Psicologia sociale

Gergen e Gergen

 

 

CAPITOLO 1 - TEORIA E RICERCA IN PSICOLOGIA SOCIALE

1. Che cos'è la psicologia sociale?

La psicologia sociale è una disciplina destinata allo studio sistematico dell'interazione umana e delle sue basi psicologiche:

1. sviluppo della teoria (descrivere e spiegare i vari aspetti della vita sociale)

2. verifica della teoria (esperimenti, osservazioni sul campo e analisi di documenti storici)

3. incoraggiamento all'azione

 

In che cosa differisce dalla sociologia:

1. unità di analisi (l'agente individuale o il piccolo gruppo);

2. la natura della spiegazione (processi interni all'individuo).

 

 

2. La formazione della psicologia sociale moderna

2.1 La teoria alla nascita della professione accademica

McDougall 1908.

Le prime formulazioni teoriche tendevano ad essere semplicistiche ed assolute: unico principio unificatore (Stuart Mill: edonismo; Hobbes: principio di potere; Tarde: imitazione).

Oggi il comportamento sociale viene attribuito ad una quantità di fattori.

2.2 Lo sviluppo di tecniche osservative

1897 Triplett primi studi sistematici sull'attività sociale: era interessato a scoprire gli effetti dell'ambiente sociale sul comportamento umano (ciclisti).

3. Scopi della teoria

Teoria = insieme di proposizioni logicamente interrelate che descrivono e spiegano un oggetto di osservazione.

Ipotesi = quando una proposizione teorica è usata per prevedere un comportamento non ancora osservato.

pubbliche, proposizioni generali, coerenza logica.

3.1 La teoria come comprensione sociale

Vita urbana: Milgram => estraneo familiare.

3.2 La teoria come fattore di sensibilizzazione

La previsione degli eventi sociali è eccessivamente ottimistica:

 

· i fatti sociali subiscono frequenti trasformazioni;

· le previsioni accurate vengono contraddetti proprio a causa degli effetti illuminanti delle teorie scoperte (teorema di Thomas).

 

Le teorie possono meglio svolgere la funzione di sensibilizzazione e richiamare l'attenzione sulle conseguenze delle azioni.

3.3 La teoria come emancipazione: l'approccio critico

Una teoria che mette in dubbio le verità comunemente accettate e propone nuove linee di azione è definita teoria generativa.

4. Il prodotto della ricerca

Collegare la teoria con la ricerca allo scopo di fornire informazioni sui comportamenti sociali passati e attuali, di contribuire alla previsione degli eventi futuri, di rendere più convincente la teoria attraverso la verifica empirica.

4.1 Documentazione della vita sociale

Tecnologia. Posta elettronica: perdita di freni inibitori, minor sensibilità alle differenze di posizione sociale, personalizzazione della posta.

5. I paradigmi teorici in psicologia sociale

Un paradigma è una serie di regole o un modello globale.

5.1 Il paradigma behaviorista: una tradizione ancora viva

Dagli anni '20 agli anni '50 la psicologia americana è stata dominata dalla teoria behaviorista, basata sull'assunzione che l'azione umana è sostanzialmente governata dagli eventi esterni (Pavlov). Watson 1919: l'uso appropriato di ricompense e punizioni poteva plasmare e dar forma al comportamento dei bambini. Allport 1924: potere dell'ambiente di plasmare il comportamento.

Skinner - behaviorista radicale: tutti gli schemi comportamentali sono creati, alimentati e abbandonati a seconda che l'azione venga associata a ricompense o punizioni provenienti dall'esterno. Ciò che avviene all'interno dell'individuo non è degno di attenzione.

Neobehaviorismo: si annette ancora grande valore agli eventi ambientali, ma questi sono significativi in quanto influenzano gli stati psicologici, che sono quindi i veri fattori responsabili del comportamento: ricompensa e punizione agiscono sugli atteggiamenti dell'individuo, oppure sui suoi sentimenti interni, e questi a loro volta determinano le sue azioni. (telefonata).

5.2 Il paradigma cognitivo: lo studio dei processi interni

Le teorie cognitive sottolineano il ruolo del pensiero e dell'interpretazione sull'attività sociale degli individui. I cognitivisti trassero ispirazione dalla Gestalt.

Lewin 1890-1947 fu il primo psicologo sociale a sviluppare una teoria generale del comportamento sociale umano. Il fulcro della sua teoria del campo è l'idea che la rappresentazione del mondo è il fattore responsabile principale delle azioni degli esseri umani. Per analogia con la fisica teorica, propose di considerare il mondo psicologico come un campo.

I processi cognitivi acquistano un'importanza centrale.

5.3 Il paradigma dell'interazionismo simbolico: l'importanza della relazione

Radici nella sociologia: gli individui condividono delle regole che guidano le loro condotte nel corso del tempo; lo stesso concetto di ruolo può essere rimpiazzato da quello di regola.

Il paradigma dell'interazionismo simbolico diverge notevolmente dalle posizioni behaviorista e cognitiva. In entrambi i paradigmi, le teorie mettono a fuoco l'individuo - gli effetti dell'ambiente sull'individuo o gli effetti dei processi cognitivi dell'individuo sulle reazioni all'ambiente. Invece i teorici dell'interazionismo simbolico sottolineano le relazioni tra gli individui e non l'individuo stesso.

5.4 Prospettive teoriche e valori umani

Le diverse prospettive teoriche non possono essere messe a confronto su base empirica per due motivi:

· gli studiosi che appartengono a queste diverse scuole si concentrano su fenomeni diversi (behaviorista: relazioni tra stimoli e risposte; cognitivista: processi percettivi; interazionista: sequenze di azioni)

· interpretazioni diverse degli stessi fenomeni.

Ogni teoria offre una visione diversa del mondo. Ogni prospettiva si basa su determinate assunzioni relative alla natura umana (valori) che a loro volta hanno varie implicazioni sul modo in cui gli individui agiscono l'uno nei confronti dell'altro e sul tipo di società futura auspicabile.

Prospettiva behaviorista: l'azione dell'individuo è soggetta a leggi deterministiche => senso "ordinato" del mondo sociale.

Indirizzo cognitivo: valore per l'autonomia dell'individuo => negazione di reali problemi sociali (è tutto nelle teste).

L'orientamento interazionista sottolinea la libertà e la responsabilità degli uomini => sottovaluta la fiducia della gente gli uni negli altri.

I valori personali acquistano importanza cruciale nella valutazione di qualsiasi prospettiva.

6. Metodi di ricerca in psicologia sociale

Ricerca d'archivio, quella sul campo, intervista, esperimento.

6.1 La ricerca d'archivio: un'avventura nella storia

Grazie alle ricerche sul passato si è scoperta l'esistenza di notevoli variazioni nei modelli sociali (bambini). Lo studio del cambiamento e della continuità attraverso il tempo è stato chiamato psicologia sociale storica: esame dei giornali, delle autobiografie, delle documentazioni ufficiali. (Rinascimento: i contrasti o il pluralismo politico favorirebbero tanto la creatività artistica quanto l'attività letteraria o scientifica).

6.2 L'osservazione sul campo

Registrare in modo preciso e sistematico lo svolgimento delle varie attività delle persone nel loro ambiente naturale. Studio di un caso: non si possono ricavare generalizzazioni attendibili, ma nuovi spunti. Foote White.

L'indagine sul campo è il metodo migliore per documentare l'attività quotidiana della gente. Quando la gente modifica il proprio comportamento perché si sente osservata, si dice che risponde reattivamente.

6.3 Interviste, diari, indagini

Interviste in profondità, diari, metodo di campionamento delle esperienze.

Correlazione = misura della relazione esistente tra due fattori.

Ricerca sul fumo tra gli adolescenti: è soprattutto un'attività sociale.

6.4 La ricerca sperimentale

Permette al ricercatore di considerare la relazione tra alcuni eventi mantenendo costanti tutte le altre variabili. Il fattore variabile è chiamato variabile indipendente; il fattore che si misura è detto variabile dipendente. Ricerca per diminuire la depressione: aerobica, rilassamento.

Deformazione dello sperimentatore. Segnali che esprimano richieste sociali su un soggetto, tali che questo sia spinto a comportarsi secondo le aspettative del ricercatore, sono noti come caratteristiche della domanda.

Scelta del soggetto. Se non c'è una adeguata campionatura, le generalizzazioni saranno arbitrarie (replica dell'esperimento su popolazioni diverse tra loro).

Meta-analisi. Nel corso del tempo, i modelli dei risultati sperimentali possono cambiare, proprio come quelli della vita sociale. Mettendo insieme i risultati delle varie ricerche, la meta-analisi offre un'indicazione statistica sull'affidabilità di un dato modello nel corso dell'intera serie di studi.

I problemi etici nella ricerca sperimentale. Nuocere, ricorso all'inganno.

 

 

CAPITOLO 2 - LA COSTRUZIONE DEL MONDO SOCIALE

La gente si fa delle opinioni su se stessa e sugli altri, opinioni che hanno un grande valore nella scelta e nella definizione della propria condotta. Gran parte del lavoro svolto dalla percezione sociale deriva dall'orientamento cognitivo; il problema del perché ci rappresentiamo le persone in un dato modo è stato esaminato dagli studiosi della teoria interazionista-simbolica.

1. Le basi della percezione sociale

Secondo i teorici del cognitivismo bisogna concettualizzare = trattare stimoli separati come equivalenti o concorrenti a formare un'unità (es. sorriso).

1.1 I concetti: mezzi di sopravvivenza

Il raggruppamento semplifica il mondo e lo rende controllabile => aumenta la capacità di adattamento. I concetti sono veicoli essenziali di questa semplificazione. Classificare gli stimoli come equivalenti e diversi è un primo passo per arrivare all'adattamento. La riduzione del mondo in unità concettuali aiuta anche la memoria e la chiarezza di pensiero (numero telefonico).

I concetti servono:

· a semplificare il mondo e quindi ad adottare comportamenti più idonei;

· a pensare e a ricordare in modo più efficace;

· a comunicare meglio;

· a ridurre l'ansia.

 

1.2 Deformazioni concettuali: fonti di sgomento

I concetti e la persona mancata. Cecità sociale: vedere la gente che appartiene ad una data categoria come totalmente diversa da quella che appartiene ad altre, trascurando molte affinità (Irlanda).

I concetti e la realtà lasciata in sospeso. Quando gli eventi sono unici e complessi, i concetti non riescono altrettanto bene a rappresentarli. I concetti non descrivono adeguatamente il cambiamento nel tempo.

Alcune conoscenze sono basate su concetti (conoscenze esplicite), altre sull'esperienza (conoscenze implicite).

1.3 Lo sviluppo dei concetti

Categorie naturali e prototipi sociali. Categoria naturale = categorizzazione dell'esperienza che ha base biologica (caldo, freddo, luce, buio).

Le categorie che utilizziamo per capire il mondo sociale sono organizzate: sembrano organizzarsi intorno a prototipi, cioè categorie generali che contengono una varietà di sottocategorie. Più la sottocategoria è bassa nella gerarchia, più espressivo è il concetto che ci rappresentiamo.

L'apprendimento dei concetti. Processo di controllo di ipotesi: nel tentare di raggiungere i loro obiettivi, la gente formula dei concetti in via ipotetica, e poi li confronta con l'esperienza.

Accendere il fuoco con le parole. Le parole usate per comunicare sono strettamente connesse ai concetti. Molti psicologi ritengono che la maggior parte dei concetti vengano acquisiti con l'apprendimento del linguaggio.

2. L'applicazione dei concetti: come definire una persona

La percezione sociale consiste essenzialmente nel processo di formazione di concetti sugli altri. Tre importanti tipi di influenze: i criteri di somiglianza, la motivazione, il contesto.

2.1 I criteri di somiglianza

Somiglianza tra il nuovo caso e la "famiglia" di casi passati.

2.2 La motivazione nella percezione: il desiderio di libertà

I giudizi sociali espressi seguendo le regole comunemente condivise sono in genere socialmente accettati e sembrano sensati secondo gli standard individuali. Ma la gente segua anche i propri interessi: i giudizi socialmente accettabili possono essere messi da parte e sostituiti da giudizi autogratificanti, che favoriscono gli scopi del soggetto. La modifica apportata alla percezione per rinforzare gli obiettivi di colui che esprime il giudizio è definita percezione motivata.

Le motivazioni e gli stati d'animo possono influenzare le strategie utilizzate per risolvere i problemi. Con il cambiamento di tali motivazioni e stati d'animo, cambiano il modo di selezionare le informazioni, l'utilizzazione della logica e il ricordo.

2.3 Il contesto e il giudizio di base

La percezione sociale risente anche dell'effetto del contesto in cui le azioni di un individuo hanno luogo, cioè dell'insieme delle condizioni circostanti, sia fisiche che sociali. Di solito il contesto agisce sul giudizio fornendo indicazioni sul comportamento previsto dalle circostanze.

Si tende a trascurare il caso: il giudizio diventerebbe più attendibile grazie ad una conoscenza del giudizio di base, o probabilità generale, dell'evento nel tempo. Alcuni autori sostengono che, anche quando questo è accessibile, esso è preso in considerazione raramente: l'attenzione della gente sembra assorbita solo dalla situazione immediata.

Le informazioni relative al giudizio di base vengono spesso ignorate perché sono astratte, mentre la situazione immediata è concreta, visibile, coinvolgente e credibile (es. statistiche sul cancro). Gli eventi sintetizzati in formula astratta, benché più attendibili, sono meno impressionanti.

Due strategie usate nel dare giudizi sociali:

 

 

 

 

· tendenza ad utilizzare i dati più facilmente accessibili;

· tendenza ingannevole a fidarsi del consenso degli altri alle proprie azioni.

 

 

 

 

3. L'organizzazione della comprensione sociale

3.1 Dal basso all'alto: dalle teorie di Ash all'associazione

Ash partiva dalla supposizione che la percezione totale di un'altra persona non fosse una semplice forma di concetti usati nel definire una persona: percezione qualitativamente diversa dalla semplice somma delle parti.

Lista di aggettivi: freddo/caldo sembrano influire in modo particolare sulla percezione totale. Perché alcuni tratti erano più essenziali di altri? Ash: apprendimento per associazioni dal basso (osservazione del mondo) verso l'alto. Quando due eventi si presentano frequentemente in successione, la presenza dell'uno stimola l'individuo a pensare all'altro. Il processo di associazione risolve anche il problema della maggiore importanza di certi tratti (felicità è associata a popolarità).

La tendenza di ogni individuo a raggruppare i tratti in modo particolare forma la cosiddetta teoria implicita della personalità, cioè le sue convinzioni private sulla personalità altrui.

3.2 Dall'alto al basso: lo schema centrato sul sé

Il concetto centrale della teoria dall'alto al basso è il concetto di schema, definito come organizzazione cognitiva della conoscenza di una data persona, un dato oggetto o uno stimolo di dati. Lo schema contiene sia gli attributi che le relazioni tra gli attributi.

Gli schemi spesso determinano il modo di selezionare e classificare le informazioni disponibili. Sembra che la funzione dello schema sia quella di autoperpetuarsi: lo schema organizza la comprensione del mondo per sostenere e rinforzare se stesso.

Andare oltre l'informazione data. Gli schemi cognitivi costituiscono la base di molte deduzioni: con informazioni minime su una persona, traiamo molte conclusioni - non perché siano ricavate dalle caratteristiche reali della persona, ma perché sono coerenti allo schema.

Le ipotesi sulla personalità degli altri tendono a corrispondere agli schemi di chi fa l'ipotesi. Cosa ancor più sconcertante, quest'ultimo seleziona informazioni tali da confermare i suoi schemi: si cerca conferma delle attuali convinzioni esistenti => verifica delle ipotesi di conferma.

Una volta che lo schema è stato sviluppato e confermato, è spesso difficile abbandonarlo anche se si è dimostrato falso.

Ricordare le persone. Le informazioni avute in precedenza si dimenticano o continuano ad avere influenza? Se la prima impressione è la più forte: effetto di primacy; se prevale l'informazione recente: effetto di recency.

Ash: lista di tratti positivi e poi negativi: le impressioni erano fortemente influenzate dall'ordine di presentazione => l'effetto di primacy costituisce la regola della formazione delle impressioni sugli altri: la prima impressione è la più forte. L'effetto di primacy valorizza la concezione di schema centrato sul sé. Lo schema complessivo è tanto importante che la gente spesso ricorda la sua forma ma non i fattori specifici che lo sostengono (maestro elementare).

