ANAMNESI

Il termine greco a)na/mnhsij significa ricordo, e assume nell'uso liturgico il senso tecnico di rievocazione dei grandi momenti della pasqua salvifica di Cristo con riferimento alla consegna data ai discepoli nell'ultima Cena - secondo 1Cor 11,24-25 e Lc 22,19 - "tutte le volte che farete ciò, fatelo in memoria di me". L'anamnesi è celebrazione che rende presente un evento della storia della salvezza. La Tradizione Apostolica chiarisce i due momenti essenziali di quest'opera salvifica: la morte e la risurrezione, per agganciarsi immediatamente all'oblazione del pane e del calice, come "azione di grazie" (eucharistia), perché siamo ammessi a compiere un servizio sacerdotale (ministrare). Il canone romano, attestato dal De Sacramentis (IV, 27), menziona la discesa all'inferno e la gloriosa ascensione. Si potrebbe ravvisare in questi sviluppi, come nel richiamo alla passione anziché alla morte, un'origine siriaca. Proprio presso i Siri questi formulari conosceranno i più ampi sviluppi.

L'antica anafora mesopotamica degli Apostoli (Addai e Mari) evocava "questo grande terribile, santo, vivente e divino mistero della passione, della morte, della sepoltura e della risurrezione del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo". Le Costituzioni Apostoliche invece del sobrio schema della Tradizione Apostolica una lunga anafora, che svolge tutte le tappe dell'Economia della salvezza, movendo dalla creazione (VIII, 38). Il rilievo dato alla prospettiva escatologica si ritrova nelle recensioni dell'anafora gerosolimitana di s.Giacomo, nell'insieme delle anafore siriache ed egiziane e in alcuni Post Pridie ispanici.

Teologia dell'anamnesi - Rispondendo alla direttiva di Cristo di rinnovare gli atti del suo ultimo pasto in sua memoria (ei)j th\n e)mh\n a)na/mnhsin), i formulari di anamnesi polarizzano l'azione. L'intero rito eucaristico infatti, e più particolarmente la grande preghiera in forma di azione di grazie (eucharistia), l'anafora, costituisce il Memoriale, in tutta la ricchezza semantica che nella tradizione biblica implicano i termini azkarah, sacrificio d'oblazione di farina, olio e incenso, "che, come rievocazione, il sacerdote fa salire in fumo dall'altare" (Lev. 2,1-2) e zikkaron, celebrazione pasquale: "Quel giorno sarà per voi di ricordo" (Ex 12,14).

Questo ricordo pasquale non ha cessato di arricchirsi spaziando per tutta l'ampiezza del disegno salvifico. La tradizione liturgica greca ha infatti privilegiato il termine qusi/a (ciò che si fa salire in fumo) per indicare il carattere sacrificale della celebrazione eucaristica e che i cristiani di Siria la chiamano "Qorban", oblazione.

Le anafore d'Alessandria (s.Marco greco e s.Cirillo copto), di Gerusalemme (s.Giacomo e i derivati siriaci), di Cappadocia (s.Basilio e le varie recensioni) danno la prospettiva globale del disegno di salvezza, partendo dall'opera della creazione, le tappe delle antiche Alleanze, fino alla manifestazione decisiva mediante l'incarnazione di Cristo e la sua offerta sacrificale sulla croce, in cui si compie il passaggio (pascha) al Padre. L'intero formulario dell'anafora va considerato in senso pieno come anamnesi. In Occidente, fino alla riforma liturgica, si è badato agli aspetti dell'anamnesi di preferenza Cristologici, mentre il biblico "memoriale" come attuazione del piano salvifico, è stato inadeguatamente esposto.

Ne sono derivate, durante e dopo il Medioevo, riduzioni che hanno gravato sull'interpretazione del carattere sacrificale dell'oblazione eucaristica.