclamano il giudizio morale, si deve guardare in primo luogo alla transizione operata dall’ordine della organizzazione feudale allo stato moderno, che trova il conseguente riflesso all’interno della teoria o delle idee politiche. D’altra parte, sebbene in collegamento con il periodo precedente, dobbiamo anche guardare ai cambi della realtà economica —l’intensificazione e la specializzazione del commercio, l’evoluzione monetaria, così come lo sviluppo dei mezzi di pagamento e delle pratiche finanziarie — che finiranno per dar luogo già nell’Età Moderna al sistema capitalista.

2. Per ciò che riguarda l’ambito ecclesiale, nel secolo XIII ci sono due fattori che concorrono a segnare profondamente la teologia morale posteriore: l’istituzione dell’obbligo della confessione annuale da parte del concilio lateranense (1215) ed il sorgere degli Ordini mendicanti. Da allora la teologia morale andrà in due direzioni: una che la vincola alla pastorale del sacrmaento della penitenza (rappresentatato dal genere delle summae sulla penitenza, la cui nascita avviene con la Summa di S. Raimondo di Peñ afort), e l’altra propria della teologia accademica o universitaria, di maggior pretesa speculativa (principalmente le summae theologicae, i commentari alle Sentenze di Lombardo e i quodlibetales).

Da un punto di vista formale, gli sviluppi della morale politica e commerciale elaborati dalla scolastica, si presentano tanto nel quadro della virtù della giustizia, principalmente nei nei rappresentanti della scuola domenicana, di marcata tradizione aristotelica, come nell’esposizione del settimo precetto del decalogo, soprattutto nella scuola francescana, di impronta agostiniana, che poi riceve poi un influsso di tendenza nominalista. I generi di pastorale penitenziale ricorrono ordinariamente anche al decaologo, il quale per la sua semplicità di adattava facilmente al suo obiettivo.

Tra gli autori della prima scolastica che hanno suscitato maggior attenzione figurano Alberto Magno e Tommaso d’Aquino, Bonaventura, Pietro di Olivi (morto nel 1298) e Scoto. Già nei secoli XIV e XV, merita di essere segnalata l’opera di san Bernardino da Siena e di sant’Antonino da Firenze, così come alcune somme sulla penitenza: insieme a quella di Antonino che — sebbene in un certo modo vada al di là di questo genere pastorale — la Summa Baptistana e la Angellica, esercitarono un’influenza decisiva sugli autori posteriori.

Già intorno all’anno 1500, appaiono i commenti alle Sentenze di Gabriel Biel o Givanni Maggiore, che nel parlare della penitenza sviluppano per esteso il tema della restituzione, e offrono una moltitudine di importanti osservazioni sulla realtà economica dell’epoca. In questo periodo, tra le somme di penitenza più tardive, figura le celebre Silvestrina (1516), del domenicano Silvestro Mazzolini. Però in tutto questo insieme di autori, si distingue senza dubbio l’opera di Tommaso de Vio Caetano, tanto i suoi vari opuscoli su temi economici, scritti verso l’inizio del XVI secolo, quanto i suoi commenti alla Summa Theologica II-II dell’Aquinate, costituiscono un riferimento obbligato per gli autori successivi.

Risulta pure di grande interesse il lavoro che su questa base realizzano poco dopo i più illustri rappresentanti della scuola di Salamanca, come Francisco de Vitoria, Domingo de Soto o Martin de Azpilcueta, più conosciuti come il Doctor Navarro, Luis de Molina, etc..

Non è questo il luogo per esporre con dettaglio l’evoluzione della morale sociale agli albori dell’Età Moderna, tale come appare negli scritti della seconda scolastica. Conviene tuttavia ricordare che è allora quando nascono i trattati De iustitita et iure, con i quali raggiunge un impulso notevole tanto la morale che si occupa di ordine politico quanto quella che riguarda le relazioni commerciali: le questioni suscitate dalla scoperta del Nuovo Mondo, la legittamzione del potere della comunità, la nascita del diritto internazionale, la dottrina sul diritto di proprietà, la giustizia dei prezzi, il problema della liceità dell’interesse nei prestiti, ecc., sono alcuni dei temi che avvicinò la scolastica dell’Età Moderna e particolarmente quelli fondamentali della scuola di Salamanca.

Sono questi sviluppi, nelle loro linee generali, quelli che arrivano ad integrarsi nei manuali di teologia morale, tali come evolvono dalla loro origine, nel secolo XVII, fino a solo pochi decenni fa.

 

4. Una indicazione interdisciplinare in relazione al presente

Il trattamento che riceve la morale sociale nei manuali, tanto in quelli che precedono il concilio Vaticano II quanto in quelli posteriori, è molto conosciuto. Mi si permetta di colcudere con un’osservazione precisa di carattere interdisciplinare in relazione con l’economia moderna del momento presente.