Dopo aver visto una persona sotto una nuova luce, i nostri ricordi si riorganizzano: ricordiamo cose dimenticate e ci sfuggono fatti prima familiari => i nostri atteggiamenti cambiano ogni giorno.

3.3 Lo schema vincente: il caso dell'innescamento

Esistono schemi contrastanti. Per costruire uno schema e renderlo significativo al momento di prendere delle decisioni, ci serviamo di fattori ambientali che innescano in noi alcuni schemi invece di altri. L'effetto di innescamento è particolarmente interessante perché fa pensare che lo schema reso significativo sarà utilizzato anche se si rivela inadatto (Paperino).

4. L'attribuzione di causalità

Heider 1958: la percezione della causalità svolge un ruolo fondamentale nella vita sociale, poiché non solo il biasimo, ma anche la ricompensa ne dipendono.

Aggressione. Prima attribuzione interna di causalità (all'attore), poi attribuzione esterna (alla situazione).

4.1 Scienziati in miniatura: il modello di Kelley

Kelley: teorie delle regole comuni di attribuzione causale: la gente usa nella vita quotidiana quasi lo stesso tipo di regole che lo scienziato potrebbe usare in laboratorio.

Principio generale di covariazione: "un certo effetto viene attribuito a quella condizione che è presente quando l'effetto è presente e assente quando l'effetto è assente".

3 regole:

 

 

 

 

1 Regola del carattere distintivo. Specificità (comico)

2 Regola del consenso. Maggiore è il consenso nelle risposte ad un certo stimolo, maggiore è l'attribuzione di causalità a tale stimolo. Se un'azione è socialmente approvata, tanto che tutti la fanno, è più facile che sia attribuita ad una causa esterna, piuttosto che interna.

3 Regola di congruenza. Maggiore è la costanza con cui un certo stimolo produce una risposta, più facilmente viene attribuita la causa proprio a quello stimolo.

 

 

 

 

La scelta delle regole. La scelta e il numero delle regole usate possono dipendere dalle circostanze. La tendenza ad assolvere le altre cause quando ci sono motivi per credere che la causa è una in particolare si chiama principio di assoluzione.

4.2 Le diverse prospettive dell'attore e del pubblico

Una delle circostanze che modificano le risposte individuali alle regole di attribuzione è la prospettiva in cui si trova l'individuo, e questa cambia se l'individuo è attore o osservatore dell'azione.

Jones e Nisbett: tendiamo a considerare gli altri quali cause delle loro azioni, ma a giudicare le nostre azioni come prodotti delle circostanze.

 

 

 

 

· gli attori hanno molte più informazioni sul contesto di quanto non ne posseggano gli osservatori;

· gli attori rivolgono l'attenzione prevalentemente all'esterno, mentre gli osservatori studiano prevalentemente l'attore;

 

 

 

 

4.3 Tendenze autodifensive nell'attribuzione causale

Tendenza a considerare se stessi causa dei propri successi ma ad attribuire a cause esterne i propri fallimenti. (giocatori d'azzardo)

4.4 Alla ricerca della vera causa

La causa vera è difficile da trovare, perché le possibilità di individuarla dipendono innanzi tutto dall'oggetto su cui si punte l'azione. (catene causali)

5. La negoziazione della realtà sociale

Poiché in genere le azioni sono ambigue, a volte perfino gli stessi protagonisti, la negoziazione sociale della realtà è una parte essenziale dei normali rapporti.

5.1 Etnometodi. Il processo di costruzione del mondo

Garfinkel: abbiamo elaborato metodi di interpretazione della realtà corrispondenti alla nostra cultura.

Etnometodi = processi sociali che si utilizzano per la formulazione di un giudizio sul mondo esterno.

Suicidio. Non è l'avvenimento reale che determina le statistiche, ma il processo sociale che permette di raggiungere il consenso.

5.2 L'atteggiamento naturale: scambiare le convenzioni per realtà

La vita sociale procede rapidamente e troppe domande sono di ostacolo. Quando smettiamo di interrogarci e accettiamo le premesse della nostra cultura, adottiamo quello che è stato definito l'atteggiamento naturale. Diamo per scontato che le comuni convenzioni su quello che è reale di fatto rappresentano la realtà.

Questo processo mentale ha conseguenze pericolose: ci chiude alle idee nuove; d'altra parte interi popoli sono stati oppressi e perseguitati proprio in nome dell'atteggiamento naturale.

L'atteggiamento naturale è essenziale alla vita sociale, ma in realtà la limita.

CAPITOLO 3 - IL SE'

Immagine di sé = modo in cui le persone classificano o definiscono se stesse.

Schema di sé o senso di identità personale.

I concetti di sé differiscono in vari modi: uno dei più importanti è l'affetto o il sentimento che lo accompagna (vincente: positivo; fallimento: negativo).

1. Lo sviluppo del sé

L'individuo comincia a formare i concetti di sé a un'età molto precoce.

Sullivan e Freud pensano che le immagini di sé che i bambini sviluppano nel primo periodo avranno un'influenza per tutta la vita. Tuttavia c'è scarso motivo di credere che tali concetti siano fissati una volta per tutte nella personalità, senza poter modificarsi; sembra invece che siano soggetti a continui cambiamenti nel corso della vita. La ragione principale è che i concetti di sé sono strettamente legati ai rapporti con gli altri.

1.1 Il sé autoriflettente

G.H.Mead afferma che il concetto di sé di un individuo è, nell'insieme, un riflesso delle opinioni comunicate da altri significativi. La società fornisce uno specchio.

Le persone possono essere molto selettive nella scelta di uno specchio: le persone rinforzano l'autostima riponendo maggior fiducia nelle opinioni di chi li valuta favorevolmente.

Ricerca sui bambini puliti.

Effetto indiretto: bearsi per gloria riflessa (squadra favorita).

1.2 Confronto sociale: guardatevi dagli amici

Festinger ha affermato che il processo di confronto sociale è probabilmente il veicolo principale attraverso cui le persone determinano il vero e il falso nella vita sociale.

Ricerca con test di autostima: a metà entrano il signor Pulito o il signor Sporco => l'immagine di sé può spesso dipendere dal confronto.

1.3 Assumere un ruolo: maschera o realtà?

In psicologia sociale quando si prende in pubblico una posizione che non corrisponde alle convinzioni personali, si parla di interpretazione di un ruolo. Si è scoperto che le persone che interpretano ruoli pubblici spesso ne sono influenzati e finiscono per esserne convinti.

Ci si considera più positivamente dopo aver ricordato esperienze positive.

1.4 Differenze sociali: in che cosa mi distinguo?

La gente sviluppa l'immagine di sé osservando i modi in cui si distingue dagli altri: osservare le differenze serve ad accrescere la coscienza di una particolare caratteristica, e questa diviene mezzo di identificazione personale.

Ricerca sugli studenti medi: razze, sesso.

Spesso la gente desidera sentirsi diversa e cerca il modo di differenziarsi dagli altri => bisogno di unicità.

2. Strategie di autoconservazione: tenere insieme se stessi

2.1 Autoconferma: la creazione di un vero sé

Processo di autoconferma: l'attenzione orientata, l'interpretazione orientata e l'affiliazione e presentazione.

L'attenzione orientata. Siamo più attenti alle informazioni che confermano le nostre ipotesi.

Interpretazione orientata. Quando i risultati non concordano con la propria immagine di sé => processo di minimizzazione.

Affiliazione e presentazione. Si può ridurre il margine di errore nell'interpretazione delle opinioni altrui: scegliendosi gli amici ed agendo in modo tale da ottenere i giudizi che ci aspettiamo. Autopresentazione = il modo in cui la gente si presenta ad altri => spesso ci comportiamo in pubblico in modo da incoraggiare un certo tipo di reazioni. Se gli altri non accettano l'identità che desideriamo trasmettere, li bombardiamo di informazioni finché non sono d'accordo con noi.

2.2 Elaborazione dell'informazione e autoconservazione

Possono esistere processi di autoconservazione che vanno al di là della consapevolezza: abbiamo tendenze cognitive che sfuggono al controllo cosciente.

Quando un individuo si crea uno schema coerente di se stesso, lo utilizzerà per elaborare l'informazione in arrivo. Le informazioni conformi allo schema saranno elaborate più rapidamente di quelle non conformi.

La gente ricorda con maggior efficacia informazioni corrispondenti alla propria immagine di sé.

2.3 Tra stabilità e cambiamento

L'immagine di sé è in grado di autosostenersi.

3. Capire le emozioni

Tre approcci alla comprensione delle emozioni: l'orientamento biologico, quello cognitivo e quello dell'approccio costruzionista sociale.

3.1 L'approccio biologico: emozioni come universali

Distinguere un'emozione da un'altra dal punto di vista della fisiologia non è mai stato pienamente possibile. Da come la gente riferisce le proprie esperienze, si può costruire un vocabolario di base delle emozioni. Le espressioni emotive sono tra le manifestazioni umane che hanno maggiori conseguenze sul piano sociale.

Ricerca sulla possibilità che la mimica facciale abbia un carattere universale => i risultati fanno pensare all'esistenza di una base genetica delle emozioni.

L'ipotesi del feedback facciale afferma che il fatto di esprimere le emozioni con il volto ci dà informazioni sui nostri sentimenti: l'espressione facciale intensifica l'esperienza.

3.2 L'approccio cognitivo: attribuire le emozioni

Se una persona ha paura, non è forse perché ha percepito un pericolo? Qualsiasi situazione può essere considerata pericolosa o meno a seconda del punto di vista del soggetto.

Teoria bifattoriale delle emozioni di Schachter: non ci sono differenze fondamentali tra le varie emozioni: tutte le emozioni sono accompagnate da uno stato di eccitazione fisiologica generalizzata (primo fattore), che deve poi essere identificata. L'identificazione richiede una classificazione cognitiva (secondo fattore). Le regole sociali determinano quali etichette applicare.

Esperimento con l'epifrenina.

Ricerche sulla riattribuzione di stati emotivi: si può ridurre l'insonnia, liberare i pazienti dalle fobie per i rettili, accrescere la soddisfazione sessuale, etc.

Ricerche con i placebo: le informazioni relative alla somministrazione di un farmaco a volte sono più efficaci del farmaco stesso.

3.3 Il punto di vista costruzionista: emozione come prestazione

Il punto di vista cognitivo è interessante perché suggerisce che ciò che sentiamo è in gran parte determinato dalla situazione sociale. Critica dell'approccio biologico: le osservazioni in culture diverse e in periodi storici diversi dimostrano che le emozioni non sono universali. Critica dell'approccio cognitivo: l'eccitazione fisiologica non è necessaria ad ogni emozione (primo fattore) => si suppone che le emozioni siano essenzialmente prestazioni sociali: la gente conosce le regole e le norme per una corretta espressione emotiva.

4. La gestione sociale del sé

4.1 Presentazione di sé, copioni e negoziazione

Goffman: ogni movimento ed ogni azione possono essere utilizzati per dare di sé una certa impressione. L'efficacia di una persona nella gestione sociale dipende dalla capacità di indurre gli altri ad aderire a modelli convenzionali vincenti (es. sorriso). Le sequenze di comportamento conformi a questo tipo di scambio sociale sono definite copioni: gestire con successo le relazioni equivale a invitare gli altri a partecipare a un gioco. Nessuno è in grado di obbligare un altro a seguire insieme un particolare copione: è a discrezione del soggetto accettare l'invito proposto dalla imbeccata iniziale. La maggior parte dei segnali iniziali è di natura ambigua, e può quindi segnalare la messa in atto di una varietà di copioni diversi. Questa ambiguità permette alle persone di negoziare il copione.

4.2 La gestione del sé: verso un miglioramento della strategia

Le donne sono più abili degli uomini ad interpretare i messaggi corporei e mimici; credono a quel che vedono più spesso degli uomini.

Automonitoraggio: prestare attenzione ai messaggi sociali e, per raggiungere i propri fini, essere disponibili a presentarsi in modo diverso. Le persone con una alto grado di automonitoraggio frammentano il loro mondo sociale: non hanno l'abitudine di mescolare gli amici nelle varie situazioni, quindi la mancanza di coerenza o di valori non viene a galla; tuttavia possono andare incontro a particolari problemi in una relazione di lunga durata (stile camaleontico).

4.3 Consapevolezza di sé: riflessione e modelli sociali

Le persone autoconsapevoli danno agli altri un'immagine di se stessi più fedele.

L'auto-impedimento è una strategia spesso adottata dalla gente quando ha a che fare con valutazioni pericolose.

CAPITOLO 4 - L'ATTRAZIONE INTERPERSONALE

1. L'origine dell'attrazione

Le persone che amiamo e che stimiamo ci gratificano.

Homans: il modo in cui consideriamo i nostri sentimenti per gli altri dipende dal profitto, cioè dalla quantità di gratificazioni ricevute meno i costi sostenuti: in questo modo assegna un carattere comune a tutti i tipi di attrazione (amicizia, relazioni familiari, amore). La fonte dell'attrazione può cambiare con il tempo e con le condizioni => se l'attrazione dipende dal valore che assegniamo al comportamento dell'altra persona, e se questo valore può variare da una situazione all'altra, allora lo stesso comportamento può determinare a volte attrazione e a volte repulsione. Se è vero che ogni gratificazione è un potenziale costo, la maggior parte delle relazioni vivono in uno stato di equilibrio precario.

1.1 Il potere della vicinanza

La vicinanza nello spazio è un fattore predittivo molto attendibile nella scelta del coniuge. L'aumento delle relazioni fondate sull'attrazione col diminuire della distanza fisica è un fenomeno noto come effetto vicinanza.

La familiarità e l'ipotesi della "sola presentazione". Zajonc sostiene che anche la sola presentazione di una persona o di un qualsiasi stimolo, è in sé sufficiente a generare qualche tipo di attrazione (foto delle facce).

Wilson: l'attrazione può aumentare senza che l'individuo lo sappia (melodie brevi).

Una delle spiegazioni offerte è che la reiterata apparizione dell'altro funziona da riduttore dell'impulso (stato di eccitazione e allarme del sistema nervoso: riduzione dell'ansia). Però la ripetizione può provocare sensazione di noia => sembrerebbe allora che il reiterato presentarsi dello stimolo tenda a favorire l'attrazione nelle situazioni ambigue, cioè quando l'individuo è ancora incerto sui moventi delle azioni dell'altro, Quando invece la gente è sicura degli attributi dello stimolo, la sua riapparizione può ridurre l'attrazione. Quando l'incertezza è alta, la presenza dello stimolo accresce l'attrazione.

Regola della distanza: non è importante chi siamo, ma dove stiamo. Edward Hall: le persone possiedono regole prossemiche inespresse, ossia tali da specificare:

 

 

 

 

1. il grado di distanza fisica appropriata nelle relazioni di tutti i giorni;

2. i tipi di situazione in cui è appropriata la vicinanza o la distanza.

 

 

 

 

Hall ritiene che i sentimenti verso gli altri possono dipendere dall'osservanza di queste regole, che sono peraltro distinte da cultura a cultura. Inoltre, le regole che governano la distanza fisica fra due agenti sociali variano col variare della natura della relazione.

4 aree:

 

 

 

 

1 quella dell'intimità (contatto fisico, 50 cm.)

2 quella della distanza personale (1/2 metro - 1 metro e 1/2)

3 quella della distanza sociale (1 metro e 1/2 - 3 metri)

4 quella pubblica (oltre 3 metri)

 

 

 

 

Le amicizie riuscite passano probabilmente attraverso la fase dell'accertamento che l'altro riconosca i nostri confini (coppie di marinai): le relazioni migliori generalmente si formarono tra partner che sin dall'inizio avevano effettuato marcate divisioni del territorio a loro disposizione.

1.2 La bellezza fisica

All'interno di una data cultura i canoni di bellezza fisica sono di solito resistenti e ampiamente diffusi.

L'attrazione iniziale. Meccanismo della comparabilità: benché molti desiderino un partner bello, tengono in conto anche le loro possibilità di successo. (esperimento autostima/corteggiamento)

Gli uomini sono più sensibili alla bellezza di quanto non lo siano le donne. Le differenze di comportamento tra i due sessi possono derivare dalla tradizionale divisione dei ruoli tra loro: gli uomini possono usare le proprie donne, quando attraenti, per ottenere il rispetto degli altri verso di sé (macchina di lusso); le donne invece non acquistano meriti particolari nei confronti dell'opinione pubblica sposando un uomo attraente.

