La figura di Cristo nei Sinottici

Don Roberto Filippini

 

 

Ciascuno di noi ha una sua conoscenza di Gesù; questo in un certo senso è vero anche per i nostri evangelisti. Noi possiamo avvicinarci ai testi dei Vangeli con diverse prospettive, ponendo domande diverse:

• Una forma, un modo per avvicinarci ai Vangeli è quello di cercare dentro questi testi, che sono anche documentazione storica, la figura storica di Gesù. Bisogna indubbiamente scavare in ciascun Vangelo per ritrovare le parole che Gesù ha detto, i suoi gesti e magari confrontando i diversi libri, con tutta una serie di procedimenti, si può giungere ad un ritratto, perlomeno nelle sue linee essenziali, di quel Gesù di Nazareth che sta all'inizio di tutta la nostra vicenda spirituale.

• Possiamo però anche fermarci invece ad un altro livello, invece che andare al Gesù di Nazareth e cogliere quelle caratteristiche che possiamo ritenere storiche, vedere come questa persona è stata interpretata, compresa, da ciascun evangelista.

 

 

Questo è un altro tipo di disposizione che abbiamo nei confronti dei nostri vangeli. Un approccio non esclude l'altro, ma si tratta di fare una scelta, per questioni anche di tempo e di interesse. Io ho creduto, nella proposta che mi è stata fatta, che questo secondo approccio fosse quello che mi veniva richiesto, e quindi stasera cerco di proporvi i tre ritratti di Gesù di Nazareth che vengono dati da Marco, Matteo e Luca.

E ancora una premessa: se dovessimo riportare ciascun ritratto in maniera completa ed esaustiva certamente la serata non ci basterebbe; dei tre ritratti io colgo quelle linee essenziali dell'uno e dell'altro, rimandando poi alla lettura dei nostri vangeli e magari anche di qualche libro o articolo. La proposta che vi faccio è abbastanza schematica: sono le linee essenziali della presentazione di Gesù nei sinottici.

 

 

Il Vangelo di Marco

Partiamo dal Vangelo che ormai riteniamo il più antico, il primo ad essere stato scritto. Questo ancora a volte stupisce perché siamo abituati all'ordine delle nostre Bibbie che è l'ordine tradizionale e quindi ci sconcerta un po' che si dica:" In realtà il più antico è il secondo, cioè Marco". Marco è il vangelo più corto, più essenziale, più sintetico, ed è stato poi utilizzato sia da Matteo che da Luca, i quali lo hanno in parte seguito, in parte lo hanno trasformato con il materiale che avevano a disposizione, aggiungendo, a volte togliendo, se non addirittura, in alcuni casi, sintetizzando il testo già molto sintetico di Marco. Marco è, ormai si usa dire così, un Vangelo eminentemente cristologico. Tutti i Vangeli sono narrazioni su Gesù e quindi sono cristologiche, ma se facciamo attenzione al testo di Matteo o a quello di Luca ci accorgiamo che, se Gesù è al centro, molto forte è anche la preoccupazione di chiarire che cosa è la comunità che sorge intorno a Gesù, o molto forte è l'interesse per l'agire, la prassi che viene richiesta ai discepoli di Gesù. Ci sono quindi degli interessi abbastanza marcati negli altri vangeli di ordine ecclesiologico, di ordine etico, morale. In Marco invece è centralissimo, prevalente, proprio il tema, la questione cristologica. Lo cogliamo anche ad una prima lettura perché, nella prima parte soprattutto, nei primi otto capitoli, (sapete che il Vangelo di Marco è composto da sedici capitoli) risuona quasi come un ritornello, un interrogativo: "Chi è costui?" A volte compare con piccole variazioni, piccole varianti, come "Da dove gli viene questa autorità?", oppure "Si meravigliavano perché parlava con autorità" o perché con i suoi gesti, con i suoi prodigi diventava un enigma. Chi è Gesù? Ecco questo è indubbiamente il tema che appassiona lo scrittore e il lettore di Marco. Tra le altre cose io sono convinto che Marco, come narratore, sia una grande artista nonostante la reputazione di scrittore piuttosto rozzo attribuitagli dai Padri della Chiesa. Se questo è vero nella lingua che è abbastanza povera, non è vero per esempio nella composizione, nel montaggio del racconto che è molto raffinato, molto più raffinato di quanto possa risultare magari ad un primo approccio. Ha un dosaggio di episodi che si susseguono e si richiamano fra di loro, ha una architettura che davvero affascina quando vi si entra dentro.