Dopo la metà di questo secolo, un settore rappresentativo degli storici del pensiero economico ha mostrato — da posizioni o punti di vista diversi — un crescente interesse per la letteratura morale della scolastica che si occupa delle relazioni commerciali. Si tratta di una proposta di ricezione degli apporti scolastici alla storia delle ideee economiche, che in alcuni casi arriva a situare le radici dell’economia moderna nel pensiero di alcuni rappresentanti della scolastica cattolica. In questa prospettiva, e dentro questo amplio complesso, si è concesso particolare rilievo alla riflessione e spiegazione delle realtà economiche che offrono alcuni membri della scuola di Salamanca.

L’interesse che presenta lo studio di questi scritti da questo punto di vista non lascia adito a dubbi. Tuttavia, è innegabile che il contributo della Scolastica — tanto nel suo primo periodo medievale, come successivamente nell’Era Moderna — riveste un carattere essenzialmente teologico. Non si può dimenticare questo dato nello studiare il suo riflesso sulla realtà sociale — politica ed economica — di allora, che rimane così situata all’interno di una visione cristiana dell’uomo e della società.

 

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Il carattere teologico della DSC, così come è stato recentemente chiarito, permette di contemplarla nell’ampio orizzonte della storia della teologia. Lo studio delle fonti storiche della morale sociale, particolarmente quelle dell’antichità cristiana e quelle corrispondenti alla scolastica, può aiutare a percepire nel presente la luce della grande tradizione teologica cristiana; e costituisce, in questo senso, una via storica di arricchimento della DSC che nessuno lavoro teologico può trascurare.

 

 

(Traduzione dallo spagnolo di Maria Raffaella Dalla Valle)

 

 

 

Note

 I precedenti e lo sviluppo posteriore di questo dibattito, dalle origini fino ad oggi, sono stati studiati in datteglio da J. Illanes, La Doctrina social de la Iglesia como teologia moral, in "Scripta Teologica" 24 (1992) pp. 839-875. Una esposizione sintetica è quella di P. Doni, Dottrina sociale della Chiesa e Teologia, in "La Società" V/3 (1995) pp. 659-662.

 

 

2 Cfr. J. Illanes, o.c., pp.861 ss.

3 Conc. Vaticano II, Const. past. Gaudium et spes, n. 22.

 

 

4 Si possono consultare le indicazioni bibliografiche che offre E. Dal Covolo, Dottrina sociale della Chiesa e studio dei padri, in "La Società" V/3 (1995) pp. 674-678.

 

 

5 Uno studio classico è quello di P. Michaud-Quantin, Sommes de casuistique et manuels de confession au moyen âge (XII-XVI siècles), in "Analecta Mediaevalia Namurcensia" 13, Nauwelaerts, Louvain 1962.

 

 

6 Il lavoro più solido e documentato a questo riguardo, sul periodo aureo dell’Università di Parigi, è quello del norvegese O. Langholm, Economics in the medieval schools. Wealth, Exchange, Value, Money and Usury according to the Paris theological Tradition 1200-1350, I.J.Brill, Leiden-New York-Koln 1992. Su P. Olivi, vedere A. Spicciani-P. Vian-G. Andenna, Pietro di Giovanni Olivi. Usure, compere e vendite: la scienza economica del XIII secolo, Milano 1990.

 

 

7 Cfr. R. De Roover, San Bernardino of Siena and Saint’Antonino of Florence. The two Great Thinkers of Middle Age, Cambridge (Mass.) 1967.

 

 

8 Esiste un insieme di monografie specifiche; tra quelle di carattere più generale si possono consultare i lavori di M. Grice-Hutchinson, The School of Salamanca: readings in Spanish Monetary theory 1544-1605, Clarendon press, Oxford 1952; idem, Early Economic thought in Spain 1177-1740, Allen & Unwin, London 1978.

 

 

9 Oltre alla bibliografia indicata sopra, si dedica un intero capitolo a questa questione in J. A. Schumpeter, History of Economic Analysis, Oxford U. Press, London 1954. Come piccola dimostrazione dell’interesse che questo tema ha suscitato tra gli storici del pensiero economico negli ultimi anni, e dei diversi presupposti dai quali lo si affronta, si potrebbe citare: R. De Roover, Scholastic Economics: Survival and lasting influence from the Sixteeenth Century to A. Smith, in "Quarterly Journal of Economics" 69 (1955) pp. 161-190; R. Sierra Bravo, El pensamiento social y economico de la Escolastica desde sus origenes al comienzo del catolicismo social, csic, Madrid 1975; B. e M. Gazier, Or et monnaie chez Martin de Azpilcueta, Economica, Paris 1978; M. N. Rothbard, Economic Thought before Adam Smith. An Austrian perspective in the History of Economic Thought, E.Elgar, Hants 1995, vol. 1, pp. 29-175.