Dopo il ballo: gli effetti sociali della bellezza. L'impressione globale che ci formiamo della personalità, delle capacità, dell'abilità, etc. di un altro può essere influenzata in modo molto sottile dal suo aspetto (Ash) (saggi scritti da donne belle/brutte).

La bellezza riconsiderata. Può causare invidia o risentimento. La gente si sente profondamente offesa quando qualcuno usa le proprie doti fisiche per sfruttare gli altri (criminale).

In una ricerca condotta sui neolaureati, gli studenti belli erano meno apprezzati degli altri => una dose moderata di bellezza fisica può migliorare la posizione sociale della gente, ma un eccesso di attrattive fisiche può essere fonte di risentimenti e di ostilità da parte degli altri. (condizione di inferiorità; le persone dotate di fascino hanno problemi di comunicazione: non sono sicuri che gli altri reagiscano in base alle loro capacità o siano solo impressionati favorevolmente dalla loro bellezza).

1.3 Le affinità interpersonali

I piaceri della somiglianza. Maggiore è il numero degli interessi comuni, maggiore è l'attrazione (15 gg. a gallette). La somiglianza può gratificare l'autostima della persona; la gente tende a prospettarsi come più positiva una relazione con chi le assomigli di più; l'affinità con un'altra persona spesso ci induce a ritenere che questa possieda caratteristiche gradevoli.

Affinità vs. complementarità. Winch: teoria della complementarità nella scelta del partner sessuale: i matrimoni felici sono spesso basati sulle abilità di ciascuno dei partner di soddisfare le esigenze dell'altro.

1.4 L'attenzione degli altri: bisogno di affetto

L'attrazione verso un'altra persona può essere accresciuta dall'espressione di un atteggiamento positivo: ci riscaldiamo alla stima che gli altri hanno per noi. Le persone con una scarsa autostima giudicano più favorevolmente la persona amata.

Strategia d'ingraziamento.

1.5 Trasmettere informazioni: affiliazione e ordine di nascita

La trasmissione di informazioni può produrre sentimenti di attrazione.

Bisogno di affiliazione: la gente impara in età precoce a cercare la compagnia altrui quando ha paura: attendere insieme agli altri riduce la paura. Schachter: i primogeniti e i figli unici imparano ad associare il sollievo da uno stato di apprensione con la presenza degli altri.

La gente, indipendentemente dalla propria prestazione, si sente più attratta verso le persone che esprimono valutazioni oneste (portiere) => equilibrio precario tra il valore attribuito all'accuratezza dell'informazione e a coloro che le forniscono, e la stima che ci si aspetta dagli altri.

2. Relazioni profonde

Il tratto essenziale dell'intimità è l'interdipendenza. Una relazione è interdipendente quando il comportamento di uno dei partner dipende dal comportamento dell'altro.

 

 

2.1 Lo sviluppo dell'intimità

Un percorso comune verso l'intimità. Contatto superficiale, invischiamento, reciprocità. Nella costruzione della realtà l'interdipendenza assume un'importanza particolare. Ognuno vorrebbe che l'altro confermasse la sua concezione del mondo e soprattutto la sua immagine di sé. Quando le coppie sviluppano questa forma di sostegno reciproco, si dice che sono interdipendenti a livello cognitivo.

Alta correlazione tra quantità di autorivelazione e attrazione reciproca.

Chi rivela preziose informazioni su di sé si guadagna la simpatia altrui. La simpatia aumenta ancora se queste informazioni sono legate in qualche modo con le cose che l'ascoltatore ha rivelato su di sé. La simpatia e l'interesse diminuiscono invece se l'autorivelazione avviene troppo presto nella relazione o se invece è troppo rivelatrice.

Se si è coinvolti solo superficialmente si sviluppa una relazione di scambio (valutazione di pro e contro); nei rapporti più profondi: relazione di stretta comunanza. Con l'approfondirsi della relazione, aumentano le critiche e il controllo dell'altro.

Incidenti di percorso: dialettica e pericoli. I conflitti dialettici nascono all'interno della relazione. Fonti di instabilità esterne: alternative in competizione. Livello di paragone = sistema per valutare i vantaggi della relazione in corso ed lo si applica alle altre relazioni.

2.2 Modelli amorosi nella prospettiva culturale e storica

In un interessante studio sulla relazione tra i sessi, i ricercatori attribuiscono le caratteristiche delle relazioni amorose alla proporzione tra i generi, cioè al rapporto tra maschi e femmine nella popolazione.

2.3 Le speranze di una relazione duratura

Fattori che contribuiscono alla riuscita del matrimonio:

 

 

 

 

1. la comunicazione: capacità delle coppie di parlare del proprio rapporto = coscienza di relazione (le donne hanno un grado di coscienza di relazione superiore a quello degli uomini);

2. un'equa divisione del lavoro;

3. fiducia e importanza del "noi": la gente vuole essere sicura dell'amore dell'altro e questa sicurezza è vitale per il modo di vivere la relazione;

4. stabilire le regole della relazione;

5. uguaglianza del potere decisionale.

 

 

 

 

CAPITOLO 5 - PREGIUDIZIO E DISCRIMINAZIONE

Pregiudizio = tipo di atteggiamento

Discriminazione = tipo di comportamento

Un atteggiamento può essere definito come la tendenza a rispondere prontamente, in modo favorevole o sfavorevole, ad un particolare oggetto o classe di oggetti.

Gli atteggiamenti:

 

 

 

 

1. hanno un contenuto (l'oggetto);

2. sono formulati come giudizi, ovvero sono valutazioni (favorevoli o sfavorevoli);

3. sono relativamente resistenti nel tempo (di qui la tendenza a rispondere prontamente).

 

 

 

 

Tre componenti del pregiudizio:

 

 

 

 

1. la componente cognitiva: essa consiste nei concetti e nelle percezioni che l'individuo ha di un oggetto o di una classe di oggetti;

2. la componente affettiva: essa consiste nei sentimenti che l'individuo prova verso un oggetto o una classe di oggetti;

3. la componente comportamentale: consiste nella disposizione ad agire in un certo modo verso un oggetto o una classe di oggetti.

 

 

 

 

Il pregiudizio è dunque l'attitudine a reagire nei confronti di una persona prontamente ed in modo chiaramente sfavorevole, sulla base dell'appartenenza della persona stessa ad una classe o ad una categoria. Quando il pregiudizio si traduce in un comportamento specifico possiamo parlare di discriminazione.

2. Gli effetti della discriminazione

2.1 Il bersaglio: l'autostima

Problema dell'autoaggressività: i bambini neri sembravano scartare le bambole più somiglianti a sé. Gli uomini spesso hanno meno pregiudizi delle donne di quanto esse non ne abbiano nei propri confronti.

2.2 La volontà di fallire

L'impegno nel successo dipende largamente dalla percezione della probabilità del successo medesimo. Tendenza all'autolesionismo (specialmente femminile). Con l'età aumenta costantemente la reazione negativa al successo. L'ansia per il successo incide effettivamente sui conseguimenti delle donne nell'ambito del proprio lavoro. Le donne ansiose ottengono un minor successo professionale.

2.3 La discriminazione e la profezia che si autoavvera: l'effetto Pigmalione

Dallo studio sul fallimento appare essenzialmente che le vittime della discriminazione sono spesso indotte a comportarsi in modo da giustificare il pregiudizio: esse assumono le cariche atte a provocare negli altri un comportamento discriminatorio.

2.4 La protesta contro il liberalismo

 

 

 

 

1. Non tutti sono colpiti dalla discriminazione allo stesso modo;

2. gli effetti della discriminazione dipendono da condizioni storiche.

 

 

 

 

3. Le radici del pregiudizio

3.1 La prima socializzazione come fase di acquisizione

I pregiudizi hanno inizio durante i cosiddetti anni formativi, tuttavia questi fenomeni variano nel tempo e nello spazio. Com'è che i bambini acquisiscono i pregiudizi? Due canali: il modello dei genitori e i mass media.

Il caso dell'autoritarismo. I bambini osservano le azioni dei genitori e le imitano. Adorno - ricerche sulla personalità autoritaria: esiste un certo tipo di personalità che odia non soltanto gli ebrei, ma tendenzialmente tutte le minoranze. Fu scelto il termine autoritario per descrivere questo tipo di personalità, dato che coloro che la possiedono mostrano un atteggiamento subalterno e acritico verso i propri capi. Si verificò, con quelle ricerche, che le persone autoritarie rispettano i valori convenzionali e i modi di vita proposti da leaders religiosi e politici, mentre condannano l'anticonvenzionalismo. Poiché le minoranze sono di solito non convenzionali, vengono di solito stigmatizzate dalle persone autoritarie. Il principale metodo per misurare l'autoritarismo nelle persone è la scala F (fascista). Le persone autoritarie sembrano caratterizzate da una certa rigidità nel modo di pensare: sono ciechi di fronte alle variazioni nel comportamento altrui o a fatti che smentiscono le opinioni precostituite che hanno degli altri. In condizioni di grande ambiguità, sembrano ricorrere più velocemente degli altri alle regole.

Cause dell'autoritarismo: effetto dell'imitazione: l'autoritarismo si autoriproduce.

I mass media e i pregiudizi. I messaggi non pianificati e involontari spesso contribuiscono ad ingenerare pregiudizi e discriminazioni. Alimentando il pregiudizio nei confronti di un gruppo, i mass media provocano anche una diminuzione dell'autostima in coloro che fanno parte del gruppo bersaglio.

Stigma = qualsiasi caratteristica che bolli l'individuo come deviante, inadeguato, limitato, handicappato o comunque indesiderabile.

 

 

 

 

1. L'identità sommersa: spesso si considera la persona stigmatizzata solo nei termini del suo stigma e si è ciechi alle altre sue caratteristiche e capacita: l'identità è sommersa da un unico tratto deviante;

2. relazioni a circolo vizioso: la persona stigmatizzata è considerata in modo unidimensionale e la relazione quindi è limitata: spesso comincia a comportarsi come gli altri si aspettano;

3. ambivalenza emotiva: miscugli di sentimenti positivi e negativi che provocano improvvisi cambi di umore.

 

 

 

 

3.2 Pregiudizio e profitto

Quando la gente viene "punita", si forma pregiudizi verso gli agenti di questa punizione. La punizione crea ostilità verso chi ne è causa, ostilità che può essere manifestata affibbiando all'agente nomignoli negativi, nutrendo disprezzo e repulsione verso di lui, o cercando di restituire la punizione. Molti studi offrono conferme del legame esistente tra punizione e pregiudizio: forte relazione tra l'insoddisfazione e l'antisemitismo: per gli insoddisfatti gli ebrei fungevano da capri espiatori, cioè da bersagli socialmente acquisiti dell'ostilità generata dalle frustrazioni economiche e politiche.

I giudizi verso coloro che sono percepiti come nocivi o minacciosi si deformano: molti studi indicano l'esistenza di alti livelli di razzismo fra i bianchi di bassa estrazione sociale, i quali pensano che i neri portino loro via il lavoro.

Competizione tra gruppi e identità sociale. Se è maggiore la competizione per l'acquisizione di risorse limitate, è anche maggiore l'ostilità tra i vari gruppi etnici.

Sherif - campeggio.

Tajfel: non sono semplicemente le risorse materiali a separare un gruppo dall'altro. Gli individui possono invece sviluppare un senso d'identità ancorato all'interno del gruppo. Per proteggere la propria identità sociale si può entrare in antagonismo con gli appartenenti di un altro gruppo:

 

 

 

 

1. i gruppi, formandosi, sviluppano atteggiamenti positivi verso se stessi e fanno discriminazioni nei confronti degli estranei (i gruppi favoriscono i propri membri rispetto agli estranei; questa tendenza al favoritismo è particolarmente forte se il gruppo pensa di essere una minoranza);

2. i gruppo, man mano che si sviluppano, acquistano una omogeneità interna (quando i membri diventano coscienti di appartenere al gruppo, manifesteranno atteggiamenti, opinioni e un comportamento simili; cercheranno di conformarsi, sviluppando così un'identità sociale);

3. l'identità personale perde valore e l'identità di gruppo diventa essenziale (con l'aumento della competizione all'interno del gruppo l'individuo diventa secondario e l'appartenenza al gruppo diventa essenziale);

4. i membri di uno stesso gruppo sviluppano atteggiamenti di autocompiacimento.

 

 

 

 

Le differenze alimentano le difficoltà. La gente tende a non apprezzare le persone diverse da sé, e questo rifiuto può gettare le basi del pregiudizio. La gente manifesta reazioni discriminatorie perché le persone giudicate diverse rappresentano una minaccia alla propria autostima. Molti atteggiamenti che sembrano razzisti o sessisti in realtà sono pregiudizi contro gruppi diversi: se un bianco viene a sapere che un nero appartiene alla stessa classe socioeconomica, il razzismo diminuisce.

4. La conservazione del pregiudizio

Le persone mantengono i pregiudizi, ma cambiano il comportamento secondo le esigenze della situazione. Il pregiudizio persiste e si esprime se esistono meccanismi di sostegno che lo preservano col passare da una situazione ad un'altra. In assenza di questi meccanismi, gli atteggiamenti e le azioni dell'individuo possono cambiare col mutare delle circostanze. In loro presenza, invece, il pregiudizio può durare tutta una vita.

4.1 Consenso sociale: condividere i pregiudizi

Uno dei più potenti meccanismi di sostegno del pregiudizio: il consenso sociale. La persistenza dei pregiudizi dipende in larga misura dalla quantità di consenso che essi ricevono. Quando i costi sociali del mantenimento e dell'espressione dei pregiudizi sono troppo alti, i pregiudizi vengono temporaneamente negati (cinesi) o definitivamente abbandonati.

4.2 La centralità degli atteggiamenti

Perché un atteggiamento si duraturo occorre che esso sia centrale, che assuma cioè in una personalità una posizione di spicco, fino a richiamare l'attenzione (cattolici). I pregiudizi di gruppo spesso sono espressi per ricordare all'individuo il suo gruppo di affiliazione.

4.3 Gli stereotipi: uno strumento ambivalente e pericoloso

Ciò che la gente pensa di alcuni gruppi raramente è limitato al semplice nome che dà loro: quando si nomina un gruppo, molti altri concetti vengono rapidamente evocati (dandy).

Una base cognitiva degli stereotipi. Le descrizioni semplicistiche di interi gruppi sono chiamati stereotipi. Sono concetti o categorie in cui ne vengono inseriti altri. Una categoria è uno stereotipo quando i membri di una cultura, o sottocultura, ritengono indiscutibilmente che un particolare concetto caratterizzi tutti i membri del gruppo. Gli stereotipi sono un meccanismo fondamentale nel diffondere i pregiudizi. L'impatto e la capacità di persuasione degli stereotipi si basano su processi cognitivi. Il loro funzionamento risulta da tre specifici processi di pensiero:

 

 

 

 

1. differenziazione e polarizzazione: si hanno stereotipi sul proprio gruppo di appartenenza e su gruppi estranei, ma quelli sul proprio gruppo sono differenziati in modo più complesso e raffinato, mentre quelli sul gruppo estraneo sono semplicistici. La mancanza di conoscenza del gruppo estraneo può provocare un giudizio semplicistico o tendenzioso;

2. memoria negativa: si ricordano meglio i fatti che confermano i propri stereotipi. La gente tende a ricordare con più facilità i fatti che gettano discredito sull'altro gruppo che non quelli che giocano a suo favore;

3. correlazione ingannevole: i pregiudizi hanno una forte influenza sul modo in cui si selezionano le informazioni: si evita di considerare o elaborare l'informazione che contrasta con il proprio punto di vista e si sopravvalutano quelle che lo confermano.

 

 

 

 

Stereotipi: pro e contro. Gli stereotipi sono utili per appianare e agevolare le interazioni. La maggior parte degli stereotipi contengono quello che Allport ha definito "il nocciolo della verità": gli stereotipi sono basati su fatti sufficientemente utili a prevedere le azioni altrui. Anche le vittime degli stereotipi concordano talvolta con i fatti su cui essi sono fondati.

