Chi è Gesù?

 

prof. P. Ricca

 

 

Nella presentazione del programma si diceva che questa mia relazione sarebbe stata centrata sul Prologo del vangelo di Giovanni. Confesso che non ho obbedito a questa indicazione perchè credo che il Prologo di Giovanni sia una parola conclusiva, rispetto all' interrogativo. Quella è la risposta suprema! Ci sono altre risposte meno impegnative, intorno alla stessa domanda, che forse devono essere esplorate prima di arrivare a quella ultima che è contenuta nel Prologo. Non bisogna lasciarsi ingannare dalla parola "Prologo" perchè in realtà siamo di fronte ad una conclusione. Conclude l'itinerario della fede cristiana del primo secolo. Il vangelo di Giovanni è l'ultimo non solo dei quattro vangeli, ma probabilmente è anche l'ultimo documento del Nuovo Testamento in ordine cronologico. E tutto l'evangelo è una retrospettiva, per cui possiamo considerarlo il prologo della fine, della conclusione del discorso su Gesù. Ecco perchè mi permetto di non partire da lì e di non fare quindi del prologo la base delle mie considerazioni, sperando che vengano discusse, in una riflessione allargata. La prima cosa che vorrei dire sul tema " chi è Gesù ? " è che questa domanda non la poniamo solo noi a noi stessi, non la poniamo neppure soltanto noi alla tradizione che forse abusivamente porta il nome di Cristo, alla tradizione cristiana; possiamo porla confrontando la risposta della tradizione cristiana alle risposte che noi o appunto altri testimoni contemporanei danno alla domanda. E non è neppure una domanda che noi poniamo semplicemente ai testi che parlano di Gesù, cioè i ventisette libri che compongono il N.T., ma anche una abbondante letteratura apocrifa più o meno contemporanea, in generale leggermente più tardiva, che non aggiunge nulla di sostanziale sulle possibili risposte alla domanda "chi è Gesu?" (e un po' come la letteratura francescana riguardo a Francesco: la letteratura apocrifa è utile per capire l'humus in cui è fiorita una certa tradizione cristiana, sia nella direzione delle cosidette "eterodossie", sia anche nella direzione di quella che poi si è autenticata in qualche maniera come "ortodossia" cristiana). Questa domanda "chi è Gesu? " non la poniamo soltanto noi a noi stessi, non la poniamo soltanto alla tradizione cristiana, non la poniamo soltanto a quella che possiamo chiamare la letteratura cristiana, ma è una domanda che Gesù stesso pone a noi! L'ha posta ad un certo punto del suo ministero ai suoi discepoli, ponendola ai suoi discepoli l'ha posta alla sua generazione, ai suoi contemporanei, e ponendola ai suoi contemporanei, la pone ad ogni generazione e quindi anche alla nostra. La prima osservazione che vorrei fare è che in questa domanda ce ne son due. E' una domanda a due facce, è una domanda che si innesta su un duplice interrogativo: il nostro, rispetto a questo personaggio storico, ma anche il suo, di questo personaggio, rispetto a noi. Il fatto che questa domanda possa sorgere da questi due luoghi diversi, è una sua caratteristica che merita di essere rilevata. Io credo che è appunto da lì che bisogna partire. Ricordate l'episodio di Cesarea di Filippi, quando più o meno intorno alla metà del ministerio che Gesù svolgeva in Palestina, un giorno egli chiese ai suoi discepoli: "Chi dice la gente che io sia". Essi risposero: "Alcuni dicono che sei Giovanni il Battista, altri che sei Elia, redivivo, altri uno dei profeti". Poi Gesù dice: "Voi, chi dite che io sia?" E Pietro risponde:" Tu sei il Cristo" E Gesù gli risponde:" Non diffondete questa notizia" (cfr. Mat.16, 13-20) E' il famoso " segreto messianico". La prima rivelazione della possibile identità di Gesù viene accompagnata da un segreto. Perchè non bisogna dirlo? (Ecco un bel segreto!) Forse perchè bisogna scoprirlo, forse perchè nessuna informazione su Gesù è sufficiente a farlo conoscere, e quindi crea illusione il fatto di trasmettere un sapere (tu, ricevuta questa informazione credi di conoscere, ti sembra di