Questo Vangelo che, dicevo, è composto da sedici capitoli, si può dividere in due parti nette: i primi otto capitoli, a metà c'è poi quella confessione di Pietro che è un giro di boa; comincia poi la seconda parte che è un approfondimento. La prima parte si può dividere chiaramente in tre sezioni, così pure la seconda parte in tre sezioni, con una specie di parallelismo, di simmetria. E poi anche il fatto che inizi con una giornata modello di Gesù, in cui viene descritta una giornata particolare e nello stesso tempo un esempio di come Gesù viveva e che cosa faceva. Una giornata particolare perché è un sabato, uno shabbat, a Cafarnao. Poi però ci si rende conto che non viene presentata solo una giornata, ma probabilmente addirittura una settimana. I primi tre capitoli riportano una serie di episodi, di conflitti, di dibattiti fra Gesù e gli scribi, i farisei, le autorità e poi si conclude questo primo arco narrativo, ancora di sabato; quindi da un sabato ad un sabato, così come il Vangelo poi nella sua ultima sezione si snoda tutto in un'altra settimana: quella ultima di Gesù, la settimana Pasquale, la nostra settimana santa. Quindi inizia con una settimana, si chiude con una settimana; c'è quindi questa grande capacità di costruttore del racconto. Ed ha una tensione! Direi quasi la capacità di creare una sorta di suspence per cui alcuni studiosi hanno detto: "Sembra quasi un giallo!" Un giallo in cui, invece che domandarci chi è l'assassino ci si domanda chi è l'assassinato, qual è l'identità della vittima. L'identità di Gesù, questo è il problema. Perché? Perché Gesù viene presentato come un mistero. Questa direi è la proposta che vi faccio di lettura di Marco, egli presenta Gesù come in fondo lo hanno sperimentato i discepoli, un mistero. Un mistero per loro che si è svelato gradualmente. Senza dubbio un'altra particolarità che vi ha colpito nel leggere Marco è quel rifiutare da parte di Gesù la diffusione delle sue azioni straordinarie, prodigiose; quello che tradizionalmente viene chiamato Il segreto messianico. Gesù compie i miracoli e dice poi di non diffondere questa fama, che invece poi si diffonde. Per cui Gesù si rivela e, nello stesso tempo, nel Vangelo di Marco più che negli altri, si nasconde. È appunto un interrogativo, un enigma per le autorità del popolo di Israele, gli esperti della Scrittura, i gruppi religiosi più impegnati. Un enigma che viene gradualmente sciolto, a volte con giudizi estremamente duri: Gesù è un eretico, la sua dottrina sovverte la tradizione degli antichi (in Mc.3,6 già farisei ed Erodiani decidono che bisogna farlo fuori, bisogna ucciderlo). Le folle lo seguono con entusiasmo, anche per i gesti prodigiosi che compie, per il suo insegnamento che desta ammirazione, ma poi anche le folle si pongono delle domande o dei dubbi: "Chi è veramente costui? Un profeta? Elia? Giovanni il Battista ritornato in vita?" Si cerca di risolvere questo mistero, ma non si arriva ancora a cogliere la realtà di Gesù, la sua vera identità. Gesù parla anche in maniera enigmatica, con delle parabole; anche questo ripropone uno svelarsi ed insieme un nascondersi; le parabole vanno interpretate, bisogna sforzarsi per entrare dentro il gioco delle immagini, Gesù chiede questo sforzo "Chi ha orecchi per intendere intenda!" E chi le capisce? In realtà le capiscono solo quelli che cercano di penetrarle, ma soprattutto coloro che stanno insieme con Gesù, i discepoli, gli pongono delle domande, coinvolgono la loro vita con la vita del Maestro e, piano piano, vedendo i suoi gesti, ascoltando le sue parole, condividendo la sua esistenza arrivano ad una conclusione.