5. La riduzione del pregiudizio

Tre tentativi per ridurre i pregiudizi: favorire gli scambi sociali, agire attraverso l'educazione, elevare il grado di consapevolezza intorno a questo problema.

5.1 I contatti sociali: in quali circostanza servono?

Molti psicologi ritengono che il mezzo più efficace per ridurre i pregiudizi fra i gruppi sia quello di riunirli. Si definisce ipotesi di contatto la possibilità di diminuire il pregiudizio con il contatto diretto.

Le barriere di comunicazione, fonte primaria del conflitto interpersonale, possono essere superate. Quando le persone vengono tenute separate, si apre la strada ad una forma di ostilità autistica; e se la gente non dispone di informazioni sugli altri, non riesce a capire il significato recondito delle loro azioni. Se i membri di gruppi separati sviluppano ostilità autistica, si produce il fenomeno dell'immagine allo specchio: tutte e due le parti cominciano a considerare se stesse come ben intenzionate e benpensanti, e a considerare l'avversario come fonte di pericolo e di errore.

L'aumento dei contatti permette di notare le somiglianze tra se stessi e i membri del gruppo esterno (in residenze integrate si riduceva la tendenza alla formazione di stereotipi sui membri di una minoranza).

Però persone con forti pregiudizi diventano ansiose e ostili quando si trovano di fronte alle vittime del loro pregiudizio: ci sono diversi fattori aggiuntivi:

 

 

 

 

1. uguaglianza di status: condizioni paritarie affinché i contatti siano efficaci;

2. comunanza di scopi: Sherif: la gente chiede di avere mete collettive che possono essere raggiunte tramite la collaborazione;

3. il successo: quando un gruppo di lavoro o una squadra ha successo, i pregiudizi crollano e spesso si stabiliscono forti legami di amicizia; se invece i gruppi che hanno collaborato per ottenere uno scopo falliscono, ciascuno tende a biasimare l'altro.

 

 

 

 

5.2 Educazione e controllo dei pregiudizi

Esiste una forte correlazione tra l'educazione e gli atteggiamenti relativi ai contatti interraziali. Attenzione: l'educazione può semplicemente rendere più sofisticata l'abilità nel rispondere alle interviste.

5.3 Risveglio delle coscienze

Se si crede che il sistema sociale sia responsabile della privazione e che si possano trovare le risorse necessarie al cambiamento, si è pronti ad esercitare un'azione collettiva.

CAPITOLO 6 - IL CAMBIAMENTO DEGLI ATTEGGIAMENTI

I cambiamenti sociali su larga scala dipendono dall'atteggiamento degli individui. Si definisce atteggiamento la reazione spontanea, positiva o negativa, verso una persona o un oggetto.

1. La struttura dell'atteggiamento

La definizione di atteggiamento come reazione spontanea positiva o negativa può essere ampliata separandone l'aspetto cognitivo da quello valutativo. Le tendenze cognitiva e affettiva sono strettamente legate al comportamento: cambiare atteggiamento significa cambiare comportamento e ciò comporta una grande differenza quanto alle conseguenze sul mondo esterno.

1.1 Accessibilità e centralità degli atteggiamenti

La rapidità della risposta è un indicatore dell'accessibilità in memoria di un atteggiamento (tele o M.E.C.). L'accessibilità di un atteggiamento può essere determinante per il suo cambiamento: gli atteggiamenti molto accessibili sono più resistenti alle influenze esterne di quelli meno accessibili.

Il tipo di apprendimento su cui si basa l'atteggiamento ne influenza l'accessibilità: un atteggiamento basato sull'esperienza diretta con l'oggetto sarà più significativo di uno basato sull'esperienza indiretta.

Gli atteggiamenti differiscono anche in quanto alla loro centralità, che di solito è collegata all'accessibilità. Ma la centralità è importante anche di per se stessa perché gli atteggiamenti centrali sono spesso più in armonia gli uni con gli altri e più difficili da cambiare di quelli secondari.

1.2 L'equilibrio cognitivo

Heider: esistono relazioni importanti tra gli atteggiamenti. Alcuni di essi armonizzano e allora il soggetto è in stato di equilibrio; se invece sono in contrasto si dice che il soggetto è in stato di squilibrio. Heider pensava che le persone tendono a mantenere lo stato di equilibrio tra i loro atteggiamenti e, per il disagio provocato dalla sua mancanza, sono disposti a cambiare idee e sentimenti per raggiungerlo.

Triadi: prodotto positivo.

Tendenza al consenso = propensione che la gente ha a prediligere relazioni positive e a rifiutare quelle negative.

Tendenza alla giustizia = atteggiamento favorevole verso quelle unità in cui si trovano associati i vari tipi di punizione con le persone verso cui si nutrono sentimenti di ostilità.

2. Comunicazione e persuasione

La comunicazione sociale produce la maggior parte del mutamento degli atteggiamenti. Tradizione behaviorista. Gli studiosi rivolgevano particolare attenzione alle caratteristiche dello stimolo del processo di persuasione, cioè al grado in cui ognuna di queste caratteristiche aumentava o diminuiva gli effetti della persuasione sugli atteggiamenti: cinque classi:

 

 

 

 

1. l'emittente

2. il messaggio

3. il canale

4. il destinatario

5. il contesto comunicativo

 

 

 

 

2.1 L'emittente

Quale che sia il contenuto del messaggio, la reazione ad esso dipende dalle caratteristiche dell'emittente: sono tre: l'attendibilità, le attrattive fisiche, le intenzioni presunte.

L'attendibilità dell'emittente e l'effetto latente. Se la fonte è attendibile, l'ascoltatore verrà influenzato da un messaggio che altrimenti l'avrebbe lasciato del tutto indifferente (Oppenheimer e Pravda). Quanto dura l'effetto attendibilità? Contrariamente alle aspettative, l'impatto del messaggio molto attendibile tende a decrescere, mentre gli effetti del messaggio poco attendibile crescono e sono più potenti dopo: effetto latente è l'espressione usata per descrivere l'effetto ritardato che una fonte poco attendibile ha sugli atteggiamenti, effetto che all'inizio è in sordina ma la cui incidenza aumenta nel tempo. Perché si verifica? Col passar del tempo, messaggio e emittente vengono dissociati, la persona tende a ricordare il messaggio ma non la fonte, e l'effetto attendibilità della fonte svanisce. Conseguenze: se percepiamo un messaggio, non importa chi lo dice o perché: con il tempo ci convincerà; le fonti attendibili, inoltre, possono provocare cambiamenti di comportamento. L'impatto di un messaggio può essere maggiore se il pubblico viene a sapere che non va a vantaggio dell'emittente.

Le attrattive dell'emittente. Le attrattive personali possono agire sull'ascoltatore o perché costui vuole essere come il personaggio o perché addirittura si identifica con l'emittente. L'aspetto dell'emittente può avere effetti particolarmente efficaci quando il messaggio è impopolare. E' stato dimostrato che di solito gli elettori considerano più attraenti i candidati che sono d'accordo con loro. La somiglianza con l'emittente rende il suo messaggio più efficace a cambiare gli atteggiamenti (dentista nero).

L'intenzione dichiarata: gli effetti del preavvertimento. Le persone cominciano a entrare in tensione fisicamente quando scoprono che qualcuno sta per manifestare il suo dissenso dalle loro opinioni. Tuttavia le persone non sempre lo rifiutano: vogliono essere persuasi.

2.2 Il messaggio

Sherif: le opinioni sono ordinate lungo un continuum (area dell'accettazione: assimilazione; e area del rifiuto: contrasto): i processi di assimilazione e contrasto consentono agli individui di semplificare la realtà, fanno sì che il mondo possa essere percepito nei semplici termini di bianco e nero.

Messaggio unilaterale (forza dei giapponesi) e messaggio bilaterale (anche superiorità militare americana): le ricerche dimostrarono che l'efficacia dipendeva dalle caratteristiche dell'ascoltatore (istruzione): l'istruzione aumenta la sensibilità verso un'informazione più equilibrata, le persone meno istruite sono meno propense a mettere in discussione ciò che ascoltano.

I messaggi intimidatori. Quanto più il messaggio intimorisce, tanto più è efficace nel modificare atteggiamenti e comportamenti (cinture di sicurezza). A volte l'effetto intimidatorio può non essere immediato (Three Mile Island). Ma a volte la paura può avere un effetto boomerang, cioè ostacolare il cambiamento di un atteggiamento invece di favorirlo. Forse il fattore più importante nel determinare le reazioni all'attivazione della paura è la presenza o assenza di efficaci metodi per far fronte al pericolo: se si pensa che, modificando il proprio atteggiamento, si avrà meno paura o si sarà in grado di affrontarla, allora l'intimidazione è un efficace fattore di cambiamento. Ma se non viene fatta alcuna menzione di rimedi efficaci, allora il destinatario può trincerarsi dietro un meccanismo di evitamento difensivo.

2.3 Il canale di comunicazione

L'importanza dell'efficacia espressiva si limita alle comunicazioni semplici: se il messaggio è facile il mezzo di comunicazione espressivo (video) ottiene il cambiamento maggiore; per il messaggio difficile è vero il contrario: la comunicazione scritta è più efficace di radio e televisione.

2.4 Il destinatario

La gente non si limita ad assorbire alla cieca le informazioni degli altri, ma agisce sulle informazioni che riceve. La sua disposizione può incidere profondamente sull'effettiva modificazione dei propri atteggiamenti.

Deformazione positiva: concordare ad ogni costo. Molte persone hanno la tendenza a reagire positivamente agli altri: l'acquiescenza è una caratteristica degli americani.

Difese contro la persuasione. McGuire: la gente si lascia persuadere perché non sa come difendersi dai tentativi di persuasione e soprattutto non possiede gli argomenti adatti a confutarli: la difesa argomentativa provoca una forte resistenza all'attacco.

Personalità e probabilità di essere persuasi. Effetti dell'autostima sulla persuasibilità: la gente che ha bassa autostima dipende in larga misura dall'approvazione degli altri.

2.5 Il contesto comunicativo

Distrazione, intensità del messaggio, densità di messaggi.

L'impatto di ogni singolo appello in un ambiente ricco di messaggi è influenzato da altri messaggi presenti contemporaneamente: i messaggi non agiscono indipendentemente l'uno dall'altro: l'apprezzamento dato a un prodotto si "imprime" sugli altri.

Quando un rumore disturba lo spettacolo, la gente di solito smette di prestare attenzione al programma. Poiché la presenza degli altri è fonte di distrazione, la gente può essere persuasa più facilmente quando è sola.

3. Aspetti cognitivi del cambiamento degli atteggiamenti

Il cambiamento degli atteggiamenti dipende dal modo in cui si elabora l'informazione.

3.1 La dissonanza cognitiva

Assunto: bisogno fondamentale di coerenza cognitiva fra le assunzioni dell'individuo sul mondo.

Festinger 1957 - teoria della dissonanza cognitiva: quando un individuo ha due rappresentazioni cognitive coerenti l'una con l'altra, si trova in uno stato interno di consonanza; invece due rappresentazioni cognitive incoerenti producono dissonanza. Festinger sosteneva che i processi mentali delle persone sono guidati dalla motivazione a ridurre gli stati di dissonanza cognitiva, che sarebbero per natura destabilizzanti. Con l'aumentare dell'importanza della rappresentazione cognitiva, aumenta anche la criticità della dissonanza, e tanto più forte è la motivazione dell'individuo a ridurla. La dissonanza può essere ridotta modificando il comportamento o modificando la rappresentazione.

Cambiare gli atteggiamenti modificando il comportamento. La maggior parte delle ricerche sugli effetti del comportamento sugli atteggiamenti ha fatto uso di metodi di interpretazione di un ruolo (role playing): la gente può giungere a modificare i propri atteggiamenti per il semplice motivo di aver interpretato un certo ruolo. Quindi gli atteggiamenti si modellano sul comportamento. Quanto maggiore è l'impegno messo dai soggetti nell'interpretazione di un ruolo, tanto maggiori ne sono gli effetti.

Accordo forzato: insufficienza delle ricompense. Quanto maggiore è la pressione esercitata su una persona perché esegua un'azione non desiderata, tanto minore sarà la dissonanza prodotta. La ricompensa dovrebbe avere gli stessi effetti della punizione: entrambe costringono l'attore a fare qualcosa e quindi non dovrebbero produrre maggiore attenzione per l'attività svolta (20 dollari per una menzogna)

Selezionare le informazioni, apprenderle e memorizzarle. Si seleziona in base ad atteggiamenti preesistenti. La gente tende ad apprendere e a ricordare meglio e più a lungo le informazioni convergenti con il proprio punto di vista. Ricerche recenti sulla memoria dimostrano che una volta che si è formato un atteggiamento, si ricordano i fatti congruenti con esso.

3.2 Elaborazione delle informazioni

Le strade centrali e secondarie che portano alla persuasione. Due percorsi psicologici portano al cambiamento degli atteggiamenti: strada centrale (si pensa attivamente ai problemi in questione e l'atteggiamento è il risultato del pensiero razionale); strada secondaria (reazione impulsiva: si cambia solo perché è facile, non perché si è riflettuto sul problema). Che cosa determina l'utilizzo del percorso centrale o di quello secondario? Uno dei fattori più importanti è il coinvolgimento nel problema: se ci sta veramente a cuore si utilizza la strada centrale.

Informazioni provenienti dall'ambiente. La curva che rapporta la quantità di informazioni in ingresso alla loro efficacia persuasiva è accelerata negativamente (effetto di primacy).

Autopercezione: "essere vuol dire fare". Il proprio comportamento è una potente fonte di informazioni sulle quali fondare i propri atteggiamenti. Daryl Bem: la gente non è sempre consapevole di ciò che sente o pensa intorno a un certo problema: quando gli atteggiamenti non sono chiari, la gente può usare il proprio comportamento come fonte di informazione sulla natura dei propri sentimenti.

L'ipotesi di Bem può essere utilizzata per ridefinire gli effetti dell'interpretazione di ruoli descritta dalla teoria della dissonanza. Per Bem questa dissonanza è irrilevante: l'individuo si limita ad osservare il proprio comportamento e a decidere su questa base ciò che deve sentire.

Sondare la memoria: l'autoproduzione del cambiamento di atteggiamenti. Quando la gente agisce in base ad una determinata posizione, comincia pian piano a crederci.: l'individuo intraprende un'esplorazione guidata della propria memoria. Sfida alla teoria della dissonanza cognitiva => gli effetti dell'interpretazione di un ruolo possono costituire esempi di esplorazione guidata della memoria, invece che di riduzione della dissonanza.

Tesser: quando la gente ritorna con la mente ad un'esperienza fatta, tende di solito a semplificarla. Gli esseri umani sembrano guidati dall'esigenza di organizzare i ricordi in modo coerente, dimenticando rapidamente le immagini incoerenti o irrilevanti. A causa di questa esigenza, il ricordo dell'esperienza passata viene condensato e intensificato. Quando la gente si riferisce al proprio deposito di esperienze, gli atteggiamenti si polarizzano.

4. Atteggiamento e comportamento: la domanda cruciale

L'atteggiamento influenza le aspettative. Può influire sulle convinzioni di causalità. Conoscere bene l'atteggiamento di una persona rende possibile la previsione di un suo comportamento. Ma non sempre (ambiente e rifiuti).

Wicker: è assai più facile che gli atteggiamenti non siano affatto connessi, o lo siano solo moderatamente, al comportamento manifesto, che non il contrario: è raro che un comportamento possa essere previsto in base agli atteggiamenti.

4.1 Risposte possibili al problema del rapporto tra atteggiamento e comportamento

L'espressione comportamentale di un atteggiamento può assumere forme diverse. Correlare l'atteggiamento con una singola azione, può portare alla registrazione di un basso coefficiente di correlazione. Tuttavia, se si tiene conto dell'insieme del comportamento di una persona - cioè di una varietà di azioni - il valore predittivo dell'atteggiamento può diventare più elevato: la probabilità di prevedere le azioni sulla base degli atteggiamenti può essere accresciuta utilizzando misure multiple delle azioni. Sembra che la probabilità che si possa prevedere un comportamento in base ad un atteggiamento dipenda dall'intervallo di tempo che separa la misura dell'atteggiamento e la registrazione del comportamento: gli atteggiamenti sono fortemente elastici e suscettibili di cambiamenti vistosi e repentini.