sapere, ti sembra di sapere abbastanza, in realtà non è così, non conosci ancora Colui sul quale sai, ad esempio, che è il Messia). Ecco il problema dello scarto tra il sapere e il conoscere che è uno dei temi del discorso biblico, e in generale della comunicazione della fede. Che cosa ci rivela questo episodio che ho ricordato, in cui è Gesù che pone la domanda di cui ci occupiamo questa sera. Che cosa ci rivela questo episodio? Sostanzialmente tre punti, tre flash, tre fasci di luce. Il primo è questo: il fatto che sia Gesù a porre la domanda intorno a se stesso. Ecco un fatto che ha, a sua volta, almeno un paio di significati: il primo è che Gesù non teme nessuna risposta. Questo è evidenziato dal fatto che quando i discepoli riferiscono delle risposte che possiamo presumere fossero inadeguate ( Giovanni Battista eccetera), Gesù non commenta, non dice "questa è una risposta sbagliata... questa è già meglio...quell'altra è la risposta giusta". Gesù non commenta nè positivamente, né negativamente nessuna risposta. Come se gli fosse sufficiente una risposta. Il secondo significato di questo fatto, cioè di Gesù che pone la domanda è che egli, appunto, vuole evitare che i discepoli evitino di pronunciarsi. Vuole cioè evitare che davanti a Gesù noi facciamo come ricordo aver fatto un professore conosciuto ed incontrato dell'Università di Gerusalemme, ebreo, tra l'altro impegnato in un dialogo ebraico-cristiano, il quale ci raccontava che ai molti pellegrini cristiani che si recano ai luoghi sacri e che incontrandolo gli chiedevano: "Che cosa pensi di Gesù ?", lui rispondesse:" Nulla". Ecco, questa "nulla" è quello che Gesù vuole escludere, cioè, la "non risposta", il silenzio, il rifiuto di pronunciarsi, fare come se la domanda non fosse mai stata posta. Potremmo dire che alla domanda "chi è Gesù " possiamo dare molte risposte. L'unica risposta sbagliata è di non rispondere, quella è sicuramente sbagliata. Questo è il primo senso, il primo messaggio che possiamo ricavare da questo testo, cioè dalla domanda che Gesù pone. In secondo luogo ci sono naturalmente le risposte. Ora, le risposte date dalla gente leggono Gesù, interpretano Gesù a partire dal passato, a partire da figure che sono esistite. In questo senso si formulano risposte in sè positive, cioè presuppongono una valutazione positiva di Gesù: dire che è un Elia, un profeta, e i profeti sono le più grandi figure della tradizione ebraica, significa dire del bene di Gesù, sono risposte amichevoli, ma sono positive all' "indietro", per così dire, " c'è già stato", "ci sei già stato", "sei la riproduzione di qualcuno che è già esistito". Comunque sono risposte positive e, sappiamo bene, c'erano anche risposte negative, critiche su Gesù. Una delle caratteristiche dei quattro evangeli è che riportano queste critiche. Quella evangelica non è una letteratura agiografica, i vangeli non sono agiografici, non sono opere che tendono a depurare la storia, ma al contrario la riflettono con grande scrupolo. Nel caso di Gesù riferiscono molti giudizi negativi, eccone alcuni: " un mangiatore e un beone" perchè Gesù non rispettava i digiuni che accompagnavano la pietà ebraica, "un amico dei peccatori" che erano esclusi dal nucleo scelto della comunità ebraica, mentre Gesù si caratterizza nel suo ministero per andare a cercare quelle che lui chiama "le pecore perdute della casa d'Israele", cioè quelli che oggi chiamiamo gli emarginati, gli esclusi, i periferici. Gesù si poneva un po' come evangelizzatore della periferia della comunità religiosa d'Israele. La frase chiave che qui dobbiamo ricordare e che illustra così bene questo aspetto di Gesù è quando dice " anche questo è un figlio di Abramo", quello che voi state escludendo fa parte della comunità di Dio. Gesù si caratterizza come uno che allarga la tenda di Israele sino a farla coincidere col popolo di Israele, appunto, per riscattare, reinserire nella comunità dell'elezione quelli che la pietà popolare, in particolare quella farisaica, tendeva