La prima grande conclusione è proprio a metà del Vangelo: quel Gesù di Nazareth che essi hanno seguito perché annuncia il Regno di Dio, che Dio viene a regnare, è il Messia, e quindi porta questo regno. Gesù è il Messia: Marco lo afferma con grande determinazione. Del resto già nel primo versetto del suo Vangelo Marco ci propone Gesù come Messia: Gesù è l'ultimo, definitivo inviato di Dio, colui che porta questo regnare di Dio nella storia; è da lui che si deve attendere il dono più grande del Regno; lo shalom la pace, l'integrità della vita, la pienezza dell'esistenza. Quella affermazione di Pietro "Tu sei il Cristo!" è davvero un'affermazione grande, straordinaria, anche perché a quei tempi significava voler dire: "La storia è finita, il tempio si è concluso", Gesù infatti annunciava così il Regno di Dio: "Il tempo si è compiuto, il Regno di Dio è a portata di mano!" "Tu sei il Cristo" quindi la storia si è compiuta; ora c'è solo da aspettare un rivolgimento generale delle cose, una trasformazione radicale della realtà, finalmente saranno sconfitti tutti i nemici di Dio, tutte le potenze che si oppongono al suo regnare. Ma come tutti sappiamo, dopo la rivelazione che avviene in quell'atto di fede di Pietro, Gesù comincia a parlare della sua passione, e ancora i discepoli vengono rigettati nel buio. Vediamo proprio come reagiscono; Pietro addirittura si mette a rimproverare colui che ha proclamato Messia: "Un Messia non deve parlare così! Non deve parlare di sofferenza, di rifiuto, di condanna, di morte!" E anche quella parola 'resurrezionÈ non si capisce che cosa vuol dire. Abbiamo visto domenica scorsa: i discepoli non solo non capiscono, ma sembra che non vogliano capire dato che non gli domandano nemmeno più, come invece avevano fatto con le parabole. Ecco qui l'altra grande tematica, l'altro grande filone: Gesù è il Messia, il mistero si sta svelando, ma si infittisce ancora di più il mistero perché è un Messia, direbbe Don Dianich, un "Messia sconfitto". Un Messia sconfitto non piace! Un Messia che porta il regno di Dio non per le strade del potere, del successo, della vittoria storica, ma per le strade di questo amore disarmato di cui Gesù parla quando afferma che è venuto non per essere servito, ma per servire, per dare la vita in riscatto. Certo, qui ci sarebbe veramente da completare il quadro con tutta una serie di riferimenti all'Antico Testamento che Marco ci offre, riprendendo anche l'insegnamento di Gesù, in riferimento al Servo Sofferente, questa figura misteriosa dell'attesa messianica. Il servo di Dio, un profeta, un Messia che porta la salvezza al popolo prendendo su di Sé il dolore, la sofferenza, il frutto, la conseguenza delle colpe e del peccato. Gesù viene a presentarsi così, come colui che instaura il Regno di Dio, ma per la strada dell'amore crocifisso. Chi vuole essere mio discepolo, ma direi anche, chi vuole capire chi sono veramente io, deve prendere la sua croce e seguirmi. Infatti per Marco lo svelamento pieno del mistero di Gesù avviene soltanto al momento della croce, quando umanamente le tenebre, proprio quelle tenebre che si stendono dall'ora sesta all'ora nona, sono così fitte da non permettere di veder più niente e di sentire solo la sua voce, quella voce forte, quel grido grande, (traduco alla lettera), che è poi il grido di vittoria di Gesù. È una vittoria che avviene però su questo trono che è il patibolo, là dove Gesù è giunto per obbedienza, facendo non la sua, ma la volontà del Padre. Ed è in quel momento che egli viene proclamato ed annuniciato nella realtà più profonda del suo mistero; non sono però i discepoli a proclamarlo per quello che davvero, ma chi è sotto la croce, il centurione: "Veramente costui era il Figlio di Dio" Ecco "Il figlio di Dio" è la soluzione al grande enigma, ma il Figlio di Dio inteso come colui che vive in maniera totale e piena l'obbedienza al Padre, il Figlio di Dio come colui che riesce a fare della sua volontà una sola cosa con la volontà del Padre. Non la mia, ma la tua volontà sia fatta! Allora questo Figlio di Dio è anche il Nuovo Adamo, ancora un modo di veder Gesù che è presente anche se appena suggerito da Marco: all'inizio, in quelle tentazioni che Gesù affronta, tentazioni in Marco non specificate, si dice soltanto che fu tentato nel deserto, e poi in quella prova finale, in quell'Orto del Getsemani dove di nuovo Gesù vince la tentazione e compie quindi il cammino inverso di Adamo, è il nuovo Adamo. Allora Gesù, è il mistero che si rivela gradualmente nei suoi gesti, nelle sue parole, grande parabola egli stesso, grande cifra da interpretare, che si comprende soltanto seguendolo fino alla croce: ecco la proposta di Marco: Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio. Tra le altre cose questo è detto fin dal primo versetto del vangelo, ma quelle parole, che sono anche quelle che usiamo noi, facendo il catechismo, pregando in chiesa, facendo l'Eucaristia, quelle parole però ora si possono capire, dopo aver letto tutto il racconto, dopo aver compiuto tutto il percorso. Solo alla fine queste parole diventano vere, autentiche, non fraintentibili. Questa secondo me è una grande preoccupazione di Marco, che probabilmente scrive quando queste parole potevano già essere intese in maniera superficiale senza dargli tutto lo spessore ed il contenuto che hanno, senza dargli quella condivisione e quella partecipazione esistenziale che chiedono. Faccio solo un accenno riportandomi al Vangelo di Domenica scorsa: i discepoli non capiscono le frasi di Gesù sul mistero pasquale, la sua morte e la sua resurrezione; subito dopo però non c'è una discussione su questo, ma sul loro modo di rapportarsi fra di loro. Quello che emerge in questa piccola comunità è ancora la questione del potere: chi conta di più? Chi è il più grande? Questo vuol dire non aver capito il mistero pasquale. Allora Marco, raccontando questi fatti e collocandoli così nel montaggio raffinato ed intelligente di cui vi parlavo, vuole insegnarci: "Badate bene, anche voi, voi che oggi proclamate 'Annunciamo la tua morte, proclamiamo la tua resurrezionÈ se poi uscite e chiedete 'Chi è il più grande? Quelle parole lì non le avete capite! Dite 'Gesù è il Cristo!, dite Gesù è il Figlio di Dio! Se continuate ad avere quella logica, quelle parole sono vuote!" Si capiscono allora quei termini, quei titoli cristologici solo all'interno di questa storia raccontata di amore crocifisso. Ecco il ritratto, molto semplificato, che da Marco di Gesù: il mistero che si svela come Messia sconfitto umanamente che è il Figlio di Dio per la sua obbedienza d'amore.