 

 

4.2 Il modello di Fishbein per la previsione del comportamento

Secondo Fishbein le persone agiscono soprattutto in base alle proprie intenzioni. Tuttavia sulle intenzioni agiscono due fattori principali: gli atteggiamenti e la pressione sociale.

 

 

 

 

1. gli atteggiamenti: ciò che la gente intende fare dipende dagli atteggiamenti relativi ad un determinato tipo di azione. Spesso gli atteggiamenti dipendono da altri fattori: l'aspettativa dei risultati dell'azione da intraprendere; il valore dei risultati previsti.

2. la pressione sociale: l'intensità della pressione sociale dipende da due fattori: in primo luogo dalle ipotesi su quello che gli altri si aspettano che noi facciamo (ipotesi normative), inoltre anche dalla motivazione a conformarsi ai desideri altrui.

 

 

 

 

La teoria di Fishbein suggerisce che l'intenzione a partecipare dipende dall'atteggiamento, più la somma delle assunzioni dell'individuo circa le aspettative altrui, somma che tenga conto della sua motivazione a conformarvisi.

CAPITOLO 7 - L'ALTRUISMO: DARE E RICEVERE AIUTO

azione orientata al bene sociale (fare l'elemosina, dare una mano a chi si trova in difficoltà); l'opposto: azione antisociale (comportamento aggressivo, distruttivo, egoista). Ma l'individuo misura i vantaggi e svantaggi che gli derivano nell'aiutare gli altri, e si comporta di conseguenza.

1. Le implicazioni personali: ciò che si acquisisce per sé donando agli altri

Quando si valutano i pro e i contro prima di aiutare qualcuno, gli psicologi parlano di calcolo dell'azione orientata al bene sociale.

1.1 Può una buona azione arrecare piacere a chi la compie?

Una azione diretta al bene sociale può servire indirettamente a una quantità di bisogni personali (favori divini, genitore interiorizzato, vantaggi personali).

Le persone molto preoccupate della propria sicurezza, in molti casi sono meno soccorrevoli, soprattutto quando rischiano di subire dei danni.

In seguito ai normali processi di socializzazione, la maggioranza della gente sviluppa un atteggiamento positivo verso l'azione morale => dalle proprie buone azioni gli individui sviluppano la capacità di compensare se stessi.

1.2 Posso evitarmi una esperienza spiacevole? La risposta empatica

La valutazione dei costi è il fattore fondamentale nella scelta di intervenire. Paradossalmente però può essere proprio il disagio a motivare un'offerta di aiuto. Una motivazione di questo genere proviene dalla capacità umana di rispondere empaticamente, di essere in grado cioè di mettersi nei panni degli altri: aiutare qualcuno serve ad alleviare il disagio personale di colui che osserva.

Uno dei fattori che è in grado di influenzare il livello di empatia è l'affinità con la vittima; un secondo è dato dalla coscienza della causa che provoca il disagio; un altro è la posizione cognitiva, vale a dire il punto di vista assunto nel considerare la persona che necessita aiuto.

 

 

1.3 Sono realmente in grado di dar aiuto? L'effetto "riscaldamento"

Oltre a chiedersi quanto guadagnerà o perderà dall'aiuto prestato, la gente si chiede anche se è effettivamente in grado di darlo. La valutazione può dipendere da vari fattori (culturali e contingenti). Quando la gente ha tempo a disposizione, è molto più disponibile a beneficiare gli altri di quando invece dispone di tempo limitato (seminaristi). Fattori contingenti possono accrescere la stima delle proprie capacità di essere d'aiuto: effetto riscaldamento = sentirsi bravi per qualunque ragione accresce la disponibilità all'aiuto (monetina del telefono). Anche il clima.

L'effetto di riscaldamento non persiste a lungo.

Conseguenze dei sensi di colpa sul comportamento orientato al bene sociale: chi si sente in colpa (anche se la trasgressione non è stata intenzionale) offre maggior aiuto.

2. Valutare colui che ha bisogno

2.1 E' facile individuare uno stato di bisogno? L'insorgere di alcune preoccupazioni personali

Simpson: la categoria sotto la quale la persona che si è sentita male viene classificata dipende eminentemente da fattori sociali (età, presunta moralità).

L'autoconsapevolezza, quando non sia improntata a sentimenti di paura, può persino accrescere il senso di responsabilità personale e il desiderio di aiutare.

 

 

2.2 L'aiuto è meritato? L'ipotesi "il mondo è giusto"

Dopo essersi resa conto della necessità di intervenire, una persona spesso si chiede se l'aiuto sia meritato. A contrastare l'inclinazione a prestar aiuto, può intervenire la convinzione che la gente è responsabile dei propri guai. Attribuzione di causalità: se si attribuisce la causa della sofferenza di una persona alla persona stessa, si è meno disposti ad aiutarla di quanto non succeda se la causa risale a circostanze che sfuggano al suo controllo.

Mondo giusto: colui che pensa che il mondo sia giusto, è propenso a credere che coloro che soffrono meritano di soffrire. Ma non contrasta con l'empatia? => coesistono tendenze opposte e sentimenti contrastanti.

Un metodo efficace per inibire la tendenza a disprezzare la vittima è fornire informazioni sulle cause che hanno prodotto la sofferenza.

2.3 Colui che riceve aiuto, ne appare degno?

Non si è disposti ad aiutare chiunque, ma piuttosto coloro che consideriamo simpatici e piacevoli. Paradosso: le persone che hanno bisogno si trovano tra coloro che appaiono socialmente meno attraenti, e quindi sono i meno idonei a suscitare la volontà di soccorso.

3. Quanto incide il contesto sociale

Non solo le persone tengono conto del loro piacere personale, di eventuali disagi e delle caratteristiche della vittima, ma vengono anche influenzate dall'ambiente circostante.

3.1 Ci sono anche altri a poter dare aiuto? L'intervento dei presenti

Problema dell'inerzia collettiva di fronte ad un'aggressione:

 

 

 

 

1. difficoltà di stabilire se si tratta veramente di un crimine;

2. mancanza di motivazione;

3. la presenza di altri.

 

 

 

 

Esperimento del soggetto che chiede aiuto al citofono: la inibizione della risposta di aiuto può essere fatta risalire a tre cause:

 

 

 

 

1. la responsabilità di intervento è distribuita agli altri (più alto è il numero dei presenti, più basso è il livello di responsabilità personale che ciascuno assume; la tendenza a distribuire agli altri la responsabilità può presentarsi in modo particolarmente evidente quando intervenire comporta un costo);

2. maggiori possibilità di doversi vergognare nel caso di un fraintendimento;

3. la definizione collettiva della situazione può bloccare l'azione.

 

 

 

 

3.2 La garanzia sta forse nel numero?

La probabilità che si verifichi un'azione di soccorso sembra dipendere da tre fattori:

 

 

 

 

1. la possibilità di comunicazione;

2. l'ampio spettro di ruoli che un intervento di aiuto consente di assumere;

3. coesione di gruppo.

 

 

 

 

Esperimento dello zoppo/ubriaco nella metro: contrariamente agli studi di laboratorio, più era grosso il gruppo di presenti, più rapidamente veniva prestato soccorso.

3.3 Chi dà aiuto? Effetto delle norme e dei modelli

Il potenziale soccorritore si chiede se l'intervento sia appropriato alla situazione. Norma = modello di comportamento condiviso da un gran numero di persone.

La norma di identità sociale valorizza il fatto di aiutare gli altri indipendentemente dalla futura ricompensa; la norma della reciprocità valorizza il fatto di aiutare chi ci aiuta. Quando la normativa è incerta, di solito si cercano modelli di comportamento a cui fare riferimento. E' più probabile che si seguano modelli affini a se stessi che modelli che siano differenti da sé. Ma non è la sola caratteristica di attrazione: spesso la gente preferisce imitare modelli dotati di fascino e bellezza.

4. Ci sono buoni samaritani tra di noi? Socializzazione contro situazionismo

Gli studiosi pensano che alcuni siano dediti all'altruismo come altri sono dediti a riduttori dell'ansia come le droghe e l'alcool.

4.1 La ricerca longitudinale: prevedere il comportamento adulto osservando quello infantile

Kagan e Moss: campione di 80 persone per 30 anni - gli autori hanno trascelto solo i dati che confermavano la loro ipotesi di correlazione tra il comportamento infantile e quello adulto => debole supporto all'assunto che la prima socializzazione incide sul comportamento adulto.

4.2 La coerenza trans-situazionale: alla scoperta del carattere

1928 studio sulla stabilità delle disposizioni morali Hatshorne e May: i piccoli bari: incoerenza dell'atteggiamento nel passare da una situazione all'altra => se si registra un comportamento moralmente ineccepibile in una certa situazione, non ci si può aspettare lo stesso comportamento in un'altra situazione.

4.3 E' il situazionismo la risposta giusta?

La teoria per cui sono le circostanze a fare le azioni è nota come situazionismo. Bem e Allen sostengono che ogni persona può avere determinati tratti stabili, o disposizioni, ed altri invece instabili.

Secondo la metaanalisi di numerose ricerche sull'altruismo, si aiutano gli altri soprattutto per poter interpretare il ruolo dell'eroe cavalleresco e si tende quindi a mostrarsi più servizievoli con le donne. Il metodo cavalleresco ed eroico non influenza le donne, che sono disposte a dare il loro aiuto quando il rapporto è profondo e duraturo.

4.3 La soluzione interazionale

Riassuntino: non c'è ragione di credere che la prima socializzazione condizioni stabilmente il carattere delle persone, sia sul piano morale che su altri piani. Le persone cambiano in qualsiasi momento della loro vita. Se le disposizioni acquisite inizialmente persistono nel tempo, ciò è dovuto al continuo sostegno che esse ricevono dall'ambiente sociale. La gente può manifestare tratti o disposizioni stabili, ma questi possono essere acquisiti o persi in ciascun momento della vita.

Secondo molti psicologi, le azioni della gente sono il prodotto di un'interazione tra disposizioni personali e fattori situazionali.

5. Reazioni all'aiuto: quando un dono si rivela inopportuno

Da parte di alcuni studiosi del nostro sistema sociale è venuta la critica che devolvere aiuti ai bisognosi è funzionale alle categorie del potere. Fare la carità a chi ne ha bisogno serve a bollarli come incapaci, e nasconde la vera natura del problema, l'incapacità da parte della nostra società a fornire a tutti un ruolo significativo in essa e salari decorosi.

La persona che riceve gli aiuti si trova esposta a tre principali problemi: il benefattore può strumentalizzare il beneficiato, il beneficiato può sentirsi inferiore e non desiderato e possono crearsi obblighi.

5.1 Aiuto e strumentalizzazione

Se l'aiuto è considerato come una manipolazione, spesso è rifiutato (Tunisia).

5.2 Aiuto come minaccia all'autostima

La richiesta di aiuto comporta l'ammissione di non essere autosufficienti e che quindi l'altro è in qualche modo superiore a noi. L'aiuto che mette in discussione l'autostima non è ricambiato (puzzle): quando l'orgoglio è messo a repentaglio, non si vuole aiutare nessuno.

5.3 Aiuto e creazione di un obbligo

La sensazione di dover essere obbligato a ricambiare un aiuto è stata definita "pressione dovuta all'obbligo". Gioco dei dati con prestito/regalo di denaro: gli studenti preferirono di gran lunga il benefattore che richiedeva la restituzione del dono piuttosto di colui che era disposto a dare per niente.

CAPITOLO 8 - L'AGGRESSIVITÀ

Due approcci teorici: uno si fonda sulla teoria ereditaria; l'altro sul carattere appreso dell'aggressività.

1. Che cos'è l'aggressività

Comportamento aggressivo = insieme delle azioni dirette a colpire uno o più individui, tali da infliggere loro sofferenze fisiche o morali, oppure la morte.

diversi tipi di aggressività:

 

 

 

 

· aggressività strumentale: quando l'atto di aggressione è un mezzo per un altro fine (es. autodifesa);

· aggressività ostile: si cerca di esprimere sentimenti ostili (fine a se stessa);

· aggressività attiva: il danno deriva da un'azione come un pugno o una critica;

· aggressività passiva: il danno è causato da una mancanza di iniziativa (es. non aiutare qualcuno a soffrire meno.

 

 

 

 

La definizione di aggressività non ha specificato la natura dei sentimenti soggiacenti perché riflette l'opinione generalmente accettata che il comportamento aggressivo non dipende in realtà dalle emozioni (guerra nella stanza dei bottoni). Tuttavia emotività ed aggressività sono strettamente mescolate nell'esperienza della gente.

La definizione di aggressività viene data dal punto di vista dell'aggressore.

2. Origine biologica dell'aggressività

2.1 L'istinto di aggressione

L'estensione e la persistenza del comportamento aggressivo fanno ritenere che l'aggressività sia parte integrante della natura umana.

Freud: l'aggressività è un istinto (2 istinti fondamentali: eros e thanatos).

Conclusioni simili sull'innata disposizione ad aggredire sono tratte dagli etologi: Lorenz: sia gli esseri umani che gli animali sono naturalmente aggressivi; tuttavia attraverso la selezione naturale gran parte di loro ha sviluppato strumenti determinati geneticamente per controllare e limitare le manifestazioni aggressive all'interno della loro specie. Gli esseri umani no: lo sviluppo della capacità mentale ha consentito loro di mettere in atto una sofisticata tecnologia di distruzione; l'istinto di controllo dell'aggressività non ha avuto modo di svilupparsi all'interno della nostra specie. Consiglia di canalizzare l'aggressività i competizioni sportive.

2.2 E' corretto parlare di destino biologico?

Negli animali l'aggressività dipende dall'attivazione di ormoni sessuali, gli androgeni; negli uomini non sembra esserci direttamente relazione immediata, ma gli effetti sono indiretti: la secrezione ormonale non produce maggiore aggressività negli esseri umani, ma li rende solo più emotivo o generalmente attivi.

Ricerche condotte in diverse culture dimostrano invece che la gente non ha la medesima disposizione ad aggredire (eskimesi); il livello di aggressività dipende da circostanze storiche.

3. L'aggressività si apprende

Se l'aggressività non è determinata nella nostra costituzione biologica, perché è allora un dato così comune nelle relazioni umane? Secondo molti psicologi, essa sussiste perché paga; spesso essere aggressivi porta dei vantaggi e non esserlo crea inconvenienti. Si impara a diventare aggressivi nello stesso modo in cui si interiorizzano i pregiudizi.

 

3.1 Effetti prodotti dai premi e dalle punizioni

Esperimento di riduzione dell'aggressività con premi ai bambini.

Walters: "è la continua paura della rappresaglia che impedisce a molti di essere apertamente aggressivi". Molte ricerche dimostrano infatti che l'aggressività può essere con successo controllata con un sistema di sanzioni. Ma la punizione può anche incoraggiare l'aggressività: la gente di solito crede di aver il diritto, se non il dovere, di ripagare l'offesa (le norme generali di quasi tutte le culture favoriscono la ritorsione contro l'aggressione); in secondo luogo, la reazione abituale di chi è punito è la rabbia, e i risultati delle ricerche dimostrano che chi è arrabbiato spesso agisce senza pensare alla punizione futura.

3.2 I modelli imitativi: vedere equivale ad essere

L'aggressività è indotta non soltanto da premi e punizioni diretti, ma anche da modelli che si ha modo di osservare. I modelli non solo insegnano all'individuo ad essere aggressivo, ma riducono le inibizioni verso l'aggressività mostrando quanto una determinata azione sia efficace e produttiva (esperimento di aggressività sulla bambola).

Ma i modelli possono anche inibire l'aggressività della gente (Gandhi).

3.3 Caratteristiche del modello punitivo

Le punizioni severe rendono i bambini più aggressivi: inviano 2 messaggi: da una parte esigono il rispetto dell'ordine, dall'altra si servono di modelli basati sull'aggressività.

L'aggressività può essere istigata anche da modelli culturali (il concetto attuale di virilità si lega all'aggressività).

3.4 Gli effetti della violenza dei mezzi di comunicazione

La televisione incoraggia in modo impressionante i comportamenti violenti: assistere a scene di violenza accresce l'aggressività dell'osservatore.