ad escludere come non degni esserne parte. Gesù grande trasgressore del Sabato e della Tradizione degli antichi, secondo qualche evangelo ad esempio ci sono degli epiteti che vengono rivolti a Gesù, come "samaritano", che per gli ebrei dell'epoca erano gli eretici,e così via... Ci sono tutta una serie di giudizi negativi, a parte quello delle autorità ebraiche che lo considerano uno pseudo messia, un ingannatore, capace di accendere gli entusiasmi del popolo mentre ne prepara la rovina, un agitatore religioso, quindi più pericoloso degli zeloti che avevano una connotazione politica più precisa. Per i Romani Gesù era un povero esaltato, tradito dai suoi, il " re che non ha regnato", uno sfortunato, che è finito come doveva finire. Queste le reazioni, i giudizi negativi che sono stati dati su Gesù. Considerando l'insieme di tutte queste risposte che siamo venuti ad elencare, sia quelle positive che quelle negative, vediamo che Gesù è valutato a partire dal passato: che siano le tradizioni, che siano le attese, che siano i personaggi o le figure, che siano i movimenti concretamente all'opera in quegli anni, nella Palestina occupata dai Romani, Gesù, sia in positivo che in negativo, è valutato a partire dalla storia fin ora vissuta. Poi c'è la risposta di Pietro. Pietro dice "Tu sei il Cristo, il Messia". Che cosa vuol dire questo? Vuol dire appunto "Tu sei qualcosa di Nuovo, sei quello che non è mai esistito" perchè il Messia è sempre stato sperato, atteso ( la comunità ebraica ancora adesso lo attende, si può parlare di attesa perenne) , MA non è mai venuto! Non è mai apparso! Non c'è un Messia a partire dal quale tu possa valutare il Messia presente. Ci sono delle promesse, ma queste promesse messianiche sono tali che riferite a Gesù possono dare sia la risposta positiva " E' il Messia!" e un certo numero di ebrei lo hanno seguito, ("corrisponde alle attese"), sia la risposta negativa, e la comunità ebraica nel suo complesso ha detto "No, non è il Messia". E la ragione principale per cui la comunità ebraica ha detto che Gesù non era il Messia è questa: SE fosse venuto il Messia il mondo sarebbe cambiato ( i tempi messianici sono caratterizzati da giustizia e pace sul mondo). Non possono accettare che sia venuto il messia e il mondo sia rimasto com'è. Comunque una parte di Israele ha riconosciuto in Gesù il Messia cioè appunto il NOVUM, il nuovo, ha creduto che con Gesù è apparso sulla terra e nella storia dell'umanità qualche cosa che prima non era mai accaduto, qualcosa che non era mai apparso. Questa è infatti l'alternativa che quella domanda, oggetto della riflessione di stasera, pone. O Gesù è uno dei tanti, dei tanti profeti, dei tanti sapienti, come dicono altre tradizioni religiose, o Maestri con la "M" maiuscola, uno tra altri, oppure è un NOVUM. I cristiani sono quelli che dicono che è un novum, una apparizione senza precedenti, la fede cristiana è questa! Naturalmente questa è la ragione per cui molti non sono cristiani... Ora questa verità ( poniamoci all'interno dell'ottica cristiana), il fatto fondamentale di questa verità è che essa è detta dalla fede cristiana in una pluralità di modi, di forme e di temi effettivamente singolare , cioè quello che più colpisce qualunque osservatore del fatto Gesù, nella comune affermazione che in lui è apparso un novum senza precedenti, il fatto sorprendente è che questo novum viene descritto con categorie, linguaggi, parafrasi, titoli, termini, concetti, incredibilmente diversi. Colpisce la grande sfaccettatura di questa unica affermazione! Desidero accennare a come la straordinaria varietà di modi di dire l'unica cosa che si vuol dire, fa parte della ...risposta! Questo Unicum è unico anche per questo: non si lascia dire in un modo solo, nenche in due, neanche in tre! La sua pienezza è tale che tra-scende le singole parole, i singoli concetti, i singoli termini. Ogni volta va oltre, e quindi ne hai bisogno di tante, hai bisogno di tutte le parole per dire quell'unica cosa che vuoi