 

 

Il Vangelo di Matteo <Immagine>

Matteo, lo abbiamo detto, prende il Vangelo di Marco come falsa riga del suo libro. Ritroviamo nel Vangelo di Matteo quasi interamente il Vangelo di Marco, e tuttavia troviamo tanto altro materiale, ma soprattutto troviamo un'altra architettura, un'altra disposizione. Qui è l'interesse del confronto. Per essere il più possibile sintetico, partiamo dalla fine di Matteo, dal cap. 28, gli ultimi versetti che ci riportano l'esperienza pasquale dei discepoli, l'esperienza di Gesù risorto. Lettura di Mat. 28,16-20 Gesù risorto invia i discepoli nel mondo, verso tutte le genti, tutte le nazioni. Ma come viene descritto il compito dei discepoli? Devono fare discepoli in tutto il mondo, fra tutte le genti; e come? Insegnando! Insegnando quello che Gesù ha a sua volta insegnato, anzi qui si dice comandato. Ecco ci sembra, magari anche qui ad una prima impressione che Gesù sia presentato come un maestro. Un maestro che ha portato un insegnamento da tramandare lungo la storia da diffondere in tutto il mondo. E questa impressione potrebbe anche essere confermata da tutta un'altra serie di elementi che troviamo in Matteo.