La gente finisce per abituarsi alla violenza proprio perché è costretta ad assistervi tutto il giorno. La violenza viene accolta come un modo normale di vivere, non eccita né spinge a compiere azioni violente. L'abbassamento della sensibilità emotiva prodotto dalla lunga esposizione televisiva è chiamato desensibilizzazione.

Punto di vista contrario: Feshback: se gli individui si accostano allo spettacolo televisivo come a un gioco immaginario, assistere alla violenza può ridurre le manifestazioni aggressive; soddisfare le proprie fantasie aggressive riduce il bisogno di ricorrere effettivamente alla violenza. Esperimento di programmi violenti e non: i ragazzi che avevano assistito a programmi pacifici attaccarono briga due volte di più di quelli che avevano visto spettacoli violenti.

Questi risultati dimostrano che la relazione tra violenza televisiva e comportamento aggressivo non è così facile da spiegare come appare a prima vista: per alcuni individui la televisione ha la funzione di rimuovere le frustrazioni accumulate, mentre per altri può costituire un reale modello di comportamento. Gli individui del secondo gruppo subiscono l'influenza della televisione perché non riescono a distinguere tra realtà e fantasia.

4. Aggressività ed emozioni

4.1 Frustrazione ed aggressività

1939 Miller, Mowrer e Sears: Frustrazione ed aggressività: "Le manifestazioni aggressive sottintendono sempre uno stato di frustrazione ... e inversamente lo stato di frustrazione conduce sempre a manifestazioni aggressive".

Critiche: non sempre una frustrazione produce aggressività (depressione); si può avere aggressività senza un precedente stato di frustrazione (soldati).

Il problema è: in quali condizioni l'aggressività è determinata dalla frustrazione?

Una delle condizioni che può far crescere l'aggressività è l'aumento del livello di frustrazione (coda al cinema); una seconda condizione che può favorire la connessione tra frustrazione e aggressività è l'arbitrarietà. Più risulta arbitrario l'agente di frustrazione, più aggressiva è la reazione. Anche i fattori ambientali - rumore, calore e inquinamento - possono aumentare l'incidenza di comportamenti aggressivi. Per esempio, si è trovata una forte correlazione tra il caldo e i vari tipi di violenza urbana. Con l'aumento della temperatura aumentano gli omicidi, gli stupri, i furti e le sommosse.

4.2 Eccitazione generalizzata ed aggressività

Tutte le forti emozioni fanno crescere la possibilità che si verifichi un'azione aggressiva. I ricercatori hanno dimostrato che per aumentare le potenzialità aggressive dell'individuo basta impegnarlo in rudi esercizi fisici, attività competitive, oppure somministrargli degli stimolanti. Questi studi rivelano che l'attivazione emotiva provocata da una certa attività (ciclismo) può essere trasferita su un bersaglio completamente diverso. L'eccitazione emotiva che, determinatasi in una certa circostanza, attiva un comportamento in una situazione completamente diversa, è chiamata dislocazione emotiva. Sembra che sia a causa di una dislocazione che troviamo tanto spesso una forte correlazione tra amore ed aggressività. Le emozioni scatenano reazioni violente quando l'aggressività tende ad essere la reazione dominante: cioè l'aumento dell'eccitazione rende addirittura certo il verificarsi di un comportamento aggressivo che prima era solo probabile.

Un secondo fattore utile a determinare se uno stato emotivo condurrà o no ad una risposta aggressiva è la definizione che gli si assegna.

Il fattore chiave dell'aggressività può essere dunque considerato l'attivazione emotiva, di cui la frustrazione è uno dei fattori scatenanti. Gli individui soggetti ad una spinta emotiva possono diventare particolarmente attivi; se nella situazione in cui si trovano l'aggressività è la risposta dominante ed essi definiscono le proprie reazioni come rabbia, irritazione o frustrazione, allora la spinta emotiva sfocerà in un comportamento aggressivo.

4.3 Sesso, pornografia ed aggressività

I ricercatori concordano nell'affermare che non c'è necessariamente un legame tra l'eccitazione sessuale e l'aggressività: l'eccitazione sessuale è spesso seguita da una riduzione dell'aggressività. Il materiale pornografico inoltre può provocare uno spostamento dell'attenzione dall'aggressività alla sessualità (bonazza che attraversa la strada).

Anche se la pornografia in generale non ha conseguenze nocive, la pornografia violenta rappresenta un pericolo sociale reale.

4.4 Droga e aggressività

Piccole dosi di alcool e marijuana hanno un effetto rilassante. Grosse dosi di marijuana anche.

Tuttavia è il modo in cui le droghe vengono socialmente definite ad avere effetto sul comportamento. Quando la gente è convinta che l'alcool renda aggressivi, trova nell'ubriacarsi la scusa buona per aggredire: infatti, attribuendo al consumo di alcool la propria aggressività, riesce a scaricarsi da ogni responsabilità.

4.5 Come inibire l'aggressività: tenere conto delle emozioni

Due diverse impostazioni per ridurre l'aggressività: l'ipotesi catartica e la possibilità di incanalare gli stati emotivi.

Catarsi: potersi sfogare. Gli autori di Aggressività e frustrazione sostengono che se una persona ha modo di esprimere la propria aggressività, in seguito avrà meno problemi per aggredire. Tale ipotesi non è avvalorata dalla ricerca: molti ricercatori pensano che un comportamento aggressivo tende a ripetersi (risse dopo la partita).

Il significato generale di queste scoperte, vale a dire che l'aggressività aumenta le probabilità di una futura manifestazione aggressiva, non contraddice il fatto che l'aggressività può produrre effetti catartici. In certe particolari condizioni, una manifestazione aggressiva può ridurre le probabilità che si verifichi un'azione aggressiva successiva. Primo, l'aggressività può venire ritirata, nel caso che la ritorsione provochi danno all'aggressore: sembra infatti che l'osservazione del dolore produca una reazione empatica nell'individuo che sta per vendicarsi; secondo, la probabilità di una risposta aggressiva diminuisce quando l'aggressività serve a restituire un'offesa.

Incanalamento delle emozioni. La connessione tra la definizione di uno stato emotivo e l'azione che ne consegue è determinata dall'apprendimento di ciò che è considerato appropriato in una determinata cultura. La consapevolezza che la relazione intercorrente tra uno stato emotivo e una reazione sul piano sociale è oggetto di apprendimento è di primaria importanza per tentare di ridurre la violenza nella nostra società.

5. Aggressività come rappresentazione culturale

L'aggressività è un atto sociale e implica quasi sempre la presenza di altri: può essere definita come il prodotto dell'interazione tra individui.

Averil: l'aggressività è una prestazione sociale: ha bisogno di protagonisti, segue copioni prestabiliti e a volte necessita di materiale scenico.

5.1 I protagonisti: definizione e de-individuazione

Il fatto di definire un'azione aggressiva o meno ha numerose implicazioni sociali. Per la maggior parte della gente il termine aggressività ha connotazioni morali e implica sentimenti negativi => definire un'azione aggressiva significa definirla come moralmente riprovevole e meritevole di punizione.

Quando i segni distintivi dell'identità personale appaiono sbiaditi, si dice che l'individuo subisce un calo di identità: la sua identità è perduta nella massa che lo circonda. Quando una persona è deindividuata e quindi non identificabile, la paura della punizione può affievolirsi => secondo i ricercatori la deindividuazione è una delle cause principali della delinquenza degli agglomerati urbani. La condizione di anonimato sembra liberare la gente da inibizioni sociali di diverso genere, delle quali soltanto una è l'inibizione ad aggredire (studentesse riconoscibili e non che somministrano scariche elettriche).

5.2 La presenza di armi

Checov: se al primo atto di una commedia c'è un fucile appeso al muro, al terzo atto sarà utilizzato.

Berkovitz: è il dito a premere il grilletto, ma può anche darsi che sia il grilletto a spingere il dito.

5.3 I copioni della violenza

Copioni culturali che regolano l'espressione dell'aggressività.

La fiducia nei metodi violenti è più alta tra la popolazione anziana e più bassa tra gli strati più istruiti.

CAPITOLO 9 - L'INFLUENZA SOCIALE

Conflitto tra uguaglianza e individualità

Eguaglianza = insieme dei fattori sociali che influenzano il comportamento e le opinioni del singolo rendendoli conformi ai modelli dominanti in una data cultura o subcultura.

Tre principali forme di influenza che inducono eguaglianza di comportamento:

 

 

 

 

· l'uniformità (tipo di uguaglianza fondato sulla condivisione dell'assunto non dichiarato che essere simili agli altri è qualcosa di desiderabile);

· la conformità (tipo di uguaglianza che si realizza quando l'individuo cede alle pressioni sociali che lo obbligano ad essere simili ad altri);

· l'obbedienza (eguaglianza originata dalla acquiescenza alle richieste di una figura autoritaria)

 

 

 

 

1. I perché dell'uniformità

Vistoso fenomeno ricorrente nella vita sociale: gli individui appartenenti a gruppi sociali tendono a condividere caratteristiche simili.

Quattro fattori che determinano la tendenza all'uniformità nella nostra società:

 

 

 

 

1. le norme sociali

2. i modelli

3. il confronto sociale

4. l'autoconsapevolezza

 

 

 

 

1.1 Seguire le regole: le norme sociali

Garfinkel: diverse comuni modalità di comportamento sono governate da regole che passano inosservate e che si rendono palesi solo quando vengono infrante (passami il burro).

1.2 Seguire i modelli: il contagio sociale

Quando il comportamento di un modello viene imitato da un gran numero di persone, allora il fenomeno viene chiamato contagio (operai ricoverati: epidemia dell'insetto di giugno).

1.3 Il confronto sociale: quando si è in dubbio ...

Candid Camera - ascensore.

Festinger: quando un qualche elemento induce a dubitare delle proprie opinioni ed azioni, la gente ricorre agli altri come fonte di informazioni => processo di confronto sociale. Uniformarci agli altri serve a sollevarci dal dubbio.

Sherif: illusione ottica (effetto autocinetico): le valutazioni fornite dal gruppo convergevano in un punto centrale, quelle individuali divergevano.

Successive ricerche dimostrarono che l'effetto del gruppo può infatti permanere fino ad un anno, e che tutti quelli che in seguito entrano a far parte di gruppi diversi tentano di convincere i loro nuovi colleghi ad accettare gli standards del gruppo precedente. Infatti, se non interviene un diverso fattore di influenza, gli effetti del confronto sociale si fissano indelebilmente.

Sembra che l'affinità accresca la fiducia del singolo sulla accuratezza dell'informazione che gli viene dall'altro.

Se ci si confronta ai risultati di chi è migliore => confronto verso l'alto (quando si pensa di aver ottenuto buoni risultati ma si è convinti di poter far di meglio); in caso contrario => confronto verso il basso (quando si hanno difficoltà).

2. Conformità ed obbedienza

2.1 Le scoperte di Ash: vedi in un modo, dici in un altro

Esperimento delle linee. Ash scoprì che i soggetti in questa situazione spesso aderivano alla opinione erronea della maggioranza (soltanto il 20% si mantenne indipendente) => la pressione esercitata dal gruppo ha un effetto potentissimo.

Acquiescenza: l'individuo in pubblico si adegua, ma non cambia le sue opinioni personali. L'acquiescenza si verifica quando si è sotto pressione normativa, cioè quando si desidera piacere al gruppo, farsi degli amici o evitare la censura del gruppo.

Alcuni, invece di conformarsi, interiorizzarono i giudizi del gruppo. L'interiorizzazione spesso avviene sotto pressione informativa, cioè quando si fa ricorso al gruppo per conoscere la risposta esatta ad un problema. Secondo le ricerche, spesso si continua a credere anche in privato ai giudizi sbagliati forniti dal gruppo.

Progressi compiuti nella comprensione del fenomeno della conformità. Vari fattori aumentano o diminuiscono il grado di conformità al gruppo:

 

 

 

 

1. dimensione del gruppo - secondo Ash, la conformità aumenta finché il gruppo raggiunge il numero di tre, ma non oltre: se i primi membri di un gruppo hanno raggiunto decisioni sbagliate, i soggetti pensano che anche gli altri saranno d'accordo con la maggioranza e non la contesteranno.

2. ambiguità dello stimolo - più i giudizi sono ambigui, più aumenta la tendenza a conformarsi.

3. attrazione verso il gruppo

4. interazione futura

 

 

 

 

La personalità conformista esiste davvero? Gli individui con un basso livello di autostima hanno un comportamento più conformistico (bisogno di sicurezza), anche quelli con un alto bisogno di approvazione, e anche coloro con un alto punteggio nella scala F => la conformità appare un mezzo per assecondare una varietà di bisogni psicologici => è improbabile l'esistenza di una "specifica personalità di conformista" indipendentemente dalle circostanze.

2.2 L'obbedienza alla autorità

Sottoposto dal gruppo alla pressione verso l'adeguamento, l'individuo sarà disposto a negare pubblicamente i suoi sentimenti più radicati e darà il proprio assenso ad affermazioni chiaramente false. Questo fenomeno non è limitato alla situazione di gruppo: capacità di figure autoritarie di ottenere obbedienza.

Obbedienza distruttiva . Milgram 1965: esperimento sull'apprendimento a Yale. Previsioni degli psichiatri. Il 62% fu completamente obbediente.

Condizioni per l'obbedienza. I drammatici risultati conseguiti da Milgram ci fanno concludere che generalmente l'individuo non oppone resistenza alle richieste delle autorità, anche quando ritiene che l'autorità abbia torto.

 

 

 

 

1. Legittimazione dell'autorità - alti livello di obbedienza possono essere ottenuti anche quando l'istituzione non è prestigiosa e insigne (48%)

2. la vicinanza della vittima - più è prossima la vittima, minore è l'obbedienza;

3. la vicinanza dell'autorità

4. caratteristiche personali dei soggetti - i soggetti più obbedienti diedero generalmente prova di possedere una personalità più incline all'autoritarismo, ed il loro livello di pensiero morale si dimostrò più basso.

 

 

 

 

3. Gli effetti del potere sul potente

3.1 Effetti negativi del potere: la ricerca nella prigione di Stanford

Ipotesi di ricerca: la colpa della violenza non è attribuibile all'indole personale del singolo, ma si deve far risalire agli effetti negativi della stessa situazione carceraria.

Le guardie fecero la scelta di ricorrere all'abuso.

3.2 Il potere corrompe: da Acton a Kipnis

Perché le guardie subirono l'influenza brutalizzante delle circostanze?

Lord Acton: il potere tende a corrompere, e il potere assoluto tende a corrompere in modo assoluto. Ma perché il potere produce questi effetti? Kipnis:

 

 

 

 

1. L'accesso agli strumenti di potere accresce la possibilità che si faccia ricorso al potere - esperimento dei supervisori: coloro che avevano più potere fecero ricorso ad esso più frequentemente: anziché far uso del potere di informazione, ricorsero al potere dei premi e delle sanzioni;

2. maggiore è il potere usato, maggiore è la convinzione da parte del detentore del potere di poter controllare l'operato del bersaglio - attribuzione di causalità: il detentore, che sia consapevole dei compensi e delle punizioni cui fa ricorso, tende a considerare il comportamento del bersaglio come involontario; gli individui maggiormente sensibili al potere tendono a considerare se stessi motori delle azioni altrui;

3. ogni qual volta il detentore trae tale credito dall'azione del bersaglio, il bersaglio è fatto oggetto di svalutazione;

4. il credito del bersaglio decresce in proporzione alla distanza sociale con il detentore di potere;

5. l'accesso al potere e il fatto di farne uso possono accrescere l'autostima del potente (sviluppa un alto concetto di sé)

 

 

 

 

Gli uomini e le donne ricorrono nella relazione a due a differenti strategie di potere, strategie che in qualche modo sono il riflesso del loro ruolo nella società (uomini più diretti ed interattivi; donne più indirette e solitarie).

4. La resistenza ai fattori di influenza

Distinzione tra indipendenza ed anticonformismo: quest'ultimo termine si riferisce a quel comportamento in cui la diserzione dalle regole del gruppo e da quelle della figura autoritaria diventa un fine in se stesso.

4.1 Fattori psicologici della spinta all'indipendenza

La resistenza manifestata dall'individuo verso la pressione alla conformità fa leva su diversi fattori: il proprio credo, i principi etici, l'impegno sociale. Alcuni psicologi ritengono però che tale resistenza possa scaturire da bisogni psichici profondi: il bisogno di sentirsi libero e il bisogno di sentirsi unico.