dire. Ecco allora questo fatto singolare di avere ad esempio quattro evangeli, anzichè uno solo, ed è stato un grosso problema nell'antichità questo, perchè naturalmente si presta all'emergere di contraddizioni. Gia in sè è un fatto contraddittorio ( perchè ne hai bisogno di quattro, perchè non basta uno, oppure perchè solo quattro...dove ti fermi? ). Questo è stato un grosso problema, ma più si conosce dal di dentro, e si contestualizzano storicamente e culturalmente queste quattro tradizioni, al cui interno ce ne sono molte altre minori, per così dire ( in realtà siamo di fronte ad una straordinaria collezione di tradizioni che effettivamente trascendono dal numero di quattro ), più si va a fondo e più si scopre la specificità di ciascuna, cioè si vede come ciascuno sguardo lanciato su questo fatto, questo evento, questa storia questa figura corrisponde ad un intento teologico preciso. Per cui il Gesù di Matteo è ad esempio sostanzialmente Colui che adempie la Scrittura, che compie la Parola precedente, ma la compie, per così dire, trascendendola, inverandola, per cui la grande parola che troviamo nel vangelo di Matteo, soltanto nel vangelo di Matteo, è " MA IO VI DICO", che si trova nello stesso contesto in cui si dice " NESSUNO IOTA, NESSUNA VIRGOLA, NESSUN ACCENTO DELLA LEGGE SARA' CANCELLATO, NON SONO VENUTO A CANCELLARE LA LEGGE MA A COMPIRLA", ma questo compimento è anche un trascendimento, per cui non basta, come dicevo prima, il passato per spiegare Cristo! E' indispensabile, ma non basta. Perchè il compimento che egli rappresenta non è semplicemente l'allineamento sulla Parola antica, ma la sua ripresa e il suo inveramento in una pienezza nuova, nella quale la Parola antica resta nella sua integrità e nello stesso tempo raggiunge come una fioritura. Nel vangelo di Marco abbiamo lo stesso Gesù, lo stesso uomo, visto in una luce totalmente diversa, cioè nella luce del figlio di Dio, segretamente opposto, alternativo a colui che si faceva chiamare figlio di Dio senza esserlo, l'imperatore romano, Cesare. Gesù è il vero Cesare, il vero figlio di Dio. Non a caso si chiude, il Vangelo, su quella parola del centurione romano che dice" QUESTO VERAMENTE E' IL FIGLIO DI DIO", non il mio padrone che sta a Roma. Qui c'è tutta un'altra impostazione del discorso, estremamente suggestiva, sul filo del rasoio di una contestazione politica implicita molto incisiva, molto efficace . Se poi ci spostiamo verso Luca vediamo un'altra prospettiva, in un passo emblematico come il Magnificat assistiamo al ribaltamento dei ruoli: i ricchi sono mandati indietro a vuoto. Tutto il vangelo di Luca è impostato sul capovolgimento dei primi che diventano ultimi e gli ultimi che diventano primi. Le donne occupano veramente il primo posto, Maria, Marta sono un modello per tutta la chiesa, un modello di eccellenza, i bambini sono presenti in una misura superiore a tutti gli altri evangeli, il samaritano, l'eretico, è preso come modello di comportamento cristiano, i pubblicani, gli odiati pubblicani...Questi sono i protagonisti, gli interlocutori privilegiati di Gesù, nella prospettiva di Luca, in cui gli ultimi diventano primi. Se poi prendiamo Giovanni abbiamo l'altro grande punto di vista: Gesù è l'incontro di Dio con l'uomo, cioè la Parola fatta carne, Dio fatto Uomo. Questo è l'ultimo gradino della riflessione, della fede apostolica. Qui si arriva a dire quello che nessuno prima aveva detto e cioè che Gesù è Dio. Gli altri dicono che è il Messia d'Israele, il figlio di Dio, l'amico degli ultimi...Con Giovanni si dice che la Parola è Dio. Nel capitolo quarto di Giovanni c'è la descrizione emblematica della risposta alla domanda "Chi è Gesù". Il capitolo del dialogo con la Samaritana è un capitolo formidabile che riepiloga quanto la comunità cristiana del primo secolo aveva inteso di Gesù: è riconosciuto nel corso della incredibile conversazione prima come Profeta (verso 19) , poi come Messia (verso 29) , e infine come Salvatore del Mondo (verso 42)....