Anche soltanto lo spazio grandissimo dato alla dottrina di Gesù, al suo insegnamento, ai suoi discorsi. In Marco sono riportati pochi discorsi di Gesù, o meglio molte frasi, ma che non hanno la forma del sermone, del discorso che invece troviamo nel Vangelo di Matteo.Nel Vangelo di Matteo invece si trovano cinque grandi discorsi. Si potrebbe strutturare questo vangelo, così come fa la Bibbia di Gerusalemme, proprio usando questi discorsi come pilastri di un edificio: cinque grandi discorsi a partire dal Discorso della montagna. Nel Vangelo di Matteo Gesù sembra eminentemente dedito all'insegnamento, così alla fine non stupisce che dica ai discepoli "Andate ed insegnate". Il fatto poi che i discorsi siano cinque ha fatto pensare ad una sorta di riproposizione di una figura che è presente già nell'Antico Testamento. La legge, come la chiamano gli ebrei, è da noi indicata con il nome di Pentateuco; sono i cinque libri di Mosè, e che Gesù nel Vangelo di Matteo sia spesso rappresentato come Mosè è abbastanza ovvio (basti pensare al discorso della montagna dove Gesù su un monte da questa nuova legge). Tutto fa pensare ad un Gesù maestro. Gesù stesso dice "Non fatevi chiamare maestro, Rabbì!" Noi lo abbiamo fatto! Nemmeno padre perché uno solo è vostro padre e uno solo è il vostro maestro Gesù. Tuttavia Gesù non è soltanto un maestro nel Vangelo di Matteo. Certamente Matteo sottolinea l'esigenza di compiere ciò che Gesù ha detto, sottolinea il fatto che egli ha portato una rivelazione della volontà di Dio che va messa in pratica. Se in Marco predomina il Messia crocifisso che porta l'amore che perdona, la misericordia che salva, in Matteo sentiamo la preoccupazione anche di chi, rivolgendosi ad un mondo di provenienza giudaica, dice: questa misericordia non esime da un impegno, anzi chiede un impegno ancora maggiore. È vero che siamo entrati tutti nella sala delle nozze di quella grande cena della salvezza senza meritarcelo. I primi hanno rifiutato, gli ebrei, e allora il padrone, il Signore ha mandato i suoi servi a chiamare buoni e cattivi, dice il testo di Matteo, per le strade, li ha fatti entrare anche a forza, ma dopo passa nella sala e, a colui che non ha la veste nuziale, dice di uscire. Quindi dopo aver ricevuto la grazia è necessario rispondere con un impegno che addirittura il Gesù della montagna chiama 'una giustizia superiore a quella degli scribi e dei farisei. "Avete inteso che fu detto…ma io vi dico…" Non basta non uccidere, occorre estirpare dal cuore anche l'ira, la collera. Tutto il Vangelo di Matteo è proprio questo insistere sul "non chi dice Signore Signore, ma chi fa la volontà del Padre" Quindi è vero Matteo propone un Gesù che da una legge, una dottrina da accogliere, a cui obbedire, da osservare, da mettere in pratica, ma Gesù non è soltanto un maestro. Gesù nel brano che abbiamo letto, in questa ultima pericope del Vangelo è colui che sta in mezzo al suo popolo: Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo. Ma questo è proprio il modo di parlare di Dio dell'Antico Testamento. Il nome stesso di Dio rivelato a Mosè è "Colui che è qui per te". Io sono colui che sono di Es. 3,14 in realtà va tradotto "Io ci sono qui per te" Gesù allora è colui che viene a rivelare pienamente la volontà di Dio perché è Dio in mezzo agli uomini. Ecco la cristologia di Matteo, la figura il ritratto che Matteo da di Gesù. È l'Emmanuele. All'inizio del suo vangelo c'è quell'Annunciazione a Giuseppe, dove si dice proprio che la Vergine concepirà e il bambino sarà chiamato l'Emmanuele, Dio con noi. Qui vediamo che c'è anche uno sviluppo di consapevolezza, di riflessione, di teologia. Gesù, il mistero per Marco che è arrivato a dire è il Figlio di Dio, anche per Matteo è il Figlio di Dio, anzi è il Dio in mezzo a noi, è il Dio presente, che è entrato nella storia e che sempre rimane con i suoi, con il suo popolo, in mezzo al suo popolo chiamandolo ad una vita di santità, come il Dio dell'Antico Testamento aveva chiesto ad Israele: io Sono santo e voi dovere essere santi.

 

 

Il Vangelo di Luca

Concludiamo con due parole anche su Luca.