La reattività: il bisogno di essere libero. La gente ha profonde e solide motivazioni di salvaguardare la propria libertà di scelta. Ogni qual volta è sotto la minaccia di una riduzione di libertà, egli reagisce elaborando una modalità a valenza negativa, chiamata reattività.

Studio sulla censura - università: discorso favorevole sul voto ai diciottenne: gli studenti che ritenevano l'autorità scolastica responsabile della cancellazione del discorso accrebbero i loro sentimenti positivi nei riguardi dell'opinione fatta oggetto di censura.

Condizioni atte a favorire una risposta reattiva:

 

 

 

 

1. maggiore è la paura di perdere la libertà, maggiore è la reattività;

2. tanto più è importante per l'individuo il comportamento ostacolato, tanto maggiore è la reattività;

3. la reattività è maggiore quando si crede nella libertà dell'individuo.

 

 

 

 

Molti credono che la reattività possa essere forte al punto da suscitare un'attività rivoluzionaria. Ma non sempre i risultati sono positivi. Una volta attivati i meccanismi della reattività, la gente è spesso meno disposta a collaborare e meno sensibile agli altri.

Unicità: il bisogno di essere diverso. Una delle ragioni per cui la gente desidera essere unica è perché in tutte le società viene dato grande valore a tutto ciò che è raro => l'identità personale sembra fondarsi più su ciò che ci distingue dagli altri che su ciò che ci accomuna. Il desiderio di essere unico raramente si applica alle opinioni: raramente si desidera essere in una posizione deviante. Quando ci si sente minacciati nella propria unicità, ci si ribella o si cerca di ricostruirla.

4.2 Modificare le condizioni che determinano il controllo sociale

Fattori situazionali:

Il sostegno sociale all'anticonformismo. Esperimento di Ash: uno dei collaboratori si pronunciò a favore della risposta corretta: la conformità scese vertiginosamente al 5% => se l'individuo riesce a trovare almeno qualche sostegno al suo punto di vista, saprà resistere alle pressioni e rimanere indipendente => un minimo di sostegno sociale produce effetti grandiosi sulla riduzione della conformità:

 

 

 

 

1. non c'è bisogno che il sostegno sociale sia continuo;

2. non ha bisogno dell'accordo - la presenza di un'altra voce di dissenso di qualsiasi genere incoraggia l'altro a prendere decisioni autonome;

3. i suoi effetti possono essere generalizzati.

 

 

 

 

Le tecniche della fonte di influenza: come riuscire a vendere il ponte di Brooklyn.

 

 

 

 

· Tecnica del piede nella porta = chiedere prima un piccolo favore e poi uno maggiore (acconsentire a un piccolo favore cambia la percezione che l'individuo ha di se stesso: la persona è portata a sentirsi utile e quindi assume un comportamento coerente con la nuova visione di sé).

· Tecnica del colpo basso = prima si chiede un piccolo favore, e poi si informa la persona che avrà un costo ben più alto (è efficace perché la gente desidera mantenere la parola data, anche se le costa di più di quanto si sarebbe aspettata).

· Tecnica della porta in faccia = dapprima si chiede un favore estremo (che di solito viene rifiutato) e poi si passa ad una richiesta inferiore (la persona acconsente alla richiesta minore per ridurre il proprio senso di colpa).

 

 

 

 

Acconsentiamo alle richieste che ci vengono rivolte perché desideriamo mantenere all'esterno la nostra immagine di brava persona, per non essere considerati dei devianti, ed infine per consolidare la buona opinione che abbiamo di noi stessi.

5. L'influenza della minoranza

5.1 Come smuovere la maggioranza

Il dissenso espresso dalle minoranze sovente respinge la maggioranza su posizioni contrarie. Questi effetti negativi sono chiamati effetto boomerang.

Gli studi che confrontano gli effetti della maggioranza con quelli della minoranza sottolineano la maggiore efficacia della prima.

Le ricerche dimostrano che gli effetti della minoranza non sono sempre evidenti e diretti: aderire al credo della minoranza crea imbarazzo. L'influenza della minoranza è indiretta: per esempio gli esponenti della maggioranza criticano le concezioni minoritarie, ma poi trovano soluzioni che si pongono lo stesso fine (non avrebbero pensato a queste alternative senza l'intervento della minoranza).

Gruppi minoritari molto attivi contribuiscono alla nascita di nuovi orientamenti di pensiero creativo, al contrario l'influenza della maggioranza tende ad inibire il pensiero creativo: la gente semplicemente si adatta alla routine => l'effetto della minoranza non può essere immediato.

 

5.2 Stile di comportamento della minoranza vincente

Uno dei principali fattori in gioco è lo "stile di comportamento" dell'agente di influenza (Moscovici).

 

 

 

 

1. Coerenza - se una minoranza mantiene saldamente le sue posizioni, avrà maggiori probabilità di influenzare la maggioranza. La minoranza deve dimostrarsi flessibile nella negoziazione, ragionevole e aperta allo scambio di idee: se è disposta a cedere sui problemi minori, i suoi effetti sulla maggioranza aumenteranno;

2. fiducia in sé - i membri di una minoranza devono stare attenti a non sembrare troppo sicuri: un'eccessiva fiducia nelle proprie forze può avere un effetto boomerang

 

 

 

 

Lo stile di comportamento dei membri della minoranza non ha effetto se ci sembrano completamente estranei a noi: se aumenta il grado di somiglianza, aumenta anche l'intensità dell'influenza che la minoranza esercita sulla maggioranza.

CAPITOLO 10 - SCAMBIO E STRATEGIA

La vita sociale può essere definita come il processo del dare e dell'avere, dell'acquistare e del vendere.

1. I fondamento dello scambio e dell'adattamento

La teoria dello scambio si fonda su tre assunti di base:

 

 

 

 

1. l'azione umana è motivata primariamente dal desiderio di conseguire un piacere ed di evitare un dolore;

2. le azioni degli altri sono fonte di piacere e sofferenza;

3. attraverso le proprie azioni l'individuo sollecita negli altri interventi a suo favore;

4. l'individuo mira a conseguire il massimo piacere al minimo costo (strategia minimassimale).

 

 

 

 

Non tutte le relazioni sono fondate sullo sfruttamento => l'accomodamento è quel processo mediante il quale le persone riescono a procurarsi piacere vicendevolmente (pulsanti e scariche).

2. Le regole dello scambio

Una volta che siano state stabilite forme convenienti di scambio, gli individui cercano di assicurarsi che tali regole vengano mantenute. Le regole di scambio determinano il comportamento sociale alla pari delle relazioni individuali, e tali regole sono personificate dalle norme sociali espresse dalla cultura (Homans). A volte queste regole sono formalizzate e rinforzate dalle leggi.

Se la regola è informale, il non attenervisi comporta disapprovazione e ostilità da parte degli altri. La psicologia sociale ritiene per lo più che le regole informali che sottostanno ai rapporti di scambio nella nostra società rivestano una importanza enorme nella vita di tutti i giorni. Queste regole presiedono al mantenimento della stabilità e dell'ordine nelle relazioni attraverso il tempo.

Due categorie di regole: quelle attinenti alla "qualità" delle risorse di scambio, e quelle che assicurano il giusto "ammontare" dello scambio.

2.1 La teoria delle risorse: le regole sulla qualità

Uriel ed Edna Foa: tutte le risorse cui gli individui ricorrono per portare beneficio l'uno all'altro rientrano nelle seguenti sei classi: amore, servizio, beni, denaro, informazione, status

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Le principali regole che disciplinano le modalità di scambio delle risorse rientrano in una delle due dimensioni seguenti:

 

 

 

 

1. Particolarismo - alcune risorse possono essere date o ricevute tramite persone particolari, mentre altre possono essere scambiate da tutti;

2. Concretezza - le risorse hanno un diverso grado di concretezza.

 

 

 

 

I Foa fanno discendere da queste due dimensioni il principio fondamentale su cui si fonda lo scambio: date due azioni, maggiore è l'analogia in termini di particolarismo e concretezza, più appropriato risulta lo scambio tra loro.

2.2 La teoria dell'equità: le regole sulla quantità

Diversi studiosi ritengono che le norme che governano l'equilibrio tra ciò che si da e ciò che si riceve sono essenziali al buon andamento della società .Gouldner: la vita sociale è notevolmente influenzata dalla regola della reciprocità. Si ha equità quando i protagonisti di una relazione ritengono vi sia una giusta distribuzione di costi e benefici. L'individuo sperimenta un alto grado di frustrazione quando è coinvolto in relazioni sociali inique, e cercherà di liberarsi di tale frustrazione ristabilendo l'equità.

Il sottocompenso: la psicologia della rivincita. Richiedere un compenso maggiore è la strada più ovvia perché questa equità sia raggiunta (sciopero per un salario più alto); il secondo sistema è infliggere il medesimo disagio all'interlocutore nel rapporto (diminuzione della produttività).

Una indagine ha individuato una relazione tra equità e fedeltà nei coniugi => coloro che si ritenevano più desiderabili del loro compagno facevano esperienze extraconiugali prima e con più persone dei coniugi che invece si percepivano alla pari.

Il sovracompenso: punizione o mutamento di percezione? Questo tipo di iniquità può dar luogo al desiderio di vedere quella persona punita. Se il piacere conseguito tramite l'azione criminale può inasprire la pena, la sofferenza cui eventualmente si va incontro può portare ad una sua riduzione.

Le persone rimangono a disagio quando ricevono un sovracompenso, e spesso ne ricavano una sofferenza. Esperimento di lettura di un manoscritto: i soggetti sovrapagati avevano scoperto molti più errori di coloro che venivano pagati il giusto. Lo sforzo supplementare era probabilmente dovuto ad un tentativo di ristabilire l'equilibrio.

A volte si lavora di più quando si pensa di essere pagati più del necessario; ma lavorare sodo è una tecnica troppo complicata per ristabilire l'equilibrio => un mezzo più semplice è quello di modificare la propria percezione dell'accaduto, ridefinendone i costi e i benefici (compito degli italiani e degli americani).

2.3 Equità vs. eguaglianza

Numerosi teorici delle scienze sociali ritengono che l'equità sia solo uno dei fattori che contraddistinguono la giustizia. Al concetto di equità si contrappongono quello di eguaglianza nella distribuzione delle risorse. La tendenza all'eguaglianza nei rapporti umani può avere origine nel processo di socializzazione (caramelle alle bambole che avevano fatto il lavoro: maschi equità, femmine uguaglianza). Ricerche condotte su una popolazione adulta hanno dimostrato che le donne, più che gli uomini, preferiscono una distribuzione equa, in parte perché dà origine a rapporti più amichevoli e meno competitivi.

Analogamente, ricerche condotte in seno a culture diverse indicano l'importanza della socializzazione nello sviluppo del concetto di giustizia. Le ricerche hanno distinto le culture che sottolineano l'individualità rispetto a quelle che valorizzano la socialità. Nelle culture individualiste, la gente si occupa essenzialmente del proprio rendiconto; i loro modelli di giustizia favoriscono l'equità rispetto all'uguaglianza. Gli Stati Uniti e la maggioranza dei paesi del Nord Europa ne sono un esempio. Nelle culture orientate verso la collettività, che comprendono quasi tutti i paesi del Sud America, la gente bada agli interessi comuni ed è più interessata all'uguaglianza che all'equità.

3. Dallo sfruttamento alla cooperazione

Oltre allo sfruttamento conseguente all'ambiguità delle norme, esiste uno sfruttamento costituzionale all'intero sistema di scambio, il quale tende a favorire alcuni individui e a sfavorirne altri. Le norme di equità e di eguaglianza possono ridurre lo sfruttamento, ma questo può essere incrementato dall'ambiguità e dal settarismo di gruppo.

Particolare tipo di scambio: a motivazione mista = il desiderio di cooperare entra in conflitto con il desiderio di sfruttare.

3.1 Scambio a motivazione mista e dilemma del prigioniero

Le situazioni a motivazione mista sono spesso definiti dilemmi del prigioniero.

(Pulsanti rosso e nero).

3.2 Sfruttamento e scambio a motivazione mista

Indipendentemente dal numero delle partite, dall'entità del guadagno, etc., solitamente si sceglie di sfruttarsi l'un l'altro => la cooperazione non costituisce quasi mai l'alternativa prescelta.

3.3 I molteplici percorsi verso la cooperazione

Uno degli strumenti in grado di stimolare la cooperazione è ovvio: se la cooperazione conduce a maggiori guadagni e se lo sfruttamento diventa il sistema più costoso, la cooperazione diventerà sicuramente l'opzione prescelta.

La strategia della cooperazione. La dimostrazione di una consistente volontà di cooperazione da parte di uno dei giocatori, nel gioco del dilemma del prigioniero, è in grado di suscitare risposte positive da parte dell'altro. La dimostrazione delle intenzioni di cooperazione ha un particolare peso nella fase iniziale dello scambio. Però può costituire un invito allo sfruttamento: l'uso cauto di una strategia di cooperazione è raccomandabile nel caso che gli altri siano molto competitivi, o dimostrino di nutrire sospetti circa le motivazioni alla cooperazione.

Le strategie di cooperazione si dimostrano particolarmente efficaci quando i partecipanti hanno la possibilità di comunicare.

La strategia del muso duro. Come affermano i teorici della competizione, le concessioni fatte all'opposizione accrescono il livello degli obiettivi ai quali l'opposizione aspira. Al contrario, assumere una posizione molto dura e fare poche concessioni costringe l'opposizione ad abbassare il tiro circa le proprie aspirazioni ed eventualmente ad apprezzare le concessioni minori.

La strategia dell'occhio per occhio: la via impervia alla pace. Si fonda sul principio del rinforzo: la cooperazione è premiata con la cooperazione, e lo sfruttamento è punito con un'analoga reazione di sfruttamento.

Charles Osgood 1962: quando la distruttività sembra non offrire vie d'uscita, si dovrebbe far ricorso alla strategia di "riduzione graduale della tensione reciproca" (GRIT). I risultati della ricerca sperimentale dimostrano che la strategia GRIT funziona (questioni internazionali).

4. Minaccia e cooperazione

Esperimento dei camion: entrambi i partecipanti se la cavano meglio quando non sono in grado di minacciarsi l'un l'altro. Se lo strumento di minaccia è in mano ad uno solo oppure ad entrambi, il risultato è che tutti e due perdono denaro. Infatti, più è grande il potenziale di minaccia, più denaro si perde.

Presa in se stessa, questa ricerca dimostra che la minaccia non solo di oppone alla realizzazione della cooperazione, ma finisce per ridurre i benefici di tutti i partecipanti. Eppure funziona: se il denaro in gioco è scarso, viene prima l'orgoglio (si pensa di perdere la faccia); se la posta è alta, ci si arrende alle minacce con più facilità.

5. Dall'individuo alla comunità: trappole sociali e bene pubblico

Il comportamento razionale a livello individuale può avere effetti disastrosi per il bene pubblico (trappola sociale); viceversa un comportamento individuale irrazionale può rivelarsi positivo per il gruppo.

Tragedia delle terre demaniali. Le persone che godono del bene pubblico senza dare nessun contributo sono detti passeggeri senza biglietto.

Uno degli approcci più interessanti per risolvere il problema sottolinea l'identità di gruppo: se i componenti sapessero che il loro comportamento autogratificatorio danneggia o distrugge il gruppo, cambierebbero e si sentirebbero meno egoisti. E' significativo che le trappole sociali sono più dannose nei gruppi grandi e impersonali che in quelli piccoli.

6. Quando manca la cooperazione

Se la comunicazione migliora, di solito aumentano le possibilità di collaborazione: quando i partecipanti possono comunicare tra loro, il livello di sfruttamento di solito diminuisce.

Perché la comunicazione porta sempre dei benefici? Una delle ragioni principali è che dalla comunicazione prende forma la fiducia reciproca. In assenza di fiducia, non si riesce a costruire nessuno scambio positivo.

Ma non sempre (battibecchi familiari).

6.1 Le fasi di una negoziazione riuscita

Secondo i risultati delle ricerche, spesso la gente affronta le negoziazioni con uno spirito individualistico. Per migliorare, bisogna fare in modo che ogni parte capisca la prospettiva altrui: la conoscenza della situazione altrui spesso aumenta la collaborazione tra le due parti. Anche lo stile personale di chi conduce la trattativa, e soprattutto la sua credibilità, può influenzare i risultati.

