DIALOGO

Il genere letterario classico del dialogo godette di fortuna anche presso gli autori cristiani dei primi secoli. Il dialogo cristiano probabilmente ha preso forma dall'incontro di precedenti forme espressive sub-letterarie come le dispute rabbiniche sull'interpretazione della Legge ebraica, la diatriba cinico-stoica e le controversie riportate nella primitiva letteratura cristiana delle Praxeis. Il più antico dialogo cristiano, perduto, è la controversia tra il giudeo Papisco ed il giudeo-cristiano Giasone sull'AT, ad opera di Aristone di Pella (ca. 140). Il più celebre Dialogo con Trifone giudeo di Giustino (verso il 155) riprende lo schema controversistico, conferendogli una più elevata dignità letteraria grazie agli evidenti richiami platonici, specialmente al Protagora. La forma letteraria del dialogo è ripresa tanto nelle polemiche antigiudaiche quanto nelle polemiche antipagane. Il dialogo apologetico ha il suo esemplare nell'Octavius di Minucio Felice (ca. 200), che risuona il ciceroniano De natura deorum, ma non va dimenticato l'Apokritikòs di Macario Magnete (s.V).

Nessun influsso ha esercitato la ricca produzione dialogica dell'età imperiale (Plutarco, Luciano, Ateneo, Macrobio) né il precedente biblico del libro di Giobbe. I cristiani si rifanno esclusivamente a Platone e a Cicerone, specialmente quando si confrontano con i modelli del dialogo filosofico classico, ai fini della creazione del dialogo filosofico cristiano. Eccellono Gregorio di Nissa con il Dialogo sull'anima e la risurrezione (direttamente ispirato al Fedone platonico) e Agostino con i dialogo filosofici della giovinezza, i quattro di Cassiciacum (Contra Academicos, De beata vita, De ordine, Soliloquia, una novità in senso assoluto) e, dopo il battesimo, De quantitate animae, De magistro, De libero arbitrio e De musica. Dialoghi filosofici sono il Libro delle leggi dei paesi di Bardesane di Edessa, quello di Gregorio Taumaturgo Sull'impassibilità e la passibilità di Dio e la Consolatio Philosophiae di Boezio.

Il dialogo filosofico cristiano, per elaborare risposte razionali autonome dalla rivelazione, anche se con essa integrantesi, costituisce una parentesi nella più vasta produzione del dialogo di carattere teologico, usato nelle controversie dottrinali tra ortodossi ed eretici. Origene è l'autore del dialogo sulla risurrezione ed con Eraclide e i vescovi suoi colleghi sul Padre, sul Figlio e sull'anima. Metodio d'Olimpo scrive diversi dialoghi teologici, riuscendo a stemperare l'intenzione polemica nelle forme letterarie esigenti del dialogo platonico. Il Simposio delle dieci vergini è opera ricca di spunti antiencratiti; l'Aglaofonte sulla risurrezione è dialogo antignostico e antiorigeniano; antignostico è anche Sul libero arbitrio; De lepra.

Dopo Metodio, il dialogo controversistico assume forme più più stringate con il Dialogo di Adamanzio, antignostico, e gli Acta Archelai di Egemonio, contro il manicheismo (interessante la presenza del giudice esterno in polemiche tra cristiani).

Si moltiplicano, tra il s.IV e V, i dialoghi antiariani e antimacedoniani, aderenti alla forma della disputa orale, come i sette dialoghi ps.-atanasiani. Dialoghi teologici scrivono Girolamo, contro luciferiani e pelagiani, e Cirillo di Alessandria, contro ariani e nestoriani.

Un'autodifesa in forma di dialogo è il Libro di Eraclide di Nestorio. Teodoreto di Ciro polemizza contro i monofisiti con il dialogo Eranistes. Nella lettera a Diodoro (Ep. 135,1) Basilio di Cesarea esprime la sua preferenza per il dialogo, che nulla concede alle grazie del dialogo platonico, e sulle orme di Aristotele e Teofrasto, espone, con stile semplice e chiaro, le obiezioni degli avversari e le risposte cristiane, per compiere opera utile all'edificazione della fede.

Apollinare di Laodicea forse trascrisse i vangeli e le lettere apostoliche in forma di dialogo, dopo l'editto di Giuliano del 362. Giovanni Crisostomo riveste con la tecnica dialogica la meditazione Sul sacerdozio. Al dialogo ricorrono biografi agiografi come Palladio di Elenopoli, nel Dialogo sulla vita di San Giovanni Crisostomo, Sulpicio Severo nei Dialoghi di argomento martiniano, Gregorio Magno nei Dialoghi sulle vite e i miracoli di santi italiani, tra cui eccelle Benedetto da Norcia.

Quaestiones et responsiones - erotapokriseis, "domande e risposte" , si distinguono dal dialogo. Quaestiones et responsiones ad orthodoxos sono attribuite allo Ps.-Giustino, Dialoghi allo Ps.-Cesario di Nazianzo, Amphilochia a Fozio. Il genere ha influito sulla struttura delle Regole basiliane e sulle Collationes di Giovanni Cassiano (schema monastico). La risposta segue alla domanda in maniera definitiva ed esaustiva poiché l'autorità del maestro o della guida spirituale non lascia spazio al proseguimento della discussione che caratterizza invece il dialogo vero e proprio.