Torno a dire: quello che io vi propongo sono delle semplificazioni, cercando proprio ciò che a me sembra l'essenziale dell'uno e dell'altro. Potremmo poi aggiungere una infinità di altri tratti nel Vangelo di Marco come nel Vangelo di Matteo: Gesù Figlio dell'uomo, Gesù Signore, Gesù profeta. E così pure anche in Luca, però se devo trovare qualcosa di caratteristico di questo evangelista, anche qui, forse proprio in un confronto tra il primo volume che Luca scrive ed il secondo, cioè il Vangelo e gli Atti, mi sembra che sia il tema della Salvezza, termine che ricorre una infinità di volte nei due libri di Luca, e della salvezza per tutti gli uomini. Allora se uno volesse riassumere proprio in una sola parola chi è Gesù per Luca, questo Gesù è il compimento di tutte le Scritture; di Lui parlavano Mosè, i salmi, i profeti secondo il racconto di Lc. 24, discepoli di Emmaus. Gesù è colui che doveva soffrire per portare la salvezza, ma non soltanto ad Israele, ma ad ogni carne, ad ogni uomo. Questo termine salvezza, lo ritroviamo all'inizio del Vangelo di Luca, due volte, nel Nunc Dimittis, cioè il cantico di Simeone e nella descrizione di Giovanni, per spiegare che cosa sta facendo, cioè il preparare le strade, e si parla anche qui di salvezza per ogni carne, per ogni uomo. Si parla poi di salvezza anche alla fine del libro degli Atti, quel libro che descrive il cammino dell'annuncio, della testimonianza su Gesù verso l'estremità della terra, verso tutte le genti. Gesù è la salvezza per tutti gli uomini, per tutta l'umanità; è il centro della storia umana e da lui chiunque può accogliere questa novità di esistenza, questa novità di vita. Gesù è il salvatore: così viene annunciato ai pastori, in quel racconto dell'infanzia della nascita di Gesù che è così suggestivo. Nella notte i pastori vengono raggiunti da questa grande luce, l'angelo che parla loro dice "Oggi è nato per voi il Salvatore" Gesù è il salvatore, il salvatore che passa attraverso la sofferenza, la morte e la resurrezione per consegnare questa nuova vita agli uomini. E un altro titolo che io ritroverei in Luca, molto nuovo e molto originale rispetto anche agli altri evangelisti, sta proprio nella raffigurazione che Luca da di Gesù al momento dell'Ascensione. Anche qui sono due versetti: Lc.24,50-53 Anche di Luca si può dire che ha usato molte espressioni per interpretare la figura di Gesù; anche per Luca è il figlio di Davide, è il Figlio di Adamo, addirittura, il profeta, il figlio di Dio, è il re, il Messia, ma in questi ultimi versetti del vangelo Luca presenta Gesù come il sacerdote. Questo non è presente negli altri vangeli. Lo presenta come Sacerdote perché questa posizione delle mani aperte e della benedizione è proprio la posizione del sacerdote che dopo aver compiuto il sacrificio, si presentava al popolo e compiva la seconda fase del sacrificio. Ogni sacrificio, nella liturgia dell'Antico Testamento, ha una fase ascendente, l'offerta della vittima, che poi fra l'altro veniva bruciata, per cui saliva verso il cielo. Il fumo anche visivamente era questo andare verso Dio portando qualcosa di noi stessi. C'è poi una fase discendente compiuta dal sacerdote che pronunciava una benedizione sul popolo. Ora la cosa curiosa è che il Vangelo di Luca inizia proprio nel Tempio di Gerusalemme, con l'episodio della annunciazione della nascita di Giovanni Battista al padre, che è un sacerdote, a Zaccaria. Zaccaria entra nel tempio, nel luogo dove andavano solo i sacerdoti, per compiere il sacrificio secondo il turno che gli era toccato e qui riceve l'annuncio dell'angelo. Ma Zaccaria non crede. Quindi esce muto; che cosa non può compiere? Non può compiere quella fase discendente del sacrificio, la benedizione. In qualche modo l'episodio diventa emblematico di ciò che si realizzava nel tempio, di ciò che si realizzava nell'Antico Testamento: un sacrificio incompleto, che non riusciva a realizzare quella perfetta comunione che è il desiderio di ogni sacerdozio, di ogni sacrificio, di ogni liturgia. Questo invece si realizza proprio in Gesù il quale offre il sacrifico gradito a Dio e può quindi offrire la benedizione di salvezza al popolo, all'umanità. Questa intuizione, presente in Luca in termini appena accennati, sarà poi sviluppata poi in un grande documento del Nuovo Testamento: la Lettera agli Ebrei. Gesù in quella lettera sarà compreso proprio come il Sommo ed eterno sacerdote. Già nel testo lucano c'è questa intuizione di fondo.

 

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