Pruitt: i negoziatori hanno più successo se adottano la strategia della rigidità flessibile. Essi devono conoscere bene i loro obiettivi ed attenersi ad essi, ma mostrarsi flessibili per quanto riguarda i mezzi da usare.

6.2 La mediazione di un terzo

Quando i negoziatori sono incapaci di trovare soluzioni possono chiedere aiuto ad un terzo detto mediatore. Il mediatore agisce in due modi: processo di mediazione e strategia passiva (la sua mera presenza durante le trattative è spesso sufficiente a calmare i partecipanti e a incoraggiarli a discutere in modo ragionevole). Il mediatore può anche essere utile come bersaglio alternativo alla rabbia.

CAPITOLO 11 - L'INTERAZIONE NEI GRUPPI

Gruppo = insieme di due o più persone che interagiscono o comunicano.

L'interazione di gruppo avviene secondo la modalità faccia a faccia (Homans).

I gruppi sono composti da individui che percepiscono se stessi come parte di una unità durevole nel tempo e nello spazio.

I membri di un gruppo, inoltre, condividono la caratteristica di avere almeno una finalità in comune.

Simmel: la semplice aggiunta di una persona al gruppo fa nascere problemi del tutto sconosciuti alla diade.

1. Gruppo e attrazione interpersonale: il problema della coesione

Una delle ragioni che motivano l'individuo ad aderire al gruppo è trovare in esso calore e sostegno.

Coesione (Festinger) = grado di attrazione reciproca dei membri presi come singoli e del gruppo nel suo complesso.

1.1 Come costruire la coesione di gruppo

Festinger: la coesione interna può essere favorita da qualsiasi fattore in grado di innalzare il valore del gruppo agli occhi del singolo componente (es. raggiungere i propri obiettivi). Inoltre sembra che i componenti di un gruppo raggiungano maggior stima gli uni degli altri quando comprendono che i guadagni del singolo dipendono dal contributo di tutti.

Le minacce esterne possono accrescere la stima reciproca, e in questo modo aumentare la coesione. La competizione proveniente dall'esterno ha pressappoco gli stessi effetti prodotti dalla minaccia.

Sherif: i gruppi coinvolti in una competizione aumentano la loro coesione interna.

1.2 Gli impedimenti alla coesione: competizione e sottogruppi

Mentre la competizione proveniente dall'esterno può accrescere la coesione, la competizione che si sviluppa all'interno può sortire l'effetto opposto.

Esperimento della struttura di valutazione a carattere cooperativo / competitivo: la struttura di valutazione influì in modo vistoso sul comportamento dei componenti del gruppo: il gruppo cooperativo risultò anche più produttivo, in quanto riuscì a risolvere le prove di relazione umana più velocemente di quello competitivo.

Un altro ostacolo alla coesione può essere costituito dal differente grado di simpatia reciproca che i membri del gruppo hanno di loro. Più è grande il gruppo, maggiore è la probabilità che si formino dei sottogruppi => riduzione della coesione interna.

I sottogruppi sono spesso una realtà latente.

Moreno: sociometria = individuazione della struttura di gruppo attraverso l'indicazione delle preferenze individuali => sociogramma.

1.3 I frutti della coesione: il dolce e l'amaro

Coesione e soddisfazione. La ricerca svolta nel settore industriale ha dimostrato che la coesione è di notevole utilità al lavoro, e che i lavoratori che operano all'interno di gruppi dotati di coesione godono di un morale alto e traggono soddisfazione dal proprio lavoro. La coesione all'interno del gruppo, inoltre, accresce il senso di sicurezza dei suoi componenti e la loro autostima, probabilmente perché in questo modo sono in grado di darsi reciproco sostegno. I lavoratori appartenenti a gruppi con un alto grado di coesione sono sul lavoro meno tesi e nervosi; minor grado di assenteismo e minore tendenza a cambiare mansioni.

 

Risultati catastrofici della coesione: modello di pensiero di gruppo.

Modello di pensiero di gruppo = modo di pensare in cui il bisogno di anonimato, determinato dalla necessità di mantenere la coesione di gruppo, finisce per impedire ogni realistica valutazione di ciò che è salutare al gruppo (birra). Il modello di pensiero di gruppo causa una vera e propria distorsione dei processi decisionali, i quali vengono alterati secondo particolari modalità:

 

 

 

 

1. le discussioni vertono su un numero molto limitato di soluzioni;

2. il gruppo si astiene dal prendere in esame tanto il procedimento su cui è caduta la scelta della maggioranza, quanto eventuali modalità alternative;

3. il gruppo evita di far ricorso all'opinione di un esperto.

 

 

 

 

2. L'individuo e il gruppo: libertà e facile socializzazione

2.1 libertà e devianza

I gruppi spesso danno ai loro membri un senso di sicurezza, aumentano il loro potere e li proteggono da eventuali attacchi. Ma perché all'interno del gruppo si perde la libertà individuale, e quali fattori concorrono ad accrescere il controllo del gruppo sui propri appartenenti?

L'esclusione del deviante. Festinger ritiene che i vari membri aspirino al consenso allo scopo di perseguire gli obiettivi del gruppo. Per conseguire questi obiettivi, si rende necessario fissare alcune regole operative di massima => le regole sono necessarie a soddisfare i bisogni del sistema, quei bisogni cioè che mettono in grado il gruppo, inteso come sistema di entità relazionanti, di adempiere alle sue funzioni.

Classico studio sulla conformità di Schachter (opinione deviante, opinione modale, opinione volubile): il livello di comunicazione diretto al deviante cresce continuamente e supera di gran lunga quello diretto a tutti gli altri. E' evidente che i componenti del gruppo fanno ogni tentativo perché l'opinione del deviante si allinei con quella del gruppo. Negli ultimi dieci minuti, tuttavia, la comunicazione diretta al deviante cade completamente.

Quando il gruppo è dotato di coesione, le pressioni sul deviante sono particolarmente forti.

Il gruppo in relazione all'individuo: la teoria dell'impatto sociale. Latanè: preservare la libertà individuale all'interno della realtà di gruppo.

L'impatto da parte del gruppo può essere determinato da tre fattori:

 

 

 

 

1. il numero degli agenti di influenza (in questo caso i membri del gruppo) - più il gruppo è numeroso, maggiori sono le possibilità che esso eserciti un'influenza sul deviante;

2. la forza degli agenti di influenza - la forza discende da tutte quelle caratteristiche dei componenti che possono esercitare un'attrattiva sul deviante;

3. l'immediatezza - l'immediatezza è la prossimità spazio-temporale dell'agente rispetto al deviante

 

 

 

 

In termini pratici, la teoria dell'impatto sociale sostiene che è all'interno di piccoli gruppi che si realizza con maggior frequenza la libertà del singolo => più il deviante ha bisogno del gruppo o aspira ad esso, più limitata risulta la sua libertà.

2.2 La facilitazione sociale: massimo rendimento del gruppo

Triplett: ciclisti. Nel 1920 Allport denominò effetto di facilitazione sociale il superiore rendimento elicitato dalla presenza di un gruppo. Perché si dà il fenomeno di facilitazione e a causa di quali fattori essa può comparire?

Emozione o apprensione? Zajonc ha fornito una spiegazione su basi biologiche del fenomeno della facilitazione. Egli afferma che in molte specie di organismi è presente una predisposizione genetica a rispondere agli altri membri della specie con una emotività fisiologica generalizzata.

Altri teorici però ritengono che l'elemento determinante non sia la presenza di altri, ma piuttosto ciò che la presenza di altri rappresenta per l'individuo: in presenza di altri l'individuo prova un sentimento di apprensione circa la valutazione (può avere un ruolo fondamentale nella facilitazione sociale).

Motivi di fallimento della facilitazione sociale. Come può la teoria della facilitazione sociale spiegare i fenomeni di inibizione? (doppio fallo). Sia i teorici dell'attivazione emotiva che quelli dell'apprensione forniscono a questa domanda una risposta simile. Ritengono che l'attivazione - sia che abbia carattere generale sia che venga determinata dalla valutazione - stimoli nell'organismo una risposta dominante, vale a dire una risposta con radici più profonde. Tuttavia la risposta più consolidata non è sempre la risposta più appropriata (tennista bravo / mediocre).

Distribuzione di responsabilità e inerzia sociale. Tirare la fune: la prestazione del singolo diminuisce man mano che aumenta l'entità del gruppo => inerzia sociale = l'individuo non mette un grande impegno in un dato compito quando il suo contributo resta inglobato nella prestazione complessiva del gruppo. Perché? => distribuzione della responsabilità. (Monetine in ascensore).

3. Il gruppo al lavoro: produrre o perire

3.1 Influenza dei pregiudizi sul processo decisionale di gruppo

Predisposizioni individuali. Spesso il processo di scambio di opinioni e ricomposizione finale non avviene: le persone si ostinano nei loro pregiudizi iniziali, distorcendo così la decisione finale di gruppo. Esperimento della giuria per stupro: le pregiudiziali iniziali espresse dagli studenti ebbero un effetto determinante nella valutazione del caso.

Le soluzioni minimamente accettabili: il caso è chiuso. Le caratteristiche di una discussione possono influenzare i risultati finali. Quando un gruppo cerca una soluzione minimamente accettabile, i suoi membri sviluppano un pregiudizio a favore della soluzione. Spesso si chiudono nei confronti delle possibili critiche e non prendono in considerazione idee nuove.

Hoffman: i gruppi impegnati attorno alla soluzione di problemi complessi adottano un comportamento tipico. Avviene innanzi tutto che si avanzino delle idee fino a che una data soluzione non incontra una risposta minimamente positiva da parte dei componenti del gruppo che si mostrano più loquaci; una volta che sia stato raggiunto questo accordo minimo, si nota un vero e proprio mutamento nella qualità della discussione del gruppo. Invece di intervenire criticamente nella soluzione o di pensare ad altre alternative, i membri del gruppo si danno a cercare giustificazioni a sostegno della soluzione minimamente accettabile. Se vengono avanzate nuove soluzioni, la discussione si concentra sugli svantaggi che esse comportano. Così, se la soluzione minimamente accettabile si presenta all'inizio della discussione, questa viene assunta senza che si sviluppi un esame critico e rimane incontrastata per tutto il resto della discussione. Quando una soluzione ha varcato la soglia del consenso minimo, ogni altra soluzione viene trascurata.

Spostamenti di scelta: rischio o prudenza? Ricerca dei dodici dilemmi: le decisioni assunte dal gruppo si rivelarono tendenzialmente a più alto rischio di quelle espresse dai singoli. In seguito alla discussione i soggetti divennero molto meno propensi alla prudenza e più favorevoli al rischio => fenomeno di conversione al rischio.

Ricerche successive hanno dimostrato che, una volta che il gruppo ha assunto una decisione di rischio, l'individuo resta personalmente vincolato a questa nuova scelta. Perché?

 

 

 

 

1. I valori culturali sono orientati al rischio (la gente tende a preferire coloro che assumono il rischio);

2. i gruppi distribuiscono le responsabilità;

3. il gruppo consente l'allentamento delle inibizioni.

 

 

 

 

Successive ricerche hanno tuttavia dimostrato che le decisioni di gruppo non sempre comportano maggiore rischio di quelle personali.

La discussione polarizza il gruppo: la direzione presa dalla discussione sarà quella fornita dalla maggioranza del gruppo all'inizio.

 

 

4. Verso il miglioramento del processo decisionale di gruppo

All'interno della situazione di gruppo, le persone possono imparare l'una dall'altra e ricordare fatti altrimenti dimenticati => dimostrazione che la decisione di gruppo può essere superiore alla decisione individuale. Il problema principale è stabilire le condizioni che favoriscono un corretto processo decisionale di gruppo. Quattro fattori chiave: le strutture di comunicazione, l'appartenenza, la strategia decisionale e la leadership.

4.1 La scelta delle strutture di comunicazione

La produttività del gruppo dipende dal modello di comunicazione che il gruppo adotta per adempiere al nuovo compito.

Grado di centralizzazione: la ruota è un modello altamente centralizzato, il circolo è decentralizzato.

Nei compiti molto semplici, i gruppi con un modello di comunicazione centralizzato danno risultati migliori dei gruppi a diversa struttura; questa struttura è anche particolarmente utile quando il numero dei componenti della struttura centralizzata è elevato, poiché in questo caso diventa molto problematico lo scambio di informazioni. Quando il compito è complesso, il gruppo decentralizzato ottiene sovente prestazioni migliori dei gruppi a struttura diversa.

La produttività non è l'unico fattore: anche la soddisfazione personale dei membri del gruppo può dipendere dal tipo di struttura.

Il massimo vantaggio sembra dunque rappresentato da una struttura di comunicazione flessibile. I gruppi devono infatti affrontare compiti di natura diversa con metodi diversi in un lungo arco di tempo, per cui la loro efficienza può dipendere dalla adattabilità.

4.2 La scelta dei membri

Secondo le ricerche, uomini e donne forniscono prestazioni diverse in gruppo: gli uomini tendono a produrre di più e a sacrificare la qualità, le donne polarizzano l'attenzione sulla qualità e meno sulla quantità.

Sistema di classificazione di Bales. Nota che alcune dinamiche si presentano relativamente di frequente nei gruppi di discussione => sulla base della frequenza con cui una persona mette in moto tali dinamiche, è possibile determinare il suo stile preferenziale di rapportarsi agli altri (12 categorie).

Bales sostiene che lo stile preferenziale può assumere tre connotazioni fondamentali:

 

 

 

 

1. preminente o subalterna;

2. positiva o negativa;

3. propositiva o indifferente.

 

 

 

 

La persona che sia preminente, positiva e propositiva è una persona con un grande senso di iniziativa, cordiale e sensibile agli obiettivi di gruppo; essa costituisce il soggetto ideale di qualsivoglia gruppo decisionale. La persona che al contrario sia subalterna, negativa e indifferente si mostra passiva, ostile e antagonista nei riguardi delle finalità comuni. Essa crea inevitabilmente problemi all'interno di un gruppo.

4.3 La scelta della strategia

Nei gruppi di discussione, la durata media delle argomentazioni con un nesso logico era di 58 secondi. Più sono numerose le osservazioni in merito alla strategia, maggiore risulta la creatività di gruppo.

Problem solving:

 

 

 

 

1. valutare criticamente le decisioni ormai logore;

2. fare un rigoroso bilancio;

3. fare il "gioco di ruolo" delle conseguenze che la decisione presa comporta;

4. ricorrere ad un consulente decisionale.

 

 

 

 

4.4 La leadership nei gruppi

Le prime ricerche: la democrazia sopra tutto. La ricerca sulla leadership prese avvio negli Stati Uniti durante l'ascesa del Nazismo in Germania. Lewin cercò di verificare gli effetti della leadership autoritaria confrontandoli con quelli della democrazia => l'efficacia o meno di uno stile sarebbe dipesa dalla situazione. Per esempio, sotto forte tensione e quando il gruppo è in pericolo, un leader autoritario ha più successo.

La persona giusta al momento giusto: la teoria di Fielder. Fielder afferma che esistono due generi di leader: il leader orientato al compito e quello orientato alla relazione. Vi sono solo pochi individui capaci di incarnare i due stili di leadership. Per Fielder, la situazione del gruppo varia in funzione del controllo situazionale, ovvero della facilità con cui il leader riesce a controllare i membri del gruppo. A determinare la situazione favorevole concorrono tre variabili:

 

 

 

 

1. la relazione tra il leader e il gruppo è improntata a lealtà e fiducia;

2. il compito è strutturato in modo che tutti i membri sanno che cosa fare;

3. il leader ha facoltà di distribuire ricompense e sanzioni tra i membri del gruppo.

 

 

 

 

Lo stile orientato al compito è più efficace quando la situazione è improntata sia al massimo che al minimo livello di controllo situazionale. Lo stile orientato alla relazione, invece, ha più successo quando la situazione si trova ad un grado intermedio di controllo situazionale.

Il modello teorico di Fielder si fonda sul fatto che uno stile di leadership non è necessariamente migliore di un altro. L'efficacia di un certo stile di leadership dipende dalla situazione. Ogni individuo possiede le potenzialità di leader se collocato al posto giusto.