Il dialogo gnostico o "di rivelazione", riguarda dispute tra apostoli e discepoli del Signore e le domande al risuscitato con le sue immancabili risposte chiarificatrici.

Dialogo liturgico e didascalia - Il dialogo liturgico è costituito dall'invito o monizione del sacerdote o del diacono, cui risponde l'assemblea. La forma solenne si ga all'inizio della preghiera eucaristica, del tempo di Ippolito di Roma, che ne dà i tre elementi: "Dominus vobiscum - Et cum spiritu tuo", "Sursum corda - Habemus ad Dominum", "Gratias agamus Domino - Dignum et iustum est".

Il primo elemento "Dominus vobiscum - "Et cum spiritu tuo" si trova in altre parti delle celebrazioni liturgiche. Equivale ai saluti che si trovano all'inizio e alla fine delle lettere di Paolo, in uso nell'Oriente (Const. Ap. VIII,12,4: ed. Funk, p.497; Anaph. in Cat. Myst. VI Theod. Mops.: Hänggi-Pahl [ed.], Prex Eucharistica, p. 214; Anaph. Io. Chrys., ibid., p. 225).

La risposta "Et cum spiritu tuo" dev'esser stata ispirata dalla dottrina paolina sulía natura spirituale del cristiano. Giovanni Crisostomo la spiega secondo l'inabitazione dello Spirito santo nell'anima dei cristiani, Spirito che assiste tanto l'assemblea che ("et") il sacerdote nella partecipazione e ministero della celebrazione eucaristica (Ep. 2 ad Tim. Hom. X, 3: PG 62,659; De sancta Pent. Hom. I, 4: PG 50,458).

Le liturgie orientali hanno formulazioni più varie: "Sursum mentem" (Const. Apost. VIII, 12,4: Funk, p. 497), "Sursum mentem et corda" (ad Antiochia: Crisost., De poenit. hom. 9: PG 49,345), "Sursum in excelsis sint cogitationes et mentes nostrae" (Anaph. Cyrilli Hier. seu Alex.: Hänggi-Pahl, Prex Eucharistica, p. 285), "Sursum sint mentes, intellectus et corda omnium nostrum" (Anaph. Xyst) ibid., p. 311), "Sursum habete corda vestra cum timore divino" (Anaph. Cyrilli Alex. ibidem, p. 337), "Attollamus mentem et corda" (a Gerusalemme: Eutymni testimonium: B. de Montfaucon, Analecta Graeca, p. 62), "Attollite corda vestra" (nella chiesa etiopica: Anaph. PP. nostr. Apostolorum: Hänggi-Pahl, Prex Eucharistica, p. 114); "Sursum corda habeamus" (Anaph. 1o. Chr., ibidem, p. 225).

La formulazione spagnola è diversa: "Aures ad Dominum" (Missale Mixtum I: PL 85, 1155).

Il terzo elemento del dialogo Gratias agamus Domino-Dignum et iustum est è una combinazione di formule giudaiche e greco-romane.

Secondo la Mishnah, il capofamiglia deve invitare i partecipanti, dopo la benedizione della coppa, a rendere grazie a Dio (Danby, The Mishnah, I divis., Zeraim Berakoth 7,3, p. 8). La risposta dell'assembiea è presa dall'acclamazione in uso tra Greci e Romani: Dignum et iustum est - a)/cion kai\ di/kaion, specie per l'elezione dell'imperatore.

La formula compare, con leggere varianti, in tutte le anafore orientali. La risposta, spiega Cirillo di Gerusalemme, mostra che il nostro rendimento di grazie è a)/cion pra=gma kai\ di/kaion benché l'azione di Dio verso di noi vada al di là dei dettami di giustizia: u(pe\r to\ di/kaion.

Le didascalie o monizioni sono inviti alla preghiera o a compiere determinati gesti e movimenti durante una celebrazione liturgica.

Normalmente la liturgia romana assegnava la didascalia al sacerdote, come nelle preghiere del Venerdi santo o negli inviti alla preghiera del Signore o alle orazioni presidenziali.

Le liturgie orientali e occidentali abbondano di monizioni specie riguardo all'atteggiamento del corpo e ai movimenti dell'assemblea durante la celebrazione: Flectamus genua, Levate, Humiliate capita vestra Deo, Offerte vobis pacem, aspicite ad Orientem; o)rqoi/, pro/sxwmen, stw=men kalw=j, stw=men meta\ fo/bou.

Altre monizioni riguardano il congedo dell'assemblea: Ite, missa est, e quello dei catecumeni dopo il vangelo e l'omelia. Ancora oggi il diacono, nella liturgia bizantina, pronuncia la formula di rinvio dei catecumeni dopo il vangelo.

Oggi il "commentatore" condivide con il presidente dell'assemblea il compito delle didascalie.