I capisaldi dell'etica aristotelica

 

 

 

 

Successivamente Aristotele tenta di risolvere la domanda valutandoquale sia la funzione propria dell'uomo e ritenendo la vita migliore quella in cui un'attivita' viene esercitata in modo eccelente e secondo ragione.

 

Nel VI° libro della Metafisica Aristotele classifica il sapere umano in scienze contemplative o teoretiche, produttive e pratiche.

 

L'etica rientra nelle scienze pratiche.

 

In quanto scienza essa esprime un sapere causale: si ha scienza quando si conosce la causa per la quale una cosa è, e che proprio di tale cosa è la causa.

 

In quanto pratica rivolge il sapere alla prassi, cioè all'azione e non alla contemplazione (scienze teoretiche, matematica, fisica, filosofia prima), ne alla produzione (le arti).

 

L'etica dunque è una scienza pratica che studia le determinazioni in virtù delle quali l'azione si produce.

 

L'etica però non è una pura descrizione della produzione di un azione.

 

Non si limita a spiegare come si produce un'azione, ma dice necessariamente qual'è l'azione moralmente positiva, ha quindi una dimensione normativa

 

La prassi è per sua natura individuale e in un certo modo irripetibile nella sua singolarità.

 

Per questo motivo Aristotele dice che la trattazione attorno alle azioni che bisogna compiere, deve essere condotta su linee generali, senza entrare nei dettagli: nel campo delle azioni e dell'utile e in materia di salute non vi è nulla di stabile. (E. N. II, 2, 1104 a 34 sgg)..

 

Ciò non esclude che la ragione, che si muove sul piano dell'universale, possa esprimersi nel campo della prassi anche se l'azione nella sua individualità non può essere dedotta, in quanto ha sempre da addattarsi alle circostanze.

 

Si partirà da ciò che è noto per noi perchè il principio è il fatto (EN I, 2 1095 b 3 sgg), ma i beni, come le cose moralmente belle e le cose giuste della politica, sono diverse ed instabili; ci si accontenterà di mostrare la verità in maniera aprossimativa.

 

Il discorso morale, quindi, ha un carattere aprossimativo, ciò non deve essere visto come un difetto, ma una necessità della sua natura: infatti l'uomo colto ricercherà la precisione in ciascun genere nella misura in cui la consente la natura della ricerca ENI,1, 1094 b 25 sgg.

 

Inoltre, in campo etico, la verità non attiene propriamente all'universale, ma al particolare, infatti le azioni hanno per oggetto i particolari. EN II; 7, 1107 b 30-34.

 

Quindi il giudizio della verità deriva dal fatto e dall'esperienza eticamente rilevante.

 

Tra questi fatti sono importanti gli endoxa: le opinioni autorevoli.

 

Si partirà quindi dai punti di vista al riguardo esaminando i problemi negli argomenti pro o contro

 

E' questo un metodo, in un certo senso, induttivo partendo dalle opinioni più diffuse per arrivare ai principi

 

Ciò non esclude la deduzione che avviene per esempio nella determinazione della felicità: eudaimonia.

 

Entrambi i metodi, deduttivo e induttivo del confronto dialettico sono presenti e devono concordare. L'oggetto della ricerca morale è il bene dell'uomo, la ricerca non ha per scopo la sola conoscenza del bene, bensì la sua realizzazione poichè il solo conoscere sarebbe inutile.

 

Il sommo bene quindi deve essere esso stesso soggetto di azione, alla portata dell'uomo e da lui effettivamente acquisito e realizzato.

 

Aristotele critica i Pitagorici che ponevano il bene tra i principi cosmici, di natura matematica e Platone per il quale il bene è un'Idea, anzi la suprema Idea che sfugge alla presa dell'uomo.

 

Inoltre la inesistenza del Bene platonico valorizza maggiormente il bene supremo dell'uomo che in caso contrario sarebbe schiacciato dal peso della superiorità dell'Idea.

 

Partendo dalle opinioni comuni appare chiaro che il bene supremo dell'uomo sia la felicità